artista: Velvet Underground titolo: the velvet ... - Coolclub.it
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<strong>artista</strong>: <strong>Velvet</strong><br />
<strong>Underground</strong><br />
<strong>t<strong>it</strong>olo</strong>: <strong>the</strong> <strong>velvet</strong><br />
underground and nico<br />
anno: 1967<br />
autore: Andy Warhol<br />
<strong>artista</strong>: Nirvana<br />
<strong>t<strong>it</strong>olo</strong>: Nevermind<br />
anno: 1991<br />
autore: Kirk Weddle<br />
anno III<br />
numero 30<br />
ottobre 2006<br />
poste <strong>it</strong>aliane spa<br />
spedizione in abbonamento<br />
postale DCB 70% Lecce<br />
<strong>artista</strong>: Roxy music<br />
<strong>t<strong>it</strong>olo</strong>: Country lifes<br />
anno: 1974<br />
autore: Eric Boman<br />
<strong>artista</strong>: Sonic Youth<br />
<strong>t<strong>it</strong>olo</strong>: Goo<br />
anno: 1990<br />
autore: Raymond Pettibon<br />
IMMAGINA LA MUSICA
[<br />
CoolClub.<strong>it</strong><br />
Via De Jacobis 42 73100 Lecce<br />
Telefono: 0832303707<br />
e-mail: redazione@coolclub.<strong>it</strong><br />
redazione_bari@coolclub.<strong>it</strong><br />
S<strong>it</strong>o: www.coolclub.<strong>it</strong><br />
Anno 3 Numero 30<br />
ottobre 2006<br />
Iscr<strong>it</strong>to al registro della stampa<br />
del tribunale di Lecce il<br />
15.01.2004 al n.844<br />
Direttore responsabile<br />
Osvaldo Piliego<br />
Collettivo redazionale<br />
Dario Goffredo, Pierpaolo Lala,<br />
C. Michele Pierri, Cesare Liaci,<br />
Antonietta Rosato<br />
Hanno collaborato a questo<br />
numero: Giancarlo Susanna,<br />
Anna Puricella, Giuseppe<br />
Scarciglia, Davide Rufini,<br />
Roberto Cesano, Valentina<br />
Cataldo, Dino Amenduni,<br />
Giovanni Ottini, Nicola Pace,<br />
Ilario Galati, Lorenzo Coppola,<br />
Gianpaolo Chiriacò, Livio<br />
Polini, Dario Quarta, Rossano<br />
Astremo, Pasquale Boffoli,<br />
Camillo Fasulo, Marco Daretti,<br />
Massimo Ferrari, Mauro Marino,<br />
Simone Rollo, Nino G. D’Attis,<br />
Marta Mazza.<br />
Ringraziamo Pick Up a Lecce e<br />
le redazioni di Blackmailmag.<br />
com, Primavera Radio di<br />
Taranto e Lecce, Controradio<br />
di Bari, Mondoradio di Tricase<br />
(Le), Ciccio Riccio di Brindisi,<br />
L’impaziente di Lecce,<br />
QuiSalento, Pugliadinotte.net.<br />
Progetto grafico<br />
dario<br />
Impaginazione<br />
Danilo Scalera<br />
Stampa<br />
Martano Ed<strong>it</strong>rice - Lecce<br />
Chiuso in redazione prima<br />
della fine del mese<br />
Errata corrige: per un<br />
errore di impaginazione<br />
nel numero scorso il<br />
racconto di Rossano<br />
Astremo a pagina 21 è<br />
stato “tagliato”. Scusa<br />
Rossano (e grazie).<br />
Scusate lettori.<br />
CoolClub.<strong>it</strong><br />
Quante volte mi sono perso tra le pieghe del suo viso, tra colori, particolari, sguardi. Lì ho cercato la musica,<br />
quella intorno a me. Come Stendhal a Firenze anch’io un giorno ho sent<strong>it</strong>o il tracollo, l’emozione grande di<br />
sentirmi spettatore e protagonista di un tormento cantato e suonato. Avevo trovato l’aleph, il punto esatto in<br />
cui entrare in quel disco. Ed era quella immagine, quella copertina, il mezzo. A chi crede che la scomparsa del<br />
supporto fisico della musica sia una sua naturale evoluzione dedichiamo questo numero del giornale. Siamo<br />
stati ispirati da un serie di mostre (Siena, Perugia, Barcellona) dedicate all’argomento: il rapporto tra arte (più in<br />
generale immagine) e musica. Cosa lega una copertina a un disco? Quali sono i punti di contatto? Quanto il<br />
conten<strong>it</strong>ore somiglia al contenuto?<br />
Molto è stato scr<strong>it</strong>to sulla storia delle copertine, sul legame tra arte e musica, sulle censure che molti artwork<br />
hanno sub<strong>it</strong>o. Per questo numero di <strong>Coolclub</strong>.<strong>it</strong>, il trentesimo (registrato senza contare quelli “illegalI”), abbiamo<br />
scelto di farlo a modo nostro. Sicuri di non riuscire a esaurire l’argomento ci siamo lasciati guidare dall’affetto<br />
che ci lega a certi dischi cercando di spiegarlo. Sfogliando le pagine troverete le consuete recensioni (questo<br />
mese abbiamo cercato di recuperare i dischi usc<strong>it</strong>i durante la nostra pausa estiva e di segnalarvi le nov<strong>it</strong>à),<br />
l’intervista a David Thomas e ai suoi m<strong>it</strong>ici Pere Ubu, le nostre rubriche sull’ed<strong>it</strong>oria e sulle etichette indipendenti.<br />
Abbiamo intervistato anche Emanuele Crialese vinc<strong>it</strong>ore del leone d’argento all’ultimo festival del cinema di<br />
Venezia con il film Nuovo mondo, il salentino Antonio Castrignanò, autore della colonna sonora, e tanti altri.<br />
Questo numero, come tutti gli altri del resto, è la nostra ennesima dichiarazione d’amore alla musica, alla<br />
letteratura, al cinema. Questo numero, come quelli che verranno, sono per chi, come noi, non sa rinunciare al<br />
piacere di toccare la musica, di sfogliare le pagine di un libro fresco di stampa, di sedere tra le poltrone di un<br />
cinema con il buio in sala.<br />
Osvaldo<br />
4 Musica<br />
& copertine<br />
6 Sinestesie<br />
9 Keep Cool<br />
18 David<br />
Thomas<br />
23 Coolibrì<br />
29 Be Cool<br />
IMMAGINA LA MUSICA<br />
foto: Viviana Martucci<br />
3<br />
36 Appuntamenti<br />
38 Fumetto<br />
}
I M M A G I N A L A M U S I C A<br />
Per giustificare la recente pubblicazione<br />
del nuovo box dei Byrds, Roger Mc<br />
Guinn, da sempre attento alle conquiste<br />
della scienza, ha sottolineato che i<br />
cambiamenti avvenuti nella tecnologia<br />
dei mezzi di riproduzione del suono negli<br />
ultimi quindici anni sono stati di enorme<br />
portata. “Ascoltare i nuovi cd dei Byrds è<br />
come trovarsi in studio al momento della<br />
registrazione”, ha detto con orgoglio in<br />
un’intervista. Difficile dargli torto, anche<br />
se ci costringerà a un’ennesima spesa”<br />
da maniaco”. Dovremo anzi ringraziarlo<br />
per averci offerto degli spunti di riflessione<br />
preziosi.<br />
CoolClub.<strong>it</strong><br />
M U S I C A & C O P E R T I N E<br />
Ian Matthwes<br />
If You Saw Thro’ My Eyes<br />
Its About Music - 1971<br />
Ci sono dischi che hanno bisogno di<br />
anni per essere apprezzati e amati,<br />
ce ne sono altri ancora che restano<br />
patrimonio prezioso di una cerchia<br />
di appassionati. È il caso di If You Saw<br />
Thro’ My Eyes, uno dei vertici assoluti del<br />
folk rock inglese negli anni d’oro tra la<br />
fine dei ‘60 e i primi ‘70.<br />
Usc<strong>it</strong>o dai Fairport Convention e dai<br />
Mat<strong>the</strong>ws Sou<strong>the</strong>rn Comfort (con cui<br />
aveva peraltro centrato un numero<br />
uno nelle classifiche br<strong>it</strong>anniche con<br />
una bella versione di Woodstock di Joni<br />
M<strong>it</strong>chell), Mat<strong>the</strong>ws diede un’ulteriore<br />
prova della sua abil<strong>it</strong>à nel governare<br />
le ch<strong>it</strong>arre acustiche ed elettriche,<br />
suonate per l’occasione da tre maestri<br />
come Richard Thompson, Andy Roberts<br />
e Tim Renwick. Ma If You Saw Thro’ My<br />
Eyes è arricch<strong>it</strong>o anche dalla presenza<br />
di Sandy Denny e di Ke<strong>it</strong>h Tippett.<br />
La copertina disegnata dallo studio<br />
Design Machine con le foto di Steve<br />
Hiett - quella virata in blu è stupenda - è<br />
perfettamente sintonizzata con il mood<br />
intimista dell’album.<br />
Quando a casa mia si accendeva la radio<br />
o si ascoltavano dischi, l’evento - perché<br />
proprio di questo si trattava - aveva<br />
qualcosa di magico e quasi misterioso. Da<br />
quei 78 giri pesantissimi usciva un suono<br />
monofonico e (più o meno) prodigo<br />
di fruscii. Le copertine non c’erano... o<br />
meglio: si trattava di semplici buste di carta<br />
con il marchio della casa discografica e<br />
un foro che permetteva di leggere i t<strong>it</strong>oli<br />
sull’etichetta.<br />
Il passaggio ai 45 giri - piccoli, infrangibili e<br />
migliori per la resa sonora - fu decisivo per<br />
la diffusione del rock’n’roll e della popular<br />
music in generale. Ce n’erano molti con<br />
una confezione identica a quelle dei<br />
vecchi 78 giri - difficile dimenticare quelli di<br />
Frank Sinatra per la Cap<strong>it</strong>ol, con l’etichetta<br />
blu e le bustine rosa - ma ce n’erano tanti<br />
altri con foto e disegni coloratissimi. Ed è<br />
in quegli anni che nasce e si sviluppa il<br />
legame indissolubile tra la grafica delle<br />
copertine e la musica.<br />
E se la cultura della popular music -<br />
qualcosa che il nostro paese fa ancora<br />
fatica a considerare seriamente - è in<br />
costante movimento, quella dell’immagine<br />
lo è altrettanto. C’è chi prevede la fine<br />
inesorabile di quest’ultima - la musica<br />
si “scarica”, neppure i cd, con le loro<br />
proporzioni ridotte e le loro scatolette di<br />
plastica sarebbero destinati a sopravvivere<br />
- ma finora ogni passaggio tecnologico si<br />
è sovrapposto ai precedenti e non ne ha<br />
eliminato nessuno. Si può (e si deve) usare<br />
il computer, ma questo non significa che<br />
non dobbiamo più leggere un libro. Ma<br />
non anticipiamo le conclusioni del nostro<br />
ragionamento.<br />
Quando gli LP erano semplicemente delle<br />
raccolte di canzoni già usc<strong>it</strong>e sui 45 giri,<br />
le copertine ci dicevano più che altro<br />
chi le aveva cantate e suonate - quante<br />
di queste immagini sono fin<strong>it</strong>e appese<br />
nelle stanze di milioni di adolescenti? - e<br />
alcune case discografiche, specialmente<br />
in amb<strong>it</strong>o blues e jazz, avevano uno stile<br />
sub<strong>it</strong>o riconoscibile. In questo senso è<br />
ancora una volta qualcosa creato dai<br />
Beatles e dal loro staff a darci un’idea<br />
precisa di quel che stava accadendo.<br />
Dalle prime copertine firmate da Robert<br />
Freeman a quella celeberrima di Abbey<br />
Road, i Beatles hanno esplorato tutte<br />
le possibil<strong>it</strong>à che la confezione di un<br />
disco in vinile a 33 giri poteva offrire:<br />
un’immagine come quella di Freeman<br />
scelta per Rubber Soul o come quella di<br />
Klaus Voorman per Revolver aggiungeva<br />
qualcosa all’ascolto della musica. Con la<br />
forza che il loro successo aveva procurato<br />
i Beatles cambiavano i parametri della<br />
produzione della musica pop. Dopo la<br />
geniale copertina di Sgt. Pepper - che si<br />
apriva, aveva una busta interna colorata,<br />
un cartoncino da r<strong>it</strong>agliare, i testi delle<br />
canzoni - nulla poteva più essere come<br />
prima. E quando tutti gli altri artisti e gli altri<br />
gruppi si dannavano l’anima per trovare<br />
qualcosa di nuovo, furono sempre i Beatles<br />
a riportare tutto a zero con l’immacolata<br />
copertina dell’Album Bianco, che peraltro<br />
conteneva, oltre ai due 33 giri con la mela<br />
verde e le buste nere, quattro fotografie e<br />
un poster.<br />
Le copertine allargavano la visuale<br />
dell’ascoltatore, non ne imponevano una<br />
a svantaggio di un’altra e suggerivano<br />
l’esistenza di altri mondi. Potremmo fare<br />
mille esempi: dall’opera sempre originale<br />
dello studio Hipgnosis per i Pink Floyd ai<br />
paesaggi fantastici di Roger Dean per gli<br />
Yes, dai nudi scandalosi di Electric Ladyland<br />
di Jimi Hendrix e dell’unico album dei Blind<br />
Fa<strong>it</strong>h alle provocazioni dei Sex Pistols o dei<br />
Clash, protagonisti con London Calling di<br />
una precisa e azzeccata c<strong>it</strong>azione di Elvis<br />
Presley.<br />
La comparsa sul mercato del cd ha<br />
creato degli ostacoli ai grafici, ai fotografi<br />
4<br />
a cura di Giancarlo Susanna<br />
C
oolClub.<strong>it</strong><br />
Blonde on blonde<br />
Elvis Presley - 1956<br />
- Bob Dylan - 1966<br />
e agli art director: non si poteva e non si<br />
può semplicemente “ridurre” le dimensioni<br />
di un progetto. Sono una pattuglia sempre<br />
più ridotta di numero, i “nostalgici del<br />
vinile”, ma anche il cd - senza magari<br />
arrivare alla follia minimalista del 3 pollici,<br />
anche qui troviamo i Beatles! - offre ampie<br />
possibil<strong>it</strong>à alla creativ<strong>it</strong>à. Il fascino di un<br />
“digipack” realizzato con cura è irresistibile<br />
quasi quanto un vecchio LP.<br />
A noi stringe un po’ il cuore soltanto vedere<br />
tanti ragazzi con un aggeggio delle<br />
dimensioni di un accendino attaccato al<br />
collo, un auricolare infilato nell’orecchio,<br />
mano nella mano con il proprio partner<br />
e mille canzoni da ascoltare senza<br />
comunicare con nessuno. Magari<br />
qualcuno inventerà un qualcosa capace<br />
di portare su un mini-schermo da polso le<br />
immagini che la musica evoca (si spera)<br />
nella mente di chi ascolta. Ma questa è<br />
tutta un’altra storia...<br />
Strange days - The<br />
Doors - 1967<br />
Sell out - The Who<br />
- 1967<br />
The Beatles<br />
Sgt.Pepper Lonely Hearts Club<br />
Band<br />
Cap<strong>it</strong>ol/Emi - 1967<br />
Per la copertina di quello che si<br />
sarebbe rivelato il più importante<br />
e influente album nella storia della<br />
popular music, i Beatles volevano i<br />
r<strong>it</strong>ratti degli artisti e dei personaggi<br />
che li avevano influenzati di più.<br />
“Vogliamo tutti i nostri eroi riun<strong>it</strong>i<br />
qui - disse Paul McCartney - Se<br />
crediamo che per noi questo<br />
sia un album molto speciale,<br />
dovremmo avere in copertina<br />
con noi molte persone che<br />
consideriamo speciali”. A Robert<br />
Fraser, molto noto nell’ambiente<br />
artistico londinese e scelto dagli<br />
stessi Beatles, fu affiancato il grafico<br />
Peter Blake e il complicato congegno<br />
della realizzazione della copertina si<br />
mise in moto. Lo spazio che abbiamo<br />
a disposizione non è sufficiente per<br />
scendere nei dettagli. Vi basti sapere<br />
che nell’edizione su cd attualmente<br />
in circolazione c’è una “mappa” dei<br />
personaggi che compaiono su questa<br />
m<strong>it</strong>ica copertina, che fu anche la<br />
prima ad aprirsi e a contenere i<br />
testi delle canzoni. Ascoltare il disco<br />
cercando di individuare i nomi degli<br />
eroi dei Beatles e il significato di<br />
certi particolari era un’avventura<br />
meravigliosa.<br />
Neil Young<br />
After The Gold Rush<br />
Reprise - 1970<br />
Pubblicato nell’estate del 1970 è il<br />
capolavoro della prima parte della<br />
lunga carriera di Neil Young. Nonostante<br />
le pressioni derivate dagli impegni con<br />
Crosby, Stills e Nash e dall’attenzione<br />
della cr<strong>it</strong>ica, Young realizzò un album in<br />
cui hanno spazio tutte le componenti del<br />
suo stile: il rock bruciante delle ch<strong>it</strong>arre<br />
elettriche, il folk intimista delle acustiche e<br />
il country d’autore di Don Gibson (autore<br />
di Oh Lonesome Me, che apre la seconda<br />
facciata, ma anche della celeberrima I<br />
Can’t Stop Loving You di Ray Charles). La<br />
grafica di Gary Burden e le foto in bianco<br />
e nero di Joel Bernstein sono in netta<br />
controtendenza con le colorate immagini<br />
delle copertine dell’epoca e aggiungono<br />
alla malinconica bellezza del disco un<br />
tocco di mistero: bisognava aprire la<br />
5<br />
Forever changes<br />
- Love - 1968<br />
I M M A G I N A L A M U S I C A<br />
Santana - 1969<br />
The Beach Boys<br />
Pet Sounds<br />
Cap<strong>it</strong>ol/Emi - 1966<br />
Abbey Road - The<br />
Beatles - 1969<br />
L’idea alla<br />
base di Pet<br />
Sounds è la<br />
cura dei suoni.<br />
Nelle intenzioni<br />
di Brian Wilson<br />
non soltanto le<br />
voci, i cori e le<br />
timbriche degli<br />
strumenti, ma<br />
anche i rumori -<br />
dal campanello<br />
di una bicicletta<br />
a l l ’ a b b a i a r e<br />
di un cane<br />
- dovevano<br />
essere segu<strong>it</strong>i con l’attenzione e la<br />
tenerezza che si deve riservare ai cuccioli.<br />
In questo senso l’immagine di copertina<br />
è perfetta. Può spiazzare, perché è<br />
abbastanza lontana dalle tendenze<br />
“immaginifiche” dell’epoca, ma r<strong>it</strong>rae<br />
i”ragazzi” alle prese proprio con dei piccoli<br />
animali. La session fotografica allo Zoo di<br />
San Diego è opera di George Jerman,<br />
che forse non immaginava che i suoi scatti<br />
sarebbero stati utilizzati per un capolavoro<br />
assoluto della popular music. Per celebrare<br />
il quarantesimo anniversario della sua<br />
pubblicazione, la Cap<strong>it</strong>ol ha distribu<strong>it</strong>o Pet<br />
Sounds in tre edizioni differenti. Niente male<br />
per chi,come il sottoscr<strong>it</strong>to, ne possiede già<br />
cinque, sei versioni!<br />
copertina per avere un r<strong>it</strong>ratto leggibile di<br />
Young, sorpreso in un momento di riposo<br />
nei camerini del Fillmore.Non sempre<br />
i numerosissimi album del cantautore<br />
canadese avranno un ab<strong>it</strong>o confezionato<br />
con tanta perspicacia.
I M M A G I N A L A M U S I C A<br />
Hunky dory - David<br />
Bowie - 1970<br />
Aphex Twin<br />
Windowlicker<br />
EP - 1999<br />
Fun house - The<br />
Stooges - 1970<br />
La rivoluzione dura 16 minuti. Quanto<br />
basta per cambiare o comunque<br />
per dare una svolta alla musica. La<br />
conferma del genio di Richard James<br />
emerge in questo EP: bastano 3 tracce,<br />
un video (della canzone Windowlicker)<br />
e l’annesso packaging per causare un<br />
piccolo terremoto. Pubblicato nel 1999,<br />
due anni dopo Come to Daddy, verrà<br />
ricordato soprattutto per l’incredibile<br />
video, girato da Chris Cunningham.<br />
Lungo 11 minuti, e quindi anti-televisivo,<br />
è una delirante parodia dei classici<br />
video rap americani, tutta donne,<br />
macchine e champagne, in cui allo<br />
stesso tempo è elevata alla massima<br />
potenza l’immagine di Aphex Twin, il<br />
cui volto, sul finale del video, invade<br />
a sorpresa lo schermo sotto forma di<br />
riproduzione continua dei volti delle<br />
modelle (come è possibile vedere nella<br />
cover). Questo è il momento più alto<br />
della carriera della punta di diamante<br />
della Warp, etichetta le cui scelte<br />
rispecchiano perfettamente l’animo del<br />
musicista. Momento (sempre insegu<strong>it</strong>o,<br />
mai più raggiunto) che coincide con il<br />
famoso episodio del remix richiesto da<br />
Madonna per Music e mai più realizzato<br />
in quanto le richieste di Aphex (un sample<br />
con un grugn<strong>it</strong>o) apparvero offensive<br />
all’entourage dell’incarnazione del<br />
Pop. E in più, un intervista di Thom Yorke,<br />
a 2 mesi dall’usc<strong>it</strong>a di Kid A, l’album<br />
forse più innovativo degli ultimi 10 anni,<br />
che afferma con determinazione la<br />
sua ispirazione massima durante la<br />
realizzazione: proprio Aphex. Cercatevi<br />
il video!<br />
Dino “doonie” Amenduni<br />
CoolClub.<strong>it</strong><br />
Pink moon - Nick<br />
Sticky fingers<br />
- Rolling Stones<br />
-1971<br />
Drake - 1972<br />
The dark side of<br />
<strong>the</strong> moon - Pink<br />
Floyd - 1973<br />
S I N E S T E S I E<br />
Lo stretto legame che da<br />
sempre unisce musica e<br />
immagine viene chiamato<br />
sinestetico. Ne è la<br />
manifestazione più alta<br />
quella in cui i vari i sensi<br />
concorrono a creare un<br />
unica immagine. Il suono<br />
è tra gli stimolatori di sensi,<br />
il più potente. Immergersi<br />
nel suono, soprattutto se<br />
ad alto volume lo rende<br />
fisico, percepibile. Questo da sempre ha<br />
suggestionato i musicisti. Basti pensare<br />
al compos<strong>it</strong>ore Debussy che scrisse<br />
part<strong>it</strong>ure per pianoforte chiamandole<br />
Images (immagini appunto). Per questo<br />
stesso motivo fu defin<strong>it</strong>o al tempo un<br />
impressionista, proprio come gli esponenti<br />
della corrente p<strong>it</strong>torica. Molto spesso la<br />
musica, al contrario, ha ispirato artisti visivi<br />
che hanno raffigurato la musica nei modi<br />
più svariati. Con l’avvento del supporto<br />
Horses - Patti Sm<strong>it</strong>h<br />
- 1975<br />
Never mind <strong>the</strong><br />
bollocks - Sex<br />
pistols - 1977<br />
fisico capace di contenere<br />
la musica, il rapporto musica<br />
immagine si è stretto, è<br />
diventato funzionale. L’arte<br />
diventa così applicata,<br />
complementare alla musica,<br />
altre volte slegata, ma parte<br />
di un unico oggetto che è il<br />
disco. Nasce così un rapporto<br />
nuovo tra arte e musica.<br />
Un caso emblematico e<br />
curioso a tal riguardo è<br />
quello della copertina dell’album Go<br />
2 degli Xtc (nella foto accanto) in cui<br />
al posto dell’immagine campeggia un<br />
testo in cui si spiega l’importanza di una<br />
copertina ai fini della vend<strong>it</strong>a di un disco.<br />
Un altro caso, celeberrimo e forse tra i<br />
primi, di interazione tra musica e arte è<br />
quello tra i <strong>Velvet</strong> <strong>Underground</strong> e l’<strong>artista</strong><br />
pop Andy Warhol. La famosa banana (in<br />
copertina) che campeggia sul disco è<br />
un simbolo come la stessa band diventa<br />
6<br />
C
oolClub.<strong>it</strong><br />
Unknow pleasure -<br />
London calling<br />
- Clash - 1979<br />
Joy Division - 1979<br />
rappresentazione musicale dell’arte e delle<br />
istallazioni dell’<strong>artista</strong>. Da lì in poi, nel corso<br />
dei decenni, il contatto tra le due arti si<br />
inf<strong>it</strong>tisce e articola. Sempre rimanendo<br />
nell’amb<strong>it</strong>o della pop art troviamo tracce<br />
di Ke<strong>it</strong>h Haring su un album di Malcom<br />
Mc Laren, ma anche copertine ad opera<br />
dell’<strong>it</strong>aliano Mario Schifano.<br />
Ciò che rimane di un’epoca che non<br />
abbiamo vissuto è certo e soprattutto la<br />
sua musica ma anche la sua iconografia.<br />
Il mer<strong>it</strong>o delle copertine, siano esse dipinti,<br />
fumetti, foto, ci offrono lo spunto per<br />
immaginare accompagnati dalle note,<br />
l’istante stesso in cui quel disco ha suonato<br />
per la prima volta.<br />
Fenomeni come il glam, il punk molto devono<br />
alla loro raffigurazione, alle copertine che<br />
ne hanno immortalato l’essenza. Altre volte<br />
le copertine hanno invece immortalato<br />
l’icona promuovendola a m<strong>it</strong>o. È in questa<br />
fase che la foto di moda incontra la musica<br />
regalandoci copertine bellissime.<br />
Altre volte ancora l’immagine di copertina<br />
si slega in maniera violenta dalla musica, si<br />
pone quasi in contrasto con essa creando<br />
un codice che finisce per rappresentare<br />
un genere (penso ai Sonic Youth e a tutti i<br />
loro derivati). Si arriva all’illusione di sapere<br />
cosa conterrà un disco guadandone solo<br />
la copertina (inconfutabile quando si parla<br />
di metal), ma rimane, per fortuna, sempre<br />
un punto interrogativo, la possibil<strong>it</strong>à che<br />
musica e copertine trovino una nuova<br />
strada.<br />
Osvaldo Piliego<br />
Rio - Duran duran<br />
- 1982<br />
Pornography - The<br />
Cure - 1982<br />
Pink Floyd<br />
Wish you were here<br />
Harvest/Emi - 1975<br />
Portishead<br />
Portishead<br />
Go! Beat- 1997<br />
I maestri del trip-hop mancano dalle<br />
scene da quasi dieci anni. Portishead, il<br />
loro ultimo lavoro in studio, risale infatti<br />
al 1997. Pubblicato tre anni dopo lo<br />
straordinario esordio (Dummy), con<br />
questo secondo album Beth e soci<br />
hanno impugnato lo scettro dei sovrani<br />
del trip-hop. E anche se è passato<br />
tanto tempo, io quello scettro non<br />
glielo toglierei dalle mani per nessuna<br />
ragione al mondo. Perché nella mia<br />
testa i Portishead hanno contato più dei<br />
compaesani Massive Attack, ai quali<br />
bacerei comunque i piedi.<br />
Sulla cover di Portishead primeggia<br />
il logo del gruppo, una P minimal<br />
7 I M M A G I N A L A M U S I C A<br />
Like A Virgin -<br />
Madonna - 1984<br />
Purple rain - Prince<br />
- 1984<br />
The queen is dead<br />
- The Sm<strong>it</strong>hs - 1986<br />
Scegliere una copertina di un disco dei Pink Floyd non è facile. Ognuna di loro<br />
rappresenta un’opera d’arte intrisa di simbologia e magia che solo loro sono<br />
stati capaci di creare. Storm Thorgherson per molti viene identificato come il<br />
quinto elemento dei Floyd perché ha saputo tramutare in immagini le “visioni”<br />
della band.<br />
Uno dei dischi più belli ma anche più tristi della storia del rock, tutto ruota intorno<br />
alla simbologia dell’assenza. L’assenza di Syd Barrett che proprio durante la<br />
registrazione di questo disco appare negli studi di Abbey Road come per dare<br />
un ultimo saluto agli amici. Storm rappresenta in questo artwork due uomini vest<strong>it</strong>i<br />
elegantemente che si stringono la mano in mezzo ad una strada. Uno dei due<br />
ha preso fuoco, combustione che viene anche rappresentata sul bordo destro<br />
della cornice. Una visione surreale quasi a c<strong>it</strong>are De Chirico e Magr<strong>it</strong>te il fuoco<br />
rappresenta il dolore per la fine di un’amicizia e la stretta di mano può essere<br />
interpretata come la finta comunicazione.<br />
Una delle più belle foto della storia.<br />
Wish you were here- vorremmo che fossi qui.<br />
Giuseppe Scarciglia<br />
proprio come loro. E la stessa P si<br />
r<strong>it</strong>rova sul taschino della giacca di<br />
un uomo in primo piano, all’altezza<br />
del cuore. L’occhio però cade sulla<br />
figura in secondo piano, soggiogata<br />
dalla mastodontica P dello schermo.<br />
Una bambina, con un vest<strong>it</strong>o bianco<br />
molto Fifties e calzettoni da sfigata. È<br />
un fotogramma dell’inquietante video<br />
di All Mine, primo singolo dell’album.<br />
Avevo 15 anni quando ho visto quel<br />
