i fantasmi della poesia di Walter de la Mare - LietoColle

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PERUGIA
Facoltà di Lettere e Filosofia
Corso di Laurea in Lingue e Letterature Straniere
TESI DI LAUREA
L’INCONTRO CON IL FANTASMA
NELLA POESIA DI WALTER DE LA MARE
Laureando Ch.mo Relatore
Alessia Fava Prof.ssa Francesca Montesperelli
Anno Accademico 1998 - 1999
1

CAPITOLO I:
WALTER DE LA MARE 1873-1956
1.1. L’uomo e il poeta
Negli anni Cinquanta e Sessanta, il ricchissimo panorama di
studi italiani sulla letteratura inglese del ventesimo secolo riserva
uno spazio d’indagine alquanto ristretto alla voce poetica,
affascinante e complessa, di John Walter de la Mare, poeta e
scrittore nato nel 1873 a Charlton, nel Kent. Carlo Izzo e Roberto
Sanesi hanno inserito alcune sue liriche, proponendone la
traduzione italiana, nelle loro rispettive, vaste antologie, viaggi
letterari nell’atmosfera culturale dell’Inghilterra del Novecento 1 ; il
loro sguardo critico si posa però frettolosamente sui modi e sui
contenuti poetici dell’autore e non potrebbe essere altrimenti in
opere enciclopediche di questo genere, il cui scopo principale è
quello di fornire al lettore un quadro letterario complessivo di una
determinata epoca. Così anche ne La Letteratura Inglese del
Novecento, 2 Piero Rebora lo ricorda sbrigativamente come narratore
1 1 CARLO IZZO, Poesia Inglese del Novecento, Guanda Editore, Parma 1967, p. 24. Le
poesie di Walter de la Mare tradotte in italiano presenti in questa antologia sono: Le cose
passate, La mosca, Il cavaliere, La Fata beffarda, Arabia.
ROBERTO SANESI, Poeti Inglesi del Novecento, Edizioni Bompiani, Milano 1960, pp. 20-
21. Sanesi propone la traduzione italiana di cinque poesie di Walter de la Mare: Arabia, Ariele,
Compagnia invernale, Figlio dell’uomo, Orgoglio.
2 PIERO REBORA, La Letteratura Inglese del Novecento, Edizioni Le Lingue Estere, Firenze
1950, pp. 88-9.
2

fantastico per bambini e come il poeta più squisito tra i Georgiani,
sebbene la sua attenzione sia in grado di sfiorare aspetti della sua
personalità poetica, che gli altri due autori di antologie italiane non
trattano . In Walter de la Mare si troverebbero, secondo Rebora, fusi
e operanti certi motivi tipici della poesia inglese, come il
sentimento mistico della natura, il gusto del magico e il senso
tragico del mistero. Egli mantenne di fronte alla realtà uno stato
d’animo contemplativo, indifferente all’irrequietezza e alla
eccitazione dell’affannosa vita moderna. Indifferente, ma non cieco:
poiché, anzi, egli ne vede tutta la tragicità, avverte l’ansito della
lotta, ma non si sente travolto da essa. La guarda soltanto, sapendo
in fondo che la lotta finirà in una disfatta; ma una disfatta per la
quale è vano ed ingiusto incollerirsi o maledire, poiché essa creerà
valori che hanno una loro suprema bellezza. Poesie come Nod,
Echo e The Listeners riflettono, secondo Rebora, questi stati
d’animo, e con la loro irresolutezza e il loro senso trepido di
mistero ci fanno pensare, se si dovesse trovare un equivalente
italiano, al lirismo tutto in profondità del migliore Pascoli 3 . Pur
sottolineando elementi di estremo interesse, Piero Rebora non
riesce però ad approfondire i contenuti della poesia delamariana
oltre i confini dell’esperienza georgiana.
Edward Marsh fu l’ideatore di quella che lui stesso definì
“Georgian School”, nome scelto per indicare l’inizio di una nuova
era poetica coincidente con l’ascesa al trono di Giorgio V. Il gruppo
dei poeti che Marsh chiamò a collaborare, tra i quali, a parte De la
3 Ibidem, p. 89.
3

