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artista: Velvet Underground titolo: the velvet ... - Coolclub.it

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<strong>artista</strong>: <strong>Velvet</strong><br />

<strong>Underground</strong><br />

<strong>t<strong>it</strong>olo</strong>: <strong>the</strong> <strong>velvet</strong><br />

underground and nico<br />

anno: 1967<br />

autore: Andy Warhol<br />

<strong>artista</strong>: Nirvana<br />

<strong>t<strong>it</strong>olo</strong>: Nevermind<br />

anno: 1991<br />

autore: Kirk Weddle<br />

anno III<br />

numero 30<br />

ottobre 2006<br />

poste <strong>it</strong>aliane spa<br />

spedizione in abbonamento<br />

postale DCB 70% Lecce<br />

<strong>artista</strong>: Roxy music<br />

<strong>t<strong>it</strong>olo</strong>: Country lifes<br />

anno: 1974<br />

autore: Eric Boman<br />

<strong>artista</strong>: Sonic Youth<br />

<strong>t<strong>it</strong>olo</strong>: Goo<br />

anno: 1990<br />

autore: Raymond Pettibon<br />

IMMAGINA LA MUSICA


[<br />

CoolClub.<strong>it</strong><br />

Via De Jacobis 42 73100 Lecce<br />

Telefono: 0832303707<br />

e-mail: redazione@coolclub.<strong>it</strong><br />

redazione_bari@coolclub.<strong>it</strong><br />

S<strong>it</strong>o: www.coolclub.<strong>it</strong><br />

Anno 3 Numero 30<br />

ottobre 2006<br />

Iscr<strong>it</strong>to al registro della stampa<br />

del tribunale di Lecce il<br />

15.01.2004 al n.844<br />

Direttore responsabile<br />

Osvaldo Piliego<br />

Collettivo redazionale<br />

Dario Goffredo, Pierpaolo Lala,<br />

C. Michele Pierri, Cesare Liaci,<br />

Antonietta Rosato<br />

Hanno collaborato a questo<br />

numero: Giancarlo Susanna,<br />

Anna Puricella, Giuseppe<br />

Scarciglia, Davide Rufini,<br />

Roberto Cesano, Valentina<br />

Cataldo, Dino Amenduni,<br />

Giovanni Ottini, Nicola Pace,<br />

Ilario Galati, Lorenzo Coppola,<br />

Gianpaolo Chiriacò, Livio<br />

Polini, Dario Quarta, Rossano<br />

Astremo, Pasquale Boffoli,<br />

Camillo Fasulo, Marco Daretti,<br />

Massimo Ferrari, Mauro Marino,<br />

Simone Rollo, Nino G. D’Attis,<br />

Marta Mazza.<br />

Ringraziamo Pick Up a Lecce e<br />

le redazioni di Blackmailmag.<br />

com, Primavera Radio di<br />

Taranto e Lecce, Controradio<br />

di Bari, Mondoradio di Tricase<br />

(Le), Ciccio Riccio di Brindisi,<br />

L’impaziente di Lecce,<br />

QuiSalento, Pugliadinotte.net.<br />

Progetto grafico<br />

dario<br />

Impaginazione<br />

Danilo Scalera<br />

Stampa<br />

Martano Ed<strong>it</strong>rice - Lecce<br />

Chiuso in redazione prima<br />

della fine del mese<br />

Errata corrige: per un<br />

errore di impaginazione<br />

nel numero scorso il<br />

racconto di Rossano<br />

Astremo a pagina 21 è<br />

stato “tagliato”. Scusa<br />

Rossano (e grazie).<br />

Scusate lettori.<br />

CoolClub.<strong>it</strong><br />

Quante volte mi sono perso tra le pieghe del suo viso, tra colori, particolari, sguardi. Lì ho cercato la musica,<br />

quella intorno a me. Come Stendhal a Firenze anch’io un giorno ho sent<strong>it</strong>o il tracollo, l’emozione grande di<br />

sentirmi spettatore e protagonista di un tormento cantato e suonato. Avevo trovato l’aleph, il punto esatto in<br />

cui entrare in quel disco. Ed era quella immagine, quella copertina, il mezzo. A chi crede che la scomparsa del<br />

supporto fisico della musica sia una sua naturale evoluzione dedichiamo questo numero del giornale. Siamo<br />

stati ispirati da un serie di mostre (Siena, Perugia, Barcellona) dedicate all’argomento: il rapporto tra arte (più in<br />

generale immagine) e musica. Cosa lega una copertina a un disco? Quali sono i punti di contatto? Quanto il<br />

conten<strong>it</strong>ore somiglia al contenuto?<br />

Molto è stato scr<strong>it</strong>to sulla storia delle copertine, sul legame tra arte e musica, sulle censure che molti artwork<br />

hanno sub<strong>it</strong>o. Per questo numero di <strong>Coolclub</strong>.<strong>it</strong>, il trentesimo (registrato senza contare quelli “illegalI”), abbiamo<br />

scelto di farlo a modo nostro. Sicuri di non riuscire a esaurire l’argomento ci siamo lasciati guidare dall’affetto<br />

che ci lega a certi dischi cercando di spiegarlo. Sfogliando le pagine troverete le consuete recensioni (questo<br />

mese abbiamo cercato di recuperare i dischi usc<strong>it</strong>i durante la nostra pausa estiva e di segnalarvi le nov<strong>it</strong>à),<br />

l’intervista a David Thomas e ai suoi m<strong>it</strong>ici Pere Ubu, le nostre rubriche sull’ed<strong>it</strong>oria e sulle etichette indipendenti.<br />

Abbiamo intervistato anche Emanuele Crialese vinc<strong>it</strong>ore del leone d’argento all’ultimo festival del cinema di<br />

Venezia con il film Nuovo mondo, il salentino Antonio Castrignanò, autore della colonna sonora, e tanti altri.<br />

Questo numero, come tutti gli altri del resto, è la nostra ennesima dichiarazione d’amore alla musica, alla<br />

letteratura, al cinema. Questo numero, come quelli che verranno, sono per chi, come noi, non sa rinunciare al<br />

piacere di toccare la musica, di sfogliare le pagine di un libro fresco di stampa, di sedere tra le poltrone di un<br />

cinema con il buio in sala.<br />

Osvaldo<br />

4 Musica<br />

& copertine<br />

6 Sinestesie<br />

9 Keep Cool<br />

18 David<br />

Thomas<br />

23 Coolibrì<br />

29 Be Cool<br />

IMMAGINA LA MUSICA<br />

foto: Viviana Martucci<br />

3<br />

36 Appuntamenti<br />

38 Fumetto<br />

}


I M M A G I N A L A M U S I C A<br />

Per giustificare la recente pubblicazione<br />

del nuovo box dei Byrds, Roger Mc<br />

Guinn, da sempre attento alle conquiste<br />

della scienza, ha sottolineato che i<br />

cambiamenti avvenuti nella tecnologia<br />

dei mezzi di riproduzione del suono negli<br />

ultimi quindici anni sono stati di enorme<br />

portata. “Ascoltare i nuovi cd dei Byrds è<br />

come trovarsi in studio al momento della<br />

registrazione”, ha detto con orgoglio in<br />

un’intervista. Difficile dargli torto, anche<br />

se ci costringerà a un’ennesima spesa”<br />

da maniaco”. Dovremo anzi ringraziarlo<br />

per averci offerto degli spunti di riflessione<br />

preziosi.<br />

CoolClub.<strong>it</strong><br />

M U S I C A & C O P E R T I N E<br />

Ian Matthwes<br />

If You Saw Thro’ My Eyes<br />

Its About Music - 1971<br />

Ci sono dischi che hanno bisogno di<br />

anni per essere apprezzati e amati,<br />

ce ne sono altri ancora che restano<br />

patrimonio prezioso di una cerchia<br />

di appassionati. È il caso di If You Saw<br />

Thro’ My Eyes, uno dei vertici assoluti del<br />

folk rock inglese negli anni d’oro tra la<br />

fine dei ‘60 e i primi ‘70.<br />

Usc<strong>it</strong>o dai Fairport Convention e dai<br />

Mat<strong>the</strong>ws Sou<strong>the</strong>rn Comfort (con cui<br />

aveva peraltro centrato un numero<br />

uno nelle classifiche br<strong>it</strong>anniche con<br />

una bella versione di Woodstock di Joni<br />

M<strong>it</strong>chell), Mat<strong>the</strong>ws diede un’ulteriore<br />

prova della sua abil<strong>it</strong>à nel governare<br />

le ch<strong>it</strong>arre acustiche ed elettriche,<br />

suonate per l’occasione da tre maestri<br />

come Richard Thompson, Andy Roberts<br />

e Tim Renwick. Ma If You Saw Thro’ My<br />

Eyes è arricch<strong>it</strong>o anche dalla presenza<br />

di Sandy Denny e di Ke<strong>it</strong>h Tippett.<br />

La copertina disegnata dallo studio<br />

Design Machine con le foto di Steve<br />

Hiett - quella virata in blu è stupenda - è<br />

perfettamente sintonizzata con il mood<br />

intimista dell’album.<br />

Quando a casa mia si accendeva la radio<br />

o si ascoltavano dischi, l’evento - perché<br />

proprio di questo si trattava - aveva<br />

qualcosa di magico e quasi misterioso. Da<br />

quei 78 giri pesantissimi usciva un suono<br />

monofonico e (più o meno) prodigo<br />

di fruscii. Le copertine non c’erano... o<br />

meglio: si trattava di semplici buste di carta<br />

con il marchio della casa discografica e<br />

un foro che permetteva di leggere i t<strong>it</strong>oli<br />

sull’etichetta.<br />

Il passaggio ai 45 giri - piccoli, infrangibili e<br />

migliori per la resa sonora - fu decisivo per<br />

la diffusione del rock’n’roll e della popular<br />

music in generale. Ce n’erano molti con<br />

una confezione identica a quelle dei<br />

vecchi 78 giri - difficile dimenticare quelli di<br />

Frank Sinatra per la Cap<strong>it</strong>ol, con l’etichetta<br />

blu e le bustine rosa - ma ce n’erano tanti<br />

altri con foto e disegni coloratissimi. Ed è<br />

in quegli anni che nasce e si sviluppa il<br />

legame indissolubile tra la grafica delle<br />

copertine e la musica.<br />

E se la cultura della popular music -<br />

qualcosa che il nostro paese fa ancora<br />

fatica a considerare seriamente - è in<br />

costante movimento, quella dell’immagine<br />

lo è altrettanto. C’è chi prevede la fine<br />

inesorabile di quest’ultima - la musica<br />

si “scarica”, neppure i cd, con le loro<br />

proporzioni ridotte e le loro scatolette di<br />

plastica sarebbero destinati a sopravvivere<br />

- ma finora ogni passaggio tecnologico si<br />

è sovrapposto ai precedenti e non ne ha<br />

eliminato nessuno. Si può (e si deve) usare<br />

il computer, ma questo non significa che<br />

non dobbiamo più leggere un libro. Ma<br />

non anticipiamo le conclusioni del nostro<br />

ragionamento.<br />

Quando gli LP erano semplicemente delle<br />

raccolte di canzoni già usc<strong>it</strong>e sui 45 giri,<br />

le copertine ci dicevano più che altro<br />

chi le aveva cantate e suonate - quante<br />

di queste immagini sono fin<strong>it</strong>e appese<br />

nelle stanze di milioni di adolescenti? - e<br />

alcune case discografiche, specialmente<br />

in amb<strong>it</strong>o blues e jazz, avevano uno stile<br />

sub<strong>it</strong>o riconoscibile. In questo senso è<br />

ancora una volta qualcosa creato dai<br />

Beatles e dal loro staff a darci un’idea<br />

precisa di quel che stava accadendo.<br />

Dalle prime copertine firmate da Robert<br />

Freeman a quella celeberrima di Abbey<br />

Road, i Beatles hanno esplorato tutte<br />

le possibil<strong>it</strong>à che la confezione di un<br />

disco in vinile a 33 giri poteva offrire:<br />

un’immagine come quella di Freeman<br />

scelta per Rubber Soul o come quella di<br />

Klaus Voorman per Revolver aggiungeva<br />

qualcosa all’ascolto della musica. Con la<br />

forza che il loro successo aveva procurato<br />

i Beatles cambiavano i parametri della<br />

produzione della musica pop. Dopo la<br />

geniale copertina di Sgt. Pepper - che si<br />

apriva, aveva una busta interna colorata,<br />

un cartoncino da r<strong>it</strong>agliare, i testi delle<br />

canzoni - nulla poteva più essere come<br />

prima. E quando tutti gli altri artisti e gli altri<br />

gruppi si dannavano l’anima per trovare<br />

qualcosa di nuovo, furono sempre i Beatles<br />

a riportare tutto a zero con l’immacolata<br />

copertina dell’Album Bianco, che peraltro<br />

conteneva, oltre ai due 33 giri con la mela<br />

verde e le buste nere, quattro fotografie e<br />

un poster.<br />

Le copertine allargavano la visuale<br />

dell’ascoltatore, non ne imponevano una<br />

a svantaggio di un’altra e suggerivano<br />

l’esistenza di altri mondi. Potremmo fare<br />

mille esempi: dall’opera sempre originale<br />

dello studio Hipgnosis per i Pink Floyd ai<br />

paesaggi fantastici di Roger Dean per gli<br />

Yes, dai nudi scandalosi di Electric Ladyland<br />

di Jimi Hendrix e dell’unico album dei Blind<br />

Fa<strong>it</strong>h alle provocazioni dei Sex Pistols o dei<br />

Clash, protagonisti con London Calling di<br />

una precisa e azzeccata c<strong>it</strong>azione di Elvis<br />

Presley.<br />

La comparsa sul mercato del cd ha<br />

creato degli ostacoli ai grafici, ai fotografi<br />

4<br />

a cura di Giancarlo Susanna<br />

C


oolClub.<strong>it</strong><br />

Blonde on blonde<br />

Elvis Presley - 1956<br />

- Bob Dylan - 1966<br />

e agli art director: non si poteva e non si<br />

può semplicemente “ridurre” le dimensioni<br />

di un progetto. Sono una pattuglia sempre<br />

più ridotta di numero, i “nostalgici del<br />

vinile”, ma anche il cd - senza magari<br />

arrivare alla follia minimalista del 3 pollici,<br />

anche qui troviamo i Beatles! - offre ampie<br />

possibil<strong>it</strong>à alla creativ<strong>it</strong>à. Il fascino di un<br />

“digipack” realizzato con cura è irresistibile<br />

quasi quanto un vecchio LP.<br />

A noi stringe un po’ il cuore soltanto vedere<br />

tanti ragazzi con un aggeggio delle<br />

dimensioni di un accendino attaccato al<br />

collo, un auricolare infilato nell’orecchio,<br />

mano nella mano con il proprio partner<br />

e mille canzoni da ascoltare senza<br />

comunicare con nessuno. Magari<br />

qualcuno inventerà un qualcosa capace<br />

di portare su un mini-schermo da polso le<br />

immagini che la musica evoca (si spera)<br />

nella mente di chi ascolta. Ma questa è<br />

tutta un’altra storia...<br />

Strange days - The<br />

Doors - 1967<br />

Sell out - The Who<br />

- 1967<br />

The Beatles<br />

Sgt.Pepper Lonely Hearts Club<br />

Band<br />

Cap<strong>it</strong>ol/Emi - 1967<br />

Per la copertina di quello che si<br />

sarebbe rivelato il più importante<br />

e influente album nella storia della<br />

popular music, i Beatles volevano i<br />

r<strong>it</strong>ratti degli artisti e dei personaggi<br />

che li avevano influenzati di più.<br />

“Vogliamo tutti i nostri eroi riun<strong>it</strong>i<br />

qui - disse Paul McCartney - Se<br />

crediamo che per noi questo<br />

sia un album molto speciale,<br />

dovremmo avere in copertina<br />

con noi molte persone che<br />

consideriamo speciali”. A Robert<br />

Fraser, molto noto nell’ambiente<br />

artistico londinese e scelto dagli<br />

stessi Beatles, fu affiancato il grafico<br />

Peter Blake e il complicato congegno<br />

della realizzazione della copertina si<br />

mise in moto. Lo spazio che abbiamo<br />

a disposizione non è sufficiente per<br />

scendere nei dettagli. Vi basti sapere<br />

che nell’edizione su cd attualmente<br />

in circolazione c’è una “mappa” dei<br />

personaggi che compaiono su questa<br />

m<strong>it</strong>ica copertina, che fu anche la<br />

prima ad aprirsi e a contenere i<br />

testi delle canzoni. Ascoltare il disco<br />

cercando di individuare i nomi degli<br />

eroi dei Beatles e il significato di<br />

certi particolari era un’avventura<br />

meravigliosa.<br />

Neil Young<br />

After The Gold Rush<br />

Reprise - 1970<br />

Pubblicato nell’estate del 1970 è il<br />

capolavoro della prima parte della<br />

lunga carriera di Neil Young. Nonostante<br />

le pressioni derivate dagli impegni con<br />

Crosby, Stills e Nash e dall’attenzione<br />

della cr<strong>it</strong>ica, Young realizzò un album in<br />

cui hanno spazio tutte le componenti del<br />

suo stile: il rock bruciante delle ch<strong>it</strong>arre<br />

elettriche, il folk intimista delle acustiche e<br />

il country d’autore di Don Gibson (autore<br />

di Oh Lonesome Me, che apre la seconda<br />

facciata, ma anche della celeberrima I<br />

Can’t Stop Loving You di Ray Charles). La<br />

grafica di Gary Burden e le foto in bianco<br />

e nero di Joel Bernstein sono in netta<br />

controtendenza con le colorate immagini<br />

delle copertine dell’epoca e aggiungono<br />

alla malinconica bellezza del disco un<br />

tocco di mistero: bisognava aprire la<br />

5<br />

Forever changes<br />

- Love - 1968<br />

I M M A G I N A L A M U S I C A<br />

Santana - 1969<br />

The Beach Boys<br />

Pet Sounds<br />

Cap<strong>it</strong>ol/Emi - 1966<br />

Abbey Road - The<br />

Beatles - 1969<br />

L’idea alla<br />

base di Pet<br />

Sounds è la<br />

cura dei suoni.<br />

Nelle intenzioni<br />

di Brian Wilson<br />

non soltanto le<br />

voci, i cori e le<br />

timbriche degli<br />

strumenti, ma<br />

anche i rumori -<br />

dal campanello<br />

di una bicicletta<br />

a l l ’ a b b a i a r e<br />

di un cane<br />

- dovevano<br />

essere segu<strong>it</strong>i con l’attenzione e la<br />

tenerezza che si deve riservare ai cuccioli.<br />

In questo senso l’immagine di copertina<br />

è perfetta. Può spiazzare, perché è<br />

abbastanza lontana dalle tendenze<br />

“immaginifiche” dell’epoca, ma r<strong>it</strong>rae<br />

i”ragazzi” alle prese proprio con dei piccoli<br />

animali. La session fotografica allo Zoo di<br />

San Diego è opera di George Jerman,<br />

che forse non immaginava che i suoi scatti<br />

sarebbero stati utilizzati per un capolavoro<br />

assoluto della popular music. Per celebrare<br />

il quarantesimo anniversario della sua<br />

pubblicazione, la Cap<strong>it</strong>ol ha distribu<strong>it</strong>o Pet<br />

Sounds in tre edizioni differenti. Niente male<br />

per chi,come il sottoscr<strong>it</strong>to, ne possiede già<br />

cinque, sei versioni!<br />

copertina per avere un r<strong>it</strong>ratto leggibile di<br />

Young, sorpreso in un momento di riposo<br />

nei camerini del Fillmore.Non sempre<br />

i numerosissimi album del cantautore<br />

canadese avranno un ab<strong>it</strong>o confezionato<br />

con tanta perspicacia.


I M M A G I N A L A M U S I C A<br />

Hunky dory - David<br />

Bowie - 1970<br />

Aphex Twin<br />

Windowlicker<br />

EP - 1999<br />

Fun house - The<br />

Stooges - 1970<br />

La rivoluzione dura 16 minuti. Quanto<br />

basta per cambiare o comunque<br />

per dare una svolta alla musica. La<br />

conferma del genio di Richard James<br />

emerge in questo EP: bastano 3 tracce,<br />

un video (della canzone Windowlicker)<br />

e l’annesso packaging per causare un<br />

piccolo terremoto. Pubblicato nel 1999,<br />

due anni dopo Come to Daddy, verrà<br />

ricordato soprattutto per l’incredibile<br />

video, girato da Chris Cunningham.<br />

Lungo 11 minuti, e quindi anti-televisivo,<br />

è una delirante parodia dei classici<br />

video rap americani, tutta donne,<br />

macchine e champagne, in cui allo<br />

stesso tempo è elevata alla massima<br />

potenza l’immagine di Aphex Twin, il<br />

cui volto, sul finale del video, invade<br />

a sorpresa lo schermo sotto forma di<br />

riproduzione continua dei volti delle<br />

modelle (come è possibile vedere nella<br />

cover). Questo è il momento più alto<br />

della carriera della punta di diamante<br />

della Warp, etichetta le cui scelte<br />

rispecchiano perfettamente l’animo del<br />

musicista. Momento (sempre insegu<strong>it</strong>o,<br />

mai più raggiunto) che coincide con il<br />

famoso episodio del remix richiesto da<br />

Madonna per Music e mai più realizzato<br />

in quanto le richieste di Aphex (un sample<br />

con un grugn<strong>it</strong>o) apparvero offensive<br />

all’entourage dell’incarnazione del<br />

Pop. E in più, un intervista di Thom Yorke,<br />

a 2 mesi dall’usc<strong>it</strong>a di Kid A, l’album<br />

forse più innovativo degli ultimi 10 anni,<br />

che afferma con determinazione la<br />

sua ispirazione massima durante la<br />

realizzazione: proprio Aphex. Cercatevi<br />

il video!<br />

Dino “doonie” Amenduni<br />

CoolClub.<strong>it</strong><br />

Pink moon - Nick<br />

Sticky fingers<br />

- Rolling Stones<br />

-1971<br />

Drake - 1972<br />

The dark side of<br />

<strong>the</strong> moon - Pink<br />

Floyd - 1973<br />

S I N E S T E S I E<br />

Lo stretto legame che da<br />

sempre unisce musica e<br />

immagine viene chiamato<br />

sinestetico. Ne è la<br />

manifestazione più alta<br />

quella in cui i vari i sensi<br />

concorrono a creare un<br />

unica immagine. Il suono<br />

è tra gli stimolatori di sensi,<br />

il più potente. Immergersi<br />

nel suono, soprattutto se<br />

ad alto volume lo rende<br />

fisico, percepibile. Questo da sempre ha<br />

suggestionato i musicisti. Basti pensare<br />

al compos<strong>it</strong>ore Debussy che scrisse<br />

part<strong>it</strong>ure per pianoforte chiamandole<br />

Images (immagini appunto). Per questo<br />

stesso motivo fu defin<strong>it</strong>o al tempo un<br />

impressionista, proprio come gli esponenti<br />

della corrente p<strong>it</strong>torica. Molto spesso la<br />

musica, al contrario, ha ispirato artisti visivi<br />

che hanno raffigurato la musica nei modi<br />

più svariati. Con l’avvento del supporto<br />

Horses - Patti Sm<strong>it</strong>h<br />

- 1975<br />

Never mind <strong>the</strong><br />

bollocks - Sex<br />

pistols - 1977<br />

fisico capace di contenere<br />

la musica, il rapporto musica<br />

immagine si è stretto, è<br />

diventato funzionale. L’arte<br />

diventa così applicata,<br />

complementare alla musica,<br />

altre volte slegata, ma parte<br />

di un unico oggetto che è il<br />

disco. Nasce così un rapporto<br />

nuovo tra arte e musica.<br />

Un caso emblematico e<br />

curioso a tal riguardo è<br />

quello della copertina dell’album Go<br />

2 degli Xtc (nella foto accanto) in cui<br />

al posto dell’immagine campeggia un<br />

testo in cui si spiega l’importanza di una<br />

copertina ai fini della vend<strong>it</strong>a di un disco.<br />

Un altro caso, celeberrimo e forse tra i<br />

primi, di interazione tra musica e arte è<br />

quello tra i <strong>Velvet</strong> <strong>Underground</strong> e l’<strong>artista</strong><br />

pop Andy Warhol. La famosa banana (in<br />

copertina) che campeggia sul disco è<br />

un simbolo come la stessa band diventa<br />

6<br />

C


oolClub.<strong>it</strong><br />

Unknow pleasure -<br />

London calling<br />

- Clash - 1979<br />

Joy Division - 1979<br />

rappresentazione musicale dell’arte e delle<br />

istallazioni dell’<strong>artista</strong>. Da lì in poi, nel corso<br />

dei decenni, il contatto tra le due arti si<br />

inf<strong>it</strong>tisce e articola. Sempre rimanendo<br />

nell’amb<strong>it</strong>o della pop art troviamo tracce<br />

di Ke<strong>it</strong>h Haring su un album di Malcom<br />

Mc Laren, ma anche copertine ad opera<br />

dell’<strong>it</strong>aliano Mario Schifano.<br />

Ciò che rimane di un’epoca che non<br />

abbiamo vissuto è certo e soprattutto la<br />

sua musica ma anche la sua iconografia.<br />

Il mer<strong>it</strong>o delle copertine, siano esse dipinti,<br />

fumetti, foto, ci offrono lo spunto per<br />

immaginare accompagnati dalle note,<br />

l’istante stesso in cui quel disco ha suonato<br />

per la prima volta.<br />

Fenomeni come il glam, il punk molto devono<br />

alla loro raffigurazione, alle copertine che<br />

ne hanno immortalato l’essenza. Altre volte<br />

le copertine hanno invece immortalato<br />

l’icona promuovendola a m<strong>it</strong>o. È in questa<br />

fase che la foto di moda incontra la musica<br />

regalandoci copertine bellissime.<br />

Altre volte ancora l’immagine di copertina<br />

si slega in maniera violenta dalla musica, si<br />

pone quasi in contrasto con essa creando<br />

un codice che finisce per rappresentare<br />

un genere (penso ai Sonic Youth e a tutti i<br />

loro derivati). Si arriva all’illusione di sapere<br />

cosa conterrà un disco guadandone solo<br />

la copertina (inconfutabile quando si parla<br />

di metal), ma rimane, per fortuna, sempre<br />

un punto interrogativo, la possibil<strong>it</strong>à che<br />

musica e copertine trovino una nuova<br />

strada.<br />

Osvaldo Piliego<br />

Rio - Duran duran<br />

- 1982<br />

Pornography - The<br />

Cure - 1982<br />

Pink Floyd<br />

Wish you were here<br />

Harvest/Emi - 1975<br />

Portishead<br />

Portishead<br />

Go! Beat- 1997<br />

I maestri del trip-hop mancano dalle<br />

scene da quasi dieci anni. Portishead, il<br />

loro ultimo lavoro in studio, risale infatti<br />

al 1997. Pubblicato tre anni dopo lo<br />

straordinario esordio (Dummy), con<br />

questo secondo album Beth e soci<br />

hanno impugnato lo scettro dei sovrani<br />

del trip-hop. E anche se è passato<br />

tanto tempo, io quello scettro non<br />

glielo toglierei dalle mani per nessuna<br />

ragione al mondo. Perché nella mia<br />

testa i Portishead hanno contato più dei<br />

compaesani Massive Attack, ai quali<br />

bacerei comunque i piedi.<br />

Sulla cover di Portishead primeggia<br />

il logo del gruppo, una P minimal<br />

7 I M M A G I N A L A M U S I C A<br />

Like A Virgin -<br />

Madonna - 1984<br />

Purple rain - Prince<br />

- 1984<br />

The queen is dead<br />

- The Sm<strong>it</strong>hs - 1986<br />

Scegliere una copertina di un disco dei Pink Floyd non è facile. Ognuna di loro<br />

rappresenta un’opera d’arte intrisa di simbologia e magia che solo loro sono<br />

stati capaci di creare. Storm Thorgherson per molti viene identificato come il<br />

quinto elemento dei Floyd perché ha saputo tramutare in immagini le “visioni”<br />

della band.<br />

Uno dei dischi più belli ma anche più tristi della storia del rock, tutto ruota intorno<br />

alla simbologia dell’assenza. L’assenza di Syd Barrett che proprio durante la<br />

registrazione di questo disco appare negli studi di Abbey Road come per dare<br />

un ultimo saluto agli amici. Storm rappresenta in questo artwork due uomini vest<strong>it</strong>i<br />

elegantemente che si stringono la mano in mezzo ad una strada. Uno dei due<br />

ha preso fuoco, combustione che viene anche rappresentata sul bordo destro<br />

della cornice. Una visione surreale quasi a c<strong>it</strong>are De Chirico e Magr<strong>it</strong>te il fuoco<br />

rappresenta il dolore per la fine di un’amicizia e la stretta di mano può essere<br />

