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Concu, Verità per verità - Sardegna Cultura

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Anche ora gli occhi gli si velano di lacrime a Lorenzo,<br />

le trattiene a stento mentre continua a camminare. A<br />

fondo valle, attraversa il letto del torrente ancora in<br />

secca, e risale nella macchia. La nostalgia di Bibi non<br />

l’ha mai abbandonato. Aveva soltanto ventisette anni<br />

quando se n’è andata via all’improvviso - solo a lui ha<br />

avuto il coraggio di spiegare <strong>per</strong>ché - se n’è andata a lavorare<br />

fuori - Non ritornerò più, Lorenzo - e ha mantenuto<br />

la parola: sono nove anni che è andata via e non è<br />

mai ritornata, lasciandolo solo col suo segreto.<br />

La luce del giorno sembra spuntare a fatica attraverso<br />

la coltre di nuvole. Lorenzo lancia una rapida occhiata<br />

verso il cielo e s’affretta. Il cielo è grigio e pare<br />

debba venire giù da un momento all’altro. Lorenzo<br />

continua a risalire il pendio della collina, l’ovile di Pala<br />

Mortis è ancora visibile alle sue spalle, ma lui non si<br />

volta. Prosegue, la macchia si dirada sempre più man<br />

mano che s’avvicina alla sommità della collina, dove,<br />

tra le rocce, querce isolate si stagliano contro il cielo<br />

con la chioma mangiata dal vento. Lui avanza senza<br />

fatica puntando gli scarponi nell’erba; di tanto in tanto,<br />

assesta il fucile in spalla e allora, il pensiero corre<br />

allo schianto del corpo scaraventato a terra dalla fucilata,<br />

alla mano che ancora stringe la catena, alla polvere<br />

impastata col sangue sulla faccia, alla paura negli<br />

occhi di Giommaria Dore.<br />

26<br />

La grande quercia è addossata alla roccia che strapiomba<br />

nel vuoto. Oltre, la valle di Ortachi è una distesa<br />

di campi ingialliti dove, su tutto, svettano le ciminiere<br />

fumanti del petrolchimico. La quercia ha il tronco<br />

annerito dall’ultimo incendio, ma è ancora là che resiste,<br />

è viva: sui rami sono spuntate nuove foglie, anche<br />

su quello più grosso che, prima dell’incendio, nascondeva<br />

la roccia col suo fogliame.<br />

Lorenzo si toglie lo zaino, buttandolo poi ai piedi<br />

dell’albero, e sistema il fucile a tracolla. Scala sicuro la<br />

roccia, aggrappandosi agli spuntoni, sino a raggiungere<br />

il grosso ramo. Smonta il fucile e lo poggia di piatto<br />

tra due rami, s’inginocchia sulla roccia e si china sulla<br />

cavità che si apre nel punto in cui il ramo si biforca dal<br />

tronco. È un buon nascondiglio.<br />

È dentro quella cavità che ha trovato il primo fucile<br />

della sua vita, una doppietta a canne mozze col calcio<br />

segato - aveva tredici anni, ed era rimasto deluso <strong>per</strong>ché<br />

l’arma non funzionava, ma l’ha custodita gelosamente<br />

nella sua stanza, rivelandolo solo a Bibi - e ora, in<br />

quello stesso buco affonda il braccio fin sopra la spalla,<br />

tenendosi al ramo con l’altra mano, e sfila il suo fucile<br />

da caccia. Si solleva e adagia il fucile accanto all’altro,<br />

che afferra <strong>per</strong> le canne e getta nell’incavo con un gesto<br />

rabbioso.<br />

In piedi sulla roccia, Lorenzo ora sembra esitare, si<br />

volta e lo sguardo indugia sui pascoli di Pala Mortis, sul<br />

casolare in cima alla collina di fronte, sulle ultime case<br />

27

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