video per la prima volta, non passava<br />
spesso su Mtv, ma mi ag<strong>it</strong>ava ogni volta<br />
lo stomaco. Come la voce di Beth e le<br />
melodie di Barrow ed Utley. Mi disturbava<br />
quella bambina con lo sguardo perso e<br />
la bocca spalancata a doppiare una<br />
Gibbons disperata. “So don’t resist/We<br />
shall exist/Until <strong>the</strong> day I’ll die/All mine/<br />
You have to be”. Più un’ossessione che<br />
una canzone d’amore. I Portishead<br />
hanno sempre saputo inquietarmi bene,<br />
questo album forse l’ha fatto ancora<br />
meglio di Dummy, e lo fa fin da principio,<br />
con i cori cavernosi di Cowboys, fino a<br />
Only You e Mourning Air.<br />
Non sarà storica come il video o<br />
l’album, considerato uno dei Top20 del<br />
’97, ma questa cover riflette al meglio<br />
lo spir<strong>it</strong>o Portishead, imprimendosi nella<br />
memoria. A quanto pare il gruppo di<br />
Bristol è di nuovo in studio per il terzo<br />
album, finalmente. Io ci spero, anche<br />
se ormai si fanno attendere da troppo<br />
tempo, e mi fanno sentire sconsolata<br />
come la bimba della copertina.<br />
Anna Puricella
Keep Cool Pop,<br />
Sparklehorse<br />
Dreams for light Years in <strong>the</strong> belly of a mountain<br />
Cap<strong>it</strong>ol/ Emi<br />
Indie / *****<br />
Ai meno distratti la discografia di<br />
questo <strong>artista</strong> non sarà certo sfugg<strong>it</strong>a.<br />
Il sottoscr<strong>it</strong>to ha dovuto recuperare in<br />
corsa dopo essersi follemente innamorato<br />
del suo penultimo album dal <strong>t<strong>it</strong>olo</strong> It’s a<br />
wonderful life. Ma Mark Linkous, l’uomo<br />
che si cela dietro il progetto, è uno che ti<br />
lascia prendere il tempo giusto per godere<br />
delle cose. Belle e brutte poco importa,<br />
tutte e due, se vissute con intens<strong>it</strong>à,<br />
trasmettono emozioni che vale la pena<br />
raccontare. Dopo aver esord<strong>it</strong>o nei primi<br />
anni ’90 con un album folgorante come<br />
Vivadixiesubmarinetransmissionplot Mark<br />
ha trascorso un decennio difficile e ce lo<br />
ha raccontato (nel 96 ha anche rischiato<br />
la morte dopo una scorpacciata di<br />
antidepressivi). C’è chi dice che tutti i<br />
Alternative, Metal, Elettronica, Lounge,Italiana, Indie<br />
grandi artisti soffrono moltissimo, chiusi<br />
in una v<strong>it</strong>a stretta, incapaci, forse, di<br />
esprimere tutto quello che sentono.<br />
Sparklehorse ha scelto per la sua musica un<br />
velo di malinconia che senti sincera, una<br />
rabbia che sembra implodere, soffocata<br />
tra i denti, un amore per le cose intime e<br />
vicine come le sue canzoni. Tutto questo<br />
tradotto in musica è pop, indie, folk, rock.<br />
con l’aiuto di vari musicisti e collaboratori<br />
che si sono avvicendati nel corso degli<br />
album. Mark ha sempre realizzato dischi<br />
dal sapore artigianale, fatto in casa.<br />
Lo dimostra la sua att<strong>it</strong>udine per suoni<br />
spigolosi e low-fi, un cantato quasi sempre<br />
sussurrato e la predilezione per le ballad.<br />
Ha in sé il talento dei grandi folk singer (il<br />
più accostato al suo nome è Neil Young)<br />
la musica secondo coolcub<br />
la passione indie che lo ha avvicinato ad<br />
artisti come Beck, Bright Eyes, <strong>the</strong> Flaming<br />
Lips tutti presenti in album tributo da lui<br />
organizzato e realizzato in onore di Daniel<br />
Johnston, un lato acustico intervallato da<br />
nervose bizze elettriche e una grande<br />
passione per la melodia. Questo ultimo<br />
album segue l’umore musicale del suo<br />
precedente, non ha forse alcuni guizzi<br />
emozionali dei suoi precedenti ma segna<br />
la matur<strong>it</strong>à e l’equilibrio dei vari elementi<br />
che da sempre hanno affollato le canzoni<br />
di Sparklehorse. Insieme a lui, in questo<br />
album, osp<strong>it</strong>i d’eccezione come Tom<br />
Wa<strong>it</strong>s e Dangermouse. Se siete in cerca<br />
di emozioni forti ma sussurrate, questo<br />
disco fa per voi.<br />
Osvaldo
10<br />
Scissor Sisters<br />
Ta-dah<br />
Polydor<br />
Pop / ***½<br />
Oh, che bello! Un cd dei Bee Gees!<br />
Questo è il potenziale commento medio<br />
di un 40enne al primo ascolto di Ta-Dah,<br />
seconda prova del quintetto americano.<br />
E in effetti il dubbio potrebbe anche<br />
venire, se non ci si concentra per bene.<br />
Un cd quanto mai autoreferenziale,<br />
che conferma, nel paradosso, l’unic<strong>it</strong>à<br />
di un gruppo che fa delle c<strong>it</strong>azioni il<br />
proprio punto di forza. Dopo il boom<br />
del cd omonimo del 2004 (album più<br />
venduto nel Regno Un<strong>it</strong>o in quell’anno),<br />
appare piuttosto evidente la volontà<br />
delle Sorelle Forbice di proseguire sul<br />
sentiero già battuto in precedenza, in<br />
un mix tra “Settanta, Ottanta e Duemila”<br />
(come già sottolineato dalla campagna<br />
pubblic<strong>it</strong>aria). Il singolo, I don’t feel like<br />
dancing è il pezzo più radio-friendly, con<br />
un Elton John ispiratissimo (e non poteva<br />
essere altrimenti). Tutt’attorno, una<br />
manciata di pezzi spiccatamente pop,<br />
anche di ottima qual<strong>it</strong>à, She’s my man<br />
(si, avete letto bene) su tutti. I testi sono<br />
esattamente come ve li potreste aspettare<br />
da un manipolo di fieri metrosessuali, con<br />
c<strong>it</strong>azioni anche ai piani alti della storia<br />
della musica (una canzone si chiama<br />
“Paul Mccartney” pur suonando in<br />
modo esattamente ossimorico rispetto<br />
ai Beatles, ovvero con andamenti synthpop<br />
anni ‘80). Degna di nota anche<br />
Intermission, cantata da un Jake Shears<br />
versione no-falsetto, pezzo che avrebbe<br />
fatto la gioia di Rufus Wainwright. Un<br />
buon cd, che non farà la storia della<br />
musica, ma che va ascoltato. E vanno<br />
colte tutte le potenzial<strong>it</strong>à del gruppo di<br />
New York, in attesa di una prova un po’<br />
più coraggiosa, il viatico per entrare nel<br />
gotha del pop. Aspettando, magari, una<br />
collaborazione con Madonna.<br />
Dino “doonie” Amenduni<br />
The Delgados<br />
The complete BBC Peel Sessions.<br />
Chemical <strong>Underground</strong> /<br />
Audioglobe<br />
Indie pop / ****<br />
Indie fatto come ai bei<br />
vecchi tempi, con il<br />
piede su un distorsore,<br />
i Pixies nel cuore, le<br />
Breeders ancora dietro<br />
l’angolo, da qualche<br />
parte i Jesus and mary<br />
chain. Immortalati dalle<br />
m<strong>it</strong>iche Peel sessions (hanno osp<strong>it</strong>ato<br />
da Hendrix fino ai nostri Uzeda), nate<br />
dalla mente del grandissimo conduttore<br />
radiofonico John Peel queste registrazioni<br />
accumulate negli anni e album dopo<br />
album dalla band cap<strong>it</strong>anata da Emma<br />
Pollock vengono pubblicate. Una sorta di<br />
archivio, memoria di ciò che è passato,<br />
esiste e non bisogna dimenticare.<br />
Ed è generosa questa session dei<br />
Delgados. Un doppio in cui il gruppo<br />
scozzese sfodera tutto il suo campionario,<br />
dalle asper<strong>it</strong>à indie noise, alle canzoni<br />
più chamber rock, fino ai momenti più<br />
romantici e br<strong>it</strong> pop in cui è il piano a<br />
dominare sulle ch<strong>it</strong>arre. C’è anche una<br />
cover di California uber alles, un tributo<br />
al punk dei Dead Kennedys. Non è un<br />
greatest h<strong>it</strong>s e neanche un live, ma<br />
ha in sè la bellezza e la spontane<strong>it</strong>à di<br />
entrambi. Se vi siete persi dieci anni di<br />
storia dei Delgados questo è una specie<br />
di Bignami, un assaggio che vi metterà<br />
sub<strong>it</strong>o fame, quella di avere tutti e cinque<br />
i loro album. (O.P.)<br />
Micah P. Hinson<br />
Micah P. Hinson And The Opera<br />
Circu<strong>it</strong><br />
Sketchbook/Goodfellas<br />
cantautorato folk, country / ****<br />
È una delle voci più<br />
belle degli ultimi anni,<br />
Micah P. Hinson, ci<br />
regala nuove struggenti<br />
emozioni con un<br />
album composto<br />
da undici perle di<br />
ottimo cantautorato<br />
americano. Inizia col suono delle cicale,<br />
poi una ch<strong>it</strong>arra, un’armonica dal suono<br />
delicato, la sua voce, sembra quella di<br />
KeepCool<br />
un uomo maturo, ma ha solo ventiquattro<br />
anni. Si potrebbe dire, solo per rendere<br />
l’idea, che assomiglia a Johnny Cash<br />
insieme a Calexico e Devendra Banhart,<br />
ma sarebbe stupida e lim<strong>it</strong>ata come<br />
descrizione. Micah è se stesso, in tutto il<br />
talento e la sensibil<strong>it</strong>à, un songwr<strong>it</strong>er dal<br />
cuore sanguinante. Seppur di giovane<br />
età, dai suoi testi si evince quanto abbia<br />
sofferto in passato a causa di s<strong>it</strong>uazioni<br />
dure, di disagio. Poesia bucolica, rurale,<br />
amore e sofferenza, attimi cupi e spiragli<br />
di luce. Questo disco è stato composto<br />
nella sua casa di Abilene, in Texas, dove<br />
l’<strong>artista</strong> costretto a letto a causa di un<br />
infortunio alla schiena, ha deciso di<br />
inv<strong>it</strong>are e coinvolgere un gruppo di amici,<br />
gli Opera Circu<strong>it</strong>, tra cui vi è il cantautore<br />
statun<strong>it</strong>ense Eric Bachmann ed Henry Da<br />
Massa, con la sua armonica, presente<br />
anche nel progetto parallelo denominato<br />
Late Cord. Genio e capac<strong>it</strong>à espresse in<br />
un ottimo disco dalle tinte autunnali.<br />
Livio Polini<br />
Lisa Germano<br />
In <strong>the</strong> maybe world<br />
Young god records / Goodfellas<br />
Dream pop / ****<br />
A volte c’è bisogno di<br />
qualcosa per risvegliare<br />
una parte di noi che<br />
credevamo sop<strong>it</strong>a. A<br />
volte quel qualcosa è<br />
un disco. Tutti portiamo<br />
con noi malinconie<br />
che per un po’<br />
mettiamo via ma che ci servono, fanno<br />
parte di noi. Ci sono artisti, grandi artisti,<br />
capaci di cantare uno stato d’animo,<br />
di rappresentarlo alla perfezione con<br />
pochissimo. Lisa Germano è certamente<br />
una di questi. Questo suo nuovo album<br />
è onirico, notturno, dolce. Classica per<br />
alcuni versi, come la formazione dei<br />
suoi gen<strong>it</strong>ori musicisti, matura per i 48<br />
anni che ormai bussano alle porte e i<br />
numerosi dischi alle spalle, Lisa Germano<br />
in questo In <strong>the</strong> maybe world riesce a<br />
imporre in poche tracce e pochi minuti<br />
uno stato d’animo. Basta concentrarsi<br />
sui pochi elementi chiamati in causa per<br />
perdere il contatto con tutto il rumore<br />
e trovare pace in queste tracce. Senza<br />
alcun bisogno di forzare, accostando<br />
al piano ora una ch<strong>it</strong>arra, ora un violino<br />
struggente, rispettando strofa e r<strong>it</strong>ornello,
KeepCool 11<br />
ma semplicemente sentendo ogni<br />
singola nota suonata Lisa ti inchioda<br />
con un incedere che sembra un inv<strong>it</strong>o<br />
a riprenderti il tuo tempo. Se sapete che<br />
sapore ha la lontananza provate ad<br />
ascoltare Too much space. Romantico e<br />
decadente come l’artwork questo disco<br />
è neve, fiore e uccello è un sibilo lento e<br />
dolce che arriva fino al cuore e può far<br />
male. (O.P.)<br />
Ani Di Franco<br />
Reprieve<br />
Righteous Babe<br />
Folk / ***<br />
Un lungo intro<br />
strumentale, un<br />
contrabbasso a cui<br />
si aggiunge, lento,<br />
un pianoforte e solo<br />
successivamente una<br />
voce, dolente, che<br />
parla, non canta:<br />
questa la splendida Hypnotized, ad<br />
apertura dell’ultimo album di Ani Di<br />
Franco. Accanto al contrabbasso, ormai<br />
parte integrante del suo sound e suonato<br />
da Todd Sickafoose, l’immancabile<br />
ch<strong>it</strong>arra acustica, meno irrequieta<br />
del sol<strong>it</strong>o, più incline verso suoni folk<br />
che sanno di dolce ballata più che di<br />
ribellione. Ma i temi che ad Ani piace<br />
affrontare non mancano certo in questo<br />
disco, la denuncia pol<strong>it</strong>ica è presente nei<br />
testi anche di questo lavoro - come in tutti<br />
gli altri - a cui è dato un particolare risalto.<br />
Le parole, infatti, spesso parlate piuttosto<br />
che cantate, o urlate, rappresentano<br />
il punto centrale intorno cui ruotano<br />
tutti gli strumenti, la ch<strong>it</strong>arra in primis, il<br />
contrabbasso, il piano e l’organo suonati<br />
da Sickafoose, poi effetti e percussioni.<br />
Probabilmente non tutti dei tanti fan<br />
d’annata della Di Franco avranno ben<br />
accolto questo disco, proprio per questa<br />
sua verve melodica, quieta, molto matura<br />
e introspettiva. Ma la sua voglia di rivolta<br />
resta, seppur velata da note poetiche.<br />
Feminism ain’t about equal<strong>it</strong>y, <strong>it</strong>’s about<br />
reprieve…<br />
Valentina Cataldo<br />
Paolo Nutini<br />
These streets<br />
Atlantic<br />
New Acoustic Movement / ****<br />
La storia di Paolo Nutini non è troppo<br />
diversa da quelle con cui ultimamente<br />
ci imbattiamo constatando l’avvento di<br />
stelline della musica: un ragazzo di belle<br />
speranze e con una sufficiente dose<br />
di furbizia fa circolare un paio di pezzi<br />
via Internet, attraverso l’onnipresente<br />
myspace.com, i pezzi piacciono, la<br />
multinazionale guarda, ammira, fa<br />
firmare. Lily Allen e Sandi Thom hanno<br />
percorso le stesse tappe, per intenderci.<br />
Qui però finiscono gli elementi in comune<br />
con questo clichè divenuto addir<strong>it</strong>tura<br />
ai margini dello scontato. 19 anni, papà<br />
<strong>it</strong>aliano e mamma scozzese, si presenta<br />
in modo assolutamente convincente con<br />
questo These streets che non appare<br />
affatto un veloce patchwork utile solo a<br />
sfruttare l’onda mediatica, bensì un album<br />
vero e proprio, ragionato e completo. Al<br />
suo interno c’è Last Request, il singolo<br />
giunto sino al quinto posto in UK e che<br />
da qualche giorno passa timidamente<br />
anche da noi in radio (non senza un<br />
minimo di sorpresa). La musica è scr<strong>it</strong>ta da<br />
lui, così come i testi: Paolo (dice) si ispira<br />
a Oasis, Doors e Pink Floyd ma in Alloway<br />
Grove, in particolare, appare evidente la<br />
lezione di Simon e Garfunkel. Vocalmente<br />
sicuro (in particolare in Autumn), ha<br />
ricevuto l’invest<strong>it</strong>ura dei Rolling Stones,<br />
che l’hanno voluto come opener per<br />
un loro concerto a Vienna. Unico lim<strong>it</strong>e<br />
è la sindrome da “già sent<strong>it</strong>o”, ma se il<br />
cd vi annoia, tenete duro (o passate<br />
direttamente alla traccia fantasma): la<br />
finale Last request in versione unplugged<br />
è semplicemente da brividi. Ne sentiremo<br />
parlare, non fosse altro per il tocco di<br />
<strong>it</strong>aliano che porta con sé.<br />
Dino “doonie” Amenduni<br />
My brightest diamond<br />
Bring me <strong>the</strong> workhorse<br />
Asthmatic K<strong>it</strong>ty<br />
Gothic pop / ***½<br />
Sufjan Stevens produce per la sua<br />
etichetta l’album di esordio dell’amica e<br />
collaboratrice Shara Worden, originaria<br />
del Michigan, proveniente da una<br />
famiglia di musicisti legati alla chiesetta<br />
pentecostale di Ypsilanti. Durante i suoi<br />
anni di sviluppo delle sue indiscutibili doti<br />
vocali da teatro d’opera lavora addir<strong>it</strong>tura<br />
con Wh<strong>it</strong>ney Houston e Mariah Carey,<br />
finché non decide di abbandonare il<br />
mondo mainstream per perfezionarsi<br />
studiando spart<strong>it</strong>i più classici.<br />
Si iscrive ai corsi di canto dell’Univers<strong>it</strong>y<br />
of North Texas, dopodichè, trasfer<strong>it</strong>asi<br />
a NewYork inizia ad avvicinarsi ai circoli<br />
musicali underground della c<strong>it</strong>tà, ascolta<br />
Antony, Nina Nastasia, Rebecca Moore.<br />
Raccolti così un gruppo di musicisti,<br />
comincia ad esibirsi in piccoli club, fino<br />
al fatale incontro con Stevens e l’ingresso<br />
nei suoi Illinoisemakers. Ed ecco infine la<br />
sua personale usc<strong>it</strong>a discografica (che in<br />
realtà è doppia, poiché parallelamente<br />
a questo disco ne realizza un altro con<br />
un quartetto d’archi, A thousand shark’s<br />
teeth): legato (non completamente)<br />
al sound dell’etichetta, il disco rivela<br />
la sua particolar<strong>it</strong>à inev<strong>it</strong>abilmente nel<br />
personale timbro vocale della Worden<br />
(non lontana da Beth Gibbons), che a<br />
dir la ver<strong>it</strong>à a tratti risulta anche troppo<br />
ridondante e barocco.<br />
Per fortuna non è uno di quei prodotti<br />
in cui la musica è solo una base di<br />
accompagnamento, ma ci sono<br />
interessanti tess<strong>it</strong>ure strumentali dalle<br />
tonal<strong>it</strong>à cupe, a volte solenni, a volte<br />
spettrali, a volte drammatiche, a<br />
volte marziali (certi punti mi ricordano<br />
addir<strong>it</strong>tura i primi Black Sabbath). Di certo<br />
un album molto emozionale.<br />
Davide Rufini<br />
Barbara Carlotti<br />
Les Lys brisés<br />
4AD<br />
Pop / ***<br />
Una voce bianca e bassa che canta di<br />
pioggia, silenzio, notti d’amanti. Non è<br />
<strong>it</strong>aliana nonostante nome e cognome<br />
possano entrambi trarre in inganno.<br />
Trentenne francese doc nata nella
egione parigina e cresciuta in Corsica<br />
tra studi musicali e l’interesse per la<br />
danza. A tre anni da un mini-album<br />
autoprodotto int<strong>it</strong>olato Chansons esce<br />
adesso con l’etichetta 4AD - prima <strong>artista</strong><br />
francese sotto contratto - il suo Les Lys<br />
brisés. Il disco racchiude quattordici<br />
pezzi, tutti molto semplici, molto delicati,<br />
molto – oserei - nostalgici. Giri di ch<strong>it</strong>arra<br />
d’accompagnamento, pochi altri<br />
strumenti per delle melodie sottili e poi<br />
la sua voce, senza artifici, posata, bella<br />
da ascoltare. Nel complesso un suono<br />
estremamente chiaro che non dispiace<br />
affatto, al contrario ben si coniuga alla<br />
malinconia autunnale di questo periodo.<br />
Un’eleganza e una grazia tutte francesi.<br />
Un evidente richiamo ai passati anni ’60<br />
di Françoise Hardy, icona pop, “esile<br />
e ombrosa”, chanteuse amatissima e<br />
conosciutissima in patria cui ancora<br />
oggi molto signorine del rock s’ispirano.<br />
Nell’album della Parlotti una chicca,<br />
la bella A Rose for Emily degli Zombies<br />
adattata da lei in francese.<br />
Valentina Cataldo<br />
Christina Aguilera<br />
Back to basics<br />
Rca<br />
Pop (di tutte le stagioni) / **½<br />
C’è qualcosa che non (mi) convince<br />
in quest’ultima fatica della ri-bionda<br />
X-tina. Eppure non è nemmeno un<br />
album da usare come piattello per le<br />
Olimpiadi: la voce è sempre su discreti<br />
livelli (anche se ho come la sensazione<br />
che la consapevolezza di ciò abbia<br />
portato la Aguilera a non rischiarla più di<br />
tanto) e le idee ci sono, forse addir<strong>it</strong>tura<br />
troppe. Di qui, (non) si spiega il doppio<br />
album. Probabilmente per un suo vezzo,<br />
probabilmente per mettere tanta carne<br />
al fuoco (utilizzando l’espediente come<br />
deterrente alla pirateria), Christina<br />
sfodera un primo album “standard”,<br />
prodotto da Dj Premier e al cui interno<br />
svetta la h<strong>it</strong> single Ain’t no o<strong>the</strong>r man e in<br />
cui è possibile r<strong>it</strong>rovare tutte le frecce del<br />
suo repertorio: soul, funk (in Still dirrty, una<br />
dichiarazione anti-ansia per i fan), hip-hop<br />
(Thank you, riusc<strong>it</strong>issima autoc<strong>it</strong>azione di<br />
Genie in a Bottle), e ne affianca un altro,<br />
prodotto da Linda Perry delle compiante<br />
(?) Four Non Blondes. Questo secondo<br />
cd è completamente inatteso ma alla<br />
fine forse prevedibile: strutturato come<br />
una sorta di musical à la Christina in<br />
versione Lady Marmalade, non ha una<br />
fisionomia poi realmente coerente, dato<br />
che sono inser<strong>it</strong>i due lentoni nel finale,<br />
intensissimi (Mercy on me, Save me from<br />
myself), che fanno mal pensare: Christina<br />
sa fare meglio le ballad. E ora? I video<br />
in cui la musica era un optional? Niente<br />
più? Meglio di no, facciamo 2 album, 22<br />
tracce. Se ne avesse fatte 9, sarebbe stata<br />
la consacrazione. E invece ci dobbiamo<br />
accontentare di una, purtroppo piccola,<br />
maturazione.<br />
Dino “doonie” Amenduni<br />
Pharrell Williams<br />
In my mind<br />
Ect<br />
Hip-hop, soul / **<br />
Finalmente è arrivato. Uno dei cd più<br />
travagliati della recente storia musicale<br />
ha finalmente visto la luce. Dopo ben<br />
tre singoli a introdurlo e dopo una serie<br />
veramente imbarazzante di rinvii (doveva<br />
infatti uscire a novembre 2005) è agli<br />
occhi di tutti il primo progetto solista di<br />
Pharrell Williams, illuminato produttore, a<br />
nome Neptunes, insieme a Chad Hugo, di<br />
(quasi) tutto ciò che di nuovo arriva dagli<br />
Stati Un<strong>it</strong>i in materia di hip-hop, o come<br />
membro dei N.E.R.D, in cui emerge(va)<br />
lo spir<strong>it</strong>o più rock del nostro. I rinvii<br />
sol<strong>it</strong>amente non portano buoni auspici (i<br />
fan dei Guns’n’Roses ne sanno qualcosa)<br />
e purtroppo questo cd, in questo senso,<br />
non tradisce le aspettative. Lo fa invece<br />
a livello di qual<strong>it</strong>à musicale. Pharrell infatti<br />
sembra non riuscire a reggere il carrozzone<br />
da solo e cade in un lim<strong>it</strong>e poi tipico di<br />
questo genere di album, la ripet<strong>it</strong>iv<strong>it</strong>à. La<br />
voce non esalta, il falsetto che tanto ha<br />
sciolto le donnine negli ultimi due anni (in<br />
capolavori del genere come Beautiful,<br />
con Snoop Dogg), utilizzato in maniera<br />
massiccia in un album, fa pensare che i<br />
colpi in canna siano fin<strong>it</strong>i. Non bastano le<br />
collaborazioni eccellenti (lo stesso Snoop,<br />
Nelly, Jay-Z, Gwen Stefani, Kanye West)<br />
a salvarlo. Ed è addir<strong>it</strong>tura imbarazzante<br />
la mediocr<strong>it</strong>à del pezzo Number One,<br />
con Kanye. I due, in linea teorica, sono<br />
le menti più brillanti del panorama soul<br />
americano, in pratica fanno il comp<strong>it</strong>ino<br />
e niente più. Come se una squadra di<br />
calcio con Ronaldinho e Kakà uscisse ai<br />
quarti di una Coppa del Mondo. Ah, d<strong>it</strong>e<br />
che è successo davvero?<br />
Dino “doonie” Amenduni<br />
Alias and Tarsier<br />
Brooklyn/Oakland<br />
Anticon records<br />
Elettronica / ****<br />
La r<strong>it</strong>mica distorta e il<br />
fraseggio di piano che<br />
aprono questo disco<br />
ne racchiudono le due<br />
anime.<br />
Quella di Alias robusta,<br />
r<strong>it</strong>mica, figlia dell’hip<br />
hop e con qualche<br />
KeepCool<br />
ricordo in casa Morr e quella di Tarsier ,<br />
pop, dolce, sognante e malinconica.<br />
All’utilizzo di un’elettronica più glicth<br />
fatta di frequenze disturbate e suoni in<br />
bassa fedeltà si accostano suoni freddi,<br />
muri di sinth, r<strong>it</strong>miche che spingono e<br />
incalzano lente e potenti. Tutto convive<br />
in un’armonia che non ha posto dove<br />
esistere se non nell’aria. Musica per<br />
aereoporti teorizzò qualcuno qualche<br />
anno fa, questo è un disco che sa di c<strong>it</strong>tà,<br />
(sent<strong>it</strong>e l’incip<strong>it</strong> di Last nail) di strada, ma<br />
anche di stanze dove cercare e trovare<br />
pace e dove quello che succede fuori<br />
arriva ovattato, filtrato. Per i nostalgici<br />
del trip hop questo disco è una corsia<br />
preferenziale verso alcune atmosfere<br />
care al genere, per chi ama il pop<br />
questo Brookland/Oaklyn è una scoperta<br />
(ascoltate come atmosfere acustiche<br />
sposano l’elettronica in Dr.c).Immagina<br />
due colori, due punti di vista diversi ma<br />
complementari e falli suonare insieme. In<br />
alcune battute la voce si Tarsier ricorda<br />
vagamente Bjork, ma è solo un momento.<br />
il resto è ispirato, ricco si muove su trame<br />
semplici ma f<strong>it</strong>te.<br />
Le due personal<strong>it</strong>à acustica ed elettronica<br />
in 5 year dove scomodano una sezione<br />
di archi che presto viene impastata tra<br />
rumori rubati alla strada fino a esplodere<br />
tra ch<strong>it</strong>arre distorte e delay. Ci sono tante<br />
cose in questo disco, messe lì per farsi<br />
scoprire ascolto dopo ascolto.<br />
Sembra aver preso una piega questo<br />
Brookland Oaklyn, quasi ci stai bene<br />
dentro accarezzato dalla voce di Tarsier<br />
quando arriva un brano claustrofobico<br />
come Luck and fear a rimettere quasi<br />
tutto in discussione. Ligaya infine è come<br />
un saluto sui binari della stazione, la fine di<br />
un viaggio l’inizio di un altro. (O.P.)<br />
Supersystem<br />
A million Microphones<br />
Touch & go rec<br />
R<strong>it</strong>mi / ***<br />
Sono lontani gli anni<br />
in cui gli El Guapo ti<br />
riuscivano a disturbare<br />
la cena con le loro<br />
note secche e violente,<br />
capaci di susc<strong>it</strong>arti<br />
un’angoscia dal<br />
profondo. Il cambio<br />
di ragione sociale aveva già da sub<strong>it</strong>o<br />
fatto intendere un approdo a lidi più<br />
leggeri a fruibili. La maggior cura della<br />
produzione e dei vocalizzi, l’allargarsi<br />
degli strumenti (in Eagles feeling eyres<br />
c’è addir<strong>it</strong>tura un’arpa), l’introduzione<br />
di beats funky e grooves più danzerecci,<br />
finanche di r<strong>it</strong>miche da world music,<br />
tutto ha contribu<strong>it</strong>o alla rielaborazione<br />
dell’att<strong>it</strong>udine (ed evidentemente anche<br />
degli obiettivi) del gruppo.<br />
A sentir loro si sono incentrati molto sulle<br />
