La Gallura una Regione Diversa in Sardegna - Servizi On Line
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zol<strong>in</strong>o), tuaddóli (formaggio a forma di tovagliolo), buttirru, giuncata (latte rappreso),<br />
culòstra, óciu list<strong>in</strong>cu, sabbaméli, sabba di <strong>in</strong>u, sabba lióni. Oppure essiccavano<br />
al sole, o nel forno a legna, fichi, prugne, ciliegie, pomidoro. Conservavano<br />
le fave, dopo averle bollite con zucchero e sale. Bollivano il pomodoro - tumatta -,<br />
per poi passarlo nel col<strong>in</strong>o - cola cunsèlva. Lo ribollivano f<strong>in</strong>o ad addensarlo e<br />
conservarlo <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e <strong>in</strong> appositi recipienti con sale, prezzemolo e basilico. Tutto veniva<br />
ricoperto da uno spesso strato di olio di oliva. Come si sarà notato le comuni<br />
operazioni considerate donnesche non conoscevano sosta, mentre le occupazioni<br />
maschili consentivano lunghi periodi di riposo. Certo, chi si faceva v<strong>in</strong>cere dalla<br />
tendenza a prolungare <strong>in</strong>def<strong>in</strong>itamente i periodi di riposo, rendendo rapide e superficiali<br />
le usuali operazioni di lavoro, tendeva ad accreditare come attribuibile al<br />
pastore gallurese la peggiore delle qualità personali <strong>in</strong> ambiente rurale: la pigrizia<br />
- la prizzia, ma, come si è detto, il costante miglioramento delle condizioni economiche<br />
è stato premessa per un severo e graduale co<strong>in</strong>volgimento lavorativo<br />
del pastore. Uom<strong>in</strong>i e donne concorrevano con la loro operosità a preparare la<br />
dieta quotidiana. Agricoltura e pastorizia contribuivano a renderla ricca ed equilibrata.<br />
Elementi costanti dei pasti quotidiani erano fagioli secchi, fave, patate conditi<br />
con qualche fett<strong>in</strong>a di lardo. Usuali erano ortaggi di stagione e, <strong>in</strong> particolare:<br />
melanzane, zucch<strong>in</strong>e, pomidoro. Comuni i prodotti della lavorazione della far<strong>in</strong>a:<br />
fiuritti, maccaroni, chjusòni, pulilgiòni; come anche i derivati del latte, accompagnati<br />
dal miele usato come dolcificante, <strong>in</strong>sieme alla sapa del mosto, e mescolati<br />
con la semola: mazza frissa, casgiu furriatu, óciu casgiu. Condimento universale:<br />
lo strutto - óciu pulc<strong>in</strong>u. Alimenti pr<strong>in</strong>cipe naturalmente erano: pane, latte, miciuratu<br />
o caggjatu (yogurth).<br />
È noto che <strong>in</strong> ogni società l’alimentazione non è solo il soddisfacimento di<br />
un bisogno fisiologico, ma è un ragguardevole tratto culturale caratterizzante ed<br />
anche <strong>una</strong> forma di comunicazione. Il livello di civiltà è <strong>in</strong>fatti giudicato <strong>in</strong> rapporto<br />
al cibo che si mangia. In <strong>Gallura</strong> la condivisione e la donazione del cibo sottol<strong>in</strong>eano<br />
lo spessore dei valori e dei rapporti sociali. Infatti nelle società, come era la<br />
nostra, basate sulle forme tradizionali di allevamento e agricoltura, <strong>in</strong> cui la produzione<br />
di cibo è la forma prevalente dell’economia, la precarietà e l’aleatorietà<br />
della riserva domestica alimentare, sono compensate <strong>in</strong> parte dalle regole di mutua<br />
assistenza.<br />
Le due motivazioni obbliganti dietro il sistema di scambi e prestazioni reciproche<br />
sono: la necessità di dividere il cibo con coloro che sono considerati parte<br />
del proprio gruppo e la volontà di ottenere prestigio, dando prova di <strong>una</strong> generosità<br />
che va oltre i limiti di parentela, ostentando un’abbondanza alimentare, segno<br />
di capacità tecniche o rituali necessarie a procurarsela. È disonorevole non poter<br />
offrire nulla agli ospiti. Il che mostra che la funzione simbolica e sociale del cibo<br />
viene considerata superiore alla sua stessa funzione nutritiva. Lo scambio crea<br />
legami, l’accumulo senza scambio crea <strong>in</strong>vidia. Chi si trova <strong>in</strong> casa al momento<br />
del pasto, è trattato, con l’offerta del cibo, come un ospite di riguardo.<br />
Il pastore contad<strong>in</strong>o <strong>in</strong> qualche caso nasconde le proprie riserve per non<br />
