La maratona - Studio di Ingegneria e Informatica Ing. Roberto Croci
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<strong>La</strong> <strong>maratona</strong><br />
<strong>Roberto</strong> <strong>Croci</strong>
<strong>La</strong> <strong>maratona</strong><br />
<strong>Roberto</strong> <strong>Croci</strong>
Prefazione<br />
INDICE<br />
Parte Prima – L’estate<br />
Il volo<br />
<strong>La</strong> lettura<br />
L’idea stravagante<br />
Il viaggio<br />
I preparativi<br />
<strong>La</strong> corsa<br />
Il sogno<br />
Il risveglio<br />
<strong>La</strong> ricerca<br />
Parte Seconda – L’inverno<br />
Siamo spiriti?<br />
Il complice<br />
<strong>La</strong> scoperta<br />
<strong>La</strong> gara <strong>di</strong> fondo<br />
Il ritrovamento<br />
5
Prefazione<br />
L’idea <strong>di</strong> questo racconto è nata alla fine del<br />
2003 nel corso delle vacanze <strong>di</strong> Natale.<br />
Inizialmente desideravo scrivere una<br />
sceneggiatura per un film, ma non sapendo<br />
come fare, pur avendo nella mia mente chiara<br />
la trama e la rappresentazione delle scene<br />
principali, sia quelle reali che quelle <strong>di</strong><br />
fantasia, sono passato alla scrittura <strong>di</strong> questa<br />
storia sperando <strong>di</strong> catturare l’interesse e<br />
l’attenzione del lettore.<br />
Il racconto fa riferimento a luoghi esistenti e<br />
fatti storici realmente accaduti e la narrazione<br />
si intreccia con alcuni <strong>di</strong> questi luoghi ed<br />
eventi. Solo i nomi dei personaggi, e le loro<br />
avventure, sono frutto della mia fantasia e<br />
pertanto ogni riferimento a persone realmente<br />
vissute è puramente casuale.<br />
<strong>La</strong> foto <strong>di</strong> copertina, fa parte <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong><br />
cartoline proprietà <strong>di</strong> mia moglie, Donatella<br />
Angelini, raccolte dal nonno nel periodo della<br />
Grande Guerra.<br />
Un video che narra il primo capitolo del<br />
libro “Il volo” e che secondo il mio punto <strong>di</strong><br />
7
vista è ben rappresentato nel filmato, è<br />
presente su YOUTUBE agli in<strong>di</strong>rizzi:<br />
http://www.youtube.com/watch?v=PmhypgaXjlg<br />
e<br />
http://www.youtube.com/watch?v=BjPpCaG0f8c<br />
Buona visione.<br />
8
Parte Prima<br />
L’estate<br />
9
Il volo<br />
Un soffio: forse è stato solo un debole soffio a far<br />
scattare la scintilla che ha provocato la comparsa<br />
del nostro universo, un’impercettibile increspatura<br />
che dal nulla ha creato il tutto.<br />
Queste <strong>di</strong>storsioni si verificano in<br />
continuazione, alcune volte generando nuove<br />
<strong>di</strong>mensioni a noi parallele, altre volte, più<br />
semplicemente, aprendo delle piccole finestre nel<br />
passato o nel futuro nelle quali poter vivere dei<br />
momenti, che al loro trascorrere, ci lasciano<br />
nell’inconscio un tenue ricordo, come <strong>di</strong> un sogno<br />
che rapidamente si <strong>di</strong>ssolve al risveglio.<br />
Un capriccio, lo spazio e il tempo creano queste<br />
increspature che a noi risultano invisibili e<br />
raramente ne siamo coinvolti, ma quando ciò<br />
accade, possono cambiare il corso della nostra vita.<br />
A me è capitato e questa è la storia, questo è il<br />
segreto che sto’ per svelarvi.<br />
Sognare. Sognare e volare, volare in un cielo<br />
limpido e terso tra nuvole sottili,<br />
contemplando in lontananza imponenti catene<br />
montuose, che man mano avvicinandosi<br />
mutano <strong>di</strong> colore alla luce del tramonto,<br />
<strong>di</strong>ventando dapprima bianche, quin<strong>di</strong> gialle,<br />
poi rosa e rosse ed infine grigie e nere.<br />
11
Ammirare il paesaggio e scorgere in<br />
lontananza un gruppo <strong>di</strong> alpinisti che scalano<br />
ripide pareti per sod<strong>di</strong>sfare la loro grande<br />
passione, affrontando asperità in apparenza<br />
insuperabili; l’entusiasmo mi coinvolge al<br />
punto che desidero partecipare alla scalata.<br />
Un senso <strong>di</strong> benessere, pace e tranquillità mi<br />
pervadono intensamente, godo nell’arrampicarmi<br />
su queste pareti imponenti, ma ben<br />
presto l’attenzione è <strong>di</strong>stolta da qualcosa che<br />
mi attrae e mi costringe a volgere lo sguardo<br />
verso nord.<br />
Lì un’enorme montagna a forma piramidale<br />
si staglia all’orizzonte e avvicinandomi, prima<br />
lentamente e poi sempre più rapidamente,<br />
muta con violenza la gioia della visione<br />
precedente dapprima in ansia, poi dopo, in<br />
paura e dolore.<br />
Il cielo ora è scuro e cupo, nuvole nere<br />
minacciano un forte temporale, l’oscurità è<br />
rischiarata dal bagliore dei fulmini e il rumore<br />
assordante che provocano riecheggia tutto<br />
attorno a me.<br />
Con orrore vedo alla base <strong>di</strong> questo<br />
imponente massiccio migliaia <strong>di</strong> soldati che<br />
12
combattono ammassati gli uni sugli altri come<br />
fosse un esercito <strong>di</strong> piccolissime formiche.<br />
Si rotolano nel fango avvinghiati in un<br />
abbraccio mortale; le facce, seppur <strong>di</strong> giovani<br />
ragazzi, sono scavate dalla fame e dagli stenti,<br />
gli occhi sembrano fuori dalle orbite per la<br />
fatica e la paura, le <strong>di</strong>vise lacere e cenciose non<br />
li riparano dalla pioggia e dal freddo.<br />
<strong>La</strong> scena mi risulta sempre più nitida, riesco<br />
a guardare più attentamente i combattenti e<br />
con raccapriccio scorgo il mio volto teso,<br />
impaurito, rassegnato. Urlo! Io o il soldato mio<br />
sosia? Forse entrambi, ma non fa alcuna<br />
<strong>di</strong>fferenza perché quel meraviglioso sogno si è<br />
tramutato in un terribile incubo.<br />
Questo è quanto mi accade nel cuore della<br />
notte ormai da qualche tempo. Non so<br />
esattamente da quando, ma il ricordo <strong>di</strong> un<br />
passato a me ignoto tormenta il mio presente,<br />
fino al risveglio, quando pian piano tutto<br />
svanisce lasciandomi nel letto tremante e<br />
impaurito con la fronte imperlata <strong>di</strong> sudore e<br />
un urlo strozzato in gola.<br />
13
<strong>La</strong> lettura<br />
Pur abitando in città sono un appassionato<br />
<strong>di</strong> montagna e ho sempre passato molto del<br />
mio tempo libero in letture riguardanti<br />
passeggiate, arrampicate, itinerari turistici e<br />
solitari ma anche memorie su quanto accaduto<br />
nelle Dolomiti nel corso della Grande Guerra.<br />
Un caro amico, appassionato come me <strong>di</strong><br />
storia e passeggiate, mi ha prestato un suo<br />
piccolo libro <strong>di</strong> appunti sulle Tofane, libro che<br />
sto leggendo con interesse anche in<br />
prospettiva <strong>di</strong> ciò che intendo fare a breve.<br />
<strong>La</strong> lettura è piacevole e scorrevole e, seppur<br />
tar<strong>di</strong>, non riesco a <strong>di</strong>stogliermi da ciò che sto<br />
leggendo: “ ………….Cominciamo dalla<br />
pronuncia: giuro non è una barzelletta, ma quanto<br />
sto per raccontare è capitato realmente a mia figlia,<br />
in prima me<strong>di</strong>a. Un giorno la sua professoressa ha<br />
parlato delle Dolomiti e inevitabilmente delle<br />
Tòfane. Prontamente la bambina, che praticamente<br />
è nata e vissuta in quei luoghi, ha osato alzare la<br />
mano e <strong>di</strong>re alla maestra: < Si <strong>di</strong>ce “Tofàne”<br />
professoressa! > Apriti cielo, per via <strong>di</strong> uno stupido<br />
senso <strong>di</strong> onnipotenza nei confronti <strong>di</strong> una<br />
ragazzina <strong>di</strong> 11 anni, la professoressa ha zittito la<br />
poverina con una occhiataccia. Da quel giorno<br />
15
anche per me sono <strong>di</strong>ventate le Tòfane e questa è<br />
<strong>di</strong>ventata un’ occasione per scherzarci su con mia<br />
figlia ……”<br />
Anche io sorridevo pensando che per<br />
fortuna l’arroganza e la stupi<strong>di</strong>tà è <strong>di</strong> pochi,<br />
mentre l’ignoranza inevitabilmente è <strong>di</strong> tutti<br />
noi e può essere combattuta solo con lo stu<strong>di</strong>o<br />
e la volontà <strong>di</strong> conoscere e imparare.<br />
“…….. le Tofàne sono, insieme al Pomagagnon,<br />
Cristallo e Sorapis, le montagne più famose <strong>di</strong><br />
Cortina che chiudono rispettivamente a Ovest ed a<br />
Est la conca d’Ampezzo. Sono un massiccio<br />
costituito da tre vette principali, tutte sopra i 3200<br />
metri, e da cime minori, ma non per questo meno<br />
note, come Col Rosà, Col Druscè, Pocol, Castelletto<br />
e altre ancora. Le tre cime principali si chiamano<br />
Tofana <strong>di</strong> Dentro, Tofana <strong>di</strong> Mezzo, Tofana <strong>di</strong><br />
Rozes. Il complesso massiccio ha una forma<br />
cuneiforme per cui è chiuso sugli altri due lati dalla<br />
Val Costeana che porta a Passo Falzarego e dalla<br />
Val Travenanzes. Queste due valli si incontrano lì<br />
dove si trova la Forcella Bois (spesso chiamata<br />
anche Forcella de Bois o Forcella de Bos o<br />
erroneamente Col de Bos che invece è una piccola<br />
cima che si trova nelle imme<strong>di</strong>ate vicinanze).<br />
16
Costituiscono un micro-sistema ricco <strong>di</strong> forcelle,<br />
guglie, grotte, cenge, ghiaioni, alcuni vertiginosi<br />
come il Valon de ra Ola, bivacchi, rifugi e vette,<br />
con strapiombi anche superiori ai mille metri,<br />
raggiungibili sia per facili sentieri o per vie ferrate<br />
spesso molto impegnative, sia per scalate dalle più<br />
semplici al sesto grado superiore ed oltre. È una<br />
palestra per gli appassionati che, allontanatisi dai<br />
circuiti più frequentati, consente meravigliose<br />
passeggiate a contatto con la natura ricca <strong>di</strong> flora e<br />
fauna. Anche i nomi <strong>di</strong> alcuni luoghi sanno <strong>di</strong><br />
mistero e trage<strong>di</strong>a perché spesso riconducibili alle<br />
vicende della grande guerra: Sasso Misterioso,<br />
Sasso Cubico, Sasso Spaccato, le Tre Dita,<br />
Nemesis, Fontananegra, Masarè, Punta<br />
Giovannina, Punta Marietta, Castelletto.<br />
Mia moglie quando sente che vado sulle Tofane<br />
esclama, alzando gli occhi al cielo: < Ancora!! ma<br />
quante volte ci sei stato!! >. Ha ragione sono ormai<br />
più <strong>di</strong> cinquant’anni che frequento questa<br />
montagna ma ogni angolo mi affascina, dal<br />
percorso più banale al più impegnativo e ogni volta<br />
c’è qualcosa <strong>di</strong> nuovo da scoprire o ricordare.<br />
Potrei fare l’elenco delle <strong>di</strong>verse passeggiate<br />
possibili sulle Tofane, ma esistono decine <strong>di</strong> libri<br />
che spiegano in modo dettagliato i vari percorsi.<br />
17
Personalmente, anche per vantarmene un po’, sono<br />
stato una quin<strong>di</strong>cina <strong>di</strong> volte in cima alla Tofane <strong>di</strong><br />
Rozes, la prima volta nel 1966, l’ultima nell’agosto<br />
del 2004, per ben due volte, sia seguendo la via<br />
normale sia per la ferrata Lipella fino alle Tre Dita<br />
e quin<strong>di</strong> nuovamente per la via normale. Spero,<br />
questa estate, <strong>di</strong> tornare con un caro amico che, pur<br />
frequentando questi luoghi come me da molti anni,<br />
non è ancora mai arrivato in vetta.<br />
Ricordo anche la Scala del Minighel (o<br />
Menighel) perchè si tratta della prima “via ferrata”<br />
dell'Ampezzano, realizzata nel 1907 per iniziativa<br />
privata dal proprietario del Rifugio Von<br />
Glanvellhütte presente in Val Travenanzes, poi<br />
<strong>di</strong>strutto durante la Grande Guerra e mai più<br />
ricostruito. Questa breve ferrata ha un <strong>di</strong>slivello <strong>di</strong><br />
soli centocinquanta metri ma è molto esposta ed è<br />
costituita da circa 300 pioli <strong>di</strong> ferro infissi solo da<br />
un lato nella roccia viva, liscia, nera, bagnata e<br />
verticale tendente verso l’esterno, cioè lo<br />
strapiombo, che consentono <strong>di</strong> salire rapidamente<br />
dalla Val Travenanzes al Masarè sotto il Rifugio<br />
Giussani.<br />
In inverno poi, sulle Tofane, si trovano alcune<br />
tra le più belle piste da sci delle Dolomiti come il<br />
mitico Canalone, la pista del “Bus de la Tofana” a<br />
18
Ra Valles, meravigliosa per la maestosità del<br />
paesaggio, Forcella Rossa e ancora il severo Druscè<br />
“A”, pista consentita ai soli sciatori veramente<br />
esperti e da fare in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> neve ottimale, la<br />
rilassante Tofanina <strong>di</strong>vertente sia per i gran<strong>di</strong> che<br />
per i bambini e tante altre facili, me<strong>di</strong>e e<br />
soprattutto <strong>di</strong>fficili come la <strong>La</strong>birinti, la Vertigine<br />
Bianca, la Strà, l’Olimpica.<br />
Per concludere questa breve storia delle Tofane<br />
posso affermare che percorrere tutti i sentieri e<br />
ferrate, con relative varianti che si trovano in<br />
questo luogo, richiede <strong>di</strong>verse settimane e tanta<br />
fatica ripagata però da sod<strong>di</strong>sfazioni in<strong>di</strong>menticabili<br />
……..”.<br />
Mi concessi un attimo <strong>di</strong> pausa riflettendo<br />
su quanto letto, mi rendevo conto che molte<br />
delle località in<strong>di</strong>cate mi erano già note e che<br />
comunque era estremamente piacevole<br />
ritrovarsi in una bella lettura, ricordando<br />
luoghi e fatti nei quali si erano trascorsi<br />
momenti felici con i propri amici.<br />
Proseguii non riuscendo a smettere <strong>di</strong><br />
leggere: “………… Pochi sanno in realtà che<br />
Cortina fu “occupata” o “liberata” dall’esercito<br />
italiano, dopo circa 350 anni <strong>di</strong> dominio Austriaco,<br />
il 29 maggio 1915 con due plotoni, uno proveniente<br />
19
da Passo 3 <strong>Croci</strong> e l’altro da San Vito. Gli Alpini<br />
trovarono solo vecchi e bambini perché tutti i<br />
maschi in età <strong>di</strong> militare già dal 1914 erano stati<br />
richiamati a combattere per il Kaiser soprattutto<br />
nei Balcani. Nei giorni successivi si provvide a<br />
consolidare le postazioni, in attesa delle ostilità che<br />
in verità erano già iniziate, in prossimità delle Tre<br />
Cime <strong>di</strong> <strong>La</strong>varedo dove una serie <strong>di</strong> cannonate<br />
austriache partite dalla cima del Monte Paterno<br />
<strong>di</strong>strusse prima una casetta italiana sotto Forcella<br />
<strong>La</strong>varedo e in sua risposta una serie <strong>di</strong> colpi <strong>di</strong><br />
artiglieria italiana <strong>di</strong>strusse il Rifugio<br />
Dreizinnenhütte, ora noto come Locatelli; era il 25<br />
maggio 1915.<br />
Tutto il fronte dolomitico in breve si infiammò,<br />
dalla Marmolada fin oltre la Croda Rossa <strong>di</strong> Sesto,<br />
passando per il Col <strong>di</strong> <strong>La</strong>na, <strong>La</strong>gazuoi, Tofane,<br />
Cristallo, Monte Piana, le già citate Tre Cime <strong>di</strong><br />
<strong>La</strong>varedo, Cima Un<strong>di</strong>ci e molte altre ancora. <strong>La</strong><br />
Guerra tra queste montagne durò ben 29 mesi, dal<br />
maggio 1915 all’ottobre 1917, quando la <strong>di</strong>sfatta <strong>di</strong><br />
Caporetto costrinse l’esercito Italiano a ripiegare<br />
sul Piave. Due inverni terribili tra i più rigi<strong>di</strong> e<br />
nevosi del secolo, con temperature che arrivarono<br />
anche a sfiorare i -40 °C, oltre cinque metri <strong>di</strong> neve<br />
e slavine che procurarono migliaia <strong>di</strong> morti, tutti<br />
20
uomini che rifornivano gli avamposti <strong>di</strong> viveri e<br />
munizioni.<br />
Su tutto il fronte i due eserciti combatterono in<br />
con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong>sperate e <strong>di</strong>sumane. Gli italiani si<br />
trovarono in posizione sfavorevole, dovendo<br />
attaccare gli austriaci ben arroccati in posizione<br />
dominante sugli avversari. Alcune postazioni ben<br />
presto si rivelarono come delle vere e proprie spine<br />
nel fianco per gli italiani, in particolare il Col <strong>di</strong><br />
<strong>La</strong>na, il <strong>La</strong>gazuoi ed il Castelletto, in quanto<br />
impe<strong>di</strong>vano il rifornimento degli avamposti<br />
durante il giorno. Solo <strong>di</strong> notte, senza luna e nel<br />
massimo silenzio, era possibile procedere per quelle<br />
strade vitali alla salvaguar<strong>di</strong>a delle prime linee. In<br />
particolare il Castelletto, ultimo bastione roccioso<br />
della Tofana <strong>di</strong> Rozes verso Ovest dominante su<br />
Col <strong>di</strong> Bos e sulla statale per Falzarego da un lato e<br />
sulla Val Travenanzes dall’altro, saldamente in<br />
mano Austriaca, è stato teatro <strong>di</strong> furiosi ed eroici<br />
attacchi, sempre respinti, provocando ingenti<br />
per<strong>di</strong>te. Gli austriaci stessi avevano<br />
soprannominato la cima “Schreckenstein” cioè<br />
Rocca degli Orrori. Per conquistarlo, lo Stato<br />
Maggiore Italiano decise <strong>di</strong> costruire una galleria<br />
nella montagna, che partisse dalla Tofane <strong>di</strong> Rozes<br />
e proseguisse nelle viscere del Castelletto, per oltre<br />
21
500 metri e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> farne saltare la sommità.<br />
Dopo sei mesi <strong>di</strong> lavoro, piazzando ben 350 quintali<br />
<strong>di</strong> gelatina (oltre un quinto <strong>di</strong> tutta la produzione<br />
italiana annuale <strong>di</strong> esplosivo), l’11 luglio 1916 alle<br />
ore 3.40 avvenne l’esplosione alla presenza del Re:<br />
si udì un “suono metallico, incre<strong>di</strong>bilmente<br />
violento e, passati alcuni istanti silenziosi, l’intera<br />
conca tuonò e ruggì con tale veemenza da spiazzare<br />
gli stessi soldati italiani pronti all’assalto delle<br />
postazioni nemiche.<br />
<strong>La</strong> montagna scaricò sassi <strong>di</strong> tutte le <strong>di</strong>mensioni,<br />
anche <strong>di</strong> centinaia <strong>di</strong> chili, per un giorno intero e la<br />
galleria fu impercorribile a causa dei gas tossici<br />
dell’esplosione che rendevano l’aria al suo interno<br />
irrespirabile.<br />
In breve tempo gli austriaci riuscirono a<br />
riorganizzarsi e mantenere le postazioni della Val<br />
Travenanzes, che mai furono conquistate dagli<br />
italiani. L’unico beneficio fu la conquista del<br />
Castelletto che permise il transito dei rifornimenti<br />
sulla strada per Falzarego anche durante il giorno.<br />
Per il periodo <strong>di</strong> preparazione allo scoppio, i<br />
soldati austriaci in vetta sentirono le trivelle e le<br />
piccole esplosioni <strong>di</strong> preparazione al botto finale<br />
senza poter far nulla per <strong>di</strong>fendersi giorno dopo<br />
22
giorno, notte dopo notte, con gli italiani sempre più<br />
vicini ma comunque irraggiungibili.<br />
Immagino quei ragazzi con il loro sgomento,<br />
rassegnazione e terrore quando calò un silenzio<br />
irreale, al termine delle perforazioni, in attesa dello<br />
scoppio e della morte certa. Anche in quelle<br />
con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> attesa terribile, l’or<strong>di</strong>ne fu <strong>di</strong><br />
mantenere comunque le posizioni, pena la<br />
condanna a morte per <strong>di</strong>serzione.<br />
Ma tutte le Tofane sono legate a violente vicende<br />
<strong>di</strong> guerra, con la conquista delle tre cime principali<br />
da parte italiana, sanguinosi combattimenti alla<br />
Forcella Fontananegra, Masarè, Tre Dita, Nemesis,<br />
Punta Giovannina e Punta Marietta. Sono solo<br />
alcuni riferimenti a fatti avvenuti in quel periodo.<br />
Anche in questi luoghi per la prima volta nella<br />
storia umana si fece ricorso ai gas velenosi da parte<br />
<strong>di</strong> entrambi gli eserciti.<br />
Furono costruite teleferiche per i rifornimenti in<br />
quota, mulattiere, sentieri, cenge ar<strong>di</strong>te, scale in<br />
legno o ferro per decine e decine <strong>di</strong> metri, passaggi<br />
aerei con uso <strong>di</strong> travi in acciaio conficcate nella<br />
roccia viva con pavimentazione in legno, sentieri<br />
ferrati, gallerie, ponti sospesi, baraccamenti,<br />
ricoveri aerei o scavati nella roccia, linee telefoniche<br />
e telegrafiche, segherie, forni, luoghi <strong>di</strong> cottura per<br />
23
la calce, serbatoi d’acqua, ricoveri per gli animali e<br />
relativi fienili, magazzini per viveri ed armi. Ora<br />
conquistate da un esercito ora da un altro,<br />
trovarono la morte migliaia <strong>di</strong> soldati poco più che<br />
ventenni, sia essi conta<strong>di</strong>ni, irredentisti, laureati,<br />
impiegati o volontari. <strong>La</strong> morte non fece <strong>di</strong>stinzione<br />
neanche nelle gerarchie militari uccidendo soldati<br />
semplici, caporali, tenenti, capitani, maggiori e<br />
generali, tra cui il Generale Cantore a<br />
Fontananegra. Una strage insensata che trovò gli<br />
eserciti alla fine della guerra praticamente nelle<br />
stesse posizioni iniziali.<br />