interpretata come la finta comunicazione.<br />

Una delle più belle foto della storia.<br />

Wish you were here- vorremmo che fossi qui.<br />

Giuseppe Scarciglia<br />

proprio come loro. E la stessa P si<br />

r<strong>it</strong>rova sul taschino della giacca di<br />

un uomo in primo piano, all’altezza<br />

del cuore. L’occhio però cade sulla<br />

figura in secondo piano, soggiogata<br />

dalla mastodontica P dello schermo.<br />

Una bambina, con un vest<strong>it</strong>o bianco<br />

molto Fifties e calzettoni da sfigata. È<br />

un fotogramma dell’inquietante video<br />

di All Mine, primo singolo dell’album.<br />

Avevo 15 anni quando ho visto quel<br />

video per la prima volta, non passava<br />

spesso su Mtv, ma mi ag<strong>it</strong>ava ogni volta<br />

lo stomaco. Come la voce di Beth e le<br />

melodie di Barrow ed Utley. Mi disturbava<br />

quella bambina con lo sguardo perso e<br />

la bocca spalancata a doppiare una<br />

Gibbons disperata. “So don’t resist/We<br />

shall exist/Until <strong>the</strong> day I’ll die/All mine/<br />

You have to be”. Più un’ossessione che<br />

una canzone d’amore. I Portishead<br />

hanno sempre saputo inquietarmi bene,<br />

questo album forse l’ha fatto ancora<br />

meglio di Dummy, e lo fa fin da principio,<br />

con i cori cavernosi di Cowboys, fino a<br />

Only You e Mourning Air.<br />

Non sarà storica come il video o<br />

l’album, considerato uno dei Top20 del<br />

’97, ma questa cover riflette al meglio<br />

lo spir<strong>it</strong>o Portishead, imprimendosi nella<br />

memoria. A quanto pare il gruppo di<br />

Bristol è di nuovo in studio per il terzo<br />

album, finalmente. Io ci spero, anche<br />

se ormai si fanno attendere da troppo<br />

tempo, e mi fanno sentire sconsolata<br />

come la bimba della copertina.<br />

Anna Puricella


Keep Cool Pop,<br />

Sparklehorse<br />

Dreams for light Years in <strong>the</strong> belly of a mountain<br />

Cap<strong>it</strong>ol/ Emi<br />

Indie / *****<br />

Ai meno distratti la discografia di<br />

questo <strong>artista</strong> non sarà certo sfugg<strong>it</strong>a.<br />

Il sottoscr<strong>it</strong>to ha dovuto recuperare in<br />

corsa dopo essersi follemente innamorato<br />

del suo penultimo album dal <strong>t<strong>it</strong>olo</strong> It’s a<br />

wonderful life. Ma Mark Linkous, l’uomo<br />

che si cela dietro il progetto, è uno che ti<br />

lascia prendere il tempo giusto per godere<br />

delle cose. Belle e brutte poco importa,<br />

tutte e due, se vissute con intens<strong>it</strong>à,<br />

trasmettono emozioni che vale la pena<br />

raccontare. Dopo aver esord<strong>it</strong>o nei primi<br />

anni ’90 con un album folgorante come<br />

Vivadixiesubmarinetransmissionplot Mark<br />

ha trascorso un decennio difficile e ce lo<br />

ha raccontato (nel 96 ha anche rischiato<br />

la morte dopo una scorpacciata di<br />

antidepressivi). C’è chi dice che tutti i<br />

Alternative, Metal, Elettronica, Lounge,Italiana, Indie<br />

grandi artisti soffrono moltissimo, chiusi<br />

in una v<strong>it</strong>a stretta, incapaci, forse, di<br />

esprimere tutto quello che sentono.<br />

Sparklehorse ha scelto per la sua musica un<br />

velo di malinconia che senti sincera, una<br />

rabbia che sembra implodere, soffocata<br />

tra i denti, un amore per le cose intime e<br />

vicine come le sue canzoni. Tutto questo<br />

tradotto in musica è pop, indie, folk, rock.<br />

con l’aiuto di vari musicisti e collaboratori<br />

che si sono avvicendati nel corso degli<br />

album. Mark ha sempre realizzato dischi<br />

dal sapore artigianale, fatto in casa.<br />

Lo dimostra la sua att<strong>it</strong>udine per suoni<br />

spigolosi e low-fi, un cantato quasi sempre<br />

sussurrato e la predilezione per le ballad.<br />

Ha in sé il talento dei grandi folk singer (il<br />

più accostato al suo nome è Neil Young)<br />

la musica secondo coolcub<br />

la passione indie che lo ha avvicinato ad<br />

artisti come Beck, Bright Eyes, <strong>the</strong> Flaming<br />

Lips tutti presenti in album tributo da lui<br />

organizzato e realizzato in onore di Daniel<br />

Johnston, un lato acustico intervallato da<br />

nervose bizze elettriche e una grande<br />

passione per la melodia. Questo ultimo<br />

album segue l’umore musicale del suo<br />

precedente, non ha forse alcuni guizzi<br />

emozionali dei suoi precedenti ma segna<br />

la matur<strong>it</strong>à e l’equilibrio dei vari elementi<br />

che da sempre hanno affollato le canzoni<br />

di Sparklehorse. Insieme a lui, in questo<br />

album, osp<strong>it</strong>i d’eccezione come Tom<br />

Wa<strong>it</strong>s e Dangermouse. Se siete in cerca<br />

di emozioni forti ma sussurrate, questo<br />

disco fa per voi.<br />

Osvaldo


10<br />

Scissor Sisters<br />

Ta-dah<br />

Polydor<br />

Pop / ***½<br />

Oh, che bello! Un cd dei Bee Gees!<br />

Questo è il potenziale commento medio<br />

di un 40enne al primo ascolto di Ta-Dah,<br />

seconda prova del quintetto americano.<br />

E in effetti il dubbio potrebbe anche<br />

venire, se non ci si concentra per bene.<br />

Un cd quanto mai autoreferenziale,<br />

che conferma, nel paradosso, l’unic<strong>it</strong>à<br />

di un gruppo che fa delle c<strong>it</strong>azioni il<br />

proprio punto di forza. Dopo il boom<br />

del cd omonimo del 2004 (album più<br />

venduto nel Regno Un<strong>it</strong>o in quell’anno),<br />

appare piuttosto evidente la volontà<br />

delle Sorelle Forbice di proseguire sul<br />

sentiero già battuto in precedenza, in<br />

un mix tra “Settanta, Ottanta e Duemila”<br />

(come già sottolineato dalla campagna<br />

pubblic<strong>it</strong>aria). Il singolo, I don’t feel like<br />

dancing è il pezzo più radio-friendly, con<br />

un Elton John ispiratissimo (e non poteva<br />

essere altrimenti). Tutt’attorno, una<br />

manciata di pezzi spiccatamente pop,<br />

anche di ottima qual<strong>it</strong>à, She’s my man<br />

(si, avete letto bene) su tutti. I testi sono<br />

esattamente come ve li potreste aspettare<br />

da un manipolo di fieri metrosessuali, con<br />

c<strong>it</strong>azioni anche ai piani alti della storia<br />

della musica (una canzone si chiama<br />

“Paul Mccartney” pur suonando in<br />

modo esattamente ossimorico rispetto<br />

ai Beatles, ovvero con andamenti synthpop<br />

anni ‘80). Degna di nota anche<br />

Intermission, cantata da un Jake Shears<br />

versione no-falsetto, pezzo che avrebbe<br />

fatto la gioia di Rufus Wainwright. Un<br />

buon cd, che non farà la storia della<br />

musica, ma che va ascoltato. E vanno<br />

colte tutte le potenzial<strong>it</strong>à del gruppo di<br />

New York, in attesa di una prova un po’<br />

più coraggiosa, il viatico per entrare nel<br />

gotha del pop. Aspettando, magari, una<br />

collaborazione con Madonna.<br />

Dino “doonie” Amenduni<br />

The Delgados<br />

The complete BBC Peel Sessions.<br />

Chemical <strong>Underground</strong> /<br />

Audioglobe<br />

Indie pop / ****<br />

Indie fatto come ai bei<br />

vecchi tempi, con il<br />

piede su un distorsore,<br />

i Pixies nel cuore, le<br />

Breeders ancora dietro<br />

l’angolo, da qualche<br />

parte i Jesus and mary<br />

chain. Immortalati dalle<br />

m<strong>it</strong>iche Peel sessions (hanno osp<strong>it</strong>ato<br />

da Hendrix fino ai nostri Uzeda), nate<br />

dalla mente del grandissimo conduttore<br />

radiofonico John Peel queste registrazioni<br />

accumulate negli anni e album dopo<br />

album dalla band cap<strong>it</strong>anata da Emma<br />

Pollock vengono pubblicate. Una sorta di<br />

archivio, memoria di ciò che è passato,<br />

esiste e non bisogna dimenticare.<br />

Ed è generosa questa session dei<br />

Delgados. Un doppio in cui il gruppo<br />

scozzese sfodera tutto il suo campionario,<br />

dalle asper<strong>it</strong>à indie noise, alle canzoni<br />

più chamber rock, fino ai momenti più<br />

romantici e br<strong>it</strong> pop in cui è il piano a<br />

dominare sulle ch<strong>it</strong>arre. C’è anche una<br />

cover di California uber alles, un tributo<br />

al punk dei Dead Kennedys. Non è un<br />

greatest h<strong>it</strong>s e neanche un live, ma<br />

ha in sè la bellezza e la spontane<strong>it</strong>à di<br />

entrambi. Se vi siete persi dieci anni di<br />

storia dei Delgados questo è una specie<br />

di Bignami, un assaggio che vi metterà<br />

sub<strong>it</strong>o fame, quella di avere tutti e cinque<br />

i loro album. (O.P.)<br />

Micah P. Hinson<br />

Micah P. Hinson And The Opera<br />

Circu<strong>it</strong><br />

Sketchbook/Goodfellas<br />

cantautorato folk, country / ****<br />

È una delle voci più<br />

belle degli ultimi anni,<br />

Micah P. Hinson, ci<br />

regala nuove struggenti<br />

emozioni con un<br />

album composto<br />

da undici perle di<br />

ottimo cantautorato<br />

americano. Inizia col suono delle cicale,<br />

poi una ch<strong>it</strong>arra, un’armonica dal suono<br />

delicato, la sua voce, sembra quella di<br />

KeepCool<br />

un uomo maturo, ma ha solo ventiquattro<br />

anni. Si potrebbe dire, solo per rendere<br />

l’idea, che assomiglia a Johnny Cash<br />

insieme a Calexico e Devendra Banhart,<br />

ma sarebbe stupida e lim<strong>it</strong>ata come<br />

descrizione. Micah è se stesso, in tutto il<br />

talento e la sensibil<strong>it</strong>à, un songwr<strong>it</strong>er dal<br />

cuore sanguinante. Seppur di giovane<br />

età, dai suoi testi si evince quanto abbia<br />

sofferto in passato a causa di s<strong>it</strong>uazioni<br />

dure, di disagio. Poesia bucolica, rurale,<br />

amore e sofferenza, attimi cupi e spiragli<br />

di luce. Questo disco è stato composto<br />

nella sua casa di Abilene, in Texas, dove<br />

l’<strong>artista</strong> costretto a letto a causa di un<br />

infortunio alla schiena, ha deciso di<br />

inv<strong>it</strong>are e coinvolgere un gruppo di amici,<br />

gli Opera Circu<strong>it</strong>, tra cui vi è il cantautore<br />

statun<strong>it</strong>ense Eric Bachmann ed Henry Da<br />

Massa, con la sua armonica, presente<br />

anche nel progetto parallelo denominato<br />

Late Cord. Genio e capac<strong>it</strong>à espresse in<br />

un ottimo disco dalle tinte autunnali.<br />

Livio Polini<br />

Lisa Germano<br />

In <strong>the</strong> maybe world<br />

Young god records / Goodfellas<br />

Dream pop / ****<br />

A volte c’è bisogno di<br />

qualcosa per risvegliare<br />

una parte di noi che<br />

credevamo sop<strong>it</strong>a. A<br />

volte quel qualcosa è<br />

un disco. Tutti portiamo<br />

con noi malinconie<br />

che per un po’<br />

mettiamo via ma che ci servono, fanno<br />

parte di noi. Ci sono artisti, grandi artisti,<br />

capaci di cantare uno stato d’animo,<br />

di rappresentarlo alla perfezione con<br />

pochissimo. Lisa Germano è certamente<br />

una di questi. Questo suo nuovo album<br />

è onirico, notturno, dolce. Classica per<br />

alcuni versi, come la formazione dei<br />

suoi gen<strong>it</strong>ori musicisti, matura per i 48<br />

anni che ormai bussano alle porte e i<br />

numerosi dischi alle spalle, Lisa Germano<br />

in questo In <strong>the</strong> maybe world riesce a<br />

imporre in poche tracce e pochi minuti<br />

uno stato d’animo. Basta concentrarsi<br />

sui pochi elementi chiamati in causa per<br />

perdere il contatto con tutto il rumore<br />

e trovare pace in queste tracce. Senza<br />

alcun bisogno di forzare, accostando<br />

al piano ora una ch<strong>it</strong>arra, ora un violino<br />

struggente, rispettando strofa e r<strong>it</strong>ornello,


KeepCool 11<br />

ma semplicemente sentendo ogni<br />

singola nota suonata Lisa ti inchioda<br />

con un incedere che sembra un inv<strong>it</strong>o<br />

a riprenderti il tuo tempo. Se sapete che<br />

sapore ha la lontananza provate ad<br />

ascoltare Too much space. Romantico e<br />

decadente come l’artwork questo disco<br />

è neve, fiore e uccello è un sibilo lento e<br />

dolce che arriva fino al cuore e può far<br />

male. (O.P.)<br />

Ani Di Franco<br />

Reprieve<br />

Righteous Babe<br />

Folk / ***<br />

Un lungo intro<br />

strumentale, un<br />

contrabbasso a cui<br />

si aggiunge, lento,<br />

un pianoforte e solo<br />

successivamente una<br />

voce, dolente, che<br />

parla, non canta:<br />

questa la splendida Hypnotized, ad<br />

apertura dell’ultimo album di Ani Di<br />

Franco. Accanto al contrabbasso, ormai<br />

parte integrante del suo sound e suonato<br />

da Todd Sickafoose, l’immancabile<br />

ch<strong>it</strong>arra acustica, meno irrequieta<br />

del sol<strong>it</strong>o, più incline verso suoni folk<br />

che sanno di dolce ballata più che di<br />

ribellione. Ma i temi che ad Ani piace<br />

affrontare non mancano certo in questo<br />

disco, la denuncia pol<strong>it</strong>ica è presente nei<br />

testi anche di questo lavoro - come in tutti<br />

gli altri - a cui è dato un particolare risalto.<br />

Le parole, infatti, spesso parlate piuttosto<br />

che cantate, o urlate, rappresentano<br />

il punto centrale intorno cui ruotano<br />

tutti gli strumenti, la ch<strong>it</strong>arra in primis, il<br />

contrabbasso, il piano e l’organo suonati<br />

da Sickafoose, poi effetti e percussioni.<br />

Probabilmente non tutti dei tanti fan<br />

d’annata della Di Franco avranno ben<br />

accolto questo disco, proprio per questa<br />

sua verve melodica, quieta, molto matura<br />

e introspettiva. Ma la sua voglia di rivolta<br />

resta, seppur velata da note poetiche.<br />

Feminism ain’t about equal<strong>it</strong>y, <strong>it</strong>’s about<br />

reprieve…<br />

Valentina Cataldo<br />

Paolo Nutini<br />

These streets<br />

Atlantic<br />

New Acoustic Movement / ****<br />

La storia di Paolo Nutini non è troppo<br />

diversa da quelle con cui ultimamente<br />

ci imbattiamo constatando l’avvento di<br />

stelline della musica: un ragazzo di belle<br />

speranze e con una sufficiente dose<br />

di furbizia fa circolare un paio di pezzi<br />

via Internet, attraverso l’onnipresente<br />

myspace.com, i pezzi piacciono, la<br />

multinazionale guarda, ammira, fa<br />

firmare. Lily Allen e Sandi Thom hanno<br />

percorso le stesse tappe, per intenderci.<br />

Qui però finiscono gli elementi in comune<br />

con questo clichè divenuto addir<strong>it</strong>tura<br />

ai margini dello scontato. 19 anni, papà<br />

<strong>it</strong>aliano e mamma scozzese, si presenta<br />

in modo assolutamente convincente con<br />

questo These streets che non appare<br />

affatto un veloce patchwork utile solo a<br />

sfruttare l’onda mediatica, bensì un album<br />

vero e proprio, ragionato e completo. Al<br />

suo interno c’è Last Request, il singolo<br />

giunto sino al quinto posto in UK e che<br />

da qualche giorno passa timidamente<br />

anche da noi in radio (non senza un<br />

minimo di sorpresa). La musica è scr<strong>it</strong>ta da<br />

lui, così come i testi: Paolo (dice) si ispira<br />

a Oasis, Doors e Pink Floyd ma in Alloway<br />

Grove, in particolare, appare evidente la<br />

lezione di Simon e Garfunkel. Vocalmente<br />

sicuro (in particolare in Autumn), ha<br />

ricevuto l’invest<strong>it</strong>ura dei Rolling Stones,<br />

che l’hanno voluto come opener per<br />

un loro concerto a Vienna. Unico lim<strong>it</strong>e<br />

è la sindrome da “già sent<strong>it</strong>o”, ma se il<br />

cd vi annoia, tenete duro (o passate<br />

direttamente alla traccia fantasma): la<br />

finale Last request in versione unplugged<br />

è semplicemente da brividi. Ne sentiremo<br />

parlare, non fosse altro per il tocco di<br />

<strong>it</strong>aliano che porta con sé.<br />

Dino “doonie” Amenduni<br />

My brightest diamond<br />

Bring me <strong>the</strong> workhorse<br />

Asthmatic K<strong>it</strong>ty<br />

Gothic pop / ***½<br />

Sufjan Stevens produce per la sua<br />

etichetta l’album di esordio dell’amica e<br />

collaboratrice Shara Worden, originaria<br />

del Michigan, proveniente da una<br />

famiglia di musicisti legati alla chiesetta<br />

pentecostale di Ypsilanti. Durante i suoi<br />

anni di sviluppo delle sue indiscutibili doti<br />

vocali da teatro d’opera lavora addir<strong>it</strong>tura<br />

con Wh<strong>it</strong>ney Houston e Mariah Carey,<br />

finché non decide di abbandonare il<br />

mondo mainstream per perfezionarsi<br />

studiando spart<strong>it</strong>i più classici.<br />

Si iscrive ai corsi di canto dell’Univers<strong>it</strong>y<br />

of North Texas, dopodichè, trasfer<strong>it</strong>asi<br />

a NewYork inizia ad avvicinarsi ai circoli<br />

musicali underground della c<strong>it</strong>tà, ascolta<br />

Antony, Nina Nastasia, Rebecca Moore.<br />

Raccolti così un gruppo di musicisti,<br />

comincia ad esibirsi in piccoli club, fino<br />

al fatale incontro con Stevens e l’ingresso<br />

nei suoi Illinoisemakers. Ed ecco infine la<br />

sua personale usc<strong>it</strong>a discografica (che in<br />

realtà è doppia, poiché parallelamente<br />

a questo disco ne realizza un altro con<br />

un quartetto d’archi, A thousand shark’s<br />

teeth): legato (non completamente)<br />

al sound dell’etichetta, il disco rivela<br />

la sua particolar<strong>it</strong>à inev<strong>it</strong>abilmente nel<br />

personale timbro vocale della Worden<br />

(non lontana da Beth Gibbons), che a<br />

dir la ver<strong>it</strong>à a tratti risulta anche troppo<br />

ridondante e barocco.<br />

Per fortuna non è uno di quei prodotti<br />

in cui la musica è solo una base di<br />

accompagnamento, ma ci sono<br />

interessanti tess<strong>it</strong>ure strumentali dalle<br />

tonal<strong>it</strong>à cupe, a volte solenni, a volte<br />

spettrali, a volte drammatiche, a<br />

volte marziali (certi punti mi ricordano<br />

addir<strong>it</strong>tura i primi Black Sabbath). Di certo<br />

un album molto emozionale.<br />

Davide Rufini<br />

Barbara Carlotti<br />

Les Lys brisés<br />

4AD<br />

Pop / ***<br />

Una voce bianca e bassa che canta di<br />

pioggia, silenzio, notti d’amanti. Non è<br />

<strong>it</strong>aliana nonostante nome e cognome<br />

possano entrambi trarre in inganno.<br />

Trentenne francese doc nata nella


egione parigina e cresciuta in Corsica<br />

tra studi musicali e l’interesse per la<br />

danza. A tre anni da un mini-album<br />

autoprodotto int<strong>it</strong>olato Chansons esce<br />

adesso con l’etichetta 4AD - prima <strong>artista</strong><br />

francese sotto contratto - il suo Les Lys<br />

brisés. Il disco racchiude quattordici<br />

pezzi, tutti molto semplici, molto delicati,<br />

molto – oserei - nostalgici. Giri di ch<strong>it</strong>arra<br />

d’accompagnamento, pochi altri<br />

strumenti per delle melodie sottili e poi<br />

la sua voce, senza artifici, posata, bella<br />

da ascoltare. Nel complesso un suono<br />

estremamente chiaro che non dispiace<br />

affatto, al contrario ben si coniuga alla<br />

malinconia autunnale di questo periodo.<br />

Un’eleganza e una grazia tutte francesi.<br />

Un evidente richiamo ai passati anni ’60<br />

di Françoise Hardy, icona pop, “esile<br />

e ombrosa”, chanteuse amatissima e<br />

conosciutissima in patria cui ancora<br />

oggi molto signorine del rock s’ispirano.<br />

Nell’album della Parlotti una chicca,<br />

la bella A Rose for Emily degli Zombies<br />

adattata da lei in francese.<br />

Valentina Cataldo<br />

Christina Aguilera<br />

Back to basics<br />

Rca<br />

Pop (di tutte le stagioni) / **½<br />

C’è qualcosa che non (mi) convince<br />

in quest’ultima fatica della ri-bionda<br />

X-tina. Eppure non è nemmeno un<br />

album da usare come piattello per le<br />

Olimpiadi: la voce è sempre su discreti<br />

livelli (anche se ho come la sensazione<br />

che la consapevolezza di ciò abbia<br />

portato la Aguilera a non rischiarla più di<br />

tanto) e le idee ci sono, forse addir<strong>it</strong>tura<br />

troppe. Di qui, (non) si spiega il doppio<br />

album. Probabilmente per un suo vezzo,<br />

probabilmente per mettere tanta carne<br />

al fuoco (utilizzando l’espediente come<br />

deterrente alla pirateria), Christina<br />

sfodera un primo album “standard”,<br />

prodotto da Dj Premier e al cui interno<br />

svetta la h<strong>it</strong> single Ain’t no o<strong>the</strong>r man e in<br />

cui è possibile r<strong>it</strong>rovare tutte le frecce del<br />

suo repertorio: soul, funk (in Still dirrty, una<br />

dichiarazione anti-ansia per i fan), hip-hop<br />

(Thank you, riusc<strong>it</strong>issima autoc<strong>it</strong>azione di<br />

Genie in a Bottle), e ne affianca un altro,<br />

prodotto da Linda Perry delle compiante<br />

(?) Four Non Blondes. Questo secondo<br />

cd è completamente inatteso ma alla<br />

fine forse prevedibile: strutturato come<br />

una sorta di musical à la Christina in<br />

versione Lady Marmalade, non ha una<br />

fisionomia poi realmente coerente, dato<br />

che sono inser<strong>it</strong>i due lentoni nel finale,<br />

intensissimi (Mercy on me, Save me from<br />

myself), che fanno mal pensare: Christina<br />

sa fare meglio le ballad. E ora? I video<br />

in cui la musica era un optional? Niente<br />

più? Meglio di no, facciamo 2 album, 22<br />

tracce. Se ne avesse fatte 9, sarebbe stata<br />

la consacrazione. E invece ci dobbiamo<br />

accontentare di una, purtroppo piccola,<br />

maturazione.<br />

Dino “doonie” Amenduni<br />

Pharrell Williams<br />

In my mind<br />

Ect<br />

Hip-hop, soul / **<br />

Finalmente è arrivato. Uno dei cd più<br />

travagliati della recente storia musicale<br />

ha finalmente visto la luce. Dopo ben<br />

tre singoli a introdurlo e dopo una serie<br />

veramente imbarazzante di rinvii (doveva<br />

infatti uscire a novembre 2005) è agli<br />

occhi di tutti il primo progetto solista di<br />

Pharrell Williams, illuminato produttore, a<br />

nome Neptunes, insieme a Chad Hugo, di<br />

(quasi) tutto ciò che di nuovo arriva dagli<br />

Stati Un<strong>it</strong>i in materia di hip-hop, o come<br />

membro dei N.E.R.D, in cui emerge(va)<br />

lo spir<strong>it</strong>o più rock del nostro. I rinvii<br />

sol<strong>it</strong>amente non portano buoni auspici (i<br />

fan dei Guns’n’Roses ne sanno qualcosa)<br />

e purtroppo questo cd, in questo senso,<br />

non tradisce le aspettative. Lo fa invece<br />

a livello di qual<strong>it</strong>à musicale. Pharrell infatti<br />

sembra non riuscire a reggere il carrozzone<br />

da solo e cade in un lim<strong>it</strong>e poi tipico di<br />

questo genere di album, la ripet<strong>it</strong>iv<strong>it</strong>à. La<br />

voce non esalta, il falsetto che tanto ha<br />

sciolto le donnine negli ultimi due anni (in<br />

capolavori del genere come Beautiful,<br />

con Snoop Dogg), utilizzato in maniera<br />

massiccia in un album, fa pensare che i<br />

colpi in canna siano fin<strong>it</strong>i. Non bastano le<br />

collaborazioni eccellenti (lo stesso Snoop,<br />

Nelly, Jay-Z, Gwen Stefani, Kanye West)<br />

a salvarlo. Ed è addir<strong>it</strong>tura imbarazzante<br />

la mediocr<strong>it</strong>à del pezzo Number One,<br />

con Kanye. I due, in linea teorica, sono<br />

le menti più brillanti del panorama soul<br />

americano, in pratica fanno il comp<strong>it</strong>ino<br />

e niente più. Come se una squadra di<br />

calcio con Ronaldinho e Kakà uscisse ai<br />

quarti di una Coppa del Mondo. Ah, d<strong>it</strong>e<br />

che è successo davvero?<br />

Dino “doonie” Amenduni<br />

Alias and Tarsier<br />

Brooklyn/Oakland<br />

Anticon records<br />

Elettronica / ****<br />

La r<strong>it</strong>mica distorta e il<br />

fraseggio di piano che<br />

aprono questo disco<br />

ne racchiudono le due<br />

anime.<br />

Quella di Alias robusta,<br />

r<strong>it</strong>mica, figlia dell’hip<br />

hop e con qualche<br />

KeepCool<br />

ricordo in casa Morr e quella di Tarsier ,<br />

pop, dolce, sognante e malinconica.<br />

All’utilizzo di un’elettronica più glicth<br />

fatta di frequenze disturbate e suoni in<br />

bassa fedeltà si accostano suoni freddi,<br />

muri di sinth, r<strong>it</strong>miche che spingono e<br />

incalzano lente e potenti. Tutto convive<br />

in un’armonia che non ha posto dove<br />

esistere se non nell’aria. Musica per<br />

aereoporti teorizzò qualcuno qualche<br />

anno fa, questo è un disco che sa di c<strong>it</strong>tà,<br />

(sent<strong>it</strong>e l’incip<strong>it</strong> di Last nail) di strada, ma<br />

anche di stanze dove cercare e trovare<br />

pace e dove quello che succede fuori<br />

arriva ovattato, filtrato. Per i nostalgici<br />

del trip hop questo disco è una corsia<br />

preferenziale verso alcune atmosfere<br />

care al genere, per chi ama il pop<br />

questo Brookland/Oaklyn è una scoperta<br />

(ascoltate come atmosfere acustiche<br />

sposano l’elettronica in Dr.c).Immagina<br />

due colori, due punti di vista diversi ma<br />

complementari e falli suonare insieme. In<br />

alcune battute la voce si Tarsier ricorda<br />

vagamente Bjork, ma è solo un momento.<br />

il resto è ispirato, ricco si muove su trame<br />

semplici ma f<strong>it</strong>te.<br />

Le due personal<strong>it</strong>à acustica ed elettronica<br />

in 5 year dove scomodano una sezione<br />

di archi che presto viene impastata tra<br />

rumori rubati alla strada fino a esplodere<br />

tra ch<strong>it</strong>arre distorte e delay. Ci sono tante<br />

cose in questo disco, messe lì per farsi<br />

scoprire ascolto dopo ascolto.<br />

Sembra aver preso una piega questo<br />

Brookland Oaklyn, quasi ci stai bene<br />

dentro accarezzato dalla voce di Tarsier<br />

quando arriva un brano claustrofobico<br />

come Luck and fear a rimettere quasi<br />

tutto in discussione. Ligaya infine è come<br />

un saluto sui binari della stazione, la fine di<br />

un viaggio l’inizio di un altro. (O.P.)<br />

Supersystem<br />

A million Microphones<br />

Touch & go rec<br />

R<strong>it</strong>mi / ***<br />

Sono lontani gli anni<br />

in cui gli El Guapo ti<br />

riuscivano a disturbare<br />

la cena con le loro<br />

note secche e violente,<br />

capaci di susc<strong>it</strong>arti<br />

un’angoscia dal<br />

profondo. Il cambio<br />

di ragione sociale aveva già da sub<strong>it</strong>o<br />

fatto intendere un approdo a lidi più<br />

leggeri a fruibili. La maggior cura della<br />

produzione e dei vocalizzi, l’allargarsi<br />

degli strumenti (in Eagles feeling eyres<br />

c’è addir<strong>it</strong>tura un’arpa), l’introduzione<br />

di beats funky e grooves più danzerecci,<br />

finanche di r<strong>it</strong>miche da world music,<br />

tutto ha contribu<strong>it</strong>o alla rielaborazione<br />

dell’att<strong>it</strong>udine (ed evidentemente anche<br />

degli obiettivi) del gruppo.<br />

A sentir loro si sono incentrati molto sulle<br />

melodie, per non fare una ennesima<br />

banale accozzaglia di r<strong>it</strong>miche per<br />

ballare, ma per creare con cura strutture<br />

innovative capaci di riempire “lo spazio<br />

tra e attorno i beats”. Ma in questo lavoro<br />

di ricerca e di riempimento certosino<br />

degli spazi, a mio avviso, mi sono r<strong>it</strong>rovato


KeepCool<br />

in mano un prodotto tanto piacevole,<br />

ricco e ben confezionato (anche nella<br />

grafica) ma che non mi susc<strong>it</strong>a più niente.<br />

Portatevelo a qualche festino in spiaggia<br />

per fare i fighi, avrete di certo successo,<br />

ma quando tornate a casa, e siete da<br />

soli, rimettete su un vecchio vinile degli<br />

El guapo e godetevi i rigurg<strong>it</strong>i di vom<strong>it</strong>o<br />

