AA.VV. - Al Cinema Con Il Mostro (Ita Libro)

corridoio su cui si affacciava la sua stanza. Balzò dal letto e cercò di aprire la porta,
ma non gli fu possibile perché era stata chiusa a chiave dall’esterno. Si avvicinò
allora alla finestra e si mise a scrutare nel buio. La stanza in cui alloggiava era posta
in cima a una delle torri. Ora tutte le luci del castello erano spente e fuori regnava
l’oscurità e il silenzio, ma in cielo brillava fiocamente una sottile falce di luna e quel
pallido chiarore gli consentiva, sia pure a stento, di scorgere il piazzale che si
stendeva sotto di lui. Forme buie e silenziose si agitavano là in basso, scivolando fra
le zone d’ombra: i cani si accorsero che qualcuno li osservava dalla finestra e subito
si volsero in quella direzione, puntando i loro occhi verdi colmi d’attesa. Rainsford
tornò a coricarsi. Gli era appena riuscito di appisolarsi, e già cominciava ormai ad
albeggiare, quando udì rintronare, lontano nella giungla, la debole detonazione di una
pistola.
Il generale Zaroff non comparve che all’ora di pranzo. Indossava ora un
impeccabile completo di tweed, tipico di un signorotto di campagna. Si informò
subito, con premurosa sollecitudine, delle condizioni di salute di Rainsford.
«Anch’io non sto troppo bene» commentò poi il generale. «Sono veramente
preoccupato, signor Rainsford. Proprio la notte scorsa ho sentito ricomparire tutti i
sintomi del mio passato disturbo. La caccia di questa notte non è andata affatto bene.
Quel tipo ha perso la testa e si è lasciato andare a un tentativo diretto, una mossa che
non presenta proprio nessuna difficoltà di difesa. È questo il guaio di avere a che fare
con dei marinai; in primo luogo sono troppo ottusi, e poi non sanno proprio come
muoversi nei boschi. È veramente seccante.»
«Generale», si decise infine a parlare Rainsford con voce ferma e chiara «vorrei
lasciare l’isola immediatamente.»
Il generale inarcò le sue folte sopracciglia, e parve offeso. «Ma, mio caro amico»,
protestò infine «siete appena arrivato. E poi non avete ancora fatto una battuta...»
«Desidero andarmene oggi stesso» confermò Rainsford, mentre vedeva gli occhi di
pece del generale fissi su di lui, quasi a volerlo scandagliare nei più intimi recessi
della mente. E d’improvviso il volto del generale Zaroff s’illuminò.
«Questa sera» decise il generale «andremo a caccia... voi ed io.»
Rainsford scosse la testa. «No, generale» rifiutò deciso «non verrò a caccia.»
Il generale si strinse nelle spalle. «Come preferite, amico mio. La decisione
dipende solo da voi. Ma posso permettermi di suggerirvi che troverete la mia idea in
fatto di sport più allettante di quella di Ivan?»
«Vorreste forse dire...» gridò Rainsford, subito interrotto dal generale.
«Mio caro amico, credo di avervi già detto chiaramente che quando parlo di caccia
intendo sempre ciò che dico. È stata un’autentica ispirazione. Brindo a un avversario
davvero degno del mio acciaio, finalmente.
Il generale sollevò il suo bicchiere, ma Rainsford restò immobile a fissarlo.
«Sono sicuro che anche voi troverete la sfida degna di essere combattuta» continuò
il generale con vivo entusiasmo. «Il vostro cervello contro il mio. La vostra abilità di
penetrare i boschi contro la mia. Le vostre forze ed energie contro le mie. E poi la
posta in gioco non è per nulla da sottovalutare, no?»
«E se vincessi?...» chiese Rainsford con voce roca.