La maratona - Studio di Ingegneria e Informatica Ing. Roberto Croci

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28.05.2013 Views

Poi fu Christian ad entrare e io rimanere fuori sotto la pioggia. Mangiata una puccia con speck, uscimmo dal bivacco decisi a ripartire per tornare in fretta alla macchina. Eravamo infreddoliti, il cielo era nero e sembrava calata la sera, nonostante non fossero ancora le due. Intorno a noi le nuvole basse nascondevano ogni cosa, il vento continuava a rinforzare e la pioggia assai fitta ci sferzava le mani e la faccia. Sebbene gli indumenti fossero impermeabili, un rivolo d’ acqua ci scendeva lungo la schiena fino a bagnare le maglie e gli indumenti intimi, le calze di lana negli scarponi erano completamente fradice a tal punto che sembrava di tenere i piedi nell’acqua. C’era tanta elettricità nell’aria che sentivamo i peli delle braccia e delle gambe drizzarsi, mentre dal cinturino metallico dell’orologio iniziarono ad uscire piccole scintille luminose. 118

Il fulmine arrivò all’improvviso e produsse un botto fortissimo, un lampo di luce abbagliante. Fui afferrato da una forza mostruosa, sbattuto per terra con violenza, come fossi un fuscello, a qualche metro di distanza con i muscoli contratti in uno spasmo di dolore, gli occhi accecati roteanti nelle orbite. Nell’impatto con il terreno, sia pur erboso, sbattei la testa con violenza e pian piano cominciai a perdere conoscenza con il terrore di non svegliarmi mai più. Christian, scioccato dal rumore assordante, al momento non si rese conto di quanto fosse accaduto anche perché tutto avvenne in un attimo. Notò con orrore che la mia giacca a vento fumava e sembrava come liquefatta lungo la manica sinistra, che ero svenuto sul prato e un acre odore di pelle bruciata si andava diffondendo nell’aria tempestosa. Si avvicinò, vide che respiravo con affanno, tremavo tutto come preso da convulsioni, un rivolo di saliva mi scendeva da un lato della bocca semiaperta. 119

Poi fu Christian ad entrare e io rimanere<br />

fuori sotto la pioggia.<br />

Mangiata una puccia con speck, uscimmo<br />

dal bivacco decisi a ripartire per tornare in<br />

fretta alla macchina.<br />

Eravamo infreddoliti, il cielo era nero e<br />

sembrava calata la sera, nonostante non<br />

fossero ancora le due.<br />

Intorno a noi le nuvole basse nascondevano<br />

ogni cosa, il vento continuava a rinforzare e la<br />

pioggia assai fitta ci sferzava le mani e la<br />

faccia.<br />

Sebbene gli indumenti fossero<br />

impermeabili, un rivolo d’ acqua ci scendeva<br />

lungo la schiena fino a bagnare le maglie e gli<br />

indumenti intimi, le calze <strong>di</strong> lana negli<br />

scarponi erano completamente fra<strong>di</strong>ce a tal<br />

punto che sembrava <strong>di</strong> tenere i pie<strong>di</strong><br />

nell’acqua.<br />

C’era tanta elettricità nell’aria che sentivamo<br />

i peli delle braccia e delle gambe drizzarsi,<br />

mentre dal cinturino metallico dell’orologio<br />

iniziarono ad uscire piccole scintille luminose.<br />

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