alcolico che vi tormenteranno tutto il<br />

resto della nottata.<br />

Davide Rufini<br />

Yo La Tengo<br />

I Am Not Afraid Of You And I Will<br />

Beat Your Ass<br />

Matador/Self<br />

indierock / ****<br />

Un nome che è tutto un programma,<br />

“Non ho paura di te e ti romperò il culo”,<br />

questa la traduzione del <strong>t<strong>it</strong>olo</strong> dell’ultimo<br />

album dei Yo La Tengo. Una delle band<br />

più interessanti della scena indierock<br />

statun<strong>it</strong>ense, da diversi anni in circolazione,<br />

riconosciuti per le particolari e in più<br />

occasioni dimostrate qual<strong>it</strong>à (come non<br />

ricordare I Can Hear The Hearts Beating<br />

As One). In quest’ultima prova è presente<br />

una tale longev<strong>it</strong>à, forza, energia, senso<br />

creativo da fare invidia a svariate bands<br />

di giovani ventenni. Con quindici tracce<br />

per più di un’ora di ascolto, r<strong>it</strong>orno in<br />

grande stile per la band del New Jersey.<br />

Sicuramente uno dei migliori album in<br />

una ricca discografia quello di Ira Kaplan<br />

e soci, allegro e ben costru<strong>it</strong>o, vario e<br />

ambizioso. Rock and roll, pop, funk, soul,<br />

garage, wave, lounge, un viaggio in<br />

bilico tra il suono lontano dei ‘60 e ‘70 (nel<br />

brano Ronnie addir<strong>it</strong>tura il rock sfrenato<br />

degli anni cinquanta) ed il moderno, un<br />

vortice di generi e stili, abilmente suonati<br />

e arrangiati. Su questa giostra di luci e<br />

colori è una gioia salire, il rischio come<br />

potrete intuire è arrivare da sobri per poi<br />

r<strong>it</strong>rovarsi completamente ubriachi. Siete<br />

pronti a questa possibil<strong>it</strong>à? Altro giro, altro<br />

ascolto, gettonarsi.<br />

Livio Polini<br />

F.S. Blumm<br />

Summer Kling<br />

Morr Music<br />

Lounge music / **** ½<br />

Con questa nuova usc<strong>it</strong>a il berlinese<br />

Blumm si riconferma essere uno degli<br />

artisti più interessanti di casa Morr. Dopo<br />

un’intera stagione di ascolti, incontri,<br />

confronti e collaborazioni in c<strong>it</strong>tà, Blumm<br />

sparisce con suo camper accompagnato<br />

solo dalla sua fida ch<strong>it</strong>arra, e solo, lontano<br />

dal marasma di input metropol<strong>it</strong>ani,<br />

rielabora tutti i suoi contenuti emotivi,<br />

psichici, culturali, musicali immagazzinati<br />

e tira fuori le basi per il nuovo disco, che<br />

realizzerà in compagnia di fidati amici,<br />

chiusi in una stanzetta accogliente e<br />

silenziosa. Un clarinetto, una trombetta,<br />

un trombone, un flauto, una ch<strong>it</strong>arra,<br />

una batteria e poco altro per realizzare<br />

in musica lo stato d’animo pacifico e<br />

rilassato dei musicisti. La colonna sonora<br />

ideale per un tramonto di una calda<br />

giornata in spiaggia, stesi con in mano<br />

una bevanda ghiacciata: la perfetta<br />

espressione di lounge music. Soffici<br />

fiati, delicate atmosfere, giri di ch<strong>it</strong>arra<br />

avvolgenti, uno stile elegante da far<br />

invidia a Burt Bacharach: una musica<br />

mai ruffiana, mai volgare. Per me, il più<br />

bell’album di questa estate.<br />

Davide Rufini<br />

Miss Violetta Beauregarde<br />

Odi profamun vulgus et arceo<br />

Temporary Residence<br />

Elettropunk / **½<br />

Fifi-punk dell’ultim’ora,<br />

originaria di Bergamo,<br />

ma poi trasfer<strong>it</strong>asi ad<br />

Alessandria, amichetta<br />

della tipa dei Verdena<br />

con cui aveva formato<br />

le Porno Nuns (e<br />

già si può intuire il<br />

personaggio se vogliamo affidarci ai<br />

beneamati pregiudizi), accan<strong>it</strong>a fedele<br />

al DIY, ha bazzicato in vari gruppetti<br />

punk ed elettro-punk (tra cui i Tributo a<br />

Luigi Galvani ensemble messo su insieme<br />

a quei fusi di testa dei Uochi Toki, e<br />

questa è cosa buona); col nome di Aiki<br />

è inoltre conosciuta tra gli indie-sfigati<br />

come provocante suicide girl (vedi www.<br />

suicidegirls.com). Una di quelle faccette<br />

carine ma che ti stanno sub<strong>it</strong>o sul cazzo,<br />

miss Violetta si è distinta come scomodo<br />

personaggio dell’indie <strong>it</strong>aliano, per i<br />

suoi modi aggressivi e irrispettosi verso<br />

tutto e tutti (basta leggere il <strong>t<strong>it</strong>olo</strong> del<br />

nuovo album “odio la massa ignorante<br />

e la tengo lontana” per capire il tipo).<br />

In realtà a più di qualcuno ricorda la<br />

sol<strong>it</strong>a ragazzina <strong>it</strong>aliana-media un po’<br />

fighetta che deve fare la parte della<br />

punkabbestia a tutti i costi dimostrare al<br />

mondo che lei è diversa, che lei è vera,<br />

che lei prende posizione, che lei non si fa<br />

sfottere, che lei controlla la sua esistenza,<br />

che lei parla in modo poetico e se non<br />

mi segui cazzi tuoi, e barabin baraban (e<br />

per farlo capire a tutti c’ha pure il blog<br />

ovviamente: heidi666.splinder.com); uno<br />

di quei personaggini che dopo dieci<br />

minuti di sofisticate puttanate, sproloqui,<br />

minacce, te ne vai sennò la scatti di<br />

mazzate. E la musica che produce è<br />

un po’ tutta così: isterica a vuoto, un<br />

inutile bombardamento di stronzate, ma<br />

dette con convinzione e cattiveria. Se<br />

dobbiamo esser poi professionali, allora<br />

devo dire che si tratta di un prodotto da<br />

catalogare alla voce: female elettropunk-techno-hardcore<br />

di japanoisiana<br />

memoria, e in realtà neanche tanto<br />

malfatto, solo che io proprio non lo<br />

reggo; sarà che fa caldo e starmi a<br />

sentire questa che urla proprio non mi va<br />

giù. Consigliato agli scoppiati nevrotici.<br />

Davide Rufini<br />

Roy & <strong>the</strong> devil’s motorcycle<br />

Because of women<br />

Voodoo Rhythm Records<br />

Blues / *****<br />

Devo dire che con<br />

questa produzione<br />

recentissima, Because<br />

of women degli<br />

svizzeri Roy & <strong>the</strong><br />

devil’s motorcycle, tre<br />

ch<strong>it</strong>arristi (3 Bro<strong>the</strong>rs)<br />

più un batterista, Oliver,<br />

la Voodoo Rhythm si<br />

è davvero superata. Il sound prodotto<br />

dalle tre ch<strong>it</strong>arre e da Oliver travalicano<br />

l’abusato concetto di trash-blues che si<br />

rivela lim<strong>it</strong>ativo nel loro caso. Da un lato<br />

si ricollegano a certo “decostruttivismo”<br />

blues di m<strong>it</strong>iche band come Chrome<br />

Cranks, Bassholes e Cheater Slicks; come<br />

loro in brani come l’oppiacea I Had A<br />

Dream, l’acustico-folkeggiante Winding<br />

Up (con tanto di onde che si rifrangono<br />

e grida di gabbiani) e l’informale Dust<br />

Ball Flashback iniettano nella matrice<br />

nera del blues alcolizzati ed onirici<br />

umori esistenziali di bianchi alla deriva,<br />

di v<strong>it</strong>e allo sbando, mutandone per<br />

fatale inerzia e trasfigurandone le trame<br />

originarie. Un mood che ricorda molto gli<br />

abbandoni drogati degli Spaceman 3.<br />

Ma, a differenza dei nomi succ<strong>it</strong>ati, Roy<br />

& The Devil’s Motorcycle rinunciano ad<br />

urgenza r<strong>it</strong>mica e deflagrazioni soniche<br />

per dar v<strong>it</strong>a ad una psichedelica blues<br />

decelerata ed inquietante in cui sono<br />

gli obliqui e visionari téte-a-téte delle<br />

tre ch<strong>it</strong>arre e la voce trasandata ed<br />

occasionale a farla da padrone. Autentici<br />

monumenti al “cuore nero” di questo blues<br />

posseduto da un incredibile nichilismo<br />

bianco sono Dark Sunday Evening (qui<br />

i 13th Floor Elevators sembrano essersi<br />

dati appuntamento con i Joy Division), la<br />

cover di Junior Kimbrough, Don’t Leave<br />

me (strascicata ed alcolizzata) e quella di<br />

Elmore James, It Hurst Me Too, che come<br />

Johnny Be Good iniziano canoniche per<br />

poi inerpicarsi perfidamente su stravolti ed<br />

imprevedibili sentieri sonori. Omaggi alla<br />

tradizione quindi, anche se devastati da<br />

una seriale dedizione alla profanazione<br />

ed ad un’innata trascendenza sonica.<br />

Sono comunque episodi come Illumated<br />

Cowboy, spir<strong>it</strong>ata ed inclassificabile, che<br />

non offre il fianco ad alcuna etichetta<br />

musicale “umanoide”, e poi Dark Sunday<br />

Evening, e la tormentata e densa When<br />

We Were Young che senza ombra di<br />

dubbio mettono a fuoco la visionarietà<br />

straripante e potente di una band<br />

rimasta troppo a lungo nell’oscur<strong>it</strong>à di un<br />

piccolo villaggio delle montagne svizzere,<br />

oggetto di un r<strong>it</strong>o per pochi adepti.<br />

Pasquale Boffoli


Mudhoney<br />

Under A Billion Suns<br />

Sub Pop/ Audioglobe<br />

Rock / ****<br />

Il rock dei Mudhoney dimostra, ancora<br />

una volta, d’essere qualcosa di<br />

sincero e dalla forte ident<strong>it</strong>à musicale,<br />

emozionante ed impegnato. Quasi<br />

vent’anni fa, in una fredda e piovosa c<strong>it</strong>tà<br />

del nord-ovest degli Stati Un<strong>it</strong>i, quattro<br />

ragazzi scapestrati e ribelli portarono per<br />

la prima volta nelle orecchie dei depressi<br />

adolescenti di allora un suono molesto,<br />

gracchiante e spaventosamente<br />

violento, capace di scuotere dalle<br />

fondamenta le certezze stesse del rock<br />

classicamente inteso. Mark Arm e i suoi<br />

Mudhoney avrebbero così tracciato,<br />

per primi nella storia, il solco del grunge<br />

dal quale sarebbero poi sbocciati quei<br />

purissimi talenti che bruciarono per intero<br />

gli anni ’90. Da quelle ceneri disperate e<br />

colme di dolore oggi torna a sgorgare<br />

il sapore dolce di chi, come ultimo<br />

vero sopravvissuto del grunge, non ha<br />

voglia di piangersi addosso, né paura<br />

di guardare il sole negli occhi. Hanno<br />

attraversato vent’anni di storia musicale<br />

dimostrando anche che è possibile<br />

rimanere fieramente indipendenti e<br />

fedeli alle proprie intenzioni primarie,<br />

sviluppando un sound che, part<strong>it</strong>o dal<br />

punk, ha poi saputo sviscerare numeri di<br />

rock rumoroso, distorto e abrasivo. Con<br />

Under A Billion Suns tutto ciò è ribad<strong>it</strong>o e<br />

posto al servizio di undici nuove canzoni<br />

che, al di là di una saltuaria presenza di<br />

fiati a volte straniante, portano impresso<br />

in maniera indelebile un marchio di<br />

fabbrica inconfondibile: quello dei<br />

Mudhoney!<br />

Camillo “RADI@zioni” Fasulo<br />

Todd<br />

Comes To Your House<br />

Sou<strong>the</strong>rn / Wide<br />

noise rock / ***1/2<br />

Un bel giorno Craig Clouse, dopo un<br />

glorioso passato vissuto in svariati gruppi<br />

hard-rock (Crown Roast, Negative Step,<br />

Hammerhead…) decide di fondare una<br />

band insieme a sua moglie ed alcuni<br />

amici. L’occasione è quella giusta, un<br />

tour come gruppo spalla per le m<strong>it</strong>iche<br />

Breeders. Il grande ed improvviso<br />

successo dato dalle performance live<br />

portano la band a fissare date in giro un<br />

po’ ovunque, a volte anche su palchi<br />

importanti. Quello che poteva essere<br />

un semplice esperimento, nato per<br />

sfruttare una ghiotta opportun<strong>it</strong>à (un tour<br />

appunto), si trasforma ben presto in una<br />

realtà forte e consolidata. I Todd con la<br />

loro musica riescono a regalare emozioni<br />

molto forti, suoni trascinanti. Il noise rock<br />

espresso è di altà qual<strong>it</strong>à, schizofrenia<br />

e devastazione, nichilismo allo stato<br />

puro. Due ch<strong>it</strong>arre per riff energici e<br />

improvvisi, un basso, una tastiera, una<br />

batteria sbattuta con violenza, alcune<br />

percussioni ed urla feroci, questa la<br />

ricetta. Disturbo e sperimentazione, senza<br />

dubbio. Questo nuovo album, Comes To<br />

Your House, rispetto al precedente Pur<strong>it</strong>y<br />

Pledge, appare ancora più completo e<br />

riusc<strong>it</strong>o, carico di dinamismo. Una buona<br />

scoperta questa band, probabilmente in<br />

futuro ne sentirete ancora parlare.<br />

Livio Polini<br />

Cansei de ser sexy<br />

CSS<br />

Sub pop/ audioglobe<br />

Indie / ****<br />

Finalmente anche<br />

il Brasile sforna<br />

un gruppo che si<br />

impone con stile<br />

a l l ’ a t t e n z i o n e<br />

del mondo indie<br />

internazionale,<br />

grazie ad un<br />

contratto con la prestigiosissima Sub Pop<br />

Records. Cansei De Ser Sexy (abbreviato<br />

in CSS) sono cinque ragazze e un ragazzo<br />

da Sao Paulo, conosciutisi su internet e<br />

tutti impegnati nel mondo della moda,<br />

dell’arte, del cinema. E la musica?<br />

Con la musica hanno cominciato a<br />

cimentarsi solo dopo aver deciso di<br />

formare una band: vera att<strong>it</strong>udine<br />

art-punk! Nell’album passano da r<strong>it</strong>mi<br />

leggeri e scanzonati con ch<strong>it</strong>arrine lo-fi<br />

KeepCool<br />

ad un electroclash algido e robotico tra<br />

Peaches e Adult per sganciare poi quella<br />

bomba da dancefloor dall’ecc<strong>it</strong>ante<br />

<strong>t<strong>it</strong>olo</strong> Let’s Make Love And Listen Death<br />

From Above: un irresistibile riempipista<br />

pieno di groove e malizia. Chiamatele<br />

le Chicks On Speed brasiliane. Oppure le<br />

Scissor Sisters sudamericane. Chiamatele<br />

come volete, ma amatele, ascoltatele,<br />

suonatele. Il loro è un disco che ogni bravo<br />

dj dovrebbe avere nella sua valigetta.<br />

Ma che può darvi l’energia giusta anche<br />

solo per ballare in camera vostra. Davanti<br />

allo specchio. Ovviamente mentre cuc<strong>it</strong>e<br />

il vostro nuovo vest<strong>it</strong>o.<br />

Marco Daretti<br />

Oneida<br />

Happy New Year<br />

Jagjaguwar/Self<br />

Indiepsichrock / ***1/2<br />

In una carriera così<br />

lunga, circa nove<br />

anni, è normale, o<br />

meglio dire naturale,<br />

che il suono di una<br />

band, in questo caso<br />

gli Oneida (from<br />

Brooklyn, New York),<br />

possa mutare. Sì, ma<br />

in quale modo? Non certo rincorrendo le<br />

mode last second, presenti inev<strong>it</strong>abilmente<br />

anche nell’ambiente indie. Gli Oneida<br />

continuano soli per la propria strada, non<br />

accettano compromessi. Alla ricerca di<br />

nuove emozioni ed espressioni visionarie,<br />

senza abbandonare, e di questo ne siamo<br />

ben felici, il tratto distintivo originario: lo<br />

squilibrio e la pazzia. Kid Millions, Hanoi<br />

Jane e Bobby Matador, giungono così<br />

al loro ottavo album, Happy New Year,<br />

decidono di accogliere in maniera<br />

defin<strong>it</strong>iva un nuovo elemento, il ch<strong>it</strong>arrista<br />

Phil Manley (già Trans Am). In questo<br />

disco le grandi ondate psichedeliche<br />

incontrano e spesso si mescolano con<br />

flussi diversi e a tratti irriverenti di genere<br />

folk, kraut-rock e nu-funk. Le tastiere acide<br />

in richiamo vintage, le psicoag<strong>it</strong>azioni<br />

vocali, le cavalcate sonore, elettrico<br />

contro elettronico, distorsione come<br />

alta forma di espressione e (persino)<br />

l’alternative-disco. Meno melodico<br />

rispetto al precedente The Wedding,<br />

originale e ben costru<strong>it</strong>o, questo disco<br />

vi porterà inev<strong>it</strong>abilmente ad amare<br />

questa band.<br />

Livio Polini


KeepCool<br />

The Sword<br />

Age Of Winters<br />

Kemado/Wide<br />

Old metal / ***<br />

Prendono spunto dalla pesantezza dei<br />

Black Sabbath come dalla follia omicida<br />

degli Slayer, dalle atmosfere polverose e<br />

desertiche dei Kyuss come dalle oscure<br />

e pachidermiche trame degli Sleep ma,<br />

incredibilmente e sorprendentemente,<br />

finiscono per risultare freschi ed<br />

ecc<strong>it</strong>anti nonostante questo morboso<br />

attaccamento alla tradizione. Se pensate<br />

che i Wolfmo<strong>the</strong>r rappresentino, in questo<br />

2006, la rinasc<strong>it</strong>a del rock dei seventies,<br />

date un ascolto ai The Sword. Potreste<br />

anche cambiare idea! Nati e cresciuti ad<br />

Austin, Texas, questi atipici ragazzi del sud,<br />

invece che mettersi in testa uno Stetson<br />

e imbracciare dei banjo, hanno prefer<strong>it</strong>o<br />

passare il tempo a leggersi almeno per<br />

tre volte di segu<strong>it</strong>o Il Signore Degli Anelli,<br />

sognando poi di ambientarlo nel deserto<br />

del Texas. Ebbene: la spada nella roccia<br />

è stata estratta così la band può correre<br />

per il <strong>t<strong>it</strong>olo</strong> di “più pesante rock act” del<br />

momento assieme a giganti del calibro<br />

di High On Fire, Mastodon e agli stessi<br />

Wolfmo<strong>the</strong>r. Certamente nulla di nuovo<br />

sotto il sole ma con la loro letale carica<br />

adrenalinica i The Sword appaiono come<br />

una grande, grandissima realtà! Con Age<br />

Of Winters si sono guadagnati l’ingresso<br />

nell’olimpo del nuovo “vecchio” metal.<br />

Un debutto colossale!<br />

Camillo “RADI@zioni” Fasulo<br />

Smaxone<br />

Regression<br />

Scarlet/Audioglobe<br />

Post-future-metal / ***<br />

Gli Smaxone, anche se con Regression<br />

presentano il loro album di esordio, fra le<br />

proprie fila al contrario contano musicisti,<br />

che non sono proprio degli esordienti, visto<br />

che provengono da altre band attive da<br />

molti anni, ossia Mnemic e Elopa. Il sound<br />

proposto dagli Smaxone si discosta anni<br />

luce dalle band sopra c<strong>it</strong>ate, ricordiamo<br />

infatti come gli Mnemic siano ded<strong>it</strong>i al<br />

trash e gli Elopa ad un semplice rock.<br />

Gli Smaxone sono una di quelle band<br />

dal suono non catalogabile, a cui è<br />

impossibile dare riferimenti stilistici senza<br />

cadere in errori o semplificazioni. Tuttavia<br />

possiamo dire, per osare una definizione,<br />

che si muovono a metà strada, fra le<br />

soluzioni di metal estremo alla Fear Factory<br />

e le trovate fantasiose dei Fa<strong>it</strong>h No More;<br />

il risultato è un calderone di composizioni<br />

ottimamente realizzate, dove partendo<br />

dal metal, a volte estremo, si arriva verso<br />

sfumature al lim<strong>it</strong>e del pop elettronico.<br />

Questo diciamo così, post-future-metal,<br />

non risulta obsoleto, ma è un mix ben<br />

riusc<strong>it</strong>o, fresco e omogeneo. In oltre<br />

Regression ha in se un valore aggiunto,<br />

ossia il tema concettuale che è basato<br />

sulla perd<strong>it</strong>a di un qualcosa, che avviene<br />

nella v<strong>it</strong>a di un individuo quando si<br />

verifica un evento traumatizzante ,che<br />

può essere ad esempio una guerra. L’art<br />

work di copertina si collega a questo<br />

concetto, rappresentando un giovane<br />

ragazzo che copre i suoi occhi per non<br />

vedere e non affrontare gli orrori del suo<br />

mondo. Io penso in conclusione che<br />

Regression rappresenti un lavoro riusc<strong>it</strong>o<br />

in tutti i suoi aspetti, ma che in nessuna<br />

maniera , per la sua particolar<strong>it</strong>à, potrà<br />

risultare accattivante ai più , poiché<br />

troppo ab<strong>it</strong>uati a vivere anche il proprio<br />

tempo libero con i paraocchi.<br />

Nicola Pace<br />

Nailbomb<br />

Live at Dynamo<br />

Roadrunner/Universal<br />

Metal / *****<br />

Live at…, rappresenta il secondo ed<br />

ultimo concerto dei Nailbomb, side<br />

project di Max Cavallera, in quegli<br />

anni ancora leader dei Sepultura. La<br />

proposta musicale si configurò sub<strong>it</strong>o<br />

come un’assoluta nov<strong>it</strong>à a base di una<br />

serie ossessiva di riff di ch<strong>it</strong>arra stoppati,<br />

continue e malsane urla laceranti, il<br />

tutto sorretto da una base elettronica<br />

sintetizzata su r<strong>it</strong>mo hard-core. Questo<br />

accadeva nel 1995 anno in cui una tale<br />

mescolanza non era affatto scontata<br />

e non sarebbe stata assolutamente<br />

accettata se non proposta da un nome<br />

leggendario come quello di Cavallera, in<br />

15<br />

quegli anni sinonimo di sperimentazione<br />

e qual<strong>it</strong>à allo stesso tempo. Non vi<br />

sembra quindi, viste le caratteristiche di<br />

questa band, che i Nailbomb possano<br />

rappresentare l’anello di congiunzione<br />

fra il vecchio heavy-metal e l’avvento<br />

della generazione new-metal? Tutto<br />

questo è incredibile basta pensare<br />

che i Nailbomb dovevano essere solo<br />

un progetto per dare sfogo a idee non<br />

utilizzabili nei Sepultura. Questo episodio<br />

è la conferma di come le cose grandi si<br />

possano fare solo in spontane<strong>it</strong>à, senza<br />

pressioni esterne.<br />

Nicola Pace<br />

Kidd Jordan<br />

Palm of Soul<br />

Aum Fidel<strong>it</strong>y<br />

Jazz / ****<br />

Ci sono dischi<br />

che nascondono<br />

un retroterra<br />

senza conoscere<br />

il quale non se<br />

ne può capire<br />

il contenuto. E<br />

difatti, ascoltare<br />

Palm of Soul<br />

ignorando gli<br />

a n t e c e d e n t i<br />

porterebbe a<br />

pensare a un disco<br />

inutile, pretenzioso, anacronistico nella<br />

migliore delle cr<strong>it</strong>iche. Ma se, al contrario,<br />

si ispeziona la realtà (e basta leggere le<br />

note di copertina), si scopre che Kidd<br />

Jordan, sassofonista ultrasettantenne,<br />

ha appena assist<strong>it</strong>o alla distruzione<br />

(ev<strong>it</strong>abile?) della sua c<strong>it</strong>tà, New Orleans,<br />

e del suo stesso appartamento. Si<br />

comprende allora perché Jordan<br />

possegga quella tensione nei silenzi,<br />

quella acid<strong>it</strong>à nel fraseggio, quel respiro<br />

che arranca senza arrendersi. E si disvela,<br />

anche all’ascoltatore lontano, il travaglio<br />

espressivo di un nomade involontario; e<br />

si riconoscono l’orgoglio e l’amarezza, il<br />

rancore e la compassione, la speranza<br />

e la paura. John Coltrane, Yusef Lateef,<br />

Albert Ayler, l’espressionismo di Chicago,<br />

le musiche orientali come il R&B (di cui<br />

Jordan è stato un animatore indiscusso).<br />

Tutto questo riecheggia con chiarezza<br />

e vigore: i tre (con lui, Hamid Drake e<br />

William Parker) non sono nuovi a lavori<br />

di improvvisazione pura, ma qui, per via<br />

di un concepimento doloroso, ogni nota<br />

esegu<strong>it</strong>a raggiunge un altissimo livello di<br />

significazione.<br />

Gianpaolo Chiriacò


Baba Yoga<br />

Minimantra<br />

Gas Tone<br />

World music / ****<br />

World music (nel senso più onesto del<br />

termine) che si incontra con l’elettronica,<br />

con un’intelligente lettura della fusion,<br />

con un testo genialmente antimil<strong>it</strong>arista,<br />

al livello del miglior Gianfranco Manfredi:<br />

questa la cifra stilistica di Baba Yoga. In<br />

virtù di una creativ<strong>it</strong>à inesauribile e di<br />

una notevole padronanza dei linguaggi,<br />

il duo (coadiuvato da numerosi osp<strong>it</strong>i)<br />

manipola, sprimaccia, accartoccia e<br />

reimposta diversi generi musicali. E come<br />

fossero origami, i brani di Minimantra si<br />

lasciano ammirare senza invadenza,<br />

grazie a un magnetismo sottile e a un<br />

saggio artigianato. Il materiale di base,<br />

variopinto e resistente, è dato dagli scenari<br />

a tratti ampi, siderali, e a tratti minimalisti;<br />

gli accessori, invece, provengono dagli<br />

interventi dei mille strumenti: il sax di<br />

Daniele T<strong>it</strong>tarelli, le ch<strong>it</strong>arre di Franco<br />