melodie, per non fare una ennesima<br />
banale accozzaglia di r<strong>it</strong>miche per<br />
ballare, ma per creare con cura strutture<br />
innovative capaci di riempire “lo spazio<br />
tra e attorno i beats”. Ma in questo lavoro<br />
di ricerca e di riempimento certosino<br />
degli spazi, a mio avviso, mi sono r<strong>it</strong>rovato
KeepCool<br />
in mano un prodotto tanto piacevole,<br />
ricco e ben confezionato (anche nella<br />
grafica) ma che non mi susc<strong>it</strong>a più niente.<br />
Portatevelo a qualche festino in spiaggia<br />
per fare i fighi, avrete di certo successo,<br />
ma quando tornate a casa, e siete da<br />
soli, rimettete su un vecchio vinile degli<br />
El guapo e godetevi i rigurg<strong>it</strong>i di vom<strong>it</strong>o<br />
alcolico che vi tormenteranno tutto il<br />
resto della nottata.<br />
Davide Rufini<br />
Yo La Tengo<br />
I Am Not Afraid Of You And I Will<br />
Beat Your Ass<br />
Matador/Self<br />
indierock / ****<br />
Un nome che è tutto un programma,<br />
“Non ho paura di te e ti romperò il culo”,<br />
questa la traduzione del <strong>t<strong>it</strong>olo</strong> dell’ultimo<br />
album dei Yo La Tengo. Una delle band<br />
più interessanti della scena indierock<br />
statun<strong>it</strong>ense, da diversi anni in circolazione,<br />
riconosciuti per le particolari e in più<br />
occasioni dimostrate qual<strong>it</strong>à (come non<br />
ricordare I Can Hear The Hearts Beating<br />
As One). In quest’ultima prova è presente<br />
una tale longev<strong>it</strong>à, forza, energia, senso<br />
creativo da fare invidia a svariate bands<br />
di giovani ventenni. Con quindici tracce<br />
per più di un’ora di ascolto, r<strong>it</strong>orno in<br />
grande stile per la band del New Jersey.<br />
Sicuramente uno dei migliori album in<br />
una ricca discografia quello di Ira Kaplan<br />
e soci, allegro e ben costru<strong>it</strong>o, vario e<br />
ambizioso. Rock and roll, pop, funk, soul,<br />
garage, wave, lounge, un viaggio in<br />
bilico tra il suono lontano dei ‘60 e ‘70 (nel<br />
brano Ronnie addir<strong>it</strong>tura il rock sfrenato<br />
degli anni cinquanta) ed il moderno, un<br />
vortice di generi e stili, abilmente suonati<br />
e arrangiati. Su questa giostra di luci e<br />
colori è una gioia salire, il rischio come<br />
potrete intuire è arrivare da sobri per poi<br />
r<strong>it</strong>rovarsi completamente ubriachi. Siete<br />
pronti a questa possibil<strong>it</strong>à? Altro giro, altro<br />
ascolto, gettonarsi.<br />
Livio Polini<br />
F.S. Blumm<br />
Summer Kling<br />
Morr Music<br />
Lounge music / **** ½<br />
Con questa nuova usc<strong>it</strong>a il berlinese<br />
Blumm si riconferma essere uno degli<br />
artisti più interessanti di casa Morr. Dopo<br />
un’intera stagione di ascolti, incontri,<br />
confronti e collaborazioni in c<strong>it</strong>tà, Blumm<br />
sparisce con suo camper accompagnato<br />
solo dalla sua fida ch<strong>it</strong>arra, e solo, lontano<br />
dal marasma di input metropol<strong>it</strong>ani,<br />
rielabora tutti i suoi contenuti emotivi,<br />
psichici, culturali, musicali immagazzinati<br />
e tira fuori le basi per il nuovo disco, che<br />
realizzerà in compagnia di fidati amici,<br />
chiusi in una stanzetta accogliente e<br />
silenziosa. Un clarinetto, una trombetta,<br />
un trombone, un flauto, una ch<strong>it</strong>arra,<br />
una batteria e poco altro per realizzare<br />
in musica lo stato d’animo pacifico e<br />
rilassato dei musicisti. La colonna sonora<br />
ideale per un tramonto di una calda<br />
giornata in spiaggia, stesi con in mano<br />
una bevanda ghiacciata: la perfetta<br />
espressione di lounge music. Soffici<br />
fiati, delicate atmosfere, giri di ch<strong>it</strong>arra<br />
avvolgenti, uno stile elegante da far<br />
invidia a Burt Bacharach: una musica<br />
mai ruffiana, mai volgare. Per me, il più<br />
bell’album di questa estate.<br />
Davide Rufini<br />
Miss Violetta Beauregarde<br />
Odi profamun vulgus et arceo<br />
Temporary Residence<br />
Elettropunk / **½<br />
Fifi-punk dell’ultim’ora,<br />
originaria di Bergamo,<br />
ma poi trasfer<strong>it</strong>asi ad<br />
Alessandria, amichetta<br />
della tipa dei Verdena<br />
con cui aveva formato<br />
le Porno Nuns (e<br />
già si può intuire il<br />
personaggio se vogliamo affidarci ai<br />
beneamati pregiudizi), accan<strong>it</strong>a fedele<br />
al DIY, ha bazzicato in vari gruppetti<br />
punk ed elettro-punk (tra cui i Tributo a<br />
Luigi Galvani ensemble messo su insieme<br />
a quei fusi di testa dei Uochi Toki, e<br />
questa è cosa buona); col nome di Aiki<br />
è inoltre conosciuta tra gli indie-sfigati<br />
come provocante suicide girl (vedi www.<br />
suicidegirls.com). Una di quelle faccette<br />
carine ma che ti stanno sub<strong>it</strong>o sul cazzo,<br />
miss Violetta si è distinta come scomodo<br />
personaggio dell’indie <strong>it</strong>aliano, per i<br />
suoi modi aggressivi e irrispettosi verso<br />
tutto e tutti (basta leggere il <strong>t<strong>it</strong>olo</strong> del<br />
nuovo album “odio la massa ignorante<br />
e la tengo lontana” per capire il tipo).<br />
In realtà a più di qualcuno ricorda la<br />
sol<strong>it</strong>a ragazzina <strong>it</strong>aliana-media un po’<br />
fighetta che deve fare la parte della<br />
punkabbestia a tutti i costi dimostrare al<br />
mondo che lei è diversa, che lei è vera,<br />
che lei prende posizione, che lei non si fa<br />
sfottere, che lei controlla la sua esistenza,<br />
che lei parla in modo poetico e se non<br />
mi segui cazzi tuoi, e barabin baraban (e<br />
per farlo capire a tutti c’ha pure il blog<br />
ovviamente: heidi666.splinder.com); uno<br />
di quei personaggini che dopo dieci<br />
minuti di sofisticate puttanate, sproloqui,<br />
minacce, te ne vai sennò la scatti di<br />
mazzate. E la musica che produce è<br />
un po’ tutta così: isterica a vuoto, un<br />
inutile bombardamento di stronzate, ma<br />
dette con convinzione e cattiveria. Se<br />
dobbiamo esser poi professionali, allora<br />
devo dire che si tratta di un prodotto da<br />
catalogare alla voce: female elettropunk-techno-hardcore<br />
di japanoisiana<br />
memoria, e in realtà neanche tanto<br />
malfatto, solo che io proprio non lo<br />
reggo; sarà che fa caldo e starmi a<br />
sentire questa che urla proprio non mi va<br />
giù. Consigliato agli scoppiati nevrotici.<br />
Davide Rufini<br />
Roy & <strong>the</strong> devil’s motorcycle<br />
Because of women<br />
Voodoo Rhythm Records<br />
Blues / *****<br />
Devo dire che con<br />
questa produzione<br />
recentissima, Because<br />
of women degli<br />
svizzeri Roy & <strong>the</strong><br />
devil’s motorcycle, tre<br />
ch<strong>it</strong>arristi (3 Bro<strong>the</strong>rs)<br />
più un batterista, Oliver,<br />
la Voodoo Rhythm si<br />
è davvero superata. Il sound prodotto<br />
dalle tre ch<strong>it</strong>arre e da Oliver travalicano<br />
l’abusato concetto di trash-blues che si<br />
rivela lim<strong>it</strong>ativo nel loro caso. Da un lato<br />
si ricollegano a certo “decostruttivismo”<br />
blues di m<strong>it</strong>iche band come Chrome<br />
Cranks, Bassholes e Cheater Slicks; come<br />
loro in brani come l’oppiacea I Had A<br />
Dream, l’acustico-folkeggiante Winding<br />
Up (con tanto di onde che si rifrangono<br />
e grida di gabbiani) e l’informale Dust<br />
Ball Flashback iniettano nella matrice<br />
nera del blues alcolizzati ed onirici<br />
umori esistenziali di bianchi alla deriva,<br />
di v<strong>it</strong>e allo sbando, mutandone per<br />
fatale inerzia e trasfigurandone le trame<br />
originarie. Un mood che ricorda molto gli<br />
abbandoni drogati degli Spaceman 3.<br />
Ma, a differenza dei nomi succ<strong>it</strong>ati, Roy<br />
& The Devil’s Motorcycle rinunciano ad<br />
urgenza r<strong>it</strong>mica e deflagrazioni soniche<br />
per dar v<strong>it</strong>a ad una psichedelica blues<br />
decelerata ed inquietante in cui sono<br />
gli obliqui e visionari téte-a-téte delle<br />
tre ch<strong>it</strong>arre e la voce trasandata ed<br />
occasionale a farla da padrone. Autentici<br />
monumenti al “cuore nero” di questo blues<br />
posseduto da un incredibile nichilismo<br />
bianco sono Dark Sunday Evening (qui<br />
i 13th Floor Elevators sembrano essersi<br />
dati appuntamento con i Joy Division), la<br />
cover di Junior Kimbrough, Don’t Leave<br />
me (strascicata ed alcolizzata) e quella di<br />
Elmore James, It Hurst Me Too, che come<br />
Johnny Be Good iniziano canoniche per<br />
poi inerpicarsi perfidamente su stravolti ed<br />
imprevedibili sentieri sonori. Omaggi alla<br />
tradizione quindi, anche se devastati da<br />
una seriale dedizione alla profanazione<br />
ed ad un’innata trascendenza sonica.<br />
Sono comunque episodi come Illumated<br />
Cowboy, spir<strong>it</strong>ata ed inclassificabile, che<br />
non offre il fianco ad alcuna etichetta<br />
musicale “umanoide”, e poi Dark Sunday<br />
Evening, e la tormentata e densa When<br />
We Were Young che senza ombra di<br />
dubbio mettono a fuoco la visionarietà<br />
straripante e potente di una band<br />
rimasta troppo a lungo nell’oscur<strong>it</strong>à di un<br />
piccolo villaggio delle montagne svizzere,<br />
oggetto di un r<strong>it</strong>o per pochi adepti.<br />
Pasquale Boffoli
Mudhoney<br />
Under A Billion Suns<br />
Sub Pop/ Audioglobe<br />
Rock / ****<br />
Il rock dei Mudhoney dimostra, ancora<br />
una volta, d’essere qualcosa di<br />
sincero e dalla forte ident<strong>it</strong>à musicale,<br />
emozionante ed impegnato. Quasi<br />
vent’anni fa, in una fredda e piovosa c<strong>it</strong>tà<br />
del nord-ovest degli Stati Un<strong>it</strong>i, quattro<br />
ragazzi scapestrati e ribelli portarono per<br />
la prima volta nelle orecchie dei depressi<br />
adolescenti di allora un suono molesto,<br />
gracchiante e spaventosamente<br />
violento, capace di scuotere dalle<br />
fondamenta le certezze stesse del rock<br />
classicamente inteso. Mark Arm e i suoi<br />
Mudhoney avrebbero così tracciato,<br />
per primi nella storia, il solco del grunge<br />
dal quale sarebbero poi sbocciati quei<br />
purissimi talenti che bruciarono per intero<br />
gli anni ’90. Da quelle ceneri disperate e<br />
colme di dolore oggi torna a sgorgare<br />
il sapore dolce di chi, come ultimo<br />
vero sopravvissuto del grunge, non ha<br />
voglia di piangersi addosso, né paura<br />
di guardare il sole negli occhi. Hanno<br />
attraversato vent’anni di storia musicale<br />
dimostrando anche che è possibile<br />
rimanere fieramente indipendenti e<br />
fedeli alle proprie intenzioni primarie,<br />
sviluppando un sound che, part<strong>it</strong>o dal<br />
punk, ha poi saputo sviscerare numeri di<br />
rock rumoroso, distorto e abrasivo. Con<br />
Under A Billion Suns tutto ciò è ribad<strong>it</strong>o e<br />
posto al servizio di undici nuove canzoni<br />
che, al di là di una saltuaria presenza di<br />
fiati a volte straniante, portano impresso<br />
in maniera indelebile un marchio di<br />
fabbrica inconfondibile: quello dei<br />
Mudhoney!<br />
Camillo “RADI@zioni” Fasulo<br />
Todd<br />
Comes To Your House<br />
Sou<strong>the</strong>rn / Wide<br />
noise rock / ***1/2<br />
Un bel giorno Craig Clouse, dopo un<br />
glorioso passato vissuto in svariati gruppi<br />
hard-rock (Crown Roast, Negative Step,<br />
Hammerhead…) decide di fondare una<br />
band insieme a sua moglie ed alcuni<br />
amici. L’occasione è quella giusta, un<br />
tour come gruppo spalla per le m<strong>it</strong>iche<br />
Breeders. Il grande ed improvviso<br />
successo dato dalle performance live<br />
portano la band a fissare date in giro un<br />
po’ ovunque, a volte anche su palchi<br />
importanti. Quello che poteva essere<br />
un semplice esperimento, nato per<br />
sfruttare una ghiotta opportun<strong>it</strong>à (un tour<br />
appunto), si trasforma ben presto in una<br />
realtà forte e consolidata. I Todd con la<br />
loro musica riescono a regalare emozioni<br />
molto forti, suoni trascinanti. Il noise rock<br />
espresso è di altà qual<strong>it</strong>à, schizofrenia<br />
e devastazione, nichilismo allo stato<br />
puro. Due ch<strong>it</strong>arre per riff energici e<br />
improvvisi, un basso, una tastiera, una<br />
batteria sbattuta con violenza, alcune<br />
percussioni ed urla feroci, questa la<br />
ricetta. Disturbo e sperimentazione, senza<br />
dubbio. Questo nuovo album, Comes To<br />
Your House, rispetto al precedente Pur<strong>it</strong>y<br />
Pledge, appare ancora più completo e<br />
riusc<strong>it</strong>o, carico di dinamismo. Una buona<br />
scoperta questa band, probabilmente in<br />
futuro ne sentirete ancora parlare.<br />
Livio Polini<br />
Cansei de ser sexy<br />
CSS<br />
Sub pop/ audioglobe<br />
Indie / ****<br />
Finalmente anche<br />
il Brasile sforna<br />
un gruppo che si<br />
impone con stile<br />
a l l ’ a t t e n z i o n e<br />
del mondo indie<br />
internazionale,<br />
grazie ad un<br />
contratto con la prestigiosissima Sub Pop<br />
Records. Cansei De Ser Sexy (abbreviato<br />
in CSS) sono cinque ragazze e un ragazzo<br />
da Sao Paulo, conosciutisi su internet e<br />
tutti impegnati nel mondo della moda,<br />
dell’arte, del cinema. E la musica?<br />
Con la musica hanno cominciato a<br />
cimentarsi solo dopo aver deciso di<br />
formare una band: vera att<strong>it</strong>udine<br />
art-punk! Nell’album passano da r<strong>it</strong>mi<br />
leggeri e scanzonati con ch<strong>it</strong>arrine lo-fi<br />
KeepCool<br />
ad un electroclash algido e robotico tra<br />
Peaches e Adult per sganciare poi quella<br />
bomba da dancefloor dall’ecc<strong>it</strong>ante<br />
<strong>t<strong>it</strong>olo</strong> Let’s Make Love And Listen Death<br />
From Above: un irresistibile riempipista<br />
pieno di groove e malizia. Chiamatele<br />
le Chicks On Speed brasiliane. Oppure le<br />
Scissor Sisters sudamericane. Chiamatele<br />
come volete, ma amatele, ascoltatele,<br />
suonatele. Il loro è un disco che ogni bravo<br />
dj dovrebbe avere nella sua valigetta.<br />
Ma che può darvi l’energia giusta anche<br />
solo per ballare in camera vostra. Davanti<br />
allo specchio. Ovviamente mentre cuc<strong>it</strong>e<br />
il vostro nuovo vest<strong>it</strong>o.<br />
Marco Daretti<br />
Oneida<br />
Happy New Year<br />
Jagjaguwar/Self<br />
Indiepsichrock / ***1/2<br />
In una carriera così<br />
lunga, circa nove<br />
anni, è normale, o<br />
meglio dire naturale,<br />
che il suono di una<br />
band, in questo caso<br />
gli Oneida (from<br />
Brooklyn, New York),<br />
possa mutare. Sì, ma<br />
in quale modo? Non certo rincorrendo le<br />
mode last second, presenti inev<strong>it</strong>abilmente<br />
anche nell’ambiente indie. Gli Oneida<br />
continuano soli per la propria strada, non<br />
accettano compromessi. Alla ricerca di<br />
nuove emozioni ed espressioni visionarie,<br />
senza abbandonare, e di questo ne siamo<br />
ben felici, il tratto distintivo originario: lo<br />
squilibrio e la pazzia. Kid Millions, Hanoi<br />
Jane e Bobby Matador, giungono così<br />
al loro ottavo album, Happy New Year,<br />
decidono di accogliere in maniera<br />
defin<strong>it</strong>iva un nuovo elemento, il ch<strong>it</strong>arrista<br />
Phil Manley (già Trans Am). In questo<br />
disco le grandi ondate psichedeliche<br />
incontrano e spesso si mescolano con<br />
flussi diversi e a tratti irriverenti di genere<br />
folk, kraut-rock e nu-funk. Le tastiere acide<br />
in richiamo vintage, le psicoag<strong>it</strong>azioni<br />
vocali, le cavalcate sonore, elettrico<br />
contro elettronico, distorsione come<br />
alta forma di espressione e (persino)<br />
l’alternative-disco. Meno melodico<br />
rispetto al precedente The Wedding,<br />
originale e ben costru<strong>it</strong>o, questo disco<br />
vi porterà inev<strong>it</strong>abilmente ad amare<br />
questa band.<br />
Livio Polini
KeepCool<br />
The Sword<br />
Age Of Winters<br />
Kemado/Wide<br />
Old metal / ***<br />
Prendono spunto dalla pesantezza dei<br />
Black Sabbath come dalla follia omicida<br />
degli Slayer, dalle atmosfere polverose e<br />
desertiche dei Kyuss come dalle oscure<br />
e pachidermiche trame degli Sleep ma,<br />
incredibilmente e sorprendentemente,<br />
finiscono per risultare freschi ed<br />
ecc<strong>it</strong>anti nonostante questo morboso<br />
attaccamento alla tradizione. Se pensate<br />
che i Wolfmo<strong>the</strong>r rappresentino, in questo<br />
2006, la rinasc<strong>it</strong>a del rock dei seventies,<br />
date un ascolto ai The Sword. Potreste<br />
anche cambiare idea! Nati e cresciuti ad<br />
Austin, Texas, questi atipici ragazzi del sud,<br />
invece che mettersi in testa uno Stetson<br />
e imbracciare dei banjo, hanno prefer<strong>it</strong>o<br />
passare il tempo a leggersi almeno per<br />
tre volte di segu<strong>it</strong>o Il Signore Degli Anelli,<br />
sognando poi di ambientarlo nel deserto<br />
del Texas. Ebbene: la spada nella roccia<br />
è stata estratta così la band può correre<br />
per il <strong>t<strong>it</strong>olo</strong> di “più pesante rock act” del<br />
momento assieme a giganti del calibro<br />
di High On Fire, Mastodon e agli stessi<br />
Wolfmo<strong>the</strong>r. Certamente nulla di nuovo<br />
sotto il sole ma con la loro letale carica<br />
adrenalinica i The Sword appaiono come<br />
una grande, grandissima realtà! Con Age<br />
Of Winters si sono guadagnati l’ingresso<br />
nell’olimpo del nuovo “vecchio” metal.<br />
Un debutto colossale!<br />
Camillo “RADI@zioni” Fasulo<br />
Smaxone<br />
Regression<br />
Scarlet/Audioglobe<br />
Post-future-metal / ***<br />
Gli Smaxone, anche se con Regression<br />
presentano il loro album di esordio, fra le<br />
proprie fila al contrario contano musicisti,<br />
che non sono proprio degli esordienti, visto<br />
che provengono da altre band attive da<br />
molti anni, ossia Mnemic e Elopa. Il sound<br />
proposto dagli Smaxone si discosta anni<br />
luce dalle band sopra c<strong>it</strong>ate, ricordiamo<br />
infatti come gli Mnemic siano ded<strong>it</strong>i al<br />
trash e gli Elopa ad un semplice rock.<br />
Gli Smaxone sono una di quelle band<br />
dal suono non catalogabile, a cui è<br />
impossibile dare riferimenti stilistici senza<br />
cadere in errori o semplificazioni. Tuttavia<br />
possiamo dire, per osare una definizione,<br />
che si muovono a metà strada, fra le<br />
soluzioni di metal estremo alla Fear Factory<br />
e le trovate fantasiose dei Fa<strong>it</strong>h No More;<br />
il risultato è un calderone di composizioni<br />
ottimamente realizzate, dove partendo<br />
dal metal, a volte estremo, si arriva verso<br />
sfumature al lim<strong>it</strong>e del pop elettronico.<br />
Questo diciamo così, post-future-metal,<br />
non risulta obsoleto, ma è un mix ben<br />
riusc<strong>it</strong>o, fresco e omogeneo. In oltre<br />
Regression ha in se un valore aggiunto,<br />
ossia il tema concettuale che è basato<br />
sulla perd<strong>it</strong>a di un qualcosa, che avviene<br />
nella v<strong>it</strong>a di un individuo quando si<br />
verifica un evento traumatizzante ,che<br />
può essere ad esempio una guerra. L’art<br />
work di copertina si collega a questo<br />
concetto, rappresentando un giovane<br />
ragazzo che copre i suoi occhi per non<br />
vedere e non affrontare gli orrori del suo<br />
mondo. Io penso in conclusione che<br />
Regression rappresenti un lavoro riusc<strong>it</strong>o<br />
in tutti i suoi aspetti, ma che in nessuna<br />
maniera , per la sua particolar<strong>it</strong>à, potrà<br />
risultare accattivante ai più , poiché<br />
troppo ab<strong>it</strong>uati a vivere anche il proprio<br />
tempo libero con i paraocchi.<br />
Nicola Pace<br />
Nailbomb<br />
Live at Dynamo<br />
Roadrunner/Universal<br />
Metal / *****<br />
Live at…, rappresenta il secondo ed<br />
ultimo concerto dei Nailbomb, side<br />
project di Max Cavallera, in quegli<br />
anni ancora leader dei Sepultura. La<br />
proposta musicale si configurò sub<strong>it</strong>o<br />
come un’assoluta nov<strong>it</strong>à a base di una<br />
serie ossessiva di riff di ch<strong>it</strong>arra stoppati,<br />
continue e malsane urla laceranti, il<br />
tutto sorretto da una base elettronica<br />
sintetizzata su r<strong>it</strong>mo hard-core. Questo<br />
accadeva nel 1995 anno in cui una tale<br />
mescolanza non era affatto scontata<br />
e non sarebbe stata assolutamente<br />
accettata se non proposta da un nome<br />
leggendario come quello di Cavallera, in<br />
15<br />
quegli anni sinonimo di sperimentazione<br />
e qual<strong>it</strong>à allo stesso tempo. Non vi<br />
sembra quindi, viste le caratteristiche di<br />
questa band, che i Nailbomb possano<br />
rappresentare l’anello di congiunzione<br />
fra il vecchio heavy-metal e l’avvento<br />
della generazione new-metal? Tutto<br />
questo è incredibile basta pensare<br />
che i Nailbomb dovevano essere solo<br />
un progetto per dare sfogo a idee non<br />
utilizzabili nei Sepultura. Questo episodio<br />
è la conferma di come le cose grandi si<br />
possano fare solo in spontane<strong>it</strong>à, senza<br />
pressioni esterne.<br />
Nicola Pace<br />
Kidd Jordan<br />
Palm of Soul<br />
Aum Fidel<strong>it</strong>y<br />
Jazz / ****<br />
Ci sono dischi<br />
che nascondono<br />
un retroterra<br />
senza conoscere<br />
il quale non se<br />
ne può capire<br />
il contenuto. E<br />
difatti, ascoltare<br />
Palm of Soul<br />
ignorando gli<br />
a n t e c e d e n t i<br />
porterebbe a<br />
pensare a un disco<br />
inutile, pretenzioso, anacronistico nella<br />
migliore delle cr<strong>it</strong>iche. Ma se, al contrario,<br />
si ispeziona la realtà (e basta leggere le<br />
note di copertina), si scopre che Kidd<br />
Jordan, sassofonista ultrasettantenne,<br />
ha appena assist<strong>it</strong>o alla distruzione<br />
(ev<strong>it</strong>abile?) della sua c<strong>it</strong>tà, New Orleans,<br />
e del suo stesso appartamento. Si<br />
comprende allora perché Jordan<br />
possegga quella tensione nei silenzi,<br />
quella acid<strong>it</strong>à nel fraseggio, quel respiro<br />
che arranca senza arrendersi. E si disvela,<br />
anche all’ascoltatore lontano, il travaglio<br />
espressivo di un nomade involontario; e<br />
si riconoscono l’orgoglio e l’amarezza, il<br />
rancore e la compassione, la speranza<br />
e la paura. John Coltrane, Yusef Lateef,<br />
Albert Ayler, l’espressionismo di Chicago,<br />
le musiche orientali come il R&B (di cui<br />
Jordan è stato un animatore indiscusso).<br />
Tutto questo riecheggia con chiarezza<br />
e vigore: i tre (con lui, Hamid Drake e<br />
William Parker) non sono nuovi a lavori<br />
di improvvisazione pura, ma qui, per via<br />
di un concepimento doloroso, ogni nota<br />
esegu<strong>it</strong>a raggiunge un altissimo livello di<br />
significazione.<br />
Gianpaolo Chiriacò
Baba Yoga<br />
Minimantra<br />
Gas Tone<br />
World music / ****<br />
World music (nel senso più onesto del<br />
termine) che si incontra con l’elettronica,<br />
con un’intelligente lettura della fusion,<br />
con un testo genialmente antimil<strong>it</strong>arista,<br />
al livello del miglior Gianfranco Manfredi:<br />
questa la cifra stilistica di Baba Yoga. In<br />
virtù di una creativ<strong>it</strong>à inesauribile e di<br />
una notevole padronanza dei linguaggi,<br />
il duo (coadiuvato da numerosi osp<strong>it</strong>i)<br />
manipola, sprimaccia, accartoccia e<br />
reimposta diversi generi musicali. E come<br />
fossero origami, i brani di Minimantra si<br />
lasciano ammirare senza invadenza,<br />
grazie a un magnetismo sottile e a un<br />
saggio artigianato. Il materiale di base,<br />
variopinto e resistente, è dato dagli scenari<br />
a tratti ampi, siderali, e a tratti minimalisti;<br />
gli accessori, invece, provengono dagli<br />
interventi dei mille strumenti: il sax di<br />
Daniele T<strong>it</strong>tarelli, le ch<strong>it</strong>arre di Franco<br />
Chirivì e Manuel Contreras, e tanto altro.<br />
Ma il vero asso nella manica sono le<br />
voci: quella (formidabile) di Elisabetta<br />
Macchia, quella di Marta Cherni, quelle<br />
campionate da Paolo Modugno,<br />
posseggono tutte straordinarie proprietà<br />
incantatorie: il richiamo di un disco ricco<br />
e seducente.<br />
Cosimo Farma<br />
Andrea Sabatino Quintet<br />
Pure Soul<br />
Dodicilune records<br />
Jazz / ****<br />
L’anima pura sta<br />
imparando a volare:<br />
Pure Soul, Anima<br />
pura, è il primo disco<br />
di Andrea Sabatino<br />
Quintet. Il brano che<br />
dà il <strong>t<strong>it</strong>olo</strong>, come tutto<br />
il lavoro, è dedicato<br />
alla memoria del fratello di Sabatino,<br />
Alessandro, scomparso prematuramente<br />
l’anno scorso. Ed<strong>it</strong>o da Dodicilune<br />
records, il cd è in chiave hard bop, stile<br />
jazz caro a Clifford Brown, e vanta la<br />
partecipazione speciale del trumpet<br />
Fabrizio Bosso, padrino musicale del<br />
jazzista di Salice. Il disco apre con First<br />
Steps, il primo brano scr<strong>it</strong>to dal 25enne<br />
Sabatino quattro anni fa. Si prosegue<br />
con Learning to Fly, con tanto di dedica<br />
a Bosso e al suo Fast fly, “Volo veloce”; “io<br />
invece – dice Sabatino – sto Imparando a<br />
volare”. Al terzo posto troviamo Pure Soul,<br />
di cui si è già accennato: la melodia è<br />
rilassante e concentrata, con il suono del<br />
flicorno che scivola disinvolto tra il piano<br />
di Ettore Carucci e il contrabbasso di<br />
Giuseppe Bassi, tra la batteria di Andrea<br />
Campanale e il sax di Vincenzo Presta.<br />
A quest’ultimo strumentista, spalla di<br />
Sabatino “da sempre”, è dedicata Mr<br />
Vince, la quarta traccia. Poi si continua<br />
con The fable infin<strong>it</strong>y, brano composto per<br />
“una persona che tanto ha contato”, e<br />