Dal male estremo può nascere qualcosa <strong>di</strong> bello e<br />
positivo, così come la fenice risorge dalle sue ceneri.<br />
Se nel 1915 i soldati descrivevano la zona come<br />
“un deserto <strong>di</strong> pietra” e “ un paesaggio<br />
stramaledetto”, oggi queste montagne sono ricche<br />
<strong>di</strong> itinerari turistici e ciò lo si deve in gran parte al<br />
fatto che furono costruite, in con<strong>di</strong>zioni proibitive,<br />
delle opere che anche dopo 90 anni sono ancora ben<br />
visibili ed utilizzabili. Certamente molto è stato<br />
risistemato negli ultimi decenni, ma i sentieri, le<br />
ferrate e anche alcune ascensioni riprendono i<br />
tracciati così valorosamente costruiti e <strong>di</strong>fesi da<br />
entrambi gli eserciti. In nessun’ altra parte del<br />
mondo è possibile trovare così tante escursioni<br />
24
come sulle Dolomiti, lì dove si sono intrecciati i<br />
fronti dei belligeranti.<br />
Le Tofane oggi sono il cuore del Parco Naturale<br />
delle Dolomiti d’Ampezzo, insieme al Cristallo e<br />
alla Croda Rossa e costituiscono un oasi eccezionale<br />
per la flora e la fauna.<br />
Per chi non è mai stato al Castelletto, poiché<br />
parte della galleria (circa 300 metri) è ancora<br />
percorribile con grande sod<strong>di</strong>sfazione perché<br />
presenta alcune finestre che si affacciano a<br />
strapiombo sulla valle sottostante, consiglio due<br />
itinerari per arrivare all’imboccatura della galleria<br />
ed eventualmente percorrerla, con una attrezzatura<br />
da ferrata e soprattutto con una buona luce sul<br />
casco o torcia a mano.<br />
Il primo percorso molto facile è quello <strong>di</strong> seguire<br />
la strada costruita dagli Alpini e che porta a<br />
Forcella Bois partendo dal Magistrato delle Acque o<br />
dal Cason de Rozes. Da qui, un sentiero poco più<br />
impegnativo risale verso l’imboccatura della<br />
galleria, che si raggiunge in poco meno <strong>di</strong> due ore.<br />
Il secondo percorso, più impegnativo ma<br />
decisamente più spettacolare, in verità un po’<br />
esposto in alcuni punti, parte dal Rifugio Dibona e<br />
seguendo l’alta via sotto la Tofana <strong>di</strong> Rozes, in<br />
circa 2 ore, porta all’imboccatura della galleria. Il<br />
25
panorama che si gode è in<strong>di</strong>menticabile e rimarrà<br />
sempre nel mio cuore.<br />
Questo percorso, fatto nei mesi autunnali,<br />
quando ancora non è presente la neve, permette <strong>di</strong><br />
effettuare una passeggiata in solitaria tra camosci e<br />
caprioli per nulla intimoriti dalla presenza umana.<br />
Spesso, nei momenti <strong>di</strong>fficili della mia vita, mi<br />
piace fuggire dal presente e tuffarmi in questi<br />
ricor<strong>di</strong> fantastici.<br />
Per finire riporto la canzone degli alpini<br />
“Bombardano Cortina”, non a tutti nota, che se<br />
letta con un po’ <strong>di</strong> attenzione, richiama la maggior<br />
parte dei luoghi <strong>di</strong> combattimento nelle vicinanze<br />
<strong>di</strong> Cortina e che spesso mi capita <strong>di</strong> cantare assieme<br />
agli amici della montagna nelle serate trascorse<br />
nelle belle baite ampezzane.<br />
1. Bombardano Cortina! - oilà<br />
Dicon che gettan fiori! - oilà<br />
Nemici tra<strong>di</strong>tori<br />
è giunta l'ora, subito fora,<br />
subito fora dovete andar.<br />
26
2. E proseguendo poi! - oilà<br />
Per Valle Costeana! - oilà<br />
Giunti sulla Tofana<br />
su quella vetta, la baionetta,<br />
la baionetta, scintillerà.<br />
3. Non mancherà poi tanto! - oilà<br />
Che anche il <strong>La</strong>gazuoi! - oilà<br />
Conquisteremo noi<br />
quando l'artiglieria, Sasso <strong>di</strong> Stria,<br />
Sasso <strong>di</strong> Strià, battuto avrà.<br />
4. Son prese le Tre Dita! - oilà<br />
Il Masarè è già nostro! - oilà<br />
L'aquila ha perso il rostro<br />
è già s'invola spennata e sola,<br />
spennata e sola là sul Caval.<br />
5. Fatta è la galleria! - oilà<br />
È pronta la gran mina! - oilà<br />
E una bella mattina<br />
anche Gigetto col Castelletto,<br />
col Castelletto per aria andò.<br />
6. Giunti sul Canalone! - oilà<br />
27
Schierati i suoi soldati! - oilà<br />
Tiri ben aggiustati,<br />
la pasta asciutta vi fece tutta,<br />
vi fece tutta lasciare lì.<br />
7. Per Valle Travenanzes! - oilà<br />
E Strada Dolomiti! - oilà<br />
V'inseguiremo ar<strong>di</strong>ti:<br />
e voi scappate finché arrivate,<br />
finché arrivate dal vostro Re.<br />
8. Giunti da Cecco Peppo – Hoilà!<br />
Stringetegli le mani – Hoilà!<br />
Ditegli che gli alpini<br />
Vi fan la guerra su questa terra<br />
su questa terra vi voglion più!<br />
…………………”<br />
Alla fine rilassato e sereno mi addormentai,<br />
pensando a quanto mi aspettava il giorno<br />
dopo e alle fatiche delle giornate successive.<br />
28
L’idea stravagante<br />
All’età <strong>di</strong> cinquanta anni decisi <strong>di</strong> prendere<br />
parte ad una <strong>maratona</strong> sulle Dolomiti, non<br />
tanto per vincere, cosa che mi sarebbe risultata<br />
fisicamente impossibile, quanto più per un<br />
desiderio interiore, per provare ancora una<br />
volta quelle sensazioni meravigliose, comuni<br />
solo a chi ama davvero la montagna,<br />
soprattutto nei suoi aspetti più puri e selvaggi.<br />
Venendo in questi luoghi dall’età <strong>di</strong> cinque<br />
anni sia d’estate che d’inverno, mi sentivo a<br />
tutti gli effetti un montanaro, un alpinista<br />
amante delle bellezze naturali, che godeva<br />
guardando i panorami maestosi delle valli<br />
silenziose e delle vette incontaminate, che non<br />
amava le compagnie chiassose e il caos<br />
metropolitano.<br />
Ormai da tre mesi ogni mattina avevo preso<br />
l’abitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> alzarmi molto presto, andare a<br />
correre quoti<strong>di</strong>anamente all’ombra dei platani<br />
del parco vicino casa per svolgere un<br />
allenamento impegnativo in vista della prima<br />
<strong>maratona</strong> che si sarebbe svolta lungo un<br />
percorso, a me ben noto, il giro della Tofana <strong>di</strong><br />
Rozes, nelle vicinanze <strong>di</strong> Cortina, meta<br />
29
turistica assai suggestiva, nel cuore delle<br />
Dolomiti.<br />
Mia moglie Lucilla si lamentava per il<br />
<strong>di</strong>sturbo che le provocava il rumore inevitabile<br />
che facevo per alzarmi e vestirmi. Dopo oltre<br />
venti anni <strong>di</strong> matrimonio il nostro rapporto si<br />
era decisamente rovinato, ci sopportavamo ma<br />
certo non ci amavamo più come una volta.<br />
Solo la presenza <strong>di</strong> nostro figlio aveva evitato<br />
una separazione altrimenti inevitabile. Lei<br />
amante del mare, mai stata in montagna fino a<br />
venti anni, ora vi era costretta a passare estati<br />
e inverni.<br />
Certo all’inizio mi seguiva in tutte le<br />
passeggiate, anche le più spericolate, mentre<br />
ora rimaneva tranquilla a casa nell’attesa del<br />
mio ritorno.<br />
Ricordo la prima volta che venne a trovarmi<br />
in una splen<strong>di</strong>da giornata <strong>di</strong> inizio agosto.<br />
Arrivata con il treno alle 9 <strong>di</strong> mattina subito la<br />
portai a comprarsi un buon paio <strong>di</strong> pedule e<br />
dopo neanche un ora era già appesa su un<br />
impegnativo costone roccioso sul<br />
Pomagagnon. Arrivò in vetta un po’ affaticata<br />
ma per niente impaurita dalla gita che le<br />
30
avevo fatto fare, anzi trovò più <strong>di</strong>fficile la<br />
<strong>di</strong>scesa sul ghiaione che ci riportò alla base<br />
della montagna. Effettivamente scendere per<br />
un ghiaione è un po’ come sciare e lei, che non<br />
aveva mai messo gli sci in vita sua, si trovò in<br />
non poca <strong>di</strong>fficoltà, ma con grande ilarità da<br />
parte <strong>di</strong> entrambi trascorremmo una giornata<br />
in<strong>di</strong>menticabile che spesso ricor<strong>di</strong>amo e<br />
raccontiamo agli amici.<br />
Spesso, quando ancora non eravamo<br />
sposati, passavamo per un piccolo borgo, poco<br />
<strong>di</strong>stante dal centro rumoroso e caotico, dove<br />
poi avremmo comprato un piccolo<br />
appartamento, e restavamo incantati per la<br />
bellezza e tranquillità del luogo.<br />
Ci eravamo ripromessi che se mai avessimo<br />
potuto acquistarne uno, senz’altro avremmo<br />
scelto quel luogo.<br />
Il caso volle che quando un giorno<br />
chiedemmo ad una agenzia <strong>di</strong> mostrarci<br />
qualche occasione, il primo appartamento che<br />
andammo a vedere fosse proprio quello che<br />
avevamo sognato per tanti anni. Destino,<br />
fatalità, casualità, forse solo un colpo <strong>di</strong><br />
sfacciata fortuna.<br />
31
Finalmente anche Lucilla iniziò ad amare la<br />
montagna, a venire volentieri in quella casa<br />
dove trovava giovamento nella tranquillità e<br />
nella pace del luogo.<br />
Quando le parlai del mio progetto all’inizio<br />
non fu d’accordo, ma poi quando vide che mi<br />
allenavo con assiduità mi assecondò sia pure<br />
tra dubbi e preoccupazioni, ed anzi mi aiutò<br />
ad organizzare al meglio gli allenamenti<br />
facendomi seguire una <strong>di</strong>eta adeguata che mi<br />
<strong>di</strong>ede forza e resistenza fisica.<br />
32
Il viaggio<br />
<strong>La</strong> mia destinazione era Cortina, la Perla<br />
delle Dolomiti, nota località turistica famosa<br />
anche per i giochi Olimpici del 1956.<br />
Cortina è un grosso paese costituito da<br />
qualche migliaio <strong>di</strong> case <strong>di</strong>vise in Sestieri, cioè<br />
l’equivalente dei nostri quartieri, solo che<br />
alcuni <strong>di</strong> essi sono un gruppo <strong>di</strong> poche case<br />
abitate da conta<strong>di</strong>ni, altri invece gruppi <strong>di</strong><br />
decine e decine <strong>di</strong> ville. Il paese è <strong>di</strong>stribuito<br />
per tutta la valle, per cui questi agglomerati<br />
possono <strong>di</strong>stare dal centro poche centinaia <strong>di</strong><br />
metri ma anche qualche chilometro. Alcuni <strong>di</strong><br />
questi Sestieri sono più belli <strong>di</strong> altri, Ca<strong>di</strong>n,<br />
Chiave, Cianderies, Pecol solo per citarne<br />
alcuni perchè isolati e lontani dai clamori del<br />
centro, ma comunque molti preferiscono stare<br />
lì dove, nei perio<strong>di</strong> festivi, vip, star e pseudo<br />
star, politici e politicanti fanno a gara nel farsi<br />
notare per la via pedonale che attraversa il<br />
centro secondo il ben noto rito dello<br />
“struscio”.<br />
Partii pochi giorni prima della<br />
competizione, per concedermi la possibilità <strong>di</strong><br />
trovare la giusta concentrazione e serenità, in<br />
33
vista del notevole sforzo fisico che avrei<br />
dovuto affrontare <strong>di</strong> lì a poco.<br />
<strong>La</strong> casa dove risiedevo si trovava isolata,<br />
lontana dal centro mondano del paese, e<br />
insieme ad altre quattro case <strong>di</strong> conta<strong>di</strong>ni<br />
formava un piccolissimo villaggio immerso<br />
nel verde con gran<strong>di</strong> prati e una imponente<br />
vista sulle Tofane. Quando arrivavo a<br />
destinazione, dopo <strong>di</strong>verse ore <strong>di</strong> macchina, la<br />
prima sensazione che percepivo, era quel<br />
familiare aroma <strong>di</strong> legna bruciata che usciva<br />
dai camini, a me tanto caro sin da bambino<br />
quando mi recavo d’estate con i miei genitori a<br />
casa dei nonni che abitavano in una graziosa<br />
casetta al centro del Sestiere <strong>di</strong> Ca<strong>di</strong>n.<br />
Purtroppo non avevamo più quel bellissimo<br />
appartamento con vista sul campanile della<br />
chiesa dominante la valle e, tutte le volte che<br />
passavo davanti a quella casa, una grande<br />
nostalgia mi prendeva nel ricordo <strong>di</strong> quanta<br />
infanzia felice avessi trascorso nell’affetto e<br />
calore della mia famiglia.<br />
Non potevo fare a meno <strong>di</strong> respirare<br />
quest’aria profumata e fresca quasi fino a<br />
farmi scoppiare i polmoni. Poi quando entravo<br />
34
in casa con Lucilla assaporavamo l’aria<br />
presente della piccola abitazione che era calda<br />
e profumata grazie al cirmolo che ricopriva le<br />
pareti, legno simile all’abete ma con un suo<br />
profumo caratteristico che si esaltava nei<br />
perio<strong>di</strong> in cui la casa rimaneva chiusa. <strong>La</strong><br />
delicatezza <strong>di</strong> quell’aroma era in forte<br />
contrasto con il profumo <strong>di</strong> resina bruciata che<br />
si respirava all’esterno.<br />
Il silenzio, anzi il rumore del silenzio, era<br />
un’altra <strong>di</strong> quelle sensazioni gradevoli che<br />
colpiva i nostri sensi. Svegliarsi <strong>di</strong> notte in una<br />
quiete assoluta, ascoltare ed assaporare il<br />
silenzio che ben presto riportava ad un sonno<br />
<strong>di</strong>steso, profondo, tranquillo. Al mattino<br />
alzarsi ben riposati con giornate spesso<br />
ra<strong>di</strong>ose e con il sole che illuminava la boiserie<br />
della piccola stanza, esaltandone le colorazioni<br />
dal crema chiaro al marrone intenso.<br />
Il tempo sembrava buono, anche se per la<br />
settimana successiva, quella della gara, le<br />
previsioni sarebbero state tutt’altro che<br />
clementi. Avanzava da qualche giorno infatti<br />
una grossa perturbazione proveniente dal<br />
35
nord della Francia, che avrebbe investito tutta<br />
la zona dolomitica.<br />
I giorni scorrevano rapidamente e al loro<br />
susseguirsi tutto il mio essere stava ritrovando<br />
la forma e le energie necessarie per affrontare<br />
il percorso.<br />
Decisi <strong>di</strong> effettuare alcune passeggiate per<br />
verificare e migliorare la mia forma fisica. Una<br />
<strong>di</strong> queste fu la salita al Taè, percorso poco noto<br />
alla maggioranza degli escursionisti, una delle<br />
vette che accompagna sul lato nord-est la Val<br />
<strong>di</strong> Fanes. È una montagna che presentava due<br />
facce: la prima, una salita verticale che partiva<br />
dalla valle ed era caratterizzata da passaggi<br />
vertiginosi; l’altra, più facile ma faticosa<br />
perchè anch’essa risaliva per oltre mille metri.<br />
Inizialmente il sentiero era lo stesso che<br />
portava a Col Becchei, ma arrivati al primo<br />
anfiteatro sassoso, anziché proseguire sulla<br />
destra verso il secondo anfiteatro si piegava<br />
dalla parte opposta per una traccia al limite<br />
superiore del ghiaione, sotto le rocce, fino ad<br />
arrivare a una piccola forcella erbosa che<br />
dominava la Val <strong>di</strong> Fanes.<br />
36
Da qui impiegai qualche decina <strong>di</strong> minuti ad<br />
arrivare in vetta per rocce, ciuffi d’erba e<br />
bellissime stelle alpine, complessivamente<br />
oltre due ore dalla partenza.<br />
In vetta, facevano da cornice a questo<br />
paesaggio incontaminato i ruderi <strong>di</strong> una<br />
baracca <strong>di</strong> vedetta austriaca risalente alla<br />
Prima Guerra Mon<strong>di</strong>ale, una croce in legno<br />
sconnessa e il libro delle firme.<br />
Pensai alla posizione strategica e<br />
all’importanza che doveva avere questo<br />
avamposto in quanto consentiva agli Austriaci<br />
<strong>di</strong> avere una visione completa su Cortina e<br />
quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> poter registrare ogni più piccolo<br />
movimento dell’esercito italiano.<br />
Anche il panorama era incre<strong>di</strong>bilmente bello<br />
con una vista a 360 gra<strong>di</strong> che andava dalle<br />
Conturines al Vallon Bianco, alle Tofane viste<br />
da una prospettiva insolita, dall’Antelao al<br />
Sorapis, alle 3 Cime <strong>di</strong> <strong>La</strong>varedo che da questa<br />
<strong>di</strong>stanza sembravano piccoli sassi, a Forcella<br />
Lerosa, alla Croda Rossa e tutto l’arco alpino<br />
delle montagne Austriache sin oltre il<br />
Grossglockner e i monti Tauri.<br />
37
In apparenza poteva sembrare una<br />
montagna uguale a tante altre al <strong>di</strong> fuori dei<br />
gran<strong>di</strong> circuiti turistici senza rifugi né<br />
segnalazioni lungo il sentiero, se non per<br />
qualche “ometto” in pietra, ma la<br />
sod<strong>di</strong>sfazione dell’escursione era decisamente<br />
superiore alle fatiche incontrate.<br />
Ah! gli “ometti”, così rassicuranti per gli<br />
escursionisti, si presentavano come un cumulo<br />
<strong>di</strong> sassi sovrapposti a forma <strong>di</strong> piccolo cono,<br />
generosamente collocati dagli stessi alpinisti e<br />
in<strong>di</strong>spensabili per in<strong>di</strong>care la via più sicura da<br />
percorrere, lì dove ogni piccola deviazione<br />
avrebbe potuto portare a strapiombi<br />
insuperabili, spesso mortali, in<strong>di</strong>spensabili<br />
anche nelle giornate nebbiose dove la visibilità<br />
si riduceva a pochi metri.<br />
Ricordai come un ometto mi salvò da una<br />
brutta avventura: scendendo da Forcella<br />
Verde per un bellissimo ghiaione verso<br />
Ospitale improvvisamente sulla mia destra<br />
circa a metà <strong>di</strong>scesa, vi<strong>di</strong> con la coda<br />
dell’occhio un ometto al limite delle rocce.<br />
Nulla faceva presagire che si dovesse andare<br />
da quella parte. Davanti a me il ghiaione<br />
38
proseguiva bellissimo e in apparenza senza<br />
troppe <strong>di</strong>fficoltà, ma memore dell’importanza<br />
dei segnali, e comunque avendo consultato<br />
una guida che segnalava il pericolo, mi <strong>di</strong>ressi<br />
verso l’ometto e lì potei notare la presenza <strong>di</strong><br />
un sentiero che scendeva al limite tra il<br />
ghiaione e le rocce. Prosegui per quella strada<br />
e fu la mia salvezza. Arrivato al Rifugio<br />
Ospitale incontrai un anziano signore che con<br />
il binocolo guardava verso il ghiaione da cui in<br />
precedenza ero sceso. Incuriosito gli chiesi<br />
cosa stesse facendo e lui mi rispose che stava<br />
guardando se qualche incauto escursionista<br />
stesse scendendo per il ghiaione fino in fondo<br />
o avesse preso la deviazione a metà dello<br />
stesso. Mi <strong>di</strong>sse infatti <br />
Lo salutai felice per lo scampato pericolo<br />
pensando che tanti anni <strong>di</strong> montagna mi<br />
avevano insegnato a non trascurare mai le<br />
39
in<strong>di</strong>cazioni, anche le più insignificanti, e<br />
comunque a consultare sempre una guida<br />
prima <strong>di</strong> avventurarmi in una nuova<br />
passeggiata.<br />
<strong>La</strong> <strong>di</strong>scesa dal Taè fu tranquilla e solitaria<br />
infatti l’unico incontro della giornata fu quello<br />
con un alpinista che con grande baldanza,<br />
dopo avermi raggiunto in cima alla forcella<br />
che domina l’anfiteatro, dove stavo facendo un<br />
breve spuntino, mi chiese quanto mancava per<br />
Col Becchei. Alla mia risposta, che aveva<br />
sbagliato strada e che sarebbe dovuto<br />
ri<strong>di</strong>scendere per un lungo tratto fin quasi alla<br />
base dell’anfiteatro, lo vi<strong>di</strong> sbiancare e<br />
mestamente incamminarsi per il sentiero in<br />
<strong>di</strong>scesa. Io, malignamente, sogghignai delle<br />
sue <strong>di</strong>savventure.<br />
I giorni scorrevano in fretta e così giunse il<br />
giorno della presentazione della gara e la<br />
consegna dei numeri <strong>di</strong> gara.<br />
Si prevedeva la partecipazione <strong>di</strong> numerosi<br />
atleti, ma soprattutto <strong>di</strong> molti appassionati<br />
provenienti dall’Italia e dalle zone più<br />
<strong>di</strong>sparate dell’Europa, in particolare dall’<br />
Austria, data la caratteristica dell’evento, cioè<br />
40
la commemorazione dei 90 anni dello scoppio<br />
della mina del Castelletto. Tutti comunque<br />
eravamo accomunati da un unico interesse, la<br />
passione per la montagna!<br />
41
I preparativi<br />
Arrivai puntuale e, nell’attesa che venissero<br />
illustrati tutti i particolari dell’evento, iniziai a<br />
parlare con altri concorrenti scambiandoci<br />
opinioni sulle <strong>di</strong>verse strategie <strong>di</strong> gara. Alcuni<br />
erano decisi a partire senza zaino per essere<br />
più leggeri con solo una leggera giacca a vento<br />
legata alla vita, altri intendevano considerare<br />
l’avvenimento come una vera e propria<br />
scampagnata portandosi grappa, vino e cibi<br />
vari, altri più realisticamente propendevano<br />
per uno zaino leggero con un minimo <strong>di</strong><br />
ricambi, tavolette energetiche e qualcosa <strong>di</strong><br />
pesante in caso <strong>di</strong> freddo intenso. Sentii anche<br />
un gruppetto <strong>di</strong> atleti <strong>di</strong>scutere sul tempo<br />
complessivo <strong>di</strong> gara convinti che si potesse<br />
arrivare al traguardo in meno <strong>di</strong> 4 ore.<br />
Purtroppo, essendo quasi in duemila,<br />
l’incontro avvenne all’aperto anziché nel<br />
salone conferenze dove avremmo potuto<br />
usufruire delle comode poltrone imbottite.<br />
Il <strong>di</strong>rettore, fatta una breve presentazione,<br />
iniziò a descrivere i particolari dell’itinerario<br />