Chirivì e Manuel Contreras, e tanto altro.<br />

Ma il vero asso nella manica sono le<br />

voci: quella (formidabile) di Elisabetta<br />

Macchia, quella di Marta Cherni, quelle<br />

campionate da Paolo Modugno,<br />

posseggono tutte straordinarie proprietà<br />

incantatorie: il richiamo di un disco ricco<br />

e seducente.<br />

Cosimo Farma<br />

Andrea Sabatino Quintet<br />

Pure Soul<br />

Dodicilune records<br />

Jazz / ****<br />

L’anima pura sta<br />

imparando a volare:<br />

Pure Soul, Anima<br />

pura, è il primo disco<br />

di Andrea Sabatino<br />

Quintet. Il brano che<br />

dà il <strong>t<strong>it</strong>olo</strong>, come tutto<br />

il lavoro, è dedicato<br />

alla memoria del fratello di Sabatino,<br />

Alessandro, scomparso prematuramente<br />

l’anno scorso. Ed<strong>it</strong>o da Dodicilune<br />

records, il cd è in chiave hard bop, stile<br />

jazz caro a Clifford Brown, e vanta la<br />

partecipazione speciale del trumpet<br />

Fabrizio Bosso, padrino musicale del<br />

jazzista di Salice. Il disco apre con First<br />

Steps, il primo brano scr<strong>it</strong>to dal 25enne<br />

Sabatino quattro anni fa. Si prosegue<br />

con Learning to Fly, con tanto di dedica<br />

a Bosso e al suo Fast fly, “Volo veloce”; “io<br />

invece – dice Sabatino – sto Imparando a<br />

volare”. Al terzo posto troviamo Pure Soul,<br />

di cui si è già accennato: la melodia è<br />

rilassante e concentrata, con il suono del<br />

flicorno che scivola disinvolto tra il piano<br />

di Ettore Carucci e il contrabbasso di<br />

Giuseppe Bassi, tra la batteria di Andrea<br />

Campanale e il sax di Vincenzo Presta.<br />

A quest’ultimo strumentista, spalla di<br />

Sabatino “da sempre”, è dedicata Mr<br />

Vince, la quarta traccia. Poi si continua<br />

con The fable infin<strong>it</strong>y, brano composto per<br />

“una persona che tanto ha contato”, e<br />

Joy Spring, omaggio all’idolo di Sabatino<br />

Clifford Brown. Dear Raffy, Caro Raffy,<br />

parla da sé: il ringraziamento all’amicocollega<br />

Raffaele Casarano. Dopo lo<br />

standard There will never be anoter you<br />

e i brani Illusion e Birdlike, quest’ultimo<br />

ossequio di Sabatino e Bosso a Freddie<br />

Hubburd, si chiude con Pure Soul – reprise,<br />

il brano-<strong>t<strong>it</strong>olo</strong> dell’album suonato con<br />

tromba in sordina e pianoforte.<br />

Massimo Ferrari<br />

Giovanni Allevi<br />

Joy<br />

BMG/Ricordi<br />

Classica contemporanea / ****<br />

Giovanni Allevi - due dischi per la BMG<br />

nell’arco di una quindicina mesi - è ormai<br />

un compos<strong>it</strong>ore e un interprete sicuro,<br />

delle sue mani abili e della sua genial<strong>it</strong>à. Si<br />

sente rassicurato da una casa discografica<br />

enorme, che gli ha fatto un contratto<br />

ricco e una promozione internazionale<br />

importante. Ed è sicuramente in grande<br />

forma, nonostante il tour di più di un anno<br />

(o grazie a quello, come afferma lui). È<br />

sicuro, forse disincantato, ma possiede<br />

ancora quel coraggio di stupirsi che è il<br />

suo più grande pregio (per farvi un’idea<br />

leggete sul suo s<strong>it</strong>o, se ancora non<br />

l’avete fatto, il celebre racconto di come<br />

ha incontrato Muti). Senza la voglia (e<br />

la tenacia) di stupirsi, non potrebbe far<br />

emergere, in maniera ancora più netta<br />

di No Concept, le sue influenze, bianche<br />

e afroamericane: Gershwin, Abdullah<br />

Ibrahim, Chick Corea, John Lewis, il<br />

pianismo classico europeo. Le fonti sono<br />

note eppure l’<strong>artista</strong> marchigiano sa<br />

creare ogni volta melodie polarizzanti<br />

e semplici, che si alimentano del suo<br />

approccio stup<strong>it</strong>o e del conforto del<br />

pubblico. Per descrivere il suo piano solo<br />

si scomodano con naturalezza Jarrett,<br />

Nyman, Einaudi, tuttavia Allevi è diverso:<br />

più giovanile, elettrico, forse anche più<br />

teso, ma la sua musica ha un senso di<br />

condivisione sconosciuto agli altri e che<br />

lo rende così attuale e così inconsueto, in<br />

una parola: così pop.<br />

Gianpaolo Chiriacò<br />

KeepCool<br />

Nasio Fontaine<br />

Universal Cry<br />

Greenleeves/ Goodfellas<br />

Reggae / ***<br />

Quale miglior ricordo<br />

dell’estate se non un<br />

disco pos<strong>it</strong>ivo, dal<br />

sound avvolgente.<br />

A quelli a cui piace<br />

il reggae erede del<br />

grande Bob Marley<br />

non possiamo che<br />

consigliare Universal Cry del dominicano<br />

Nasio Fontaine. In un periodo in cui parlare<br />

di reggae è pericoloso (le varie derive<br />

omofobiche e le relative polemiche)<br />

questo disco arriva a mettere pace.<br />

Perché è questa la linfa che scorre nelle<br />

vene di Nasio, nelle sue liriche che parlano<br />

di libertà, di vivere in modo pos<strong>it</strong>ivo. Da<br />

molti considerato tra le voci più belle del<br />

panorama reggae nazionale Nasio ha il<br />

pregio di avere un approccio alla musica<br />

reggae legato alla tradizione ma la<br />

contempo contaminato in senso pos<strong>it</strong>ivo<br />

dal pop. Quello rende il suo messaggio e<br />

la sua musica universale, apprezzabile da<br />

tutti. una v<strong>it</strong>a per la musica, una carriera<br />

che comincia nel lontano 1986 e che<br />

ancora oggi cresce con la qual<strong>it</strong>à delle<br />

sue produzioni e la sua fama. Chi ama il<br />

reggae non può amare Nasio. (O.P.)<br />

Pier Cortese<br />

Contraddizioni<br />

Universal<br />

Italian style / ***<br />

Souvenir e Prima<br />

che cambierà sono<br />

sicuramente due singoli<br />

azzeccati. Giravano<br />

e ronzavano (il primo<br />

da un paio d’anni)<br />

nelle radio. Suoni<br />

facili, voce calibrata<br />

e testo ironico nella migliore tradizione<br />

romana (tra Niccolò Fabi, Daniele<br />

Silvestri e Max Gazzè, mi verrebbe da<br />

dire). Adesso Pier Cortese - dopo anni di<br />

gavetta in compagnia dei conterranei<br />

Simone Cristicchi e Marco Fabi - fa il suo<br />

esordio sulla lunga distanza con questo<br />

Contraddizioni. Un cd non sempre<br />

brillante ma che denota una buona<br />

vena compos<strong>it</strong>iva e interessanti intuizioni<br />

di interpretazione e di arrangiamento.<br />

Da segnalare Il basilico, Io pago,<br />

Contraddizioni e la battistiana Canzone<br />

silenziosa.<br />

Scipione<br />

Babaman<br />

Come un uragano<br />

The Saifam Group<br />

Ragga / ****<br />

Una ventata, anzi un uragano di<br />

nov<strong>it</strong>à. Lascia sbalord<strong>it</strong>i questa prova<br />

di Babaman, che dopo quasi 20 anni di<br />

mil<strong>it</strong>anza ha costru<strong>it</strong>o forse la prova della<br />

matur<strong>it</strong>à, o comunque quella che può<br />

portarlo alla ribalta. L’album è il frutto


KeepCool<br />

del percorso recente della v<strong>it</strong>a del MC di<br />

origini milanesi: un viaggio a Madrid nel<br />

2004 ha infatti rappresentato una svolta<br />

fondamentale nella sua v<strong>it</strong>a, ovvero la<br />

conversione al rastafarianesimo (per<br />

intenderci, la religione alla base della<br />

cultura giamaicana). E così ne risente<br />

anche la sua produzione sonora, che<br />

passa dal registro dell’hip-hop a quello<br />

del ragga. Ma non è solo una questione<br />

di sound, bensì di idee espresse. Questo<br />

Come un uragano può essere defin<strong>it</strong>o,<br />

senza ombra di dubbio, come un concept<br />

album religioso: costanti i riferimenti a Jah<br />

(Dio), l’unico che può giudicare (Forse mi<br />

giudichi), ma anche ai valori sottesi alla<br />

fede (Non è solo religione). Un inno alla<br />

pace, all’amore, alla felic<strong>it</strong>à, ma anche<br />

un album che può far riflettere sulle grandi<br />

questioni pol<strong>it</strong>iche ed economiche della<br />

nostra società. La produzione di Bassi<br />

Maestro (che ha spinto i bottoni anche<br />

per Fabri Fibra) è una sicurezza ed è tutto<br />

sommato fedele ai classici standard del<br />

genere. Potenzialmente sugger<strong>it</strong>o a tutti,<br />

perché può piacere a tutti, sia a chi lo<br />

ascolta superficialmente, dato che il<br />

suono è decisamente trascinante, sia a<br />

chi da un’occhiata ai testi: sarà costretto<br />

a riflettere.<br />

Dino “doonie” Amenduni<br />

Bandabardò<br />

Fuori Orario<br />

On <strong>the</strong> road<br />

Folk / ****<br />

Due cd al prezzo di<br />

uno, quattro ined<strong>it</strong>i,<br />

pezzi riarrangiati,<br />

vecchi successi,<br />

esibizioni live. Fuori<br />

Orario è una ricca<br />

e conveniente<br />

antologia vivente<br />

dei tredici anni di<br />

carriera di uno dei<br />

gruppi più “on <strong>the</strong> road” della musica<br />

<strong>it</strong>aliana. Un successo costru<strong>it</strong>o nelle<br />

piazze di tutta Italia (e di mezza Europa)<br />

praticamente senza passaggi televisivi e<br />

con pochissime c<strong>it</strong>azioni radiofoniche.<br />

La terra macinata sotto le ruote dei<br />

furgoni non muta il sound di questo<br />

gruppo degno della tradizione “combat<br />

folk” <strong>it</strong>aliana. Errico “Erriquez” Greppi e<br />

compagni ci offrono ben 35 brani. Nel<br />

primo cd si parte con quattro ined<strong>it</strong>i: Un<br />

uomo in mare, Filastrocca 2, Fuori Orario<br />

e Bobo Merenda (una cover di Enzo<br />

Jannacci). Si prosegue con 13 brani – nelle<br />

versioni originali – dei precedenti lavori.<br />

Il secondo disco è una bella sorpresa<br />

con i primi 8 brani tratti da un concerto<br />

acustico registrato al Forum Village di<br />

Roma (segnaliamo anche la presenza al<br />

tamburo a cornice del salentino Davide<br />

Conte) e con le interessanti versioni di<br />

Disegnata e Manifesto. Le ultime nove<br />

tracce sono recuperate in giro per l’Italia<br />

con in bella mostra l’intramontabile<br />

Beppeanna (in una versione “vesuviana”<br />

cantata praticamente solo dal pubblico).<br />

Nulla di eclatante e poche nov<strong>it</strong>à per<br />

un cd dedicato agli appassionati, ai<br />

fan incall<strong>it</strong>i e a tutti i nuovi adepti che<br />

sicuramente avranno incrociato la Banda<br />

in giro per le piazze e si saranno invagh<strong>it</strong>i<br />

di testi “pol<strong>it</strong>icamente scorretti” e di<br />

musiche orecchiabili... che sono poi la<br />

forza dell’impegnata canzone d’autore<br />

della Bandabardò.<br />

Gazza<br />

Cisco<br />

La lunga notte<br />

Mescal<br />

Soft folk / ***<br />

“Per il pubblico i Modena<br />

erano diventati solo<br />

una scusa per divertirsi<br />

in piazza, pogare,<br />

ubriacarsi e fare casino.<br />

Spesso anche i contenuti<br />

erano diventati degli<br />

slogan, che facevano<br />

sì alzare il pugno ma spesso passavano<br />

solo superficialmente”, spiega così Cisco<br />

la fine del rapporto con i Modena C<strong>it</strong>y<br />

Ramblers. Adesso, dopo quattordici anni in<br />

giro con il gruppo, il cantante è diventato<br />

più adulto e ha deciso di fare da solo. La<br />

lunga notte è un cd di quattordici brani<br />

che, perlopiù, si discostano dagli ab<strong>it</strong>uali<br />

suoni dei Modena. Cisco, affiancato da<br />

osp<strong>it</strong>i come Don Gallo, Massimo Giuntini<br />

(altro ex MCR), Massimo Ghiacci e<br />

Francesco Moneti (ancora nei Modena),<br />

Ginevra Di Marco, Riccardo Tesi e dallo<br />

scr<strong>it</strong>tore Pino Cacucci, propone infatti un<br />

lavoro molto più intimo e cantautoriale.<br />

Poco spazio ai balli e alle sparate<br />

“populiste” seppur con testi sempre<br />

importanti in bilico tra impegno sociale e<br />

dolore umano, tra amore e sol<strong>it</strong>udine. E<br />

la fine dell’amore nel brano di apertura.<br />

“Insomma hai deciso e fatto i bagagli /<br />

E non credo che ci vedremo mai più /<br />

Hai sempre saputo badare a te stessa /<br />

Perciò i consigli li tengo per me” suona<br />

come un addio ad una donna ma anche<br />

come un malinconico abbandono dei<br />

modena e del combat folk... per un più<br />

rassicurante soft folk. Non tutto il lavoro<br />

è ben riusc<strong>it</strong>o ma, nonostante l’età e<br />

l’esperienza, siamo all’esordio.<br />

Gazza<br />

Diam’s<br />

Dans ma bulle<br />

Cap<strong>it</strong>ol<br />

Hip-hop ***1/2<br />

Dopo il trionfo di Brut de femme che le<br />

ha regalato mer<strong>it</strong>atamente il premio di<br />

album hip-hop francese del 2004, Diam’s<br />

torna con un nuovo lavoro trainato per<br />

ora dal singolo di lancio La boulette. Un<br />

disco ragionato, forse meno sincero del<br />

precedente ma dal sicuro successo,<br />

perché la Missy Elliott magrebina sa bene<br />

cosa serve per creare un disco attraente<br />

e il giusto mix di testi e melodie. Ed ecco<br />

pezzi di protesta e immigrazione (Ma<br />

France a moi, Feuille blanche), ma anche<br />

dolci ballate (Car tu portes mon nom)<br />

che la rendono un’<strong>artista</strong> trasversale<br />

e ascoltata da un pubblico vasto ed<br />

eterogeneo. Il terreno più battuto rimane<br />

ovviamente quello di una Francia divisa<br />

17<br />

che vive quotidianamente il confl<strong>it</strong>to<br />

interno nato dal disagio delle banlieu.<br />

In coda ad un pezzo anche una parte<br />

live in cui la rapper si scaglia contro il<br />

leader del part<strong>it</strong>o nazionalista francese<br />

Jean-Marie Le Pen. In sintesi un album<br />

completo che mantiene la necessaria<br />

dose di cattiveria ed impegno sociale,<br />

ma che non rinuncia a pezzi dal sapore<br />

puramente commerciale che non<br />

fanno che mantenere Diam’s in alto in<br />

classifica. Il disco della matur<strong>it</strong>à quindi,<br />

che forse non piacerà a chi ama il rap<br />

duro, ma indubbiamente anche il disco<br />

della consacrazione che fa intendere<br />

che tutto sommato il meglio deve ancora<br />

venire.<br />

Papa Ciro<br />

Stefano Miele<br />

Glocalizm Vol. 1 “Samples,<br />

trad<strong>it</strong>ionals e folk!!”<br />

Mòglocal/Animamundi<br />

Remixes / ****<br />

Buon lavoro discografico quello del dj/<br />

producer napoletano Stefano Miele, già<br />

conosciuto con il nome di Madox nel<br />

circu<strong>it</strong>o della musica breakbeat europea,<br />

che dopo la collaborazione con Nidi<br />

d’Arac si inoltra nei terr<strong>it</strong>ori della musica<br />

popolare salentina, campana e pugliese.<br />

Il disco, che contiene dodici tracce<br />

più una bonus track feat. Caparezza,<br />

spazia tra le melodie delle varie tradizioni<br />

musicali del Sud Italia, remixandole ma<br />

non stravolgendole, osp<strong>it</strong>ando alcuni<br />

tra i migliori interpreti della musica<br />

popolare meridionale come: Ghetonia,<br />

Marcello Colasurdo, Avleddha, Arakne<br />

Med<strong>it</strong>erranea e Rosapaeda. La<br />

produzione è di buon livello e gli innesti<br />

elettronici si notano ma non sono invasivi;<br />

sembra non esserci un brano musicale<br />

predominante, ma l’intero cd scorre<br />

piacevolmente. Registrato a più riprese<br />

in vari studi del sud Italia (nel Salento a<br />

Lecce, Insintesi Studio), il disco mescola<br />

le percussioni del tamburello con r<strong>it</strong>miche<br />

provenienti dall’Hip-Hop e dal Dub, come<br />

in Tammuriata nera o in Auelì, lasciando<br />

grande spazio agli arrangiamenti di<br />

ch<strong>it</strong>arra classica e violino. La distribuzione<br />

del disco è affidata alla interessante<br />

label salentina Animamundi che già da<br />

vari anni promuove musica popolare<br />

dimostrando, come in questo caso,<br />

attenzione alle nuove realizzazioni della<br />

world music nostrana. Il mosaico della<br />

nuova musica etnica, non sempre di<br />

buon livello, questa volta si arricchisce<br />

di un tassello interessante, evidenziando<br />

come, con un pizzico di consapevolezza,<br />

sia possibile arrivare ad ottenere buoni<br />

risultati.<br />

Dub _ Side


IL SOLE NON SORGE A EST<br />

PERCHE’ LO DICE LA GENTE. E’ UN ASSOLUTO!<br />

David Thomas è un personaggio noto per<br />

il suo carattere brusco, diretto e senza<br />

peli della lingua, a volte addir<strong>it</strong>tura oltre<br />

il lim<strong>it</strong>e della comune, ipocr<strong>it</strong>a, buona<br />

educazione. Ma se si considera che<br />

questo atteggiamento appartiene ad<br />

un uomo che ha dedicato un’intera<br />

esistenza a fare musica in modo serio,<br />

concreto e professionale, non c’è da<br />

meravigliarsi che, dopo aver incontrato<br />

troppo spesso gente superficiale che<br />

ama non la musica ma solo quello che ci<br />

sta attorno, le sue posizioni e i suoi giudizi<br />

si siano un po’ “irrigid<strong>it</strong>i” (e cond<strong>it</strong>i di una<br />

non celata autostima). Da anni porta<br />

avanti due progetti distinti, quello solista<br />

(in compagnia dei Two pale boys) e<br />

quello a quanto pare immortale dei Pere<br />

Ubu, che per l’appunto tornano oggi con<br />

un nuovo album, Why I Hate Woman, da<br />

poco arrivato anche in Italia. Abbiamo<br />

colto l’occasione per fare un po’ il punto<br />

della s<strong>it</strong>uazione con lui.<br />

Sono più di 30 anni ormai che ti dedichi<br />

alla musica, come ti senti oggi?<br />

Mi fanno male i piedi.<br />

So che in gioventù sei stato giornalista<br />

musicale con lo pseudonimo di Crocus<br />

Behemoth, e che ora però addir<strong>it</strong>tura<br />

preferisci ev<strong>it</strong>arli i giornalisti e le loro<br />

fastidiose domande. La cosa dipende da<br />

questioni personali e/o da un qualche<br />

atteggiamento della cr<strong>it</strong>ica musicale<br />

moderna che non apprezzi?<br />

Io non ev<strong>it</strong>o i giornalisti, sono i giornalisti<br />

che ev<strong>it</strong>ano me e le mie fastidiose<br />

risposte!<br />

Io non ho problemi con i giornalisti, non so<br />

come ti sia venuta in mente questa idea.<br />

Tutto quello che io ho detto a riguardo è<br />

che: la maggior parte dei giornalisti non<br />

sono tanto bravi nel loro lavoro come<br />

lo sono io nel mio; la maggior parte dei<br />

giornalisti non ha una solida conoscenza<br />

di base della storia e dell’evoluzione<br />

della musica rock. Sapresti confutare una<br />

di queste due affermazioni?<br />

Leggi riviste musicali? Quali reputi<br />

valide?<br />

Certo, leggo le riviste. Non che sto davanti<br />

al giornalaio col fiato sosspeso pronto<br />

a metter le mani sulle nuove usc<strong>it</strong>e, ma<br />

ne leggo un bel po’. E tutte sono valide<br />

fin quanto si tratta di pagare i giornalisti<br />

per scrivere delle opinioni. Io preferirei<br />

che fossero pagati per essere intu<strong>it</strong>ivi<br />

e anal<strong>it</strong>ici, ma molta musica, si sa, non<br />

necess<strong>it</strong>a di analisi, ma solo di opinioni.<br />

La colpa non è certo mia. Di chi è?<br />

Di sol<strong>it</strong>o si dice che gli artisti che durano a<br />

lungo non riusciranno mai ad eguagliare<br />

i dischi del loro primo periodo. quasi<br />

sempre è effettivamente così. Quando<br />

oggi scrivi le tue canzoni avverti questa<br />

sensazione, il pericolo cioè di non essere<br />

all’altezza del tuo pesante passato?<br />

Non mi piace guardare indietro, non<br />

sono un nostalgico. Il passato è chiuso<br />

ermeticamente. Non è una minaccia.<br />

Non mi riguarda. Niente che si applica<br />

agli altri è applicabile a me. Io faccio<br />

quello che voglio. Prendi i Pere Ubu:<br />

sarebbe impossibile comprenderli senza<br />

partire dal principio. Noi siamo una hard<br />

groove rock band del Midwest, che segue<br />

la tradizione degli MC5 e Stooges. Tom<br />

Herman diceva che la parte migliore di<br />

una ch<strong>it</strong>arra è quella che richiede il minor<br />

movimento delle d<strong>it</strong>a. Se non sei capace<br />

di farla suonare selvaggiamente anche<br />

con una sola corda, allora è meglio che<br />

cambi mestiere. I Rocket from <strong>the</strong> tombs<br />

furono e sono ancora una esperienza<br />

di rock brutale. Quando si sciolsero, ero<br />

determinato a trovare un altro modo<br />

per portare avanti quell’esperienza. L’ho<br />

detto per decenni: i Pere Ubu furono<br />

fondati proprio a partire da questo<br />

KeepCool<br />

concetto, l’abil<strong>it</strong>à di produrre un rock dal<br />

groove brutale. Questa era la base da<br />

cui sono part<strong>it</strong>e tutte le nostre avventure<br />

sonore. Ma siccome avevamo dimostrato<br />

che eravamo capaci di farlo, non serviva<br />

ribadirlo in ogni nuovo album. La nostra<br />

missione è/era andare oltre quel punto di<br />

partenza.<br />

I Rocket from <strong>the</strong> tombs, la tua prima<br />

band, avevano un nome che si ispirava ai<br />

b-movie fanta-horror. Ma questo interesse<br />

non è mai stato più così evidente nei<br />

tuoi successivi progetti. Ti piace ancora<br />

guardare questi vecchi film?<br />

No, non guardo più quella roba. Li<br />

vedevo decenni fa. Ne ho fatto il punto<br />

defin<strong>it</strong>ivamente tempo fa.<br />

Guarda su http://www.ubuprojex.net/<br />

archives/mayhem.html<br />

In tutti questi anni hai avuto modo di<br />

incontrare e collaborare con un numero<br />

infin<strong>it</strong>o di musicisti. Quali sono quelli che<br />

più hai sent<strong>it</strong>o vicino e che in qualche<br />

Discografia Pere Ubu<br />

30 seconds over Tokyo/ Heart of darkness<br />

(ep, 1975)<br />

Modern dance (1978)<br />

Datapanik in <strong>the</strong> year zero (anthology, 1978)<br />

Dub housing (1978)<br />

New picnic time (1979)<br />

The art of walking (1980)<br />

390 degrees of simulated stereo, Ubu live<br />

vol. 1 (1981)<br />

Song of <strong>the</strong> bailing man (1982)<br />

Terminal tower: an archival collection (1985)<br />

The tenement years (1988)<br />

Cloudland (1989)<br />

Worlds in collision (1991)<br />

Story of my life (1993)<br />

Ray gun su<strong>it</strong>case (1995)<br />

Harpen singles (1995)<br />

Beach boys see dee plus (1995)<br />

Folly of youth see dee plus (1995)


KeepCool<br />

modo hanno influenzato il tuo percorso<br />

artistico?<br />

Io sono l’influenzatore, non l’influenzato.<br />

Circa un anno fa Mayo Thompson è<br />

apparso magicamente qui nel sud <strong>it</strong>alia<br />

con i suoi riformati Red krayola. Per lui,<br />

nonostante si tratti di uno dei più grandi<br />

personaggi della storia della musica<br />

americana, il suo unico vero momento di<br />

visibil<strong>it</strong>à fu proprio il periodo passato con<br />

te nei primi anni ‘80. In che rapporti siete<br />

oggi?<br />

Abbiamo continuato a vederci molto<br />

spesso, anche se ora sono un po’ di anni<br />

che non ci incontriamo.<br />

So che diffidi molto delle sovraproduzioni,<br />

che preferisci lasciare il suono al naturale,<br />

così come viene registrato, non torturarlo<br />

(tanto da definire il tuo metodo “ipernaturalistico”),<br />

ma d’altra parte, fai largo<br />

uso di una serie di particolari microfoni<br />

dai nomi bizzari. di che si tratta?<br />

Non si tratta di microfoni. Sono degli<br />

speaker adattati per essere usati come<br />

microfoni. I nomi che gli abbiamo dato<br />

rispecchiano la loro nuova funzione, sono<br />

strani solo perchè non sai che cosa fanno.<br />

Mi piace registrare il suono in range di<br />

frequenza rigidamente defin<strong>it</strong>i. In tal<br />

modo l’equalizzazione rimane stampata<br />

su tape.<br />

Verrai in Italia per promuovere il disco?<br />

Si, saremo domenica 8 ottobre al Centro<br />

Stabile Cultura di San V<strong>it</strong>o di Leguzzano<br />

(Vicenza).<br />

Ho letto da qualche parte che la tua<br />

massima ambizione è diventare il più<br />

grande cantante mai esist<strong>it</strong>o. Ma questo<br />

dipenderà anche da chi saranno quelli<br />

che ti giudicheranno: credi che ciò sarà<br />

possibile durante la tua v<strong>it</strong>a o bisognerà<br />

aspettare che tu muoia perché qualcuno<br />

ti riconosca come tale?<br />

Beh, la mia ambizione non è diventare il<br />

più famoso cantante di tutti i tempi. Non<br />

è questo quello che ho detto. Se fosse<br />

stato davvero questo il mio obiettivo avrei<br />

impostato la mia carriera in tutt’altra<br />

maniera. Essere il migliore, questa è la mia<br />

ambizione, e questa non è determinata<br />

dalle altre persone. È qualcosa di assoluto.<br />

Il sole non sorge a est perchè lo dice la<br />

gente. È un assoluto!<br />

Datapanik in <strong>the</strong> year zero (5 cd,<br />

anthology, 1996)<br />

Pennsylvania (1998)<br />

Apocalypse now (live, 1999)<br />

The Shape of Things (2000)<br />

St Arkansas (2002)<br />

Why I Hate Women (2006)<br />

Davide Rufini<br />

Discografia David Thomas<br />

The sound of <strong>the</strong> sand (1981)<br />

Winter comes home (live, 1983)<br />

Variations on a <strong>the</strong>me (1983)<br />

More places forever (1985)<br />

Monster walks <strong>the</strong> winter lake (1986)<br />

Blame <strong>the</strong> messenger (1987)<br />

Erewhon (1996)<br />

Mirror man (1999)<br />

Bay c<strong>it</strong>y (2000)<br />

Surf’s Up! (2001)<br />

18 Monkeys on a Dead Man’s Chest (2004)<br />

Pere Ubu<br />

Modern Dance<br />

Cooking Vinyl/ Silverline<br />

records<br />

Dischi grandi come monumenti,<br />

documenti indelebili che<br />

racchiudono le chiavi di volta<br />

della storia del rock. sono<br />

testimonianze di un passato<br />

importantissimo che spiegano<br />

il presente e anticipano il<br />

futuro. Questo senza particolari<br />

esagerazioni rappresenta un<br />

disco come Modern Dance dei Pere Ubu. Era il 1978 quando questo uscì per segnare<br />

il solco di una strada che si diramerà nella new wave, nel garage, nel rock nella<br />

musica concreta. Pere Ubu è un personaggio di Ubu Roi opera teatrale di Alfred<br />

Jarry. E come nel teatro anche in questo disco l’assurdo, l’accostamento epilettico<br />

di elementi diventa opera d’arte e canzone. Destrutturando la classica formula<br />

rock Modern Dance conia nuovi codici musicali. Riascoltarlo oggi, ripubblicato in<br />

formato Cd dvd (doppia facciata) fa un certo effetto. Quasi fanno ridere alcuni<br />

sperimentalismi contemporanei, molto di quello che abbiamo ascoltato in questi<br />

ultimi vent’anni sembra improvvisamente più chiaro, il rumore, l’ambiente tutto<br />

entra in questi brani. Niente etichette, niente “post” niente “no” e qualcos’altro,<br />

questo disco è tutto e niente questo disco è la rottura e la continu<strong>it</strong>à. (O.P.)<br />

Pere Ubu<br />

Why I hate women<br />

Gl<strong>it</strong>terhouse records/<br />

Venus<br />

Non devi avere paura di ripeterti<br />

se quello che fai è assolutamente<br />

unico. Sembra essere questo il<br />

motto dei Pere Ubu che arrivati<br />

al loro quindicesimo album<br />

sembrano non accusare gli anni<br />

e non sentire la necess<strong>it</strong>à di<br />

imboccare nuove strade. Forse<br />

perché di strade non ne hanno<br />

mai avute veramente o forse perché Pere Ubu è semplicemente una creatura<br />

e questa creatura parla questa lingua. Fedeli a quella schizofrenia musicale che<br />

proprio loro hanno canonizzato, cap<strong>it</strong>anati dalla figura ingombrante e geniale di<br />

David Thomas i Pere Ubu riescono a tessere trame stranianti a tratti sciamaniche<br />

e poi ancora isteriche, assurde. Sono violenti e diretti, compressi in un suono che<br />

solo i Pere Ubu hanno. Le geometrie precise di basso e batteria sono tela bianca<br />

per una ch<strong>it</strong>arra che improvvisa naif e acida e per una voce che può evocare la<br />

claustrofobia e la follia. C’è l’avant rock, la wave, il blues più marcio che potete<br />

immaginare, tutto in un impasto sonoro da cui emergono canzoni come la bellissima<br />

e tiratissima Caroleen. Molti si sono ispirati ai nostri e ascoltarli oggi serve forse a<br />

non dimenticarlo. Bello perdersi nel noise ipnotico di Love song, nell’incip<strong>it</strong> tribale di<br />

Mona. I Pere Ubu sono tornati, anzi, forse non ci hanno mai lasciato. (O.P.)