Joy Spring, omaggio all’idolo di Sabatino<br />
Clifford Brown. Dear Raffy, Caro Raffy,<br />
parla da sé: il ringraziamento all’amicocollega<br />
Raffaele Casarano. Dopo lo<br />
standard There will never be anoter you<br />
e i brani Illusion e Birdlike, quest’ultimo<br />
ossequio di Sabatino e Bosso a Freddie<br />
Hubburd, si chiude con Pure Soul – reprise,<br />
il brano-<strong>t<strong>it</strong>olo</strong> dell’album suonato con<br />
tromba in sordina e pianoforte.<br />
Massimo Ferrari<br />
Giovanni Allevi<br />
Joy<br />
BMG/Ricordi<br />
Classica contemporanea / ****<br />
Giovanni Allevi - due dischi per la BMG<br />
nell’arco di una quindicina mesi - è ormai<br />
un compos<strong>it</strong>ore e un interprete sicuro,<br />
delle sue mani abili e della sua genial<strong>it</strong>à. Si<br />
sente rassicurato da una casa discografica<br />
enorme, che gli ha fatto un contratto<br />
ricco e una promozione internazionale<br />
importante. Ed è sicuramente in grande<br />
forma, nonostante il tour di più di un anno<br />
(o grazie a quello, come afferma lui). È<br />
sicuro, forse disincantato, ma possiede<br />
ancora quel coraggio di stupirsi che è il<br />
suo più grande pregio (per farvi un’idea<br />
leggete sul suo s<strong>it</strong>o, se ancora non<br />
l’avete fatto, il celebre racconto di come<br />
ha incontrato Muti). Senza la voglia (e<br />
la tenacia) di stupirsi, non potrebbe far<br />
emergere, in maniera ancora più netta<br />
di No Concept, le sue influenze, bianche<br />
e afroamericane: Gershwin, Abdullah<br />
Ibrahim, Chick Corea, John Lewis, il<br />
pianismo classico europeo. Le fonti sono<br />
note eppure l’<strong>artista</strong> marchigiano sa<br />
creare ogni volta melodie polarizzanti<br />
e semplici, che si alimentano del suo<br />
approccio stup<strong>it</strong>o e del conforto del<br />
pubblico. Per descrivere il suo piano solo<br />
si scomodano con naturalezza Jarrett,<br />
Nyman, Einaudi, tuttavia Allevi è diverso:<br />
più giovanile, elettrico, forse anche più<br />
teso, ma la sua musica ha un senso di<br />
condivisione sconosciuto agli altri e che<br />
lo rende così attuale e così inconsueto, in<br />
una parola: così pop.<br />
Gianpaolo Chiriacò<br />
KeepCool<br />
Nasio Fontaine<br />
Universal Cry<br />
Greenleeves/ Goodfellas<br />
Reggae / ***<br />
Quale miglior ricordo<br />
dell’estate se non un<br />
disco pos<strong>it</strong>ivo, dal<br />
sound avvolgente.<br />
A quelli a cui piace<br />
il reggae erede del<br />
grande Bob Marley<br />
non possiamo che<br />
consigliare Universal Cry del dominicano<br />
Nasio Fontaine. In un periodo in cui parlare<br />
di reggae è pericoloso (le varie derive<br />
omofobiche e le relative polemiche)<br />
questo disco arriva a mettere pace.<br />
Perché è questa la linfa che scorre nelle<br />
vene di Nasio, nelle sue liriche che parlano<br />
di libertà, di vivere in modo pos<strong>it</strong>ivo. Da<br />
molti considerato tra le voci più belle del<br />
panorama reggae nazionale Nasio ha il<br />
pregio di avere un approccio alla musica<br />
reggae legato alla tradizione ma la<br />
contempo contaminato in senso pos<strong>it</strong>ivo<br />
dal pop. Quello rende il suo messaggio e<br />
la sua musica universale, apprezzabile da<br />
tutti. una v<strong>it</strong>a per la musica, una carriera<br />
che comincia nel lontano 1986 e che<br />
ancora oggi cresce con la qual<strong>it</strong>à delle<br />
sue produzioni e la sua fama. Chi ama il<br />
reggae non può amare Nasio. (O.P.)<br />
Pier Cortese<br />
Contraddizioni<br />
Universal<br />
Italian style / ***<br />
Souvenir e Prima<br />
che cambierà sono<br />
sicuramente due singoli<br />
azzeccati. Giravano<br />
e ronzavano (il primo<br />
da un paio d’anni)<br />
nelle radio. Suoni<br />
facili, voce calibrata<br />
e testo ironico nella migliore tradizione<br />
romana (tra Niccolò Fabi, Daniele<br />
Silvestri e Max Gazzè, mi verrebbe da<br />
dire). Adesso Pier Cortese - dopo anni di<br />
gavetta in compagnia dei conterranei<br />
Simone Cristicchi e Marco Fabi - fa il suo<br />
esordio sulla lunga distanza con questo<br />
Contraddizioni. Un cd non sempre<br />
brillante ma che denota una buona<br />
vena compos<strong>it</strong>iva e interessanti intuizioni<br />
di interpretazione e di arrangiamento.<br />
Da segnalare Il basilico, Io pago,<br />
Contraddizioni e la battistiana Canzone<br />
silenziosa.<br />
Scipione<br />
Babaman<br />
Come un uragano<br />
The Saifam Group<br />
Ragga / ****<br />
Una ventata, anzi un uragano di<br />
nov<strong>it</strong>à. Lascia sbalord<strong>it</strong>i questa prova<br />
di Babaman, che dopo quasi 20 anni di<br />
mil<strong>it</strong>anza ha costru<strong>it</strong>o forse la prova della<br />
matur<strong>it</strong>à, o comunque quella che può<br />
portarlo alla ribalta. L’album è il frutto
KeepCool<br />
del percorso recente della v<strong>it</strong>a del MC di<br />
origini milanesi: un viaggio a Madrid nel<br />
2004 ha infatti rappresentato una svolta<br />
fondamentale nella sua v<strong>it</strong>a, ovvero la<br />
conversione al rastafarianesimo (per<br />
intenderci, la religione alla base della<br />
cultura giamaicana). E così ne risente<br />
anche la sua produzione sonora, che<br />
passa dal registro dell’hip-hop a quello<br />
del ragga. Ma non è solo una questione<br />
di sound, bensì di idee espresse. Questo<br />
Come un uragano può essere defin<strong>it</strong>o,<br />
senza ombra di dubbio, come un concept<br />
album religioso: costanti i riferimenti a Jah<br />
(Dio), l’unico che può giudicare (Forse mi<br />
giudichi), ma anche ai valori sottesi alla<br />
fede (Non è solo religione). Un inno alla<br />
pace, all’amore, alla felic<strong>it</strong>à, ma anche<br />
un album che può far riflettere sulle grandi<br />
questioni pol<strong>it</strong>iche ed economiche della<br />
nostra società. La produzione di Bassi<br />
Maestro (che ha spinto i bottoni anche<br />
per Fabri Fibra) è una sicurezza ed è tutto<br />
sommato fedele ai classici standard del<br />
genere. Potenzialmente sugger<strong>it</strong>o a tutti,<br />
perché può piacere a tutti, sia a chi lo<br />
ascolta superficialmente, dato che il<br />
suono è decisamente trascinante, sia a<br />
chi da un’occhiata ai testi: sarà costretto<br />
a riflettere.<br />
Dino “doonie” Amenduni<br />
Bandabardò<br />
Fuori Orario<br />
On <strong>the</strong> road<br />
Folk / ****<br />
Due cd al prezzo di<br />
uno, quattro ined<strong>it</strong>i,<br />
pezzi riarrangiati,<br />
vecchi successi,<br />
esibizioni live. Fuori<br />
Orario è una ricca<br />
e conveniente<br />
antologia vivente<br />
dei tredici anni di<br />
carriera di uno dei<br />
gruppi più “on <strong>the</strong> road” della musica<br />
<strong>it</strong>aliana. Un successo costru<strong>it</strong>o nelle<br />
piazze di tutta Italia (e di mezza Europa)<br />
praticamente senza passaggi televisivi e<br />
con pochissime c<strong>it</strong>azioni radiofoniche.<br />
La terra macinata sotto le ruote dei<br />
furgoni non muta il sound di questo<br />
gruppo degno della tradizione “combat<br />
folk” <strong>it</strong>aliana. Errico “Erriquez” Greppi e<br />
compagni ci offrono ben 35 brani. Nel<br />
primo cd si parte con quattro ined<strong>it</strong>i: Un<br />
uomo in mare, Filastrocca 2, Fuori Orario<br />
e Bobo Merenda (una cover di Enzo<br />
Jannacci). Si prosegue con 13 brani – nelle<br />
versioni originali – dei precedenti lavori.<br />
Il secondo disco è una bella sorpresa<br />
con i primi 8 brani tratti da un concerto<br />
acustico registrato al Forum Village di<br />
Roma (segnaliamo anche la presenza al<br />
tamburo a cornice del salentino Davide<br />
Conte) e con le interessanti versioni di<br />
Disegnata e Manifesto. Le ultime nove<br />
tracce sono recuperate in giro per l’Italia<br />
con in bella mostra l’intramontabile<br />
Beppeanna (in una versione “vesuviana”<br />
cantata praticamente solo dal pubblico).<br />
Nulla di eclatante e poche nov<strong>it</strong>à per<br />
un cd dedicato agli appassionati, ai<br />
fan incall<strong>it</strong>i e a tutti i nuovi adepti che<br />
sicuramente avranno incrociato la Banda<br />
in giro per le piazze e si saranno invagh<strong>it</strong>i<br />
di testi “pol<strong>it</strong>icamente scorretti” e di<br />
musiche orecchiabili... che sono poi la<br />
forza dell’impegnata canzone d’autore<br />
della Bandabardò.<br />
Gazza<br />
Cisco<br />
La lunga notte<br />
Mescal<br />
Soft folk / ***<br />
“Per il pubblico i Modena<br />
erano diventati solo<br />
una scusa per divertirsi<br />
in piazza, pogare,<br />
ubriacarsi e fare casino.<br />
Spesso anche i contenuti<br />
erano diventati degli<br />
slogan, che facevano<br />
sì alzare il pugno ma spesso passavano<br />
solo superficialmente”, spiega così Cisco<br />
la fine del rapporto con i Modena C<strong>it</strong>y<br />
Ramblers. Adesso, dopo quattordici anni in<br />
giro con il gruppo, il cantante è diventato<br />
più adulto e ha deciso di fare da solo. La<br />
lunga notte è un cd di quattordici brani<br />
che, perlopiù, si discostano dagli ab<strong>it</strong>uali<br />
suoni dei Modena. Cisco, affiancato da<br />
osp<strong>it</strong>i come Don Gallo, Massimo Giuntini<br />
(altro ex MCR), Massimo Ghiacci e<br />
Francesco Moneti (ancora nei Modena),<br />
Ginevra Di Marco, Riccardo Tesi e dallo<br />
scr<strong>it</strong>tore Pino Cacucci, propone infatti un<br />
lavoro molto più intimo e cantautoriale.<br />
Poco spazio ai balli e alle sparate<br />
“populiste” seppur con testi sempre<br />
importanti in bilico tra impegno sociale e<br />
dolore umano, tra amore e sol<strong>it</strong>udine. E<br />
la fine dell’amore nel brano di apertura.<br />
“Insomma hai deciso e fatto i bagagli /<br />
E non credo che ci vedremo mai più /<br />
Hai sempre saputo badare a te stessa /<br />
Perciò i consigli li tengo per me” suona<br />
come un addio ad una donna ma anche<br />
come un malinconico abbandono dei<br />
modena e del combat folk... per un più<br />
rassicurante soft folk. Non tutto il lavoro<br />
è ben riusc<strong>it</strong>o ma, nonostante l’età e<br />
l’esperienza, siamo all’esordio.<br />
Gazza<br />
Diam’s<br />
Dans ma bulle<br />
Cap<strong>it</strong>ol<br />
Hip-hop ***1/2<br />
Dopo il trionfo di Brut de femme che le<br />
ha regalato mer<strong>it</strong>atamente il premio di<br />
album hip-hop francese del 2004, Diam’s<br />
torna con un nuovo lavoro trainato per<br />
ora dal singolo di lancio La boulette. Un<br />
disco ragionato, forse meno sincero del<br />
precedente ma dal sicuro successo,<br />
perché la Missy Elliott magrebina sa bene<br />
cosa serve per creare un disco attraente<br />
e il giusto mix di testi e melodie. Ed ecco<br />
pezzi di protesta e immigrazione (Ma<br />
France a moi, Feuille blanche), ma anche<br />
dolci ballate (Car tu portes mon nom)<br />
che la rendono un’<strong>artista</strong> trasversale<br />
e ascoltata da un pubblico vasto ed<br />
eterogeneo. Il terreno più battuto rimane<br />
ovviamente quello di una Francia divisa<br />
17<br />
che vive quotidianamente il confl<strong>it</strong>to<br />
interno nato dal disagio delle banlieu.<br />
In coda ad un pezzo anche una parte<br />
live in cui la rapper si scaglia contro il<br />
leader del part<strong>it</strong>o nazionalista francese<br />
Jean-Marie Le Pen. In sintesi un album<br />
completo che mantiene la necessaria<br />
dose di cattiveria ed impegno sociale,<br />
ma che non rinuncia a pezzi dal sapore<br />
puramente commerciale che non<br />
fanno che mantenere Diam’s in alto in<br />
classifica. Il disco della matur<strong>it</strong>à quindi,<br />
che forse non piacerà a chi ama il rap<br />
duro, ma indubbiamente anche il disco<br />
della consacrazione che fa intendere<br />
che tutto sommato il meglio deve ancora<br />
venire.<br />
Papa Ciro<br />
Stefano Miele<br />
Glocalizm Vol. 1 “Samples,<br />
trad<strong>it</strong>ionals e folk!!”<br />
Mòglocal/Animamundi<br />
Remixes / ****<br />
Buon lavoro discografico quello del dj/<br />
producer napoletano Stefano Miele, già<br />
conosciuto con il nome di Madox nel<br />
circu<strong>it</strong>o della musica breakbeat europea,<br />
che dopo la collaborazione con Nidi<br />
d’Arac si inoltra nei terr<strong>it</strong>ori della musica<br />
popolare salentina, campana e pugliese.<br />
Il disco, che contiene dodici tracce<br />
più una bonus track feat. Caparezza,<br />
spazia tra le melodie delle varie tradizioni<br />
musicali del Sud Italia, remixandole ma<br />
non stravolgendole, osp<strong>it</strong>ando alcuni<br />
tra i migliori interpreti della musica<br />
popolare meridionale come: Ghetonia,<br />
Marcello Colasurdo, Avleddha, Arakne<br />
Med<strong>it</strong>erranea e Rosapaeda. La<br />
produzione è di buon livello e gli innesti<br />
elettronici si notano ma non sono invasivi;<br />
sembra non esserci un brano musicale<br />
predominante, ma l’intero cd scorre<br />
piacevolmente. Registrato a più riprese<br />
in vari studi del sud Italia (nel Salento a<br />
Lecce, Insintesi Studio), il disco mescola<br />
le percussioni del tamburello con r<strong>it</strong>miche<br />
provenienti dall’Hip-Hop e dal Dub, come<br />
in Tammuriata nera o in Auelì, lasciando<br />
grande spazio agli arrangiamenti di<br />
ch<strong>it</strong>arra classica e violino. La distribuzione<br />
del disco è affidata alla interessante<br />
label salentina Animamundi che già da<br />
vari anni promuove musica popolare<br />
dimostrando, come in questo caso,<br />
attenzione alle nuove realizzazioni della<br />
world music nostrana. Il mosaico della<br />
nuova musica etnica, non sempre di<br />
buon livello, questa volta si arricchisce<br />
di un tassello interessante, evidenziando<br />
come, con un pizzico di consapevolezza,<br />
sia possibile arrivare ad ottenere buoni<br />
risultati.<br />
Dub _ Side
IL SOLE NON SORGE A EST<br />
PERCHE’ LO DICE LA GENTE. E’ UN ASSOLUTO!<br />
David Thomas è un personaggio noto per<br />
il suo carattere brusco, diretto e senza<br />
peli della lingua, a volte addir<strong>it</strong>tura oltre<br />
il lim<strong>it</strong>e della comune, ipocr<strong>it</strong>a, buona<br />
educazione. Ma se si considera che<br />
questo atteggiamento appartiene ad<br />
un uomo che ha dedicato un’intera<br />
esistenza a fare musica in modo serio,<br />
concreto e professionale, non c’è da<br />
meravigliarsi che, dopo aver incontrato<br />
troppo spesso gente superficiale che<br />
ama non la musica ma solo quello che ci<br />
sta attorno, le sue posizioni e i suoi giudizi<br />
si siano un po’ “irrigid<strong>it</strong>i” (e cond<strong>it</strong>i di una<br />
non celata autostima). Da anni porta<br />
avanti due progetti distinti, quello solista<br />
(in compagnia dei Two pale boys) e<br />
quello a quanto pare immortale dei Pere<br />
Ubu, che per l’appunto tornano oggi con<br />
un nuovo album, Why I Hate Woman, da<br />
poco arrivato anche in Italia. Abbiamo<br />
colto l’occasione per fare un po’ il punto<br />
della s<strong>it</strong>uazione con lui.<br />
Sono più di 30 anni ormai che ti dedichi<br />
alla musica, come ti senti oggi?<br />
Mi fanno male i piedi.<br />
So che in gioventù sei stato giornalista<br />
musicale con lo pseudonimo di Crocus<br />
Behemoth, e che ora però addir<strong>it</strong>tura<br />
preferisci ev<strong>it</strong>arli i giornalisti e le loro<br />
fastidiose domande. La cosa dipende da<br />
questioni personali e/o da un qualche<br />
atteggiamento della cr<strong>it</strong>ica musicale<br />
moderna che non apprezzi?<br />
Io non ev<strong>it</strong>o i giornalisti, sono i giornalisti<br />
che ev<strong>it</strong>ano me e le mie fastidiose<br />
risposte!<br />
Io non ho problemi con i giornalisti, non so<br />
come ti sia venuta in mente questa idea.<br />
Tutto quello che io ho detto a riguardo è<br />
che: la maggior parte dei giornalisti non<br />
sono tanto bravi nel loro lavoro come<br />
lo sono io nel mio; la maggior parte dei<br />
giornalisti non ha una solida conoscenza<br />
di base della storia e dell’evoluzione<br />
della musica rock. Sapresti confutare una<br />
di queste due affermazioni?<br />
Leggi riviste musicali? Quali reputi<br />
valide?<br />
Certo, leggo le riviste. Non che sto davanti<br />
al giornalaio col fiato sosspeso pronto<br />
a metter le mani sulle nuove usc<strong>it</strong>e, ma<br />
ne leggo un bel po’. E tutte sono valide<br />
fin quanto si tratta di pagare i giornalisti<br />
per scrivere delle opinioni. Io preferirei<br />
che fossero pagati per essere intu<strong>it</strong>ivi<br />
e anal<strong>it</strong>ici, ma molta musica, si sa, non<br />
necess<strong>it</strong>a di analisi, ma solo di opinioni.<br />
La colpa non è certo mia. Di chi è?<br />
Di sol<strong>it</strong>o si dice che gli artisti che durano a<br />
lungo non riusciranno mai ad eguagliare<br />
i dischi del loro primo periodo. quasi<br />
sempre è effettivamente così. Quando<br />
oggi scrivi le tue canzoni avverti questa<br />
sensazione, il pericolo cioè di non essere<br />
all’altezza del tuo pesante passato?<br />
Non mi piace guardare indietro, non<br />
sono un nostalgico. Il passato è chiuso<br />
ermeticamente. Non è una minaccia.<br />
Non mi riguarda. Niente che si applica<br />
agli altri è applicabile a me. Io faccio<br />
quello che voglio. Prendi i Pere Ubu:<br />
sarebbe impossibile comprenderli senza<br />
partire dal principio. Noi siamo una hard<br />
groove rock band del Midwest, che segue<br />
la tradizione degli MC5 e Stooges. Tom<br />
Herman diceva che la parte migliore di<br />
una ch<strong>it</strong>arra è quella che richiede il minor<br />
movimento delle d<strong>it</strong>a. Se non sei capace<br />
di farla suonare selvaggiamente anche<br />
con una sola corda, allora è meglio che<br />
cambi mestiere. I Rocket from <strong>the</strong> tombs<br />
furono e sono ancora una esperienza<br />
di rock brutale. Quando si sciolsero, ero<br />
determinato a trovare un altro modo<br />
per portare avanti quell’esperienza. L’ho<br />
detto per decenni: i Pere Ubu furono<br />
fondati proprio a partire da questo<br />
KeepCool<br />
concetto, l’abil<strong>it</strong>à di produrre un rock dal<br />
groove brutale. Questa era la base da<br />
cui sono part<strong>it</strong>e tutte le nostre avventure<br />
sonore. Ma siccome avevamo dimostrato<br />
che eravamo capaci di farlo, non serviva<br />
ribadirlo in ogni nuovo album. La nostra<br />
missione è/era andare oltre quel punto di<br />
partenza.<br />
I Rocket from <strong>the</strong> tombs, la tua prima<br />
band, avevano un nome che si ispirava ai<br />
b-movie fanta-horror. Ma questo interesse<br />
non è mai stato più così evidente nei<br />
tuoi successivi progetti. Ti piace ancora<br />
guardare questi vecchi film?<br />
No, non guardo più quella roba. Li<br />
vedevo decenni fa. Ne ho fatto il punto<br />
defin<strong>it</strong>ivamente tempo fa.<br />
Guarda su http://www.ubuprojex.net/<br />
archives/mayhem.html<br />
In tutti questi anni hai avuto modo di<br />
incontrare e collaborare con un numero<br />
infin<strong>it</strong>o di musicisti. Quali sono quelli che<br />
più hai sent<strong>it</strong>o vicino e che in qualche<br />
Discografia Pere Ubu<br />
30 seconds over Tokyo/ Heart of darkness<br />
(ep, 1975)<br />
Modern dance (1978)<br />
Datapanik in <strong>the</strong> year zero (anthology, 1978)<br />
Dub housing (1978)<br />
New picnic time (1979)<br />
The art of walking (1980)<br />
390 degrees of simulated stereo, Ubu live<br />
vol. 1 (1981)<br />
Song of <strong>the</strong> bailing man (1982)<br />
Terminal tower: an archival collection (1985)<br />
The tenement years (1988)<br />
Cloudland (1989)<br />
Worlds in collision (1991)<br />
Story of my life (1993)<br />
Ray gun su<strong>it</strong>case (1995)<br />
Harpen singles (1995)<br />
Beach boys see dee plus (1995)<br />
Folly of youth see dee plus (1995)
KeepCool<br />
modo hanno influenzato il tuo percorso<br />
artistico?<br />
Io sono l’influenzatore, non l’influenzato.<br />
Circa un anno fa Mayo Thompson è<br />
apparso magicamente qui nel sud <strong>it</strong>alia<br />
con i suoi riformati Red krayola. Per lui,<br />
nonostante si tratti di uno dei più grandi<br />
personaggi della storia della musica<br />
americana, il suo unico vero momento di<br />
visibil<strong>it</strong>à fu proprio il periodo passato con<br />
te nei primi anni ‘80. In che rapporti siete<br />
oggi?<br />
Abbiamo continuato a vederci molto<br />
spesso, anche se ora sono un po’ di anni<br />
che non ci incontriamo.<br />
So che diffidi molto delle sovraproduzioni,<br />
che preferisci lasciare il suono al naturale,<br />
così come viene registrato, non torturarlo<br />
(tanto da definire il tuo metodo “ipernaturalistico”),<br />
ma d’altra parte, fai largo<br />
uso di una serie di particolari microfoni<br />
dai nomi bizzari. di che si tratta?<br />
Non si tratta di microfoni. Sono degli<br />
speaker adattati per essere usati come<br />
microfoni. I nomi che gli abbiamo dato<br />
rispecchiano la loro nuova funzione, sono<br />
strani solo perchè non sai che cosa fanno.<br />
Mi piace registrare il suono in range di<br />
frequenza rigidamente defin<strong>it</strong>i. In tal<br />
modo l’equalizzazione rimane stampata<br />
su tape.<br />
Verrai in Italia per promuovere il disco?<br />
Si, saremo domenica 8 ottobre al Centro<br />
Stabile Cultura di San V<strong>it</strong>o di Leguzzano<br />
(Vicenza).<br />
Ho letto da qualche parte che la tua<br />
massima ambizione è diventare il più<br />
grande cantante mai esist<strong>it</strong>o. Ma questo<br />
dipenderà anche da chi saranno quelli<br />
che ti giudicheranno: credi che ciò sarà<br />
possibile durante la tua v<strong>it</strong>a o bisognerà<br />
aspettare che tu muoia perché qualcuno<br />
ti riconosca come tale?<br />
Beh, la mia ambizione non è diventare il<br />
più famoso cantante di tutti i tempi. Non<br />
è questo quello che ho detto. Se fosse<br />
stato davvero questo il mio obiettivo avrei<br />
impostato la mia carriera in tutt’altra<br />
maniera. Essere il migliore, questa è la mia<br />
ambizione, e questa non è determinata<br />
dalle altre persone. È qualcosa di assoluto.<br />
Il sole non sorge a est perchè lo dice la<br />
gente. È un assoluto!<br />
Datapanik in <strong>the</strong> year zero (5 cd,<br />
anthology, 1996)<br />
Pennsylvania (1998)<br />
Apocalypse now (live, 1999)<br />
The Shape of Things (2000)<br />
St Arkansas (2002)<br />
Why I Hate Women (2006)<br />
Davide Rufini<br />
Discografia David Thomas<br />
The sound of <strong>the</strong> sand (1981)<br />
Winter comes home (live, 1983)<br />
Variations on a <strong>the</strong>me (1983)<br />
More places forever (1985)<br />
Monster walks <strong>the</strong> winter lake (1986)<br />
Blame <strong>the</strong> messenger (1987)<br />
Erewhon (1996)<br />
Mirror man (1999)<br />
Bay c<strong>it</strong>y (2000)<br />
Surf’s Up! (2001)<br />
18 Monkeys on a Dead Man’s Chest (2004)<br />
Pere Ubu<br />
Modern Dance<br />
Cooking Vinyl/ Silverline<br />
records<br />
Dischi grandi come monumenti,<br />
documenti indelebili che<br />
racchiudono le chiavi di volta<br />
della storia del rock. sono<br />
testimonianze di un passato<br />
importantissimo che spiegano<br />
il presente e anticipano il<br />
futuro. Questo senza particolari<br />
esagerazioni rappresenta un<br />
disco come Modern Dance dei Pere Ubu. Era il 1978 quando questo uscì per segnare<br />
il solco di una strada che si diramerà nella new wave, nel garage, nel rock nella<br />
musica concreta. Pere Ubu è un personaggio di Ubu Roi opera teatrale di Alfred<br />
Jarry. E come nel teatro anche in questo disco l’assurdo, l’accostamento epilettico<br />
di elementi diventa opera d’arte e canzone. Destrutturando la classica formula<br />
rock Modern Dance conia nuovi codici musicali. Riascoltarlo oggi, ripubblicato in<br />
formato Cd dvd (doppia facciata) fa un certo effetto. Quasi fanno ridere alcuni<br />
sperimentalismi contemporanei, molto di quello che abbiamo ascoltato in questi<br />
ultimi vent’anni sembra improvvisamente più chiaro, il rumore, l’ambiente tutto<br />
entra in questi brani. Niente etichette, niente “post” niente “no” e qualcos’altro,<br />
questo disco è tutto e niente questo disco è la rottura e la continu<strong>it</strong>à. (O.P.)<br />
Pere Ubu<br />
Why I hate women<br />
Gl<strong>it</strong>terhouse records/<br />
Venus<br />
Non devi avere paura di ripeterti<br />
se quello che fai è assolutamente<br />
unico. Sembra essere questo il<br />
motto dei Pere Ubu che arrivati<br />
al loro quindicesimo album<br />
sembrano non accusare gli anni<br />
e non sentire la necess<strong>it</strong>à di<br />
imboccare nuove strade. Forse<br />
perché di strade non ne hanno<br />
mai avute veramente o forse perché Pere Ubu è semplicemente una creatura<br />
e questa creatura parla questa lingua. Fedeli a quella schizofrenia musicale che<br />
proprio loro hanno canonizzato, cap<strong>it</strong>anati dalla figura ingombrante e geniale di<br />
David Thomas i Pere Ubu riescono a tessere trame stranianti a tratti sciamaniche<br />
e poi ancora isteriche, assurde. Sono violenti e diretti, compressi in un suono che<br />
solo i Pere Ubu hanno. Le geometrie precise di basso e batteria sono tela bianca<br />
per una ch<strong>it</strong>arra che improvvisa naif e acida e per una voce che può evocare la<br />
claustrofobia e la follia. C’è l’avant rock, la wave, il blues più marcio che potete<br />
immaginare, tutto in un impasto sonoro da cui emergono canzoni come la bellissima<br />
e tiratissima Caroleen. Molti si sono ispirati ai nostri e ascoltarli oggi serve forse a<br />
non dimenticarlo. Bello perdersi nel noise ipnotico di Love song, nell’incip<strong>it</strong> tribale di<br />
Mona. I Pere Ubu sono tornati, anzi, forse non ci hanno mai lasciato. (O.P.)
