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OPUS PISTORUM

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Giela do. Ci sono due modi per assicurarsi una buona chiavata. Uno è fare il<br />

prepotente, l'altro è assecondare la vacca, qualunque cosa le zompi in zucca.<br />

Gliela do, quindi. E lei se l'infila nel buco del culo. Io le infilo il batacchio pella<br />

fica. Ho paura che se ne venga senza il mio concorso. Manovra con tale destrezza<br />

quella spazzola. Io allora ingaggio una gara. Il mio manico e quel manico di legno<br />

sembran due purosangue che lottano a collo a collo sulla dirittura d'arrivo,<br />

all'ippodromo.<br />

Lei è talmente arrapata che sprizza un calore, un'energia sufficiente a mandar<br />

avanti la metropolitana di Parigi per tre ore. La sua pelle è talmente lubrica, si<br />

dimena e si dibatte talmente che sembriamo un groviglio di bisce, una massa di<br />

anguille frenetiche. Finché ce ne veniamo insieme.<br />

"È stato magnifico," dice lei, e non soggiunge altro. Non s'è ancora sfilato il<br />

manico della spazzola dal culo. Seguita anzi a muoverlo su e giù. Io glielo ficco<br />

dentro tutto quanto, per fotterla ancora, visto che John Thursday non ce la fa<br />

più.<br />

Quanto chiasso può fare una fica! Se continua così richiamerà tutta la gente<br />

del vicinato. Verranno qui a guardare. Le metto un cuscino sopra la faccia e<br />

continuo a rimestarle nel culo con il manico di spazzola. Non ne può più, grida,<br />

naturalmente, dice che la sto ammazzando, e così via. Devo ammettere che è<br />

coerente, per una figa. Si lamenta, inveisce, implora che smetta, ma il suo tono di<br />

voce la tradisce. Le dà un gusto matto, un folle piacere, che si abusi di lei. Io la<br />

maltratto, e in maniera schifosa per giunta. Quindi adempio al suo volere e ri-<br />

conosco i suoi diritti e soddisfo le sue legittime esigenze, strapazzandola con<br />

quella spazzola. Se ne viene di nuovo. E gode, perdio, come gode!<br />

Mi siedo sulla sua schiena e le contemplo il culo. È esausta, sazia, frolla. Ma<br />

quelle due grasse chiappone mi tentano. Prendo la spazzola, per il manico<br />

stavolta, e le do giù di piatto, con tutta la forza, sculacciandola ritmicamente. A<br />

ogni sventola lei urla di dolore, ma al dolore c'è misto il piacere. Tanto che alla<br />

fine implora: "Ancora... ancora..."<br />

Le do giù con più vigore, con più rabbia, prendi maledetta figa, prendi questo,<br />

baldracca, e questo, e questo! Lei ripete: ―Ancora... ancora..." Geme, le esce un<br />

lagno di dolore dalla gola, ma il piacere è anch'esso intenso. Ah, puttana<br />

maledetta! zozza troia! lurida bagascia!<br />

Il culo è tutto rosso. Allora rigiro la spazzola dall'altra parte e le do giù dalla<br />

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