La Gallura una Regione Diversa in Sardegna - Servizi On Line
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mento di titolarità a favore dei ceti prima subalterni che diventano di fatto e di diritto<br />
proprietari degli stazzi. Tale evoluzione si nota a partire dalle zone costiere<br />
più distanti e difficili da controllare. Pochi pastori risultano essere, nei primi decenni<br />
dell’‘800, ancora dipendenti dagli antichi proprietari residenti nei villaggi.<br />
Più tardi, la commercializzazione su larga scala cessa, sia a causa di gravi<br />
perturbazioni politiche sia perché mancano coloro che avevano l’<strong>in</strong>te-resse a rastrellare<br />
il prodotto. I pastori privi di <strong>in</strong>termediari, se si fa eccezione per l’attività di<br />
contrabbando, si chiudono <strong>in</strong> <strong>una</strong> gestione di sussistenza, talvolta conservando<br />
rapporti di clientela con gli antichi padroni. L’economia pastorale viene lentamente<br />
<strong>in</strong>tegrandosi con un’agricoltura volta quasi totalmente all’autoconsumo familiare<br />
e basata sulla cerealicoltura accompagnata da <strong>una</strong> modesta viticoltura. Si fa<br />
risalire a questo periodo il diffondersi dell’ibrida figura del pastore contad<strong>in</strong>o. Come<br />
già ricordato, l’unità territoriale cui faceva capo la famiglia rurale era la cussorgia.<br />
I toponimi riportati per le cussorge nelle fonti archivistiche ci ricordano le antiche<br />
curatorie giudicali e i villaggi medievali scomparsi. I Savoia tentarono di farne<br />
delle vere e proprie circoscrizioni amm<strong>in</strong>istrative con lo scopo di tener sotto<br />
controllo gli <strong>in</strong>quieti abitanti senza però riuscirvi. Da qui nasce l’esigenza di riattivare<br />
antiche chiese o costruirne di nuove che servissero come punto di riferimento<br />
e di controllo per i pastori che stavano <strong>in</strong> gran parte dell’anno <strong>in</strong> campagna (dal<br />
m<strong>in</strong>istro Bog<strong>in</strong>o e dal vescovo Guiso, 1772).<br />
Vennero <strong>in</strong>dividuati i siti vic<strong>in</strong>i alla costa dove più difficile era il controllo e<br />
maggiore il contrabbando: riattivate le chiese dell’Aglientu e di Tr<strong>in</strong>ità d’Agultu,<br />
poi S. Maria di Arzachena retroterra di <strong>in</strong>senature deserte, S. Pasquale alle spalle<br />
del fiordo di Porto Pozzo e, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, S. Teodoro <strong>in</strong> Oviddè term<strong>in</strong>ale di transumanza.<br />
Luoghi di culto che favorirono la nascita dei centri costieri ed <strong>in</strong>termedi, affiancandosi<br />
all’antica e prestigiosa chiesa di Luogosanto. Segno di un <strong>in</strong>iziale<br />
consistente fenomeno di spostamento verso le zone costiere.<br />
Il vicerè Rivarolo, negli anni trenta del ‘700 aveva tentato <strong>in</strong>utilmente di imporre<br />
la coltivazione delle terre fertili lungo la costa <strong>in</strong>dividuandovi alcune vidazzoni<br />
(Arzachena, Liscia, Longonsardo e Vignola). <strong>La</strong> lontananza delle zone agricole<br />
da Tempio mostra le difficoltà di approvvigionamento cerealicolo e la necessità<br />
di controlli <strong>in</strong> loco al momento del raccolto.<br />
Magnon nel 1808 dà vita al villaggio di S. Teresa, così denom<strong>in</strong>ata <strong>in</strong> onore<br />
della moglie del re Vittorio Emanuele I, sempre per il controllo degli irrequieti pastori<br />
e del contrabbando (irrequieti è l’aggettivo ripetuto da più fonti). A diversi pastori<br />
galluresi e bonifac<strong>in</strong>i furono assegnati numerosi territori limitrofi ceduti dal<br />
demanio e dai maggiori proprietari tempiesi, per l’allevamento e la pesca.<br />
<strong>La</strong> carenza di strutture civili è testimoniata anche dal fatto che Castelsardo<br />
è nel corso del ‘500 la sede effettiva del vescovo di Olbia. Tempio, residenza vescovile<br />
condivisa, <strong>in</strong> breve diventa la città più importante della <strong>Gallura</strong> e dal 1621<br />
ha <strong>una</strong> chiesa <strong>in</strong>signita del titolo di Collegiata. L’aristocrazia cittad<strong>in</strong>a a lungo<br />
chiede il titolo di città che ottiene solo agli <strong>in</strong>izi dell’800 <strong>in</strong>sieme con la translatio<br />
canonica della sede vescovile. A Cannigione alcuni tempiesi chiesero che fossero<br />