Mol<strong>the</strong>ni<br />
alla Toilette<br />
Anticipato da un convincente singolo,<br />
L’Età Migliore (contenuto in un ep di tre<br />
tracce inviato alle radio prima dell’estate),<br />
viene pubblicato in questi giorni il nuovo<br />
disco di Mol<strong>the</strong>ni, Toilette Memoria (la<br />
Tempesta). Il sequel di Spendore Terrore,<br />
dunque, non si è fatto attendere molto<br />
e ci ha riconsegnato un autore in ottima<br />
forma, capace di canzoni ispirate e,<br />
quel che più conta, personali. Canzoni<br />
decisamente più mature, nelle quali<br />
songwr<strong>it</strong>er marchigiano, coadiuvato<br />
da un’ottima band e da diversi osp<strong>it</strong>i<br />
(tra cui l’ingombrante Franco Battiato),<br />
recupera un approccio più pos<strong>it</strong>ivo senza<br />
per questo perdere quella innegabile<br />
tendenza al psichedelico che aveva<br />
contraddistinto i lavori precedenti.<br />
Mol<strong>the</strong>ni, ti chiedo di introdurre il tuo<br />
nuovo lavoro. Dalle sonor<strong>it</strong>à mi sembra<br />
che Toilette Memoria si inserisca<br />
coerentemente nel filone inaugurato<br />
dal disco precedente che, se vogliamo,<br />
è uno dei momenti cruciali della tua<br />
carriera.<br />
Sicuramente. Splendore Terrore è stato<br />
un disco molto singolare per quello<br />
che posso chiamare la mia storia, il mio<br />
percorso, perché si è sviluppato nell’arco<br />
di più di due anni ed è stato un disco<br />
molto difficile rispetto alle cose che avevo<br />
fino a quel momento realizzato. Toilette<br />
Memoria si rifà al suo predecessore<br />
ma ha uno sguardo più aperto, e non<br />
mancano ballate più immediate, senza<br />
che vengano meno i pezzi più dilatati<br />
e ipnotici. Toilette Memoria è una<br />
prosecuzione, ma se vogliamo è più<br />
solare del precedente.<br />
Il <strong>t<strong>it</strong>olo</strong> Splendore Terrore descriveva<br />
appieno il suo contenuto. Toilette<br />
Memoria invece è quasi imperscrutabile.<br />
Che cosa vuoi dire con questo <strong>t<strong>it</strong>olo</strong>?<br />
Semplicemente è legato ad un<br />
aneddoto che ho vissuto personalmente<br />
l’anno scorso. È un ricordo che avevo in<br />
testa durante le registrazioni e che mi è<br />
sembrato suonasse bene.<br />
Da quello che ho letto questo lavoro<br />
dovrebbe avere una promozione<br />
efficace, non a caso avete da poco<br />
terminato il videoclip de L’Età Migliore. Ti<br />
piace questo aspetto del tuo lavoro?<br />
Mi piace tutto ciò che riguarda la parte<br />
iniziale, l’idea, la programmazione, lo<br />
sviluppo del progetto, e mi piace la parte<br />
finale. Quello che c’è in mezzo lo detesto<br />
vivacemente.<br />
Per una serie di casual<strong>it</strong>à ma anche per<br />
eventi piuttosto difficili, hai pubblicato<br />
dischi con diverse etichette passando<br />
così in rassegna alcune s<strong>it</strong>uazioni molto<br />
diverse tra loro, sia in amb<strong>it</strong>o indipendenti<br />
e che in quello major. Che opinione ti sei<br />
fatto?<br />
Per me lavorare con le major è una cosa<br />
ormai impossibile, anche eticamente<br />
intendo. Fa davvero schifo il loro mondo.<br />
E fa ancora più schifo quando si relaziona<br />
alla musica <strong>it</strong>aliana. Il lavoro delle major<br />
da noi è davvero scadente. Chiudiamo<br />
quindi sub<strong>it</strong>o il discorso major. Per quanto<br />
riguarda le indipendenti io credo che<br />
qualcosa stia cambiando ma non è<br />
semplice e credo che nella maggior parte<br />
dei casi le label lavorino male. Il poco<br />
che raccolgono è frutto di questo lavoro<br />
mal svolto. Quei pochi soldi che girano<br />
in questo amb<strong>it</strong>o credo non vengano<br />
gest<strong>it</strong>i al meglio. Io mi considero anche<br />
fortunato, nel senso che la mia etichetta,<br />
la Tempesta Dischi (quella dei Tre Allegri<br />
Ragazzi Morti, ndr) è da considerarsi<br />
un’isola felice. In generale chi r<strong>it</strong>iene che<br />
la s<strong>it</strong>uazione delle etichette indipendenti<br />
in Italia sia buona ha una percezione<br />
sbagliata della realtà.<br />
Qualche tempo fa hai pubblicato un live<br />
stampato solo in vinile. Come mai questa<br />
scelta?<br />
Avevamo voglia di pubblicare un disco,<br />
un 33 giri. Abbiamo utilizzato registrazioni<br />
non particolarmente cristalline, una<br />
sorta di bootleg, e quindi l’abbiamo<br />
fatto in totale leggerezza. Il disco non<br />
KeepCool<br />
è distribu<strong>it</strong>o ed è stato stampato da un<br />
nostro amico di Mantova, questo per farti<br />
capire che l’abbiamo fatto senza porci<br />
tante domande. Poi, il problema in sé<br />
non è tanto il vinile, quanto il fatto che<br />
sono ormai pochissimi quelli che hanno<br />
un giradischi in casa.<br />
Sei un grande ascoltatore di musica. In<br />
molte tue interviste hai spesso ribad<strong>it</strong>o di<br />
aver passato una lunga parte della tua<br />
v<strong>it</strong>a ad ascoltare dischi. Adesso? Quali<br />
sono i dischi che stai ascoltando?<br />
Ho riscoperto Rufus Wainwright che<br />
secondo me è un grande cantautore,<br />
dalle doti vocali non comuni, e che<br />
apprezzo anche come compos<strong>it</strong>ore. E poi<br />
molto folk: Will Oldham, Hope Sandoval,<br />
Vetiver, Devendra Banhart… ma non ho<br />
degli autori prefer<strong>it</strong>i. Vado per periodi, e<br />
quando trovo il disco giusto, lo ascolto<br />
a ripetizione. Quello che credo è questi<br />
ascolti non mi condizionano quando<br />
compongo.<br />
Quindi r<strong>it</strong>ieni che autori del nuovo folk<br />
americano come quelli che mi hai c<strong>it</strong>ato<br />
non abbiano influenzato un lavoro scarno<br />
e ossuto come Splendore Terrore?<br />
Ma no, credo di no. Io mi lascio ispirare<br />
dagli stati d’animo. A volte quello che<br />
ascolto, in determinati periodi, può<br />
concorrere a calarmi in un romanticismo<br />
che poi, impercettibilmente, può affiorare<br />
nella scr<strong>it</strong>tura. Questo può accadere<br />
e probabilmente è accaduto anche<br />
con Toilette Memoria, ma dire che mi<br />
influenzano non credo sia corretto.<br />
Ilario Galati
KeepCool<br />
Giardini Disco Pax<br />
Musica indipendente made in Emilia<br />
Non è un errore, non sono impazz<strong>it</strong>a<br />
(questo è da vedere direte voi), Giardini<br />
Disco Pax è una liason cacciata fuori da<br />
Max (cantante - non cantante pardon -<br />
solo voce degli Offlaga Disco Pax) a fine<br />
concerto, quando sul palco di Giovinazzo<br />
erano in otto, ognuno a uno strumento,<br />
Offlaga e Giardini insieme a proporre una<br />
versione noise di Iggy Pop, un’esaltante I<br />
wanna be your dog. Incontriamo Jukka<br />
Reverberi dei Giardini di Mirò e di segu<strong>it</strong>o<br />
Max Collini del collettivo neosensibilista<br />
Offlaga Disco Pax nel backstage del<br />
Giovinazzo Rock Festival, nel postconcerto<br />
della prima delle tre serate in<br />
programmazione. Entrambi altamente<br />
soddisfatti della s<strong>it</strong>uazione, entrambi<br />
reduci dalla data del Soundlabs festival<br />
a Roseto, il giorno prima.<br />
Tornate in Puglia a due anni dalla data in<br />
Salento. Cosa è cambiato da allora?<br />
Jukka – GdM - Il primo cambiamento,<br />
quello più evidente, è che non c’è<br />
più Alessandro (Raina ndr) alla voce.<br />
Al suo posto, cantiamo io e Corrado<br />
(Nuccini ndr) che si occupa anche<br />
dei testi che canta. Per il resto i GdM<br />
rimangono gli stessi, come rimangono<br />
fondamentalmente uguali anche i suoni,<br />
gli arpeggi.<br />
A questo propos<strong>it</strong>o, ci spieghi come<br />
nascono i vostri pezzi? Come sono nati<br />
Punk not diet (usc<strong>it</strong>o per la Homesleep<br />
nell’ormai lontano 2003) e H<strong>it</strong>s for broken<br />
hearts and asses (usc<strong>it</strong>o soltanto per<br />
l’etichetta tedesca 2-nd rec). Come<br />
nasce North Atlantic Treaty of Love, l’ep<br />
ultimo nato?<br />
I nostri pezzi non nascono<br />
dall’improvvisazione, anzi d’improvvisato<br />
c’è molto poco. Abbiamo sempre<br />
in mente la struttura della canzone.<br />
Nascono gli intrecci di ch<strong>it</strong>arre, la parte<br />
melodica a cui io sono maggiormente<br />
interessato. Poi ci sono i testi di Corrado<br />
che ad esempio è influenzato dai suoi<br />
molteplici ascolti. Un pezzo nel nuovo<br />
disco sarà cantato da Glen Johnson<br />
dei Piano Magic che per att<strong>it</strong>udine ci<br />
e’ molto vicino. Anche Jonathan dei<br />
Settlefish ha aiutato e collaborato nella<br />
scr<strong>it</strong>tura di alcuni testi. In ultima fase ho<br />
scr<strong>it</strong>to anche io a mia volta una parte<br />
vocale ed è stato divertente e molto<br />
spontaneo.<br />
Qual è la vostra filosofia e l’approccio<br />
che avete alla musica? Fate altro nella<br />
v<strong>it</strong>a?<br />
Ciò che abbiamo sempre fatto, e speriamo<br />
di continuare a fare, è mantenere la<br />
nostra libertà e indipendenza. Per tale<br />
motivo siamo e saremo proprietari dei<br />
master e non prendiamo né prenderemo<br />
soldi dall’etichetta per questo. Non siamo<br />
mai stati obbligati o indirizzati nella scelta<br />
del nostro sound. Facciamo ciò che ci<br />
piace fare, non subiamo pressioni. E sì,<br />
nella v<strong>it</strong>a facciamo altro. Non tanto altro<br />
io, che sono pigro…se non consideriamo<br />
il lavoro che è condizione obbligatoria<br />
per noi tutti.<br />
Ultima, ovvia, domanda. A quando il<br />
prossimo lavoro? Uscirà sempre per la<br />
Homesleep?<br />
Il prossimo disco uscirà a gennaio per<br />
Homesleep, se tutto rimane così come è<br />
chiudiamo un ciclo di tre dischi.<br />
Max, di nuovo in Puglia. Sempre e solo<br />
vicino a Bari, però.<br />
Max – ODP - Eh già, la scorsa volta<br />
siamo stati allo Zenzero. Bell’esperienza,<br />
ancora più bella questa sera. Un grande<br />
e caloroso pubblico (nonostante il tempo<br />
capriccioso aggiungo io: piove a tratti<br />
e soprattutto c’è un terribile umido che<br />
si appiccica addosso e amplifica la<br />
mia laring<strong>it</strong>e sino ad azzerare - nel vero<br />
senso della parola - la mia voce). È vero,<br />
non siamo mai scesi più giù di Bari e ci<br />
piacerebbe molto venire nel Salento.<br />
Anzi, trovateci una data!<br />
Ti vedo stanco e provato. In cosa siete<br />
impegnati in questo periodo? Che<br />
progetti avete per il futuro?<br />
Stanco provato ma felice. È il quarto<br />
concerto in cinque giorni ma va<br />
benissimo così e ti ripeto che è stata una<br />
serata fantastica. Adesso continuiamo<br />
il nostro tour, ne avremo fino a ottobre.<br />
In programma, l’usc<strong>it</strong>a per l’Unhip di<br />
Socialismo Tascabile in vinile.<br />
Ci parli di questa performance con i GdM?<br />
È stato un fortu<strong>it</strong>o e fortunatissimo (per il<br />
pubblico presente) caso vedervi suonare<br />
insieme (da qui i già c<strong>it</strong>ati Giardini Disco<br />
Pax) o state portando avanti una vera e<br />
propria collaborazione?<br />
Ieri sera sul palco di Roseto è stata la<br />
prima volta che abbiamo tentato ed<br />
esegu<strong>it</strong>o il pezzo di Iggy Pop, e l’abbiamo<br />
scelto solo ed esclusivamente perché era<br />
facile. Chiunque può intonare I wanna<br />
be your doooooog! Ma in realtà Jukka<br />
ed Enrico (Fontanelli, “basso, moog<br />
prodigy, casiotone, basi, premed<strong>it</strong>azioni<br />
grafiche, pensiero debole” come si<br />
legge nel booklet da loro stessi lanciato<br />
durante il concerto, insieme alle chewin<br />
gum alla cannella ndr) vengono dalla<br />
stessa c<strong>it</strong>tà (I Love Cavriago si legge sulla<br />
maglietta di Jukka ndr). Burro dei Giardini<br />
ha suonato la batteria per noi anche nel<br />
disco in Enver e Cinnamon, come avete<br />
visto oggi.<br />
Max, i tuoi racconti sono tratti da storie<br />
vere? Le cose che scrivi sono così tristi,<br />
crude, forti anche nella realtà? Se l’ultimo<br />
pezzo fosse durato un po’ di più il pubblico<br />
sarebbe scoppiato in lacrime.<br />
Barbara, l’ultimo pezzo che abbiamo<br />
fatto, un pezzo nuovo, sì, è vera. E anche<br />
le altre storie che racconto (perché Max<br />
non è cantante lo sottolinea sempre<br />
ndr) sono cose che mi sono accadute<br />
realmente. E fanno male. Davvero.<br />
Valentina col supporto e soprattutto la<br />
voce di Gabriele e Giuseppe
SALTO NELL’INDIE<br />
N I C O T I N E R E C<br />
Continua il nostro viaggio alla scoperta<br />
dell’underground musicale <strong>it</strong>aliano.<br />
Questo mese osp<strong>it</strong>i della nostra rubrica<br />
dedicata alle etichette indipendenti<br />
<strong>it</strong>aliane sono i ragazzi della Nicotine rec<br />
che produce e promuove il rock and roll<br />
un po’ ovunque.<br />
Perché abbiamo bisogno della<br />
Nicotine? Per quali tipo di dipendenze è<br />
consigliata?<br />
Non so da quali tipi però, spero che<br />
diventiate dipendenti dalla Nicotine rec.<br />
Cosa e chi c’è dietro la Nicotine?<br />
Dietro la nicotine ci sono Gianfranco,<br />
Alberto, Cristina.<br />
Cosa?<br />
Tanta passione, molto sbattimento e<br />
grandi soddisfazioni e bello sapere che<br />
ci sono tante persone nel mondo che<br />
conoscono i nostri artisti, una nov<strong>it</strong>à sarà la<br />
creazione di una sublabel della nicotine,<br />
si chiamerà Black Hellvis e guarderà con<br />
un occhio di riguardo i talenti nostrani e<br />
non solo.<br />
Ci racconti un po’ di storia? Da dove siete<br />
part<strong>it</strong>i, dove siete arrivati e dove volete<br />
andare?<br />
Tutto iniziò circa 6 anni fa (autunno del<br />
‘99) l’idea nacque da Alberto, Massimo<br />
e Roberto con l’intento di produrre il<br />
7” di una band della nostra c<strong>it</strong>tà i Los<br />
Activos (ora sciolti) ma per problemi<br />
legati ad alcuni componenti della<br />
band in questione l’usc<strong>it</strong>a fu rinviata,<br />
comunque era ormai nata l’idea di una<br />
indie. Il passo successivo fu la creazione<br />
di un web s<strong>it</strong>e (www.nicotinerecords.<br />
com primavera del 2000) nei mesi<br />
successivi le prime pubblicazioni dei 7”<br />
dei Most Unusual Sound (Street Stalker)e<br />
dei Thee Psychotones (Introducing <strong>the</strong>e<br />
Psychotones) con una risposta molto<br />
pos<strong>it</strong>iva sia della stampa nazionale che<br />
internazionale. Per quanto riguarda i primi<br />
un esplosivo debutto fra GaragePunk<br />
e Blues mer<strong>it</strong>o dell’esperienza dei<br />
membri (2 di loro ex membri dei Two<br />
Bo’s Maniacs, pionieri del lo-fi sound in<br />
Italia, collaborazioni con Oblivians e un<br />
album prodotto dal guru Tim Kerr, Poison<br />
13, Monkeywrench) e il bassista che fa<br />
anche parte della storica band Sick Rose.<br />
Per quanto riguarda i Thee Psychotones<br />
- già al secondo singolo – si trattava<br />
di una chicca di garagepunk sixty e<br />
Detro<strong>it</strong> sound. Poi<br />
uscirono il 7” spl<strong>it</strong><br />
fra i punkrockers Los<br />
Activos e le Brigate<br />
Rozze (le Brigate<br />
ormai scioltasi band<br />
romana acclamata<br />
nel circu<strong>it</strong>a Hardcore)<br />
e il cd dei Mutzhi Mambo. La band<br />
canta in madre lingua ma con un suono<br />
molto particolare, un mix fra Cramps,<br />
Buscaglione, Psychobilly e Swing. Il resto<br />
è storia.<br />
Quali chicche ha in serbo il vostro<br />
catalogo?<br />
Beh direi tutte……. ecco alcuni nomi<br />
The Wild Weekend, Bad News, Stabilisers<br />
(A.Crockford ex J.Taylor Quartet, The<br />
Prisoners), Dee Jaywalker (ch<strong>it</strong>arista<br />
della band di Marky Ramone and <strong>the</strong><br />
Speedkings), Human Tanga, Fleshtones<br />
(storica garage band Newyorchese),<br />
Model C<strong>it</strong>izen, Gaza Strippers, Popzillas. Il<br />
resto lo potete acquistare e ascoltare sul<br />
nostro s<strong>it</strong>o.<br />
Quali le nov<strong>it</strong>à, quali le anticipazioni?<br />
Innanz<strong>it</strong>utto ci sono i Brain Eaters. Una<br />
esplosiva band parigina che propone una<br />
miscela di punk, garage, surf, rockabilly.<br />
Poi segnalo i Slapstick, un giovane<br />
quintetto al suo album di debutto. Il loro<br />
è un punkr’n’r sulla scia dei m<strong>it</strong>ici Gaza<br />
Strippers<br />
Rock and roll will never die, oppure<br />
annaspiamo?<br />
Noi ci proviamo a non morire mai, nella<br />
v<strong>it</strong>a bisogna provarci e portare avanti le<br />
proprie convinzioni<br />
Cosa non produce la nicotine ma piace<br />
alla Nicotine, dieci dischi di sempre che<br />
bisogna avere assolutamente.<br />
Beatles: Sgt.Pepper’s Lonely Hearts Club<br />
Band<br />
Led Zeppelin: 1,2,3,4<br />
Ramones: Leave Home<br />
Dream Syndicate: omonimo,<strong>the</strong> days of<br />
wine and roses,medice show<br />
Rolling Stones: Stiky Fingers<br />
Bach: tutto<br />
James Brown: Papa’s got a brand new<br />
bag<br />
David Bowie:The Rise and Fall of Ziggy<br />
Stardust and The spiders from mars<br />
Mark Lanegan: Here Come The Weird<br />
Chill<br />
KeepCool<br />
Stooges:omonimo<br />
E un mucchio di altri dal pop al Jazz,dal<br />
Metal al Blues……..insomma la musica ci<br />
piace<br />
Dove possiamo trovare i dischi della<br />
nicotine?<br />
Il catalogo della nicotine lo si trova sul<br />
nostro webs<strong>it</strong>e alla pagina produzioni<br />
indirizzo s<strong>it</strong>o www.nicotinerecords.com<br />
vendiamo online e ci appoggiamo<br />
per pagamenti sicuri a Paypal, debbo<br />
dire purtroppo che usufruiscono di<br />
questo servizio solo persone provenienti<br />
dall’estero spero che anche gli utenti<br />
Italiani prendano in considerazione<br />
questa opportun<strong>it</strong>à di acquisto visto che<br />
i cd arrivano direttamente alla vostra<br />
ab<strong>it</strong>azione con un notevole risparmio<br />
di tempo e denaro (consiglio a tutti di<br />
fare carta di cred<strong>it</strong>o ricaricabile tipo<br />
paypost e sicura e la carichi solo quando<br />
devi acquistare e non hai spese di<br />
contocorrente), nei prossimi mesi sarà<br />
on line il nuovo s<strong>it</strong>o con annesso negozio<br />
virtuale dove comprare sia dischi della<br />
nicotine che di altre etichette. Per<br />
entrare in contatto con noi (siamo quasi<br />
pronti con il nuovo webs<strong>it</strong>e ove ci sarà<br />
un form per contattarci) per ora si può<br />
usufruire del nostro indirizzo cartaceo<br />
che è Nicotine Records C.P.16515057<br />
Tortona (AL) o lasciare un messaggio<br />
su nostro guestbook o su nostra pagina<br />
myspace http://www.myspace.com/<br />
nicotinerecords inoltre è possibile<br />
scaricare 2 mp3 per ogni produzione<br />
e videoclip in wmv o ascoltare alcune<br />
songs su myspace. Riepilogo indirizzi:<br />
www.nicotinerecords.com<br />
h t t p : / / w w w . m y s p a c e . c o m /<br />
nicotinerecords<br />
http://www.blackhellvis.com/ nostra sublabel<br />
ciao a tutti<br />
Osvaldo Piliego
Coolibrì<br />
Tutto in una notte<br />
Tony Parsons<br />
Barbera ed<strong>it</strong>ore<br />
****<br />
Se mai avessi potuto scegliere sarei<br />
sicuramente nato quello stesso anno,<br />
o giù di lì. E se avessi potuto scegliere<br />
un lavoro di sicuro avrei fatto quello dei<br />
protagonisti di questo libro, se poi proprio<br />
potessi anche scegliere una c<strong>it</strong>tà... beh<br />
Londra sarebbe perfetta. Elementi che<br />
compongono Tutto in una notte di Tony<br />
Parsons. È il 1977, anno nodale per la<br />
storia della musica, tre giornalisti musicali<br />
vivono nell’arco di una notte l’esperienza<br />
che cambierà loro la v<strong>it</strong>a in una Londra<br />
che vive uno dei suoi anni più intensi. È la<br />
notte in cui il mondo del rock saluta per<br />
sempre il suo re Elvis, una notte in cui tutta<br />
la musica sembra sfilare nelle v<strong>it</strong>e dei<br />
protagonisti. Tre personal<strong>it</strong>à musicali e<br />
umane differenti, che messe una accanto<br />
all’altra sono capaci di delineare in<br />
maniera vivida e accurata il panorama<br />
di quel periodo. C’è il folk, i nostalgici dei<br />
Narrativa, Noir, Giallo, Italiana, Sperimentale<br />
la letteratura secondo coolcub<br />
Beatles, il punk, il glam. Ci sono i mod, gli<br />
operai e lo star system. Come in tutte le<br />
storie che si rispettino c’è l’amore, anche<br />
qui molteplice e unico allo stesso tempo.<br />
C’è innanz<strong>it</strong>utto l’amore per la musica<br />
(l’autore prima di dedicarsi alla narrativa<br />
ha lavorato per New musical express),<br />
la passione, la ricerca e la paura del<br />
nuovo.<br />
È un libro in cui le pagine trasudano il<br />
legame che autore e personaggi hanno<br />
con il rock che come una bussola guida<br />
le loro v<strong>it</strong>e, le rende speciali. Sembrano<br />
quasi distanti dal mondo, lontani dalla<br />
quotidian<strong>it</strong>à, dalle cose normali. Sono<br />
ragazzi persi tra i dischi e rintanati nei<br />
locali fumosi.<br />
Ragazzi che sognano di parlare con i loro<br />
m<strong>it</strong>i, che vivono di m<strong>it</strong>i.<br />
Ma l’amore non è solo musa ma è anche<br />
donna. Ad ogni personaggio maschile<br />
23<br />
del libro corrisponde una donna che farà<br />
irruzione e rivoluzione.<br />
Le donne rappresentano la chiave di<br />
volta per la v<strong>it</strong>a dei tre. Tutto questo<br />
accade in una sola notte. Le ore passano<br />
veloci come veloci scorrono le pagine.<br />
Cambi di scena repentini offrono scorci<br />
interm<strong>it</strong>tenti delle storie di tre che si<br />
separano per poi incontrarsi, allontanarsi<br />
di nuovo e alla fine ricongiungersi. Una<br />
bella avventura, di quelle pos<strong>it</strong>ive, una<br />
di quelle storie che ti prendono, in cui un<br />
po’ ti immedesimi. Tutto sembra affidato<br />
al caso, anche la scr<strong>it</strong>tura immediata<br />
come fosse cronaca, e invece non è<br />
così. Niente è lì per caso e te ne accorgi<br />
quando r<strong>it</strong>rovi tutti i pezzi magicamente<br />
al loro posto. Un regalo ideale da fare a<br />
chi ama la musica ma anche a chi non<br />
capisce quanto sia importante per voi.<br />
Osvaldo
24<br />
La figliola che si fidanzò con<br />
un racconto<br />
Rocco Brindisi<br />
Empirìa<br />
Stanze, malinconie,<br />
amori, disamori,<br />
allegrezze, spaventi<br />
di Dio, fatazioni di<br />
mani, culi, angeli<br />
ed espressioni,<br />
metafore e aggettivi<br />
sorprendenti fanno<br />
la meraviglia de La<br />
figliola che si fidanzò<br />
con un racconto.<br />
L’autore è Rocco<br />
Brindisi, maestro di<br />
scuola lucano che dei lucani porta la<br />
fierezza e la sapienza, l’umiltà densa di un<br />
mondo magico custod<strong>it</strong>o con dedizione<br />
ed intatto nonostante i clamori e le<br />
bastonate del tempo. Silenzio che parla<br />
dagli occhi, strumento e tram<strong>it</strong>e della<br />
sua scr<strong>it</strong>tura, come quelli di Anna, “occhi<br />
lucenti, a crepamore”. Uno scr<strong>it</strong>tore<br />
popolare che mischia le narrazioni e le fa<br />
diventare visioni, “uno scombinamento<br />
di cuore” e d’orizzonte. Un incedere<br />
affabulante, il suo, da incantatore e<br />
colpi di poesia in “un mucchio di pagine<br />
cantate”, per una trance narrativa che<br />
pare nascere da un affidamento ad un<br />
dio animale, un puro accogliere voci<br />
che costruisce storie evocando “un<br />
mondo che non sta ne in cielo ne in<br />
terra”. Un dettato magico che mischia<br />
peli, carne, umori, passioni e, “rigo<br />
dopo rigo le parole deviano dagli usi<br />
comuni, e i verbi, i sostantivi, gli aggettivi,<br />
la loro combinazione in figure fanno<br />
deragliare tutte le nostre consuetudini,<br />
riportandoci da un lato come in un<br />
sogno alle origini della verbalizzazione<br />
e spingendoci dall’altro in avanti, oltre<br />
la nostra modern<strong>it</strong>à estenuata, tra esseri<br />
umani, angeli, fantasmi, libri, film che<br />
germogliano tutti da un unico giardino<br />
delle delizie”. Noi, leggendo, dobbiamo<br />
imparare a stargli appresso, inseguirlo<br />
nella sua realtà, altra, diversa, da quella<br />
esausta del nostro malato tempo senza<br />
più stupore, senza l’oh! che sgrana gli<br />
occhi e apre la bocca e ci fa piccini<br />
nell’ascoltar fiabe, nel palp<strong>it</strong>o d’amore,<br />
nel volgerci al “pieno di compassione”<br />
per timore del “brutto fatto”. Quando<br />
ci accorgeremo che il racconto sarà<br />
fin<strong>it</strong>o cambieremo faccia, ci faremo seri,<br />
ansiosi, come se lì attorno fosse comparso<br />
qualcuno che si fosse ingelos<strong>it</strong>o del nostro<br />
tornare indietro nel tempo, quando la<br />
sorpresa era il pane del nostro crescere,<br />
del nostro confermarci al mondo.<br />
Mauro Marino<br />
Impronte di pioggia<br />
Christian Mascheroni<br />
L’Ambaradan<br />
Christian Mascheroni<br />
è un autore di<br />
programmi televisivi.<br />
Lavora per Mediaset.<br />
Programmi quali<br />
Popstar, Solaris e<br />
Appuntamento con<br />
la storia portano la<br />
sua firma. Impronte di<br />
Pioggia, ed<strong>it</strong>o dalla<br />
casa ed<strong>it</strong>rice torinese<br />
L’Ambaradan è il<br />
suo primo romanzo.<br />
Ci troviamo di fronte ad un romanzo<br />
che, pur presentando le pecche e le<br />
ingenu<strong>it</strong>à tipiche di un esordio, legate<br />
soprattutto ad un insufficiente lavoro<br />
di ed<strong>it</strong>ing, è dominato da un’intens<strong>it</strong>à<br />
davvero straziante. La storia ha come<br />
protagonista Pioggia, un bambino di<br />
nove anni cresciuto troppo in fretta,<br />
che assiste impotente all’irreversibile crisi<br />
del matrimonio dei suoi gen<strong>it</strong>ori, Eléna e<br />
Raul. Eléna è una giovane donna, dotata<br />
di grande sensual<strong>it</strong>à, legatissima al figlio,<br />
autodistruttiva, forte e fragile al tempo<br />
stesso, consunta da un amore totalizzante<br />
per un mar<strong>it</strong>o poco presente, sempre<br />
troppo ubriaco, trad<strong>it</strong>ore incall<strong>it</strong>o. La<br />
storia si snoda seguendo il punto di vista<br />
di Pioggia, strenuo difensore dell’integr<strong>it</strong>à<br />
psichica della madre, la cui sol<strong>it</strong>udine<br />
e il cui sbandamento vengono alleviati<br />
grazie al dialogo costante con un gatto<br />
e un canarino prodotti dalla sua fervida<br />
immaginazione. Inutile dire che la storia,<br />
nel finale, subisce un’accelerazione verso<br />
i toni del tragico. Senza svelare troppo.<br />
Durante la lettura più volte mi è cap<strong>it</strong>ato<br />
di pensare che questo romanzo in<br />
realtà poteva benissimo essere utilizzato<br />
come soggetto per un lungometraggio.<br />
Anzi, vi dirò di più. A mio parere il ruolo<br />
di Eléna potrebbe essere interpretato<br />
da Valeria Golino. Mentre leggevo le<br />
pagine dedicate alla v<strong>it</strong>a emotivamente<br />
Coolibrì<br />
al collasso di Eléna si palesava innanzi a<br />
me il volto di Valeria Golino. Ma questo è<br />
un mio problema.<br />
Rossano Astremo<br />
R<strong>it</strong>orni e altre storie<br />
Massimo Barone<br />
Ilisso<br />
Massimo Barone<br />
beve una vodka<br />
tutta d’un fiato.<br />
Massimo Barone<br />
fuma un sacco di<br />
sigarette. Massimo<br />
Barone ascolta<br />
Satie, e si sente<br />
come Paperino<br />
quando Paperino<br />
è incazzato nero.<br />
Massimo Barone<br />
racconta delle storie che ti lasciano<br />
senza fiato. Tre righe per dire quello che<br />
si trova nella raccolta di racconti R<strong>it</strong>orni<br />
e altre storie, di questo scr<strong>it</strong>tore romano,<br />
classe 1942, classe da vendere, sia per il<br />
suo aplomb d’altri tempi, sia per la sua<br />
scr<strong>it</strong>tura colta e lucida, pul<strong>it</strong>a come una<br />
lastra di marmo, sottile come una lama<br />
che arriva dr<strong>it</strong>ta dove deve arrivare. E<br />
la scr<strong>it</strong>tura di Massimo Barone arriva al<br />
cuore passando per il cervello, organo<br />
che tra i due sicuramente lui predilige.<br />
Uomo dalla raffinata intelligenza e<br />
dall’ironia puntuale, riesce a narrare storie<br />
di nostalgia e rimpianto, storie struggenti<br />
che non diventano mai lagnose, proprio<br />
grazie a quell’ironia, che puntuale arriva<br />
