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La Gallura una Regione Diversa in Sardegna - Servizi On Line

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sa fattura e quotidianamente usati: lu p<strong>in</strong>natu o l’imp<strong>in</strong>natu è <strong>una</strong> sorta di roncola<br />

dal manico corto, mentre la rustàggja ha il manico lungo per consentire lo sfoltimento<br />

o l’abbattimento di “rovi”, “g<strong>in</strong>estre”, arbusti sp<strong>in</strong>osi, la pióla è l’accetta dal<br />

corto manico e dai mille usi anche domestici, mentre la pióla lucchésa, dall’ampia<br />

lama arcuata era usata solo nei lavori campestri. <strong>La</strong> falcia o falce è <strong>una</strong> mezzal<strong>una</strong><br />

sottile, dalla parte <strong>in</strong>terna f<strong>in</strong>emente dentellata, con l’impugnatura cil<strong>in</strong>drica di<br />

legno. Un tipo di formato ridotto, o falcetto, presenta <strong>una</strong> lama senza dentellatura,<br />

dal filo tagliente per le frequenti affilature con la pietra arenaria. Nel nostro secolo<br />

è stata <strong>in</strong>trodotta dal Piemonte e viene usata un’ampia falce fienaia detta ranza.<br />

Più varia la coltelleria, dalla tradizionale <strong>in</strong>separabile rasoggja, rasoio, alla lametta,<br />

corta, senza punta e dalla lama affilatissima per le <strong>in</strong>cisioni sulla corteccia.<br />

Gli “attrezzi da presa” sono pochissimi: la primitiva chjóla, specie di p<strong>in</strong>za<br />

ottenuta con un bastone spaccato da un capo e la chjulédda di m<strong>in</strong>or formato.<br />

Spesso ottenuti con le triforcazioni di un arbusto resistente sono forche, forconi e<br />

tridenti - triuzzi; cui si aggiungono pale - pal v<strong>in</strong>tulà, per la trebbiatura, o pa lu furru,<br />

per le <strong>in</strong>fornate del pane; ma qui siamo già, con le diverse scope di erica, agli<br />

oggetti di uso domestico e femm<strong>in</strong>ile.<br />

Diversi sono i contenitori; molti da lavoro, altri usati per le esigenze della<br />

casa e della famiglia e, tra questi, alcuni di uso misto. <strong>La</strong> p<strong>in</strong>ta è o <strong>una</strong> pentola o<br />

un secchio, sia di legno che di metallo; la gjòrra un gran vaso di terracotta, con<br />

l’<strong>in</strong>terno vetroso per conservare l’olio o l’acqua fresca; col nome generico scudédda<br />

o scodella s’<strong>in</strong>dica di solito il recipiente per str<strong>in</strong>gere il formaggio; al posto<br />

d’onore, spesso ricoperto da un velo, è lu musòni o caggj<strong>in</strong>a, cioè il cat<strong>in</strong>o o mastello<br />

a doghe di legno di g<strong>in</strong>epro, dalla forma tronco-conica, usato per il trasporto<br />

dell’acqua potabile dalla sorgente a casa e come riserva domestica della stessa;<br />

vi si att<strong>in</strong>ge con la rozza nappédda o col cil<strong>in</strong>drico sottile uppu, nappo di sughero<br />

dalla sottile pertica scortecciata come manico.<br />

Ma gli “attrezzi di misurazione”, di legno o sughero, hanno come “misura<br />

base” dei cereali la cuppa, corrispondente pressappoco allo starello, e i suoi sottomultipli.<br />

Quattro cuppi giungono al qu<strong>in</strong>tale se il cereale da misurare è il grano,<br />

a meno per altri cereali. Infatti, a pari misura, l’orzo e l’avena, occupando più spazio,<br />

a causa della forma e del volume dei chicchi, pesano, <strong>in</strong> ord<strong>in</strong>e, molto meno.<br />

Un utensile corrispondente alla cuppa non esiste, perché sarebbe <strong>in</strong>gombrante e<br />

poco maneggevole, pertanto il più volum<strong>in</strong>oso è lu mèzu caltu, corrispondente alla<br />

metà di un quarto, cioè ad un ottavo di qu<strong>in</strong>tale, pari a circa la metà della cuppa.<br />

Ogni sottomultiplo pesa la metà del precedente; così alla cuppa segue la colbula,<br />

a questa la meza, poi l’uppéddu o telza, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e lu muitéddu.<br />

Gli arnesi da misurazione, <strong>in</strong> genere costruiti con tavole di g<strong>in</strong>epro, sono di<br />

forma tronco-piramidale. I contad<strong>in</strong>i prestano attenzione più alla misura, facilmente<br />

controllabile, che al peso, <strong>in</strong>dicato di solito “per stima”. Infatti, a seconda<br />

dell’annata, tricu, olzu, fenu (grano, orzo, avena) possono essere granuti, cioè<br />

con il chicco più grosso della norma e perciò più pesante, o vani, cioè scarsamente<br />

sviluppati a causa della siccità o altro e qu<strong>in</strong>di con il chicco più leggero.<br />