che noi tutti avremmo seguito.<br />
43
<strong>La</strong> gara parte dal parcheggio che si trova<br />
appena sotto il Cason de Rozes, risale per la<br />
strada militare che porta a Forcella Bois con<br />
circa 400 metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>slivello quin<strong>di</strong> scende per<br />
la Val Travenanzes fino al Cason de<br />
Travenanzes e da qui obbligatoriamente per la<br />
via normale, è vietato fare la scala del<br />
Menighel causa pericolo <strong>di</strong> intasamento tra i<br />
concorrenti che comunque sarebbero costretti<br />
a salire uno alla volta, passando per il Masarè<br />
si arriva alla Forcella Fontananegra dove è<br />
situato il rifugio Giussani a quota 2561. Da qui,<br />
sfiorando le Tre Dita, si sale in vetta alla<br />
Tofana <strong>di</strong> Rozes a quota 3225 per la via<br />
normale con una salita <strong>di</strong> altri 650 metri. <strong>La</strong><br />
<strong>di</strong>scesa si effettua sempre per la via normale,<br />
ma seguendo un percorso parallelo alla salita<br />
fino al Giussani per evitare il traffico tra chi<br />
sale e chi scende, quin<strong>di</strong> al Rifugio Dibona e<br />
da qui all’arrivo. In totale il <strong>di</strong>slivello è <strong>di</strong> oltre<br />
1600 metri e il percorso <strong>di</strong> circa 15 chilometri.<br />
<strong>La</strong> partenza è prevista alle 8 per gli atleti e le<br />
8.30 per il resto dei partecipanti. <strong>La</strong> gara<br />
prevede un percorso abbreviato per chi non si<br />
sente <strong>di</strong> arrivare in vetta e quin<strong>di</strong> arrivati al<br />
45
Giussani è possibile procedere <strong>di</strong>rettamente<br />
all’arrivo, comunque per chi arriva al Giussani<br />
dopo le 15.00 è impe<strong>di</strong>to <strong>di</strong> proseguire per la<br />
vetta. Ogni concorrente dovrà essere<br />
autonomo per quanto riguarda vestiario cibo e<br />
bevande. Si ricorda che lungo il percorso sono<br />
presenti alcune sorgenti come in<strong>di</strong>cato sulla<br />
piantina del tracciato e che comunque nei<br />
rifugi è possibile mangiare e bere a proprie<br />
spese.<br />
Ogni concorrente ha una serie <strong>di</strong> taglian<strong>di</strong><br />
che deve consegnare ai vari punti <strong>di</strong> controllo<br />
che sono al Cason de Travenanzes, al<br />
Giussani, in vetta alla Tofana, al Dibona,<br />
all’arrivo e un segnalatore ottico ed acustico<br />
da utilizzare in caso <strong>di</strong> pericolo. Questo<br />
strumento è in<strong>di</strong>spensabile in quanto lungo<br />
gran parte del percorso non sono utilizzabili i<br />
cellulari per mancanza <strong>di</strong> segnale. Purtroppo<br />
le con<strong>di</strong>zioni meteo non sono favorevoli per il<br />
giorno della gara e danno 80% <strong>di</strong> possibilità <strong>di</strong><br />
pioggia e neve sopra i 2800 metri già dalle<br />
prime ore del pomeriggio. Si raccomanda a<br />
tutti <strong>di</strong> portare un abbigliamento pesante con<br />
46
guanti, passamontagna, giacche a vento e un<br />
adeguato numero <strong>di</strong> ricambi.>><br />
In montagna, anziché calcolare quanti<br />
chilometri si fanno in un ora, si calcola quanti<br />
metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>slivello si compiono. Io avevo<br />
calcolato <strong>di</strong> percorre in me<strong>di</strong>a 350 metri l’ora<br />
le prime due - tre ore per <strong>di</strong>minuire poi a 250-<br />
300 nel tratto finale considerando anche che in<br />
prossimità dei 3000 metri era più <strong>di</strong>fficile<br />
camminare per la carenza <strong>di</strong> ossigeno; in<br />
<strong>di</strong>scesa valutai <strong>di</strong> percorrere circa 500-600<br />
metri l’ora. Conti alla mano speravo <strong>di</strong><br />
arrivare al Rifugio Giussani per le 12.00-12.30,<br />
considerando qualche sosta necessaria lungo il<br />
tragitto, <strong>di</strong> arrivare in vetta per le 15.00-15.30 e<br />
all’arrivo per le 17,30-18.00. Una passeggiatina<br />
<strong>di</strong> circa 10 ore contro le 3.00-4.00 ore degli<br />
atleti più forti.<br />
Al termine della presentazione ci fu<br />
consegnato tutto il necessario per la gara e a<br />
me toccò il numero 1375. Mentre il personale<br />
addetto alla gara ed i concorrenti erano intenti<br />
alla consegna e verifica dei materiali,<br />
iniziarono le celebrazioni affidate alle bande <strong>di</strong><br />
Cortina e <strong>di</strong> Lienz che, alternandosi, ci<br />
47
deliziarono con musiche tipiche delle loro<br />
tra<strong>di</strong>zioni. Ben presto nell’aria si iniziò a<br />
sentire un piacevole profumo <strong>di</strong> salsiccia,<br />
pollo, carne alla brace e patate fritte, infatti il<br />
comitato organizzatore aveva preparato un<br />
pranzo all’aperto de<strong>di</strong>cato ai partecipanti e<br />
agli ospiti che numerosi erano accorsi per<br />
l’occasione.<br />
Le cucine da campo furono prese d’assalto<br />
da quella moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> persone e i poveri<br />
addetti dovettero faticare non poco per<br />
sod<strong>di</strong>sfare oltre 3000 persone. Tra musiche e<br />
balli, la birra, il vino e la grappa scorrevano a<br />
fiumi, io volutamente mi accontentai <strong>di</strong> una<br />
braciola <strong>di</strong> maiale con polenta pensando a ciò<br />
che mi avrebbe atteso il giorno dopo.<br />
Non avrei potuto assolutamente<br />
immaginare cosa il tempo malignamente mi<br />
stava preparando: un’accoglienza che non<br />
avrei più <strong>di</strong>menticato.<br />
48
<strong>La</strong> corsa<br />
Il mattino successivo il tempo si presentò<br />
anche peggio delle previsioni annunciate.<br />
L’idea <strong>di</strong> partire sotto un cielo plumbeo carico<br />
<strong>di</strong> pioggia mi fece presagire una gara tutt’altro<br />
che facile.<br />
<strong>La</strong> partenza era stabilita comunque per le<br />
8.00 del mattino per il gruppo <strong>di</strong> atleti e<br />
camminatori più allenati, mentre la restante<br />
compagnia, <strong>di</strong> cui anche io facevo parte, era<br />
pronta per le 8.30. In tutto circa 300<br />
partecipanti si schierarono nel primo gruppo,<br />
l’aria era carica <strong>di</strong> tensione e ognuno cercava<br />
<strong>di</strong> trovare la giusta concentrazione ripassando<br />
mentalmente il percorso da compiere e le<br />
<strong>di</strong>fficoltà da affrontare. Nonostante la<br />
presenza <strong>di</strong> così tante persone un silenzio<br />
surreale scese sul campo <strong>di</strong> gara nell’attesa<br />
della partenza. Solo nel momento del via un<br />
urlo <strong>di</strong> incitamento risuonò per il bosco e noi<br />
della retrovia, con un po’ <strong>di</strong> invi<strong>di</strong>a, vedemmo<br />
i primi concorrenti partire velocemente.<br />
Sembrava che volassero, che non si<br />
accorgessero <strong>di</strong> correre in salita e subito un<br />
primo gruppetto <strong>di</strong> 30 concorrenti si staccò dal<br />
49
esto del gruppo. Ben preso il plotone<br />
scomparve alla nostra vista, ma il tempo volò<br />
ed ecco che arrivò il segnale che ci consentì <strong>di</strong><br />
partire. Nuove urla <strong>di</strong> incitamento<br />
riecheggiarono per la valle mentre cercavo <strong>di</strong><br />
trovare uno spazio per procedere, spintonato<br />
ora a destra ora a sinistra dalla moltitu<strong>di</strong>ne dei<br />
partecipanti.<br />
Il percorso si <strong>di</strong>mostrò <strong>di</strong>fficile già dai<br />
primissimi minuti <strong>di</strong> competizione e già dopo<br />
una mezz’ora <strong>di</strong> salita si era creata una dura<br />
selezione tra i vari concorrenti, causata<br />
principalmente dalle con<strong>di</strong>zioni atmosferiche<br />
rigide, per cui il freddo e la pioggia pungente<br />
si <strong>di</strong>mostrarono i principali antagonisti.<br />
Il terreno si era fatto assai scivoloso, mentre<br />
con molta cautela ci si inerpicava<br />
faticosamente, cercando <strong>di</strong> mantenere<br />
l’equilibrio e la calma.<br />
Insieme a un gruppetto, costituito da altri<br />
cinque partecipanti, procedevo con<br />
entusiasmo, conscio delle fatiche che ancora<br />
mi attendevano.<br />
Finalmente, dopo un’ora e un quarto arrivai<br />
abbastanza affaticato a Forcella Bois, un passo<br />
50
erboso con vista imponente sulla Val<br />
Travenanzes e il Castelletto. Da qui, dopo una<br />
breve sosta per bere un sorso d’acqua e un<br />
doveroso ricordo ai caduti, <strong>di</strong> slancio iniziai la<br />
<strong>di</strong>scesa giù per la valle fino al Cason de<br />
Travenanzes in poco più <strong>di</strong> mezz’ora; la<br />
baracca in legno ormai semi-abbandonata era<br />
immersa in un prato verde con erba e fiori alti<br />
più <strong>di</strong> un metro e un piccolo torrente che<br />
scorreva nelle vicinanze. Qui dopo una<br />
seconda breve sosta, bagnato dalla pioggia e<br />
dal sudore, feci un rapido cambio <strong>di</strong> maglia,<br />
mi concessi un frutto e un buon sorso d’acqua<br />
e quin<strong>di</strong> ripresi il cammino verso il Giussani.<br />
Questo era un tratto molto faticoso che<br />
iniziava con un sentiero ripido prima a zig zag<br />
in uno stretto canalino con presenza <strong>di</strong> travi in<br />
legno per preservare il percorso, poi attaccato<br />
alle rocce con un <strong>di</strong>screto strapiombo sulla<br />
destra sino ad arrivare ad un primo anfiteatro<br />
poco erboso dove una ricca sorgente <strong>di</strong>ssetava<br />
molti concorrenti. In questo punto vi sono<br />
ancora numerose tracce <strong>di</strong> baraccamenti<br />
austriaci che dominano verso l’alto il Masarè e<br />
le Tofane e verso il basso la Val Travenanzes.<br />
51
Un panorama bellissimo reso tenebroso<br />
dalle nuvole, dal vento e dalla pioggia<br />
battente.<br />
Purtroppo a questo punto eravamo a meno<br />
della metà della salita che portava al rifugio e<br />
procedendo tra i grossi sassi del Masarè, che<br />
spesso nascondevano la visuale verso l’alto,<br />
speravo sempre che <strong>di</strong>etro la curva si vedesse<br />
il rifugio che infine apparve dopo oltre due ore<br />
<strong>di</strong> salita.<br />
Ero veramente stanco e mi riposai quasi<br />
mezz’ora all’asciutto bevendo due the cal<strong>di</strong> e<br />
mangiando avidamente una Sacher con panna<br />
che mi avrebbe dato quel tanto <strong>di</strong> energia da<br />
farmi desiderare <strong>di</strong> proseguire per la vetta,<br />
nonostante il tempo continuasse a peggiorare,<br />
con forti raffiche <strong>di</strong> vento e la neve ben visibile<br />
avviluppare le cime delle montagne<br />
circostanti.<br />
Rimasi affascinato dal <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> un<br />
concorrente che vicino a me <strong>di</strong>scuteva con<br />
alcuni compagni se proseguire verso la vetta<br />
oppure scendere a valle.<br />
iempirà <strong>di</strong> torrenti verticali che scaricheranno<br />
tonnellate e tonnellate d’ acqua ad una<br />
velocità incre<strong>di</strong>bile. Questi canali verticali che<br />
solcano tutte le pareti della Tofana, sono<br />
cascate normalmente in secca, ma in pochi<br />
minuti <strong>di</strong>venteranno dei veri e propri killer.<br />
Alla base della parete poi queste cascate si<br />
trasformeranno in torrenti impetuosi che,<br />
scendendo lungo i ghiaioni, attraverseranno il<br />
sentiero che dobbiamo percorrere e ci<br />
impe<strong>di</strong>ranno <strong>di</strong> proseguire>>.<br />
risposi io interrompendo il<br />
racconto .<br />
I presenti furono d’accordo con me che<br />
almeno quel pericolo non sussisteva e<br />
continuai la <strong>di</strong>scussione con loro per <strong>di</strong>versi<br />
minuti.<br />
Nel gruppetto ben preso si formarono due<br />
schieramenti; chi desiderava proseguire, tra<br />
cui io, e chi più prudentemente fermarsi.<br />
<strong>La</strong> salita, dopo un primo lungo tratto in<br />
<strong>di</strong>agonale ed in leggera pendenza, era ancora<br />
53
più dura, impegnativa ma non pericolosa per<br />
ripi<strong>di</strong> ghiaioni verticali lungo gradoni <strong>di</strong><br />
roccia friabile tipici della dolomite, fino alla<br />
cresta nord-ovest da cui si raggiungeva<br />
l’anticima e quin<strong>di</strong>, con un ultimo sforzo <strong>di</strong><br />
oltre mezz’ora, la cima stessa.<br />
Avendo già fatto quella salita, sapevo che<br />
l’ultimo tratto era un susseguirsi <strong>di</strong> piccoli<br />
passi con brevi soste, la bocca aperta alla<br />
ricerca <strong>di</strong> ossigeno, la vista un po’ annebbiata<br />
per lo sforzo, il passo incerto sull’ultimo<br />
pen<strong>di</strong>o ghiaioso e franoso allo stesso tempo.<br />
Testardo e contro ogni logica partii dal<br />
Giussani verso le Tre Dita accompagnato da<br />
due violenti tuoni ma, pensai, sono già<br />
fra<strong>di</strong>cio <strong>di</strong> sudore e d’acqua e se inizia a<br />
nevicare forse mi asciugherò anche un po’.<br />
Il vento mi sferzava la faccia con raffiche <strong>di</strong><br />
inau<strong>di</strong>ta violenza, considerando la fine <strong>di</strong><br />
giugno, e comunque con un gran fiatone<br />
proseguii a testa bassa in compagnia <strong>di</strong><br />
un’altra decina <strong>di</strong> partecipanti che si<br />
trovavano nella mia stessa con<strong>di</strong>zione.<br />
In prossimità delle Tre Dita piegammo a<br />
sinistra per un ghiaioncino non<br />
54
particolarmente ripido, ma fasti<strong>di</strong>oso perché<br />
in leggera frana, e ciò ci costrinse a camminare<br />
facendo un passo avanti e mezzo in<strong>di</strong>etro per<br />
un bel tratto.<br />
Proseguii con il tempo sempre più<br />
inclemente, oramai ero solo, pioveva molto<br />
forte e gran<strong>di</strong>nava anzi oramai era un<br />
nevischio misto ad acqua, poi salendo ancora<br />
qualche decina <strong>di</strong> metri una nevicata<br />
decisamente forte, quasi una tormenta con il<br />
vento che spazzava via ogni cosa e la nebbia<br />
che salendo dal basso nascondeva tutto il<br />
paesaggio circostante.<br />
Ero in un mondo tutto bianco, non esisteva<br />
più cielo e terra, facevo fatica a trovare gli<br />
ometti in pietra che in<strong>di</strong>cavano il percorso,<br />
andavo avanti qualche metro, ma poi tornavo<br />
in<strong>di</strong>etro trovandomi in <strong>di</strong>fficoltà.<br />
Continuai così alla cieca per una buona<br />
mezz’ora alla ricerca <strong>di</strong> un ometto che non<br />
trovavo, mi ero perso nonostante conoscessi a<br />
memoria la montagna, provavo a chiamare,<br />
ma la voce si perdeva in un sussurro attutita<br />
dalla neve e dal vento, iniziavo ad aver paura<br />
e questo era quanto <strong>di</strong> peggio potesse capitare<br />
55
ad un alpinista. Ero intirizzito, nonostante la<br />
giacca a vento il cappello e guanti, il mio<br />
abbigliamento era pur sempre estivo e oramai<br />
la temperatura percepita, anche a causa del<br />
vento, era <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi gra<strong>di</strong> sottozero.<br />
Decisi <strong>di</strong> scendere, pur non riconoscendo il<br />
luogo in cui mi trovo. Sapevo che la<br />
montagna, lasciata la via normale, era piena <strong>di</strong><br />
strapiombi ma speravo che il canalino nel<br />
quale mi trovavo comunque mi riportasse<br />
verso il rifugio.<br />
Improvvisamente mi bloccai, restai<br />
immobile ben incollato agli spuntoni <strong>di</strong> un<br />
grosso masso.<br />
Avevo le orecchie tese, cercavo <strong>di</strong> captare il<br />
rumore sordo che sembrava avvicinarsi<br />
sempre <strong>di</strong> più al punto in cui mi trovavo.<br />
Rimasi paralizzato nell’istante in cui capii<br />
cosa stava succedendo sopra la mia testa: una<br />
frana!<br />
Cercai <strong>di</strong> ripararmi, per quanto possibile,<br />
sotto quel grosso masso a cui ero attaccato con<br />
tutte le mie forze, quand’ecco piovere come<br />
tanti rasoi, a poca <strong>di</strong>stanza da me, prima una,<br />
poi due tre e ancora tante altre rocce<br />
56
frantumate alcune delle quali, inevitabilmente,<br />
mi colpirono. Svenni.<br />
Quando mi risvegliai mi ritrovai, privo <strong>di</strong><br />
forze e intontito, su un cumulo <strong>di</strong> sassi, alla<br />
base della ripida scarpata da cui<br />
probabilmente ero scivolato.<br />
Con gran fatica riuscii a prendere il<br />
segnalatore acustico e lanciare l’allarme, poi<br />
provai ad alzarmi ma un rivolo <strong>di</strong> sangue mi<br />
annebbiò la vista e un dolore lancinante mi<br />
fece ricadere pesantemente.<br />
Ero stato colpito alla fronte e in altre parti<br />
del corpo da quei sassi che mi erano piovuti<br />
addosso poco prima.<br />
Stanco, infreddolito e impaurito, con un<br />
dolore sordo che aumentava sempre più,<br />
inutilmente tentai <strong>di</strong> resistere, <strong>di</strong> rialzarmi,<br />
alla fine svenni per la seconda volta.<br />
57
Il sogno<br />
Non so’ esattamente da quanto tempo mi<br />
trovassi lì svenuto, ma quando mi guardai<br />
attorno stranito e intontito, circondato da una<br />
fitta nebbia che emanava un acre odore <strong>di</strong><br />
polvere da sparo, sobbalzai al rumore <strong>di</strong> un<br />
boato cupo, violento e sordo, ripetuto più e<br />
più volte che fece tremare il terreno sotto <strong>di</strong><br />
me, non mi rendevo conto <strong>di</strong> ritrovarmi nella<br />
terra <strong>di</strong> nessuno che separava le trincee<br />
italiane da quelle austriache.<br />
Di fianco a me vi<strong>di</strong> una sagoma e u<strong>di</strong>i una<br />
voce concitata che mi <strong>di</strong>ceva: mi <strong>di</strong>ceva un<br />
ragazzone grosso e robusto vestito con una<br />
<strong>di</strong>visa verdastra lacera e sporca.<br />
Con un dolore lancinante alla testa cercai <strong>di</strong><br />
reagire, e quando tentai <strong>di</strong> articolare le prime<br />
parole mi salì in gola il sapore <strong>di</strong> sangue<br />
rappreso. Dopo aver tossito violentemente,<br />
cercai <strong>di</strong> tirarmi su a sedere, ma una fitta alla<br />
spalla mi bloccò ancora una volta<br />
inchiodandomi a terra.<br />
59
Non riuscendo a muovere nemmeno un<br />
muscolo mi sentii sollevare <strong>di</strong> peso.<br />
Il ragazzo continuava a parlare, ma<br />
non riuscivo a capire nulla <strong>di</strong> quanto stesse<br />
<strong>di</strong>cendo.<br />
Sentii non lontano da noi, oltre un’altura, un<br />
fragore spaventoso provocato da una violenta<br />
deflagrazione, vi<strong>di</strong> il <strong>di</strong>vampare delle fiamme<br />
al seguito e una gragnola <strong>di</strong> schegge e sassi<br />
sfiorarci e colpirci senza procurarci ulteriori<br />
danni.<br />
Riuscimmo a spostarci lentamente fino alla<br />
nostra trincea cercando un varco tra il filo<br />
spinato, in parte aiutato dal mio salvatore a<br />
cui mi ero aggrappato con il braccio meno<br />
dolorante, in parte trascinandomi facendo leva<br />
60
sulla gamba sinistra che fortunatamente non<br />
era stata lesionata dalle schegge.<br />
Lì per lì non capii dove mi trovavo, chi fosse<br />
il mio soccorritore, né tantomeno chi fosse<br />
questo Tenente Pauletti che andava<br />
nominando, ma tanto era il dolore e lo<br />
stor<strong>di</strong>mento che ben presto tutti i miei sensi<br />
vennero meno e svenni nuovamente.<br />
Probabilmente dopo pochi minuti ripresi<br />
conoscenza anche se non riuscii subito a<br />
riaprire gli occhi che sentivo in fiamme.<br />
Quello che percepivo confusamente erano<br />
strazianti lamenti <strong>di</strong> dolore, boati assordanti e<br />
il cigolio delle ruote <strong>di</strong> un carro, che<br />
sobbalzavano pesantemente sul fondo bagnato<br />
dell’acciottolato, ci portava lontano dal fronte.<br />
Poi <strong>di</strong> nuovo il buio.<br />
Quando riaprii gli occhi mi ritrovai sdraiato<br />
all’asciutto su una branda da ospedale, con la<br />
testa, la caviglia destra e la spalla sinistra<br />
me<strong>di</strong>cate e fasciate con cura.<br />
Intorno a me la stanza si presentava buia e<br />
tetra, con bassi soffitti scrostati e un pungente<br />
odore <strong>di</strong> <strong>di</strong>sinfettante.<br />
61
Cercai <strong>di</strong> ricordare quel che mi era successo,<br />
ripensando agli ultimi episo<strong>di</strong> avvenuti prima<br />
che perdessi conoscenza.<br />
Gli unici particolari nella mia mente confusa<br />
erano il dolore, la pioggia mista a neve sul viso<br />
sferzato dal vento, il filo spinato, la frana, la<br />
nebbia, la trincea, i boati e nulla più. Tutto era<br />
sfocato, inconsistente e labile come un sogno<br />
nel quale più ricor<strong>di</strong> si sovrapponevano.<br />
All’improvviso una mano si posò sulla mia<br />
fronte, ma sembrava più una carezza che altro.<br />
Mi svegliai dal torpore e vi<strong>di</strong> al mio<br />
capezzale una giovane donna vestita con un<br />
camice bianco sotto il quale si intravedeva un<br />
bel vestito azzurro, un cappellino bianco da<br />
infermiera.<br />
mi <strong>di</strong>sse con una voce dolce e<br />
calma.