a tirar su il tono, quando il racconto<br />
rischia di provocare una lacrima. Come<br />
in Ulisse e Ermes, sicuramente il mio<br />
racconto prefer<strong>it</strong>o della raccolta, che<br />
ripercorre, nel bene e nel male, alcuni dei<br />
punti cardine, delle chiavi di volta, della<br />
generazione che in un certo senso ha<br />
cambiato il mondo, cioè la generazione<br />
del ’68, tra grandi bevute, grandi ideali e<br />
viaggi all’altro capo del mondo in cerca<br />
di eroina a prezzi bassi.<br />
Dario Goffredo<br />
Disturbi del sistema binario<br />
Valerio Magrelli<br />
Einaudi<br />
Disturbi del sistema binario segna<br />
una sensibile evoluzione all’interno
Coolibrì 25<br />
del percorso poetico della scr<strong>it</strong>tore<br />
romano Valerio Magrelli. Nella raccolta<br />
è presente una forte opposizione tra la<br />
prima parte, aperta alle più disparate<br />
sollec<strong>it</strong>azioni proveniente dalla cronaca,<br />
e la seconda, tutta volta a rappresentare<br />
s<strong>it</strong>uazioni di v<strong>it</strong>a domestica. A ciò si<br />
aggiunge una terza parte, nella quale<br />
Magrelli prova a comprendere la<br />
banal<strong>it</strong>à del Male tram<strong>it</strong>e un celebre<br />
test percettivo basato sull’ambigu<strong>it</strong>à<br />
dell’immagine (L’individuo anatra-lepre).<br />
Parlo di sensibile evoluzione, nonostante<br />
la presenza della sol<strong>it</strong>a razional<strong>it</strong>à e<br />
geometria del suo far versi, che lo<br />
contraddistingue sin dall’indimenticabile<br />
esordio del 1980, “Ora serrata retinae”.<br />
C’è, però, in quest’ultimo lavoro,<br />
un’attenzione più pressante nei confronti<br />
della sfera privata, della v<strong>it</strong>a familiare,<br />
e, in particolar modo, dei propri figli. Un<br />
Magrelli più intimista e meno cervellotico.<br />
Non a caso, nell’unica occasione nella<br />
quale ho avuto modo di dialogare con<br />
lui, ciò che mi ha sorpreso maggiormente<br />
è stato scoprire l’uomo Magrelli attraverso<br />
il suo racconto di aneddoti aventi come<br />
protagonisti i propri figli. Ecco un assaggio<br />
della raccolta: “È immagine di poesia, la<br />
figura / paterna che si nutre di me, / la<br />
tenia che divora da dentro la mia v<strong>it</strong>a?<br />
/ Immagine di poesia è la figura / di mio<br />
figlio, che beve proteso / verso il rubinetto<br />
alzandosi / su un piede, mentre l’altra<br />
gamba, / prodigio della statica, / distesa<br />
oscilla in aria, contrappeso / magico per<br />
bilanciare la sete. / Avessi anch’io la sua<br />
grazia / nell’equilibrare la fame / di chi<br />
dentro di me / si sporge e mi dilania!”.<br />
Magrelli ha dato nuovamente alle<br />
stampe una raccolta di grande impatto<br />
emotivo. Uno dei più grandi poeti <strong>it</strong>aliani<br />
viventi. Della sua generazione come lui<br />
solo Milo De Angelis.<br />
Rossano Astremo<br />
Senza polvere senza peso<br />
Mariangela Gualtieri<br />
Einaudi<br />
Dopo la raccolta del 2003 Fuoco<br />
centrale, ecco un nuovo lavoro in versi<br />
per Mariangela Gualtieri. Senza polvere<br />
senza peso, questo è il <strong>t<strong>it</strong>olo</strong> del libro che<br />
per la prima volta raccoglie versi scr<strong>it</strong>ti<br />
non per il teatro, ma nel quale emergono<br />
i tratti distintivi della sua poetica, continua<br />
registrazione rapsodica e, a tratti,<br />
delirante, della<br />
sua emotiv<strong>it</strong>à<br />
tagliente, del suo<br />
flusso emotivo<br />
corrosivo, della<br />
sua coscienza<br />
pura, verginale,<br />
volta a cogliere<br />
le limpide<br />
corrispondenze<br />
tra l’essenza dei<br />
suoi stati d’animo<br />
e il mondo che<br />
attorno le si ag<strong>it</strong>a.<br />
Ciò che emerge, nei versi della Gualtieri,<br />
è un totale salto in avanti rispetto ad una<br />
concezione della poesia ben ordinata<br />
nel suo pacchetto metrico e stilistico e un<br />
assoluto lasciarsi andare della parola che<br />
diviene strumento profondo di analisi,<br />
potente meccanismo terapeutico,<br />
straziante e sublime terreno sul quale<br />
poter spargere i semi dello stato sorgivo<br />
del proprio essere. Forse, rispetto ai lavori<br />
precedenti, messi in scena dal Teatro<br />
Valdoca, emerge una tensione pos<strong>it</strong>iva,<br />
un filo rosso di gioia, che si concretizza<br />
nei versi d’amore per figure familiari. Una<br />
su tutte, la poesia dedicata a Cesare<br />
Ronconi, compagno di v<strong>it</strong>a e regista del<br />
Teatro Valdoca: “Ho la parola amore per<br />
te / la lavo ogni mattina dal salmastro / la<br />
impasto col mio grano / la essicco dal suo<br />
molle / scortico tutto il rosa / e sono io la<br />
tua sposa marina / mio cuore cap<strong>it</strong>ano”.<br />
Rossano Astremo<br />
Il sole e il sale, romanzo grikosalentino<br />
Rocco Aprile<br />
I libri di Icaro - narrazioni<br />
Rocco Aprile è<br />
un signore gentile<br />
con una parlata<br />
fine, che seduce.<br />
È uno storico, di<br />
quelli utili ai terr<strong>it</strong>ori<br />
perché capaci<br />
di dare lucid<strong>it</strong>à e<br />
certezze a chi li<br />
ab<strong>it</strong>a, andando<br />
a cercare i fili<br />
delle storie e<br />
della Storia. Della<br />
Grecìa è uno dei padri nobili, autore di<br />
saggi chiarificanti e suggestivi. Il sole e<br />
il sale è il suo primo romanzo, quella di<br />
Icaro la seconda edizione, la precedente<br />
data 1987 a cura del Circolo Ghetonìa di<br />
Calimera: un caso ed<strong>it</strong>oriale che esaurì in<br />
pochi giorni le copie stampate. Il libro è<br />
narrativamente intenso, mischia vicende<br />
seguendo la v<strong>it</strong>a di due personaggi<br />
chiave, Pippì e Rocco, che crescono<br />
traversando gli anni poveri della d<strong>it</strong>tatura<br />
e della guerra sino al 1945. Due parti e<br />
due diversi movimenti di racconto. Il<br />
primo attento ad una descrizione del<br />
“piccolo mondo antico” di Calimera,<br />
col suo dialetto-lingua, le credenze, la<br />
morale, la durezza della quotidiane<strong>it</strong>à di<br />
un paese che vive profonde modificazioni<br />
e trasalimenti. Il secondo apre l’orizzonte,<br />
verso la c<strong>it</strong>tà. Lecce appare, méta di<br />
traversate in bicicletta, con le sue strade<br />
e un tormento borghese che tenta<br />
spazi di agibil<strong>it</strong>à, che cerca ricchezza,<br />
affermazione, ribaltando antichi timori<br />
e soggezioni. Ntoni, il padre di Pippi è<br />
campione di scaltrezza. Affascinatore e<br />
prof<strong>it</strong>tatore, mercante di carbone che<br />
si fa padrone. Una cronaca capace di<br />
costruire il quadro di un epoca rimasta<br />
oscura a molti di un Salento ined<strong>it</strong>o e vero,<br />
rimasto segreto, familiare, nei racconti<br />
ascoltati nell’infanzia. Una vicenda<br />
cruda che ci aiuta nei primi passi verso la<br />
messa a punto di un nuovo catalogo del<br />
romanzo salentino<br />
Mauro Marino<br />
Della fotografia trasgressiva<br />
Pino Bertelli<br />
Nda Press<br />
Dopo Cinema<br />
dell’eresia Pino<br />
Bertelli ci regala<br />
una nuova<br />
p u b b l i c a z i o n e<br />
targata Nda Press.<br />
L’autore è una<br />
figura di spicco del<br />
neos<strong>it</strong>uazionismo<br />
<strong>it</strong>aliano e come<br />
tale non poteva<br />
non rendere omaggio a Diane Arbus la<br />
fotografa della trasgressione, degli ultimi,<br />
degli imperfetti, dei Freaks. L’obbiettivo<br />
della Arbus colpisce e lascia il segno, scatti<br />
a volte imperfetti che fanno rabbrividire<br />
e pensare. Le immagini di devianti e<br />
fenomeni da baraccone, che Diane<br />
immortalava, non pongono l’accento
26 Coolibrì<br />
sulla loro pelle, sulla loro presunta<br />
sofferenza, sulla loro infelic<strong>it</strong>à quanto,<br />
piuttosto sull’indifferenza e sull’autonomia.<br />
Per dirla con parole sue “quelli che<br />
nascono mostri sono l’aristocrazia del<br />
mondo dell’emarginazione... quasi<br />
tutti attraversano la v<strong>it</strong>a temendo le<br />
esperienze traumatiche, i mostri sono nati<br />
insieme al loro trauma”. La Arbus mette<br />
in luce ciò che la società nasconde,<br />
non la sofferenza di un incidente ma la<br />
normal<strong>it</strong>à nella mostruos<strong>it</strong>à. Il suo genio<br />
ha rotto con tutte le scuole, le prassi o<br />
narcisismi della scr<strong>it</strong>tura fotografica. Ha<br />
mostrato che più un fotografo è lo “stile”<br />
delle sue fotografie e più sarà universale.<br />
Il 27 luglio del 1971, Diane Arbus si dà la<br />
morte. Nel suo diario, aperto sul ventisei<br />
luglio lascia queste parole: l’ultima cena.<br />
Il genio ha inizio sempre col dolore.<br />
Simone Rollo<br />
Una generazione piena di<br />
complessi -M<strong>it</strong>i e meteore<br />
del beat <strong>it</strong>aliano<br />
Claudio Pescetelli<br />
Ed<strong>it</strong>rice Zona<br />
Una chicca per gli appassionati del beat<br />
di casa nostra, delle gonne optical, dei<br />
primi allucinogeni e dei party in cantina.<br />
Un faticoso lavoro di catalogazione di<br />
tutti i gruppi più o meno conosciuti che<br />
hanno prodotto almeno un 45 giri nel<br />
periodo compreso tra il 1964 ed il 1970,<br />
l’unico discrimine che ha segnato questo<br />
simpatico abbecedario di meteore è<br />
che le sonor<strong>it</strong>à siano beat. Sono anni<br />
particolari per l’Italia, la televisione ancora<br />
non è in tutte le case, i r<strong>it</strong>mi delle canzoni<br />
sono melodici e convenzionali, sono gli<br />
stessi anni in cui stanno per esplodere<br />
fenomeni come i Beatles ed i Rolling<br />
Stones. Nella cattolica Italia il fenomeno<br />
non può esplodere così come nel Regno<br />
Un<strong>it</strong>o ed è così che in perfetto stile di<br />
casa nostra nasce la “Messa Beat” che<br />
fungerà da trampolino per molti gruppi<br />
emergenti. Gruppi come i Cavernicoli,<br />
m<strong>it</strong>ico complesso, elevato a culto grazie<br />
al loro unico 45 giri che li raffigura nudi<br />
con pelli di animali o come Toto & i Tati<br />
ovvero primo gruppo di Toto Cutugno.<br />
Un libro che può accompagnare gli<br />
appassionati del vinile nei propri acquisti<br />
da collezione nei mercatini delle c<strong>it</strong>tà o<br />
sulle aste di e-bay.<br />
Simone Rollo<br />
Polis. Dialogo di sociologia<br />
urbana<br />
Franco Ferrarotti/Massimiliano<br />
Fuksas<br />
Manni<br />
Cinquantasei pagine di dialogo e una<br />
trentina di immagini per parlare del<br />
rapporto tra l’uomo e lo spazio urbano,<br />
per discutere della c<strong>it</strong>tà e del ruolo che<br />
essa deve avere in questo secolo. I due<br />
protagonisti sono il sociologo Franco<br />
Ferrarotti e l’arch<strong>it</strong>etto Massimiliano<br />
Fuksas che intavolano un interessante<br />
scambio di opinioni che passa dal<br />
ruolo dell’arch<strong>it</strong>etto alla democrazia,<br />
dalla xenofobia agli incidenti scoppiati<br />
nelle periferie francesi. I due mettono<br />
a disposizione del lettore i loro punti di<br />
vista e i loro differenti approcci della<br />
società e ci consegnano un libro che è<br />
un ottimo spunto per lanciarsi in riflessioni<br />
più approfond<strong>it</strong>e. (pila)<br />
Echi Perduti<br />
Joe R. Lansdale<br />
Fanucci<br />
La fortuna che<br />
da alcuni anni a<br />
questa parte sta<br />
accompagnando<br />
in Italia le usc<strong>it</strong>e di<br />
Joe R. Lansdale è<br />
pari soltanto al calo<br />
qual<strong>it</strong>ativo registrato<br />
da molti estimatori<br />
dello scr<strong>it</strong>tore texano.<br />
Ad una produzione<br />
elefantiaca (tra<br />
romanzi, racconti,<br />
sceneggiature, il nostro può competere<br />
tranquillamente con Stephen King)<br />
non corrisponde in effetti un adeguato<br />
numero di capolavori, o almeno di opere<br />
apprezzabili in toto. Pure, Lansdale non è<br />
un bluff: La Notte del Drive-in (Einaudi),<br />
Fiamma Fredda (Il Giallo Mondadori)<br />
e la raccolta Maneggiare con cura<br />
(Fanucci) rappresentano le massime<br />
vette di un narratore di razza che da<br />
noi ha trovato in Niccolò Amman<strong>it</strong>i il suo<br />
testimonial più rilevante. Spiace tuttavia<br />
notare quanto i due scr<strong>it</strong>tori abbiano<br />
più o meno consapevolmente scelto di<br />
adagiarsi in tempi recenti su proposte<br />
“soft” dopo aver incontrato il favore del<br />
grande pubblico: storie che hanno come<br />
protagonisti bambini o adolescenti,<br />
freno a mano tirato all’approssimarsi di<br />
passaggi radicali, urticanti, figli di quella<br />
furia anarcoide che ab<strong>it</strong>ava i primi lavori<br />
dell’uno e dell’altro. Non fa eccezione<br />
Echi Perduti, romanzo giocato sul dono/<br />
maledizione soprannaturale di Henry,<br />
un ragazzo in grado di rivivere scene di<br />
violenza realmente accadute in passato.<br />
Lansdale gioca apertamente sul terreno<br />
del King de La Zona morta e perde<br />
puntualmente fiato quando tiene duro<br />
sul tema del fanciullo dalla v<strong>it</strong>a difficile a<br />
causa della sua divers<strong>it</strong>à. Interessante?<br />
Sì, se appartenete alla schiera di ziette<br />
che in libreria chiedono brividi ben<br />
cotti senza troppo sangue né s<strong>it</strong>uazioni<br />
sconvenienti ad ogni giro di pagina.<br />
Sensazioni edulcorate, mediamente forti,<br />
insomma, sulla scia di Io non ho paura<br />
dell’Amman<strong>it</strong>i nazionale. Un appello:<br />
torna, Niccolò, alle devastazioni di<br />
Fango. E torna anche tu, mio caro Joe,<br />
all’America spietata di malati di mente<br />
della porta accanto, agli adolescenti<br />
spudorati che vanno al cinema per un<br />
horror e una palpata alle tette della<br />
Zoccola Numero Uno della scuola. Per<br />
farla fin<strong>it</strong>a con il pol<strong>it</strong>icamente corretto.<br />
Per riportare il discorso sul nero e lasciare<br />
alle ziette la Mazzantini e Faletti.<br />
Nino G. D’Attis<br />
LE STORIE S<br />
INTERVISTA A CR<br />
Classe ’74, nato a Casola Valsenio, in<br />
provincia di Ravenna, Cristiano Cavina è<br />
stato barista, pizzaiolo e ch<strong>it</strong>arrista prima di<br />
entrare nella Scuola Holden di Alessandro<br />
Baricco, dove è stato compagno di<br />
banco di Pietro Grossi (fortunato autore<br />
di Pugni). Vinc<strong>it</strong>ore di diversi concorsi<br />
letterari, il suo racconto Il babbo Natale<br />
di Viale Neri arriva prima viene inser<strong>it</strong>o<br />
(siamo nel 2002) nell’antologia Il quarto re<br />
magio, ed<strong>it</strong>a dalla Marcos y Marcos. Con<br />
la stessa casa ed<strong>it</strong>rice ha poi pubblicato<br />
Alla grande e Nel paese di Tolintesàc.<br />
Il 2 novembre arriverà nelle librerie la<br />
sua ultima fatica Un’ultima stagione da<br />
esordienti, una galoppata lungo un anno<br />
di campionato giovanile, un ultimo anno<br />
da esordienti, tra monti e valli della<br />
Romagna. Dalla preparazione alla prima<br />
trasferta, dai mugugni dei professori<br />
alle vanterie da sciupafemmine negli<br />
spogliatoi, al glorioso crescendo del<br />
finale, con un “gol impossibile” che segna<br />
il destino di un’indimenticabile finalissima<br />
contro il temibile Castelguelfo.<br />
Cavina è una delle giovani voci <strong>it</strong>aliane<br />
che ha davvero qualcosa da dire, da<br />
raccontare, per usare un verbo che ama<br />
tanto. Non a caso poche settimane fa è<br />
stato protagonista di Scr<strong>it</strong>ture Giovani,
Coolibrì<br />
ONO LA MIA STORIA<br />
ISTIANO CAVINA<br />
un progetto ideato cinque anni fa dal<br />
Festivaletteratura di Mantova che punta<br />
a promuovere giovani scr<strong>it</strong>tori europei.<br />
Ogni anno ne vengono scelti cinque,<br />
dall’Italia, la Norvegia, la Spagna, la<br />
Germania e l’Inghilterra, chiamati a<br />
confrontarsi in forma di racconto breve<br />
con un tema, quest’anno Casablanca<br />
(lo scorso anno l’Altrove, per esempio).<br />
Il tuo ultimo libro Nel paese di Tolintesàc<br />
è la storia di una famiglia che hai defin<strong>it</strong>o<br />
“sgangherata”. Famiglia è sinonimo<br />
di origini, e delle origini fanno parte il<br />
dialetto, le storie popolari, la cultura<br />
popolare che ci portiamo dietro, dentro.<br />
Quanto sono importanti questi elementi<br />
nel tuo scr<strong>it</strong>to?<br />
Il romanzo è tutto un divagare sulla<br />
famiglia, sulla v<strong>it</strong>a e sulle storie dei<br />
personaggi che popolano il mio libro. E in<br />
parte (ma in modo più leggero) sulle storie<br />
dell’Italia. Secondo me bisogna scrivere<br />
delle cose che si conoscono e una delle<br />
cose che sai meglio è come vive la tua<br />
famiglia. Io ho pensato a questa storia<br />
il giorno in cui ho scoperto una cosa<br />
sulla mia famiglia di cui conoscevo già<br />
quasi tutto, pensavo: tranne chi era mio<br />
padre. Un giorno mia mamma e mio zio<br />
l<strong>it</strong>igarono durante una cena di famiglia. E<br />
mia mamma al colmo dell’esasperazione<br />
disse a mio zio di confessarmi di quando<br />
lei era incinta e i miei nonni, i miei zii e<br />
gli altri parenti le offrirono 80.000 lire per<br />
abortire. Ed io ho pensato a questa cosa:<br />
è strano che una famiglia offra dei soldi<br />
per abortire me prima che nascessi.<br />
Dopo sono state le persone più amorevoli<br />
di questo mondo. Io sono cresciuto con<br />
i miei nonni. Pensando a questa grande<br />
ferocia sub<strong>it</strong>o e a questo grande amore<br />
poi, mi è venuta in mente questa storia:<br />
una famiglia sgangherata che sa essere<br />
tenera e spietata allo stesso tempo.<br />
Come le terre in cui viviamo, che sono<br />
bellissime e difficilissime e per me questo<br />
vale molto, perchè poi io scrivo, cerco di<br />
scrivere una m<strong>it</strong>ologia del quotidiano. E<br />
tutto parte proprio da lì.<br />
Ci racconti l’aneddoto felliniano che ha<br />
dato il <strong>t<strong>it</strong>olo</strong> al romanzo?<br />
Mentre scrivevo questo libro, che non<br />
aveva ancora <strong>t<strong>it</strong>olo</strong>, iniziai a fare uno<br />
spettacolo su Fellini con degli amici<br />
musicisti, un gruppo che si chiama “Trio<br />
eccentrico” composto da flauto, fagotto<br />
e clarinetto. Avevano riarrangiato tutti<br />
i brani delle colonne sonore di Rota per<br />
Fellini e mi avevano chiesto per una<br />
serata in un circolo a Faenza di leggere<br />
tra un pezzo e l’altro qualcosa su Fellini.<br />
Io ho tirato giù delle interviste che aveva<br />
fatto... poi ci è scappata la cosa di mano<br />
e alla fine ci siamo r<strong>it</strong>rovati in tutta Italia a<br />
fare questo spettacolo, questo omaggio<br />
al grande regista. In particolare c’era un<br />
brano in cui Fellini raccontava di quando<br />
era alle superiori e odiava andare a scuola<br />
(il liceo classico a Rimini ai tempi della<br />
guerra in Abissinia negli anni ’30). Scoprì<br />
che il preside aveva paura dei fascisti<br />
locali e utilizzo questa debolezza per non<br />
studiare. Una volta si presentò al preside<br />
dicendo: “Dobbiamo assolutamente<br />
fermare le lezioni per festeggiare le nostre<br />
truppe che hanno conquistato la rocca<br />
di Vaffancul nel paese di Tolintesàc!”<br />
e il preside gli diede la bandiera. Fellini<br />
raccontava che festeggiò tutto il<br />
giorno liberando tutti gli altri studenti<br />
delle scuole per omaggiare la presa<br />
di Vaffancul nel paese di Tolintesàc.<br />
Io praticamente stavo scrivendo di<br />
questo paese. Tolintesàc in romagnolo<br />
è un modo per mandare a quel paese,<br />
però dopo che ti sono andate tutte<br />
male. La storia che raccontavo era un...<br />
Tolintesàc: una famiglia a cui ne vanno<br />
male dieci e una volta che gliene va<br />
bene una, si permettono di fare il gesto…<br />
dell’ombrello. E quello è rimasto il <strong>t<strong>it</strong>olo</strong>.<br />
Hai detto di essere un musicista… mancato!<br />
Cosa pensi della contaminazione tra<br />
27<br />
letteratura e musica? Penso a scr<strong>it</strong>tori<br />
che collaborano con musicisti, Enrico<br />
Brizzi, Lello Voce... oppure musicisti che<br />
scrivono libri, Ligabue, Jovanotti, Guccini,<br />
Vecchioni...<br />
Non so. Ognuno fa quello che si sente<br />
e quello che uno si sente va bene. Molti<br />
possono permettersi di scrivere dei libri<br />
solo perchè sono dei musicisti. Perchè se<br />
quei libri li avessi scr<strong>it</strong>ti io e li avessi mandati<br />
per manoscr<strong>it</strong>to ad un ed<strong>it</strong>ore, non<br />
sarebbero stati pubblicati sicuramente.<br />
Sembra una cattiveria ma credo che sia<br />
così, soprattutto se penso alla trafila che<br />
hanno fatto gli scr<strong>it</strong>tori normali: mandare i<br />
manoscr<strong>it</strong>ti e aspettare che ti rispondano<br />
dopo che li han letti…<br />
A propos<strong>it</strong>o di musica e letteratura, mi<br />
viene in mente Boriv Vian, trombettista<br />
jazz, scr<strong>it</strong>tore, ingegnere, pubblicato<br />
tra l’altro anche dalla tua stessa casa<br />
ed<strong>it</strong>rice, la Marcos y Marcos. In una delle<br />
sue poesie scrive: “Sono un poeta e vi<br />
cago sul naso”, che suona un po’ come<br />
Tolintesàc. Tu sei uno scr<strong>it</strong>tore e...<br />
E non cago sul naso a nessuno. Lui è Boris<br />
Vian, ha scr<strong>it</strong>to delle canzoni bellissime,<br />
storiche. Di Boris Vian ne nasce uno<br />
ogni pacco di anni, quindi non è il caso<br />
di andarlo a scomodare. Poi io non ho<br />
mai scr<strong>it</strong>to poesie, ripeto, non sono in<br />
grado, penso di non avere la sensibil<strong>it</strong>à<br />
adatta a scrivere poesie. Non sono<br />
neanche scr<strong>it</strong>tore, penso di essere più<br />
un narratore, un racconta-storie. E non<br />
cago sul naso a nessuno. Poi, con tutto<br />
il rispetto, Tolintesàc suona meglio di “ti<br />
cago sul naso”! Bisognerebbe controllare<br />
la versione originale, in francese magari<br />
suona meglio. No, guarda che poi non è<br />
una sfida. Non è che quando scrivo voglio<br />
dimostrare qualcosa agli altri scr<strong>it</strong>tori o ai<br />
lettori. Io scrivo perchè è un mio tic. Mi<br />
scappa di scrivere, mi piace e cerco di<br />
farlo bene. L’unica cosa, forse, è che lo<br />
faccio con una grande rabbia. Ma non<br />
devo dimostrare niente a chi legge o al<br />
mondo che ho intorno. Poi penso di non<br />
dover insegnare niente a nessuno. Non<br />
scrivo per tesi, non ho una mia visione<br />
del mondo che devo fare vedere altri. Io<br />
riporto delle storie per farle sopravvivere.<br />
Marta Mazza
Gli Ed<strong>it</strong>ori Riun<strong>it</strong>i sono una delle case<br />
ed<strong>it</strong>rici più longeve d’Italia: nascono nel<br />
1953 dalla fusione di due case ed<strong>it</strong>rici<br />
vicine al Part<strong>it</strong>o comunista <strong>it</strong>aliano (le<br />
Edizioni Rinasc<strong>it</strong>a e le Edizioni di Cultura<br />
Sociale, dirette da Roberto Bonchio,<br />
che resterà alla guida della nuova casa<br />
ed<strong>it</strong>rice per molti decenni). Nel corso<br />
di questi cinquanta anni è cresciuta e<br />
si è articolata in diverse collane. Dalla<br />
primavera del 2000 ha aperto anche<br />
una sezione dedicata alla musica. Ne<br />
abbiamo parlato con il direttore ed<strong>it</strong>oriale<br />
della collana rock Ezio Gua<strong>it</strong>amacchi.<br />
La collana ha varie sezioni o sottocollane,<br />
ce le illustri?<br />
Partiamo dalla considerazione di<br />
partenza. Trattando prevalentemente<br />
artisti o gruppi anglo/americani non ce la<br />
siamo sent<strong>it</strong>a di dar v<strong>it</strong>a a vere e proprie<br />
biografie (che avrebbero necess<strong>it</strong>ato<br />
della conoscenza diretta dei personaggi<br />
e del contesto in cui la loro musica si è<br />
sviluppata). Abbiamo pensato che tutti<br />
noi avevamo conosciuto nel dettaglio<br />
questi artisti attraverso le loro opere e<br />
cioè i loro dischi. E così il disco rimane il<br />
“focus” di tutte le nostre produzioni:<br />
Pensieri & parole è una collana che<br />
analizza le opere di artisti internazionali<br />
con particolare attenzione ai testi<br />
nonché alle storie che si celano dietro<br />
ogni canzone. Ogni volume affronta (in<br />
ordine cronologico) tutta la discografia<br />
di un <strong>artista</strong> e la studia album per album,<br />
canzone per canzone. Un po’ sullo<br />
stile delle antologie scolastiche che<br />
analizzano le opere letterarie.<br />
Momenti rock è una collana che ripercorre<br />
in ordine cronologico la carriera di un<br />
<strong>artista</strong>. Per questa collana ho coniato il<br />
neologismo di bio-discografia perché,<br />
nuovamente, è il disco l’elemento<br />
centrale dell’analisi.<br />
Legends è una sorta di enciclopedia<br />
per singole voci che vuole presentare<br />
in modo completo ma agile le opere<br />
dei più importanti musicisti del 900.<br />
Dal jazz al rock, dalla world music alla<br />
musica <strong>it</strong>aliana, dal blues al folk le<br />
grandi leggende della Musica rivivono<br />
in volumetti essenziali che ne presentano<br />
v<strong>it</strong>a, opere e miracoli (artistici).<br />
Juke-box del millennio è una collana<br />
che presenta i 100 dischi ideali per<br />
capire vari generi musicali: rock, blues,<br />
jazz, canzone <strong>it</strong>aliana, reggae, punk,<br />
hard & heavy, world music, classica. Un<br />
lavoro enciclopedico e completissimo:<br />
ogni scheda racconta il “making of” di<br />
100 album epocali e consiglia (a pie di<br />
pagina) altri 3 album nella “medesima<br />
vena artistica”.<br />
Ci racconti in particolare la struttura di<br />
Legends?<br />
È un lavoro difficile e complesso che ha<br />
l’obiettivo ambizioso di colmare una<br />
lacuna nell’ed<strong>it</strong>oria musicale <strong>it</strong>aliana.<br />
Sono 10 volumi (ciascuno avente come<br />
riferimento un <strong>t<strong>it</strong>olo</strong> di una canzone<br />
relativa al genere musicale o al momento<br />
trattato) che raccontano 50 anni di<br />
Rock, dalle origini a oggi. Il tentativo è di<br />
raccontare il rock attraverso i momenti<br />
che hanno segnato i cambiamenti<br />
principali di questo genere musicale<br />
senza dimenticare il contesto socio/<br />
culturale nel quale essi si svolgevano.<br />
Coolibrì<br />
L’UNIONE FECE LA FORZA<br />
LA NUOVA MUSICA DEGLI EDITORI RIUNITI<br />
La sezione pensieri e parole è dedicata<br />
all’analisi dei testi delle canzoni. Alcuni<br />
gruppi e artisti famosi sono analizzati<br />
come fossero poeti.<br />
Da dove viene questa idea?<br />
Da sempre, gli appassionati (specie<br />
quelli che masticano poco l’inglese)<br />
sono interessati ai messaggi che i loro<br />
artisti prefer<strong>it</strong>i lanciano attraverso le<br />
loro canzoni. Questa curios<strong>it</strong>à non è<br />
stata placata dai testi riportati sui cd<br />
o nei vari s<strong>it</strong>i internet. Questa collana<br />
approfondisce molto il significato delle<br />
canzoni e ne racconta anche storie,<br />
aneddoti e curios<strong>it</strong>à legate alla nasc<strong>it</strong>a.<br />
Molte le cose attualmente in catalogo,<br />
quali sorprese avete in serbo per questo<br />
inverno?<br />
A Natale esce un Almanacco del Rock<br />
– minuto per minuto, dal 1954 a oggi. Un<br />
volume bellissimo, illustrato, curato da<br />
Enzo Gentile. Poi, sempre per il periodo<br />
natalizio, usciranno un libro su George<br />
Harrison (Pensieri & Parole) a 5 anni dalla<br />
morte del Beatle quieto, uno sui redivivi<br />
Duran Duran e uno (bellissimo, con<br />
tanto di part<strong>it</strong>ure e trucchi tecnici) sul<br />
leggendario Jimi Hendrix.<br />
Un parere sullo stato di salute dell’ed<strong>it</strong>oria<br />
<strong>it</strong>aliana, è vero che non si legge più?<br />
Domanda troppo complessa a cui non<br />
sono in grado di rispondere su due piedi.<br />
Posso solo dire che (per ciò che riguarda<br />
la musica) noi facciamo un’ed<strong>it</strong>oria di<br />
nicchia, una sorta di “manualistica” per<br />
un pubblico di appassionati. E per questo<br />
tipo di hobby e passioni che rendono la<br />
v<strong>it</strong>a più piacevole a chi le pratica, ci sarà<br />
sempre un mercato di riferimento. (O.P.)
