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La Gallura una Regione Diversa in Sardegna - Servizi On Line

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delle, paiolo, un paio di pentole e tegami, fra cui quello che serviva di forno per<br />

cuocere il pane, un treppiede, <strong>una</strong> paletta, due schiumarole, due ramaiuoli, due<br />

spiedi, <strong>una</strong> graticola, <strong>una</strong> grattugia e vari copertoi, <strong>una</strong> dozz<strong>in</strong>a fra piatti e tond<strong>in</strong>i,<br />

alcune scodelle, un vassoio, <strong>una</strong> saliera, un boccale, alcune bottiglie, la pepiera,<br />

la caffettiera, <strong>una</strong> dozz<strong>in</strong>a di cucchiai, un’altra di forchette, qualche paio di coltelli,<br />

varie tazze, chicchere e bicchieri…” 4 . E l’<strong>in</strong>ventario dell’esistente è fatto.<br />

Nicol<strong>in</strong>o Cucciari è meno analitico, ma più efficace: “…Ogni stazzo poteva<br />

considerarsi un’entità a sé e qu<strong>in</strong>di autosufficiente, giacché si sem<strong>in</strong>ava il necessario<br />

per i bisogni familiari e il bestiame produceva i lattic<strong>in</strong>i necessari per il companatico.<br />

In ogni casa era <strong>in</strong> un angolo la mola per mac<strong>in</strong>are il grano e <strong>in</strong> un altro<br />

il telaio; il l<strong>in</strong>o e la lana erano prodotti e lavorati <strong>in</strong> proprio: il primo per la biancheria<br />

<strong>in</strong>tima, la seconda per i vestiti…”. E ancora: “…Abbandonate le grotte, le case<br />

erano dei rustici monolocali, lunghi anche 7-8 metri e larghe 5-6 metri, divisi da<br />

un arco <strong>in</strong> pietra dove posare i capi delle travi, separate <strong>in</strong> due tronconi. Al centro<br />

la zidda (il focolare) <strong>in</strong> terra battuta, il cui fumo usciva dal tetto, e <strong>in</strong> tempo di bonaccia,<br />

stagnava nel vano. <strong>La</strong> porta era composta da un telaio formato da quattro<br />

assi di g<strong>in</strong>epro, non chiodati, ma legati cu la ‘itialva (vitalba); l’unico pannello era<br />

di rametti di cisto ben pressati, tenuti con legami vegetali. L’illum<strong>in</strong>azione notturna<br />

dell’abitazione, grotta o casa, era data da quattro lucignoli immersi <strong>in</strong> <strong>una</strong> vaschetta<br />

quadrata di latta o di coccio, piena d’òciu list<strong>in</strong>cu crudu (olio di lentisco).<br />

Le fiamme dei lucignoli illum<strong>in</strong>avano poco, sia per la qualità dell’olio e dello stopp<strong>in</strong>o,<br />

sia perché il tetto e le pareti erano carichi di fuligg<strong>in</strong>e; il fumo diffuso era acre,<br />

nero e denso, pizzicava la gola e anneriva bocca e narici.<br />

I pasti si consumavano su un tavolo molto basso, i commensali sedevano<br />

su <strong>una</strong> banchìtta di ferruloni (un panchetto di fèrula), o per terra; non esistevano<br />

forchette, ma solo chjarùmbuli (cucchiai di legno o di corno) per i cibi liquidi, per<br />

quelli solidi mani e coltelli. Tutti si servivano direttamente da lu parombu (tagliere<br />

di legno o di sughero) posto al centro della tavola. Tutta la famiglia dormiva<br />

nell’unico vano: gli scapoli per terra su <strong>una</strong> stuoia o <strong>una</strong> piastra di sughero, avvolti<br />

illu gabbanu di fresi (nel gabbano di orbace) con i piedi vic<strong>in</strong>o al focolare; gli<br />

sposi e le donne <strong>in</strong> letti a fulchitti, addossati alla parete, nascosti da lu papiddoni<br />

(tendaggio a forma di baldacch<strong>in</strong>o, che pendeva dal soffitto). Lu lèttu a fulchitti<br />

era composto da quattro robusti paletti a forcella, piantati a rettangolo nel pavimento<br />

<strong>in</strong> terra battuta; nelle due forcelle laterali, si <strong>in</strong>castravano due robuste aste<br />

e su queste, di traverso, li trasti (le travers<strong>in</strong>e) che sostenevano lu sacconi (il pagliericcio)<br />

ricolmo <strong>una</strong> volta di foglie secche e <strong>in</strong> seguito di padd’ulzali (paglia ottenuta<br />

tritando gli stelli dell’orzo). Le coperte di lana, tessute <strong>in</strong> casa, erano dette<br />

trassati…” 5 . Fanno parte dei nostri ricordi la banca a sfoglia (il tavolo da pranzo<br />

con ribalt<strong>in</strong>o), lu musoni o caggj<strong>in</strong>a (recipiente troncoconico a doghe con la riserva<br />

domestica dell’acqua potabile) cu l’uppu (mestolo di sughero per bere), <strong>in</strong>oltre<br />

nappeddi (scodell<strong>in</strong>e di sughero per bere), cerri (brocche), lu cascioni di lu tricu<br />