Mol<strong>the</strong>ni<br />

alla Toilette<br />

Anticipato da un convincente singolo,<br />

L’Età Migliore (contenuto in un ep di tre<br />

tracce inviato alle radio prima dell’estate),<br />

viene pubblicato in questi giorni il nuovo<br />

disco di Mol<strong>the</strong>ni, Toilette Memoria (la<br />

Tempesta). Il sequel di Spendore Terrore,<br />

dunque, non si è fatto attendere molto<br />

e ci ha riconsegnato un autore in ottima<br />

forma, capace di canzoni ispirate e,<br />

quel che più conta, personali. Canzoni<br />

decisamente più mature, nelle quali<br />

songwr<strong>it</strong>er marchigiano, coadiuvato<br />

da un’ottima band e da diversi osp<strong>it</strong>i<br />

(tra cui l’ingombrante Franco Battiato),<br />

recupera un approccio più pos<strong>it</strong>ivo senza<br />

per questo perdere quella innegabile<br />

tendenza al psichedelico che aveva<br />

contraddistinto i lavori precedenti.<br />

Mol<strong>the</strong>ni, ti chiedo di introdurre il tuo<br />

nuovo lavoro. Dalle sonor<strong>it</strong>à mi sembra<br />

che Toilette Memoria si inserisca<br />

coerentemente nel filone inaugurato<br />

dal disco precedente che, se vogliamo,<br />

è uno dei momenti cruciali della tua<br />

carriera.<br />

Sicuramente. Splendore Terrore è stato<br />

un disco molto singolare per quello<br />

che posso chiamare la mia storia, il mio<br />

percorso, perché si è sviluppato nell’arco<br />

di più di due anni ed è stato un disco<br />

molto difficile rispetto alle cose che avevo<br />

fino a quel momento realizzato. Toilette<br />

Memoria si rifà al suo predecessore<br />

ma ha uno sguardo più aperto, e non<br />

mancano ballate più immediate, senza<br />

che vengano meno i pezzi più dilatati<br />

e ipnotici. Toilette Memoria è una<br />

prosecuzione, ma se vogliamo è più<br />

solare del precedente.<br />

Il <strong>t<strong>it</strong>olo</strong> Splendore Terrore descriveva<br />

appieno il suo contenuto. Toilette<br />

Memoria invece è quasi imperscrutabile.<br />

Che cosa vuoi dire con questo <strong>t<strong>it</strong>olo</strong>?<br />

Semplicemente è legato ad un<br />

aneddoto che ho vissuto personalmente<br />

l’anno scorso. È un ricordo che avevo in<br />

testa durante le registrazioni e che mi è<br />

sembrato suonasse bene.<br />

Da quello che ho letto questo lavoro<br />

dovrebbe avere una promozione<br />

efficace, non a caso avete da poco<br />

terminato il videoclip de L’Età Migliore. Ti<br />

piace questo aspetto del tuo lavoro?<br />

Mi piace tutto ciò che riguarda la parte<br />

iniziale, l’idea, la programmazione, lo<br />

sviluppo del progetto, e mi piace la parte<br />

finale. Quello che c’è in mezzo lo detesto<br />

vivacemente.<br />

Per una serie di casual<strong>it</strong>à ma anche per<br />

eventi piuttosto difficili, hai pubblicato<br />

dischi con diverse etichette passando<br />

così in rassegna alcune s<strong>it</strong>uazioni molto<br />

diverse tra loro, sia in amb<strong>it</strong>o indipendenti<br />

e che in quello major. Che opinione ti sei<br />

fatto?<br />

Per me lavorare con le major è una cosa<br />

ormai impossibile, anche eticamente<br />

intendo. Fa davvero schifo il loro mondo.<br />

E fa ancora più schifo quando si relaziona<br />

alla musica <strong>it</strong>aliana. Il lavoro delle major<br />

da noi è davvero scadente. Chiudiamo<br />

quindi sub<strong>it</strong>o il discorso major. Per quanto<br />

riguarda le indipendenti io credo che<br />

qualcosa stia cambiando ma non è<br />

semplice e credo che nella maggior parte<br />

dei casi le label lavorino male. Il poco<br />

che raccolgono è frutto di questo lavoro<br />

mal svolto. Quei pochi soldi che girano<br />

in questo amb<strong>it</strong>o credo non vengano<br />

gest<strong>it</strong>i al meglio. Io mi considero anche<br />

fortunato, nel senso che la mia etichetta,<br />

la Tempesta Dischi (quella dei Tre Allegri<br />

Ragazzi Morti, ndr) è da considerarsi<br />

un’isola felice. In generale chi r<strong>it</strong>iene che<br />

la s<strong>it</strong>uazione delle etichette indipendenti<br />

in Italia sia buona ha una percezione<br />

sbagliata della realtà.<br />

Qualche tempo fa hai pubblicato un live<br />

stampato solo in vinile. Come mai questa<br />

scelta?<br />

Avevamo voglia di pubblicare un disco,<br />

un 33 giri. Abbiamo utilizzato registrazioni<br />

non particolarmente cristalline, una<br />

sorta di bootleg, e quindi l’abbiamo<br />

fatto in totale leggerezza. Il disco non<br />

KeepCool<br />

è distribu<strong>it</strong>o ed è stato stampato da un<br />

nostro amico di Mantova, questo per farti<br />

capire che l’abbiamo fatto senza porci<br />

tante domande. Poi, il problema in sé<br />

non è tanto il vinile, quanto il fatto che<br />

sono ormai pochissimi quelli che hanno<br />

un giradischi in casa.<br />

Sei un grande ascoltatore di musica. In<br />

molte tue interviste hai spesso ribad<strong>it</strong>o di<br />

aver passato una lunga parte della tua<br />

v<strong>it</strong>a ad ascoltare dischi. Adesso? Quali<br />

sono i dischi che stai ascoltando?<br />

Ho riscoperto Rufus Wainwright che<br />

secondo me è un grande cantautore,<br />

dalle doti vocali non comuni, e che<br />

apprezzo anche come compos<strong>it</strong>ore. E poi<br />

molto folk: Will Oldham, Hope Sandoval,<br />

Vetiver, Devendra Banhart… ma non ho<br />

degli autori prefer<strong>it</strong>i. Vado per periodi, e<br />

quando trovo il disco giusto, lo ascolto<br />

a ripetizione. Quello che credo è questi<br />

ascolti non mi condizionano quando<br />

compongo.<br />

Quindi r<strong>it</strong>ieni che autori del nuovo folk<br />

americano come quelli che mi hai c<strong>it</strong>ato<br />

non abbiano influenzato un lavoro scarno<br />

e ossuto come Splendore Terrore?<br />

Ma no, credo di no. Io mi lascio ispirare<br />

dagli stati d’animo. A volte quello che<br />

ascolto, in determinati periodi, può<br />

concorrere a calarmi in un romanticismo<br />

che poi, impercettibilmente, può affiorare<br />

nella scr<strong>it</strong>tura. Questo può accadere<br />

e probabilmente è accaduto anche<br />

con Toilette Memoria, ma dire che mi<br />

influenzano non credo sia corretto.<br />

Ilario Galati


KeepCool<br />

Giardini Disco Pax<br />

Musica indipendente made in Emilia<br />

Non è un errore, non sono impazz<strong>it</strong>a<br />

(questo è da vedere direte voi), Giardini<br />

Disco Pax è una liason cacciata fuori da<br />

Max (cantante - non cantante pardon -<br />

solo voce degli Offlaga Disco Pax) a fine<br />

concerto, quando sul palco di Giovinazzo<br />

erano in otto, ognuno a uno strumento,<br />

Offlaga e Giardini insieme a proporre una<br />

versione noise di Iggy Pop, un’esaltante I<br />

wanna be your dog. Incontriamo Jukka<br />

Reverberi dei Giardini di Mirò e di segu<strong>it</strong>o<br />

Max Collini del collettivo neosensibilista<br />

Offlaga Disco Pax nel backstage del<br />

Giovinazzo Rock Festival, nel postconcerto<br />

della prima delle tre serate in<br />

programmazione. Entrambi altamente<br />

soddisfatti della s<strong>it</strong>uazione, entrambi<br />

reduci dalla data del Soundlabs festival<br />

a Roseto, il giorno prima.<br />

Tornate in Puglia a due anni dalla data in<br />

Salento. Cosa è cambiato da allora?<br />

Jukka – GdM - Il primo cambiamento,<br />

quello più evidente, è che non c’è<br />

più Alessandro (Raina ndr) alla voce.<br />

Al suo posto, cantiamo io e Corrado<br />

(Nuccini ndr) che si occupa anche<br />

dei testi che canta. Per il resto i GdM<br />

rimangono gli stessi, come rimangono<br />

fondamentalmente uguali anche i suoni,<br />

gli arpeggi.<br />

A questo propos<strong>it</strong>o, ci spieghi come<br />

nascono i vostri pezzi? Come sono nati<br />

Punk not diet (usc<strong>it</strong>o per la Homesleep<br />

nell’ormai lontano 2003) e H<strong>it</strong>s for broken<br />

hearts and asses (usc<strong>it</strong>o soltanto per<br />

l’etichetta tedesca 2-nd rec). Come<br />

nasce North Atlantic Treaty of Love, l’ep<br />

ultimo nato?<br />

I nostri pezzi non nascono<br />

dall’improvvisazione, anzi d’improvvisato<br />

c’è molto poco. Abbiamo sempre<br />

in mente la struttura della canzone.<br />

Nascono gli intrecci di ch<strong>it</strong>arre, la parte<br />

melodica a cui io sono maggiormente<br />

interessato. Poi ci sono i testi di Corrado<br />

che ad esempio è influenzato dai suoi<br />

molteplici ascolti. Un pezzo nel nuovo<br />

disco sarà cantato da Glen Johnson<br />

dei Piano Magic che per att<strong>it</strong>udine ci<br />

e’ molto vicino. Anche Jonathan dei<br />

Settlefish ha aiutato e collaborato nella<br />

scr<strong>it</strong>tura di alcuni testi. In ultima fase ho<br />

scr<strong>it</strong>to anche io a mia volta una parte<br />

vocale ed è stato divertente e molto<br />

spontaneo.<br />

Qual è la vostra filosofia e l’approccio<br />

che avete alla musica? Fate altro nella<br />

v<strong>it</strong>a?<br />

Ciò che abbiamo sempre fatto, e speriamo<br />

di continuare a fare, è mantenere la<br />

nostra libertà e indipendenza. Per tale<br />

motivo siamo e saremo proprietari dei<br />

master e non prendiamo né prenderemo<br />

soldi dall’etichetta per questo. Non siamo<br />

mai stati obbligati o indirizzati nella scelta<br />

del nostro sound. Facciamo ciò che ci<br />

piace fare, non subiamo pressioni. E sì,<br />

nella v<strong>it</strong>a facciamo altro. Non tanto altro<br />

io, che sono pigro…se non consideriamo<br />

il lavoro che è condizione obbligatoria<br />

per noi tutti.<br />

Ultima, ovvia, domanda. A quando il<br />

prossimo lavoro? Uscirà sempre per la<br />

Homesleep?<br />

Il prossimo disco uscirà a gennaio per<br />

Homesleep, se tutto rimane così come è<br />

chiudiamo un ciclo di tre dischi.<br />

Max, di nuovo in Puglia. Sempre e solo<br />

vicino a Bari, però.<br />

Max – ODP - Eh già, la scorsa volta<br />

siamo stati allo Zenzero. Bell’esperienza,<br />

ancora più bella questa sera. Un grande<br />

e caloroso pubblico (nonostante il tempo<br />

capriccioso aggiungo io: piove a tratti<br />

e soprattutto c’è un terribile umido che<br />

si appiccica addosso e amplifica la<br />

mia laring<strong>it</strong>e sino ad azzerare - nel vero<br />

senso della parola - la mia voce). È vero,<br />

non siamo mai scesi più giù di Bari e ci<br />

piacerebbe molto venire nel Salento.<br />

Anzi, trovateci una data!<br />

Ti vedo stanco e provato. In cosa siete<br />

impegnati in questo periodo? Che<br />

progetti avete per il futuro?<br />

Stanco provato ma felice. È il quarto<br />

concerto in cinque giorni ma va<br />

benissimo così e ti ripeto che è stata una<br />

serata fantastica. Adesso continuiamo<br />

il nostro tour, ne avremo fino a ottobre.<br />

In programma, l’usc<strong>it</strong>a per l’Unhip di<br />

Socialismo Tascabile in vinile.<br />

Ci parli di questa performance con i GdM?<br />

È stato un fortu<strong>it</strong>o e fortunatissimo (per il<br />

pubblico presente) caso vedervi suonare<br />

insieme (da qui i già c<strong>it</strong>ati Giardini Disco<br />

Pax) o state portando avanti una vera e<br />

propria collaborazione?<br />

Ieri sera sul palco di Roseto è stata la<br />

prima volta che abbiamo tentato ed<br />

esegu<strong>it</strong>o il pezzo di Iggy Pop, e l’abbiamo<br />

scelto solo ed esclusivamente perché era<br />

facile. Chiunque può intonare I wanna<br />

be your doooooog! Ma in realtà Jukka<br />

ed Enrico (Fontanelli, “basso, moog<br />

prodigy, casiotone, basi, premed<strong>it</strong>azioni<br />

grafiche, pensiero debole” come si<br />

legge nel booklet da loro stessi lanciato<br />

durante il concerto, insieme alle chewin<br />

gum alla cannella ndr) vengono dalla<br />

stessa c<strong>it</strong>tà (I Love Cavriago si legge sulla<br />

maglietta di Jukka ndr). Burro dei Giardini<br />

ha suonato la batteria per noi anche nel<br />

disco in Enver e Cinnamon, come avete<br />

visto oggi.<br />

Max, i tuoi racconti sono tratti da storie<br />

vere? Le cose che scrivi sono così tristi,<br />

crude, forti anche nella realtà? Se l’ultimo<br />

pezzo fosse durato un po’ di più il pubblico<br />

sarebbe scoppiato in lacrime.<br />

Barbara, l’ultimo pezzo che abbiamo<br />

fatto, un pezzo nuovo, sì, è vera. E anche<br />

le altre storie che racconto (perché Max<br />

non è cantante lo sottolinea sempre<br />

ndr) sono cose che mi sono accadute<br />

realmente. E fanno male. Davvero.<br />

Valentina col supporto e soprattutto la<br />

voce di Gabriele e Giuseppe


SALTO NELL’INDIE<br />

N I C O T I N E R E C<br />

Continua il nostro viaggio alla scoperta<br />

dell’underground musicale <strong>it</strong>aliano.<br />

Questo mese osp<strong>it</strong>i della nostra rubrica<br />

dedicata alle etichette indipendenti<br />

<strong>it</strong>aliane sono i ragazzi della Nicotine rec<br />

che produce e promuove il rock and roll<br />

un po’ ovunque.<br />

Perché abbiamo bisogno della<br />

Nicotine? Per quali tipo di dipendenze è<br />

consigliata?<br />

Non so da quali tipi però, spero che<br />

diventiate dipendenti dalla Nicotine rec.<br />

Cosa e chi c’è dietro la Nicotine?<br />

Dietro la nicotine ci sono Gianfranco,<br />

Alberto, Cristina.<br />

Cosa?<br />

Tanta passione, molto sbattimento e<br />

grandi soddisfazioni e bello sapere che<br />

ci sono tante persone nel mondo che<br />

conoscono i nostri artisti, una nov<strong>it</strong>à sarà la<br />

creazione di una sublabel della nicotine,<br />

si chiamerà Black Hellvis e guarderà con<br />

un occhio di riguardo i talenti nostrani e<br />

non solo.<br />

Ci racconti un po’ di storia? Da dove siete<br />

part<strong>it</strong>i, dove siete arrivati e dove volete<br />

andare?<br />

Tutto iniziò circa 6 anni fa (autunno del<br />

‘99) l’idea nacque da Alberto, Massimo<br />

e Roberto con l’intento di produrre il<br />

7” di una band della nostra c<strong>it</strong>tà i Los<br />

Activos (ora sciolti) ma per problemi<br />

legati ad alcuni componenti della<br />

band in questione l’usc<strong>it</strong>a fu rinviata,<br />

comunque era ormai nata l’idea di una<br />

indie. Il passo successivo fu la creazione<br />

di un web s<strong>it</strong>e (www.nicotinerecords.<br />

com primavera del 2000) nei mesi<br />

successivi le prime pubblicazioni dei 7”<br />

dei Most Unusual Sound (Street Stalker)e<br />

dei Thee Psychotones (Introducing <strong>the</strong>e<br />

Psychotones) con una risposta molto<br />

pos<strong>it</strong>iva sia della stampa nazionale che<br />

internazionale. Per quanto riguarda i primi<br />

un esplosivo debutto fra GaragePunk<br />

e Blues mer<strong>it</strong>o dell’esperienza dei<br />

membri (2 di loro ex membri dei Two<br />

Bo’s Maniacs, pionieri del lo-fi sound in<br />

Italia, collaborazioni con Oblivians e un<br />

album prodotto dal guru Tim Kerr, Poison<br />

13, Monkeywrench) e il bassista che fa<br />

anche parte della storica band Sick Rose.<br />

Per quanto riguarda i Thee Psychotones<br />

- già al secondo singolo – si trattava<br />

di una chicca di garagepunk sixty e<br />

Detro<strong>it</strong> sound. Poi<br />

uscirono il 7” spl<strong>it</strong><br />

fra i punkrockers Los<br />

Activos e le Brigate<br />

Rozze (le Brigate<br />

ormai scioltasi band<br />

romana acclamata<br />

nel circu<strong>it</strong>a Hardcore)<br />

e il cd dei Mutzhi Mambo. La band<br />

canta in madre lingua ma con un suono<br />

molto particolare, un mix fra Cramps,<br />

Buscaglione, Psychobilly e Swing. Il resto<br />

è storia.<br />

Quali chicche ha in serbo il vostro<br />

catalogo?<br />

Beh direi tutte……. ecco alcuni nomi<br />

The Wild Weekend, Bad News, Stabilisers<br />

(A.Crockford ex J.Taylor Quartet, The<br />

Prisoners), Dee Jaywalker (ch<strong>it</strong>arista<br />

della band di Marky Ramone and <strong>the</strong><br />

Speedkings), Human Tanga, Fleshtones<br />

(storica garage band Newyorchese),<br />

Model C<strong>it</strong>izen, Gaza Strippers, Popzillas. Il<br />

resto lo potete acquistare e ascoltare sul<br />

nostro s<strong>it</strong>o.<br />

Quali le nov<strong>it</strong>à, quali le anticipazioni?<br />

Innanz<strong>it</strong>utto ci sono i Brain Eaters. Una<br />

esplosiva band parigina che propone una<br />

miscela di punk, garage, surf, rockabilly.<br />

Poi segnalo i Slapstick, un giovane<br />

quintetto al suo album di debutto. Il loro<br />

è un punkr’n’r sulla scia dei m<strong>it</strong>ici Gaza<br />

Strippers<br />

Rock and roll will never die, oppure<br />

annaspiamo?<br />

Noi ci proviamo a non morire mai, nella<br />

v<strong>it</strong>a bisogna provarci e portare avanti le<br />

proprie convinzioni<br />

Cosa non produce la nicotine ma piace<br />

alla Nicotine, dieci dischi di sempre che<br />

bisogna avere assolutamente.<br />

Beatles: Sgt.Pepper’s Lonely Hearts Club<br />

Band<br />

Led Zeppelin: 1,2,3,4<br />

Ramones: Leave Home<br />

Dream Syndicate: omonimo,<strong>the</strong> days of<br />

wine and roses,medice show<br />

Rolling Stones: Stiky Fingers<br />

Bach: tutto<br />

James Brown: Papa’s got a brand new<br />

bag<br />

David Bowie:The Rise and Fall of Ziggy<br />

Stardust and The spiders from mars<br />

Mark Lanegan: Here Come The Weird<br />

Chill<br />

KeepCool<br />

Stooges:omonimo<br />

E un mucchio di altri dal pop al Jazz,dal<br />

Metal al Blues……..insomma la musica ci<br />

piace<br />

Dove possiamo trovare i dischi della<br />

nicotine?<br />

Il catalogo della nicotine lo si trova sul<br />

nostro webs<strong>it</strong>e alla pagina produzioni<br />

indirizzo s<strong>it</strong>o www.nicotinerecords.com<br />

vendiamo online e ci appoggiamo<br />

per pagamenti sicuri a Paypal, debbo<br />

dire purtroppo che usufruiscono di<br />

questo servizio solo persone provenienti<br />

dall’estero spero che anche gli utenti<br />

Italiani prendano in considerazione<br />

questa opportun<strong>it</strong>à di acquisto visto che<br />

i cd arrivano direttamente alla vostra<br />

ab<strong>it</strong>azione con un notevole risparmio<br />

di tempo e denaro (consiglio a tutti di<br />

fare carta di cred<strong>it</strong>o ricaricabile tipo<br />

paypost e sicura e la carichi solo quando<br />

devi acquistare e non hai spese di<br />

contocorrente), nei prossimi mesi sarà<br />

on line il nuovo s<strong>it</strong>o con annesso negozio<br />

virtuale dove comprare sia dischi della<br />

nicotine che di altre etichette. Per<br />

entrare in contatto con noi (siamo quasi<br />

pronti con il nuovo webs<strong>it</strong>e ove ci sarà<br />

un form per contattarci) per ora si può<br />

usufruire del nostro indirizzo cartaceo<br />

che è Nicotine Records C.P.16515057<br />

Tortona (AL) o lasciare un messaggio<br />

su nostro guestbook o su nostra pagina<br />

myspace http://www.myspace.com/<br />

nicotinerecords inoltre è possibile<br />

scaricare 2 mp3 per ogni produzione<br />

e videoclip in wmv o ascoltare alcune<br />

songs su myspace. Riepilogo indirizzi:<br />

www.nicotinerecords.com<br />

h t t p : / / w w w . m y s p a c e . c o m /<br />

nicotinerecords<br />

http://www.blackhellvis.com/ nostra sublabel<br />

ciao a tutti<br />

Osvaldo Piliego


Coolibrì<br />

Tutto in una notte<br />

Tony Parsons<br />

Barbera ed<strong>it</strong>ore<br />

****<br />

Se mai avessi potuto scegliere sarei<br />

sicuramente nato quello stesso anno,<br />

o giù di lì. E se avessi potuto scegliere<br />

un lavoro di sicuro avrei fatto quello dei<br />

protagonisti di questo libro, se poi proprio<br />

potessi anche scegliere una c<strong>it</strong>tà... beh<br />

Londra sarebbe perfetta. Elementi che<br />

compongono Tutto in una notte di Tony<br />

Parsons. È il 1977, anno nodale per la<br />

storia della musica, tre giornalisti musicali<br />

vivono nell’arco di una notte l’esperienza<br />

che cambierà loro la v<strong>it</strong>a in una Londra<br />

che vive uno dei suoi anni più intensi. È la<br />

notte in cui il mondo del rock saluta per<br />

sempre il suo re Elvis, una notte in cui tutta<br />

la musica sembra sfilare nelle v<strong>it</strong>e dei<br />

protagonisti. Tre personal<strong>it</strong>à musicali e<br />

umane differenti, che messe una accanto<br />

all’altra sono capaci di delineare in<br />

maniera vivida e accurata il panorama<br />

di quel periodo. C’è il folk, i nostalgici dei<br />

Narrativa, Noir, Giallo, Italiana, Sperimentale<br />

la letteratura secondo coolcub<br />

Beatles, il punk, il glam. Ci sono i mod, gli<br />

operai e lo star system. Come in tutte le<br />

storie che si rispettino c’è l’amore, anche<br />

qui molteplice e unico allo stesso tempo.<br />

C’è innanz<strong>it</strong>utto l’amore per la musica<br />

(l’autore prima di dedicarsi alla narrativa<br />

ha lavorato per New musical express),<br />

la passione, la ricerca e la paura del<br />

nuovo.<br />

È un libro in cui le pagine trasudano il<br />

legame che autore e personaggi hanno<br />

con il rock che come una bussola guida<br />

le loro v<strong>it</strong>e, le rende speciali. Sembrano<br />

quasi distanti dal mondo, lontani dalla<br />

quotidian<strong>it</strong>à, dalle cose normali. Sono<br />

ragazzi persi tra i dischi e rintanati nei<br />

locali fumosi.<br />

Ragazzi che sognano di parlare con i loro<br />

m<strong>it</strong>i, che vivono di m<strong>it</strong>i.<br />

Ma l’amore non è solo musa ma è anche<br />

donna. Ad ogni personaggio maschile<br />

23<br />

del libro corrisponde una donna che farà<br />

irruzione e rivoluzione.<br />

Le donne rappresentano la chiave di<br />

volta per la v<strong>it</strong>a dei tre. Tutto questo<br />

accade in una sola notte. Le ore passano<br />

veloci come veloci scorrono le pagine.<br />

Cambi di scena repentini offrono scorci<br />

interm<strong>it</strong>tenti delle storie di tre che si<br />

separano per poi incontrarsi, allontanarsi<br />

di nuovo e alla fine ricongiungersi. Una<br />

bella avventura, di quelle pos<strong>it</strong>ive, una<br />

di quelle storie che ti prendono, in cui un<br />

po’ ti immedesimi. Tutto sembra affidato<br />

al caso, anche la scr<strong>it</strong>tura immediata<br />

come fosse cronaca, e invece non è<br />

così. Niente è lì per caso e te ne accorgi<br />

quando r<strong>it</strong>rovi tutti i pezzi magicamente<br />

al loro posto. Un regalo ideale da fare a<br />

chi ama la musica ma anche a chi non<br />

capisce quanto sia importante per voi.<br />

Osvaldo


24<br />

La figliola che si fidanzò con<br />

un racconto<br />

Rocco Brindisi<br />

Empirìa<br />

Stanze, malinconie,<br />

amori, disamori,<br />

allegrezze, spaventi<br />

di Dio, fatazioni di<br />

mani, culi, angeli<br />

ed espressioni,<br />

metafore e aggettivi<br />

sorprendenti fanno<br />

la meraviglia de La<br />

figliola che si fidanzò<br />

con un racconto.<br />

L’autore è Rocco<br />

Brindisi, maestro di<br />

scuola lucano che dei lucani porta la<br />

fierezza e la sapienza, l’umiltà densa di un<br />

mondo magico custod<strong>it</strong>o con dedizione<br />

ed intatto nonostante i clamori e le<br />

bastonate del tempo. Silenzio che parla<br />

dagli occhi, strumento e tram<strong>it</strong>e della<br />

sua scr<strong>it</strong>tura, come quelli di Anna, “occhi<br />

lucenti, a crepamore”. Uno scr<strong>it</strong>tore<br />

popolare che mischia le narrazioni e le fa<br />

diventare visioni, “uno scombinamento<br />

di cuore” e d’orizzonte. Un incedere<br />

affabulante, il suo, da incantatore e<br />

colpi di poesia in “un mucchio di pagine<br />

cantate”, per una trance narrativa che<br />

pare nascere da un affidamento ad un<br />

dio animale, un puro accogliere voci<br />

che costruisce storie evocando “un<br />

mondo che non sta ne in cielo ne in<br />

terra”. Un dettato magico che mischia<br />

peli, carne, umori, passioni e, “rigo<br />

dopo rigo le parole deviano dagli usi<br />

comuni, e i verbi, i sostantivi, gli aggettivi,<br />

la loro combinazione in figure fanno<br />

deragliare tutte le nostre consuetudini,<br />

riportandoci da un lato come in un<br />

sogno alle origini della verbalizzazione<br />

e spingendoci dall’altro in avanti, oltre<br />

la nostra modern<strong>it</strong>à estenuata, tra esseri<br />

umani, angeli, fantasmi, libri, film che<br />

germogliano tutti da un unico giardino<br />

delle delizie”. Noi, leggendo, dobbiamo<br />

imparare a stargli appresso, inseguirlo<br />