Mare, ricordiamo Housman, Bottomley e Davies, avrebbe dovuto
dare un nuovo impulso alla poesia, che stava attraversando un
periodo di stasi dopo l’eloquenza dei Vittoriani e l’estetismo degli
anni Novanta, stimolando l’attenzione del pubblico inglese, che
intanto aveva perso interesse alla poesia. Ma come ritiene Daiches,
gran parte degli esponenti di questa tendenza poetica, lungi
dall’apportare uno spirito nuovo, fresco e spontaneo nei propri
versi, si rifacevano all’esperienza romantica, in particolare ai temi
intimisti e paesaggistici wordsworthiani 4 . Così molto presto il
termine “Georgian” acquistò un significato non contemplato dai
suoi progenitori, divenne infatti sinonimo di chi, rimanendo legato
ad una tradizione letteraria passata, è incapace di contribuire allo
sviluppo della poesia. Molti critici sono d’accordo sul fatto che la
produzione poetica dei Georgiani, che fu pubblicata nelle diverse
edizioni della Georgian Anthology soprattutto tra il 1912 e il 1922,
sia ripetitiva e convenzionale, una lirica in versi con sfumature
tardo-romantiche.
Victoria Sackville-West 5 a proposito di De la Mare come
poeta georgiano ha parlato a ragione di “damning label.” E’ forse a
causa di questa etichetta e della connotazione negativa che essa
assunse, che l’originalità della poesia di Walter de la Mare non
venne colta, e l’attenzione fu rivolta maggiormente alla sua
produzione letteraria in prosa. Infatti il suo nome è nella maggior
parte dei casi legato alle numerose “short-stories” che scrisse,
4 DAVID DAICHES, A critical History of English Literature, Mandarin, London 1944, vol. 2.
5 VICTORIA SACKVILLE-WEST, Walter de la Mare and The Traveller, University Press,
Oxford 1953, p. 33.
4

piccoli gioielli di creatività narrativa e di incalcolabile capacità
espressiva, “una prosa eolica, prodigiosamente allusiva ed elusiva,
una ragnatela che lascia una scia bavosa, un barbaglio fosforico
nella psiche” 6 . E soprattutto la produzione narrativa è stata oggetto
di interesse per i traduttori italiani, che hanno voluto trasportare
nella nostra lingua le atmosfere gotiche, i paesaggi rarefatti e gli
accenti di soffusa apprensione che non hanno mai in De la Mare
una causa riconoscibile una volta per tutte, impigliati in un
linguaggio complicato nella sua preziosità e ricco di echi
shakespeariani, come ci ha confessato in una vivace conversazione
Ottavio Fatica, uno degli appassionati studiosi del mondo narrativo
delamariano e uno dei suoi più fini traduttori.
La diffusione relativamente ampia in Italia dei racconti
fantastici di questo autore visionario, è certo dovuta principalmente,
oltre a questioni di valutazione critica, anche alle regole
economiche cui sottostà il mondo editoriale negli ultimi cinquanta
anni.
La copiosissima produzione poetica di De la Mare, a nostro
parere, merita però di essere indagata quanto la prosa, per la
complessità dei contenuti e per la musicalità, mai intesa solo come
puro artifizio fine a se stesso; una musicalità che la penna
6 cfr. OTTAVIO FATICA, Postfazione a Walter de la Mare: Il Rinchiuso, Theoria, Roma-
Napoli 1989, p. 240. Alcuni racconti brevi e un solo romanzo (Memoir of a Midget) di Walter
de la Mare sono stati tradotti in italiano a partire dagli anni ottanta: Memorie di una donna in
miniatura, tr. Margherita Santi Farina, Serra e Riva, Milano 1980; Storie di animali, tr. di Anna
Malvezzi, Longanesi, Milano 1984; L’artigiano ideale, tr. di Piera Sestini, Sellerio Editore,
Palermo 1986; Ognissanti, tr. di Emanuela Turchetti, Edizioni Theoria, Roma 1986; Racconti
del mistero, tr. di Enrico Groppali, Ugo Guanda Editore, Parma 1991;La tromba, tr. di Cristina
Guerri, Sellerio Editore, Palermo 1993.
5

