La narrativa della catastrofe fa parte della letteratura apocalittica, che trae origine per l’appunto dal testo biblico dell’Apocal<strong>is</strong>se di Giovanni 175 . In questo solco possiamo inserire la cosiddetta ‘tetralogia del d<strong>is</strong>astro’ che comprende i primi romanzi di Ballard (che pure, a scanso di equivoci, prende le d<strong>is</strong>tanze da quelli citati poco sopra) 176 . In alcuni passi di questa tetralogia troviamo dei riferimenti espliciti all’universo biblico, che di quando in quando emergono anche in altri momenti nella narrativa ballardiana, come in <strong>The</strong> Crystal World 177 . Ad esempio, in <strong>The</strong> Wind from Nowhere c’è un riferimento alla Torre di Babele, con un personaggio, Hardoon, che costru<strong>is</strong>ce una gigantesca torre che possa res<strong>is</strong>tere alla straordinaria violenza d<strong>is</strong>truttrice del vento, che naturalmente crollerà. In queste sue opere l’aspetto meccanic<strong>is</strong>tico del d<strong>is</strong>astro naturale e di ciò che lo provoca restano sullo sfondo. In primo piano sta la funzione <strong>degli</strong> elementi, delle singole componenti naturali, le quali interag<strong>is</strong>cono con i protagon<strong>is</strong>ti su un piano che trascende quello dialettico. A tali catastrofi e ai loro effetti corr<strong>is</strong>ponde una reazione da parte loro a ciò che non può essere definito altrimenti che come una particolare sollecitazione di qualcosa che si trova all’interno della psiche umana. Lo stesso Ballard commenta: I believe that the catastrophe story, whoever may tell it, represents a constructive and positive act by the imagination rather than a negative one, an attempt to confront the terrifying void of a patently meaningless universe by challenging it at its own game, to remake zero by provoking it in every conceivable way 178 . In <strong>The</strong> Atrocity Exhibition Ballard fa citare al personaggio Kline una frase del pittore cileno Matta a proposito di un possibile d<strong>is</strong>astro spaziale e la commenta: Kline: “Why must we await, and fear, a d<strong>is</strong>aster in space in order to understand our own time? – Matta.” <strong>The</strong> Chilean painter, Roberto Matta, one of the last of the surreal<strong>is</strong>ts, asked th<strong>is</strong> as yet unanswerable Fiction Studies n. 7, novembre 1975 (http://www.jgballard.ca/pringle_news_from_the_sun/news_from_sun19.html) [Ultima v<strong>is</strong>ita 01/08/2010]. 175 «[…] il testo è di una violenza e di un’oscurità sconcertanti. Battaglie, massacri, catacl<strong>is</strong>mi <strong>planet</strong>ari costellano le sue pagine più di ogni altro libro dell’Antico e del Nuovo testamento; e le sue figure allegoriche hanno finito per diventare dei luoghi comuni dell’immaginario occidentale: i sette sigilli che si aprono, i quattro cavalieri, la bestia che sale dal mare, la prostituta vestita di scarlatto. […] E proprio nel corso di quegli eventi che segnano il trapasso dal Medioevo all’età moderna (fra XV e XVI secolo) comincia il processo di laicizzazione dell’immaginazione e delle aspirazioni apocalittiche, e il sedimentarsi nella cultura europea di un immaginario apocalittico che conserva sì un ambiguo legame con l’originaria matrice religiosa, ma si apre a una considerazione più terrena del ruolo dell’uomo nei processi di palingenesi sociale.» Antonio Caronia, “Ultime apocal<strong>is</strong>si”, Pulp libri n. 20, luglio-agosto 1999. 176 «It <strong>is</strong> significant too that Ballard's largely d<strong>is</strong>m<strong>is</strong>sive comments on earlier texts in the genre relate to landscape, which, if the imperial subtext <strong>is</strong> to be read, <strong>is</strong> crucially connected to the constitution of nation: “<strong>The</strong> rural landscape of the meadow didn't mean anything to me [...] That's why the sf of John Wyndham, Chr<strong>is</strong>topher and so forth I can't take. Too many rolling meadows” [Ballard interview with Pringle and Godard, Vector 73, March 1976, p. 29].» R. Luckhurst, op. cit., p. 304. 177 «<strong>The</strong> crystal world represents Ballard’s most compelling and most fully-realized “ontological Eden”, and as such constitutes an appropriate concluding image to h<strong>is</strong> apocalyptic tetralogy.» G. Stephenson, op. cit., p. 61. 178 J. G. Ballard, cit. in Adam Parfrey, Apocalypse Culture, Los Angeles, Feral House, 1990, p. 8. - 57 -
question. All d<strong>is</strong>asters – earthquakes, plane or car crashes – seem to reveal for a brief moment the secret formulas of the world around us, but a d<strong>is</strong>aster in space rewrites the rules of the continuum itself 179 . Nell’universo ballardiano rientrano tutta una serie di elementi legati all’epopea della conqu<strong>is</strong>ta dello spazio, come nella raccolta di short stories Memories of the Space Age (1988), sempre v<strong>is</strong>ti nell’ottica del dopo, con Cape Canaveral in stato di abbandono e così via. Tra questi elementi i d<strong>is</strong>astri che riguardano gli astronauti morti nello spazio, che troviamo in racconti come “<strong>The</strong> Dead Astronaut” (1967). E la storia dei voli spaziali americani comprende effettivamente dei gravi incidenti, come quello in cui morirono l’equipaggio dell’Apollo 1 (1967), quello dello Space Shuttle Challenger (1986), esploso in volo 73 secondi dopo la partenza, e quello dello Space Shuttle Columbia (2003). 179 J. G. Ballard, a cura di V. Vale e A. Juno, Atrocity, op. cit., p. 45. - 58 -
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