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Concu, Verità per verità - Sardegna Cultura

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dottore: ora è lenta, i passi un poco strascicati, come se<br />

avesse appena affrontato un titano a tre teste. È così<br />

che Anna ha sempre immaginato la malattia della madre:<br />

un mostro a tre teste.<br />

Maura, la tirocinante, viene loro incontro lungo il<br />

corridoio. È allarmata: la vecchia al numero sei ha la<br />

febbre alta, delira, e lei non è riuscita a calmarla. S’affrettano<br />

verso la camera.<br />

Quando entrano nella stanza li accoglie il lamento<br />

della vecchia:<br />

– Babbo, datemi acqua… datemi acqua… – implora<br />

debolmente, tendendo la mano al di sopra delle co<strong>per</strong>te,<br />

una mano mendicante.<br />

Anna quasi si precipita da lei e le prende la mano.<br />

– Dottore, – dice – brucia.<br />

E le accarezza la faccia sudata, un viso piccolo piccolo,<br />

di bambina, coi lineamenti pallidi, evanescenti <strong>per</strong><br />

la febbre che la consuma da una settimana: un volto sfinito<br />

come quello della madre negli ultimi giorni.<br />

Il dottor Bruni somministra alla vecchia un antipiretico<br />

e un calmante. Guarda Anna, e i loro sguardi si incontrano.<br />

Lui accenna un sorriso amaro, ma ritorna subito<br />

serio e va via.<br />

Maura ora dà da bere dell’acqua alla paziente con un<br />

cucchiaino, ma sembra che non le basti mai, e appena<br />

Maura smette di imboccarla, riprende la sua invocazione:<br />

– Acqua… acqua…<br />

Solo quando il medicinale inizia a fare effetto, la don-<br />

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na si calma, scivolando sempre più verso un sonno incerto<br />

e tormentato.<br />

Anna è rimasta da sola nella camera numero sei. Nella<br />

stanza non ci sono altre pazienti oltre la vecchia, che<br />

continua a gemere di tanto in tanto, ma sempre più debolmente.<br />

Anna si avvicina alla finestra e guarda fuori:<br />

la città dorme sotto un cielo a tratti oscuro, nuvole si<br />

ammassano contro l’orizzonte: vengono da nord ovest<br />

a portare la pioggia d’autunno. Dà un’occhiata all’orologio:<br />

le cinque e ventitré, vorrebbe essere già a casa e<br />

pensa a Lorenzo che, di sicuro, a quell’ora è già andato<br />

a caccia, e al padre che da quando mamma è morta ha<br />

iniziato a intagliare radici di lentischio. Ne fa croci,<br />

croci vuote, senza mai un Cristo crocifisso.<br />

La vecchia s’agita nel letto, tira di nuovo fuori la mano<br />

da sotto le co<strong>per</strong>te.<br />

– Datemi il rosario. – Geme. – Datemi il rosario.<br />

Anna s’avvicina, cerca il rosario sul comodino, poi<br />

apre il cassetto e rovista senza trovare il rosario. Prende<br />

la vestaglia dalla sedia accanto al letto, fruga nelle tasche,<br />

ma non c’è. Guarda la vecchia che continua a invocare<br />

il suo rosario. Eccolo, è sotto il cuscino da cui<br />

spunta la croce. Lo sfila piano.<br />

Ora lo tiene incerta tra le mani, come se non sapesse<br />

che farne. La piccola croce di legno è consumata, sembra<br />

una delle croci intagliate dal padre. Lancia ancora<br />

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