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La Gallura una Regione Diversa in Sardegna - Servizi On Line

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zione per lo squilibrio fra muscoli e ossa e fra tagli posteriori e anteriori. Rari i parti<br />

gemellari, ma anche gli aborti e rarissima la mortalità neonatale. Successivamente<br />

al parto il latte eccedente ai bisogni del vitello, veniva munto per evitare la<br />

costipazione mammaria. Il primo latte (culostra), denso e dolce, veniva servito ai<br />

bamb<strong>in</strong>i che ne erano ghiotti come fosse un dolce bud<strong>in</strong>o. <strong>La</strong> mungitura sempre<br />

parziale si protraeva per tutta la primavera ed era <strong>in</strong>terrotta nei mesi estivi per<br />

dest<strong>in</strong>are tutta l’alimentazione al vitello. Veniva poi ripresa <strong>in</strong> autunno quando il<br />

pascolo ritornava abbondante per le prime piogge. Le vacche erano quasi sempre<br />

ed esclusivamente utilizzate per la riproduzione, mentre i giovenchi (nuéddhi)<br />

ritenuti <strong>in</strong>idonei alla riproduzione, <strong>in</strong> primavera o <strong>in</strong> autunno venivano castrati<br />

(maciati) e domati per il tra<strong>in</strong>o del carro o dell’aratro. Erano <strong>in</strong>dispensabili per le<br />

attività lavorative nello stazzo, oppure venivano ceduti <strong>in</strong> affitto per un anno o per<br />

la sola stagione di coltivazione <strong>in</strong> cambio di un pagamento <strong>in</strong> natura: sedici starelli<br />

di frumento se dal primo ottobre al trenta settembre, dodici se dal primo ottobre<br />

al trenta marzo.<br />

Naturalmente i bov<strong>in</strong>i erano allevati oltre che per la produzione del latte e<br />

dei suoi derivati per uso familiare, anche per la produzione della carne e delle<br />

pelli. Dopo l’abbattimento il vacc<strong>in</strong>o veniva scuoiato e la sua pelle tesa con sottili<br />

aste puntate contro gli orli e poi esposta al sole per l’essiccazione, conciata con<br />

la cenere e poi energicamente lisciata con la petra lùm<strong>in</strong>a che l’ammorbidiva - la<br />

facìa div<strong>in</strong>tà ùmbula. <strong>La</strong> conservazione della carne di <strong>una</strong> bestia macellata era<br />

sempre un problema di difficile risoluzione f<strong>in</strong>o all’<strong>in</strong>troduzione di sistemi refrigerativi,<br />

per cui gli animali da carne venivano esportati verso i mercati francesi e<br />

cont<strong>in</strong>entali o macellati solo <strong>in</strong> occasione di un consumo comunitario (feste, matrimoni,<br />

ricorrenze speciali, funerali, limós<strong>in</strong>i). Agli <strong>in</strong>izi del secolo XX, per dare risposte<br />

al mercato della carne,si com<strong>in</strong>ciò a <strong>in</strong>crociare i bov<strong>in</strong>i galluresi con razze<br />

di mole maggiore e di migliore conformazione somatica. Per lo più erano <strong>in</strong>crociati<br />

con la razza br<strong>una</strong> (mùr<strong>in</strong>i), oppure modicana (oschirési), o maremmana(alzach<strong>in</strong>ési).<br />

Solo al momento di punì lu ‘jùu - (alla lettera: mettere i buoi al<br />

giogo, estensivamente procedere alla coltivazione del grano) - il contad<strong>in</strong>o riceveva<br />

<strong>in</strong> garrigu la coppia bov<strong>in</strong>a da utilizzare nel lavoro e della quale era responsabile<br />

per tutta la durata di questo, f<strong>in</strong>o al taglio e alla conservazione (assedu) del<br />

grano - a l’aglióla e a l’<strong>in</strong>cugnu di lu tricu. 12<br />

A5 – LU LAORI.<br />

Ma l’elemento che più analiticamente veniva considerato dagli accordi, il<br />

fatto centrale dei “patti” era dato dall’analisi di tutti gli atti lavorativi che consentivano<br />

un abbondante raccolto di grano. Prima della sem<strong>in</strong>a, padrone e pastore si<br />

recavano sul luogo per valutare le condizioni della tanca di punì a laóri, del tancato<br />

da preparare per la coltura del grano. Il ciclo di lu ‘jùu, della cerealicoltura, si<br />

svolgeva <strong>in</strong> due anni di tempo (berenili, bedustu). Il proprietario metteva a disposizione<br />

la terra, forniva i buoi, consegnati <strong>in</strong> garrigu per i lavori, le sementi, gli at-<br />

12 Alcune brevi note <strong>in</strong> ord<strong>in</strong>e sparso sono tratte da P BRANDANO, Lo Stazzo della Bassa <strong>Gallura</strong>, <strong>in</strong> <strong>La</strong> <strong>Gallura</strong>, <strong>una</strong> <strong>Regione</strong><br />

<strong>Diversa</strong> <strong>in</strong> <strong>Sardegna</strong>, a cura di S. BRANDANU, ICIMAR, San Teodoro, 2001.<br />