senza problemi. Ancora poche settimane e<br />
sarà come nuovo>> mi rassicurò sorridendo.<br />
Quella vista mi lasciò senza fiato. <strong>La</strong><br />
ragazza era veramente graziosa, pur avendo il<br />
giovane viso segnato dalla stanchezza e dalla<br />
fatica, i lineamenti erano minuti e due gran<strong>di</strong><br />
occhi azzurri espressivi e pieni <strong>di</strong> vitalità<br />
risplendevano come un faro nella notte, i<br />
capelli, nascosti dal cappellino, erano <strong>di</strong> un bel<br />
colore rosso ramato, la carnagione, bianca<br />
come la neve, era impreziosita da numerose<br />
lentiggini che le riempivano mani e viso. <strong>La</strong><br />
sua voce era dolce e suadente.<br />
le chiesi apprensivo. <br />
, <strong>di</strong>sse<br />
preoccupata del fatto che non mi ricordassi del<br />
perché mi trovassi lì.<br />
<br />
Notando la mia crescente apprensione cercò<br />
<strong>di</strong> minimizzare, per evitare che mi agitassi e<br />
63
mi salisse <strong>di</strong> nuovo la febbre, e rispose: <br />
Non ricordandomi <strong>di</strong> nulla gli domandai:<br />
<br />
Con un velo <strong>di</strong> <strong>di</strong>spiacere mi rispose:<br />
<br />
Quale <strong>di</strong>sgrazia mi era capitata per<br />
ritrovarmi in<strong>di</strong>etro nel tempo <strong>di</strong> oltre 90 anni?<br />
Ero sicuro <strong>di</strong> essere un tranquillo<br />
escursionista, oppure, mentre ero svenuto,<br />
avevo fatto un sogno che ora credevo essere la<br />
mia realtà?<br />
Come una esplosione la pressione<br />
sanguigna mi salì alle stelle. Svenni e <strong>di</strong> nuovo<br />
fu buio.<br />
<strong>La</strong> febbre, tornata altissima per <strong>di</strong>versi<br />
giorni a causa <strong>di</strong> un inizio <strong>di</strong> infezione alla<br />
spalla, mi procurò orribili incubi nei quali<br />
alternavo ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> guerra a piacevoli<br />
escursioni, ma con il trascorrere del tempo e il<br />
64
miglioramento delle mie con<strong>di</strong>zioni generali<br />
tutto fu <strong>di</strong>menticato proprio come in un<br />
sogno.<br />
Pian piano iniziò a tornarmi la memoria,<br />
ricordai l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> appostarci in prima linea<br />
nell’attesa dello scoppio della mina del<br />
Castelletto per conquistare finalmente le<br />
postazioni nemiche, ma lo scoppio, troppo<br />
violento, scagliò in aria migliaia <strong>di</strong> tonnellate<br />
<strong>di</strong> roccia, come l’esplosione <strong>di</strong> un vulcano, non<br />
risparmiando neanche noi italiani che<br />
l’avevamo costruita.<br />
Decine e decine <strong>di</strong> morti e feriti assieme a<br />
me colpiti non dal fuoco nemico ma dalle<br />
mici<strong>di</strong>ali schegge <strong>di</strong> roccia impazzite che<br />
piovevano e piovevano senza sosta per ore e<br />
ore.<br />
Castillo, il giovane che mi aveva trovato in<br />
fin <strong>di</strong> vita, ogni tanto veniva a trovarmi in<br />
ospedale, per tenermi compagnia e farmi<br />
ricordare gli ultimi episo<strong>di</strong> vissuti in trincea, e<br />
pian piano ricominciai a ricordare sempre più<br />
episo<strong>di</strong> come in un mosaico che si andava<br />
ricomponendo.<br />
65
Era poco più che un ragazzo, ma i suoi occhi<br />
verde smeraldo, dello stesso colore dei laghi<br />
alpini illuminati dal sole, già riflettevano le<br />
sofferenze <strong>di</strong> più battaglie, <strong>di</strong> chi aveva visto<br />
la morte in faccia e aveva perso amici e fratelli<br />
sotto il fuoco delle armi.<br />
Era sotto i miei coman<strong>di</strong> ormai da qualche<br />
mese e, da come mi parlava, pareva anche che<br />
si fosse affezionato a me, come se io fossi un<br />
suo fratello maggiore. Poi le visite finirono del<br />
tutto, seppi che era stato trasferito presso un<br />
altro reggimento, ancora in prima linea e poi,<br />
durante un ennesimo inutile assalto, <strong>di</strong>sperso<br />
nella terra <strong>di</strong> nessuno.<br />
Con il passare del tempo e delle cure,<br />
riacquistai l’uso parziale delle gambe, sebbene<br />
con l’ausilio <strong>di</strong> un bastone, e rimasi sotto lo<br />
sguardo vigile e premuroso <strong>di</strong> quella dolce<br />
infermiera che sempre mi accompagnava con<br />
pazienza.<br />
Una mattina, quando mi alzai dal letto per<br />
rimettere in moto le gambe, appoggiandomi al<br />
bastone, accompagnato da Lucia,<br />
passeggiammo lungo le corsie della clinica.<br />
66
I corridoi erano pieni <strong>di</strong> feriti, e la loro vista<br />
era straziante. Molti aveva perso braccia o<br />
gambe, altri, forse i più fortunati erano<br />
immobilizzati a letto in coma profondo, altri<br />
ancora erano completamente ustionati e<br />
bendati dalla testa ai pie<strong>di</strong>.<br />
<strong>La</strong> vista più straziante era però per quei<br />
poveri ragazzi che erano stati sfigurati in<br />
modo orribile sul volto; senza naso, occhi,<br />
denti, mento, mascelle fratturate e deformate,<br />
volti <strong>di</strong>strutti dal fuoco e dalle schegge.<br />
Riconobbi alcuni <strong>di</strong> loro perché<br />
appartenevano al mio reggimento e<br />
guardando quei volti esangui, praticamente<br />
stroncati da un tragico destino, ricordando<br />
come fossero prima della sciagura, ancora<br />
indebolito dalle ferite mi sentii mancare le<br />
forze e mi accasciai a terra, subito soccorso da<br />
Lucia, che fino ad allora era rimasta in<br />
<strong>di</strong>sparte, abituata come era a vedere quelle<br />
scene dolorose.<br />
Mi guardò preoccupata e mi accompagnò<br />
fino alla mia branda. Dopo avermi aiutato a<br />
sdraiarmi a letto, con un velo <strong>di</strong> tristezza<br />
<strong>di</strong>sse:
adattarmi a tutto questo, al dolore e alla<br />
sofferenza <strong>di</strong> questi ragazzi. Non credo mi ci<br />
abituerò mai, ma almeno ora riesco a rendermi<br />
utile, ad alleviare quantomeno le loro<br />
sofferenze e a portare un po’ <strong>di</strong> conforto. Si<br />
sentono solo urla, lamenti e le cannonate in<br />
lontananza, mattina e sera. Stiamo tutti<br />
vivendo un dramma>> <strong>di</strong>sse, con le lacrime<br />
agli occhi, e mi sfiorò dolcemente una mano.<br />
Lucia, nelle successive settimane che<br />
trascorsi in convalescenza, iniziò a far parte<br />
della mia vita, si occupava delle me<strong>di</strong>cazioni,<br />
seguiva passo per passo tutti i miei progressi<br />
confortandomi con la sua presenza e con il suo<br />
buon carattere, e benché dovesse occuparsi<br />
anche <strong>di</strong> altri pazienti, ben più gravi <strong>di</strong> me,<br />
rimase sempre il mio angelo custode.<br />
Alcune notti avevo ancora dei terribili<br />
incubi, mi ritrovavo sdraiato su un cumulo <strong>di</strong><br />
sassi, tutto dolorante, dalla testa ai pie<strong>di</strong>. Dove<br />
mi trovavo? Tutto intorno a me sembrava<br />
<strong>di</strong>verso. Non ero in ospedale e non c’era Lucia<br />
a prendersi cura <strong>di</strong> me. Mi alzavo, cercando <strong>di</strong><br />
capire cosa fosse successo, ma le gambe erano<br />
come immobilizzate ed intorpi<strong>di</strong>te, come se<br />
68
non ci fossero! Alzavo lo sguardo in cerca <strong>di</strong><br />
aiuto e, nel silenzio <strong>di</strong> quel paesaggio in cui<br />
ero immerso, vedevo <strong>di</strong> fronte a me un uomo<br />
in <strong>di</strong>visa bianca puntarmi un fucile alla fronte<br />
e premere il grilletto. Credevo <strong>di</strong> sentire il<br />
rumore dello sparo ma in realtà era il rombo<br />
dell’artiglieria austriaca che martellava le<br />
nostre postazioni e, svegliandomi <strong>di</strong><br />
soprassalto, mi ritrovavo seduto nella mia<br />
branda in un bagno <strong>di</strong> sudore e urlare <strong>di</strong><br />
terrore.<br />
Tutto congestionato dall’incubo e forse<br />
anche dalla febbre, guardavo dai vetri della<br />
finestra l’orrido spettacolo pirotecnico che si<br />
scorgeva dal crinale nord dell’altura, poi un<br />
enorme boato. Anche i vetri vibravano, dai<br />
nostri letti rimanevamo ad ascoltare in silenzio<br />
come fosse l’ululare <strong>di</strong> un branco <strong>di</strong> lupi<br />
inferociti. Mi tornava in mente la <strong>di</strong>sperazione<br />
dei soldati schierati in trincea, al freddo,<br />
immersi nel fango, nei loro escrementi,<br />
<strong>di</strong>vorati da ogni tipo <strong>di</strong> parassita e dalla fame.<br />
Pensavo a tutte quelle famiglie spezzate che<br />
avevano perso i loro cari nelle battaglie. Ero<br />
69
stato davvero fortunato ad essermi salvato, a<br />
venir recuperato prontamente e curato.<br />
<strong>La</strong> mia permanenza in ospedale, dopo<br />
appena un mese e mezzo <strong>di</strong> degenza, stava<br />
ormai per terminare.<br />
Avevo ripreso quasi perfettamente l’uso<br />
delle gambe e della spalla, mentre della ferita<br />
alla testa ormai ne restava solo una profonda<br />
cicatrice.<br />
<strong>La</strong> guerra intanto continuava a falciare vite<br />
umane, le notizie giunte dalla mia guarnigione<br />
non erano per nulla incoraggianti, sentivo che<br />
oramai si stava avvicinando il momento <strong>di</strong><br />
lasciare l’ospedale e quin<strong>di</strong> anche Lucia.<br />
Pochi giorni dopo, infatti, ricevetti dal<br />
comando una missiva in cui mi veniva<br />
comunicato che mi sarei dovuto presentare<br />
alla mia vecchia postazione sotto Col <strong>di</strong> Bois la<br />
settimana successiva.<br />
Ero <strong>di</strong>strutto dalla <strong>di</strong>sperazione <strong>di</strong> dover<br />
tornare in quel luogo infernale, <strong>di</strong> dover<br />
abbandonare Lucia, l’unica persona a cui mi<br />
sentivo profondamente legato, che mi aveva<br />
dato un po’ <strong>di</strong> quel calore umano che tanto mi<br />
era mancato dall’inizio della guerra.<br />
70
A stento riuscivo a trattenere le lacrime e<br />
quella mattina, mentre Lucia accu<strong>di</strong>va i suoi<br />
pazienti, mi avvicinai a lei.<br />
Quando mi vide sorrise come al solito con<br />
tutta la dolcezza che la contrad<strong>di</strong>stingueva e<br />
alla vista <strong>di</strong> quel suo viso sentii il contrarsi <strong>di</strong><br />
un nodo allo stomaco.<br />
e mi guardò triste<br />
come se già conoscesse la risposta.<br />
<br />
le risposi con tranquillità, per smorzare<br />
quell’ombra <strong>di</strong> tristezza che le velava gli occhi.<br />
<br />
Il suo viso impallidì e timidamente,<br />
guardandomi negli occhi, si avvicinò a me<br />
tanto da sentire il suo alito profumato, mi<br />
prese la mano conducendomi con risolutezza<br />
verso una delle stanze dove il personale<br />
me<strong>di</strong>co si recava durante il riposo.<br />
71
mi <strong>di</strong>sse con un<br />
filo <strong>di</strong> voce supplichevole non appena giunti<br />
in quella misera stanza, dove due brande e un<br />
mobile malmesso erano gli unici arre<strong>di</strong><br />
presenti.<br />
.<br />
Lei era <strong>di</strong> fronte a me, con il viso chino. Non<br />
aveva il coraggio <strong>di</strong> alzare lo sguardo.<br />
<strong>di</strong>sse<br />
questa volta con voce decisa, quasi rabbiosa,<br />
.<br />
Alzò lo sguardo, mi fissò per alcuni secon<strong>di</strong><br />
con il viso contratto e gli occhi azzurri<br />
spalancati quasi a sfidarmi, poi lentamente i<br />
72
suoi lineamenti si addolcirono e mi baciò con<br />
impeto.<br />
Rimasi stupito sia per il calore <strong>di</strong> quel suo<br />
slancio improvviso, da me del tutto<br />
inaspettato, ma fortemente sperato, sia per la<br />
reazione violenta che questo provocò in me.<br />
Una vampata improvvisa salì dal profondo del<br />
mio essere, arrossii e sentii la faccia bruciare<br />
come fosse stata toccata dal fuoco, mentre un<br />
forte desiderio <strong>di</strong> possederla mi pervase.<br />
<strong>La</strong> attirai a me stringendola con forza,<br />
iniziai a baciare il suo viso, i suoi occhi, le sue<br />
labbra mentre con una mano le sciolsi i capelli<br />
nascosti dal cappellino. Rimasi estasiato alla<br />
vista <strong>di</strong> quella moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> capelli rossi che,<br />
contrastando con la carnagione bianca e<br />
lentigginosa del viso pallido e aggraziato,<br />
creavano in me una visione para<strong>di</strong>siaca.<br />
Iniziai a slacciarle il camice bianco e poi la<br />
maglietta azzurra fino ad insinuare la mia<br />
mano sul suo seno che sentii morbido e caldo.<br />
Ormai non mi controllavo più, né lei<br />
desiderava lo facessi, abbassai la testa sul suo<br />
petto e, spostandole il reggiseno, la baciai<br />
73
ipetutamente mentre gridolini <strong>di</strong> piacere e<br />
profon<strong>di</strong> sospiri le uscivano dalla bocca.<br />
Prima che potessi proseguire lei mi baciò<br />
con passione, poi si <strong>di</strong>stese sulla misera<br />
branda continuando con impeto sempre<br />
maggiore.<br />
Iniziai a spogliarla accarezzando e baciando<br />
con amore ogni sua parte, anche le più intime.<br />
Una montagna <strong>di</strong> riccioli rossi erano <strong>di</strong><br />
contorno alla sua natura che non appena<br />
accarezzai procurarono in lei fremiti <strong>di</strong><br />
desiderio e <strong>di</strong> passione.<br />
Mi <strong>di</strong>stesi su <strong>di</strong> lei e ciò che accadde per me<br />
fu una esperienza <strong>di</strong> una dolcezza e bellezza<br />
che mai avevo provato nella vita.<br />
Esausti rimanemmo in quel misero locale,<br />
che per noi era <strong>di</strong>ventato il posto più bello del<br />
mondo, abbracciati fortemente l’uno all’altro,<br />
rivolgendoci continue domande sulle nostre<br />
vite prima della guerra, su chi ci aspettasse a<br />
casa e sul nostro futuro.<br />
In gioventù mi era capitato <strong>di</strong> andare alcune<br />
volte con gli amici in uno dei casini della città,<br />
per <strong>di</strong>vertirmi con le prostitute, ma non avevo<br />
mai provato il vero amore.<br />
74
Così scoprii che il sesso fatto per amore era<br />
un’altra cosa, ti coinvolgeva in tutto il tuo<br />
essere e saperlo con<strong>di</strong>viso con un'altra persona<br />
ne esaltava il piacere e la bellezza.<br />
Non solo i corpi si univano, ma era come se<br />
le anime si fondessero in un tutt’uno; pensai<br />
“se esiste il para<strong>di</strong>so, deve assomigliare molto<br />
al piacere provato in un atto d’amore”.<br />
Quella giornata la natura volle che fosse una<br />
serata magica, la Luna spuntata da <strong>di</strong>etro<br />
l’Antelao illuminava la valle a giorno.<br />
Anche le poche nuvole, che sembravano dei<br />
piccoli batuffoli <strong>di</strong> cotone bianco, brillavano<br />
come se avessero un proprio chiarore, la luce<br />
riflessa era talmente forte che era quasi<br />
impossibile fissare la Luna che proiettava<br />
lunghe ombre su ogni oggetto, le cime e le<br />
creste delle montagne erano visibili a 360<br />
gra<strong>di</strong>.<br />
Era uno spettacolo unico e bellissimo che<br />
contrastava fortemente con le trage<strong>di</strong>e<br />
incombenti e che per poche ore fece <strong>di</strong>stogliere<br />
i belligeranti dalle loro folli battaglie.<br />
Le artiglierie e i combattimenti furono<br />
sospesi, come se un tacito armistizio fosse<br />
75
stato concordato tra le parti, e fece finalmente<br />
immergere la valle in un silenzio profondo<br />
interrotto solo da un leggero alito <strong>di</strong> vento che<br />
si insinuava tra gli alberi.<br />
Passeggiando con Lucia ai margini del<br />
bosco gli <strong>di</strong>ssi dolcemente <br />
<br />
mi <strong>di</strong>sse lei quasi piangendo, come sapesse<br />
inconsciamente che non ci saremmo mai più<br />
rivisti.<br />
le <strong>di</strong>ssi<br />
sussurrando e accarezzandole il volto.<br />
Passammo ancora quei pochi giorni tra gioia<br />
e dolore, ma il tempo inesorabilmente bussò<br />
alle nostre porte e arrivò il giorno della<br />
partenza.<br />
76
Gli accor<strong>di</strong> con Lucia erano stati chiari: ci<br />
eravamo detti “Evitiamo <strong>di</strong> incontrarci la<br />
mattina della partenza, sarebbe troppo<br />
doloroso.”<br />
<strong>La</strong> mattina presto, uscito per l’ultima volta<br />
dall’ospedale, mi incamminai verso la<br />
stazione; con tristezza mi voltai e la vi<strong>di</strong> <strong>di</strong>etro<br />
i vetri <strong>di</strong> una finestra, con il viso pallido<br />
tremendamente triste.<br />
Le feci un cenno con la mano e mi voltai,<br />
con un groppo in gola e con la voglia quasi<br />
irrefrenabile <strong>di</strong> tornare in<strong>di</strong>etro per correrle<br />
incontro e stringerla a me ancora una volta. Il<br />
dovere ebbe il sopravvento e così arrivai alla<br />
piccola stazione.<br />
Il trenino per Cortina giunse puntuale e in<br />
30 minuti mi ritrovai nel centro del paese dove<br />
un carro trainato da due cavalli mi portò alla<br />
base della montagna e quin<strong>di</strong> in un ora <strong>di</strong><br />
marcia <strong>di</strong>rettamente alle trincee dove mi<br />
aspettava il mio reggimento.<br />
L’accoglienza dei commilitoni fu cor<strong>di</strong>ale e<br />
allegra sia pure nel rispetto delle gerarchie e<br />
delle oggettive <strong>di</strong>fficoltà nelle quali eravamo<br />
costretti a vivere.<br />
77
Le trincee erano luride fogne a cielo aperto<br />
dove fango ed escrementi si mescolavano in<br />
un tanfo insopportabile, la pioggia rendeva<br />
ogni cosa viscida e penetrava anche nei pochi<br />
ricoveri parzialmente protetti, le <strong>di</strong>vise<br />
inadeguate ad una guerra <strong>di</strong> trincea in alta<br />
montagna erano stracci fra<strong>di</strong>ci che non era<br />
possibile asciugare se non nelle poche giornate<br />
<strong>di</strong> sole, i viveri scarsi e scadenti rendevano le<br />
con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita ancora più tristi e<br />
opprimenti.<br />
Non c’era comunque da preoccuparsi<br />
troppo per quelle orribili con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita,<br />
l’unica cosa che veramente contava era quella<br />
<strong>di</strong> sopravvivere e sperare in una rapida<br />
conclusione del conflitto.<br />
L’or<strong>di</strong>ne giunse quasi subito ed era<br />
estremamente perentorio: dovevamo lanciare<br />
una massiccia offensiva per conquistare a tutti<br />
i costi le postazioni <strong>di</strong>etro il Castelletto, in<br />
modo da procurarci un buon appostamento<br />
per poter sfondare da lì le linee nemiche che si<br />
trovavano più in basso nella Val Travenanzes.<br />
Partecipai insieme agli altri ufficiali<br />
all’incontro con il Comandante che ci illustrò<br />
78
in dettaglio gli obiettivi principali della<br />
missione e le strategie dell’ attacco.<br />
L’operazione iniziava in piena notte con un<br />
gruppo <strong>di</strong> guastatori che sarebbero avanzati<br />
per tranciare nell’oscurità il filo spinato messo<br />
a protezione delle trincee nemiche insieme ad<br />
un fuoco <strong>di</strong> artiglieria per <strong>di</strong>stogliere il nemico<br />
dall’operazione dei guastatori.<br />
Quin<strong>di</strong> doveva seguire un violento<br />
bombardamento <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse ore che dalle<br />
Cinque Torri avrebbe investito tutto il fronte<br />
nemico, infine l’assalto delle truppe che dalle<br />
<strong>di</strong>verse postazioni trincerate avrebbero<br />
attaccato il nemico prima del sorgere dell’alba.<br />
Il mio compito era quello <strong>di</strong> guidare uno <strong>di</strong><br />
questi battaglioni.<br />
Ai miei or<strong>di</strong>ni avevo giovani sui 20 anni, che<br />
per età avrebbero potuto benissimo essere<br />
miei fratelli minori, ragazzi a cui la vita<br />
sarebbe stata quasi certamente stroncata, <strong>di</strong> lì a<br />
poco.<br />
Eppure sembravano tranquilli, se ne<br />
stavano da soli a scrivere lettere ai loro cari,<br />
oppure a scherzare amichevolmente per<br />
79
stemperare il clima teso che si era venuto a<br />
creare.<br />
Il giorno prima dell’assalto, quando mi<br />
trovai da solo sulla branda, presi carta e penna<br />
e decisi <strong>di</strong> scrivere a Lucia un ultima lettera<br />
prima dei combattimenti, rinnovandole tutto il<br />
mio amore e il desiderio <strong>di</strong> sposarla appena<br />
finita la guerra.<br />
Era ancora buio, quando ci preparammo<br />
all’assalto, per sfruttare il fattore sorpresa, una<br />
buona mezz’ora prima dell’alba, infreddoliti,<br />
impauriti ma decisi a conquistare le trincee<br />
nemiche.<br />
Dovemmo avvicinarci strisciando<br />
silenziosamente verso le prime linee per<br />
cogliere il nemico <strong>di</strong> sorpresa, piano, nel<br />
silenzio più assoluto, nel timore <strong>di</strong> essere<br />
scoperti prima del dovuto.<br />
L’aria era densa e brumosa e a malapena<br />
potevamo <strong>di</strong>stinguere il paesaggio che ci<br />
circondava.<br />
Una volta raggruppati e posizionati ci<br />
decidemmo a scendere lungo il crinale, stando<br />
attenti a non scivolare sui sassi bagnati.<br />
80
Strisciammo in<strong>di</strong>sturbati per oltre cento<br />
metri e nessuno si accorse del nostro<br />
passaggio.<br />
Purtroppo una sentinella austriaca,<br />
appostata <strong>di</strong>etro un grosso sasso dove non<br />
poteva essere scorta, avvertì la nostra presenza<br />
e, dopo aver dato l’allarme generale, si scatenò<br />
contro <strong>di</strong> noi l’intera artiglieria crucca.<br />
Iniziammo a correre rapidamente tra il filo<br />
spinato e i corpi mutilati <strong>di</strong> altri soldati,<br />
cercando <strong>di</strong> schivare la pioggia <strong>di</strong> schegge e<br />
pallottole che ci sfioravano da ogni parte.<br />
Nonostante stesse iniziare ad albeggiare era<br />
impossibile vedere le pallottole, solo un<br />
leggero sibilo e lo schianto sui sassi ci<br />
avvertiva del pericolo che ci circondava, ma<br />
non c’era tempo <strong>di</strong> pensare, bisognava<br />
procedere e uccidere quei bastar<strong>di</strong>!<br />
Una increspatura, una piccolissima<br />
increspatura come un onda del mare; una<br />
pallottola mi centrò in piena fronte.<br />
Cad<strong>di</strong> fulminato, era finita, mamma, papà, i<br />