dell’autore ricrea sulla carta grazie a fitte reti di richiami tra i suoni
inglesi più impalpabili, come le liquide e le semivocali e
arricchendo i versi di assonanze e di allitterazioni. Le parole che
trovano un loro spazio poetico si impongono in De la Mare sia per
la loro forza semantica che per l’intensa sequenza di suoni che le
compone. Le poesie per bambini aventi una forma rarefatta e
magica, ricche di echi di folk-tales, fairylands, filastrocche da
children literature ne costituiscono un’inconfutabile prova 7 .
La ricerca delle modalità espressive capaci di esprimere i
profondi significati che investono l’esistenza dell’uomo
accompagna il poeta fino alle sue ultime raccolte poetiche, creando
soprattutto nelle forme epigrammatiche un connubio tra stile e
contenuto, che esula dal “romanticismo stereotipato” dei georgiani,
per fissare toni e modi intimi e personali 8 .
In ultima analisi, potremmo trovarci d’accordo con
l’osservazione di Luce Bonnerot, “on le classait là, où alors on ne le
classait pas du tout” 9 . La parentesi letteraria “georgiana” gli
permise di venire in contatto con tanti altri letterati della sua epoca
e gli garantì al momento una fama e una notorietà mai avuta in
passato. Fu Georgiano nell’aderire al progetto, ma il suo
romanticismo, lungi dall’essere rievocazione passiva di una
tradizione ormai morta e vuota di contenuti, rivive arricchendosi di
7 V. AMORUSO, F. BINNI, I Contemporanei. Letteratura Inglese, Lucarini Editore, Roma
1977, vol. 1, p. 331.
8 R. L. MÉGROZ, Walter de la Mare: A Biography and Critical Study, Hardcover, 1972, p.
231.
9cfr. LUCE BONNEROT, L’oeuvre de Walter de la Mare: une aventure spirituelle, Didier,
Paris 1969, p. 33.
6

elementi di straordinario interesse. In particolare, l’indagine intorno
al mistero della vita e della morte, oggetto di ricerca costante nella
sua produzione poetica, genera nella sua poesia un elemento di
novità rispetto ai georgiani e ai romantici: l’incontro con il
fantasma, espressione di una realtà altra che gli esseri umani
possono solo fugacemente percepire. I suoi versi spesso cercano di
imprigionare l’ombra che egli avverte insinuarsi nei paesaggi
solitari, tra le crepe di torri in rovina, negli spazi interni di case
disabitate o in riva a piccoli corsi d’acqua, perché è là che i
“ghosts” dimorano. Forse è tra i loro soavi respiri, nei toni confusi
delle loro voci, o nei fasci di luce che emanano che riposa il mistero
ultimo della vita, e la sua poesia intrisa di una irrefrenabile ansia di
ricerca vorrebbe toccarli, vederli, incontrarli perché depositari di ciò
che all’uomo sulla terra è dato solo di indovinare. A questo
proposito Duffin ricorda nel suo bellissimo saggio: “De la Mare has
named among the spring of poetry a sense of wonder and mistery, a
hope and hunger for the unknown. The world that we know and half
understand is so wonderful that a man might lose all his days
musing on its perpetual miracle. But the eternal world of which we
see only a shadow, and that only in favoured moments; which we
know, if at all, only by inference: this we guess is wonderful
beyond our dreams. And the poet’s true business is not to led us to
truth, nor primarily, even to bring us beauty or joy, but to make us
aware and keep us reminded of the unimaginable wonder of life, of
the unknown, of the true reality. An this is what De la Mare did” 10 .
10 cfr. H. C. DUFFIN, Walter de la Mare: A Study of His Poetry, Hardcover, 1949, p. 13.
7

Secondo Bonnerot, un altro elemento pesò sulla reputazione
poetica dell’autore: “Cette pensée absolument personnelle,
audacieuse souvent, était coulée dans une forme traditionnelle; cette
pensée originale était exprimée dans une langue qui pouvait paraître
conventionelle, précieuse et surchargée” 11 . Le liriche di Walter de la
Mare possono apparire – giustamente Bonnerot scrive “pouvait
paraître” – tradizionali a chi, agli albori del XX secolo in seguito
all’influenza della poesia simbolista francese di Baudelaire, di
Rimbaud e di Mallarmè e all’esperienza decadente inglese, si
aspettava un drastico rinnovamento nell’espressione formale,
specchio del senso di irrequietezza e di malessere dei primi anni del
1900; si indicarono così nelle forme estreme dell’Imagismo di Ezra
Pound o nei versi dei simbolisti inglesi i germi della poesia
moderna 12 .
Ad un analisi più accurata della produzione poetica
delamariana, ci si accorge delle novità che esistono sia a livello
contenutistico che a livello formale; novità che non rompono
violentemente con il passato, e che quindi sono più difficili da
cogliere ad un primo sguardo, ma si innestano nella tradizione per
ripensarla alla luce di una nuova sensibilità, quella dell’uomo del
XX secolo. Così, i paesaggi dotati di un’intensa e positiva
spiritualità dei versi di Wordsworth si animano di presenze a volte
malefiche e beffarde, di voci e suoni enigmatici che attirano
l’attenzione dell’uomo senza mai svelarsi completamente; il sonetto
11 cfr. LUCE BONNEROT, op. cit., p. 18.
12 AGOSTINO LOMBARDO, La Poesia Inglese dall’Estetismo al Simbolismo, Edizioni di
Storia e Letteratura, Roma 1950, pp. 22-23.
8