16<br />

trezzi. Tutto il rimanente spettava al “pastore”: <strong>in</strong>nanzitutto preparare il terreno<br />

decespugliandolo - dibbià; zappare la “tanca”, rompere le zolle - schivià; arare -<br />

laurà e <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e sem<strong>in</strong>are. Nel contempo doveva preparare il terreno scelto per la<br />

sem<strong>in</strong>a dell’anno venturo.<br />

Dato che il contratto verbale aveva durata m<strong>in</strong>ima di due anni, se il pastore<br />

lo <strong>in</strong>terrompeva anticipatamente, al term<strong>in</strong>e del primo anno, riceveva la metà del<br />

prodotto che gli sarebbe spettato per accordo, cioè un quarto del totale (la metà<br />

della metà). Al contad<strong>in</strong>o che avesse dovuto subentrargli nel secondo anno sarebbe<br />

spettato l’obbligo del pagamento di lu puddoni, cioè un compenso per aver<br />

ricevuto il terreno già pronto per la seconda sem<strong>in</strong>a, dove “ciocchi” e radici - li<br />

ciaccari - avevano rigermogliato e il campo era tutto un verdeggiare di tenere<br />

piante di multa, chèssa, scópa, lama, burédda, litarru.<br />

F<strong>in</strong>ito il lavoro preparatorio (balbattugnu) sul lotto scelto per la sem<strong>in</strong>a - lu<br />

laóri -, solitamente tra ottobre e dicembre <strong>in</strong> ragione delle precipitazioni <strong>in</strong>vernali,<br />

s’<strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciava il debbio sul nuovo lotto - illa tarra nóa -, che così veniva adeguatamente<br />

preparato per la sem<strong>in</strong>a dell’anno successivo - di l’annu ‘nfattu. Gli attrezzi<br />

usati per il debbio - pa’ la dibbiéra - erano di <strong>una</strong> semplicità e rudimentalità<br />

estrema: lu marrapiccu e la rustaggja per abbattere la vegetazione <strong>in</strong>festante tipo<br />

il rovo - lama o lamaggju. I solchi - li sulchj - venivano tracciati con l’aratro artigianalmente<br />

preparato dallo stesso contad<strong>in</strong>o e le zolle si frangevano con <strong>una</strong> piccola<br />

zappa dal manico corto. “…<strong>La</strong> simenta si t<strong>in</strong>ìa <strong>in</strong> un sacchéddu cu’ un chirriu<br />

addarétu e unu addananzi, cu la mani manca si t<strong>in</strong>ìa lu sacchéddu, cu la dresta si<br />

sim<strong>in</strong>àa…” (le sementi si portavano dentro un sacchetto... stretto a metà nella<br />

mano s<strong>in</strong>istra così da tenere il contenuto diviso a mezzo, mentre con la destra si<br />

sem<strong>in</strong>ava). Talvolta per eseguire tutte queste operazioni si “scivolava” f<strong>in</strong>o a febbraio<br />

<strong>in</strong>oltrato. Ma tradizionalmente la sem<strong>in</strong>a si faceva tra i Santi e l’Immacolata<br />

(Scorrabói).<br />

Le varietà di grano coltivate erano talmente poche da ridursi, <strong>in</strong> molte aree,<br />

a due: lu tricu ruiu o grano duro, sem<strong>in</strong>ato nei terreni migliori, e lu tricu cossu o<br />

grano tenero, sem<strong>in</strong>ato nei terreni meno fertili. Nel tempo, secondo particolari esigenze,<br />

si preferiva ora l’uno ora l’altro. Altre colture nei terreni peggiori e a f<strong>in</strong>e<br />

stagione erano date dall’orzo - usato spesso come pasto essenziale per<br />

l’<strong>in</strong>grasso di lu mannali o maiale allevato con la crusca (br<strong>in</strong>nu) perché costituisse<br />

<strong>una</strong> riserva annua di carni e grassi (lla cui scelta era detta lu spédu)- e l’avena<br />

che costituiva la dieta essenziale del cavallo, dell’as<strong>in</strong>o e di altri animali domestici.<br />

Le eccedenze si vendevano o si scambiavano.<br />

Ben presto i chicchi germogliavano e <strong>in</strong>sieme ai teneri germogli spuntavano<br />

le erbe <strong>in</strong>festanti, <strong>in</strong> particolare lu jóddu, loglio, così il campo doveva essere dis<strong>in</strong>festato<br />

- pulgatu cu la zappitta; si zappittàa anche lu rimpuddu o puciòni, cioè la<br />

crescita di più spighe a mazzo. Giunti a maggio <strong>in</strong>oltrato, talvolta giugno - lampata<br />

- o luglio - aglióla -, ci si preparava al taglio dei cereali - la misséra, a missà.<br />

L’unico oggetto materiale per l’operazione era la falcia - uno dei pochi utensili<br />

preparati da un artigiano esterno: il fabbro, lu frailaggju. Più falciatori, missadóri,<br />

all<strong>in</strong>eati <strong>in</strong> modo da poter procedere, a partire da un lato, per tutta la larghezza

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