Be Cool il cinema secondo coolcub<br />
La stella che non c’è<br />
Gianni Amelio<br />
01 Distribution<br />
****<br />
Liberamente ispirato al romanzo La<br />
dismissione di Ermanno Rea, La stella<br />
che non c’è è il nuovo controverso<br />
lavoro di Gianni Amelio che sebbene<br />
lontano dagli standard ab<strong>it</strong>uali riesce a<br />
confezionare un film intenso e delicato<br />
che analizza temi a lui cari come il viaggio<br />
e l’incomunicabil<strong>it</strong>à. Semplice l’intreccio<br />
in cui una delegazione cinese arriva in<br />
Italia per rilevare un impianto metallurgico<br />
in disuso. Vincenzo Buonavolontà, un<br />
manutentore a conoscenza di un guasto<br />
che potrebbe rivelarsi importante, vuole<br />
secondo coscienza scoprirne l’origine.<br />
Purtroppo riesce nel suo intento solo<br />
quando gli imprend<strong>it</strong>ori hanno lasciato il<br />
paese con l’altoforno incriminato. Inizia<br />
così un lungo viaggio che lo porterà a<br />
scoprire una Cina nuova, fortemente<br />
diversa da come se l’era immaginata.<br />
E cap<strong>it</strong>a così che la stella del <strong>t<strong>it</strong>olo</strong><br />
assuma più significati e manchi un po’<br />
dappertutto, nella v<strong>it</strong>a del protagonista<br />
alla ricerca di qualcosa di impalpabile<br />
così come nell’immagine di un grande<br />
paese tanto impetuoso economicamente<br />
quanto fragile ed iniquo socialmente.<br />
Il film si muove su due binari diversi e<br />
contrapposti. Il primo riguarda un’ovvia<br />
analisi sociologica che mette in risalto le<br />
contraddizioni umane ed economiche di<br />
una Cina non democratica e cresciuta<br />
troppo in fretta, mentre il secondo è<br />
quello minimale che segue le vicende di<br />
un protagonista (un sempre bravo Sergio<br />
Castell<strong>it</strong>to) immerso in una realtà con cui<br />
non è possibile non scontrarsi a muso duro.<br />
A fianco di Vincenzo c’è Liu Hua, giovane<br />
ragazza poco più che ventenne che lo<br />
accompagna come interprete, ma che<br />
ben presto diventerà la chiave universale<br />
per comprendere non solo la lingua, ma<br />
anche e soprattutto quei dettagli che<br />
spesso sfuggono e che fanno di ogni<br />
cammino sconosciuto una conquista<br />
interiore. Detto questo il film ha qualche<br />
difetto strutturale che ne impedisce la<br />
completa e perfetta riusc<strong>it</strong>a mancando<br />
di quel legante che tiene un<strong>it</strong>e e che<br />
giustifica delle motivazioni così profonde<br />
e complesse, ma che tutto sommato<br />
mantiene inalterato il senso generale di un<br />
lavoro che appare ugualmente godibile.<br />
Amelio conferma quindi la sua straordinaria<br />
capac<strong>it</strong>à di raccontare attraverso l’uso<br />
di tempi dilu<strong>it</strong>i che sono parte della sua<br />
cifra e che danno alla narrazione un r<strong>it</strong>mo<br />
particolare che proprio per questo è una<br />
macchina delicata dove ogni ingranaggio<br />
deve essere al suo posto. La stella diventa<br />
così una rapida cometa, che abbaglia<br />
rapidamente per poi trascinare lenta la sua<br />
coda. Potrà morire in fretta ma chi è che<br />
non alzerebbe gli occhi per guardarla?<br />
C. Michele Pierri
30 Be Cool<br />
IL NUOVO MONDO<br />
DI EMANUELE CRIALESE<br />
Dopo il successo di Respiro<br />
che ne ha lanciato la carriera<br />
a livello internazionale, il<br />
quarantenne Emanuele<br />
Crialese mantiene le promesse<br />
e si segnala defin<strong>it</strong>ivamente<br />
come una delle realtà<br />
più importanti del cinema<br />
europeo conquistando a<br />
Venezia il Leone d’argento<br />
con Nuovomondo. Il film è il<br />
racconto di un viaggio che agli<br />
inizi del ‘900 porta la famiglia<br />
siciliana dei Mancuso in<br />
America nella speranza di una v<strong>it</strong>a migliore.<br />
Ma il sogno avrà v<strong>it</strong>a breve perché il tanto<br />
agognato viaggio si rivela ben presto<br />
diverso da come lo avevano immaginato.<br />
Fra onde e disperazione il lavoro di<br />
Crialese rappresenta il documento finora<br />
più “fedele” di quella peregrinazione che<br />
ha visto nel corso del ventesimo secolo<br />
protagonisti milioni di <strong>it</strong>aliani sparsi ora<br />
nel mondo. Ad accogliergli si la Statua<br />
della libertà, ma prima ancora Ellis Island,<br />
detta “l’isola delle lacrime”, dove gli<br />
emigranti venivano tenuti in una umiliante<br />
quarantena fino ad appurarne l’idone<strong>it</strong>à a<br />
convivere col popolo americano. Il regista<br />
dipinge un quadro reale e commovente<br />
di una storia come tante che nel suo finale<br />
allegorico trova una degna conclusione<br />
che rappresenta finemente il sogno di chi<br />
abbandonava la propria patria per un<br />
futuro misterioso. Nel cast Vincenzo Amato<br />
(nei panni del capofamiglia Salvatore),<br />
sempre presente finora nei film di Crialese<br />
e Charlotte Gainsbourg.<br />
Partiamo da una considerazione che<br />
riguarda la sua esperienza personale.<br />
Prima di parlare di emigranti lo è stato lei<br />
a sua volta, dopo essere part<strong>it</strong>o proprio<br />
negli Stati Un<strong>it</strong>i per studiare cinema. Come<br />
ha vissuto il r<strong>it</strong>orno in patria e perché dopo<br />
aver esord<strong>it</strong>o pos<strong>it</strong>ivamente negli Usa<br />
con Once we were strangers (primo film<br />
<strong>it</strong>aliano ad essere selezionato al Sundance<br />
Festival) ha sent<strong>it</strong>o il bisogno di r<strong>it</strong>ornare?<br />
Ho sempre nutr<strong>it</strong>o una grande passione<br />
per il cinema e dopo essermi fatto una<br />
cultura teorica vedendo tanti film ho<br />
deciso di averne anche una tecnica.<br />
Ho provato ad entrare nella Scuola<br />
Nazionale di Cinema di Roma ma sono<br />
stato scartato. A 26 anni sentivo il bisogno<br />
di confrontarmi con il mezzo tecnico e la<br />
scuola che ho frequentato a New York<br />
me ne dava la possibil<strong>it</strong>à. È stata una<br />
esperienza eccezionale che mi ha dato<br />
l’occasione di confrontarmi con altre<br />
culture. Fatto questo ho deciso di tornare<br />
in Italia perché sentivo di avere col mio<br />
Paese un conto mai chiuso e<br />
poi di tornare negli Stati Un<strong>it</strong>i<br />
c’è sempre tempo.<br />
Da Respiro a Nuovomondo il<br />
salto è triplo. Me ne racconti la<br />
genesi?<br />
In realtà Nuovomondo è<br />
un’idea nata e scr<strong>it</strong>ta prima di<br />
Respiro. Il film è nato da una<br />
vis<strong>it</strong>a al museo di Ellis Island.<br />
Gli sguardi degli immigrati<br />
puntavano stran<strong>it</strong>i l’obiettivo<br />
e mi hanno influenzato. Dopo<br />
la mia esperienza americana,<br />
tornato in Italia ho scr<strong>it</strong>to Nuovomondo.<br />
Ma i produttori non erano d’accordo,<br />
consideravano l’idea troppo dispendiosa<br />
per un quasi esordiente e mi dissero<br />
chiaramente di cambiare registro. Scrissi<br />
Respiro e accantonai il progetto. Almeno<br />
momentaneamente.<br />
In Nuovomondo così come in Respiro si<br />
coglie il contrasto tra una parte onirica ed<br />
audace e l’elemento reale, forse anche<br />
realista con un ampio uso del dialetto.<br />
Come mai questa scelta apparentemente<br />
contrastante che è parte della tua cifra?<br />
La risposta è più semplice di quel che<br />
appare. In realtà quando scrivo un film<br />
questo è l’ultimo dei miei pensieri, penso<br />
a raccontare una storia nella maniera che<br />
mi sembra più adatta. Chiaramente è<br />
inutile negare che in parte è il mio stile, in<br />
parte dopo il successo di Respiro, che pure<br />
aveva questa componente, ho recep<strong>it</strong>o<br />
che il pubblico apprezzava quel modo di<br />
raccontare che quindi risultava vincente.<br />
Il film tutto sommato sembra essere<br />
diverso da altre pellicole che prima di<br />
questa hanno tentato di raccontare un<br />
passato tanto commovente. Qual è stata<br />
la tua scelta stilistica e quanto è stato<br />
difficile trovarne una che potesse essere<br />
“originale”?<br />
Ho avuto dei riferimenti come America<br />
America di Elia Kazan ma poi me ne sono<br />
staccato. Più che pensare a quello che mi<br />
piaceva sapevo bene quello che non mi<br />
piaceva. Faccio un esempio. Dopo aver<br />
visto T<strong>it</strong>anic, con quelle inquadrature che<br />
da fuori dipingevano il naufragio, io sapevo<br />
di non voler dare quella visione del mare,<br />
ma piuttosto una visione che rendesse<br />
quello che provavano i protagonisti. Essi<br />
infatti vedono il mare dall’interno, come<br />
un turbinio che li avvolge e che li tiene in<br />
balia. È bastato solo cambiare occhio per<br />
cambiare completamente prospettiva. Il<br />
resto l’ha fatto la storia.<br />
Il tuo film sembra anche contenere, non<br />
so se volontariamente, un interrogativo<br />
pol<strong>it</strong>ico e sociale. Credi che gli <strong>it</strong>aliani<br />
LA MUSICA DEL MONDO<br />
NUOVO ARRIVA DAL SALENTO<br />
La colonna sonora del Nuovomondo<br />
di Emanuele Crialese parla salentino.<br />
L’autore è infatti Antonio Castrignanò,<br />
tamburellista e cantante di tradizione<br />
protagonista di numerose edizioni della<br />
Notte della Taranta. Il cd Nuovomondo<br />
Soundtrack contiene 13 tracce, due<br />
celebri canzoni della grande Nina<br />
Simone e brani, aree, frammenti e<br />
cantate, composte da Castrignanò, brani<br />
originali e alcuni tradizionali riarrangiati.<br />
Tra i t<strong>it</strong>oli: Corri, Trainieri, Beddha, una<br />
particolarissima Kali nifta che segna una<br />
delle scene cruciali del film, ma anche<br />
una pizzica originale e strumentale Respiri<br />
di pizzica, e ancora Luce, Manamu,<br />
Vienna, Membrane. “Arrangiamenti molto<br />
abbiano dimenticato cosa vuol dire essere<br />
emigranti?<br />
C’è un dato di fatto, inconfutabile,<br />
cioè che gli <strong>it</strong>aliani siano il popolo che<br />
maggiormente è emigrato nella storia<br />
dell’uman<strong>it</strong>à, nell’ordine dei venti milioni<br />
di persone. Attraverso il lavoro abbiamo<br />
trasmesso un messaggio che è quello<br />
della ricerca di una v<strong>it</strong>a migliore. A<br />
questo punto non so dire davvero se lo<br />
abbiano dimenticato, ma sono certo<br />
che dobbiamo riflettere su quello che ci<br />
è accaduto, per capire come accogliere<br />
chi arriva oggi sulle nostre sponde.<br />
Una curios<strong>it</strong>à locale. La colonna sonora è<br />
firmata dal salentino Antonio Castrignanò<br />
(vedi in alto). Come sei arrivato a questa<br />
scelta e come sei venuto in contatto con<br />
lui e con il Salento?<br />
Chiaramente prima di decidere quali
Be Cool 31<br />
radicali - ha spiegato il tamburellista<br />
- che riconducono ad un’epoca<br />
che non esiste, con una matrice<br />
marcatamente salentina che, penso, sia<br />
una forte conquista della nostra musica,<br />
un’operazione rilevante perché inser<strong>it</strong>a<br />
in un contesto importante, al di fuori di<br />
alcuni stereotipi. Il mio comp<strong>it</strong>o è stato<br />
ed è, da musicista, quello di evidenziare<br />
il vero senso della tradizione musicale,<br />
che racconta quello che erano gli altri,<br />
la loro v<strong>it</strong>a”. Arie e canti per un lavoro<br />
apprezzato da sub<strong>it</strong>o dalla produzione<br />
del film e, soprattutto, dal regista, che ha<br />
scelto così di raccontare le sue vicende<br />
di meridione ed emigrazione, di viaggio,<br />
nostalgia e speranze e di narrarle con<br />
un’anima sonora salentina.<br />
(da.qua.)<br />
musiche utilizzare mi sono informato su<br />
quali fossero quelle meno inflazionate e<br />
più adatte al mio lavoro. Mi fu detto da<br />
esperti che le musiche della tradizione<br />
popolare siciliana e salentina facevano<br />
al caso mio. Arrivato nel Salento ho avuto<br />
modo di incontrare<br />
un etnomusicologo,<br />
Luigi Chiriatti, che mi<br />
ha inv<strong>it</strong>ato a pranzo.<br />
È lì che ho conosciuto<br />
Antonio che mi ha<br />
sub<strong>it</strong>o contagiato con<br />
la sua passione. Dopo,<br />
nonostante le sue<br />
riluttanze, sono riusc<strong>it</strong>o<br />
anche a convincerlo<br />
ad essere nel film nel<br />
ruolo di comparsa.<br />
C. Michele Pierri<br />
Il profumo<br />
Tom Tykwer<br />
Medusa<br />
Le riduzioni e gli adattamenti di romanzi<br />
per il cinema sono sempre materia<br />
rischiosa per tutti i registi. Quando poi<br />
il libro in esame è un best seller del<br />
calibro del Profumo di Patrick Suskind e<br />
un romanzo che in molti hanno amato<br />
l’impresa è ancor più rischiosa. Pur se nella<br />
definizione e nello svolgimento il Profumo<br />
è un thriller, a ben scavare si scopre che è<br />
molto di più. Il libro è pervaso di simbolismi<br />
che rimandano continuamente ad altro,<br />
un altro, percepibile sottilmente, come<br />
un odore appunto. Il protagonista stesso<br />
Grenouille è metafora di uno stato, di<br />
una non esistenza che nel libro è resa dal<br />
fatto che egli non ha un suo odore, ma<br />
che in generale rappresenta gli invisibili,<br />
i perdenti. Contrappasso a questa<br />
condizione è il dono che Grenouille ha,<br />
quello di poter percepire e classificare<br />
qualsiasi odore lo circondi. Questo naso<br />
assoluto è la possibil<strong>it</strong>à di riscatto che la<br />
natura ha offerto a lui. Un personaggio<br />
complesso quello di Grenouille che<br />
lascia la morte alle spalle ovunque si<br />
trovi a passare (prima frutto della fatal<strong>it</strong>à<br />
poi delle sue mani) che compensa la<br />
mancanza di un amore che non ha mai<br />
avuto uccidendo l’amore e rubandone<br />
l’essenza. Essenza che diventa, dopo<br />
una serie di omicidi profumo capace di<br />
conquistare il mondo. Questo in sintesi. La<br />
trasposizione cinematografica è potente,<br />
crudele, molto aderente e suggestiva.<br />
È con la suggestione, l’allusione che il<br />
film risolve la mancanza dei particolari,<br />
il gioco di primissimi piani, il rimando<br />
istantaneo alla percezione dell’odore.<br />
Associare a una storia ambientata nel<br />
1700 una tecnica moderna (il regista è lo<br />
stesso del famoso Lola Corre) è una mossa<br />
vincente e il film coinvolge ed entusiasma.<br />
Uno splendido Dustin Hoffman nel ruolo<br />
del profumiere Baldini è la ciliegina sulla<br />
torta. Un tripudio orgiastico magistrale<br />
negli ultimi minuti e un finale che chi ha<br />
letto il libro aspetta e chi non ha letto...<br />
scoprirà.<br />
Osvaldo<br />
The black Dahlia<br />
Brian De Palma<br />
Tratto dall’omonimo bestseller di<br />
James Ellroy, The Black Dahlia è<br />
il racconto della morte di una ex<br />
prost<strong>it</strong>uta ora aspirante attrice,<br />
altrimenti nota come Dalia Nera. Il film,<br />
ambientato nella Los Angeles degli<br />
anni ’40, riprende le atmosfere cupe<br />
e misteriose di L.A. Confidential e regala<br />
al pubblico un intenso noir interpretato da<br />
nomi del calibro di Josh Hartnett, Scarlett<br />
Johansson, Hilary Swank, Aaron Eckhart. Un<br />
cast d’eccezione per un film che si segnala<br />
come una delle migliori opere del regista<br />
<strong>it</strong>aloamericano. Da non perdere.<br />
L’Orchestra di Piazza V<strong>it</strong>torio<br />
Agostino Ferrente<br />
Questo intrigante documentario musicale<br />
racconta la genesi dell’Orchestra di Piazza<br />
V<strong>it</strong>torio, nata da un’iniziativa di Mario<br />
Tronco, tastierista degli Avion Travel e del<br />
regista Agostino Ferrente. L’orchestra ha<br />
la particolar<strong>it</strong>à di raggruppare elementi<br />
di svariate etnie che popolano il quartiere<br />
Esquilino, il più multietnico di Roma. Tutto<br />
qui il senso del progetto che vuole dare<br />
dimostrazione di come sia possibile una reale<br />
integrazione tesa a rendere le nostre c<strong>it</strong>tà<br />
un luogo di confronto e scambio culturale.<br />
Anche nella quotidiana v<strong>it</strong>a di quartiere.<br />
Snakes on a plane<br />
David R. Ellis<br />
Arriva anche in Italia il film campione di<br />
incassi studiato e sviluppato per la prima<br />
volta nella Rete. La sceneggiatura è stata<br />
infatti scr<strong>it</strong>ta in collaborazione con il popolo<br />
di internet che ha di volta in volta proposto<br />
e dato istruzioni sull’intreccio e i colpi di<br />
scena. Su di un volo che sorvola l’Oceano<br />
Pacifico, un agente dell’F.B.I. sta scortando<br />
uno scomodo testimone oculare di un<br />
omicidio. Durante il trag<strong>it</strong>to però, qualcuno<br />
con l’intento di uccidere il testimone, libera<br />
dei serpenti velenosi. Flynn oltre a finire il suo<br />
lavoro dovrà salvare la v<strong>it</strong>a dell’equipaggio.<br />
Nel cast il divo cult di Pulp Fiction, Samuel L.<br />
Jackson.<br />
Baciami piccina<br />
Roberto Cimpanelli<br />
Nato da un’idea di Sergio C<strong>it</strong>ti e sceneggiato<br />
da Furio Scarpelli, Baciami Piccina è la<br />
seconda prova dietro la macchina da<br />
presa per Roberto Cimpanelli, che racconta<br />
l’Italia fascista attraverso le vicende di un<br />
brigadiere e di un truffatore (nell’ordine<br />
Neri Marcorè e Vincenzo Salemme) le cui<br />
v<strong>it</strong>e si incontrano e scontrano nel settembre<br />
del ’43 nel giorno dell’armistizio. Ma un<br />
momento così importante e decisivo nella<br />
storia del paese non potrà che scombinare<br />
i piani di chi li aveva programmati. Ne esce<br />
fuori una commedia agrodolce che ricorda<br />
i film di una volta e che tenta di mettere<br />
ordine sul come eravamo.<br />
The Queen<br />
Stephen Frears<br />
Successo di pubblico e cr<strong>it</strong>ica per questo film<br />
presentato in concorso all’ultimo Festival di<br />
Venezia. La storia è quella della crisi interna<br />
scatenata nel Regno Un<strong>it</strong>o dalla morte di<br />
un personaggio amatissimo come Lady<br />
Diana. La famiglia e la Regina Elisabetta II<br />
in testa si trova così a dover fronteggiare<br />
un pericoloso malcontento che rischia<br />
di degenerare e portare la monarchia al<br />
collasso. Ad affiancarla il leader laburista<br />
Tony Blair e tutti i personaggi più significativi<br />
del momento. Protagonista femminile Helen<br />
Mirren, premiata sul Lido con la Coppa Volpi<br />
come migliore attrice.