commilitoni, Lucia! Tutto finito, tutto perso<br />
per sempre, non potevo più amare, sognare,<br />
gridare, pensare.<br />
81
Perché morire a 25 anni in un posto a me<br />
sconosciuto? È sì! Era meglio comunque vivere<br />
in quell’inferno, nella speranza <strong>di</strong> un futuro<br />
migliore con Lucia, che tornare a essere<br />
polvere.<br />
82
Il risveglio<br />
Intorno a me c’era solo foschia, pioggia e<br />
vento. Niente più cannoni né mitragliatrici.<br />
Mi guardai attorno, ma anche la vista<br />
pareva essersi annebbiata.<br />
Di fronte a me, all’improvviso, si<br />
materializzò un’ombra.<br />
Cercai <strong>di</strong> spostarmi ma le gambe non mi<br />
reggevano e avevo un forte dolore alla testa, la<br />
figura si avvicinò con prudenza, “forse è Lucia<br />
che vuole aiutare a rialzarmi”pensai.<br />
<br />
Mi sentivo scuotere, ma dentro <strong>di</strong> me non<br />
avevo la forza <strong>di</strong> reagire a quella<br />
sollecitazione, impaurito da quell’accento<br />
straniero, pensai “forse sono suo prigioniero e<br />
ora probabilmente vuole uccidermi”.<br />
Non potevo reagire sebbene i miei sensi, per<br />
quanto intorpi<strong>di</strong>ti, percepissero l’ambiente<br />
esterno.<br />
mi<br />
chiese concitata la voce che sentivo, mentre mi<br />
copriva con una pesante giacca a vento.<br />
.<br />
83
Mi sentivo la testa pulsare in modo ritmico,<br />
come se mi avessero dato una pesante<br />
bastonata sulla tempia.<br />
Tanto era il dolore, che riuscivo appena a<br />
scorgere la possente figura del mio<br />
soccorritore.<br />
Non capivo dove mi trovassi esattamente,<br />
sentivo freddo ed ero intontito.<br />
Ora, un paesaggio brullo e sassoso aveva<br />
preso il posto dei cannoni e della pioggia <strong>di</strong><br />
pallottole dell’artiglieria austriaca.<br />
Dove mi trovavo allora? Possibile che fosse<br />
stato solo un sogno? Solo un’illusione, per<br />
quanto realistica essa fosse!<br />
.<br />
Con un filo <strong>di</strong> voce, sforzandomi <strong>di</strong> non<br />
perdere i sensi, gli <strong>di</strong>ssi: ><br />
implorai!<br />
84
Lui rimase un po’ interdetto e mi rispose<br />
quasi ridendo, per tranquillizzarmi: .<br />
Era stato solo un sogno! Spalancai gli occhi<br />
con le poche forze che mi restavano e mi<br />
guardai attorno per accertarmi delle parole<br />
dell’uomo che effettivamente non indossava<br />
alcuna <strong>di</strong>visa militare ma una comoda giacca a<br />
vento e pantaloni tecnici da montagna.<br />
Un altro concorrente nel frattempo<br />
soggiunto e mi <strong>di</strong>sse <br />
85
Subito un'altra persona ci raggiunse, tutta<br />
trafelata. .<br />
Come era possibile? Il colpo che avevo<br />
preso alla testa era stato più forte <strong>di</strong> quanto<br />
avessi pensato?<br />
Mi sentii venir meno e svenni. In un limbo<br />
tra torpore e incoscienza vagamente percepii<br />
l’arrivo dell’elicottero, le pale che fendevano<br />
vorticosamente l’aria, le frasi concitate dei<br />
miei soccorritori, il trasporto in ospedale.<br />
Quando ripresi i sensi mi ritrovai sdraiato<br />
su un comodo letto, con un bendaggio alla<br />
testa ed una spalla immobilizzata. Guardando<br />
bene, vi<strong>di</strong> attorno a me una stanza linda, ben<br />
illuminata e calda <strong>di</strong>versa da quella che<br />
ricordavo.<br />
Ero ritornato in<strong>di</strong>etro dalla mia Lucia,<br />
ancora una volta?<br />
Improvvisamente sentii una carezza sulla<br />
mano.<br />
urlai, mettendomi a sedere <strong>di</strong><br />
scatto sul letto.<br />
86
mi <strong>di</strong>sse con voce preoccupata.<br />
<br />
<strong>di</strong>sse la donna al mio capezzale, rimettendomi<br />
le coperte in or<strong>di</strong>ne e accomodandomi il<br />
cuscino sotto il capo.<br />
si alzò sorridendomi ed andò a<br />
chiamare l’infermiera <strong>di</strong> turno per<br />
controllarmi la febbre e darmi qualche<br />
antidolorifico.<br />
<strong>La</strong> dolcezza <strong>di</strong> quel sorriso aveva un non so<br />
che <strong>di</strong> familiare, mi rimandò con il pensiero al<br />
bel viso <strong>di</strong> Lucia e ai nostri brevi ma intensi<br />
momento d’amore.<br />
Quando mi ripresi, la donna che vi<strong>di</strong> al mio<br />
fianco non era lei ma Lucilla, la moglie che<br />
amai in un tempo lontano da questo.<br />
<br />
Dopo quarantotto ore uscii dal delirio,<br />
ripresi conoscenza e quando mi svegliai<br />
87
completamente, voltandomi riconobbi mia<br />
moglie.<br />
Ci guardammo con tenerezza e il nodo che<br />
avevo allo stomaco finalmente si sciolse<br />
lasciandomi andare in un pianto liberatorio.<br />
Ringraziai il cielo per essere ancora vivo e<br />
per avere al mio fianco Lucilla.<br />
A metà luglio lasciai l’Ospedale Co<strong>di</strong>villa e<br />
con il passare dei giorni, rimettendomi in<br />
salute, quei ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong>ventarono sempre più<br />
sbia<strong>di</strong>ti, lontani ma pur sempre vivi nel mio<br />
cuore.<br />
Presi coscienza che probabilmente era stato<br />
solo un sogno, molto intenso, ma pur sempre<br />
un sogno, per cui decisi <strong>di</strong> non parlarne più né<br />
con Lucilla né tanto meno con gli amici.<br />
L’esperienza vissuta mi aveva riavvicinato a<br />
lei, come se ci fossimo incontrati per la prima<br />
volta da pochi giorni, ed ora provavo per lei<br />
gli stessi sentimenti ed emozioni che avevo<br />
quando ci eravamo conosciuti.<br />
Anche lei era cambiata e sembrava<br />
accettarmi più volentieri, consapevole che la<br />
morte mi aveva sfiorato e poteva perdermi per<br />
sempre.<br />
88
ipetevo spesso a<br />
Lucilla, mi rispondeva<br />
affettuosamente, <br />
Trascorsi tutto il mese <strong>di</strong> agosto in<br />
convalescenza a Cortina in compagnia <strong>di</strong><br />
amici che incuriositi mi chiedevano particolari<br />
su quanto mi era accaduto.<br />
Volutamente non raccontai nulla del mio<br />
sogno avventuroso, del Tenente Pauletti e <strong>di</strong><br />
Lucia, e quando qualche amico insisteva<br />
troppo, cambiavo <strong>di</strong>scorso iniziando a parlare<br />
<strong>di</strong> passeggiate che in effetti iniziai a rifare,<br />
questa volta sincerandomi sempre delle<br />
con<strong>di</strong>zioni del tempo!<br />
Ricordo con grande sod<strong>di</strong>sfazione quando il<br />
mio amico Paolo mi propose <strong>di</strong> andare in cima<br />
al Paterno.<br />
Era oramai fine agosto e mi ero<br />
completamente ristabilito, per cui con<br />
entusiasmo accettai la sua proposta.<br />
Avevamo programmato la partenza presto,<br />
ma non troppo.<br />
Alle otto e mezza mi passò a prendere. Era<br />
una splen<strong>di</strong>da giornata, fresca, vista l’ora, con<br />
89
un cielo azzurro limpi<strong>di</strong>ssimo. Partimmo per il<br />
rifugio Auronzo sotto le Tre Cime <strong>di</strong><br />
<strong>La</strong>varedo.<br />
Arrivati, una gran folla <strong>di</strong> turisti percorreva<br />
il classico sentiero che dall’Auronzo porta al<br />
Locatelli, una popolazione variegata spesso<br />
con abbigliamenti inadeguati al luogo; chi con<br />
scarpe da ginnastica, chi con scarpe citta<strong>di</strong>ne,<br />
altri con semplici magliette e felpa senza<br />
giacca a vento, altri con chio<strong>di</strong> e corde pronti a<br />
salire le pareti delle Tre Cime.<br />
Il primo tratto fino alla forcella <strong>La</strong>varedo era<br />
una processione <strong>di</strong> famiglie con carrozzine,<br />
bambini festanti, persone che chiaramente era<br />
la prima volta si trovavano in montagna, ma il<br />
panorama che ci apparve improvviso alla<br />
nostra sinistra era imponente e maestoso con<br />
la vista delle pareti nord delle Tre Cime.<br />
Con il binocolo erano visibili decine <strong>di</strong><br />
alpinisti che scalavano queste imponenti pareti<br />
verticali e veramente l’impressione era quella<br />
<strong>di</strong> vedere dei piccolissimi ragni appesi alla<br />
roccia.<br />
90
Proseguendo per un largo sentiero<br />
arrivammo in poche decine <strong>di</strong> minuti al<br />
Locatelli.<br />
Da qui iniziava la nostra gita, lì dove<br />
terminava per il 90% dei turisti. Dopo le foto<br />
d’obbligo con lo sfondo sulle pareti nord delle<br />
Tre Cime, ci <strong>di</strong>rigemmo verso la galleria del<br />
Paterno.<br />
<strong>La</strong> galleria era stata scavata nel corso della<br />
prima guerra mon<strong>di</strong>ale dagli alpini per cercare<br />
<strong>di</strong> conquistare le cime circostanti in possesso<br />
degli Austriaci.<br />
In confronto la galleria del Castelletto era<br />
poca cosa, questa saliva ripida nella roccia<br />
viva con molte finestre sia a destra che a<br />
sinistra. Affacciati alle finestre si godeva <strong>di</strong> un<br />
panorama mozzafiato da un lato sulle Tre<br />
Cime, dall’altro su Pian <strong>di</strong> Cengia, le Crode<br />
Fiscaline e Cima Una.<br />
Al termine della galleria iniziava il primo<br />
tratto <strong>di</strong> ferrata che saliva ripido sotto una<br />
cresta e a strapiombo sul sentiero che portava<br />
per la via normale alla forcella <strong>di</strong> Pian <strong>di</strong><br />
Cengia.<br />
91
Paolo saliva senza cor<strong>di</strong>no né casco, non<br />
attaccandosi mai alla corda fissa; aveva una<br />
dote naturale che lo faceva sentire tranquillo e<br />
sicuro mentre io, pur provando grande piacere<br />
e sod<strong>di</strong>sfazione, rimanevo sempre attaccato<br />
col cor<strong>di</strong>no alla corda fissa memore anche <strong>di</strong><br />
ciò che mi era capitato solo due mesi prima.<br />
Dopo una salita abbastanza lunga ed<br />
esaltante arrivammo alla forcella del<br />
Camoscio, spartiacque tra la valle con il<br />
rifugio Locatelli e la valle che volge verso<br />
Auronzo.<br />
Da qui partivano tre sentieri: uno per la<br />
ferrata a sinistra verso Pian <strong>di</strong> Cengia, un’altro<br />
a destra verso la cima del Paterno, il terzo era<br />
un sentiero in <strong>di</strong>scesa verso Forcella<br />
Passaporto e quin<strong>di</strong> Forcella <strong>La</strong>varedo.<br />
Volevamo fare entrambe le ferrate, ma<br />
sapevamo che il tempo non era sufficiente<br />
perciò proseguimmo per la vetta.<br />
Solo l’attacco <strong>di</strong> questa ferrata presentava<br />
qualche piccolo problema, almeno per me, poi<br />
ancora un breve tratto ferrato e quin<strong>di</strong> per<br />
sentiero segnato da ometti fino alla vetta.<br />
92
Purtroppo il tempo si era leggermente<br />
rannuvolato per cui non era possibile godere<br />
del panorama che ci si presentava intorno a<br />
noi.<br />
Da un lato ancora le Tre Cime <strong>di</strong> <strong>La</strong>varedo,<br />
da un altro la Torre <strong>di</strong> Toblin, quin<strong>di</strong> la Val<br />
Fiscalina e ancora il sentiero degli Alpini con<br />
cima Un<strong>di</strong>ci, Do<strong>di</strong>ci e Passo della Sentinella,<br />
verso Cortina il Cristallo, Sorapis e<br />
Marmarole.<br />
Scattammo alcune foto accanto alla croce<br />
posta in sommità, in memoria della mitica<br />
guida austriaca Innerkofler uccisa dagli alpini<br />
nel corso della Grande Guerra, e godemmo<br />
per la passeggiata fatta e il piacere della<br />
scalata.<br />
Avevamo impiegato circa tre ore e mezzo<br />
per arrivare in vetta e ora ci attendeva una<br />
<strong>di</strong>scesa piuttosto lunga e faticosa soprattutto<br />
per il dolore che entrambi avevamo alle<br />
ginocchia, dolore particolarmente fasti<strong>di</strong>oso in<br />
<strong>di</strong>scesa.<br />
Tornammo alla Forcella del Camoscio e<br />
quin<strong>di</strong> prendemmo il sentiero che portava alla<br />
Forcella Passaporto.<br />
93
Il sentiero scendeva ripido per una gola<br />
all’inizio stretta in parte rocciosa ed in parte<br />
ghiaiosa, ma poi via via sempre più ampia.<br />
Tagliando il ghiaione a destra si procedeva<br />
in orizzontale per una cengia in alcuni punti<br />
non troppo larga e piuttosto esposta scavata<br />
nella roccia viva dagli Alpini e da qui alla<br />
Forcella Passaporto da dove si riguadagnava il<br />
versante fatto nella mattinata, ma molto più in<br />
alto e su roccia esposta e con vista ancora<br />
bellissima sulle Tre Cime.<br />
Dalla Forcella Passaporto in poche decine <strong>di</strong><br />
minuti arrivammo al rifugio <strong>La</strong>varedo per un<br />
meritato thè caldo, in tutto poco meno <strong>di</strong> sei<br />
ore <strong>di</strong> cammino effettivo, stanchi, ma<br />
sod<strong>di</strong>sfatti <strong>di</strong> una giornata in<strong>di</strong>menticabile.<br />
Oramai era giunto il tempo <strong>di</strong> tornare in<br />
città, <strong>di</strong> riprendere il ritmo del lavoro<br />
quoti<strong>di</strong>ano, <strong>di</strong> <strong>di</strong>stricarsi nella caotica vita<br />
citta<strong>di</strong>na, ma la sorpresa più incre<strong>di</strong>bile della<br />
mia vita doveva ancora capitarmi, oramai era<br />
questione <strong>di</strong> poche settimane e il velo che mi<br />
oscurava la vista si sarebbe definitivamente<br />
spezzato.<br />
94
<strong>La</strong> ricerca<br />
A metà Settembre il lavoro ricominciò a<br />
pieno ritmo, avevo ripreso le attività che<br />
svolgevo cercando <strong>di</strong> ritagliare più<br />
frequentemente possibile del tempo libero da<br />
de<strong>di</strong>care alla mia vita privata e a mia moglie,<br />
ma quel sogno continuava a tormentarmi.<br />
Un senso <strong>di</strong> imbarazzo, dubbio, insicurezza<br />
mi aveva impe<strong>di</strong>to <strong>di</strong> raccontarle l’intero<br />
sogno ma una sera, quando ci trovammo in<br />
camera da soli, le <strong>di</strong>ssi tutto quello che avevo<br />
sognato quel giorno in Tofana.<br />
Dopo avermi ascoltato attentamente mi<br />
guardò incredula negli occhi e mi chiese:<br />
<br />
Decidemmo <strong>di</strong> metterci al computer per<br />
effettuare, tramite internet, una ricerca<br />
accurata, spulciando scrupolosamente le<br />
informazioni relative alla Prima Guerra<br />
Mon<strong>di</strong>ale, in particolare nella località delle<br />
Cinque Torri e delle Tofane, e scartoffie<br />
dell’Archivio <strong>di</strong> Stato riguardanti un certo<br />
95
Tenente Pauletti a capo <strong>di</strong> un reggimento in<br />
servizio nel 1916, in quella stessa zona.<br />
I risultati furono incoraggianti. Risultò<br />
effettivamente in servizio un certo Tenente<br />
Alberto Pauletti, ma non venivano specificate<br />
né le generalità, né la data <strong>di</strong> morte; a piè <strong>di</strong><br />
pagina veniva citato solo che rimase <strong>di</strong>sperso<br />
durante una campagna combattuta contro gli<br />
austriaci, vicino alla Val Travenanzes, nei<br />
pressi del Castelletto.<br />
Continuammo la ricerca <strong>di</strong> altre<br />
informazioni sulla mia “vecchia” identità e<br />
alla fine fummo premiati perché scoprimmo<br />
che Pauletti non era sposato, fu ferito<br />
gravemente durante una campagna e rimase<br />
in degenza presso l’Ospedale <strong>di</strong> San Vito.<br />
Le tracce si fermavano lì, ma il mosaico era<br />
quasi completo.<br />
Dunque quello che avevo vissuto, non era<br />
un sogno, non era il risultato del delirio post-<br />
trauma che i dottori andavano blaterando, ma<br />
era la realtà!<br />
Anche se stanchi e assonnati decidemmo <strong>di</strong><br />
andare alla ricerca <strong>di</strong> qualche documentazione<br />
che accertasse la passata esistenza <strong>di</strong> Lucia.<br />
96
Provammo a cercare <strong>di</strong> un’infermiera<br />
volontaria presso l’Ospedale <strong>di</strong> San Vito, nel<br />
1916.<br />
Effettivamente trovammo qualcosa <strong>di</strong> una<br />
certa Lucia Brambi, <strong>di</strong> origini lombarde che<br />
rimase in servizio da volontaria presso il<br />
fronte dolomitico.<br />
Leggendo quelle poche righe notai che<br />
Lucilla aveva lo sguardo fisso e assente.<br />
Sembrava che la questione la riguardasse<br />
più del dovuto.<br />
Era impalli<strong>di</strong>ta terribilmente e non riusciva<br />
a proferire parola.<br />
le domandai realmente perplesso da<br />
quella sua reazione.<br />
<strong>La</strong> guardai <strong>di</strong> nuovo in viso e notai che gli<br />
occhi erano pieni <strong>di</strong> lacrime.<br />
<br />
Con un filo <strong>di</strong> voce mi rispose, sempre con<br />
lo sguardo perso nel vuoto .<br />
97
Cad<strong>di</strong> dalle nuvole e con un nodo allo<br />
stomaco le domandai chi fosse e come facesse<br />
a conoscerla, dato che doveva essere ormai<br />
morta da tempo.<br />
Con voce flebile mi rispose che la Lucia<br />
Brambi che tanto cercavo e che visse nei miei<br />
sogni, era sua nonna, che morì dando alla luce<br />
sua madre, nel lontano 1917.<br />
Il mondo mi crollò addosso. Troppe<br />
coincidenze, troppe casualità che<br />
combaciavano.<br />
<strong>La</strong> mia reazione fu palese, tanto che Lucilla,<br />
dopo essersi riavuta da quelle scoperte mi<br />
parlò con calma delle poche e confuse notizie<br />
che poteva darmi su quella persona.<br />
<strong>La</strong> mattina successiva appena alzati Lucilla<br />
scese in cantina e tornò con un vecchio<br />
bauletto in pelle e legno che aveva ere<strong>di</strong>tato<br />
alla morte della madre.<br />
Aprendolo ne tirò fuori degli incartamenti<br />
avvolti in una vecchia cartella, annerita dal<br />
tempo.<br />
Essa conteneva dei fogli <strong>di</strong> carta ingialliti e<br />
stropicciati, tra cui i certificati <strong>di</strong> nascita della<br />
nonna, del suo successivo affidamento alla<br />
98
sorella <strong>di</strong> Lucia, che era sposata ma senza<br />
alcun figlio e, in una busta ancora sigillata<br />
trovammo due lettere ed una fotografia.<br />
Lucilla prese le lettere in mano, ognuna<br />
chiusa separatamente e <strong>di</strong>ede a me la foto.<br />
Abbassai lo sguardo e scrutai l’immagine<br />
sbia<strong>di</strong>ta.<br />
Quel viso pallido, quei capelli e quegli occhi<br />
profon<strong>di</strong> e tristi. Non potevo sbagliarmi, la<br />
donna della foto, anche se in bianco e nero, era<br />
la mia Lucia.<br />
Le due lettere furono per me un autentico<br />
shock: la prima, a me familiare era la stessa<br />
che avevo sognato <strong>di</strong> scrivere lo stesso giorno<br />
della missione presso il Castelletto, la seconda<br />
invece fu scritta <strong>di</strong> suo pugno: era la risposta<br />
che a me non giunse mai.<br />
poterti rincontrare un giorno, anche se in<br />
tempi <strong>di</strong>versi.<br />
Sento terribilmente la tua mancanza e sappi<br />
che ti porterò sempre nel mio cuore.<br />
Conserverò queste due lettere insieme, in<br />
modo da poter rimanere, almeno in questa<br />
forma, uniti per tutta la vita.<br />
Per sempre tua, Lucia. >><br />
<strong>La</strong> lettera rimase così inerte nelle mie mani.<br />
Ancora sbigottito, la richiusi delicatamente e la<br />
riposi nella busta che conteneva la mia lettera<br />
e quella foto ormai sbia<strong>di</strong>ta dal tempo.<br />
domandai a Lucilla, che nel<br />
frattempo si era messa a sedere e mi guardava<br />
incredula.<br />
fosse stata sua>> <strong>di</strong>sse, tentando <strong>di</strong> ricordare i<br />
vecchi aneddoti che la madre e la vecchia zia<br />
le raccontava quando era piccola.<br />
<strong>La</strong> guardai, palesemente addolorato per<br />
quanto avessi appena appreso dalle sue<br />
parole. Dopo aver riposto le lettere nel baule,<br />
Lucilla si avvicinò a me e baciandomi<br />
dolcemente sulla fronte, mi <strong>di</strong>sse <br />
“È stato solo un sogno? E se non fossi<br />
andato alla <strong>maratona</strong>? E se non avessi mai<br />
conosciuto Lucia, come potrei conoscere la<br />
realtà che sto vivendo ora?” Mi balenò una<br />
valanga <strong>di</strong> interrogativi, ma non trovarono<br />
risposta. A volte è meglio non porsi troppe<br />
domande, rischiamo <strong>di</strong> perdere <strong>di</strong> vista l’unica<br />
cosa per cui davvero vale la pena vivere: il<br />
presente.<br />
Un’increspatura, una piccolissima<br />
increspatura e in quei pochi minuto svenuto<br />
sulla montagna fui catapultato in un passato<br />
101
che ha mo<strong>di</strong>ficato per sempre il destino del<br />
mio futuro.<br />
Non posso raccontare quello che mi è<br />
successo, nessuno mi crederebbe e anzi sarei<br />
scambiato per un pazzo. Ciò che mi è accaduto<br />
in quella fredda giornata <strong>di</strong> inizio estate sulla<br />
Tofana resterà per sempre un segreto tra me e<br />
Lucilla.<br />
Quel terribile incubo che mi ha tormentato<br />
per anni è svanito per sempre, nel nulla, come<br />
un tenue soffio <strong>di</strong> vento.<br />
Ero finalmente libero, il mosaico si era<br />
ricomposto quasi completamente, ma ancora<br />
doveva essere collocato al suo posto un<br />
piccolo tassello; che fine aveva fatto il Tenente<br />
Pauletti?<br />
Trovare quel tassello e riuscire a collocarlo<br />
mi procurò ancora fortissime emozioni!<br />
102
Parte Seconda<br />
L’inverno<br />
103
Siamo spiriti?<br />
<strong>La</strong> natura è misteriosa, potente, crudele,<br />
impreve<strong>di</strong>bile ma anche in grado <strong>di</strong> offrirci<br />
sensazioni bellissime.<br />
Ciò che ci circonda è reale o frutto della nostra<br />
fantasia?<br />
Siamo solo spiriti che si sono creati un mondo<br />
immaginario per sconfiggere la monotonia<br />
dell’infinito, oppure siamo creature reali plasmate<br />
da una entità superiore?<br />
L’universo è realmente antropomorfo, cioè a<br />
nostra immagine e somiglianza, oppure siamo solo<br />
uno scherzo della natura nel continuo evolversi<br />
della materia?<br />
Fantasia, mistero, immaginazione, delirio: spesso<br />
tutto ciò si intreccia come in un puzzle e venirne a<br />
capo risulta quasi sempre impossibile, ma quando si<br />
scopre una possibile soluzione il mistero si<br />
trasforma in meraviglia e incredulità.<br />
Un segreto, bisogna mantenere il segreto per<br />
evitare <strong>di</strong> essere considerati pazzi ed esclusi dalla<br />
società, ma se il mistero si rivela a più <strong>di</strong> noi<br />
contemporaneamente è necessario <strong>di</strong>ventare<br />
complici, perché noi sappiamo qualcosa <strong>di</strong> in<strong>di</strong>cibile<br />
che ci <strong>di</strong>fferenzia da tutte le altre persone.<br />