nella sua realtà, altra, diversa, da quella<br />

esausta del nostro malato tempo senza<br />

più stupore, senza l’oh! che sgrana gli<br />

occhi e apre la bocca e ci fa piccini<br />

nell’ascoltar fiabe, nel palp<strong>it</strong>o d’amore,<br />

nel volgerci al “pieno di compassione”<br />

per timore del “brutto fatto”. Quando<br />

ci accorgeremo che il racconto sarà<br />

fin<strong>it</strong>o cambieremo faccia, ci faremo seri,<br />

ansiosi, come se lì attorno fosse comparso<br />

qualcuno che si fosse ingelos<strong>it</strong>o del nostro<br />

tornare indietro nel tempo, quando la<br />

sorpresa era il pane del nostro crescere,<br />

del nostro confermarci al mondo.<br />

Mauro Marino<br />

Impronte di pioggia<br />

Christian Mascheroni<br />

L’Ambaradan<br />

Christian Mascheroni<br />

è un autore di<br />

programmi televisivi.<br />

Lavora per Mediaset.<br />

Programmi quali<br />

Popstar, Solaris e<br />

Appuntamento con<br />

la storia portano la<br />

sua firma. Impronte di<br />

Pioggia, ed<strong>it</strong>o dalla<br />

casa ed<strong>it</strong>rice torinese<br />

L’Ambaradan è il<br />

suo primo romanzo.<br />

Ci troviamo di fronte ad un romanzo<br />

che, pur presentando le pecche e le<br />

ingenu<strong>it</strong>à tipiche di un esordio, legate<br />

soprattutto ad un insufficiente lavoro<br />

di ed<strong>it</strong>ing, è dominato da un’intens<strong>it</strong>à<br />

davvero straziante. La storia ha come<br />

protagonista Pioggia, un bambino di<br />

nove anni cresciuto troppo in fretta,<br />

che assiste impotente all’irreversibile crisi<br />

del matrimonio dei suoi gen<strong>it</strong>ori, Eléna e<br />

Raul. Eléna è una giovane donna, dotata<br />

di grande sensual<strong>it</strong>à, legatissima al figlio,<br />

autodistruttiva, forte e fragile al tempo<br />

stesso, consunta da un amore totalizzante<br />

per un mar<strong>it</strong>o poco presente, sempre<br />

troppo ubriaco, trad<strong>it</strong>ore incall<strong>it</strong>o. La<br />

storia si snoda seguendo il punto di vista<br />

di Pioggia, strenuo difensore dell’integr<strong>it</strong>à<br />

psichica della madre, la cui sol<strong>it</strong>udine<br />

e il cui sbandamento vengono alleviati<br />

grazie al dialogo costante con un gatto<br />

e un canarino prodotti dalla sua fervida<br />

immaginazione. Inutile dire che la storia,<br />

nel finale, subisce un’accelerazione verso<br />

i toni del tragico. Senza svelare troppo.<br />

Durante la lettura più volte mi è cap<strong>it</strong>ato<br />

di pensare che questo romanzo in<br />

realtà poteva benissimo essere utilizzato<br />

come soggetto per un lungometraggio.<br />

Anzi, vi dirò di più. A mio parere il ruolo<br />

di Eléna potrebbe essere interpretato<br />

da Valeria Golino. Mentre leggevo le<br />

pagine dedicate alla v<strong>it</strong>a emotivamente<br />

Coolibrì<br />

al collasso di Eléna si palesava innanzi a<br />

me il volto di Valeria Golino. Ma questo è<br />

un mio problema.<br />

Rossano Astremo<br />

R<strong>it</strong>orni e altre storie<br />

Massimo Barone<br />

Ilisso<br />

Massimo Barone<br />

beve una vodka<br />

tutta d’un fiato.<br />

Massimo Barone<br />

fuma un sacco di<br />

sigarette. Massimo<br />

Barone ascolta<br />

Satie, e si sente<br />

come Paperino<br />

quando Paperino<br />

è incazzato nero.<br />

Massimo Barone<br />

racconta delle storie che ti lasciano<br />

senza fiato. Tre righe per dire quello che<br />

si trova nella raccolta di racconti R<strong>it</strong>orni<br />

e altre storie, di questo scr<strong>it</strong>tore romano,<br />

classe 1942, classe da vendere, sia per il<br />

suo aplomb d’altri tempi, sia per la sua<br />

scr<strong>it</strong>tura colta e lucida, pul<strong>it</strong>a come una<br />

lastra di marmo, sottile come una lama<br />

che arriva dr<strong>it</strong>ta dove deve arrivare. E<br />

la scr<strong>it</strong>tura di Massimo Barone arriva al<br />

cuore passando per il cervello, organo<br />

che tra i due sicuramente lui predilige.<br />

Uomo dalla raffinata intelligenza e<br />

dall’ironia puntuale, riesce a narrare storie<br />

di nostalgia e rimpianto, storie struggenti<br />

che non diventano mai lagnose, proprio<br />

grazie a quell’ironia, che puntuale arriva<br />

a tirar su il tono, quando il racconto<br />

rischia di provocare una lacrima. Come<br />

in Ulisse e Ermes, sicuramente il mio<br />

racconto prefer<strong>it</strong>o della raccolta, che<br />

ripercorre, nel bene e nel male, alcuni dei<br />

punti cardine, delle chiavi di volta, della<br />

generazione che in un certo senso ha<br />

cambiato il mondo, cioè la generazione<br />

del ’68, tra grandi bevute, grandi ideali e<br />

viaggi all’altro capo del mondo in cerca<br />

di eroina a prezzi bassi.<br />

Dario Goffredo<br />

Disturbi del sistema binario<br />

Valerio Magrelli<br />

Einaudi<br />

Disturbi del sistema binario segna<br />

una sensibile evoluzione all’interno


Coolibrì 25<br />

del percorso poetico della scr<strong>it</strong>tore<br />

romano Valerio Magrelli. Nella raccolta<br />

è presente una forte opposizione tra la<br />

prima parte, aperta alle più disparate<br />

sollec<strong>it</strong>azioni proveniente dalla cronaca,<br />

e la seconda, tutta volta a rappresentare<br />

s<strong>it</strong>uazioni di v<strong>it</strong>a domestica. A ciò si<br />

aggiunge una terza parte, nella quale<br />

Magrelli prova a comprendere la<br />

banal<strong>it</strong>à del Male tram<strong>it</strong>e un celebre<br />

test percettivo basato sull’ambigu<strong>it</strong>à<br />

dell’immagine (L’individuo anatra-lepre).<br />

Parlo di sensibile evoluzione, nonostante<br />

la presenza della sol<strong>it</strong>a razional<strong>it</strong>à e<br />

geometria del suo far versi, che lo<br />

contraddistingue sin dall’indimenticabile<br />

esordio del 1980, “Ora serrata retinae”.<br />

C’è, però, in quest’ultimo lavoro,<br />

un’attenzione più pressante nei confronti<br />

della sfera privata, della v<strong>it</strong>a familiare,<br />

e, in particolar modo, dei propri figli. Un<br />

Magrelli più intimista e meno cervellotico.<br />

Non a caso, nell’unica occasione nella<br />

quale ho avuto modo di dialogare con<br />

lui, ciò che mi ha sorpreso maggiormente<br />

è stato scoprire l’uomo Magrelli attraverso<br />

il suo racconto di aneddoti aventi come<br />

protagonisti i propri figli. Ecco un assaggio<br />

della raccolta: “È immagine di poesia, la<br />

figura / paterna che si nutre di me, / la<br />

tenia che divora da dentro la mia v<strong>it</strong>a?<br />

/ Immagine di poesia è la figura / di mio<br />

figlio, che beve proteso / verso il rubinetto<br />

alzandosi / su un piede, mentre l’altra<br />

gamba, / prodigio della statica, / distesa<br />

oscilla in aria, contrappeso / magico per<br />

bilanciare la sete. / Avessi anch’io la sua<br />

grazia / nell’equilibrare la fame / di chi<br />

dentro di me / si sporge e mi dilania!”.<br />

Magrelli ha dato nuovamente alle<br />

stampe una raccolta di grande impatto<br />

emotivo. Uno dei più grandi poeti <strong>it</strong>aliani<br />

viventi. Della sua generazione come lui<br />

solo Milo De Angelis.<br />

Rossano Astremo<br />

Senza polvere senza peso<br />

Mariangela Gualtieri<br />

Einaudi<br />

Dopo la raccolta del 2003 Fuoco<br />

centrale, ecco un nuovo lavoro in versi<br />

per Mariangela Gualtieri. Senza polvere<br />

senza peso, questo è il <strong>t<strong>it</strong>olo</strong> del libro che<br />

per la prima volta raccoglie versi scr<strong>it</strong>ti<br />

non per il teatro, ma nel quale emergono<br />

i tratti distintivi della sua poetica, continua<br />

registrazione rapsodica e, a tratti,<br />

delirante, della<br />

sua emotiv<strong>it</strong>à<br />

tagliente, del suo<br />

flusso emotivo<br />

corrosivo, della<br />

sua coscienza<br />

pura, verginale,<br />

volta a cogliere<br />

le limpide<br />

corrispondenze<br />

tra l’essenza dei<br />

suoi stati d’animo<br />

e il mondo che<br />

attorno le si ag<strong>it</strong>a.<br />

Ciò che emerge, nei versi della Gualtieri,<br />

è un totale salto in avanti rispetto ad una<br />

concezione della poesia ben ordinata<br />

nel suo pacchetto metrico e stilistico e un<br />

assoluto lasciarsi andare della parola che<br />

diviene strumento profondo di analisi,<br />

potente meccanismo terapeutico,<br />

straziante e sublime terreno sul quale<br />

poter spargere i semi dello stato sorgivo<br />

del proprio essere. Forse, rispetto ai lavori<br />

precedenti, messi in scena dal Teatro<br />

Valdoca, emerge una tensione pos<strong>it</strong>iva,<br />

un filo rosso di gioia, che si concretizza<br />

nei versi d’amore per figure familiari. Una<br />

su tutte, la poesia dedicata a Cesare<br />

Ronconi, compagno di v<strong>it</strong>a e regista del<br />

Teatro Valdoca: “Ho la parola amore per<br />

te / la lavo ogni mattina dal salmastro / la<br />

impasto col mio grano / la essicco dal suo<br />

molle / scortico tutto il rosa / e sono io la<br />

tua sposa marina / mio cuore cap<strong>it</strong>ano”.<br />

Rossano Astremo<br />

Il sole e il sale, romanzo grikosalentino<br />

Rocco Aprile<br />

I libri di Icaro - narrazioni<br />

Rocco Aprile è<br />

un signore gentile<br />

con una parlata<br />

fine, che seduce.<br />

È uno storico, di<br />

quelli utili ai terr<strong>it</strong>ori<br />

perché capaci<br />

di dare lucid<strong>it</strong>à e<br />

certezze a chi li<br />

ab<strong>it</strong>a, andando<br />

a cercare i fili<br />

delle storie e<br />

della Storia. Della<br />

Grecìa è uno dei padri nobili, autore di<br />

saggi chiarificanti e suggestivi. Il sole e<br />

il sale è il suo primo romanzo, quella di<br />

Icaro la seconda edizione, la precedente<br />

data 1987 a cura del Circolo Ghetonìa di<br />

Calimera: un caso ed<strong>it</strong>oriale che esaurì in<br />

pochi giorni le copie stampate. Il libro è<br />

narrativamente intenso, mischia vicende<br />

seguendo la v<strong>it</strong>a di due personaggi<br />

chiave, Pippì e Rocco, che crescono<br />

traversando gli anni poveri della d<strong>it</strong>tatura<br />

e della guerra sino al 1945. Due parti e<br />

due diversi movimenti di racconto. Il<br />

primo attento ad una descrizione del<br />

“piccolo mondo antico” di Calimera,<br />

col suo dialetto-lingua, le credenze, la<br />

morale, la durezza della quotidiane<strong>it</strong>à di<br />

un paese che vive profonde modificazioni<br />

e trasalimenti. Il secondo apre l’orizzonte,<br />

verso la c<strong>it</strong>tà. Lecce appare, méta di<br />

traversate in bicicletta, con le sue strade<br />

e un tormento borghese che tenta<br />

spazi di agibil<strong>it</strong>à, che cerca ricchezza,<br />

affermazione, ribaltando antichi timori<br />

e soggezioni. Ntoni, il padre di Pippi è<br />

campione di scaltrezza. Affascinatore e<br />

prof<strong>it</strong>tatore, mercante di carbone che<br />

si fa padrone. Una cronaca capace di<br />

costruire il quadro di un epoca rimasta<br />

oscura a molti di un Salento ined<strong>it</strong>o e vero,<br />

rimasto segreto, familiare, nei racconti<br />

ascoltati nell’infanzia. Una vicenda<br />

cruda che ci aiuta nei primi passi verso la<br />

messa a punto di un nuovo catalogo del<br />

romanzo salentino<br />

Mauro Marino<br />

Della fotografia trasgressiva<br />

Pino Bertelli<br />

Nda Press<br />

Dopo Cinema<br />

dell’eresia Pino<br />

Bertelli ci regala<br />

una nuova<br />

p u b b l i c a z i o n e<br />

targata Nda Press.<br />

L’autore è una<br />

figura di spicco del<br />

neos<strong>it</strong>uazionismo<br />

<strong>it</strong>aliano e come<br />

tale non poteva<br />

non rendere omaggio a Diane Arbus la<br />

fotografa della trasgressione, degli ultimi,<br />

degli imperfetti, dei Freaks. L’obbiettivo<br />

della Arbus colpisce e lascia il segno, scatti<br />

a volte imperfetti che fanno rabbrividire<br />

e pensare. Le immagini di devianti e<br />

fenomeni da baraccone, che Diane<br />

immortalava, non pongono l’accento


26 Coolibrì<br />

sulla loro pelle, sulla loro presunta<br />

sofferenza, sulla loro infelic<strong>it</strong>à quanto,<br />

piuttosto sull’indifferenza e sull’autonomia.<br />

Per dirla con parole sue “quelli che<br />

nascono mostri sono l’aristocrazia del<br />

mondo dell’emarginazione... quasi<br />

tutti attraversano la v<strong>it</strong>a temendo le<br />

esperienze traumatiche, i mostri sono nati<br />

insieme al loro trauma”. La Arbus mette<br />

in luce ciò che la società nasconde,<br />

non la sofferenza di un incidente ma la<br />

normal<strong>it</strong>à nella mostruos<strong>it</strong>à. Il suo genio<br />

ha rotto con tutte le scuole, le prassi o<br />

narcisismi della scr<strong>it</strong>tura fotografica. Ha<br />

mostrato che più un fotografo è lo “stile”<br />

delle sue fotografie e più sarà universale.<br />

Il 27 luglio del 1971, Diane Arbus si dà la<br />

morte. Nel suo diario, aperto sul ventisei<br />

luglio lascia queste parole: l’ultima cena.<br />

Il genio ha inizio sempre col dolore.<br />

Simone Rollo<br />

Una generazione piena di<br />

complessi -M<strong>it</strong>i e meteore<br />

del beat <strong>it</strong>aliano<br />

Claudio Pescetelli<br />

Ed<strong>it</strong>rice Zona<br />

Una chicca per gli appassionati del beat<br />

di casa nostra, delle gonne optical, dei<br />

primi allucinogeni e dei party in cantina.<br />

Un faticoso lavoro di catalogazione di<br />

tutti i gruppi più o meno conosciuti che<br />

hanno prodotto almeno un 45 giri nel<br />

periodo compreso tra il 1964 ed il 1970,<br />

l’unico discrimine che ha segnato questo<br />

simpatico abbecedario di meteore è<br />

che le sonor<strong>it</strong>à siano beat. Sono anni<br />

particolari per l’Italia, la televisione ancora<br />

non è in tutte le case, i r<strong>it</strong>mi delle canzoni<br />

sono melodici e convenzionali, sono gli<br />

stessi anni in cui stanno per esplodere<br />

fenomeni come i Beatles ed i Rolling<br />

Stones. Nella cattolica Italia il fenomeno<br />

non può esplodere così come nel Regno<br />

Un<strong>it</strong>o ed è così che in perfetto stile di<br />

casa nostra nasce la “Messa Beat” che<br />

fungerà da trampolino per molti gruppi<br />

emergenti. Gruppi come i Cavernicoli,<br />

m<strong>it</strong>ico complesso, elevato a culto grazie<br />

al loro unico 45 giri che li raffigura nudi<br />

con pelli di animali o come Toto & i Tati<br />

ovvero primo gruppo di Toto Cutugno.<br />

Un libro che può accompagnare gli<br />

appassionati del vinile nei propri acquisti<br />

da collezione nei mercatini delle c<strong>it</strong>tà o<br />

sulle aste di e-bay.<br />

Simone Rollo<br />

Polis. Dialogo di sociologia<br />

urbana<br />

Franco Ferrarotti/Massimiliano<br />

Fuksas<br />

Manni<br />

Cinquantasei pagine di dialogo e una<br />

trentina di immagini per parlare del<br />

rapporto tra l’uomo e lo spazio urbano,<br />

per discutere della c<strong>it</strong>tà e del ruolo che<br />

essa deve avere in questo secolo. I due<br />

protagonisti sono il sociologo Franco<br />

Ferrarotti e l’arch<strong>it</strong>etto Massimiliano<br />

Fuksas che intavolano un interessante<br />

scambio di opinioni che passa dal<br />

ruolo dell’arch<strong>it</strong>etto alla democrazia,<br />

dalla xenofobia agli incidenti scoppiati<br />

nelle periferie francesi. I due mettono<br />

a disposizione del lettore i loro punti di<br />

vista e i loro differenti approcci della<br />

società e ci consegnano un libro che è<br />

un ottimo spunto per lanciarsi in riflessioni<br />

più approfond<strong>it</strong>e. (pila)<br />

Echi Perduti<br />

Joe R. Lansdale<br />

Fanucci<br />

La fortuna che<br />

da alcuni anni a<br />

questa parte sta<br />

accompagnando<br />

in Italia le usc<strong>it</strong>e di<br />

Joe R. Lansdale è<br />

pari soltanto al calo<br />

qual<strong>it</strong>ativo registrato<br />

da molti estimatori<br />

dello scr<strong>it</strong>tore texano.<br />

Ad una produzione<br />

elefantiaca (tra<br />

romanzi, racconti,<br />

sceneggiature, il nostro può competere<br />

tranquillamente con Stephen King)<br />

non corrisponde in effetti un adeguato<br />

numero di capolavori, o almeno di opere<br />

apprezzabili in toto. Pure, Lansdale non è<br />

un bluff: La Notte del Drive-in (Einaudi),<br />

Fiamma Fredda (Il Giallo Mondadori)<br />

e la raccolta Maneggiare con cura<br />

(Fanucci) rappresentano le massime<br />

vette di un narratore di razza che da<br />

noi ha trovato in Niccolò Amman<strong>it</strong>i il suo<br />

testimonial più rilevante. Spiace tuttavia<br />

notare quanto i due scr<strong>it</strong>tori abbiano<br />

più o meno consapevolmente scelto di<br />

adagiarsi in tempi recenti su proposte<br />

“soft” dopo aver incontrato il favore del<br />

grande pubblico: storie che hanno come<br />

protagonisti bambini o adolescenti,<br />

freno a mano tirato all’approssimarsi di<br />

passaggi radicali, urticanti, figli di quella<br />

furia anarcoide che ab<strong>it</strong>ava i primi lavori<br />

dell’uno e dell’altro. Non fa eccezione<br />

Echi Perduti, romanzo giocato sul dono/<br />

maledizione soprannaturale di Henry,<br />

un ragazzo in grado di rivivere scene di<br />

violenza realmente accadute in passato.<br />

Lansdale gioca apertamente sul terreno<br />

del King de La Zona morta e perde<br />

puntualmente fiato quando tiene duro<br />

sul tema del fanciullo dalla v<strong>it</strong>a difficile a<br />

causa della sua divers<strong>it</strong>à. Interessante?<br />

Sì, se appartenete alla schiera di ziette<br />

che in libreria chiedono brividi ben<br />

cotti senza troppo sangue né s<strong>it</strong>uazioni<br />

sconvenienti ad ogni giro di pagina.<br />

Sensazioni edulcorate, mediamente forti,<br />

insomma, sulla scia di Io non ho paura<br />

dell’Amman<strong>it</strong>i nazionale. Un appello:<br />

torna, Niccolò, alle devastazioni di<br />

Fango. E torna anche tu, mio caro Joe,<br />

all’America spietata di malati di mente<br />

della porta accanto, agli adolescenti<br />

spudorati che vanno al cinema per un<br />

horror e una palpata alle tette della<br />

Zoccola Numero Uno della scuola. Per<br />

farla fin<strong>it</strong>a con il pol<strong>it</strong>icamente corretto.<br />

Per riportare il discorso sul nero e lasciare<br />

alle ziette la Mazzantini e Faletti.<br />

Nino G. D’Attis<br />

LE STORIE S<br />

INTERVISTA A CR<br />

Classe ’74, nato a Casola Valsenio, in<br />

provincia di Ravenna, Cristiano Cavina è<br />

stato barista, pizzaiolo e ch<strong>it</strong>arrista prima di<br />

entrare nella Scuola Holden di Alessandro<br />

Baricco, dove è stato compagno di<br />

banco di Pietro Grossi (fortunato autore<br />

di Pugni). Vinc<strong>it</strong>ore di diversi concorsi<br />

letterari, il suo racconto Il babbo Natale<br />

di Viale Neri arriva prima viene inser<strong>it</strong>o<br />

(siamo nel 2002) nell’antologia Il quarto re<br />

magio, ed<strong>it</strong>a dalla Marcos y Marcos. Con<br />

la stessa casa ed<strong>it</strong>rice ha poi pubblicato<br />

Alla grande e Nel paese di Tolintesàc.<br />

Il 2 novembre arriverà nelle librerie la<br />

sua ultima fatica Un’ultima stagione da<br />

esordienti, una galoppata lungo un anno<br />

di campionato giovanile, un ultimo anno<br />

da esordienti, tra monti e valli della<br />

Romagna. Dalla preparazione alla prima<br />

trasferta, dai mugugni dei professori<br />

alle vanterie da sciupafemmine negli<br />

spogliatoi, al glorioso crescendo del<br />

finale, con un “gol impossibile” che segna<br />

il destino di un’indimenticabile finalissima<br />

contro il temibile Castelguelfo.<br />

Cavina è una delle giovani voci <strong>it</strong>aliane<br />

che ha davvero qualcosa da dire, da<br />

raccontare, per usare un verbo che ama<br />

tanto. Non a caso poche settimane fa è<br />

stato protagonista di Scr<strong>it</strong>ture Giovani,


Coolibrì<br />

ONO LA MIA STORIA<br />

ISTIANO CAVINA<br />

un progetto ideato cinque anni fa dal<br />

Festivaletteratura di Mantova che punta<br />

a promuovere giovani scr<strong>it</strong>tori europei.<br />

Ogni anno ne vengono scelti cinque,<br />

dall’Italia, la Norvegia, la Spagna, la<br />

Germania e l’Inghilterra, chiamati a<br />

confrontarsi in forma di racconto breve<br />

con un tema, quest’anno Casablanca<br />

(lo scorso anno l’Altrove, per esempio).<br />

Il tuo ultimo libro Nel paese di Tolintesàc<br />

è la storia di una famiglia che hai defin<strong>it</strong>o<br />

“sgangherata”. Famiglia è sinonimo<br />

di origini, e delle origini fanno parte il<br />

dialetto, le storie popolari, la cultura<br />

popolare che ci portiamo dietro, dentro.<br />

Quanto sono importanti questi elementi<br />

nel tuo scr<strong>it</strong>to?<br />

Il romanzo è tutto un divagare sulla<br />

famiglia, sulla v<strong>it</strong>a e sulle storie dei<br />

personaggi che popolano il mio libro. E in<br />

parte (ma in modo più leggero) sulle storie<br />

dell’Italia. Secondo me bisogna scrivere<br />

delle cose che si conoscono e una delle<br />

cose che sai meglio è come vive la tua<br />

famiglia. Io ho pensato a questa storia<br />

il giorno in cui ho scoperto una cosa<br />

sulla mia famiglia di cui conoscevo già<br />

quasi tutto, pensavo: tranne chi era mio<br />

padre. Un giorno mia mamma e mio zio<br />

l<strong>it</strong>igarono durante una cena di famiglia. E<br />

mia mamma al colmo dell’esasperazione<br />

disse a mio zio di confessarmi di quando<br />

lei era incinta e i miei nonni, i miei zii e<br />

gli altri parenti le offrirono 80.000 lire per<br />

abortire. Ed io ho pensato a questa cosa:<br />

è strano che una famiglia offra dei soldi<br />

per abortire me prima che nascessi.<br />

Dopo sono state le persone più amorevoli<br />

di questo mondo. Io sono cresciuto con<br />

i miei nonni. Pensando a questa grande<br />

ferocia sub<strong>it</strong>o e a questo grande amore<br />

poi, mi è venuta in mente questa storia:<br />

una famiglia sgangherata che sa essere<br />

tenera e spietata allo stesso tempo.<br />

Come le terre in cui viviamo, che sono<br />

bellissime e difficilissime e per me questo<br />

vale molto, perchè poi io scrivo, cerco di<br />

scrivere una m<strong>it</strong>ologia del quotidiano. E<br />

tutto parte proprio da lì.<br />

Ci racconti l’aneddoto felliniano che ha<br />

dato il <strong>t<strong>it</strong>olo</strong> al romanzo?<br />

Mentre scrivevo questo libro, che non<br />

aveva ancora <strong>t<strong>it</strong>olo</strong>, iniziai a fare uno<br />

spettacolo su Fellini con degli amici<br />

musicisti, un gruppo che si chiama “Trio<br />

eccentrico” composto da flauto, fagotto<br />

e clarinetto. Avevano riarrangiato tutti<br />

i brani delle colonne sonore di Rota per<br />

Fellini e mi avevano chiesto per una<br />

serata in un circolo a Faenza di leggere<br />

tra un pezzo e l’altro qualcosa su Fellini.<br />

Io ho tirato giù delle interviste che aveva<br />

fatto... poi ci è scappata la cosa di mano<br />

e alla fine ci siamo r<strong>it</strong>rovati in tutta Italia a<br />

fare questo spettacolo, questo omaggio<br />

al grande regista. In particolare c’era un<br />

brano in cui Fellini raccontava di quando<br />

era alle superiori e odiava andare a scuola<br />

(il liceo classico a Rimini ai tempi della<br />

guerra in Abissinia negli anni ’30). Scoprì<br />

che il preside aveva paura dei fascisti<br />

locali e utilizzo questa debolezza per non<br />

studiare. Una volta si presentò al preside<br />

dicendo: “Dobbiamo assolutamente<br />

fermare le lezioni per festeggiare le nostre<br />

truppe che hanno conquistato la rocca<br />

di Vaffancul nel paese di Tolintesàc!”<br />

e il preside gli diede la bandiera. Fellini<br />

raccontava che festeggiò tutto il<br />

giorno liberando tutti gli altri studenti<br />

delle scuole per omaggiare la presa<br />

di Vaffancul nel paese di Tolintesàc.<br />

Io praticamente stavo scrivendo di<br />

questo paese. Tolintesàc in romagnolo<br />

è un modo per mandare a quel paese,<br />

però dopo che ti sono andate tutte<br />

male. La storia che raccontavo era un...<br />

Tolintesàc: una famiglia a cui ne vanno<br />

male dieci e una volta che gliene va<br />

bene una, si permettono di fare il gesto…<br />

dell’ombrello. E quello è rimasto il <strong>t<strong>it</strong>olo</strong>.<br />