(<strong>una</strong> madia di g<strong>in</strong>epro per la conservazione del grano), lu cannicciu (griglia di<br />

4 F. DE ROSA, Tradizioni Popolari di <strong>Gallura</strong>, Tempio-<strong>La</strong> Maddalena, 1899. Sassari rist. del 1979.<br />

5 NICOLINO CUCCIARI, Magia e Superstizione tra i Pastori della Bassa <strong>Gallura</strong>, Sassari 1985.<br />

6<br />

canne sospesa dove far stagionare il formaggio).<br />

Le zone pastorali, dove nascono gli <strong>in</strong>sediamenti tipici presi <strong>in</strong> esame, sono<br />

quasi tutte a settentrione del Limbara. Lo stazzo nel suo momento aurorale è costituito<br />

da un terreno chiuso e <strong>in</strong> piccola parte coltivabile, dalla capanna per il pastore<br />

e dagli ovili. Su di esso gravano le servitù di passaggio del bestiame o filadas<br />

(da cui il term<strong>in</strong>e cursoria, passaggio appunto, o <strong>in</strong> gallurese cussoggja, tradotto<br />

usualmente con cussorgia) che permettono di condurre le greggi sui pascoli<br />

lontani e all’abbeverata e che, unitamente all’<strong>in</strong>determ<strong>in</strong>atezza dei conf<strong>in</strong>i e<br />

all’abigeato, costituiscono il motivo delle frequenti liti e degli omicidi commessi.<br />

Nelle fasi <strong>in</strong>iziali della loro formazione, le <strong>in</strong>dicazioni sull’ubicazione ed estensione<br />

degli stazzi sono generiche e imprecise, essendo i contratti agrari stabiliti<br />

sulla parola. Non compaiono citati nei testamenti perché si considera come<br />

cosa notoria la proprietà. Mancando altri documenti si hanno poche <strong>in</strong>dicazioni<br />

sulla realtà economica e sociale del mondo rurale. L’<strong>in</strong>certezza del diritto d’uso<br />

dei terreni sp<strong>in</strong>ge anche i pastori più poveri al tentativo di privatizzare <strong>in</strong> qualche<br />

modo gli spazi pascolativi; perché poi, avendo come base anche un piccolo possedimento,<br />

con lo sborso di un piccolo tributo al feudatario (degh<strong>in</strong>o), cui erano<br />

pure soggetti i nobili tempiesi che esercitavano dispoticamente il controllo sul territorio,<br />

potevano sp<strong>in</strong>gere le loro mandrie nei terreni circostanti<br />

Con l’evoluzione sociale e il benessere tenacemente perseguito attraverso<br />

la “rivendicazione dell’immemoriale possesso” di cussorge e orzal<strong>in</strong>e, si fa strada<br />

l’istituto della proprietà privata perfetta, emersa come condizione orig<strong>in</strong>aria<br />

nell’uso della terra proprio <strong>in</strong> <strong>Gallura</strong>. Di pari passo abitazioni e costumi migliorano<br />

e <strong>in</strong>gentiliscono. Le pretese limitative dei feudatari e dei maggiorenti dei villaggi<br />

sono vanificate anche dalle sentenze della “Reale Udienza” sempre più favorevoli<br />

al possesso personale. Così che già le descrizioni della f<strong>in</strong>e del XVIII secolo<br />

ci mostrano un pastore-contad<strong>in</strong>o soddisfatto della sua condizione, delle proprietà<br />

funzionali alla conduzione dello stazzo, dell’eleganza, comodità e salubrità della<br />

sua casa, dell’aspetto fiero e dignitoso della sua famiglia, della sua ospitalità.<br />

Le l<strong>in</strong>de casette presentano generalmente l’<strong>in</strong>gresso orientato a est, più raramente<br />

a sud, perché ci si ponga al riparo dai venti dom<strong>in</strong>anti di ponente. Il vano<br />

della porta ha dimensioni variabili. Sempre il serramento è a due battenti con<br />

quattro pannelli. In uno di quelli superiori ha spazio uno sportello (balcunittu),<br />

quasi sempre tenuto aperto per l’osservazione di ciò che accade all’esterno e per<br />

l’areazione del locale. Le f<strong>in</strong>estre, di piccole dimensioni, danno luce a ogni stanza.<br />

Ciascun vano dello stazzo è detta casa o cambara ed ha un suo <strong>in</strong>gresso<br />

dall’esterno, oltre a <strong>una</strong> comunicazione <strong>in</strong>terna, per consentire l’<strong>in</strong>dipendenza ad<br />

un eventuale ampliamento della famiglia e la costituzione di un nuovo nucleo. I<br />

tetti sono sostenuti da ampie caratteristiche travi contorte di g<strong>in</strong>epro che reggono<br />

il tetto di tegole appoggiate su <strong>una</strong> fitta orditura di canne. Inconsuete le abitazioni<br />

a sviluppo verticale con sopraelevazione di ambienti. Per tale rarità ogn<strong>una</strong> di esse<br />

è detta immancabilmente lu palazzu. <strong>La</strong> tipologia l<strong>in</strong>eare è preferita nello stazzo<br />

isolato, quella pluripiano è <strong>in</strong>vece usata <strong>in</strong> epoca più tarda, <strong>in</strong> ragione di motivi<br />

di prestigio e diversificazione sociale.

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