Ma voi siete capaci <strong>di</strong> tenere un segreto?<br />
105
<strong>La</strong> curiosità del sapere è solo pari al desiderio <strong>di</strong><br />
raccontare qualcosa <strong>di</strong> incre<strong>di</strong>bile!<br />
106
Il complice<br />
Il fulmine produsse un botto fortissimo, un<br />
lampo <strong>di</strong> luce abbagliante poi tutto svanì.<br />
Era fine giugno, le prime giornate d’estate,<br />
ma come ben sapeva Alvise, in montagna il<br />
tempo può cambiare repentinamente e<br />
d'altronde le previsioni <strong>di</strong> Arabba avevano<br />
parlato chiaro: depressione proveniente dalla<br />
Francia in rapida evoluzione con possibilità <strong>di</strong><br />
pioggia sin dal mattino e neve a tratti sopra i<br />
2800 metri.<br />
Fenomeni in aumento con probabilità <strong>di</strong><br />
precipitazioni anche violente dal primo<br />
pomeriggio.<br />
Quel giorno a Cortina, dall’altra parte della<br />
valle era in programma il giro della Tofana <strong>di</strong><br />
Rozes organizzato per celebrare i 90 anni dello<br />
scoppio della mina del Castelletto, evento al<br />
quale partecipavano centinaia e centinaia tra<br />
atleti e semplici appassionati provenienti da<br />
tutto il mondo.<br />
Alvise, che aveva effettuato quel percorso<br />
decine <strong>di</strong> volte, preferiva la solitu<strong>di</strong>ne alla<br />
moltitu<strong>di</strong>ne, e d’accordo con il suo amico<br />
107
Christian, pensava <strong>di</strong> effettuare una<br />
passeggiata più tranquilla e solitaria.<br />
Entrambi non più giovanissimi, l’uno<br />
estroverso e burlone l’altro schivo e taciturno,<br />
erano montanari dell’ultima generazione<br />
amanti sì della montagna ma anche dei confort<br />
offerti dalla vita moderna, a <strong>di</strong>fferenza dei<br />
propri genitori che erano vissuti in gioventù <strong>di</strong><br />
stenti e <strong>di</strong> miseria, in case senza riscaldamento<br />
solo con una stanza riscaldata, la stube,<br />
alimentata con la legna raccolta durante<br />
l’estate.<br />
Sembra incre<strong>di</strong>bile e inconcepibile oggi che<br />
si sia potuto vivere con temperature esterne<br />
anche <strong>di</strong> 40 gra<strong>di</strong> sottozero senza<br />
riscaldamento, ma la tempra del montanaro è<br />
legata proprio alla durezza della vita alla<br />
quale furono sottoposti.<br />
Fino a pochi anni fa’ i genitori ottantenni <strong>di</strong><br />
Alvise vivevano in un appartamento senza<br />
riscaldamento, poi in seguito a due brutte<br />
bronco-polmoniti furono convinti a dormire<br />
nella stube.<br />
Per loro fu quasi un’umiliazione doversi<br />
trasferire in un ambiente riscaldato ed<br />
108
ammettere che l’età non consentiva più <strong>di</strong><br />
godere <strong>di</strong> certe abitu<strong>di</strong>ni acquisite in gioventù.<br />
<strong>La</strong> ricchezza ed il benessere iniziarono ad<br />
arrivare pian piano con il turismo <strong>di</strong> massa a<br />
seguito delle Olimpia<strong>di</strong> Invernali svoltesi nel<br />
1956 e tutta la generazione nata a partire dagli<br />
anni sessanta ignorava quanto fosse dura e<br />
<strong>di</strong>fficile la vita quoti<strong>di</strong>ana del conta<strong>di</strong>nomontanaro,<br />
solo i racconti dei vecchi oggi ci<br />
potevano far comprendere le <strong>di</strong>fficoltà sofferte<br />
per secoli e secoli.<br />
Alvise, proprietario <strong>di</strong> un rinomato<br />
ristorante della valle, si godeva gli ultimi<br />
giorni <strong>di</strong> riposo prima della riapertura del<br />
locale per il periodo estivo che iniziava <strong>di</strong> lì a<br />
pochi giorni.<br />
Gli spaghetti alla cipolla, i casunzei, il<br />
risotto al sugo <strong>di</strong> cervo, il risotto ai porcini, lo<br />
stinco <strong>di</strong> maiale e <strong>di</strong> vitello con funghi porcini<br />
e patate ampezzane, lo stracotto <strong>di</strong> capriolo al<br />
ginepro con polenta, lo strudel <strong>di</strong> pere o <strong>di</strong><br />
mele, la sacher con panna, il semifreddo allo<br />
zabaione, i frutti <strong>di</strong> bosco con gelato alla<br />
crema, le infinite varietà <strong>di</strong> grappa<br />
aromatizzata ai frutti ed erbe <strong>di</strong> bosco erano le<br />
109
specialità del luogo per cui gli ospiti<br />
affollavano le sale in tutto il periodo estivo ed<br />
invernale con prenotazione del tavolo che, in<br />
prossimità delle festività, superava la<br />
settimana <strong>di</strong> attesa.<br />
Per il cenone <strong>di</strong> Capodanno poi bisognava<br />
prenotarsi già dall’estate prima.<br />
Anche lui, come tanti altri paesani, aveva<br />
iniziato con una piccola attività, aiutato dalla<br />
moglie e dalla suocera, ma ben presto aveva<br />
potuto prendere in gestione locali via via più<br />
prestigiosi ed ora aveva a <strong>di</strong>sposizione una<br />
bellissima villa con vista sulla valle, tre ampi<br />
locali, un bellissimo ingresso in boiserie con<br />
piano bar e una nutrita schiera <strong>di</strong> camerieri<br />
pronti a sod<strong>di</strong>sfare le esigenza più sofisticate<br />
dei clienti.<br />
<strong>La</strong> cantina poi <strong>di</strong>sponeva <strong>di</strong> una quantità <strong>di</strong><br />
vini bianchi e rossi <strong>di</strong> prestigio soprattutto<br />
veneti e sud tirolesi, delizia per i palati più<br />
raffinati.<br />
In estate e nelle terse giornate invernali<br />
l’ampio prato antistante il locale consentiva al<br />
mattino <strong>di</strong> triplicare i tavoli a <strong>di</strong>sposizione<br />
degli ospiti che così potevano godere <strong>di</strong> una<br />
110
vista tra le più belle al mondo tra i profumi<br />
delle carni e verdure cotte al barbecue.<br />
Anche Christian si godeva quegli ultimi<br />
giorni <strong>di</strong> relativo riposo, e se pur non agiato<br />
come Alvise, perché maestro <strong>di</strong> sci in inverno,<br />
in estate portava i turisti nei rifugi con la jeep e<br />
anche lui in agosto aveva liste <strong>di</strong> attesa <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>versi giorni per sod<strong>di</strong>sfare tutte le richieste<br />
dei turisti che affollavano all’inverosimile la<br />
conca Ampezzana.<br />
Una vera cascata d’oro si era riversata su<br />
questa valle affascinante e meravigliosa<br />
trasformando la vita magra conta<strong>di</strong>nopastorale<br />
in attività frenetiche proprie delle<br />
gran<strong>di</strong> città occidentali.<br />
Ma la ricchezza, si sa, porta con se anche il<br />
tarlo dell’arroganza e del cinismo, per cui<br />
alcuni <strong>di</strong> coloro che una volta, pur poveri,<br />
erano felici educati e gentili ora si<br />
comportavano, dall’alto dei propri jeepponi,<br />
con fare maleducato e supponente<br />
considerando il turista più come una pecora<br />
da tosare che non un bene da rispettare e<br />
salvaguardare.<br />
111
Per fortuna non a tutti la ricchezza ed il<br />
benessere avevano dato alla testa e<br />
sicuramente Alvise e Christian erano tra<br />
coloro che continuavano ad amare e<br />
conservare le proprie montagne come un bene<br />
da proteggere e tutelare guardando il turista<br />
come una risorsa importante per il futuro loro<br />
e dei propri cari.<br />
<strong>di</strong>sse Alvise<br />
<br />
rispose Christian <br />
I bivacchi infatti sono dei piccoli rifugi<br />
metallici <strong>di</strong> forma cubica, con il tetto<br />
arrotondato per sopportare meglio il peso<br />
della neve, gestiti dal CAI, ma privi <strong>di</strong><br />
personale e normalmente si trovano in posti<br />
112
isolati ad alta quota e non sempre facilmente<br />
raggiungibili.<br />
Al loro interno sono presenti pochi letti a<br />
castello per ospitare escursionisti che<br />
desiderano cimentarsi in passeggiate che<br />
durano più giorni o che si trovano in <strong>di</strong>fficoltà<br />
a causa del maltempo.<br />
Nei più dotati è possibile trovare coperte,<br />
qualche pentola, candele, fiammiferi, e una<br />
piccolissima <strong>di</strong>spensa con pochi generi<br />
alimentari, altri invece, in stato <strong>di</strong> semi<br />
abbandono, contengono solo letti a castello e<br />
sono privi <strong>di</strong> tutto.<br />
Qualche volenteroso, inviato dal CAI,<br />
provvede in autunno a togliere le coperte e<br />
quant’altro ed a inizio estate a rifornire il<br />
bivacco del minimo necessario controllandone<br />
l’agibilità.<br />
<strong>La</strong> mattina successiva alle 11.00 in punto<br />
arrivarono a Ra Stua, località amena punto <strong>di</strong><br />
ritrovo per innumerevoli passeggiate tra le più<br />
belle e amate dai turisti, a cavallo del Parco<br />
Naturale Fanes-Sennes-Braies e del Parco<br />
Naturale delle Dolomiti d’Ampezzo e anche<br />
113
punto terminale della strada percorribile dai<br />
privati in alcuni perio<strong>di</strong> estivi.<br />
Da qui è possibile arrivare a <strong>di</strong>versi rifugi<br />
quali il Biella, Fodara Vedla, Sennes e Munt de<br />
Sennes, forcelle erbose e panoramiche quali<br />
Lerosa o faticose quali la Val Salata o le Crepe <strong>di</strong><br />
Son Forca, ancora laghi incantevoli quali i laghi<br />
<strong>di</strong> Fosses e de Remeda Rosses dove spesso al<br />
tramonto è possibile ammirare le nutrie lungo<br />
le rive, cime facili e impegnative quali<br />
<strong>La</strong>vinores, Croda de R’Ancona, Croda Rossa<br />
d’Ampezzo, Croda del Beco, numerosissimi<br />
ricoveri e bivacchi.<br />
Ognuno <strong>di</strong> questi luoghi è un ricordo, una<br />
storia da raccontare, momenti sereni e felici<br />
trascorsi con amici parenti figli, ricchi <strong>di</strong><br />
misteri e <strong>di</strong> fascino sfiorati dalla Grande<br />
Guerra dove ancora sono visibili numerosi<br />
baraccamenti, trinceramenti, abbeveratoi e<br />
strade militari imponenti, tuttora percorribili e<br />
<strong>di</strong> riferimento per gli itinerari turistici attuali.<br />
Percorrere la strada che dai 1500 metri del<br />
Pederù porta in pochi minuti ai 2000 metri del<br />
Fodara Vedla è una esperienza esaltante e<br />
terrorizzante al tempo stesso per l’ar<strong>di</strong>tezza<br />
114
dell’opera realizzata dall’esercito Austro-<br />
Ungarico, costituita da una serie infinita <strong>di</strong><br />
tornanti quasi sovrapposti gli uni agli altri e<br />
con strapiombi impressionanti lungo tutto il<br />
tragitto.<br />
Visto il tempo alquanto incerto, in verità<br />
carico <strong>di</strong> elettricità e <strong>di</strong> pioggia, nell’ampio<br />
piazzale erano presenti solo due auto, una del<br />
gestore del piccolo ristorante l’altra<br />
probabilmente <strong>di</strong> qualche escursionista<br />
volenteroso come noi e poi quasi tutti erano<br />
andati a seguire o partecipare alla <strong>maratona</strong><br />
che si svolgeva intorno alla Tofana <strong>di</strong> Rozes.<br />
Dopo aver scambiato due chiacchiere con il<br />
gestore del ristorante insieme ad un buon<br />
bicchiere <strong>di</strong> Merlot, partimmo con due zaini<br />
carichi <strong>di</strong> materiale da lasciare al bivacco<br />
situato oltre 800 metri più in alto e, con passo<br />
deciso e costante, arrivammo in circa 20<br />
minuti a Ru de Ra Cuodes attraversando il<br />
bellissimo bosco <strong>di</strong> larici e abeti che dal fondo<br />
valle saliva fin quasi ai 1800 metri.<br />
Questo primo tratto quasi pianeggiante ci<br />
consentì <strong>di</strong> prendere il giusto ritmo per<br />
iniziare la salita vera e propria.<br />
115
Nel frattempo una pioggerella fine e<br />
qualche tuono in lontananza ci confermarono<br />
che le previsioni meteo erano purtroppo<br />
veritiere, ma da buoni montanari non era certo<br />
un temporale a spaventaci e a farci tornare<br />
in<strong>di</strong>etro, anzi vento e pioggia li<br />
consideravamo parte integrante dell’ambiente<br />
che ci circondava e per questo non ci recava<br />
alcun fasti<strong>di</strong>o rendendo la passeggiata più<br />
apprezzabile e go<strong>di</strong>bile.<br />
Salivamo lentamente nel bosco che via via si<br />
<strong>di</strong>radava notando qualche bell’albero <strong>di</strong><br />
cirmolo, ma soprattutto larici e abeti rossi con<br />
a destra un piccolo ruscello ricco d’acqua.<br />
Continuando a salire lentamente a zigzag,<br />
uscimmo dal bosco e ci trovammo in una<br />
ampia radura cosparsa <strong>di</strong> larici e mughi.<br />
Qui avremmo potuto facilmente scendere<br />
per prati al Cason de Lerosa visto che pioggia<br />
e vento stavano decisamente rinforzando, ma<br />
il materiale che avevamo negli zaini, da<br />
lasciare al bivacco, ci spinse a proseguire.<br />
Salimmo tra fitti mughi che al passaggio<br />
scaricavano ulteriore acqua sui nostri<br />
indumenti già completamente bagnati, poi a<br />
116
seguire un prato erboso attraversato da ripi<strong>di</strong><br />
tornantini fin sotto un costone roccioso.<br />
Proseguimmo sotto il costone sino a sbucare<br />
a Sote Ra Geralbes, luogo impreziosito da una<br />
piccola madonnina incastonata nella roccia e<br />
da qui, attraversato un ultimo ripido prato<br />
erboso, infine giungemmo al bivacco.<br />
Il bivacco si trovava in un ampio valloncello<br />
erboso ondulato con un panorama molto bello<br />
verso la valle e le splen<strong>di</strong>de montagne<br />
antistanti: la Croda de R'Ancona, Le Tofane,<br />
Col Becchei, Croda del Valon Bianco,<br />
<strong>La</strong>vinores, e Furcia dai Fer.<br />
Peccato che il tempo inclemente ci stesse<br />
privando <strong>di</strong> un tale spettacolo!<br />
Entrati nello spoglio bivacco posammo gli<br />
zaini per terra, cercammo <strong>di</strong> asciugarci alla<br />
meno peggio, mettemmo le coperte sui letti, le<br />
pentole e le candele in un piccolo arma<strong>di</strong>etto e<br />
cercammo <strong>di</strong> sistemare quanto trovato in<br />
<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne.<br />
Talmente piccolo era il locale che non<br />
riuscendoci a muovere in due, Christian uscì<br />
mentre io proseguivo nelle pulizie.<br />
117
Poi fu Christian ad entrare e io rimanere<br />
fuori sotto la pioggia.<br />
Mangiata una puccia con speck, uscimmo<br />
dal bivacco decisi a ripartire per tornare in<br />
fretta alla macchina.<br />
Eravamo infreddoliti, il cielo era nero e<br />
sembrava calata la sera, nonostante non<br />
fossero ancora le due.<br />
Intorno a noi le nuvole basse nascondevano<br />
ogni cosa, il vento continuava a rinforzare e la<br />
pioggia assai fitta ci sferzava le mani e la<br />
faccia.<br />
Sebbene gli indumenti fossero<br />
impermeabili, un rivolo d’ acqua ci scendeva<br />
lungo la schiena fino a bagnare le maglie e gli<br />
indumenti intimi, le calze <strong>di</strong> lana negli<br />
scarponi erano completamente fra<strong>di</strong>ce a tal<br />
punto che sembrava <strong>di</strong> tenere i pie<strong>di</strong><br />
nell’acqua.<br />
C’era tanta elettricità nell’aria che sentivamo<br />
i peli delle braccia e delle gambe drizzarsi,<br />
mentre dal cinturino metallico dell’orologio<br />
iniziarono ad uscire piccole scintille luminose.<br />
118
Il fulmine arrivò all’improvviso e produsse<br />
un botto fortissimo, un lampo <strong>di</strong> luce<br />
abbagliante.<br />
Fui afferrato da una forza mostruosa,<br />
sbattuto per terra con violenza, come fossi un<br />
fuscello, a qualche metro <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza con i<br />
muscoli contratti in uno spasmo <strong>di</strong> dolore, gli<br />
occhi accecati roteanti nelle orbite.<br />
Nell’impatto con il terreno, sia pur erboso,<br />
sbattei la testa con violenza e pian piano<br />
cominciai a perdere conoscenza con il terrore<br />
<strong>di</strong> non svegliarmi mai più.<br />
Christian, scioccato dal rumore assordante,<br />
al momento non si rese conto <strong>di</strong> quanto fosse<br />
accaduto anche perché tutto avvenne in un<br />
attimo.<br />
Notò con orrore che la mia giacca a vento<br />
fumava e sembrava come liquefatta lungo la<br />
manica sinistra, che ero svenuto sul prato e un<br />
acre odore <strong>di</strong> pelle bruciata si andava<br />
<strong>di</strong>ffondendo nell’aria tempestosa.<br />
Si avvicinò, vide che respiravo con affanno,<br />
tremavo tutto come preso da convulsioni, un<br />
rivolo <strong>di</strong> saliva mi scendeva da un lato della<br />
bocca semiaperta.<br />
119
Prontamente chiamò il 118, sperando che un<br />
elicottero fosse in grado <strong>di</strong> raggiungerci nel<br />
più breve tempo possibile.<br />
120
<strong>La</strong> scoperta<br />
Ormai avevo <strong>di</strong>menticato quasi tutto <strong>di</strong><br />
quella strana avventura che mi era capitata<br />
alcuni mesi prima facendo la prima <strong>maratona</strong><br />
della Tofana <strong>di</strong> Rozes.<br />
Ricordavo molto bene la frana che mi aveva<br />
procurato la ferita alla testa e il ricovero al<br />
Co<strong>di</strong>villa, ma sempre meno del tenente<br />
Alberto Pauletti morto a Col dei Bos e <strong>di</strong> Lucia<br />
Brambi.<br />
Cio’ che mi era rimasto impresso, era che<br />
mia moglie Lucilla fosse una <strong>di</strong>scendente <strong>di</strong><br />
quella Lucia, ma il sogno-incubo che avevo<br />
vissuto era rimasto fino ad ora un segreto<br />
inconfessabile tra me e lei.<br />
Mi immaginavo le facce degli amici e<br />
conoscenti che davanti a me si mostravano<br />
incuriositi e interessati del racconto, ma ridere<br />
alle mie spalle <strong>di</strong>cendo che il colpo alla testa<br />
mi aveva un po’ “rincoglionito”.<br />
No, meglio tacere e condurre una vita<br />
normale, finalmente avevo ritrovato la serenità<br />
con mia moglie.<br />
<strong>La</strong> passione per la montagna non era certo<br />
scemata e con un po’ <strong>di</strong> testardaggine, ancora<br />
121
una volta contro il parere <strong>di</strong> Lucilla, decisi<br />
questa volta <strong>di</strong> allenarmi per partecipare alla<br />
gara <strong>di</strong> fondo che si svolgeva tutti gli anni nel<br />
mese <strong>di</strong> febbraio tra Dobbiaco e Cortina lungo<br />
il tracciato della ex ferrovia.<br />
Io amante dello sci sin da bambino, oramai<br />
da alcuni anni mi de<strong>di</strong>cavo soprattutto al<br />
fondo a causa dell’affollamento sempre<br />
maggiore delle piste.<br />
Con la scusa <strong>di</strong> eliminare le code e<br />
aumentare la sicurezza in tutta la valle<br />
avevano ammodernato gli impianti<br />
aumentandone enormemente la portata senza<br />
d’altro canto fare nuove piste, per cui se da un<br />
lato non c’erano più code per le risalite, in<br />
compenso le piste erano un delirio <strong>di</strong> sciatori e<br />
snowbor<strong>di</strong>sti.<br />
Ma se il problema degli impianti avrebbe<br />
potuto in parte essere risolto, ad esempio con<br />
un regolamento che stabilisse la portata oraria<br />
degli impianti in funzione della lunghezza<br />
della pista, della loro larghezza e <strong>di</strong>fficoltà,<br />
nulla era più possibile fare per il trenino che<br />
collegava Calalzo a Cortina e Dobbiaco.<br />
122
Mi rivedo bambino a Zuel in una casa presa<br />
in affitto, con mia nonna Elena e i miei<br />
genitori, proprio <strong>di</strong> fronte alla ferrovia con<br />
altri amichetti a fare gli in<strong>di</strong>ani, con la tenda<br />
regalatami per il mio compleanno piantata nel<br />
prato antistante, e mettere pericolosamente<br />
l’orecchio sulle rotaie per ascoltare l’arrivo del<br />
treno proprio come avevo visto fare nei film<br />
western.<br />
Quanta incoscienza, ma che innocente<br />
<strong>di</strong>vertimento e quanta nostalgia per la<br />
fanciullezza perduta!<br />
Era una ferrovia ar<strong>di</strong>ta per l’epoca in cui fu<br />
pensata e realizzata, infatti i primi progetti<br />
risalivano alla fine dell’800 e nel 1905 venne<br />
autorizzato il progetto <strong>di</strong> costruzione del<br />
primo tronco tra Cortina d'Ampezzo e<br />
Dobbiaco.<br />
Solo allo scoppio della Grande Guerra, e per<br />
esigenze belliche, fu realizzato il tratto tra<br />
Calalzo e Cortina, ad<strong>di</strong>rittura sfruttando in<br />
alcuni punti la sede stradale della attuale SS51<br />
Alemagna, per consentire un rapido<br />
approvvigionamento delle truppe <strong>di</strong>slocate sul<br />
fronte Dolomitico.<br />
123
Poi nel 1917 si iniziò a costruire una vera<br />
linea ferroviaria tra Calalzo e Cortina, ma la<br />
<strong>di</strong>sfatta <strong>di</strong> Caporetto fermò per oltre due anni i<br />
lavori che ripresero nel 1919 e l’inaugurazione<br />
avvenne nel Giugno del 1921 con il transito dei<br />
treni solo nei mesi estivi.<br />
Alcuni anni dopo il treno iniziò a svolgere<br />
un servizio regolare anche in inverno, ma il<br />
problema principale era rimuovere la neve che<br />
cadeva durante le abbondanti nevicate; fu<br />
sempre rimossa manualmente utilizzando gli<br />
spalatori!<br />
Nel corso degli anni successivi furono fatte<br />
numerose migliorie con varianti al tracciato<br />
per preservarlo dalle slavine, furono<br />
acquistate nuove locomotive, ma solamente<br />
nel 1927 la linea fu elettrificata.<br />
Anche i paesi attraversati dalla ferrovia<br />
contribuirono economicamente allo sviluppo<br />
della strada ferrata e all’acquisto <strong>di</strong> nuove<br />
carrozze tanta era l’importanza del treno per<br />
l’economia <strong>di</strong> quei paesi all’epoca poverissimi.<br />
Nel periodo delle Olimpia<strong>di</strong> invernali la<br />
linea ebbe il suo momento <strong>di</strong> gloria portando<br />
fino a 7000 passeggeri al giorno, da quel<br />
124
momento iniziò un lento ma inesorabile<br />
declino che portò alla sua soppressione a<br />
causa del sempre maggiore utilizzo delle<br />
automobili e dei pullman.<br />
Per la mancanza <strong>di</strong> fon<strong>di</strong>, la manutenzione<br />
<strong>di</strong>venne precaria e, proprio a causa <strong>di</strong> questa<br />
gestione <strong>di</strong>sastrosa, l’11 marzo 1960 si ebbe il<br />
più grave incidente <strong>di</strong> tutta la storia della<br />
ferrovia delle Dolomiti.<br />
Un treno passeggeri, proveniente da<br />
Cortina, ad Acquabona, a causa <strong>di</strong> un guasto<br />
tecnico, uscì dai binari; una vettura, che si<br />