Hai detto di essere un musicista… mancato!<br />

Cosa pensi della contaminazione tra<br />

27<br />

letteratura e musica? Penso a scr<strong>it</strong>tori<br />

che collaborano con musicisti, Enrico<br />

Brizzi, Lello Voce... oppure musicisti che<br />

scrivono libri, Ligabue, Jovanotti, Guccini,<br />

Vecchioni...<br />

Non so. Ognuno fa quello che si sente<br />

e quello che uno si sente va bene. Molti<br />

possono permettersi di scrivere dei libri<br />

solo perchè sono dei musicisti. Perchè se<br />

quei libri li avessi scr<strong>it</strong>ti io e li avessi mandati<br />

per manoscr<strong>it</strong>to ad un ed<strong>it</strong>ore, non<br />

sarebbero stati pubblicati sicuramente.<br />

Sembra una cattiveria ma credo che sia<br />

così, soprattutto se penso alla trafila che<br />

hanno fatto gli scr<strong>it</strong>tori normali: mandare i<br />

manoscr<strong>it</strong>ti e aspettare che ti rispondano<br />

dopo che li han letti…<br />

A propos<strong>it</strong>o di musica e letteratura, mi<br />

viene in mente Boriv Vian, trombettista<br />

jazz, scr<strong>it</strong>tore, ingegnere, pubblicato<br />

tra l’altro anche dalla tua stessa casa<br />

ed<strong>it</strong>rice, la Marcos y Marcos. In una delle<br />

sue poesie scrive: “Sono un poeta e vi<br />

cago sul naso”, che suona un po’ come<br />

Tolintesàc. Tu sei uno scr<strong>it</strong>tore e...<br />

E non cago sul naso a nessuno. Lui è Boris<br />

Vian, ha scr<strong>it</strong>to delle canzoni bellissime,<br />

storiche. Di Boris Vian ne nasce uno<br />

ogni pacco di anni, quindi non è il caso<br />

di andarlo a scomodare. Poi io non ho<br />

mai scr<strong>it</strong>to poesie, ripeto, non sono in<br />

grado, penso di non avere la sensibil<strong>it</strong>à<br />

adatta a scrivere poesie. Non sono<br />

neanche scr<strong>it</strong>tore, penso di essere più<br />

un narratore, un racconta-storie. E non<br />

cago sul naso a nessuno. Poi, con tutto<br />

il rispetto, Tolintesàc suona meglio di “ti<br />

cago sul naso”! Bisognerebbe controllare<br />

la versione originale, in francese magari<br />

suona meglio. No, guarda che poi non è<br />

una sfida. Non è che quando scrivo voglio<br />

dimostrare qualcosa agli altri scr<strong>it</strong>tori o ai<br />

lettori. Io scrivo perchè è un mio tic. Mi<br />

scappa di scrivere, mi piace e cerco di<br />

farlo bene. L’unica cosa, forse, è che lo<br />

faccio con una grande rabbia. Ma non<br />

devo dimostrare niente a chi legge o al<br />

mondo che ho intorno. Poi penso di non<br />

dover insegnare niente a nessuno. Non<br />

scrivo per tesi, non ho una mia visione<br />

del mondo che devo fare vedere altri. Io<br />

riporto delle storie per farle sopravvivere.<br />

Marta Mazza


Gli Ed<strong>it</strong>ori Riun<strong>it</strong>i sono una delle case<br />

ed<strong>it</strong>rici più longeve d’Italia: nascono nel<br />

1953 dalla fusione di due case ed<strong>it</strong>rici<br />

vicine al Part<strong>it</strong>o comunista <strong>it</strong>aliano (le<br />

Edizioni Rinasc<strong>it</strong>a e le Edizioni di Cultura<br />

Sociale, dirette da Roberto Bonchio,<br />

che resterà alla guida della nuova casa<br />

ed<strong>it</strong>rice per molti decenni). Nel corso<br />

di questi cinquanta anni è cresciuta e<br />

si è articolata in diverse collane. Dalla<br />

primavera del 2000 ha aperto anche<br />

una sezione dedicata alla musica. Ne<br />

abbiamo parlato con il direttore ed<strong>it</strong>oriale<br />

della collana rock Ezio Gua<strong>it</strong>amacchi.<br />

La collana ha varie sezioni o sottocollane,<br />

ce le illustri?<br />

Partiamo dalla considerazione di<br />

partenza. Trattando prevalentemente<br />

artisti o gruppi anglo/americani non ce la<br />

siamo sent<strong>it</strong>a di dar v<strong>it</strong>a a vere e proprie<br />

biografie (che avrebbero necess<strong>it</strong>ato<br />

della conoscenza diretta dei personaggi<br />

e del contesto in cui la loro musica si è<br />

sviluppata). Abbiamo pensato che tutti<br />

noi avevamo conosciuto nel dettaglio<br />

questi artisti attraverso le loro opere e<br />

cioè i loro dischi. E così il disco rimane il<br />

“focus” di tutte le nostre produzioni:<br />

Pensieri & parole è una collana che<br />

analizza le opere di artisti internazionali<br />

con particolare attenzione ai testi<br />

nonché alle storie che si celano dietro<br />

ogni canzone. Ogni volume affronta (in<br />

ordine cronologico) tutta la discografia<br />

di un <strong>artista</strong> e la studia album per album,<br />

canzone per canzone. Un po’ sullo<br />

stile delle antologie scolastiche che<br />

analizzano le opere letterarie.<br />

Momenti rock è una collana che ripercorre<br />

in ordine cronologico la carriera di un<br />

<strong>artista</strong>. Per questa collana ho coniato il<br />

neologismo di bio-discografia perché,<br />

nuovamente, è il disco l’elemento<br />

centrale dell’analisi.<br />

Legends è una sorta di enciclopedia<br />

per singole voci che vuole presentare<br />

in modo completo ma agile le opere<br />

dei più importanti musicisti del 900.<br />

Dal jazz al rock, dalla world music alla<br />

musica <strong>it</strong>aliana, dal blues al folk le<br />

grandi leggende della Musica rivivono<br />

in volumetti essenziali che ne presentano<br />

v<strong>it</strong>a, opere e miracoli (artistici).<br />

Juke-box del millennio è una collana<br />

che presenta i 100 dischi ideali per<br />

capire vari generi musicali: rock, blues,<br />

jazz, canzone <strong>it</strong>aliana, reggae, punk,<br />

hard & heavy, world music, classica. Un<br />

lavoro enciclopedico e completissimo:<br />

ogni scheda racconta il “making of” di<br />

100 album epocali e consiglia (a pie di<br />

pagina) altri 3 album nella “medesima<br />

vena artistica”.<br />

Ci racconti in particolare la struttura di<br />

Legends?<br />

È un lavoro difficile e complesso che ha<br />

l’obiettivo ambizioso di colmare una<br />

lacuna nell’ed<strong>it</strong>oria musicale <strong>it</strong>aliana.<br />

Sono 10 volumi (ciascuno avente come<br />

riferimento un <strong>t<strong>it</strong>olo</strong> di una canzone<br />

relativa al genere musicale o al momento<br />

trattato) che raccontano 50 anni di<br />

Rock, dalle origini a oggi. Il tentativo è di<br />

raccontare il rock attraverso i momenti<br />

che hanno segnato i cambiamenti<br />

principali di questo genere musicale<br />

senza dimenticare il contesto socio/<br />

culturale nel quale essi si svolgevano.<br />

Coolibrì<br />

L’UNIONE FECE LA FORZA<br />

LA NUOVA MUSICA DEGLI EDITORI RIUNITI<br />

La sezione pensieri e parole è dedicata<br />

all’analisi dei testi delle canzoni. Alcuni<br />

gruppi e artisti famosi sono analizzati<br />

come fossero poeti.<br />

Da dove viene questa idea?<br />

Da sempre, gli appassionati (specie<br />

quelli che masticano poco l’inglese)<br />

sono interessati ai messaggi che i loro<br />

artisti prefer<strong>it</strong>i lanciano attraverso le<br />

loro canzoni. Questa curios<strong>it</strong>à non è<br />

stata placata dai testi riportati sui cd<br />

o nei vari s<strong>it</strong>i internet. Questa collana<br />

approfondisce molto il significato delle<br />

canzoni e ne racconta anche storie,<br />

aneddoti e curios<strong>it</strong>à legate alla nasc<strong>it</strong>a.<br />

Molte le cose attualmente in catalogo,<br />

quali sorprese avete in serbo per questo<br />

inverno?<br />

A Natale esce un Almanacco del Rock<br />

– minuto per minuto, dal 1954 a oggi. Un<br />

volume bellissimo, illustrato, curato da<br />

Enzo Gentile. Poi, sempre per il periodo<br />

natalizio, usciranno un libro su George<br />

Harrison (Pensieri & Parole) a 5 anni dalla<br />

morte del Beatle quieto, uno sui redivivi<br />

Duran Duran e uno (bellissimo, con<br />

tanto di part<strong>it</strong>ure e trucchi tecnici) sul<br />

leggendario Jimi Hendrix.<br />

Un parere sullo stato di salute dell’ed<strong>it</strong>oria<br />

<strong>it</strong>aliana, è vero che non si legge più?<br />

Domanda troppo complessa a cui non<br />

sono in grado di rispondere su due piedi.<br />

Posso solo dire che (per ciò che riguarda<br />

la musica) noi facciamo un’ed<strong>it</strong>oria di<br />

nicchia, una sorta di “manualistica” per<br />

un pubblico di appassionati. E per questo<br />

tipo di hobby e passioni che rendono la<br />

v<strong>it</strong>a più piacevole a chi le pratica, ci sarà<br />

sempre un mercato di riferimento. (O.P.)


Be Cool il cinema secondo coolcub<br />

La stella che non c’è<br />

Gianni Amelio<br />

01 Distribution<br />

****<br />

Liberamente ispirato al romanzo La<br />

dismissione di Ermanno Rea, La stella<br />

che non c’è è il nuovo controverso<br />

lavoro di Gianni Amelio che sebbene<br />

lontano dagli standard ab<strong>it</strong>uali riesce a<br />

confezionare un film intenso e delicato<br />

che analizza temi a lui cari come il viaggio<br />

e l’incomunicabil<strong>it</strong>à. Semplice l’intreccio<br />

in cui una delegazione cinese arriva in<br />

Italia per rilevare un impianto metallurgico<br />

in disuso. Vincenzo Buonavolontà, un<br />

manutentore a conoscenza di un guasto<br />

che potrebbe rivelarsi importante, vuole<br />

secondo coscienza scoprirne l’origine.<br />

Purtroppo riesce nel suo intento solo<br />

quando gli imprend<strong>it</strong>ori hanno lasciato il<br />

paese con l’altoforno incriminato. Inizia<br />

così un lungo viaggio che lo porterà a<br />

scoprire una Cina nuova, fortemente<br />

diversa da come se l’era immaginata.<br />

E cap<strong>it</strong>a così che la stella del <strong>t<strong>it</strong>olo</strong><br />

assuma più significati e manchi un po’<br />

dappertutto, nella v<strong>it</strong>a del protagonista<br />

alla ricerca di qualcosa di impalpabile<br />

così come nell’immagine di un grande<br />

paese tanto impetuoso economicamente<br />

quanto fragile ed iniquo socialmente.<br />

Il film si muove su due binari diversi e<br />

contrapposti. Il primo riguarda un’ovvia<br />

analisi sociologica che mette in risalto le<br />

contraddizioni umane ed economiche di<br />

una Cina non democratica e cresciuta<br />

troppo in fretta, mentre il secondo è<br />

quello minimale che segue le vicende di<br />

un protagonista (un sempre bravo Sergio<br />

Castell<strong>it</strong>to) immerso in una realtà con cui<br />

non è possibile non scontrarsi a muso duro.<br />

A fianco di Vincenzo c’è Liu Hua, giovane<br />

ragazza poco più che ventenne che lo<br />

accompagna come interprete, ma che<br />

ben presto diventerà la chiave universale<br />

per comprendere non solo la lingua, ma<br />

anche e soprattutto quei dettagli che<br />

spesso sfuggono e che fanno di ogni<br />

cammino sconosciuto una conquista<br />

interiore. Detto questo il film ha qualche<br />

difetto strutturale che ne impedisce la<br />

completa e perfetta riusc<strong>it</strong>a mancando<br />

di quel legante che tiene un<strong>it</strong>e e che<br />

giustifica delle motivazioni così profonde<br />

e complesse, ma che tutto sommato<br />

mantiene inalterato il senso generale di un<br />

lavoro che appare ugualmente godibile.<br />

Amelio conferma quindi la sua straordinaria<br />

capac<strong>it</strong>à di raccontare attraverso l’uso<br />

di tempi dilu<strong>it</strong>i che sono parte della sua<br />

cifra e che danno alla narrazione un r<strong>it</strong>mo<br />

particolare che proprio per questo è una<br />

macchina delicata dove ogni ingranaggio<br />

deve essere al suo posto. La stella diventa<br />

così una rapida cometa, che abbaglia<br />

rapidamente per poi trascinare lenta la sua<br />

coda. Potrà morire in fretta ma chi è che<br />

non alzerebbe gli occhi per guardarla?<br />

C. Michele Pierri


30 Be Cool<br />

IL NUOVO MONDO<br />

DI EMANUELE CRIALESE<br />

Dopo il successo di Respiro<br />

che ne ha lanciato la carriera<br />

a livello internazionale, il<br />

quarantenne Emanuele<br />

Crialese mantiene le promesse<br />

e si segnala defin<strong>it</strong>ivamente<br />

come una delle realtà<br />

più importanti del cinema<br />

europeo conquistando a<br />

Venezia il Leone d’argento<br />

con Nuovomondo. Il film è il<br />

racconto di un viaggio che agli<br />

inizi del ‘900 porta la famiglia<br />

siciliana dei Mancuso in<br />

America nella speranza di una v<strong>it</strong>a migliore.<br />

Ma il sogno avrà v<strong>it</strong>a breve perché il tanto<br />

agognato viaggio si rivela ben presto<br />

diverso da come lo avevano immaginato.<br />

Fra onde e disperazione il lavoro di<br />

Crialese rappresenta il documento finora<br />

più “fedele” di quella peregrinazione che<br />

ha visto nel corso del ventesimo secolo<br />

protagonisti milioni di <strong>it</strong>aliani sparsi ora<br />

nel mondo. Ad accogliergli si la Statua<br />

della libertà, ma prima ancora Ellis Island,<br />

detta “l’isola delle lacrime”, dove gli<br />

emigranti venivano tenuti in una umiliante<br />

quarantena fino ad appurarne l’idone<strong>it</strong>à a<br />

convivere col popolo americano. Il regista<br />

dipinge un quadro reale e commovente<br />

di una storia come tante che nel suo finale<br />

allegorico trova una degna conclusione<br />

che rappresenta finemente il sogno di chi<br />

abbandonava la propria patria per un<br />

futuro misterioso. Nel cast Vincenzo Amato<br />

(nei panni del capofamiglia Salvatore),<br />

sempre presente finora nei film di Crialese<br />

e Charlotte Gainsbourg.<br />

Partiamo da una considerazione che<br />

riguarda la sua esperienza personale.<br />

Prima di parlare di emigranti lo è stato lei<br />

a sua volta, dopo essere part<strong>it</strong>o proprio<br />

negli Stati Un<strong>it</strong>i per studiare cinema. Come<br />

ha vissuto il r<strong>it</strong>orno in patria e perché dopo<br />

aver esord<strong>it</strong>o pos<strong>it</strong>ivamente negli Usa<br />

con Once we were strangers (primo film<br />

<strong>it</strong>aliano ad essere selezionato al Sundance<br />

Festival) ha sent<strong>it</strong>o il bisogno di r<strong>it</strong>ornare?<br />

Ho sempre nutr<strong>it</strong>o una grande passione<br />

per il cinema e dopo essermi fatto una<br />

cultura teorica vedendo tanti film ho<br />

deciso di averne anche una tecnica.<br />

Ho provato ad entrare nella Scuola<br />

Nazionale di Cinema di Roma ma sono<br />

stato scartato. A 26 anni sentivo il bisogno<br />

di confrontarmi con il mezzo tecnico e la<br />

scuola che ho frequentato a New York<br />

me ne dava la possibil<strong>it</strong>à. È stata una<br />

esperienza eccezionale che mi ha dato<br />

l’occasione di confrontarmi con altre<br />

culture. Fatto questo ho deciso di tornare<br />

in Italia perché sentivo di avere col mio<br />

Paese un conto mai chiuso e<br />

poi di tornare negli Stati Un<strong>it</strong>i<br />

c’è sempre tempo.<br />

Da Respiro a Nuovomondo il<br />

salto è triplo. Me ne racconti la<br />

genesi?<br />

In realtà Nuovomondo è<br />

un’idea nata e scr<strong>it</strong>ta prima di<br />

Respiro. Il film è nato da una<br />

vis<strong>it</strong>a al museo di Ellis Island.<br />

Gli sguardi degli immigrati<br />

puntavano stran<strong>it</strong>i l’obiettivo<br />

e mi hanno influenzato. Dopo<br />

la mia esperienza americana,<br />

tornato in Italia ho scr<strong>it</strong>to Nuovomondo.<br />

Ma i produttori non erano d’accordo,<br />

consideravano l’idea troppo dispendiosa<br />

per un quasi esordiente e mi dissero<br />

chiaramente di cambiare registro. Scrissi<br />

Respiro e accantonai il progetto. Almeno<br />

momentaneamente.<br />

In Nuovomondo così come in Respiro si<br />

coglie il contrasto tra una parte onirica ed<br />

audace e l’elemento reale, forse anche<br />

realista con un ampio uso del dialetto.<br />

Come mai questa scelta apparentemente<br />

contrastante che è parte della tua cifra?<br />

La risposta è più semplice di quel che<br />

appare. In realtà quando scrivo un film<br />

questo è l’ultimo dei miei pensieri, penso<br />

a raccontare una storia nella maniera che<br />

mi sembra più adatta. Chiaramente è<br />

inutile negare che in parte è il mio stile, in<br />

parte dopo il successo di Respiro, che pure<br />

aveva questa componente, ho recep<strong>it</strong>o<br />

che il pubblico apprezzava quel modo di<br />

raccontare che quindi risultava vincente.<br />

Il film tutto sommato sembra essere<br />

diverso da altre pellicole che prima di<br />

questa hanno tentato di raccontare un<br />

passato tanto commovente. Qual è stata<br />

la tua scelta stilistica e quanto è stato<br />

difficile trovarne una che potesse essere<br />

“originale”?<br />

Ho avuto dei riferimenti come America<br />

America di Elia Kazan ma poi me ne sono<br />

staccato. Più che pensare a quello che mi<br />

piaceva sapevo bene quello che non mi<br />

piaceva. Faccio un esempio. Dopo aver<br />

visto T<strong>it</strong>anic, con quelle inquadrature che<br />

da fuori dipingevano il naufragio, io sapevo<br />

di non voler dare quella visione del mare,<br />

ma piuttosto una visione che rendesse<br />

quello che provavano i protagonisti. Essi<br />

infatti vedono il mare dall’interno, come<br />

un turbinio che li avvolge e che li tiene in<br />

balia. È bastato solo cambiare occhio per<br />

cambiare completamente prospettiva. Il<br />

resto l’ha fatto la storia.<br />

Il tuo film sembra anche contenere, non<br />

so se volontariamente, un interrogativo<br />

pol<strong>it</strong>ico e sociale. Credi che gli <strong>it</strong>aliani<br />

LA MUSICA DEL MONDO<br />

NUOVO ARRIVA DAL SALENTO<br />

La colonna sonora del Nuovomondo<br />

di Emanuele Crialese parla salentino.<br />

L’autore è infatti Antonio Castrignanò,<br />

tamburellista e cantante di tradizione<br />

protagonista di numerose edizioni della<br />

Notte della Taranta. Il cd Nuovomondo<br />

Soundtrack contiene 13 tracce, due<br />

celebri canzoni della grande Nina<br />

Simone e brani, aree, frammenti e<br />

cantate, composte da Castrignanò, brani<br />

originali e alcuni tradizionali riarrangiati.<br />

Tra i t<strong>it</strong>oli: Corri, Trainieri, Beddha, una<br />

particolarissima Kali nifta che segna una<br />

delle scene cruciali del film, ma anche<br />

una pizzica originale e strumentale Respiri<br />

di pizzica, e ancora Luce, Manamu,<br />

Vienna, Membrane. “Arrangiamenti molto<br />

abbiano dimenticato cosa vuol dire essere<br />

emigranti?<br />

C’è un dato di fatto, inconfutabile,<br />

cioè che gli <strong>it</strong>aliani siano il popolo che<br />

maggiormente è emigrato nella storia<br />

dell’uman<strong>it</strong>à, nell’ordine dei venti milioni<br />

di persone. Attraverso il lavoro abbiamo<br />

trasmesso un messaggio che è quello<br />

della ricerca di una v<strong>it</strong>a migliore. A<br />

questo punto non so dire davvero se lo<br />

abbiano dimenticato, ma sono certo<br />

che dobbiamo riflettere su quello che ci<br />

è accaduto, per capire come accogliere<br />

chi arriva oggi sulle nostre sponde.<br />

Una curios<strong>it</strong>à locale. La colonna sonora è<br />

firmata dal salentino Antonio Castrignanò<br />

(vedi in alto). Come sei arrivato a questa<br />

scelta e come sei venuto in contatto con<br />

lui e con il Salento?<br />

Chiaramente prima di decidere quali


Be Cool 31<br />

radicali - ha spiegato il tamburellista<br />

- che riconducono ad un’epoca<br />

che non esiste, con una matrice<br />

marcatamente salentina che, penso, sia<br />

una forte conquista della nostra musica,<br />

un’operazione rilevante perché inser<strong>it</strong>a<br />

in un contesto importante, al di fuori di<br />

alcuni stereotipi. Il mio comp<strong>it</strong>o è stato<br />

ed è, da musicista, quello di evidenziare<br />

il vero senso della tradizione musicale,<br />

che racconta quello che erano gli altri,<br />

la loro v<strong>it</strong>a”. Arie e canti per un lavoro<br />

apprezzato da sub<strong>it</strong>o dalla produzione<br />

del film e, soprattutto, dal regista, che ha<br />

scelto così di raccontare le sue vicende<br />

di meridione ed emigrazione, di viaggio,<br />

nostalgia e speranze e di narrarle con<br />

un’anima sonora salentina.<br />

(da.qua.)<br />

musiche utilizzare mi sono informato su<br />

quali fossero quelle meno inflazionate e<br />

più adatte al mio lavoro. Mi fu detto da<br />

esperti che le musiche della tradizione<br />

popolare siciliana e salentina facevano<br />

al caso mio. Arrivato nel Salento ho avuto<br />

modo di incontrare<br />

un etnomusicologo,<br />

Luigi Chiriatti, che mi<br />

ha inv<strong>it</strong>ato a pranzo.<br />

È lì che ho conosciuto<br />

Antonio che mi ha<br />

sub<strong>it</strong>o contagiato con<br />

la sua passione. Dopo,<br />

nonostante le sue<br />

riluttanze, sono riusc<strong>it</strong>o<br />

anche a convincerlo<br />

ad essere nel film nel<br />

ruolo di comparsa.<br />

C. Michele Pierri<br />

Il profumo<br />

Tom Tykwer<br />

Medusa<br />

Le riduzioni e gli adattamenti di romanzi<br />

per il cinema sono sempre materia<br />

rischiosa per tutti i registi. Quando poi<br />

il libro in esame è un best seller del<br />

calibro del Profumo di Patrick Suskind e<br />

un romanzo che in molti hanno amato<br />

l’impresa è ancor più rischiosa. Pur se nella<br />

definizione e nello svolgimento il Profumo<br />

è un thriller, a ben scavare si scopre che è<br />

molto di più. Il libro è pervaso di simbolismi<br />

che rimandano continuamente ad altro,<br />

un altro, percepibile sottilmente, come<br />

un odore appunto. Il protagonista stesso<br />

Grenouille è metafora di uno stato, di<br />

una non esistenza che nel libro è resa dal<br />

fatto che egli non ha un suo odore, ma<br />

che in generale rappresenta gli invisibili,<br />

i perdenti. Contrappasso a questa<br />

condizione è il dono che Grenouille ha,<br />

quello di poter percepire e classificare<br />

qualsiasi odore lo circondi. Questo naso<br />

assoluto è la possibil<strong>it</strong>à di riscatto che la<br />

natura ha offerto a lui. Un personaggio<br />

complesso quello di Grenouille che<br />

lascia la morte alle spalle ovunque si<br />

trovi a passare (prima frutto della fatal<strong>it</strong>à<br />

poi delle sue mani) che compensa la<br />

mancanza di un amore che non ha mai<br />

avuto uccidendo l’amore e rubandone<br />

l’essenza. Essenza che diventa, dopo<br />

una serie di omicidi profumo capace di<br />

conquistare il mondo. Questo in sintesi. La<br />

trasposizione cinematografica è potente,<br />

crudele, molto aderente e suggestiva.<br />

È con la suggestione, l’allusione che il<br />

film risolve la mancanza dei particolari,<br />

il gioco di primissimi piani, il rimando<br />

istantaneo alla percezione dell’odore.<br />

Associare a una storia ambientata nel<br />

1700 una tecnica moderna (il regista è lo<br />

stesso del famoso Lola Corre) è una mossa<br />

vincente e il film coinvolge ed entusiasma.<br />

Uno splendido Dustin Hoffman nel ruolo<br />

del profumiere Baldini è la ciliegina sulla<br />

torta. Un tripudio orgiastico magistrale<br />

negli ultimi minuti e un finale che chi ha<br />

letto il libro aspetta e chi non ha letto...<br />

scoprirà.<br />

Osvaldo<br />

The black Dahlia<br />

Brian De Palma<br />

Tratto dall’omonimo bestseller di<br />

James Ellroy, The Black Dahlia è<br />

il racconto della morte di una ex<br />

prost<strong>it</strong>uta ora aspirante attrice,<br />

altrimenti nota come Dalia Nera. Il film,<br />

ambientato nella Los Angeles degli<br />

anni ’40, riprende le atmosfere cupe<br />

e misteriose di L.A. Confidential e regala<br />

al pubblico un intenso noir interpretato da<br />

nomi del calibro di Josh Hartnett, Scarlett<br />

Johansson, Hilary Swank, Aaron Eckhart. Un<br />

cast d’eccezione per un film che si segnala<br />

come una delle migliori opere del regista<br />

<strong>it</strong>aloamericano. Da non perdere.<br />

L’Orchestra di Piazza V<strong>it</strong>torio<br />

Agostino Ferrente<br />

Questo intrigante documentario musicale<br />

racconta la genesi dell’Orchestra di Piazza<br />

V<strong>it</strong>torio, nata da un’iniziativa di Mario<br />

Tronco, tastierista degli Avion Travel e del<br />

regista Agostino Ferrente. L’orchestra ha<br />

la particolar<strong>it</strong>à di raggruppare elementi<br />

di svariate etnie che popolano il quartiere<br />

Esquilino, il più multietnico di Roma. Tutto<br />

qui il senso del progetto che vuole dare<br />

dimostrazione di come sia possibile una reale<br />

integrazione tesa a rendere le nostre c<strong>it</strong>tà<br />

un luogo di confronto e scambio culturale.<br />

Anche nella quotidiana v<strong>it</strong>a di quartiere.<br />

Snakes on a plane<br />

David R. Ellis<br />

Arriva anche in Italia il film campione di<br />

incassi studiato e sviluppato per la prima<br />

volta nella Rete. La sceneggiatura è stata<br />

infatti scr<strong>it</strong>ta in collaborazione con il popolo<br />

di internet che ha di volta in volta proposto<br />

e dato istruzioni sull’intreccio e i colpi di<br />

scena. Su di un volo che sorvola l’Oceano<br />

Pacifico, un agente dell’F.B.I. sta scortando<br />

uno scomodo testimone oculare di un<br />

omicidio. Durante il trag<strong>it</strong>to però, qualcuno<br />

con l’intento di uccidere il testimone, libera<br />

dei serpenti velenosi. Flynn oltre a finire il suo<br />

lavoro dovrà salvare la v<strong>it</strong>a dell’equipaggio.<br />

Nel cast il divo cult di Pulp Fiction, Samuel L.<br />

Jackson.<br />

Baciami piccina<br />

Roberto Cimpanelli<br />

Nato da un’idea di Sergio C<strong>it</strong>ti e sceneggiato<br />

da Furio Scarpelli, Baciami Piccina è la<br />

seconda prova dietro la macchina da<br />

presa per Roberto Cimpanelli, che racconta<br />

l’Italia fascista attraverso le vicende di un<br />

brigadiere e di un truffatore (nell’ordine<br />

Neri Marcorè e Vincenzo Salemme) le cui<br />

v<strong>it</strong>e si incontrano e scontrano nel settembre<br />

del ’43 nel giorno dell’armistizio. Ma un<br />

momento così importante e decisivo nella<br />

storia del paese non potrà che scombinare<br />

i piani di chi li aveva programmati. Ne esce<br />

fuori una commedia agrodolce che ricorda<br />

i film di una volta e che tenta di mettere<br />

ordine sul come eravamo.<br />

The Queen<br />

Stephen Frears<br />

Successo di pubblico e cr<strong>it</strong>ica per questo film<br />

presentato in concorso all’ultimo Festival di<br />

Venezia. La storia è quella della crisi interna<br />

scatenata nel Regno Un<strong>it</strong>o dalla morte di<br />

un personaggio amatissimo come Lady<br />

Diana. La famiglia e la Regina Elisabetta II<br />

in testa si trova così a dover fronteggiare<br />

un pericoloso malcontento che rischia<br />

di degenerare e portare la monarchia al<br />

collasso. Ad affiancarla il leader laburista<br />

Tony Blair e tutti i personaggi più significativi<br />

del momento. Protagonista femminile Helen<br />

Mirren, premiata sul Lido con la Coppa Volpi<br />

come migliore attrice.


