La Gallura una Regione Diversa in Sardegna - Servizi On Line
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ità ciclica, grano e pane mai vennero sostituiti con prodotti quali la patata, <strong>in</strong> grado<br />
di alleviare sofferenze e salvare le vite.<br />
Cibo pr<strong>in</strong>cipesco, ornamento della tavola, tanto più splendido quanto più risultato<br />
di un lavoro basato sulla sapienza antica e su umili strumenti: giogo, aratro,<br />
zappa. Il pane: frutto più prezioso dell’agricoltura, che non solo <strong>in</strong>terpreta lum<strong>in</strong>osamente<br />
la vita della natura e il lavoro dei campi, ma è anche la meravigliosa<br />
s<strong>in</strong>tesi liturgica dell’anno, il simbolo più alto della storia della salvezza. Certo i<br />
tremori e le preoccupazioni sull’esito felice dell’annata agraria erano molti e si<br />
scrutava il cielo per riceverne segni e <strong>in</strong>dicazioni: se, al momento <strong>in</strong> cui germogliavano<br />
ancora verdeggianti e teneri i chicchi del grano - (candu lu tricu <strong>in</strong>granàa)<br />
-, cadeva la pioggia e soffiava il levante, era possibile presagire <strong>una</strong> cattiva<br />
annata; viceversa se nel giorno delle Palme spirava il ponente, era prevedibile<br />
<strong>una</strong> buona annata. Il clima e i fenomeni atmosferici erano anche responsabili di<br />
altre calamità quali lu calbòni (il carbone): lu tricu si calbunàa quando per <strong>una</strong> eccessiva<br />
pioggia il grano <strong>in</strong>gialliva e muffiva, acquistando successivamente <strong>una</strong><br />
colorazione scura, a causa del terreno costantemente zuppo. Oppure, se l’acqua<br />
portava via il sottile strato di terra buona (humus) f<strong>in</strong>o a far affiorare i ciottoli, i virgulti<br />
del grano rattrappivano bloccando la crescita - lu trabaddu no andaggjìa <strong>in</strong>nanzi<br />
o, pa la tant’èa, s’éra auciatu -.<br />
Da quando si sem<strong>in</strong>a, tra la f<strong>in</strong>e di ottobre e i primi di novembre -<br />
Sant’Andria -, f<strong>in</strong>o alla trebbiatura e mietitura i santi vengono <strong>in</strong>vocati a protezione<br />
delle messi: si ricorre ai favori dell’arcangelo Michele, festeggiato l’otto maggio<br />
con l’altare colmo di spighe perché impetri la buona annata presso Dio e tenga<br />
lontani i flagelli dalle messi, <strong>in</strong> specie siccità, grand<strong>in</strong>e, cavallette. Protettore delle<br />
messi per eccellenza è S. Isidoro, venerato il 15 maggio <strong>in</strong> molte zone agricole<br />
della <strong>Sardegna</strong> da più fedeli che non <strong>in</strong> <strong>Gallura</strong>; al contrario del veneratissimo S.<br />
Giorgio, che è festeggiato il 9 maggio, ma molti devoti ritengono che passi a cavallo<br />
anche durante la notte del 22 aprile a ridestare le messi ancora sopite. Se si<br />
tien conto delle date: 22 aprile, 15 maggio, 24 giugno è facile vedere come la devozione<br />
cristiana si <strong>in</strong>serisca, per superarla, nell’antica tradizione pagana, che<br />
predicava nella sempre ritrovata abbondanza, di alleviare, col dono del pane, anche<br />
le sofferenze dei miserelli. Chi contravveniva al comandamento della carità<br />
era, nelle leggende popolari, pietrificato con tutti i suoi beni (Luchìa, Gjulgjìa rabbiósa).<br />
Svariatissime tradizioni, con varianti aggiuntive quasi <strong>in</strong> ogni contrada, conducevano<br />
alla magia delle operazioni conclusive: l’impasto della far<strong>in</strong>a dentro lu<br />
schivu (contenitore ligneo) con l’acqua calda e il lievito ben fermentato, lavorato a<br />
lungo con i pugni serrati; l’attenta cottura e l’uscita trionfante e attesa dal forno:<br />
f<strong>in</strong>almente il pane! Con la crosta dalle sfumature tra il bianco e il rossiccio, caldo,<br />
fumante per la residua umidità, ma dal gustoso sapore del grano gallurese anche<br />
dopo molti giorni. Le massaie con le maniche rimboccate, i grandi grembiuli candidi<br />
- pannéddi - e grandi fazzoletti sulla testa - miccalóri, compivano attentamente<br />
tutte le operazioni, non trascurando le altre faccende.<br />
In molte occasioni, perlopiù liete, l’arte delle massaie nel confezionare il pa-<br />
