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o lo pestiamo o gli consegniamo la borsetta, a seconda di quanto lui è duro e di<br />
quanto noi siamo ubriachi quando arriviamo là.<br />
La portinaia è sorda come una campana. Arthur deve mostrarle una delle<br />
lettere, per farle capire chi cerchiamo. Allora ci indica una porta a pianterreno.<br />
Bussiamo. La porta si apre subito. Sentiamo una vocina quasi ai nostri piedi.<br />
Arthur mi guarda costernato, poi guarda giù di nuovo. Non è una bambina: è<br />
una nanetta.<br />
Arthur balbetta qualcosa e poi le porge la borsa. La nana la riconosce e capisce<br />
perché siamo venuti. Ci invita ad entrare. Arthur mi spinge avanti. Sembra di<br />
entrare in una casa di bambole.<br />
Ci viene offerto subito da bere. La nana ha capito che ne abbiamo davvero<br />
bisogno. Ci lascia lì seduti sul divano e va a prenderci da bere. Né Arthur né io<br />
riusciamo a spiccicare parola. Ci guardiamo l'un l'altro e poi giriamo gli occhi<br />
intorno. Parte dei mobili, come il divano, è di dimensioni normali; gli altri sono<br />
invece in miniatura.<br />
La bottiglia di whisky che la nana è andata a prendere è grande quasi quanto<br />
lei. Per la terza o quarta volta Arthur racconta come abbiamo trovato la borsetta.<br />
È tutto quello che trova da dire. E ogni volta la nana ci ringrazia, e noi ci sentia-<br />
mo un po' più idioti.<br />
Non è prevista dal galateo, una situazione come questa.<br />
Cosa si può dire a una nanetta? Ovviamente, ci saranno argomenti di cui<br />
parlano... ma un nano... Cristo, i nani vivono in un mondo tutto loro. Vorrei non<br />
essere venuto.<br />
È carina la nana, però. Almeno per una nana. Non ha l'aria di una bamboccia,<br />
come tante; sembra bensì la miniatura d'una donna normale. Ha belle gambette,<br />
un bel culino, e le tette... suppongo che possano dirsi grosse, in proporzione al<br />
resto. Guardo Arthur e vedo che anche lui ha notato queste cose. Il whisky è<br />
buono e mi fa sentire meglio. Ne accetto un altro.<br />
La nanetta dopo un po' incomincia a farci gli occhioni dolci. Ci chiede di noi,<br />
cosa facciamo, cosa non facciamo, e così via. Quanto a lei, fa parte di un circo e<br />
abita lì fra una tournée e l'altra. Tutto questo con una vocina sottile e argentina,<br />
che fa pensare a un uccello canoro. Faccio un segno a Arthur — inutile restare —<br />
e prendiamo congedo. Lei ci invita a tornare, qualche altra volta. Il suo nome è<br />
Charlotte... Charlotte...<br />
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