I M M A G I N A L A M U S I C A<br />
Blood sugar sexi<br />
magik - Red hot<br />
chili peppers - 1991<br />
Blue lines - Massive<br />
Attack- 1991<br />
La storia della musica internazionale è<br />
disseminata di episodi di censura. E non<br />
parliamo solo di quella ai danni di testi<br />
o di atteggiamenti sul palco (pensiamo<br />
alle recenti polemiche della chiesa nei<br />
confronti della crocifissione sul palco<br />
di Madonna) ma quella ai danni delle<br />
copertine. Insomma quando si offende<br />
il comune senso del pudore – in questo<br />
caso visivo – qualcuno interviene. E non è<br />
un problema dei regimi total<strong>it</strong>ari (anche<br />
Stalin e H<strong>it</strong>ler modificavano le foto a<br />
CoolClub.<strong>it</strong><br />
Defin<strong>it</strong>ely Maybe<br />
C O P E R T I N E D A C E N S U R A<br />
OCCHIO AL DETTAGLIO: NELLA VERSIONE CENSURATA I MAMA'S E PAPA'S NON POSSONO FARE LA PIPI'<br />
Nevermind -<br />
Nirvana - 1991<br />
- Oasis - 1994<br />
Dookie -<br />
Greenday - 1994<br />
scopo propagandistico) o<br />
dell’<strong>it</strong>alietta degli anni ’50 e<br />
’60 nella quale le ballerine<br />
in televisione non potevano<br />
mostrare le cosce oppure<br />
i giornalisti pol<strong>it</strong>ici non<br />
potevano fare riferimento ai<br />
“membri” del parlamento ma<br />
della società statun<strong>it</strong>ense -<br />
più avanzata e democratica<br />
del mondo - che si è resa<br />
colpevole di episodi tanto<br />
divertenti quanto<br />
sconcertanti.<br />
V<strong>it</strong>time di una congiura (veramente<br />
esilarante) sono stati ad esempio i<br />
Mama’s e papas con il loro album<br />
if you can believe your eyes<br />
and ears. Sulla copertina della<br />
prima edizione, usc<strong>it</strong>a nel 1966, il<br />
quartetto è immortalato dentro<br />
una vasca da bagno con un cesso<br />
accanto (come in ogni bagno<br />
che si rispetti). Il water venne<br />
r<strong>it</strong>enuto altamente offensivo e<br />
nella seconda edizione venne<br />
SIAMO LA COPPIA PIU' BELLA DEL MONDO<br />
Crooked rain -<br />
Pavement - 1994<br />
Post -Bjork - 1995<br />
coperto con delle scr<strong>it</strong>te.<br />
Non curanti del risultato i<br />
censuratori nella versione<br />
successiva rimossero anche<br />
la povera vasca, stringendo<br />
con un primo piano sul<br />
gruppo.<br />
Dai water alle nud<strong>it</strong>à.<br />
Nel più recente For<br />
<strong>the</strong> Beauty of Wynona<br />
pubblicato dal musicista<br />
e produttore Daniel Lanois<br />
nel 1993 la scr<strong>it</strong>ta American<br />
ed<strong>it</strong>ion copre i seni di una<br />
ragazza nell’artwork realizzato da Jeri<br />
Heiden. Ma gli americani dimostrano<br />
anche di non gradire il seno maschile così<br />
John Mellencamp nel suo Dance Naked<br />
si vede coprire un petto (neanche villoso)<br />
con una vistosa X rossa su sfondo nero.<br />
Ancora più controversa è la storia<br />
della copertina di Electric Ladyland<br />
considerato da molti il capolavoro del<br />
grande Jimi Hendrix. La prima versione<br />
osp<strong>it</strong>a in copertina una foto di donne<br />
nude realizzata da Linda Eastman (che<br />
34<br />
C
oolClub.<strong>it</strong><br />
The idealcrash<br />
Fragile - Nine inch<br />
nails - 1999<br />
diverrà la compagna di Paul McCartney).<br />
La censura si abbatte come una mannaia<br />
e muta la copertina da una affascinante<br />
coacervo di morbide nud<strong>it</strong>à ad una più<br />
posata foto con l’eccentrico ch<strong>it</strong>arrista<br />
e i suoi musicisti. Anni dopo lo scabroso<br />
scatto verrà riabil<strong>it</strong>ato.<br />
Nel 1991 il secondo album del gruppo<br />
Tin Machine composto da David Bowie,<br />
dall’ex Ultravox Reeves Gabrels e dai<br />
fratelli Sales è al centro di una curiosa<br />
sottrazione. In Europa la copertina<br />
rappresenta un’illustrazione, realizzata da<br />
Edward Bell, con quattro statue. Dall’altra<br />
parte dell’Oceano le statue hanno gli<br />
attributi coperti.<br />
Da un particolare (più o meno piccolo)<br />
alla total<strong>it</strong>à. Copertina interamente<br />
modificata per I Jane’s addiction. In<br />
R<strong>it</strong>ual de lo Hab<strong>it</strong>ual l’audace cantante<br />
Perry Farrell era a letto con 2 donne e<br />
faceva intravedere il proprio pene. Disco<br />
VEDO NON VEDO<br />
- Deus - 1999<br />
Amnesiac -<br />
Radiohead - 2001<br />
Big Bro<strong>the</strong>r&The<br />
Holding Company<br />
Cheap Thrills<br />
Columbia<br />
Mancava un giorno<br />
all’usc<strong>it</strong>a di questo disco<br />
quando la Columbia rifiutò<br />
come copertina la foto in<br />
cui i Big Bro<strong>the</strong>r posavano<br />
a letto seminudi. Così Janis<br />
Joplin ordinò al fumettista<br />
alternativo Robert Crumb<br />
di lavorare, nel corso di una<br />
sola notte, a un fumetto che<br />
rappresentasse i componenti del gruppo e ogni singolo pezzo<br />
della tracklist. La più irresistibile è la vignetta che illustra Piece<br />
of my heart: una fettina di carne a forma di cuore serv<strong>it</strong>a a un<br />
ciccione che si lecca i baffi ansioso di mangiarla.<br />
Quest’album ha un suono unico perché l’addetto alla produzione,<br />
convinto che tra i Big Bro<strong>the</strong>r ci fosse coesione solo se suonavano<br />
dal vivo, ebbe il colpo di genio di improvvisare con delle pedane<br />
un palcoscenico in studio e inserì tra le incisioni dei finti rumori<br />
di pubblico cosicché l’ascoltatore, credendo che fosse un disco<br />
Neon golden - The<br />
notwist - 2001<br />
35<br />
( ) - Sigur ros - 2002<br />
r<strong>it</strong>irato e copertina modificata con<br />
una candida busta bianca con il<br />
<strong>t<strong>it</strong>olo</strong>.<br />
Non poteva mancare alla lista dei<br />
censurati anche John Lennon che su<br />
Two vergins appare come mamma<br />
l’ha fatto in compagnia della<br />
compagna Yoko Ono. Mai censurato<br />
ufficialmente, il disco crea comunque<br />
numerosi problemi alla coppia e<br />
porta al r<strong>it</strong>iro di circa 30000 copie<br />
all’aeroporto di Newark e addir<strong>it</strong>tura<br />
alla chiusura di un negozio reo di<br />
aver osp<strong>it</strong>ato in vetrina lo scandaloso<br />
oggetto musicale. Lennon era già stato<br />
al centro di un altro caso con i Beatles.<br />
Nel 1966 Yesterday and Today osp<strong>it</strong>a in<br />
copertina una foto di Robert W<strong>it</strong>aker<br />
che r<strong>it</strong>rae i fab four vest<strong>it</strong>i di bianco con<br />
pezzi di carne macellata e bambole<br />
rotte. L’immagine della copertina rifatta<br />
r<strong>it</strong>rae i Beatles completamente ripul<strong>it</strong>i e<br />
impomatati.<br />
Da un m<strong>it</strong>o all’altro. Nel 1968 anche<br />
i Rolling Stones incapparono in<br />
problemi di moralismi. L’originaria<br />
copertina, l’immagine di un muro<br />
all’interno di un bagno ricoperto di<br />
graff<strong>it</strong>i, del loro ottavo lavoro Beggars<br />
banquet fu cestinata. Riapparirà solo<br />
nella riedizione del 1984.<br />
Non sfuggono alla cesoia della<br />
censura statun<strong>it</strong>ense neanche gli<br />
irlandesi U2. Nel 1992 nel lato interno<br />
del libretto del cd di Achtung Baby,<br />
I M M A G I N A L A M U S I C A<br />
A ghost is born<br />
- Wilco - 2004<br />
live, avrebbe chiuso un occhio sulle imperfezioni tecniche.<br />
Difficile parlare di Janis Joplin senza scivolare nei luoghi comuni.<br />
Ce l’hanno venduta come un’icona della controcultura:<br />
fricchettona, facile al sesso, tossica, alcolizzata e bisessuale.<br />
Certo, era anche questo, ma soprattutto, come lei stessa ammise<br />
nell’autografa Turtle Blues, era una ragazzina fragile che si fingeva<br />
dura mentre nessuno s’accorgeva che non lo era per niente.<br />
Chiude Cheap Thrills l’unico brano realmente inciso dal vivo, una<br />
cover di Ball&Chain che Janis trasforma in un testo di protesta<br />
contro l’ingiustizia della v<strong>it</strong>a. Non è possibile che l’amore e la v<strong>it</strong>a<br />
siano come una palla al piede grida al suo amante e al pubblico,<br />
che per lei erano la stessa cosa, prima di voltare le spalle alla<br />
folla. Non sappiamo che farcene delle foto in bianco e nero in<br />
cui la Rosa del Texas indossa piume e occhialoni, né possiamo<br />
lasciarci infinocchiare da Hollywood che per guadagnare<br />
due pidocchi vuole portare la sua v<strong>it</strong>a sullo schermo. La vera<br />
immagine di questa donna straordinaria e sfortunata è nella<br />
vignetta che illustra Ball&Chain e che, non a caso, domina il<br />
centro della copertina: Janis, trascinando una palla di piombo<br />
legata alla caviglia, percorre la sua brevissima e sofferente strada<br />
verso la felic<strong>it</strong>à, prima di scontrarsi con un destino bastardissimo. E<br />
poiché i capelli le cadono sul volto coprendolo completamente,<br />
non sapremo mai se lei sta piangendo o se continua a sorridere<br />
nonostante tutto.<br />
Lorenzo<br />
LA CENSURA COLPISCE LI' DOVE NON BATTE IL SOL<br />
Wa<strong>it</strong>ing for <strong>the</strong><br />
siren’s call - New<br />
order - 2005<br />
una delle foto del mosaico r<strong>it</strong>rae Adam<br />
Clayton completamente nudo in una<br />
foto “artistica” di Anton Corbijn. Negli Usa<br />
la foto ha un oggetto in più: una bellissima<br />
foglia di fico (immaginate dove).<br />
Chiudiamo questa (parziale) ricognizione<br />
nel meraviglioso mondo della censura<br />
(senza aver considerato quella preventiva<br />
della quale purtroppo non resta traccia)<br />
con l’<strong>it</strong>aliano d’esportazione Lucio Battisti.<br />
Anch’egli infatti ne è stato v<strong>it</strong>tima. In<br />
Argentina la compilation dei suoi successi<br />
De Italia con amor era confezionata con<br />
la copertina di Amore e non amore. Qui<br />
Battisti era fotografato seduto su di un<br />
prato con una donna nuda sul fondo. Lì<br />
la donna aveva misteriosamente un paio<br />
di mutandoni neri.<br />
(P.U. e P.L.)
A P P U N T A M E N T I<br />
CoolClub.<strong>it</strong><br />
MUSICA<br />
venerdì 6 / Dopolavoro ferroviario al Mind<br />
<strong>the</strong> gap di Nardò (Le)<br />
venerdì 6 / Dixin<strong>it</strong>aly meet Lino Patruno a<br />
Castro (Le)<br />
venerdì 6 / Danilo Rea, Enzo Pietropaoli e<br />
Fabrizio Sferra a Poggiardo (Le)<br />
sabato 7 / Frida X + Enrico Brizzi alla Saletta<br />
della Cultura (Le)<br />
sabato 7 / Fabio Treves a Specchia (Le)<br />
sabato 7 / Francesco Baccini a San Cassiano<br />
(Le)<br />
sabato 7 / Daniele Sepe a Gagliano del<br />
Capo (Le)<br />
sabato 7 / Toni Espos<strong>it</strong>o a Corsano (Le)<br />
sabato 7 / Almamegretta a Taurisano (Le)<br />
sabato 7 / Mario Rosini e i Salento Cantu a<br />
Tiggiano (Le)<br />
sabato 7 / Patrizia Conte a Sanarica (Le)<br />
sabato 7 / Francesco Cafiso ad Andrano<br />
(Le)<br />
sabato 7 / Aida Cooper & N<strong>it</strong>e Life a Ruffano<br />
(Le)<br />
domenica 8 / Franco D’Andrea e Tiziana<br />
Ghiglioni a Santa Cesarea Terme (Le)<br />
domenica 8 / Nino Bonocore a Patù (Le)<br />
giovedì 12 / Radiodervish a La Feltrinelli di<br />
Bari<br />
venerdì 13 / Blu cianfano al Mind <strong>the</strong> gap<br />
di Nardò (Le)<br />
sabato 14 / Daniele Sepe a Cutrofiano (Le)<br />
domenica 15 / Radiodervish a Otranto (Le)<br />
domenica 15 / Tullio De Piscopo a Miggiano<br />
(Le)<br />
domenica 15 / Eugenio Bennato a Racale<br />
(Le)<br />
martedì 17 / Gregory Darling al Bohemien<br />
Jazz Cafè di Bari<br />
da martedì 17 ottobre a domenica 19<br />
novembre / Eurotribu a Milano<br />
La quinta edizione del Festival delle nuove<br />
espressioni culturali in arrivo da Austria,<br />
Francia, Germania, Regno Un<strong>it</strong>o, Spagna e<br />
Svizzera si svolgerà a Milano, dal 17 ottobre<br />
al 19 novembre. Eurotribu è è organizzata<br />
da AICEM e Ponderosa Music & Art in<br />
collaborazione con il Settore Cultura della<br />
Provincia di Milano e con il Settore Cultura,<br />
Spettacolo e Turismo del Comune di Milano.<br />
Durante i giorni del Festival, infatti, Milano<br />
diventerà il centro d incontro tra i diversi<br />
paesi di un Europa geografica senza vincoli<br />
e senza confini. La musica è il profondo<br />
legame che unirà Stati diversi in un unico<br />
evento. Tra gli osp<strong>it</strong>i Ludovico Einaudi<br />
(martedì 17 ottobre all’Alcatraz), The Dining<br />
Rooms (martedì 24 Ottobre al Tunnel),<br />
Stereototal (lunedì 30 Ottobre all’Alcatraz)<br />
e molti altri. Info www.ponderosa.<strong>it</strong><br />
venerdì 20 / Rocking fingers al Mind <strong>the</strong> gap<br />
di Nardò (Le)<br />
sabato 21 / D ‘n’ B con dj Leleprox dei<br />
Micro platform e Dj Delroy dei Golpe Mov<br />
all’Istanbul Cafè di Squinzano (Le)<br />
venerdì 27 / Wh<strong>it</strong>e Queen al Mind <strong>the</strong> gap<br />
di Nardò (Le)<br />
sabato 28/ Il corridoio al Teatro Kismet di<br />
Bari<br />
sabato 28 / Leo Tenneriello alla Saletta della<br />
Cultura di Novoli (Le)<br />
sabato 28 / <strong>Coolclub</strong> party all’Istanbul Cafè<br />
di Squinzano (Le)<br />
sabato 28 / An evening Elettro-Paik serata<br />
elettronica con artisti pugliesi e non ai<br />
Cantieri Koreja di Lecce. Inoltre sino al<br />
22 Novembre personale di Arti Visive di<br />
Giuseppe Scarciglia.<br />
martedì 31 / Halloween party al Palazzo<br />
Baronale di Novoli (Le)<br />
martedì 31 / Festival di Sanscemo 2006 a<br />
Erchie (Br)<br />
giovedì 2 novembre / Melomane all’Istanbul<br />
Café di Squinzano (Le)<br />
Riprendono all’Istanbul Cafè di Squinzano gli<br />
appuntamenti con i live curati da <strong>Coolclub</strong>.<br />
Sul palco gli Statun<strong>it</strong>ensi Melomane. Da un<br />
compromesso d’amore tra pop barocco,<br />
punk, colonne sonore cinematografiche e<br />
composizioni orchestrali nascono a Brooklyn<br />
i Melomane, un concentrato di strumentisti<br />
riun<strong>it</strong>i in una sfida sonica alla ricerca del<br />
giusto equilibrio fra esplorazione emozionale<br />
e cr<strong>it</strong>ica pol<strong>it</strong>ica al v<strong>it</strong>riolo. “Queste canzoni<br />
combinano l’accessibil<strong>it</strong>á garage con<br />
un’ingenu<strong>it</strong>á tale da destabilizzare ogni<br />
36<br />
C
oolClub.<strong>it</strong><br />
ascoltatore intelligente dimostrando ai<br />
musicisti e alla musica quanto possa viaggiar<br />
lontano una band…” (All Music Guide). Info<br />
www.coolclub.<strong>it</strong><br />
TEATRO E LETTURA<br />
da martedì 3 a domenica 8 ottobre / Gran<br />
Bazar al Fondo Verri di Lecce<br />
Quest’ anno Gran Bazar si ispira alla sua<br />
forma originaria, torna a casa, al Fondo<br />
Verri, con un edizione tutta di riflessione. Una<br />
edizione di trans<strong>it</strong>o che non smette il sogno<br />
di un evento sui libri e la lettura che sia<br />
veramente un dono alla c<strong>it</strong>tà e ai lettori. Tra<br />
gi osp<strong>it</strong>i Goffredo Fofi, Tetti Minafra, Luciano<br />
Pagano, Maurizio Nocera. Venerdì 6 presso<br />
il Cinema Elio di Calimera Antonio Errico ed<br />
Eliana Forcignanò presenteranno Il sole e il<br />
sale romanzo griko salentino di Rocco Aprile<br />
(i libri di Icaro). Info su fondoverri.splinder.<br />
com<br />
mercoledì 4 e giovedì 5 / Il libro di Ester ai<br />
Cantieri Koreja di Lecce<br />
Eugenio Barba il 29 ottobre compie 70<br />
anni. La Regione Puglia e il Teatro Pubblico<br />
Pugliese gli rendono omaggio osp<strong>it</strong>andolo<br />
in Puglia con l’Odin Teatret per 10 giorni.<br />
Dal 4 al 14 Ottobre: spettacoli, spettacoli<br />
dimostrazione, seminari pratici e Incontri.<br />
Info www.teatropubblicopugliese.<strong>it</strong><br />
venerdì 6 e sabato 7 / Sale ai Cantieri Koreja<br />
di Lecce<br />
martedì 10 / Ivan Raganato a Porto Cesareo<br />
(Le)<br />
mercoledì 11 / Giardini di plastica al Teatro<br />
Fondazione Filograna di Casarano (Le)<br />
giovedì 12 e venerdì 13 / Le grandi c<strong>it</strong>tà<br />
sotto la luna ai Cantieri Koreja di Lecce<br />
Un concerto dell’Odin Teatret nello spir<strong>it</strong>o di<br />
Bertolt Brecht. La luna osserva e scavalca<br />
le grandi c<strong>it</strong>tà che ardono sotto di lei, dalle<br />
metropoli europee a quelle dell’Asia Minore;<br />
da Hiroshima a Halle; dalla Cina imperiale<br />
all’Alabama. La voce della luna è beffarda<br />
o atton<strong>it</strong>a, indifferente o dolorosa, fredda o<br />
incandescente. La sua misericordia ignora<br />
malinconia e consolazione. Ingresso 10 euro<br />
(ridotto 7) Info www.teatrokoreja.com.<br />
da giovedì 12 a sabato 14 / Aldo Giovanni e<br />
Giacomo a Bari<br />
venerdì 13 / Flavio Bucci ad Alezio (Le) www.<br />
sudsoudfestival.<strong>it</strong><br />
dal 27 al 4 / Il Calapranzi di Harold Pinter ai<br />
Cantieri Koreja di Lecce<br />
Ancora una nuova tappa di studio per<br />
l’ultima produzione di Koreja Il Calapranzi di<br />
Harold Pinter. A portare in scena il lucidissimo<br />
testo del premio nobel saranno Angela De<br />
Gaetano, Maria Rosaria Ponzetta, Fabrizio<br />
Pugliese, Fabrizio Saccomanno per la<br />
regia di Salvatore Tramacere, scene e luci<br />
Luca Ruzza e Lucio Diana. Lo spettacolo,<br />
a posti lim<strong>it</strong>ati resterà in cartellone dal 27<br />
ottobre sino al 4 novembre, si consiglia<br />
la prenotazione (info 0832.242000, www.<br />
teatrokoreja.com)<br />
mercoledì 1 novembre / The history of<br />
ronald, <strong>the</strong> clown from Mcdonald’s del<br />
piccolo teatro “Dusko Radovic” ai Cantieri<br />
Koreja di Lecce<br />
venerdì 3 / Olah vince and earth wheel and<br />
sky concert ai Cantieri Koreja di Lecce<br />
NUOVA SCUOLA TEATRALE A<br />
CALIMERA<br />
La Scuola Biennale L’Attore sul Palco di<br />
Somnia Theatri nasce dall’esigenza di<br />
piantare radici teatrali in questo terreno<br />
salentino, che si offre così fertile a chi ha la<br />
volontà di accudire semi da far crescere e<br />
maturare. La Scuola si rivolge a tutti, sia a<br />
chi vuole cimentarsi con questo mestiere<br />
per poi praticarlo, sia a chi lo vuole fare<br />
per sperimentarsi e arricchirsi. È richiesta<br />
solo una partecipazione attiva e l’aver<br />
compiuto i 18 anni di età. I docenti di<br />
quest’anno saranno: per il primo anno<br />
(corso di base) Federico De Giorgi, attore<br />
e direttore artistico di Somnia Theatri e<br />
Sabrina Chiarelli, attrice formatasi presso<br />
l’Accademia Teatrale Permis de Conduire di<br />
Roma; per il secondo anno (corso avanzato)<br />
la direzione sarà affidata all’attore-regista<br />
Renato Grilli. Sono previsti inoltre laboratori<br />
intensivi di completamento con cadenza<br />
mensile che riguarderanno l’espressione<br />
vocale e corporea diretti dall’attrice Silvia<br />
Lodi. L’integrazione e la specializzazione<br />
sarà curata in appos<strong>it</strong>i stage da diversi artisti<br />
tra i quali Mariano Dammacco, Roberto<br />
Corradino, Salvatore Della Villa. Le lezioni<br />
inizieranno con una SETTIMANA DI PROVA<br />
GRATUITA il 30 ottobre 2006 e termineranno<br />
a giugno 2007 con una messinscena finale.<br />
Info ed iscrizioni: tel. 380/526 8 526 328/60<br />
15 767; somnia<strong>the</strong>atri@libero.<strong>it</strong>.<br />
37 La redazione di CoolClub.<strong>it</strong> non è responsabile<br />
di eventuali variazioni o annullamenti.<br />
Gli altri appuntamenti su www.coolclub.<strong>it</strong><br />
Per segnalazioni:<br />
redazione@coolclub.<strong>it</strong>
F U M E T T O<br />
“The Boondocks”:<br />
GOD BLESS AMERICA<br />
CoolClub.<strong>it</strong><br />
Ryley: “Huey, voglio saperne di più sulla<br />
faida tra 50 Cent e The Game. Qual è il<br />
programma che guardi sempre?”<br />
Huey: “Quale programma?”<br />
Riley: “Dai quello palloso con i bianchi<br />
che parlano di quel che succede nel<br />
mondo…”<br />
Huey: “Telegiornale?”<br />
Ryley: “Quello, non l’hanno cancellato<br />
spero!?!”<br />
Può un fumetto di successo, pubblicato<br />
da centinaia di quotidiani USA, ledere la<br />
sensibil<strong>it</strong>à di un popolo al punto da essere<br />
chiuso sbrigativamente? E, soprattutto,<br />
possono il dolore e la paura scatur<strong>it</strong>i<br />
dalla tragedia dell’11 settembre 2001,<br />
dare il dir<strong>it</strong>to di censurare le voci e le<br />
opinioni “scomode” marchiandole come<br />
sovversive? Questo è stato il fato di The<br />
Boondocks, striscia nata dalla mat<strong>it</strong>a del<br />
giovane fumettista afro americano Aaron<br />
Mcgruder nel 1999 ed apparso sulle<br />
pagine di illustri giornali come il Washington<br />
Post ed il Los Angeles Time. Il motivo<br />
dell’interruzione della serie risiede negli<br />
stessi elementi che ne hanno sanc<strong>it</strong>o al<br />
popolar<strong>it</strong>à ed il successo: The Bondocks è<br />
assolutamente “pol<strong>it</strong>icamente scorretto”<br />
verso la pol<strong>it</strong>ica e la società americana<br />
ed i censori “patriottici” temevano le<br />
parole che Mcgruder avrebbe avuto<br />
riguardo l’11settembre.<br />
Fortunatamente la serie è stata ripresa<br />
nel 2003, divenendo anche un cartone<br />
animato prodotto dalla major Sony.<br />
Protagonista del fumetto è la famiglia<br />
Freeman, composta dal nonno paterno<br />
e i due giovanissimi nipoti Huey e Riley.<br />
Huey è ossessionato dal “grande<br />
complotto” dei bianchi ai danni dei<br />
“fratelli neri”, mentre il fratellino minore<br />
Riley sta crescendo nel m<strong>it</strong>o dei gangstarapper<br />
e della violenza, quale chiave<br />
della scalata sociale.<br />
Entrambi danno filo da torcere all’anziano<br />
tutore, la cui unica aspirazione è di godersi<br />
l’esiguo spicchio di “american way of<br />
life” che spetta ad un c<strong>it</strong>tadino di ceto<br />
medio. Mcgruder deride impietosamente<br />
i clichè sugli afroamericani (il radical<br />
arrabbiato, il violento figlio del ghetto, il<br />
“quasi” integrato) nei quali essi sembrano<br />
rispecchiarsi realmente. Ne è più tenero<br />
verso il resto di una nazione colpevole di<br />
aver ceduto all’assurd<strong>it</strong>à di un presidente<br />
raccomandato ed imbecille (Bush) ed<br />
alla sua amministrazione di corrotti e<br />
meschini. Attraverso Huey, precoce<br />
fustigatore dei costumi, l’autore ironizza<br />
sulla “z<strong>it</strong>ella” Condoleeza Rice (in una<br />
gag strep<strong>it</strong>osa, Huey e l’amico Cesar<br />
cercano un uomo per lei, conv<strong>it</strong>i che<br />
ciò porterà la apce nel mondo), su Dick<br />
Cheney, su John Kerry ed i democratici<br />
(troppo deboli ed impaur<strong>it</strong>i dal calo<br />
dei consensi, per combatter il governo<br />
con una convincente opposizione),<br />
sulla l<strong>it</strong>igiosa coppia “tossica” Bobby<br />
Brown- Wh<strong>it</strong>ney Houston, sull’ex nero ed<br />
ex pop star Michael Jackson e tanti altri<br />
personaggi pubblici.<br />
Tuttavia, il pol<strong>it</strong>icizzato Huey è<br />
suggestionato quanto il resto della<br />
strampalata famiglia dalla TV, che forgia<br />
la sua mente ed amplifica le paranoie:<br />
allarmato dai tg sull’aviaria, ne è così<br />
ossessionato da costringere suo nonno<br />
a sost<strong>it</strong>uire il tacchino del giorno del<br />
Ringraziamento.<br />
Con un’insalata. Mentre il teppistello<br />
Ryley guarda con ammirazione alle<br />
controverse star dell’hip hop “black”,<br />
cresciute nei ghetti tra crack, pistole e la<br />
passione morbosa per le auto lussuose,<br />
ed il nonno prova licenziose emozioni<br />
nel guardare il topless di Janet Jackson<br />
in una diretta televisiva di qualche anno<br />
fa.<br />
La storia dei comics ci ha spesso deliziato<br />
con bambini pensanti; ma nei Bondocks<br />
non vi è traccia delle profond<strong>it</strong>à<br />
esistenziali e struggenti dei “peanuts”<br />
di Schultz, né della determinazione<br />
rivoluzionaria dell’incavolata Mafalda di<br />
Quino. Lo sguardo spento ed accigliato<br />
di Huey è privo di fiducia in un futuro<br />
che consegnerà lui ad un’esistenza<br />
“conforme” ed il fratellino Ryley alle<br />
patrie galere. In ciò risiede la carica<br />
sovversiva dei Boondocks: nel mostrare<br />
al lettore il presente in tutta la sua<br />
contradd<strong>it</strong>toria amen<strong>it</strong>à, senza abbellirlo<br />
in una cornice di false speranze. L’utopia<br />
che avvolgeva i bei personaggi di Schultz<br />
e Quino è scomparsa, ed ha ceduto<br />
il passo all’incazzatura “nera” di Huey<br />
Freeman. The Bondocks è giunto in Italia<br />
grazie alla casa ed<strong>it</strong>rice Arcana, la quale<br />
ha recentemente proposto una versione<br />
aggiornata con le ultime strips nel volume<br />
Nemico Pubblico N°2. Buona lettura.<br />
Roberto Cesano<br />
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