I M M A G I N A L A M U S I C A<br />

Blood sugar sexi<br />

magik - Red hot<br />

chili peppers - 1991<br />

Blue lines - Massive<br />

Attack- 1991<br />

La storia della musica internazionale è<br />

disseminata di episodi di censura. E non<br />

parliamo solo di quella ai danni di testi<br />

o di atteggiamenti sul palco (pensiamo<br />

alle recenti polemiche della chiesa nei<br />

confronti della crocifissione sul palco<br />

di Madonna) ma quella ai danni delle<br />

copertine. Insomma quando si offende<br />

il comune senso del pudore – in questo<br />

caso visivo – qualcuno interviene. E non è<br />

un problema dei regimi total<strong>it</strong>ari (anche<br />

Stalin e H<strong>it</strong>ler modificavano le foto a<br />

CoolClub.<strong>it</strong><br />

Defin<strong>it</strong>ely Maybe<br />

C O P E R T I N E D A C E N S U R A<br />

OCCHIO AL DETTAGLIO: NELLA VERSIONE CENSURATA I MAMA'S E PAPA'S NON POSSONO FARE LA PIPI'<br />

Nevermind -<br />

Nirvana - 1991<br />

- Oasis - 1994<br />

Dookie -<br />

Greenday - 1994<br />

scopo propagandistico) o<br />

dell’<strong>it</strong>alietta degli anni ’50 e<br />

’60 nella quale le ballerine<br />

in televisione non potevano<br />

mostrare le cosce oppure<br />

i giornalisti pol<strong>it</strong>ici non<br />

potevano fare riferimento ai<br />

“membri” del parlamento ma<br />

della società statun<strong>it</strong>ense -<br />

più avanzata e democratica<br />

del mondo - che si è resa<br />

colpevole di episodi tanto<br />

divertenti quanto<br />

sconcertanti.<br />

V<strong>it</strong>time di una congiura (veramente<br />

esilarante) sono stati ad esempio i<br />

Mama’s e papas con il loro album<br />

if you can believe your eyes<br />

and ears. Sulla copertina della<br />

prima edizione, usc<strong>it</strong>a nel 1966, il<br />

quartetto è immortalato dentro<br />

una vasca da bagno con un cesso<br />

accanto (come in ogni bagno<br />

che si rispetti). Il water venne<br />

r<strong>it</strong>enuto altamente offensivo e<br />

nella seconda edizione venne<br />

SIAMO LA COPPIA PIU' BELLA DEL MONDO<br />

Crooked rain -<br />

Pavement - 1994<br />

Post -Bjork - 1995<br />

coperto con delle scr<strong>it</strong>te.<br />

Non curanti del risultato i<br />

censuratori nella versione<br />

successiva rimossero anche<br />

la povera vasca, stringendo<br />

con un primo piano sul<br />

gruppo.<br />

Dai water alle nud<strong>it</strong>à.<br />

Nel più recente For<br />

<strong>the</strong> Beauty of Wynona<br />

pubblicato dal musicista<br />

e produttore Daniel Lanois<br />

nel 1993 la scr<strong>it</strong>ta American<br />

ed<strong>it</strong>ion copre i seni di una<br />

ragazza nell’artwork realizzato da Jeri<br />

Heiden. Ma gli americani dimostrano<br />

anche di non gradire il seno maschile così<br />

John Mellencamp nel suo Dance Naked<br />

si vede coprire un petto (neanche villoso)<br />

con una vistosa X rossa su sfondo nero.<br />

Ancora più controversa è la storia<br />

della copertina di Electric Ladyland<br />

considerato da molti il capolavoro del<br />

grande Jimi Hendrix. La prima versione<br />

osp<strong>it</strong>a in copertina una foto di donne<br />

nude realizzata da Linda Eastman (che<br />

34<br />

C


oolClub.<strong>it</strong><br />

The idealcrash<br />

Fragile - Nine inch<br />

nails - 1999<br />

diverrà la compagna di Paul McCartney).<br />

La censura si abbatte come una mannaia<br />

e muta la copertina da una affascinante<br />

coacervo di morbide nud<strong>it</strong>à ad una più<br />

posata foto con l’eccentrico ch<strong>it</strong>arrista<br />

e i suoi musicisti. Anni dopo lo scabroso<br />

scatto verrà riabil<strong>it</strong>ato.<br />

Nel 1991 il secondo album del gruppo<br />

Tin Machine composto da David Bowie,<br />

dall’ex Ultravox Reeves Gabrels e dai<br />

fratelli Sales è al centro di una curiosa<br />

sottrazione. In Europa la copertina<br />

rappresenta un’illustrazione, realizzata da<br />

Edward Bell, con quattro statue. Dall’altra<br />

parte dell’Oceano le statue hanno gli<br />

attributi coperti.<br />

Da un particolare (più o meno piccolo)<br />

alla total<strong>it</strong>à. Copertina interamente<br />

modificata per I Jane’s addiction. In<br />

R<strong>it</strong>ual de lo Hab<strong>it</strong>ual l’audace cantante<br />

Perry Farrell era a letto con 2 donne e<br />

faceva intravedere il proprio pene. Disco<br />

VEDO NON VEDO<br />

- Deus - 1999<br />

Amnesiac -<br />

Radiohead - 2001<br />

Big Bro<strong>the</strong>r&The<br />

Holding Company<br />

Cheap Thrills<br />

Columbia<br />

Mancava un giorno<br />

all’usc<strong>it</strong>a di questo disco<br />

quando la Columbia rifiutò<br />

come copertina la foto in<br />

cui i Big Bro<strong>the</strong>r posavano<br />

a letto seminudi. Così Janis<br />

Joplin ordinò al fumettista<br />

alternativo Robert Crumb<br />

di lavorare, nel corso di una<br />

sola notte, a un fumetto che<br />

rappresentasse i componenti del gruppo e ogni singolo pezzo<br />

della tracklist. La più irresistibile è la vignetta che illustra Piece<br />

of my heart: una fettina di carne a forma di cuore serv<strong>it</strong>a a un<br />

ciccione che si lecca i baffi ansioso di mangiarla.<br />

Quest’album ha un suono unico perché l’addetto alla produzione,<br />

convinto che tra i Big Bro<strong>the</strong>r ci fosse coesione solo se suonavano<br />

dal vivo, ebbe il colpo di genio di improvvisare con delle pedane<br />

un palcoscenico in studio e inserì tra le incisioni dei finti rumori<br />

di pubblico cosicché l’ascoltatore, credendo che fosse un disco<br />

Neon golden - The<br />

notwist - 2001<br />

35<br />

( ) - Sigur ros - 2002<br />

r<strong>it</strong>irato e copertina modificata con<br />

una candida busta bianca con il<br />

<strong>t<strong>it</strong>olo</strong>.<br />

Non poteva mancare alla lista dei<br />

censurati anche John Lennon che su<br />

Two vergins appare come mamma<br />

l’ha fatto in compagnia della<br />

compagna Yoko Ono. Mai censurato<br />

ufficialmente, il disco crea comunque<br />

numerosi problemi alla coppia e<br />

porta al r<strong>it</strong>iro di circa 30000 copie<br />

all’aeroporto di Newark e addir<strong>it</strong>tura<br />

alla chiusura di un negozio reo di<br />

aver osp<strong>it</strong>ato in vetrina lo scandaloso<br />

oggetto musicale. Lennon era già stato<br />

al centro di un altro caso con i Beatles.<br />

Nel 1966 Yesterday and Today osp<strong>it</strong>a in<br />

copertina una foto di Robert W<strong>it</strong>aker<br />

che r<strong>it</strong>rae i fab four vest<strong>it</strong>i di bianco con<br />

pezzi di carne macellata e bambole<br />

rotte. L’immagine della copertina rifatta<br />

r<strong>it</strong>rae i Beatles completamente ripul<strong>it</strong>i e<br />

impomatati.<br />

Da un m<strong>it</strong>o all’altro. Nel 1968 anche<br />

i Rolling Stones incapparono in<br />

problemi di moralismi. L’originaria<br />

copertina, l’immagine di un muro<br />

all’interno di un bagno ricoperto di<br />

graff<strong>it</strong>i, del loro ottavo lavoro Beggars<br />

banquet fu cestinata. Riapparirà solo<br />

nella riedizione del 1984.<br />

Non sfuggono alla cesoia della<br />

censura statun<strong>it</strong>ense neanche gli<br />

irlandesi U2. Nel 1992 nel lato interno<br />

del libretto del cd di Achtung Baby,<br />

I M M A G I N A L A M U S I C A<br />

A ghost is born<br />

- Wilco - 2004<br />

live, avrebbe chiuso un occhio sulle imperfezioni tecniche.<br />

Difficile parlare di Janis Joplin senza scivolare nei luoghi comuni.<br />

Ce l’hanno venduta come un’icona della controcultura:<br />

fricchettona, facile al sesso, tossica, alcolizzata e bisessuale.<br />

Certo, era anche questo, ma soprattutto, come lei stessa ammise<br />

nell’autografa Turtle Blues, era una ragazzina fragile che si fingeva<br />

dura mentre nessuno s’accorgeva che non lo era per niente.<br />

Chiude Cheap Thrills l’unico brano realmente inciso dal vivo, una<br />

cover di Ball&Chain che Janis trasforma in un testo di protesta<br />

contro l’ingiustizia della v<strong>it</strong>a. Non è possibile che l’amore e la v<strong>it</strong>a<br />

siano come una palla al piede grida al suo amante e al pubblico,<br />

che per lei erano la stessa cosa, prima di voltare le spalle alla<br />

folla. Non sappiamo che farcene delle foto in bianco e nero in<br />

cui la Rosa del Texas indossa piume e occhialoni, né possiamo<br />

lasciarci infinocchiare da Hollywood che per guadagnare<br />

due pidocchi vuole portare la sua v<strong>it</strong>a sullo schermo. La vera<br />

immagine di questa donna straordinaria e sfortunata è nella<br />

vignetta che illustra Ball&Chain e che, non a caso, domina il<br />

centro della copertina: Janis, trascinando una palla di piombo<br />

legata alla caviglia, percorre la sua brevissima e sofferente strada<br />

verso la felic<strong>it</strong>à, prima di scontrarsi con un destino bastardissimo. E<br />

poiché i capelli le cadono sul volto coprendolo completamente,<br />

non sapremo mai se lei sta piangendo o se continua a sorridere<br />

nonostante tutto.<br />

Lorenzo<br />

LA CENSURA COLPISCE LI' DOVE NON BATTE IL SOL<br />

Wa<strong>it</strong>ing for <strong>the</strong><br />

siren’s call - New<br />

order - 2005<br />

una delle foto del mosaico r<strong>it</strong>rae Adam<br />

Clayton completamente nudo in una<br />

foto “artistica” di Anton Corbijn. Negli Usa<br />

la foto ha un oggetto in più: una bellissima<br />

foglia di fico (immaginate dove).<br />

Chiudiamo questa (parziale) ricognizione<br />

nel meraviglioso mondo della censura<br />

(senza aver considerato quella preventiva<br />

della quale purtroppo non resta traccia)<br />

con l’<strong>it</strong>aliano d’esportazione Lucio Battisti.<br />

Anch’egli infatti ne è stato v<strong>it</strong>tima. In<br />

Argentina la compilation dei suoi successi<br />

De Italia con amor era confezionata con<br />

la copertina di Amore e non amore. Qui<br />

Battisti era fotografato seduto su di un<br />

prato con una donna nuda sul fondo. Lì<br />

la donna aveva misteriosamente un paio<br />

di mutandoni neri.<br />

(P.U. e P.L.)


A P P U N T A M E N T I<br />

CoolClub.<strong>it</strong><br />

MUSICA<br />

venerdì 6 / Dopolavoro ferroviario al Mind<br />

<strong>the</strong> gap di Nardò (Le)<br />

venerdì 6 / Dixin<strong>it</strong>aly meet Lino Patruno a<br />

Castro (Le)<br />

venerdì 6 / Danilo Rea, Enzo Pietropaoli e<br />

Fabrizio Sferra a Poggiardo (Le)<br />

sabato 7 / Frida X + Enrico Brizzi alla Saletta<br />

della Cultura (Le)<br />

sabato 7 / Fabio Treves a Specchia (Le)<br />

sabato 7 / Francesco Baccini a San Cassiano<br />

(Le)<br />

sabato 7 / Daniele Sepe a Gagliano del<br />

Capo (Le)<br />

sabato 7 / Toni Espos<strong>it</strong>o a Corsano (Le)<br />

sabato 7 / Almamegretta a Taurisano (Le)<br />

sabato 7 / Mario Rosini e i Salento Cantu a<br />

Tiggiano (Le)<br />

sabato 7 / Patrizia Conte a Sanarica (Le)<br />

sabato 7 / Francesco Cafiso ad Andrano<br />

(Le)<br />

sabato 7 / Aida Cooper & N<strong>it</strong>e Life a Ruffano<br />

(Le)<br />

domenica 8 / Franco D’Andrea e Tiziana<br />

Ghiglioni a Santa Cesarea Terme (Le)<br />

domenica 8 / Nino Bonocore a Patù (Le)<br />

giovedì 12 / Radiodervish a La Feltrinelli di<br />

Bari<br />

venerdì 13 / Blu cianfano al Mind <strong>the</strong> gap<br />

di Nardò (Le)<br />

sabato 14 / Daniele Sepe a Cutrofiano (Le)<br />

domenica 15 / Radiodervish a Otranto (Le)<br />

domenica 15 / Tullio De Piscopo a Miggiano<br />

(Le)<br />

domenica 15 / Eugenio Bennato a Racale<br />

(Le)<br />

martedì 17 / Gregory Darling al Bohemien<br />

Jazz Cafè di Bari<br />

da martedì 17 ottobre a domenica 19<br />

novembre / Eurotribu a Milano<br />

La quinta edizione del Festival delle nuove<br />

espressioni culturali in arrivo da Austria,<br />

Francia, Germania, Regno Un<strong>it</strong>o, Spagna e<br />

Svizzera si svolgerà a Milano, dal 17 ottobre<br />

al 19 novembre. Eurotribu è è organizzata<br />

da AICEM e Ponderosa Music & Art in<br />

collaborazione con il Settore Cultura della<br />

Provincia di Milano e con il Settore Cultura,<br />

Spettacolo e Turismo del Comune di Milano.<br />

Durante i giorni del Festival, infatti, Milano<br />

diventerà il centro d incontro tra i diversi<br />

paesi di un Europa geografica senza vincoli<br />

e senza confini. La musica è il profondo<br />

legame che unirà Stati diversi in un unico<br />

evento. Tra gli osp<strong>it</strong>i Ludovico Einaudi<br />

(martedì 17 ottobre all’Alcatraz), The Dining<br />

Rooms (martedì 24 Ottobre al Tunnel),<br />

Stereototal (lunedì 30 Ottobre all’Alcatraz)<br />

e molti altri. Info www.ponderosa.<strong>it</strong><br />

venerdì 20 / Rocking fingers al Mind <strong>the</strong> gap<br />

di Nardò (Le)<br />

sabato 21 / D ‘n’ B con dj Leleprox dei<br />

Micro platform e Dj Delroy dei Golpe Mov<br />

all’Istanbul Cafè di Squinzano (Le)<br />

venerdì 27 / Wh<strong>it</strong>e Queen al Mind <strong>the</strong> gap<br />

di Nardò (Le)<br />

sabato 28/ Il corridoio al Teatro Kismet di<br />

Bari<br />

sabato 28 / Leo Tenneriello alla Saletta della<br />

Cultura di Novoli (Le)<br />

sabato 28 / <strong>Coolclub</strong> party all’Istanbul Cafè<br />

di Squinzano (Le)<br />

sabato 28 / An evening Elettro-Paik serata<br />

elettronica con artisti pugliesi e non ai<br />

Cantieri Koreja di Lecce. Inoltre sino al<br />

22 Novembre personale di Arti Visive di<br />

Giuseppe Scarciglia.<br />

martedì 31 / Halloween party al Palazzo<br />

Baronale di Novoli (Le)<br />

martedì 31 / Festival di Sanscemo 2006 a<br />

Erchie (Br)<br />

giovedì 2 novembre / Melomane all’Istanbul<br />

Café di Squinzano (Le)<br />

Riprendono all’Istanbul Cafè di Squinzano gli<br />

appuntamenti con i live curati da <strong>Coolclub</strong>.<br />

Sul palco gli Statun<strong>it</strong>ensi Melomane. Da un<br />

compromesso d’amore tra pop barocco,<br />

punk, colonne sonore cinematografiche e<br />

composizioni orchestrali nascono a Brooklyn<br />

i Melomane, un concentrato di strumentisti<br />

riun<strong>it</strong>i in una sfida sonica alla ricerca del<br />

giusto equilibrio fra esplorazione emozionale<br />

e cr<strong>it</strong>ica pol<strong>it</strong>ica al v<strong>it</strong>riolo. “Queste canzoni<br />

combinano l’accessibil<strong>it</strong>á garage con<br />

un’ingenu<strong>it</strong>á tale da destabilizzare ogni<br />

36<br />

C


oolClub.<strong>it</strong><br />

ascoltatore intelligente dimostrando ai<br />

musicisti e alla musica quanto possa viaggiar<br />

lontano una band…” (All Music Guide). Info<br />

www.coolclub.<strong>it</strong><br />

TEATRO E LETTURA<br />

da martedì 3 a domenica 8 ottobre / Gran<br />

Bazar al Fondo Verri di Lecce<br />

Quest’ anno Gran Bazar si ispira alla sua<br />

forma originaria, torna a casa, al Fondo<br />

Verri, con un edizione tutta di riflessione. Una<br />

edizione di trans<strong>it</strong>o che non smette il sogno<br />

di un evento sui libri e la lettura che sia<br />

veramente un dono alla c<strong>it</strong>tà e ai lettori. Tra<br />

gi osp<strong>it</strong>i Goffredo Fofi, Tetti Minafra, Luciano<br />

Pagano, Maurizio Nocera. Venerdì 6 presso<br />

il Cinema Elio di Calimera Antonio Errico ed<br />

Eliana Forcignanò presenteranno Il sole e il<br />

sale romanzo griko salentino di Rocco Aprile<br />

(i libri di Icaro). Info su fondoverri.splinder.<br />

com<br />

mercoledì 4 e giovedì 5 / Il libro di Ester ai<br />

Cantieri Koreja di Lecce<br />

Eugenio Barba il 29 ottobre compie 70<br />

anni. La Regione Puglia e il Teatro Pubblico<br />

Pugliese gli rendono omaggio osp<strong>it</strong>andolo<br />

in Puglia con l’Odin Teatret per 10 giorni.<br />

Dal 4 al 14 Ottobre: spettacoli, spettacoli<br />

dimostrazione, seminari pratici e Incontri.<br />

Info www.teatropubblicopugliese.<strong>it</strong><br />

venerdì 6 e sabato 7 / Sale ai Cantieri Koreja<br />

di Lecce<br />

martedì 10 / Ivan Raganato a Porto Cesareo<br />

(Le)<br />

mercoledì 11 / Giardini di plastica al Teatro<br />

Fondazione Filograna di Casarano (Le)<br />

giovedì 12 e venerdì 13 / Le grandi c<strong>it</strong>tà<br />

sotto la luna ai Cantieri Koreja di Lecce<br />

Un concerto dell’Odin Teatret nello spir<strong>it</strong>o di<br />

Bertolt Brecht. La luna osserva e scavalca<br />

le grandi c<strong>it</strong>tà che ardono sotto di lei, dalle<br />

metropoli europee a quelle dell’Asia Minore;<br />

da Hiroshima a Halle; dalla Cina imperiale<br />

all’Alabama. La voce della luna è beffarda<br />

o atton<strong>it</strong>a, indifferente o dolorosa, fredda o<br />

incandescente. La sua misericordia ignora<br />

malinconia e consolazione. Ingresso 10 euro<br />

(ridotto 7) Info www.teatrokoreja.com.<br />

da giovedì 12 a sabato 14 / Aldo Giovanni e<br />

Giacomo a Bari<br />

venerdì 13 / Flavio Bucci ad Alezio (Le) www.<br />

sudsoudfestival.<strong>it</strong><br />

dal 27 al 4 / Il Calapranzi di Harold Pinter ai<br />

Cantieri Koreja di Lecce<br />

Ancora una nuova tappa di studio per<br />

l’ultima produzione di Koreja Il Calapranzi di<br />

Harold Pinter. A portare in scena il lucidissimo<br />

testo del premio nobel saranno Angela De<br />

Gaetano, Maria Rosaria Ponzetta, Fabrizio<br />

Pugliese, Fabrizio Saccomanno per la<br />

regia di Salvatore Tramacere, scene e luci<br />

Luca Ruzza e Lucio Diana. Lo spettacolo,<br />

a posti lim<strong>it</strong>ati resterà in cartellone dal 27<br />

ottobre sino al 4 novembre, si consiglia<br />

la prenotazione (info 0832.242000, www.<br />

teatrokoreja.com)<br />

mercoledì 1 novembre / The history of<br />

ronald, <strong>the</strong> clown from Mcdonald’s del<br />

piccolo teatro “Dusko Radovic” ai Cantieri<br />

Koreja di Lecce<br />

venerdì 3 / Olah vince and earth wheel and<br />

sky concert ai Cantieri Koreja di Lecce<br />

NUOVA SCUOLA TEATRALE A<br />

CALIMERA<br />

La Scuola Biennale L’Attore sul Palco di<br />

Somnia Theatri nasce dall’esigenza di<br />

piantare radici teatrali in questo terreno<br />

salentino, che si offre così fertile a chi ha la<br />

volontà di accudire semi da far crescere e<br />

maturare. La Scuola si rivolge a tutti, sia a<br />

chi vuole cimentarsi con questo mestiere<br />

per poi praticarlo, sia a chi lo vuole fare<br />

per sperimentarsi e arricchirsi. È richiesta<br />

solo una partecipazione attiva e l’aver<br />

compiuto i 18 anni di età. I docenti di<br />

quest’anno saranno: per il primo anno<br />

(corso di base) Federico De Giorgi, attore<br />

e direttore artistico di Somnia Theatri e<br />

Sabrina Chiarelli, attrice formatasi presso<br />

l’Accademia Teatrale Permis de Conduire di<br />

Roma; per il secondo anno (corso avanzato)<br />

la direzione sarà affidata all’attore-regista<br />

Renato Grilli. Sono previsti inoltre laboratori<br />

intensivi di completamento con cadenza<br />

mensile che riguarderanno l’espressione<br />

vocale e corporea diretti dall’attrice Silvia<br />

Lodi. L’integrazione e la specializzazione<br />

sarà curata in appos<strong>it</strong>i stage da diversi artisti<br />

tra i quali Mariano Dammacco, Roberto<br />

Corradino, Salvatore Della Villa. Le lezioni<br />

inizieranno con una SETTIMANA DI PROVA<br />

GRATUITA il 30 ottobre 2006 e termineranno<br />

a giugno 2007 con una messinscena finale.<br />

Info ed iscrizioni: tel. 380/526 8 526 328/60<br />

15 767; somnia<strong>the</strong>atri@libero.<strong>it</strong>.<br />

37 La redazione di CoolClub.<strong>it</strong> non è responsabile<br />

di eventuali variazioni o annullamenti.<br />

Gli altri appuntamenti su www.coolclub.<strong>it</strong><br />

Per segnalazioni:<br />

redazione@coolclub.<strong>it</strong>


F U M E T T O<br />

“The Boondocks”:<br />

GOD BLESS AMERICA<br />

CoolClub.<strong>it</strong><br />

Ryley: “Huey, voglio saperne di più sulla<br />

faida tra 50 Cent e The Game. Qual è il<br />

programma che guardi sempre?”<br />

Huey: “Quale programma?”<br />

Riley: “Dai quello palloso con i bianchi<br />

che parlano di quel che succede nel<br />

mondo…”<br />

Huey: “Telegiornale?”<br />

Ryley: “Quello, non l’hanno cancellato<br />

spero!?!”<br />

Può un fumetto di successo, pubblicato<br />

da centinaia di quotidiani USA, ledere la<br />

sensibil<strong>it</strong>à di un popolo al punto da essere<br />

chiuso sbrigativamente? E, soprattutto,<br />

possono il dolore e la paura scatur<strong>it</strong>i<br />

dalla tragedia dell’11 settembre 2001,<br />

dare il dir<strong>it</strong>to di censurare le voci e le<br />

opinioni “scomode” marchiandole come<br />

sovversive? Questo è stato il fato di The<br />

Boondocks, striscia nata dalla mat<strong>it</strong>a del<br />

giovane fumettista afro americano Aaron<br />

Mcgruder nel 1999 ed apparso sulle<br />

pagine di illustri giornali come il Washington<br />

Post ed il Los Angeles Time. Il motivo<br />

dell’interruzione della serie risiede negli<br />

stessi elementi che ne hanno sanc<strong>it</strong>o al<br />

popolar<strong>it</strong>à ed il successo: The Bondocks è<br />

assolutamente “pol<strong>it</strong>icamente scorretto”<br />

verso la pol<strong>it</strong>ica e la società americana<br />

ed i censori “patriottici” temevano le<br />

parole che Mcgruder avrebbe avuto<br />

riguardo l’11settembre.<br />

Fortunatamente la serie è stata ripresa<br />

nel 2003, divenendo anche un cartone<br />

animato prodotto dalla major Sony.<br />

Protagonista del fumetto è la famiglia<br />

Freeman, composta dal nonno paterno<br />

e i due giovanissimi nipoti Huey e Riley.<br />

Huey è ossessionato dal “grande<br />

complotto” dei bianchi ai danni dei<br />

“fratelli neri”, mentre il fratellino minore<br />

Riley sta crescendo nel m<strong>it</strong>o dei gangstarapper<br />

e della violenza, quale chiave<br />

della scalata sociale.<br />

Entrambi danno filo da torcere all’anziano<br />

tutore, la cui unica aspirazione è di godersi<br />

l’esiguo spicchio di “american way of<br />

life” che spetta ad un c<strong>it</strong>tadino di ceto<br />

medio. Mcgruder deride impietosamente<br />

i clichè sugli afroamericani (il radical<br />

arrabbiato, il violento figlio del ghetto, il<br />

“quasi” integrato) nei quali essi sembrano<br />

rispecchiarsi realmente. Ne è più tenero<br />

verso il resto di una nazione colpevole di<br />

aver ceduto all’assurd<strong>it</strong>à di un presidente<br />

raccomandato ed imbecille (Bush) ed<br />

alla sua amministrazione di corrotti e<br />

meschini. Attraverso Huey, precoce<br />

fustigatore dei costumi, l’autore ironizza<br />

sulla “z<strong>it</strong>ella” Condoleeza Rice (in una<br />

gag strep<strong>it</strong>osa, Huey e l’amico Cesar<br />

cercano un uomo per lei, conv<strong>it</strong>i che<br />

ciò porterà la apce nel mondo), su Dick<br />

Cheney, su John Kerry ed i democratici<br />

(troppo deboli ed impaur<strong>it</strong>i dal calo<br />

dei consensi, per combatter il governo<br />

con una convincente opposizione),<br />

sulla l<strong>it</strong>igiosa coppia “tossica” Bobby<br />

Brown- Wh<strong>it</strong>ney Houston, sull’ex nero ed<br />

ex pop star Michael Jackson e tanti altri<br />

personaggi pubblici.<br />

Tuttavia, il pol<strong>it</strong>icizzato Huey è<br />

suggestionato quanto il resto della<br />

strampalata famiglia dalla TV, che forgia<br />

la sua mente ed amplifica le paranoie:<br />

allarmato dai tg sull’aviaria, ne è così<br />

ossessionato da costringere suo nonno<br />

a sost<strong>it</strong>uire il tacchino del giorno del<br />

Ringraziamento.<br />

Con un’insalata. Mentre il teppistello<br />

Ryley guarda con ammirazione alle<br />

controverse star dell’hip hop “black”,<br />

cresciute nei ghetti tra crack, pistole e la<br />

passione morbosa per le auto lussuose,<br />

ed il nonno prova licenziose emozioni<br />

nel guardare il topless di Janet Jackson<br />

in una diretta televisiva di qualche anno<br />

fa.<br />

La storia dei comics ci ha spesso deliziato<br />

con bambini pensanti; ma nei Bondocks<br />

non vi è traccia delle profond<strong>it</strong>à<br />

esistenziali e struggenti dei “peanuts”<br />

di Schultz, né della determinazione<br />

rivoluzionaria dell’incavolata Mafalda di<br />

Quino. Lo sguardo spento ed accigliato<br />

di Huey è privo di fiducia in un futuro<br />

che consegnerà lui ad un’esistenza<br />

“conforme” ed il fratellino Ryley alle<br />

patrie galere. In ciò risiede la carica<br />

sovversiva dei Boondocks: nel mostrare<br />

al lettore il presente in tutta la sua<br />

contradd<strong>it</strong>toria amen<strong>it</strong>à, senza abbellirlo<br />

in una cornice di false speranze. L’utopia<br />

che avvolgeva i bei personaggi di Schultz<br />

e Quino è scomparsa, ed ha ceduto<br />

il passo all’incazzatura “nera” di Huey<br />

Freeman. The Bondocks è giunto in Italia<br />

grazie alla casa ed<strong>it</strong>rice Arcana, la quale<br />

ha recentemente proposto una versione<br />

aggiornata con le ultime strips nel volume<br />

Nemico Pubblico N°2. Buona lettura.<br />

Roberto Cesano<br />

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