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RAPPRESENTAZIONE DI SAN GIOVANNI E PAULO. 257
Pericoli e fatiche in moltitudine ;
Per te sparto ho più volte el sangue mio:
Lasciarne in pace servire ora a Dio.
CoNSTANTiNO: Quando io penso al mio stato e allo onore,
Par duro a licenziarti, o Gallicano ;
Ghè, sanza capitan, lo imperadore
, ,
Si può dir quasi un uom sanza la mano :
Ma quando io penso poi al grande amore,
Ogni pensier di me diventa vanoj
Stimo più te, che alcun mio periglio,
E laudo molto questo tuo consiglio.
Benché mi dolga assai la tua partita
Per tua consolazion te la permetto :
Ma poiché Dio al vero ben t' invita
Seguita ben, siccome hai ben eletto;
Ghè brieve e traditore é questa vita.
Né altro alfìn che fatica e dispetto :
Metti ad effetto e' pensier santi e magni
Che arai ben presto teco altri compagni.
Gallicano si parte e di lui non si fa più menzione.
CoNSTANTiNO lascia lo impero a' figliuoli, e dice:
, ,
,
Constantino, o Gonstanzio, o Constante,
figliuol miei del mio gran regno eredi
Voi vedete le membra mie tremante,
E '1 capo bianco, e non ben fermi i piedi:
Questa età , dopo mie fatiche tante
Vuol che qualche riposo io li concedi ;
Né puote un vechio bene, a dire il vero.
Reggere alle fatiche d' uno impero.
Però s' i' stessi in questa regal sede
Saria disagio a me, al popol danno :
L' età riposo , e '1 popol signor chiede ;
Di me medesmo troppo non m' inganno.
E chi sarà di voi del regno erede
Sappi, che '1 regno altro non è che affanno,
Fatica assai di corpo e di pensiero ;
Né, come par di fuor, dolce è l' impero.
Sappiate che chi vuole '1 popol reggere,
Debbe pensare al bene universale ;
E chi vuole altri da li error correggere.
Sforzisi prima lui di non far male :
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