AA.VV. - Al Cinema Con Il Mostro (Ita Libro)
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divino significato. Era inebriata dalla loro bellezza. Avrebbe voluto che lui<br />
continuasse, ma non aveva la forza di parlare. Quasi avesse indovinato il suo<br />
pensiero, egli proseguì, e ora la sua voce possedeva la stessa sonora ricchezza di un<br />
organo inteso da lontano. Era simile a una prepotente fragranza cui Margaret<br />
resisteva a malapena.<br />
«È più antica delle rocce fra cui siede; come un vampiro, è morta molte volte e ha<br />
appreso i segreti della tomba; si è tuffata poi nei mari profondi, e conserva intorno a<br />
sé la loro luce crepuscolare; ha commerciato in strani mali con i mercanti d’Oriente;<br />
come Leda, fu madre di Elena di Troia e, come Sant’Anna, madre di Maria; e tutto<br />
questo non è stato per lei altro che un suono di lire e flauti, e vive soltanto nella<br />
delicatezza con cui ha plasmato i lineamenti mutevoli, e tinto le palpebre e le mani.»<br />
Oliver Haddo cominciò quindi a parlare di Leonardo da Vinci, unendo alle proprie<br />
fantasticherie le parole esatte di quel saggio che, grazie alla sua prodigiosa memoria,<br />
sembrava quasi conoscere punto per punto. Escogitò esotiche fantasie basandosi sulla<br />
somiglianza fra San Giovanni Battista, con la sua carne morbida e i capelli ondulati, e<br />
Bacco con il suo ambiguo sorriso. Visto con i suoi occhi, il litorale nel ritratto di<br />
Sant’Anna possedeva la letargia senz’aria di qualche cappella damascata in un<br />
convento spagnolo, e sopra i paesaggi gravava un fastidioso spirito maligno. Egli<br />
amava i quadri misteriosi nei quali l’autore aveva cercato di esprimere qualcosa oltre<br />
i limiti della pittura, l’ombra di un desiderio insoddisfatto e della brama ansiosa di<br />
passioni sovrumane. Oliver Haddo trovava questa qualità in luoghi inaspettati e le sue<br />
parole diedero un nuovo significato a dipinti che Margaret aveva osservato senza<br />
troppa attenzione. C’era, nella Galleria Lunga del Louvre, il ritratto di uno scultore ad<br />
opera del Bronzino; i tratti erano alquanto grossolani, il viso largo, l’espressione<br />
cupa, quasi arcigna nella quiete della tela dipinta, e gli occhi castani, a mandorla<br />
come quelli di un orientale. Le labbra rosse erano modellate con grazia, e la loro<br />
sensualità era quasi fastidiosa; i capelli castano scuro, tagliati corti, si arricciavano<br />
sopra il capo con grazia infinita. La pelle era simile ad avorio ammorbidito da un<br />
tocco delicato di carminio. In quella splendida fisionomia c’era ben più che semplice<br />
bellezza, poiché ciò che maggiormente affascinava l’osservatore era la suprema e<br />
sdegnosa indifferenza alle passioni altrui. Era un viso vizioso, sebbene la bellezza<br />
non potesse mai essere del tutto viziosa; era un viso crudele, sebbene l’indolenza non<br />
sapesse mai essere completamente crudele. Era un viso che ossessionava, e che<br />
tuttavia si aggiudicava l’ammirazione di chiunque, sia pure con una ombra di terrore<br />
irragionevole. Le mani erano nervose e asciutte, con lunghe dita agili, e si sentiva che<br />
al loro tocco la creta si sarebbe modellata quasi spontaneamente in forme aggraziate.<br />
<strong>Con</strong> le parole di Haddo il carattere di quell’uomo le apparve evidente, crudele e<br />
tuttavia indifferente, indolente e appassionato, freddo e tuttavia sensuale; la sua<br />
mente dava asilo a segreti innaturali, a delitti misteriosi, a una brama di conoscenze<br />
arcane. Oliver Haddo era attratto da tutto ciò che era insolito, deforme e mostruoso,<br />
dai quadri che rappresentavano gli aspetti più odiosi dell’uomo o che rammentavano<br />
la sua mortalità. Rievocò dinanzi a Margaret l’intera schiera degli osceni nani di<br />
Ribera con i loro sorrisi astuti, la folle luce negli occhi e la perfidia: insistette con<br />
orribile fascino sulle loro deformità, sulle gobbe e sui piedi equini, sulle teste<br />
idrocefale. Descrisse il quadro di Valdes Leal che si trova in una certa casa di Siviglia