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doverle consegnare al proprietario del fondo, ma le ostenta durante le feste e gli<br />
<strong>in</strong>contri comunitari. Con i banchetti si attirano amici e parenti e si costituisce <strong>una</strong><br />
rete di relazioni. Le abitud<strong>in</strong>i alimentari lasciano tracce <strong>in</strong>delebili, che restano anche<br />
quando si cambia ambiente sociale e ideologia. Il consumo di certi piatti ai<br />
quali si resta tenacemente fedeli, ha il valore di un vero e proprio culto delle orig<strong>in</strong>i.<br />
L’accento è messo sulla cessione di cibo cotto. Di qui il prestigio delle “buone<br />
cuoche” e l’importanza di scegliere <strong>una</strong> moglie abile <strong>in</strong> cuc<strong>in</strong>a. In <strong>una</strong> società <strong>in</strong><br />
cui molti legami tradizionali sono distrutti a causa di rapidi mutamenti, poiché comunque<br />
<strong>una</strong> società che voglia def<strong>in</strong>irsi tale deve mantenere <strong>una</strong> propria cont<strong>in</strong>uità<br />
attraverso atti quotidiani, l’alimentazione assume un’importanza simbolica<br />
decisiva. Ciò spiega <strong>in</strong> parte l’odierno utopismo ruralista e populista.<br />
Le scelte alimentari costituiscono un forte criterio di identità e sono determ<strong>in</strong>ate<br />
da un codice culturale che stabilisce quali cibi sono commestibili e quali<br />
no. Perciò le tradizioni cul<strong>in</strong>arie vanno gelosamente tutelate e trasmesse perché<br />
non cadano <strong>in</strong> oblio. Sono <strong>in</strong>sieme con la l<strong>in</strong>gua parlata l’ultima difesa della sapienza<br />
locale. Il codice, come tutto ciò che appartiene alla tradizione è appreso<br />
<strong>in</strong>consapevolmente e, così come il l<strong>in</strong>guaggio, si apprende f<strong>in</strong> dalla prima <strong>in</strong>fanzia.<br />
L’analisi delle abitud<strong>in</strong>i alimentari di un popolo può dare un’idea adeguata<br />
della sua organizzazione sociale, della sua organizzazione domestica, delle sue<br />
idee religiose e della sua morale.<br />
Alla donna erano affidati empirici rimedi per le malattie diffuse, di cui non si<br />
conoscevano le cause e che venivano raggruppate sotto un unico nome quando<br />
presentavano s<strong>in</strong>tomi o manifestazioni simili. Della malaria si pensava che fosse<br />
diffusa nell’atmosfera e che si assumesse semplicemente respirando nel clima<br />
<strong>in</strong>generoso: “mal dell’<strong>in</strong>temperie”. Ci si difendeva impregnando gli abiti d’aceto.<br />
Molto tardi si scoprì il suo agente nella zanzara anofele. Devastante e senza difese<br />
la tubercolosi - tisìa -, la cui diffusione distruggeva <strong>in</strong>tere famiglie. Gli sfoghi<br />
cutanei erano genericamente detti chjaéddi - foruncoli.<br />
Fantasiosi spesso i rimedi. In assenza di cognizioni mediche ci si affidava<br />
alla robusta costituzione dell’ammalato o alle pratiche magiche, quando non<br />
s’<strong>in</strong>vocava a soccorso il santo venerato. Talvolta si applicavano sulle parti doloranti<br />
fette di lardo o altre fette di carni animali. Per facilitare il naturale decorso<br />
della malattia si ricorreva alle rare nozioni di erboristeria. L’olivastro - uddastru -<br />
era per alleviare la pressione alta; la l<strong>in</strong>ga di boiu - buglossa - veniva usata per<br />
lenire le scottature; la centaurea - c<strong>in</strong>taura era ritenuta rimedio efficace per la<br />
febbre; diffusi erano i decotti di palmuccia (malva), caracutu (agrifoglio) e sambucu.<br />
Ma per la cura di la sippèlla (mastite) si ricorreva all’anéddu di li tre affidi! (anello<br />
di tre fidanzamenti) Rimedio magico, non più empirico!<br />
L’istruzione, così come tradizionalmente <strong>in</strong>tesa, non aveva molta importanza.<br />
Solitamente ci si limitava all’apprendimento delle abilità lavorative e delle<br />
norme di comportamento comuni al gruppo di appartenenza. Genericamente educazione<br />
dunque e non formazione programmata <strong>in</strong> ambienti speciali (scuole).<br />
Solo agli <strong>in</strong>izi del XX secolo, <strong>in</strong> alcune contrade, presso qualche famiglia sensibile<br />
a ciò che era riconosciuto come cultura, si è avvertita l’esigenza d’<strong>in</strong>segnare le