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<strong>in</strong>nalzate delle torri di controllo a Porto Cervo o a Liscia di Vacca (1761). A Palau,<br />
presso la rada di “mezzo schifo”, <strong>una</strong> richiesta del 1768 chiedeva di istituire un<br />
porto commerciale <strong>in</strong> alternativa a quello di Sante Teresa, grazie anche alla posizione<br />
favorevole e al campo tr<strong>in</strong>cerato di Villamar<strong>in</strong>a.<br />
Un nuovo <strong>in</strong>sediamento costiero si rafforza a <strong>La</strong> Maddalena negli anni settanta<br />
del XVIII secolo, occupata dai Savoia con le altre isole <strong>in</strong>termedie, approfittando<br />
delle difficoltà cont<strong>in</strong>genti di francesi e genovesi. Per Palau esiste già un<br />
progetto di ripopolamento già dal primo scorcio dell’800.<br />
L’esempio felice della <strong>Gallura</strong> con le sue tenute agricole e pastorali, servì<br />
sempre d’argomento a coloro che videro nel possesso <strong>in</strong>dividuale lo stimolo più<br />
efficace per il progresso economico e sociale. Ora, di tante trasformazioni quasi<br />
nulla è rimasto nella coscienza storica, <strong>in</strong>dividuale e collettiva, dei Galluresi settecenteschi.<br />
Sono dimenticati i legami genealogici con la Corsica; nessuno ha più<br />
memoria delle traversie pionieristiche dei domesticatori dei salti. Padre Gemelli,<br />
<strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea con il movimento fisiocratico impostosi <strong>in</strong> Europa nel XVIII secolo, oltre a<br />
denunciare i danni della pastorizia vagante, aveva <strong>in</strong>dicato tra le conseguenze<br />
negative della gestione comunitaria della terra: la troppo breve durata del contratto<br />
tra il proprietario del terreno e il fittavolo; l’assenza di case rurali sparse nella<br />
campagna; l’impossibilità di coltivare alberi da frutto e allevare animali: “…Il vassallo<br />
ad altro non bada che alla raccolta dell’anno <strong>in</strong> cui sem<strong>in</strong>a; donde nasce il<br />
non esservi alberi, prati naturali od artifiziali, letam<strong>in</strong>atura, irrigazioni, <strong>in</strong>somma<br />
ness<strong>una</strong> buona pratica di coltivazione...”.<br />
Il rimedio proposto fu l’imposizione delle “Chiudende” del 1820, che si può<br />
riassumere <strong>in</strong> due articoli: “…Ogni proprietario ha facoltà di chiudere tutti i suoi<br />
terreni non soggetti a servitù di pascolo, di passaggio o di abbeveratoio, e anche i<br />
terreni soggetti al pascolo vagante, […] dietro parere delle comunità <strong>in</strong>teressate…<br />
“; “…I comuni hanno uguale facoltà per tutte le terre di loro proprietà. Che possono<br />
dividere <strong>in</strong> parti uguali tra i capi famiglia, o venderle o darle <strong>in</strong> affitto…”.<br />
In <strong>Sardegna</strong> solo i grandi proprietari, forti della loro superiorità sociale, ottenevano<br />
facilmente i permessi necessari, e potevano ritagliarsi gli appezzamenti<br />
secondo il proprio gusto, grazie anche all’<strong>in</strong>certezza dei conf<strong>in</strong>i di proprietà. Essi<br />
circondarono di muri i pascoli migliori dei villaggi, <strong>in</strong>corporandovi boschi di querce<br />
e fontane; poi, per trarne il profitto più facile, li diedero <strong>in</strong> affitto a quei pastori che<br />
f<strong>in</strong>o a poco prima li percorrevano liberamente, ed <strong>in</strong>viarono le loro greggi sui pascoli<br />
comuni restanti. Così l’Editto del 1820, favorendo quasi dappertutto solo i<br />
ricchi e i potenti provocò delle opposizioni tenaci. Le vidazzoni <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, divise tra un<br />
grandissimo numero di coltivatori diedero luogo a <strong>una</strong> miriade di microscopici appezzamenti<br />
assolutamente impossibili da chiudere. Le comunità non ne trassero<br />
alcun beneficio e i proprietari non si dimostrarono capaci di coltivare le loro terre.<br />
In <strong>Gallura</strong> <strong>in</strong>vece, il cui popolamento è avvenuto su base <strong>in</strong>dividuale, non si<br />
ebbero sconvolgimenti sociali imposti dall’“Editto delle Chiudende”. In pratica, le<br />
ord<strong>in</strong>anze che ne precisarono le disposizioni, diedero <strong>una</strong> ulteriore sanzione ufficiale<br />
ai risultati dell’avvenuta colonizzazione, liberandola da ogni ombra di illegalità.<br />
Il regolamento del 1839 dispone con chiarezza che “…Le orzal<strong>in</strong>e, o altri ter-