AA.VV. - Al Cinema Con Il Mostro (Ita Libro)
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improvviso. Sono certo che non farai tardi». E qui sorrise e aggiunse: «Perché sai<br />
bene che notte è questa...».<br />
Johann rispose con un enfatico: «Ja, mein Herr» e aggiustandosi il cappello parti<br />
velocemente. Quando fummo fuori della città gli chiesi, dopo avergli fatto segno di<br />
fermarsi: «Ditemi, Johann, che notte è questa?».<br />
Lui si fece il segno della croce e rispose laconicamente: «Walpurgisnacht». Poi<br />
estrasse il suo orologio, un vistoso e antiquato oggetto d’argento tedesco, grosso<br />
come una rapa, e lo consultò con le sopracciglia inarcate e un rapido e impaziente<br />
scrollare di spalle. Mi resi conto che quello era il suo modo rispettoso di protestare<br />
per quell’indugio non necessario e mi sedetti di nuovo in carrozza facendogli<br />
semplicemente cenno di ripartire. Lui si affrettò a obbedirmi, come per recuperare il<br />
tempo perduto. Di tanto in tanto i cavalli parevano sollevare i musi e annusare l’aria<br />
sospettosamente. In tali occasioni mi guardai attorno allarmato. La strada era<br />
piuttosto desolata, perché stavamo attraversando una specie di altopiano spazzato dal<br />
vento. Durante il percorso, vidi una strada che sembrava molto poco usata e che si<br />
immergeva in una valletta tortuosa. Aveva un aspetto così invitante che, anche a<br />
costo di offenderlo, chiamai Johann chiedendogli di fermarsi... e quando ebbe<br />
accostato gli dissi che mi sarebbe piaciuto prendere quella strada. Lui inventò scuse<br />
di ogni genere, segnandosi in continuazione mentre parlava. Quel comportamento<br />
stimolò in un certo senso la mia curiosità e gli rivolsi quindi parecchie domande. Lui<br />
rispose tenendosi sulle difensive e guardando in continuazione l’orologio in segno di<br />
protesta, tanto che alla fine gli dissi: «Ebbene, Johann, io voglio andare lungo questa<br />
strada. Non vi obbligherò a venire con me se non lo volete; ma ditemi perché non vi<br />
va di percorrerla; solo questo vi chiedo». Per tutta risposta lui si precipitò a terra,<br />
lasciandosi quasi cadere di cassetta. Poi allargò le mani verso di me con fare<br />
implorante e mi scongiurò di non andare.<br />
Parlava abbastanza la mia lingua – sia pure facendo spesso ricorso a parole in<br />
tedesco – da permettermi di capire il senso del suo discorso. Sembrava sempre sul<br />
punto di dirmi qualcosa... il concetto vero e proprio di quello che lo spaventava, ma<br />
ogni volta si tratteneva dicendo, mentre faceva il segno della croce:<br />
«Walpurgisnacht!»<br />
Tentai di discutere con lui, ma era difficile discutere con un uomo di cui non<br />
conoscevo la lingua. <strong>Il</strong> vantaggio era certamente dalla sua parte, perché, sebbene<br />
iniziasse le frasi nella mia lingua, in modo molto scorretto e confuso, si lasciava ogni<br />
volta prendere dall’eccitazione e finiva col parlare in tedesco... e ogni volta che lo<br />
faceva consultava il proprio orologio. Poi i cavalli cominciarono a essere inquieti e ad<br />
annusare l’aria, e Johann impallidì; guardandosi attorno con aria spaventata fece un<br />
salto in avanti, 1i atterrò per le redini e li tirò per una ventina di passi. Io lo seguii e<br />
gli chiesi perché l’avesse fatto. Per tutta risposta lui si fece il segno della croce, mi<br />
indicò il punto che avevamo lasciato e condusse la carrozza in direzione dell’altra<br />
strada, indicando una croce e dicendo, prima in tedesco poi nella mia lingua:<br />
«Seppellito... lui che ha ucciso se stessi».<br />
Ricordai allora l’antica usanza di seppellire i suicidi agli incroci delle strade: «Ah,<br />
capisco, un suicida. Interessante!». Ma che mi venisse un colpo se avevo capito<br />
perché i cavalli si erano spaventati.