trovava in curva, si rovesciò e fu trascinata per<br />
alcuni metri dalla motrice rimasta sulle rotaie.<br />
Il bilancio fu drammatico: 2 morti e 27 feriti.<br />
Fu il colpo <strong>di</strong> grazia per la ferrovia che in tanti<br />
anni non aveva mai subito incidenti.<br />
Il collegamento tra Dobbiaco e Cortina fu<br />
soppresso il 23 marzo 1962, mentre quello tra<br />
Cortina e Calalzo il 17 maggio 1964. Erano le<br />
ore 18,20.<br />
Che delitto! Ripensai tra me e me. Con<br />
milioni <strong>di</strong> euro sperperati per opere inutili e<br />
incompiute e per interesse <strong>di</strong> qualche lobby<br />
dei trasporti si rinunciò ad un opera utile e<br />
125
meravigliosa incastonata tra le più belle<br />
montagne del mondo.<br />
Oggi tutti i paesi compresi nel vecchio<br />
tracciato ferroviario soffrono del traffico<br />
incessante e sono soffocati dallo smog.<br />
Il trenino delle Dolomiti poteva, anzi<br />
doveva, essere salvaguardato esattamente<br />
come in Svizzera, dove i tracciati ferroviari<br />
alpini sono un vanto nazionale e dove ogni<br />
anno migliaia <strong>di</strong> turisti affollano le carrozze<br />
per percorrere e ammirare quei luoghi<br />
suggestivi.<br />
Oramai da <strong>di</strong>versi anni il tracciato veniva<br />
utilizzato in estate dalle biciclette e in inverno<br />
per fare sci <strong>di</strong> fondo e soprattutto la gara cui<br />
volevo partecipare.<br />
Il tratto che attraversava Cortina veniva<br />
chiamato un po’ tristemente “Viale del<br />
Tramonto” perchè in agosto era sempre pieno<br />
<strong>di</strong> persone anziane che, non potendo fare<br />
passeggiate più impegnative, godevano<br />
comunque del bel panorama e dell’aria sana<br />
che era possibile respirare.<br />
126
<strong>La</strong> gara si svolgeva immersi in una natura<br />
incontaminata lungo un tracciato <strong>di</strong> 42<br />
chilometri con panorami da sogno.<br />
<strong>La</strong> partenza avveniva all’aeroporto <strong>di</strong><br />
Dobbiaco e da lì si proseguiva per la Val <strong>di</strong><br />
<strong>La</strong>ndro sino all’omonimo lago con imponente<br />
vista sul Cristallo completamente innevato.<br />
Si proseguiva passando per Carbonin fino a<br />
Cimabanche, punto più alto del percorso<br />
avendo superato un <strong>di</strong>slivello <strong>di</strong> poco inferiore<br />
ai 300 metri.<br />
Con la Croda Rossa <strong>di</strong> fronte iniziava la<br />
<strong>di</strong>scesa dapprima molto dolce fino ad<br />
Ospitale.<br />
Da qui si iniziavano a vedere le maestose<br />
Tofane, e il percorso, passando su una serie <strong>di</strong><br />
ponti sospesi e gallerie illuminate, si<br />
immetteva nella valle d’Ampezzo immersa nel<br />
freddo sole invernale.<br />
Proseguendo si arrivava a Fiames da dove si<br />
iniziava a sperare <strong>di</strong> raggiungere il traguardo,<br />
ancora <strong>di</strong>stante qualche chilometro, in poco<br />
piu’ <strong>di</strong> un ora e mezza per gli atleti e anche 6<br />
ore per i meno allenati.<br />
127
Il mio obiettivo era quello <strong>di</strong> impiegare tra<br />
le quattro e le cinque ore che, vista l’età e la<br />
vita piuttosto sedentaria, sarebbe stato un<br />
ottimo risultato.<br />
Partimmo per la montagna il 18 <strong>di</strong>cembre<br />
per trascorrere un lungo periodo fino alla<br />
Epifania e quin<strong>di</strong> tornare qualche giorno<br />
prima della gara per gli ultimi allenamenti.<br />
Il clima natalizio che si respirava nel paese<br />
era completamente <strong>di</strong>verso da quello estivo.<br />
Il freddo pungente e secco consentiva <strong>di</strong><br />
rimanere all’aperto solo per pochi minuti<br />
durante lo struscio serale, la neve scricchiolava<br />
sotto la suola delle scarpe e in certi momenti il<br />
freddo era talmente penetrante che,<br />
nonostante un abbigliamento pesante, dopo<br />
pochi minuti pareva <strong>di</strong> essere nu<strong>di</strong>.<br />
Il corso era illuminato a festa così come tutti<br />
i negozi, un vociare soffuso ed allegro<br />
riempiva la bella strada con l’imponente<br />
campanile sempre visibile lungo il percorso.<br />
I ragazzi, ancora in tuta da sci, ridevano e<br />
scherzavano nei numerosi punti <strong>di</strong> ritrovo con<br />
davanti un buon bicchiere <strong>di</strong> vino e<br />
abbondanti panini, le signore erano<br />
128
impellicciate e ingioiellate che parevano delle<br />
madonne, alcuni anziani signori si portavano<br />
al rimorchio giovani ragazze dell’est, e poi<br />
tanti stranieri che formavano un variegato<br />
popolo <strong>di</strong> ricchi e nuovi ricchi spesso vestiti in<br />
modo ri<strong>di</strong>colo e cafone.<br />
Ogni tanto l’incontro <strong>di</strong> un vip, una star o<br />
presunti tali, in una moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> persone<br />
gaudenti e festanti, dava un senso <strong>di</strong> allegria e<br />
felicità come se ci si trovasse in un Luna Park<br />
consapevoli della fortuna <strong>di</strong> potersi trovare in<br />
un posto tanto bello, quasi fosse il paese del<br />
Bengo<strong>di</strong>; si percepiva nell’aria un profumo <strong>di</strong><br />
legna bruciata che invogliava a respirare<br />
profondamente per assaporare maggiormente<br />
il piacevole aroma.<br />
I giorni successivi all’arrivo andai a trovare<br />
gli amici <strong>di</strong> sempre per scambiarci gli auguri<br />
<strong>di</strong> Buone Feste e raccontare impressioni e<br />
notizie sui comuni interessi cioè le<br />
passeggiate, le sciate e ancora qualche notizia<br />
sulla <strong>maratona</strong> estiva e sulle possibilità che<br />
l’iniziativa, dato il successo incre<strong>di</strong>bile, fosse<br />
ripetuta anche l’anno successivo.<br />
129
Un amico in particolare ricercai e andai a<br />
trovare, Alvise Bortolon perchè con<strong>di</strong>vise con<br />
me la stanza del Co<strong>di</strong>villa nel periodo in cui<br />
mi trovai in coma e in convalescenza.<br />
Ci capitò qualcosa <strong>di</strong> incre<strong>di</strong>bile<br />
praticamente nello stesso istante, mentre io<br />
svenivo colpito dai sassi che erano stati<br />
scagliati della frana, lui sveniva perché,<br />
sfiorato da un fulmine che lo aveva gettato a<br />
terra, sbatté la testa con violenza.<br />
Due eventi, successi, a quel che si era potuto<br />
capire dalle testimonianze, praticamente a<br />
<strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> pochissimi minuti se non<br />
ad<strong>di</strong>rittura in contemporanea.<br />
Lui riportò anche qualche lieve ustione al<br />
braccio sinistro ma fortunatamente gli abiti<br />
completamente bagnati lo protessero da più<br />
gravi complicazioni.<br />
Passammo un breve periodo <strong>di</strong><br />
convalescenza assieme e il suo carattere aperto<br />
e gioviale contribuì a conoscerci meglio ed in<br />
breve, constatati i comuni interessi per la<br />
montagna, <strong>di</strong>ventammo amici e una volta<br />
guariti ci invitò nel suo splen<strong>di</strong>do ristorante a<br />
130
gustare quanto <strong>di</strong> meglio era in grado <strong>di</strong><br />
offrirci.<br />
Lo andai a trovare nella sua bella casa a<br />
Ca<strong>di</strong>n <strong>di</strong> Sopra austera e funzionale, priva <strong>di</strong><br />
fronzoli e con una boiserie in cirmolo <strong>di</strong> fine<br />
‘800 che avrebbe meritato <strong>di</strong> essere esposta in<br />
un museo per la bellezza e raffinatezza degli<br />
intarsi.<br />
Entrato in casa ci abbracciammo come<br />
vecchi amici.<br />
<strong>di</strong>ssi, <br />
rispose <strong>di</strong>sse<br />
con un largo sorriso sulle labbra.<br />
Mi offrì un buon bicchiere <strong>di</strong> prosecco e tra<br />
un sorriso e l’altro si fece serio in volto e mi<br />
<strong>di</strong>sse <br />
altrimenti sarei molto grato se mi spiegassi chi<br />
è questa Lucia.>><br />
Mi sentii avvampare la faccia e non poco<br />
imbarazzato risposi <br />
<br />
rispose Alvise sempre più<br />
serio .<br />
Un silenzio glaciale scese nella stanza,<br />
impalli<strong>di</strong>i mentre un sudore freddo mi<br />
scendeva copiosamente dalle ascelle<br />
nonostante il calore della stanza.<br />
<br />
rispose Alvise sempre più serio ed<br />
imbarazzato
Pauletti, è come avere una doppia personalità,<br />
<strong>di</strong> giorno sono Alvise e spesso mentre dormo<br />
sogno Alberto.>><br />
Lo stupore mi aveva annientato, mi sentivo<br />
completamente privo <strong>di</strong> forze e la mente,<br />
completamente vuota, non era in grado <strong>di</strong><br />
proferire parola.<br />
Rimanemmo così per <strong>di</strong>versi minuti<br />
evitando <strong>di</strong> guardarci negli occhi,<br />
sorseggiando il prosecco per bagnare la gola<br />
improvvisamente seccatasi.<br />
A quel punto mi decisi <br />
Ottenuta la sua promessa raccontai <strong>di</strong> come<br />
durante il coma mi fossi trovato proiettato nel<br />
passato nel corpo del Tenente Pauletti e<br />
l’intensa storia d’amore vissuta con<br />
l’infermiera Lucia, volontaria del corpo delle<br />
Crocerossine.<br />
Gli raccontai pure come Lucia fosse la<br />
nonna <strong>di</strong> mia moglie.<br />
133
Alvise rimase profondamente colpito dal<br />
racconto e mi <strong>di</strong>sse <br />
<br />
si<br />
interruppe, mi offri e si versò un altro<br />
134
icchiere <strong>di</strong> prosecco e proseguì <br />
<br />
Rimasi interdetto perchè i mesi che avevo<br />
vissuto nei panni <strong>di</strong> Pauletti in realtà erano<br />
stati solo pochi minuti del mio presente<br />
mentre ero svenuto ai pie<strong>di</strong> della montagna,<br />
non sapevo nulla del suo passato se non quella<br />
incre<strong>di</strong>bile storia d’amore con Lucia.<br />
Quanto mi stava raccontando Alvise era<br />
qualcosa <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso, infatti lui, nel presente, si<br />
ritrovava in continuazione nei panni <strong>di</strong> un<br />
soldato morto nel 1916.<br />
135
Che collegamento c’era con il mio sogno,<br />
perchè quella povera anima aveva tormentato<br />
prima me ed ora Alvise?<br />
In apparenza un solo fatto ci accomunava,<br />
eravamo entrambi svenuti lo stesso giorno e<br />
nello stesso istante sia pure a qualche<br />
chilometro <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza.<br />
proseguì Alvise<br />
sempre più turbato <br />
.<br />
<strong>di</strong>ssi <br />
il periodo che ha combattuto a Monte Piana.<br />
Trasferito lì nel 1915 allo scoppio della guerra,<br />
ha <strong>di</strong>retto uno dei reparti che hanno<br />
contribuito alla fortificazione dell’altopiano<br />
sommitale della montagna e alla costruzione<br />
delle numerose trincee lì presenti fino a<br />
realizzare un vero e proprio labirinto>>.<br />
.<br />
Rimase in silenzio quasi in lacrime con lo<br />
sguardo basso e perso nel vuoto.<br />
Alla fine per spezzare l’atmosfera pesante<br />
che si era creata <strong>di</strong>ssi ad Alvise che mi stavo<br />
allenando per la gara <strong>di</strong> fondo Dobbiaco -<br />
Cortina e con grande meraviglia mi <strong>di</strong>sse che<br />
anche lui, nonostante la piena stagione<br />
turistica invernale, intendeva partecipare alla<br />
gara per rompere lo stress a cui ultimamente<br />
era sottoposto.<br />
137
Decidemmo quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> effettuare il tragitto<br />
assieme e comunque <strong>di</strong> tenerci in contatto se<br />
fosse emerso qualcosa <strong>di</strong> nuovo su Pauletti.<br />
<strong>La</strong> notte rimasi a lungo sveglio ripensando a<br />
quanto mi aveva svelato Alvise e decisi per il<br />
momento <strong>di</strong> non turbare Lucilla evitando <strong>di</strong><br />
raccontarle la storia.<br />
Nei giorni successivi in pieno clima festivo,<br />
mentre con Lucilla passavamo piacevoli serate<br />
a cena in compagnia degli amici, trascorrevo le<br />
mattine ad allenarmi o lungo il bel circuito <strong>di</strong><br />
Fiames o lungo la ex ferrovia o in Val Fiscalina<br />
dove l’imponente frana dell’ottobre 2007<br />
aveva per sempre mo<strong>di</strong>ficato la morfologia <strong>di</strong><br />
Cima Una.<br />
Quella valle sembrava incantata e fuori dal<br />
mondo, circondata da montagne che<br />
sembravano cosparse <strong>di</strong> farina come<br />
incastonate in un presepe.<br />
Il paesaggio era quieto e tranquillo, il solo<br />
rumore percepibile era quello del proprio<br />
respiro e degli sci che silenziosamente<br />
scivolavano sulla neve cristallina.<br />
Il tracciato, ora immerso tra mughi ora in<br />
spazi aperti, proseguiva in leggerissima salita<br />
138
fino al Rifugio <strong>di</strong> Fondo Valle, luogo<br />
incantevole che meritava una pausa per<br />
godere dell’ambiente circostante can<strong>di</strong>do e<br />
luccicante.<br />
I bassi raggi del sole invernale fermati dalle<br />
creste delle montagne che si stagliavano in un<br />
cielo azzurro intenso, colpivano le pen<strong>di</strong>ci<br />
delle montagne opposte creando incre<strong>di</strong>bili<br />
giochi <strong>di</strong> luce mutevoli con il passare dei<br />
minuti quasi ci fosse un <strong>di</strong>rettore d’orchestra a<br />
<strong>di</strong>rigerne il coro.<br />
Proseguii poi ancora per un ampio tratto fin<br />
quasi a toccare le montagne che chiudono la<br />
valle con il Rifugio Zsigmondy-Comici ben<br />
incastonato nella roccia 700 metri più in alto.<br />
È uno dei percorsi più go<strong>di</strong>bili delle<br />
Dolomiti, peccato un po’ <strong>di</strong>stante da Cortina,<br />
ma il piacere che si prova in quei luoghi<br />
sopperisce ampiamente la noia del tempo<br />
passato in macchina per poterli raggiungere.<br />
Il 28 pomeriggio iniziò una violenta nevicata<br />
che in breve mise in tilt il traffico, proseguì per<br />
tutta la notte e la mattina successiva,<br />
formando una coltre <strong>di</strong> oltre mezzo metro <strong>di</strong><br />
can<strong>di</strong>da neve.<br />
139
Erano ormai le 11.00 <strong>di</strong> mattina e stavo<br />
godendo <strong>di</strong> tale bellezza seduto al tavolo <strong>di</strong><br />
fronte alla finestra quando Alvise mi telefonò.<br />
<br />
Stavo per fare la sciata più bella della mia<br />
vita. Arrivammo in cima al Pomedes verso<br />
mezzogiorno e mezza praticamente da soli con<br />
il sole che faceva capolino <strong>di</strong>etro le ultime<br />
nuvole in rapido <strong>di</strong>ssolvimento. Che<br />
spettacolo, che meraviglia!<br />
Ci buttammo giù per il canalone da soli<br />
senza ancora alcuna traccia, la neve morbida,<br />
alta più <strong>di</strong> mezzo metro, arrivava fin sopra le<br />
ginocchia e schizzava da tutte le parti, mentre<br />
sotto, un manto ben compatto, consentiva <strong>di</strong><br />
sciare come se si stesse su <strong>di</strong> un tavolo da<br />
biliardo.<br />
Arrivammo giù tutti pieni della neve che<br />
noi stessi avevamo sollevato, ma l’euforia era<br />
al massimo e continuammo così per oltre due<br />
140
ore con le piste, sempre semivuote, in una<br />
con<strong>di</strong>zione unica ed irripetibile.<br />
Proseguii le vacanze tranquillamente tra<br />
allenamenti e belle serate trascorse con Lucilla<br />
e i nostri amici.<br />
Un pomeriggio raccontai a Lucilla ciò che<br />
mi aveva detto Alvise e anche lei rimase<br />
stupita per questo incre<strong>di</strong>bile puzzle <strong>di</strong> cui<br />
conoscevamo parecchi frammenti, ma non<br />
riuscivamo a trovare e collocare il tassello<br />
mancante nella giusta posizione.<br />
In verità la soluzione era più vicina <strong>di</strong><br />
quanto potessimo sperare ed arrivò<br />
inaspettata <strong>di</strong> lì a poco.<br />
141
<strong>La</strong> gara <strong>di</strong> fondo<br />
<strong>La</strong> mattina della gara mi svegliai presto per<br />
effettuare un buon preriscaldamento, passai a<br />
prendere Alvise e quin<strong>di</strong> partimmo per<br />
Dobbiaco dove arrivammo in poco meno <strong>di</strong> un<br />
ora a causa del gran traffico presente sulla<br />
strada.<br />
Ci presentammo alla partenza solo con<br />
qualche minuto <strong>di</strong> anticipo, infatti avevamo<br />
preferito trascorrere l’attesa in un bar a causa<br />
del freddo pungente, nonostante la splen<strong>di</strong>da<br />
giornata <strong>di</strong> sole.<br />
Io avevo il pettorale 1248 ed Alvise 1249 e<br />
complessivamente i partecipanti erano quasi<br />
mille e ottocento.<br />
<strong>La</strong> partenza era <strong>di</strong>visa in tre sezioni; nella<br />
prima c’erano gli atleti più forti, nella seconda<br />
giovani sino a 35 anni, nella terza, la più<br />
numerosa, noi insieme a tanti altri<br />
appassionati tra cui alcuni signori <strong>di</strong> ottanta<br />
anni.<br />
Al via partimmo dalla pista dell’aeroporto<br />
con andatura decisa in tecnica classica per<br />
passare quin<strong>di</strong> dentro lo Sta<strong>di</strong>o del Fondo<br />
costruito a Dobbiaco e teatro <strong>di</strong> tante gare <strong>di</strong><br />
143
Coppa del Mondo, dove una moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />
persone sulle gra<strong>di</strong>nate ci incitava con urla ed<br />
applausi.<br />
Sapevo che c’era Lucilla insieme a tanti altri<br />
amici, ma nella ressa e confusione generale,<br />
non in<strong>di</strong>viduai nessuno dei conoscenti anche<br />
perché ero concentrato sulla gara.<br />
Se questo primo tratto era tutto un vociare,<br />
l’equilibrio era incerto perchè gli altri<br />
concorrenti spingevano e strattonavano,<br />
arrivati all’inizio della valle <strong>di</strong> <strong>La</strong>ndro, lì dove<br />
iniziava la salita, una prima selezione ci<br />
consentì <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanziarci e, entrati nel bosco, il<br />
silenzio prese il sopravvento su tutto, rotto<br />
solo dallo scivolare degli sci e dal respiro che<br />
pian piano <strong>di</strong>ventava sempre più affannoso<br />
ma regolare.<br />
Alvise mi precedeva <strong>di</strong> pochi metri ed io, se<br />
pur affaticato perchè il tratto era in costante<br />
leggera salita, cercavo <strong>di</strong> seguirlo e nello stesso<br />
tempo ammiravo gli alberi intorno a me<br />
carichi <strong>di</strong> neve.<br />
Ogni tanto un blocco <strong>di</strong> neve, staccandosi<br />
dai rami, cadeva delicatamente a terra con un<br />
144
umore sordo e piacevole, attutito dalla neve<br />
stessa presente in abbondanza sul terreno.<br />
Arrivati al <strong>La</strong>go <strong>di</strong> <strong>La</strong>ndro finalmente<br />
potemmo godere <strong>di</strong> un tratto pianeggiante sul<br />
lago ghiacciato illuminato dal sole con sullo<br />
sfondo la sagoma dell’imponente Cristallo e<br />
sul lato sinistro le ripide pareti <strong>di</strong> Monte<br />
Piana.<br />
Tranquilli proseguimmo fin oltre Carbonin<br />
quando Alvise si fermò <strong>di</strong> colpo come stor<strong>di</strong>to,<br />
perse quasi l’equilibrio, ed io pensai che la<br />
stanchezza ed il freddo avessero provocato un<br />
eccesso <strong>di</strong> affaticamento.<br />
Mi sbagliavo, perché guardandolo in faccia,<br />
vi<strong>di</strong> che aveva gli occhi fissi nel vuoto,<br />
muoveva le labbra come se parlasse con<br />
qualcuno ed infine quasi urlò <br />
Il tutto durò non più <strong>di</strong> mezzo minuto e lì<br />
per lì non capii le sue parole ma ben preso lo<br />
invitai a spiegarsi.<br />
Lui si appoggiò a me e mi <strong>di</strong>sse<br />
prendere un buon bicchiere <strong>di</strong> vino caldo e<br />
sederci per qualche minuto, giusto il tempo <strong>di</strong><br />
raccontarti cosa ho scoperto.>><br />
Non osai contrad<strong>di</strong>rlo e così ripartimmo<br />
lentamente l’uno affianco all’altro verso la<br />
meta.<br />
Cimabanche, nonostante la quota non<br />
elevatissima, solo 1530 metri, è una delle<br />
località più fredde delle Dolomiti perchè<br />
d’inverno rimane sempre in ombra, ma<br />
fortunatamente quel giorno <strong>di</strong> metà febbraio<br />
qualche raggio <strong>di</strong> sole riusciva a illuminare il<br />
bar ristorante presente lungo il percorso<br />
riscaldando l’aria quel tanto da consentire <strong>di</strong><br />
sederci ad un tavolo all’aperto.<br />
quasi lo<br />
implorai.<br />
dentro quella trincea scavata nella roccia<br />
calcarea. Ho capito esattamente il punto in cui<br />
il tutto è accaduto a poche decine <strong>di</strong> metri dal<br />
Sasso Misterioso.>><br />
<br />
<strong>di</strong>sse tutto <strong>di</strong> un fiato<br />
con la faccia pallida e tesa.<br />
Finalmente tutti i tasselli cominciavano a<br />
collocarsi al loro posto e una visione chiara e<br />
incre<strong>di</strong>bile si prospettava <strong>di</strong>nanzi a noi.<br />
Il mio stato <strong>di</strong> coma sotto la Tofana era<br />
terminato alcuni attimi prima che Alberto mi<br />
rivelasse le sue volontà ma pochi istanti dopo<br />
cadeva in coma Alvise che percepiva la sua<br />
storia in un modo <strong>di</strong>verso dal mio.<br />
147
Evidentemente il fulmine aveva mo<strong>di</strong>ficato<br />
il suo modo <strong>di</strong> percepire il tempo lasciandogli<br />
socchiusa una finestra sul passato che<br />
spora<strong>di</strong>camente si apriva con ricor<strong>di</strong> alcune<br />
volte frammentari e confusi, altre volte limpi<strong>di</strong><br />
e chiari.<br />
Anche perchè il Tenente Pauletti si fosse<br />
rivolto a me e quin<strong>di</strong> ad Alvise ora era chiaro.<br />
Mia moglie Lucilla era una <strong>di</strong>scendente<br />
<strong>di</strong>retta <strong>di</strong> Lucia ed Alvise, esperto conoscitore<br />
dei luoghi, mi avrebbe aiutato a ritrovare i<br />
resti <strong>di</strong> Alberto.<br />
Eccitati per la scoperta brindammo con un<br />
secondo bicchiere <strong>di</strong> vino e iniziammo la<br />
<strong>di</strong>scesa verso Cortina senza sentire più né la<br />
fatica né gli incitamenti del pubblico che da<br />
Fiames si era ammassato lungo il percorso<br />
sino all’arrivo nel centro <strong>di</strong> Cortina.<br />
Arrivammo al traguardo in poco meno <strong>di</strong> 5<br />
ore, e considerando la lunga fermata a<br />
Cimabanche, era sicuramente un tempo molto<br />
buono.<br />
Sapevamo <strong>di</strong> non poter far nulla nel periodo<br />
invernale per quanto riguardava le ricerche,<br />