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ne si esprimeva <strong>in</strong> un tripudio di tr<strong>in</strong>e e merletti, di croci e rami, di uccell<strong>in</strong>i e fiori,<br />
soprattutto rose. Forme assunte dalla pasta modellata, effimere ma sempre riattualizzabili<br />
a esprimere il mistero di <strong>una</strong> unione (pani nuziali), della gioia <strong>in</strong>fantile,<br />
della resurrezione (pani di Pasqua), della sacralità del lavoro. <strong>La</strong> bellezza dei pani<br />
era data dalla levità di forme fulgenti, tanto più meravigliose e affasc<strong>in</strong>anti quanto<br />
più risultato creativo e prodotto f<strong>in</strong>ale delle aspre durezze del lavoro contad<strong>in</strong>o.<br />
Nulla come il pane nella sua umile e <strong>in</strong>tensa bellezza, nel suo nitido variare <strong>in</strong><br />
forme plastiche molteplici, nella sua bivalenza come alimento e come segno di<br />
comunicazione, rappresenta la figurazione concreta di <strong>una</strong> specializzazione culturale.<br />
Perché i pani sono un prodotto per il consumo quotidiano, ma anche prodotti<br />
cerimoniali che veicolano l’idea della festa, del matrimonio, del battesimo,<br />
dell’esultanza pasquale, della conclusione felice di un’annata. Sono il segno della<br />
cont<strong>in</strong>uità e della complementarità tra le occupazioni femm<strong>in</strong>ili e il lavoro nei<br />
campi, tra vita domestica e attività contad<strong>in</strong>a, associate come caratteristiche della<br />
condizione agreste e bucolica tradizionale.<br />
A7 – ORDINE ED ECONOMIA DOMESTICA.<br />
Come si è detto, sulla donna gravava tutto il lavoro domestico:<br />
dall’allevamento dei figli alla tessitura; dalla cura della mac<strong>in</strong>azione del grano a<br />
mezzo di un as<strong>in</strong>o che faceva girare il mul<strong>in</strong>o, alla setacciatura della far<strong>in</strong>a e confezione<br />
del pane e del formaggio; dalla provvigione d’acqua potabile raccolta entro<br />
la caggj<strong>in</strong>a o la p<strong>in</strong>ta presso la fonte spesso lontana dalla casa, alla raccolta di<br />
legna per scaldarsi, cuc<strong>in</strong>are, cuocere il pane nel forno. Qualche rara volta raccoglieva<br />
erbe commestibili: cèa (cicoria), almuraccia (ramolaccio); come pure erbe<br />
medic<strong>in</strong>ali: capumiddu (camomilla), palmuccia (malva), sambucu pa la sippella<br />
(sambuco per la risipola). Al tempo opportuno raccoglieva frutta selvatica e quella<br />
che offrivano gli alberi piantati - ill’avréddu - (campicello), come mele e mandorle.<br />
<strong>La</strong> donna era perciò per def<strong>in</strong>izione facc<strong>in</strong>dósa - alacre, mentre i giudizi sugli uom<strong>in</strong>i,<br />
espressi da osservatori colti, f<strong>in</strong>o agli <strong>in</strong>izi del secolo scorso, erano poco lus<strong>in</strong>ghieri:<br />
“…Sem<strong>in</strong>ano grano, orzo, fave, legumi e alcun poco di l<strong>in</strong>o. Un pastore<br />
di solito sem<strong>in</strong>a cuppe di grano dieci, alcune d’orzo e meno di fave. Molti si destano<br />
dall’<strong>in</strong>curia per l’aumento della loro fort<strong>una</strong>. Prima se avessero raccolto<br />
quanto lor bastasse per due anni, non si disagiavano a sem<strong>in</strong>ar per l’anno<br />
seguente. S<strong>in</strong>o agli estremi del XVIII secolo passavano il settembre e l’ottobre nel<br />
proprio paese (capidannu). [Tuttavia] comunemente sono poco <strong>in</strong>dustriosi e dopo<br />
i piccoli lavori agrari, pensano a darsi piacere nelle cacce, nelle feste e passano<br />
le giornate a dormire o suonano la zampurra e appontano stecchi col coltello. Nel<br />
lattificio la loro parte è la mungitura, poi restano a guardare le donne occupate<br />
nelle altre operazioni…” 13 . Giudizio poco lus<strong>in</strong>ghiero che, al fondo, è rimasto<br />
sempre presente a tutti coloro che hanno riflettuto sui caratteri dei primitivi pastori<br />
di <strong>Gallura</strong>.<br />
Mentre le loro donne preparavano: còccu, milzatu (<strong>in</strong>saccato di coratella),<br />
òglia (favette con lardo o con carne), miciuratu, brócciu, casgióli (formaggio mar-<br />
13 G. CASALIS, op. cit.