Nel primo caso la “media” della cuppa può superare di alcuni chilogrammi la me-<br />

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dia standard di ventic<strong>in</strong>que chili di grano; nel secondo caso, se l’annata è cattiva<br />

possono esserci alcuni chilogrammi <strong>in</strong> meno. Risalendo dall’ultimo dei sottomultipli,<br />

lu muitèddu, e raddoppiando ogni misura, si raggiungono 24,999 chilogrammi<br />

per <strong>una</strong> cuppa di grano; 17,999 chilogrammi per <strong>una</strong> d’orzo e solo 12 chilogrammi<br />

per <strong>una</strong> d’avena.<br />

Nelle transazioni di cereali, acquisti o vendite, si deve preventivamente<br />

specificare se le misurazioni devono essere a culmu (colmo eccedente il bordo<br />

del recipiente) o a rasu (<strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea con l’orlo del recipiente). Nell’un caso o nell’altro<br />

il peso varia. Per ottenere la misura a rasu, si fa strisciare, aderente all’orlo del<br />

contenitore colmo, lu cannoni - un matterello; per la misura a culmu si versano<br />

tante granaglie quante il recipiente ne può contenere. Gli esperti sanno che lu tricu<br />

ruiu - il grano rosso o duro, a pari misura ha un peso superiore a quello di lu<br />

tricu cossu del grano corso o tenero, e dunque possiede un maggior valore tanto<br />

più che la sua mac<strong>in</strong>azione produce più far<strong>in</strong>a. Ma, ohimè, anche nel l<strong>in</strong>eare<br />

mondo dei contad<strong>in</strong>i e pastori di <strong>Gallura</strong> esistono le falsificazioni, cosicché commercianti<br />

di pochi scrupoli dispongono di due recipienti per determ<strong>in</strong>are la stessa<br />

misura: uno più capiente per gli acquisti e l’altro dalle dimensioni <strong>in</strong>feriori per le<br />

vendite.<br />

In pratica il povero contad<strong>in</strong>o è soggetto ad imbrogli plurimi nelle vendite e<br />

negli acquisti. Maggiore il danno se prende a prestito, <strong>in</strong> quanto riceve con la misura<br />

ridotta e restituisce con quella maggiorata. Naturalmente gli <strong>in</strong>teressi, oltre<br />

ad essere particolarmente onerosi, vanno misurati col recipiente più ampio. Per<br />

consentire la formazione di un’op<strong>in</strong>ione più chiara sulla strutturazione delle misure<br />

di capacità, riporto <strong>in</strong> tavola s<strong>in</strong>ottica, <strong>una</strong> nota di “zio Nicol<strong>in</strong>o Cucciari”:<br />

“<strong>La</strong> Cuppa e i suoi sottomultipli” (le quantità di peso sono approssimative):<br />

“Misura” Grano Orzo Avena<br />

<strong>La</strong> cuppa Kg. 25,000 Kg. 18,000 Kg. 12,000<br />

Lu mezucaltu Kg. 12,500 Kg. 9,000 Kg. 6,000<br />

<strong>La</strong> colbula Kg. 6,250 Kg. 4,500 Kg. 3,000<br />

<strong>La</strong> meza Kg. 3,125 Kg. 2,250 Kg. 1,500<br />

L’uppéddu o telza Kg. 1,562 Kg. 1,125 Kg. 0,750<br />

Lu muitéddu Kg. 0,781 Kg. 0,562 Kg. 0,375<br />

Fra gli “attrezzi di misurazione” o “contenitori” un breve accenno è d’uopo a<br />

“bisacce” (beltuli), za<strong>in</strong>i, tascapani, sporte, cesti, corbule, stacci, canestri, brocche,<br />

zucche, ecc.<br />

Abbiamo pure visto che la “misura del peso” difetta di strumenti per mancanza<br />

di capacità tecniche ad elaborarne. Solo molto tardi sono stati <strong>in</strong>trodotte bilance<br />

a stanga e a stadera. <strong>Diversa</strong>mente si “stimano” equivalenze tra contenitori<br />

e pesi. Tuttavia le denom<strong>in</strong>azioni <strong>in</strong>dicanti le unità di misura dei pesi hanno larga<br />

diffusione. Vi sono certamente gli etti – cento grammi, i chili - dieci etti, e i qu<strong>in</strong>tali<br />

- cento chili. Ma l’unità fondamentale è considerata la libbra - quattrocento grammi<br />

circa. Suoi multipli sono i cantàri, ognuno dei quali corrisponde a quaranta chi-

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