148
ma ci ripromettemmo <strong>di</strong> sentirci a primavera<br />
per decidere come procedere.<br />
149
Il ritrovamento<br />
Rimasi in contatto telefonico con Alvise,<br />
ansioso <strong>di</strong> iniziare le ricerche e finalmente mi<br />
chiamò <strong>di</strong>cendomi <br />
Tornai a Cortina la prima settimana <strong>di</strong><br />
giugno e subito iniziammo i preparativi per<br />
quella nostra piccola spe<strong>di</strong>zione segreta.<br />
Il giorno stabilito decidemmo <strong>di</strong> arrivare in<br />
Val Travenanzes passando per la galleria del<br />
Castelletto appena riaperta dal gelo invernale<br />
e da lì iniziare le ricerche.<br />
Il percorso in realtà era costituito da una<br />
breve ferrata che, dopo due scale metalliche<br />
verticali, si percorreva all’interno della galleria<br />
<strong>di</strong> guerra costruita per arrivare al punto in cui<br />
creare la camera <strong>di</strong> scoppio, cioè la stanza<br />
nella quale collocare la <strong>di</strong>namite per far saltare<br />
la fortezza così strenuamente <strong>di</strong>fesa dagli<br />
austriaci.<br />
Percorrerla, obbligatoriamente con una<br />
torcia elettrica, era sempre elettrizzante sia<br />
pensando al lavoro immane effettuato dai<br />
soldati sia per le finestre che improvvisamente<br />
151
si aprivano sulla parete verticale consentendo<br />
un panorama unico su Col <strong>di</strong> Bois, <strong>La</strong>gazuoi,<br />
Cinque Torri ed in lontananza Marmolada e<br />
Civetta.<br />
Usciti dalla galleria, che si snodava secondo<br />
un percorso elicoidale e in breve consentiva <strong>di</strong><br />
salire per oltre 200 metri, anziché proseguire<br />
per la via ferrata Lipella, scendemmo lungo un<br />
facile ghiaione dominato dalla Tofana <strong>di</strong><br />
Rozes.<br />
“Ripensai all’ultima volta che avevo fatto la<br />
Lipella pochi anni prima, dopo oltre venti anni<br />
<strong>di</strong> assenza. Quante volte avevo fatto quella<br />
ferrata da ragazzo! Sicuramente molte, ma<br />
dopo così tanto tempo fu come se fosse stata la<br />
prima volta. Andai con due amici e ho ancora<br />
negli occhi e nel cuore il ricordo della<br />
bellissima arrampicata effettuata in una<br />
ra<strong>di</strong>osa giornata <strong>di</strong> agosto. Ricordo la<br />
stanchezza arrivato alle Tre Dita, fra<strong>di</strong>cio <strong>di</strong><br />
sudore, ma felice per l’impresa compiuta.<br />
Dopo un cambio <strong>di</strong> maglietta e un breve<br />
spuntino proseguimmo per la cima della<br />
Tofana, seguendo la via normale. Il piacere ed<br />
il go<strong>di</strong>mento per quella passeggiate fu<br />
152
indescrivibile e spero ancora in futuro <strong>di</strong> poter<br />
ripercorrere quel sentiero meraviglioso”.<br />
Al termine del ghiaione ci affacciammo sulla<br />
valle sottostante scorgendo la traccia della<br />
lunghissima trincea vista da Alvise nel flashback,<br />
trincea che oramai dal basso appariva<br />
come un semplice avvallamento a causa del<br />
tempo trascorso.<br />
A sinistra poco più in alto era ben visibile il<br />
Sasso Misterioso, così chiamato dagli alpini<br />
per la sua forma squadrata e <strong>di</strong> enormi<br />
<strong>di</strong>mensioni rispetto all’ambiente circostante.<br />
Esso era un punto <strong>di</strong> riferimento ben visibile<br />
e <strong>di</strong>stinguibile immerso nel nulla <strong>di</strong> una<br />
<strong>di</strong>stesa <strong>di</strong> erba e sassi.<br />
Proprio da lì partiva la traccia della trincea e<br />
da lì iniziò la nostra ricerca.<br />
<strong>di</strong>sse Alvise
ed il rame alle fabbriche del Cadore che<br />
pagavano pochi spiccioli per queste merci.>><br />
<br />
<br />
ospitare i poveri resti <strong>di</strong> tanti soldati senza<br />
nome.>><br />
<br />
<br />
Iniziammo l’ispezione a monte della trincea<br />
secondo i ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> Alvise e percorremmo<br />
faticosamente un lungo tratto tra roccette e<br />
sassi instabili.<br />
Infatti in montagna, se è facile camminare<br />
lungo i sentieri ben segnati, è altrettanto<br />
<strong>di</strong>fficile, e spesso pericoloso, spostarsi al <strong>di</strong><br />
fuori degli stessi per il terreno accidentato a<br />
cui si è inevitabilmente esposti.<br />
155
Nella prima ora non trovammo nulla <strong>di</strong><br />
interessante se non un lungo tratto <strong>di</strong> filo<br />
spinato completamente arrugginito, solo in<br />
parte visibile perchè oramai era un tutt’uno<br />
con il terreno sottostante.<br />
Alvise che aveva un occhio molto più<br />
allenato del mio trovò un paio <strong>di</strong> bossoli <strong>di</strong><br />
fucile, un proiettile e un piccolo frammento <strong>di</strong><br />
granata.<br />
mi <strong>di</strong>sse, in<strong>di</strong>candomi la cima<br />
della Tofana, ><br />
e mi in<strong>di</strong>cò le montagne <strong>di</strong> fronte,<br />
dove si stagliavano i maestosi profili <strong>di</strong> Monte<br />
Castello e Monte Cavallo
consentire all’avversario <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare la<br />
postazione e quin<strong>di</strong>, con il binocolo, attendere<br />
il momento propizio per sparare il colpo<br />
mortale.>><br />
Continuammo la ricerca mentre Alvise mi<br />
raccontava moltissimi aneddoti interessanti<br />
riguardanti la Grande Guerra e il posto in cui<br />
ci trovavamo, ma il tempo passava e le nostre<br />
ricerche non approdarono ad alcun risultato.<br />
Continuammo così alla cieca per tutto il<br />
giorno e alla fine stanchi, acciaccati e un po’<br />
demoralizzati decidemmo <strong>di</strong> rientrare in paese<br />
per riprovare il giorno dopo.<br />
Al mattino mi svegliai particolarmente<br />
dolorante a causa del percorso che avevamo<br />
seguito il giorno prima, in particolare alle<br />
ginocchia, per cui Alvise mi consigliò <strong>di</strong><br />
utilizzare le racchette per alleggerire il peso<br />
sulle gambe e trovare una posizione <strong>di</strong><br />
maggiore equilibrio sul terreno accidentato<br />
che dovevamo esaminare.<br />
Non amavo molto l’uso delle racchette,<br />
tanto care agli escursionisti tedeschi e oramai<br />
<strong>di</strong>ffuse anche tra i turisti italiani, forse proprio<br />
come il conta<strong>di</strong>no che desiderava dormire al<br />
157
freddo perchè abituato così dall’infanzia,<br />
comunque potei verificare, dopo pochi minuti<br />
<strong>di</strong> camminata, che il beneficio era reale e il<br />
dolore agli arti inferiori contenuto.<br />
Quella seconda giornata partimmo dal<br />
Magistrato delle Acque seguendo la vecchia<br />
strada militare che portava a Forcella Bois,<br />
praticamente lo stesso percorso fatto durante<br />
la <strong>maratona</strong>, solo che questa volta la giornata<br />
era incantevole e il bosco, risvegliatosi dal<br />
torpore invernale, profumava <strong>di</strong> mille odori e<br />
brillava <strong>di</strong> una moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> colori.<br />
<strong>La</strong> terra umida, scaldata dal sole, restituiva<br />
l’acqua accumulata nei mesi invernali tramite<br />
un leggero vapore acqueo che saliva<br />
pigramente dalle ra<strong>di</strong>ci dei mughi.<br />
In alcuni tratti il velo <strong>di</strong> vapore nascondeva<br />
il terreno e pareva <strong>di</strong> camminare su <strong>di</strong> una<br />
nuvola, sospesi nel vuoto.<br />
Molto tranquillamente risalimmo la vecchia<br />
strada militare ed in breve raggiungemmo la<br />
forcella e da lì il Sasso Misterioso.<br />
Alvise, ben sicuro <strong>di</strong> quanto aveva visto nel<br />
flash-back, mi <strong>di</strong>sse che dovevamo<br />
158
concentrarci sui primi cento metri <strong>di</strong> trincea<br />
perchè lì si doveva trovare il corpo <strong>di</strong> Pauletti.<br />
Iniziammo la ricerca speranzosi e certi che le<br />
nostre esperienze erano reali e non frutto <strong>di</strong><br />
fantasia, ma dopo un paio <strong>di</strong> ore un senso <strong>di</strong><br />
frustrazione e scoramento cominciò a<br />
prendere il sopravvento.<br />
Nel frattempo il dolore alle ginocchia era<br />
tornato più violento che mai e oramai mi<br />
appoggiavo pesantemente alle racchette per<br />
alleviare il dolore lancinante.<br />
Avvenne il miracolo!<br />
Una delle due racchette così pesantemente<br />
appoggiate sul terreno roccioso, in apparenza<br />
solido, sprofondò per più <strong>di</strong> mezzo metro ed<br />
io lanciai un grido <strong>di</strong> dolore e paura avendo<br />
perso l’equilibrio.<br />
Non mi resi subito conto che quello che mi<br />
era accaduto era la chiave <strong>di</strong> volta della nostra<br />
ricerca, il tassello mancante del nostro puzzle.<br />
Alvise, lontano da me qualche decina <strong>di</strong><br />
metri, accorse imme<strong>di</strong>atamente sentendomi<br />
gridare e vedendomi piegato, quasi<br />
accovacciato per terra.<br />
159
<strong>La</strong> racchetta era incurvata e saldamente<br />
conficcata nel terreno, sembrava impossibile<br />
estrarla, anche perchè la rondella, in<br />
prossimità della punta, era <strong>di</strong> ostacolo per<br />
l’estrazione.<br />
Con qualche robusto strattone infine Alvise<br />
riuscì a tirar via il bastone e un piccolo sasso<br />
caduto nel foro produsse il classico rumore <strong>di</strong><br />
un oggetto che cade nell’acqua.<br />
Dunque sotto <strong>di</strong> noi si trovava una cavità<br />
nascosta dalle macerie sovrastanti, che dopo<br />
novanta anni si erano compattate rendendo il<br />
terreno uniforme, in apparenza solido, simile a<br />
quanto si trovava tutto attorno.<br />
Con l’aiuto <strong>di</strong> una piccola pala e <strong>di</strong> una<br />
piccozza, che ci eravamo portati negli zaini,<br />
iniziammo a scavare delicatamente.<br />
Circa 20 centimetri sotto il terreno ed i sassi,<br />
sentimmo il rumore <strong>di</strong> tavole <strong>di</strong> legno con<br />
sotto il vuoto e procedemmo con la massima<br />
cura a rimuoverle una per una con la paura<br />
che tutto potesse franare all’interno.<br />
Quando il buco fu sufficientemente largo lo<br />
illuminammo con una potente torcia e<br />
vedemmo il fondo a circa due metri e un<br />
160
lungo cunicolo proseguire nell’oscurità più<br />
totale.<br />
Avevamo scoperto una trincea protetta<br />
superiormente da robuste travi per evitare agli<br />
occupanti <strong>di</strong> essere esposti agli spari dei<br />
cecchini, ne vedevamo un breve tratto ma non<br />
avevamo idea della sua lunghezza.<br />
Con cura allargammo ulteriormente il foro a<br />
sufficienza per poter entrare nel cunicolo<br />
senza correre troppi rischi.<br />
Alvise entrò per primo e io lo seguii quasi<br />
subito, tale era l’emozione e il desiderio <strong>di</strong><br />
scoprire quanto si nascondesse in quel luogo<br />
abbandonato da quasi un secolo.<br />
L’aria era fredda e umida ma il cunicolo si<br />
rivelava sufficientemente largo per passare<br />
comodamente uno alla volta mentre il terreno<br />
sotto ai nostri pie<strong>di</strong> era viscido e con<br />
numerose pozze d’acqua stagnante.<br />
I muretti a secco che costituivano le pareti<br />
della trincea sembravano ben conservati<br />
mentre le travi in legno <strong>di</strong> sostegno al soffitto<br />
ed il soffitto stesso parevano in pessime<br />
con<strong>di</strong>zioni.<br />
161
Procedemmo per <strong>di</strong>versi metri evitando<br />
accuratamente <strong>di</strong> toccare quei legni marci<br />
consapevoli che anche un piccolo<br />
smottamento ci avrebbe portato a morte<br />
sicura.<br />
Arrivammo a una biforcazione e<br />
verificammo che il percorso alla nostra sinistra<br />
era totalmente franato mentre sulla destra il<br />
cunicolo proseguiva con una brusca curva a<br />
gomito.<br />
Proseguimmo quin<strong>di</strong> fino alla curva e girato<br />
l’angolo, circa tre metri avanti a noi, il cunicolo<br />
risultava completamente franato.<br />
Eravamo un po’ delusi <strong>di</strong> non aver trovato<br />
nessuna traccia umana per cui decidemmo <strong>di</strong><br />
tornare in<strong>di</strong>etro fino al punto in cui eravamo<br />
entrati.<br />
Poiché il cunicolo proseguiva anche<br />
nell’altra <strong>di</strong>rezione verso l’alto, decidemmo <strong>di</strong><br />
fare una rapida ispezione <strong>di</strong> quel tratto e<br />
finalmente trovammo o pensammo <strong>di</strong> trovare<br />
ciò che cercavamo.<br />
Dietro una ampia curva, per terra era ben<br />
visibile uno scheletro con ancora qualche<br />
brandello <strong>di</strong> indumenti, le scarpe accartocciate<br />
162
ma ben conservate, un fucile, una piccola<br />
scatola arrugginita e soprattutto una<br />
medaglietta anch’essa arrugginita che<br />
sapevamo essere quella che ciascun militare<br />
portava al collo con il numero <strong>di</strong> matricola per<br />
l’identificazione.<br />
Preso il cranio del caduto, potemmo<br />
costatare il foro <strong>di</strong> un proiettile sulla fronte<br />
proprio sopra gli occhi.<br />
Riposammo con cura il cranio emozionati<br />
per il ritrovamento, raccogliemmo il fucile, la<br />
piccola scatola arrugginita e la medaglietta ed<br />
infine uscimmo all’aperto a respirare a pieni<br />
polmoni l’aria limpida e fresca.<br />
Rimanemmo lì in silenzio rigirandoci tra le<br />
mani quanto trovato, tristi ma nello stesso<br />
tempo felici <strong>di</strong> essere riusciti in un impresa in<br />
apparenza impossibile.<br />
.<br />
163
.<br />
Ormai era pomeriggio inoltrato, tornammo<br />
a Cortina giusto in tempo per andare dai<br />
Carabinieri e raccontare del nostro<br />
ritrovamento.<br />
Con la promessa <strong>di</strong> restituirle il giorno<br />
dopo, ci permisero <strong>di</strong> tenere il piccolo<br />
contenitore e la medaglietta, ma non il fucile e<br />
ci assicurarono che entro una settimana<br />
avrebbero provveduto a mandare una squadra<br />
<strong>di</strong> soccorso per il recupero della salma.<br />
Alvise si offrì volontario per accompagnare<br />
la squadra <strong>di</strong> recupero nel punto esatto e la<br />
sua offerta fu accettata e gra<strong>di</strong>ta in quanto<br />
persona competente e conosciuta in tutta<br />
Cortina.<br />
Tornati a casa, pur stanchi e doloranti<br />
eravamo desiderosi <strong>di</strong> avere la conferma <strong>di</strong> chi<br />
fossero quei poveri resti.<br />
164
Aprire la piccola scatola non fu facile perchè<br />
il coperchio oramai formava un tutt’uno con il<br />
resto del contenitore.<br />
Alvise pensò <strong>di</strong> usare una piccolissima<br />
quantità <strong>di</strong> liquido sbloccante che, insieme a<br />
tanta pazienza, ci consentì al fine <strong>di</strong> aprirla.<br />
Era piena <strong>di</strong> oggetti quasi irriconoscibili ma<br />
con molta attenzione e delle piccole pinzette<br />
riuscimmo a separare quelle che sembravano<br />
delle lettere, un paio <strong>di</strong> sigarette, tre foto.<br />
Subito fui attratto da queste ultime, ma<br />
ormai erano molto sbia<strong>di</strong>te e quasi del tutto<br />
cancellate dalle muffe; su <strong>di</strong> una si<br />
intravedeva il viso austero <strong>di</strong> un uomo con i<br />
baffi e una scritta sbia<strong>di</strong>ta in basso che<br />
sembrava essere “papà”, su <strong>di</strong> un’altra i<br />
lineamenti gentili, ma non più giovanili <strong>di</strong> una<br />
donna con una scritta anch’essa appena<br />
leggibile “mia adorata madre”, sulla terza il<br />
volto sorridente appena riconoscibile a me<br />
familiare <strong>di</strong> Lucia.<br />
<br />
Lui la prese delicatamente in mano e rimase<br />
ad ammirare la bellezza della giovane donna<br />
165
mentre io preso da una profonda tristezza<br />
iniziavo un pianto <strong>di</strong>rotto, uno sfogo<br />
necessario dopo la tensione accumulata negli<br />
ultimi giorni.<br />
In quei momenti mi pareva che Lucia fosse<br />
stata la mia donna e che quanto avvenuto a<br />
San Vito nel 1916 fosse realmente accaduto a<br />
me e non a Pauletti.<br />
Provammo anche a leggere le due lettere<br />
presenti nella piccola scatola ma riuscimmo a<br />
leggere solo “Mia adoratissima Lucia….” e<br />
“….qualunque cosa accada staremo assieme<br />
per l’eternità’ ….”, tanto la carta oramai era<br />
rovinata ed ammuffita.<br />
Passammo ad analizzare la medaglietta che<br />
presentava evidenti segni <strong>di</strong> corrosione ma<br />
con una attenta e delicata pulizia riuscimmo a<br />
leggere RE957.. 27.<br />
Io avevo il numero <strong>di</strong> matricola del tenete<br />
Pauletti, trovato nelle mie ricerche su internet<br />
e finalmente avemmo la prova che tanto<br />
cercavamo, la matricola era Regio Esercito<br />
9570927.<br />
Scattammo entrambi in pie<strong>di</strong> abbracciandoci<br />
e urlando <strong>di</strong> felicità.<br />
166
Avevamo la prova che potevamo raccontare<br />
al mondo senza svelare i nostri segreti, e<br />
infatti così fu.<br />
<strong>La</strong> settimana successiva la squadra <strong>di</strong><br />
recupero guidata da Alvise in<strong>di</strong>viduò<br />
imme<strong>di</strong>atamente il luogo del ritrovamento e i<br />
poveri resti furono messi in una piccola teca<br />
nell’attesa della sepoltura.<br />
Io chiesi, alla luce delle prove mostrate, <strong>di</strong><br />
voler seppellire Pauletti nel cimitero <strong>di</strong> Carate<br />
Brianza dove si trovava la cappella della<br />
famiglia Brambi e dove riposava Lucia.<br />
Fu una cerimonia semplice ma toccante<br />
insieme a Lucilla e Alvise che come me<br />
avevano voluto onorare uno sfortunato<br />
soldato mandato allo sbaraglio in una guerra<br />
stupida ed insensata combattuta in luoghi che<br />
il buon senso avrebbe dovuto consigliare <strong>di</strong><br />
svolgere, se davvero necessaria per l’onore e<br />
gli interessi della patria, in altri luoghi più<br />
ospitali.<br />
<strong>La</strong> promessa <strong>di</strong> Alberto finalmente si era<br />
avverata: “vivremo assieme per l’eternità” e<br />
forse quell’ultimo pensiero prima <strong>di</strong> morire<br />
così forte e voluto aveva trapassato il tempo<br />
167
fino a trasferirsi nella mia anima e nel corpo <strong>di</strong><br />
Alvise.<br />
Alvise pian piano non soffrì più <strong>di</strong> quella<br />
strana forma <strong>di</strong> epilessia che lo aveva colpito<br />
dopo l’incidente, e i me<strong>di</strong>ci <strong>di</strong>ssero che le cure<br />
cui si era sottoposto, ed il tempo, avevano<br />
guarito gli effetti del fulmine; io invece dopo<br />
questa ulteriore esperienza volutamente<br />
cercavo <strong>di</strong> non <strong>di</strong>menticare e rimasi in contatto<br />
con lui per cercare nuovi particolari della vita<br />
<strong>di</strong> Alberto e Lucia.<br />
Quando potevo mi ritrovavo con Alvise,<br />
venne anche a trovarmi in città, ed insieme a<br />
Lucilla ci piaceva ripercorrere l’incre<strong>di</strong>bile<br />
storia che avevamo vissuto arricchendola<br />
spesso <strong>di</strong> piccoli dettagli, ora piangendo, ora<br />
ridendo, ma con l’animo sereno <strong>di</strong> chi era stato<br />
sfiorato da un evento misterioso che ci aveva<br />
consentito <strong>di</strong> vivere un’esperienza unica ed<br />
irripetibile.<br />
“Lucilla, Alvise ed io ora siamo complici,<br />
complici <strong>di</strong> un segreto fantastico e in<strong>di</strong>cibile che ci<br />
<strong>di</strong>fferenzia da tutti voi e che mai sveleremo al<br />
mondo perchè la società non è in grado <strong>di</strong> capire e<br />
accettare le nostre <strong>di</strong>versità.<br />
168
Così è da sempre, chi è <strong>di</strong>verso è costretto a<br />
restare nell’ombra, ma state molto attenti, potrebbe<br />
capitare anche a voi e vi accorgerete che mantenere<br />
un segreto è molto, molto <strong>di</strong>fficile!<br />
Un’increspatura, una piccolissima increspatura e<br />
……”<br />
169
Ognuno <strong>di</strong> noi ha qualche piccolo<br />
segreto che non svelerà mai a nessuno!<br />
171
In memoria <strong>di</strong> quei giovani e valorosi soldati<br />
morti sulle Dolomiti che, sopportando<br />
sofferenze e tormenti in<strong>di</strong>cibili, sperarono fino<br />
alla fine in un futuro migliore.<br />
Un monito a tutti gli appassionati <strong>di</strong> alpinismo<br />
che, troppo spesso imprudentemente, amando<br />
la montagna, sono morti e continuano a<br />
morire ignorando i pericoli nascosti dalla<br />
natura con tanta maestria e cinismo, lì dove<br />
sembra possibile toccare il cielo con un <strong>di</strong>to.<br />
173
Ringraziamenti e de<strong>di</strong>che<br />
De<strong>di</strong>co questo libro a mia moglie Donatella<br />
perché mi ha stimolato a portare avanti questa<br />
strana idea <strong>di</strong> improvvisarmi scrittore, ai miei<br />
tre figli Maria Elena, Alessandro e Maria Luisa<br />
perché rimangano sempre uniti nel bene e nel<br />
male, a mia madre perché ha sempre creduto<br />
in me e mi ha aiutato nei momenti <strong>di</strong>fficili<br />
della vita, a mio padre che è stato la luce che<br />
ha illuminato la mia giovinezza.<br />
Ringrazio Barbara Sulis che mi ha aiutato a<br />
migliorare alcuni capitoli della prima parte del<br />
libro.<br />
Ringrazio anche la inconsapevole<br />
professoressa <strong>di</strong> mia figlia per la <strong>di</strong>vertente<br />
storia delle Tòfane.<br />
Ringrazio il destino per avermi dato<br />
l’opportunità <strong>di</strong> passare, almeno 60 giorni<br />
all’anno, nelle Dolomiti, uno dei luoghi più<br />
belli del mondo, a partire dal 1950 ...e non nel<br />
1915-1918!<br />
Un doloroso ad<strong>di</strong>o a Sandro, compagno <strong>di</strong><br />
tante belle passeggiate e sciate, scomparso<br />
prematuramente alle Cinque Torri in una<br />
ra<strong>di</strong>osa giornata <strong>di</strong> sole il 10 febbraio 2008.<br />
175
Come me amava la montagna e spesso <strong>di</strong>ceva<br />
che in futuro si sarebbe trasferito volentieri tra<br />
queste montagne per trascorrere una vecchiaia<br />
serena insieme a sua moglie Nicoletta. Ora<br />
riposa in pace nel piccolo e austero cimitero <strong>di</strong><br />
Cortina. In me rimarrà sempre vivo il ricordo<br />
<strong>di</strong> una persona piena <strong>di</strong> vita, generosa e<br />
gioviale.<br />
176