come forma poetica viene del tutto abbandonato, per lasciare spazio
a strutture più libere e aperte dove far vivere espedienti tipici dello
scrivere prosastico, come la forma diretta del discorso o la
creazione di due o più personaggi che diventano i protagonisti di
una poesia, e dove registrare il ritmo e gli aspetti del linguaggio
parlato come i trattini, i punti di sospensione, i punti esclamativi.
Immagini e linguaggio sono in Walter de la Mare riflesso di
un pensiero che non trova mai un attimo di riposo, o una sicurezza
alla quale aggrapparsi; è un anelito la cui veste filosofica più
naturale è l’incertezza, sorgente ispiratrice che è capace di gridare,
squarciando il silenzio, versi come questi: “O restless thought,/
Contented not! With “Why” distraught” 13 . E’ un pensiero che nasce
da una sensibilità fresca e spontanea, in grado di entusiasmarsi e di
incuriosirsi di fronte ai più diversi fenomeni della vita con la stessa
disarmante intensità di un bambino. “What moved the child will
move the heart’s imagination to the end. At least this is true of artist
whose vision is essentially childlike” 14 . E la sua era così; suo nipote
Giles de la Mare me lo confermava, lo scorso anno a Londra
quando ebbi l’occasione di incontrarlo e di intervistarlo. Mi trovavo
da due settimane, a Londra per condurre le mie ricerche
bibliografiche su Walter de la Mare. Fin dai primi momenti del mio
soggiorno in Inghilterra avevo progettato di incontrare Giles de la
Mare, perché credevo che nessuno meglio di lui avrebbe potuto
13 WALTER DE LA MARE, Collected Poems, F & F, London 1979, A Riddle, vv. 17-18, p.
155.
14cfr. THERESA WHISTLER, Imagination of the Heart: the Life of Walter de la Mare,
Duckworth, London 1993, p. 10.
9

farmi conoscere direttamente aspetti e curiosità della personalità di
suo nonno. Pensavo, però, che non sarebbe stato facile fissare un
appuntamento, considerando gli impegni di ordinaria
amministrazione che affollano le giornate di un uomo come lui, che
è a capo di una delle più rinomate case editrici londinesi, la Faber
& Faber. Fortunatamente mi sbagliavo; una mattina raggiunsi
Queen Square, ritrovai la sede della Faber & Faber e mi presentai
alla segretaria, chiedendo se fosse stato possibile incontrare Giles
de la Mare per intervistarlo, in quanto stavo lavorando alla mia tesi
su Walter de la Mare e avevo deciso di orientare la mia ricerca sulla
traduzione in italiano di un corpus di poesie da lui scritte . Ricordo
che la segretaria lo informò all’istante della mia presenza e lui,
entusiasta, volle subito parlarmi al telefono per fissare un
appuntamento. Dopo due giorni, mi ricevette nel suo ufficio, un
ambiente non molto grande, pieno di libri di ogni tipo. Appena lo
incontrai, rimasi esterrefatta dalla inconfondibile somiglianza dei
tratti somatici; di Walter de la Mare possiedo solo le poche foto
pubblicate sui libri che trattano della sua vita, ma queste furono
sufficienti per riscontrare particolari del viso quasi identici: la bocca
sottile, il naso un po’ aquilino e gli occhi leggermente incavati.
Iniziammo a parlare e notai come lo sguardo di Giles si illuminò nel
rievocare la vita di suo nonno; capii quanto piacere trovasse nel
discutere della sua persona tanto che mi era difficile interromperlo.
Con il suo fare cortese, da perfetto gentleman inglese, cercò di
illustrare gli aspetti più interessanti della figura letteraria e umana
10

di Walter de la Mare. Mi parlò di lui esprimendo tutto il suo sincero
affetto e tutta la sua profonda ammirazione. Ricordò quanto suo
nonno amasse scrutare il mondo che lo circondava “ through child’s
eyes”, perché i bambini possiedono l’innata capacità di guardare le
cose in maniera più vivida, e non perché avrebbe voluto fermare il
suo tempo esistenziale all’infanzia. I bambini guardano il mondo in
una maniera che gli adulti si sono dimenticati, e questo non
significa essere “childish”. “ He not only kept, spontanously, the
childlike vision, but also continued deliberately to exercise the
special faculties of childhood – day-dreaming, make-believe,
questioning that takes nothing for granted” 15 afferma anche Theresa
Whistler nella sua splendida biografia.
Giles de la Mare ricordò che spesso suo nonno amava
rievocare a voce episodi della sua infanzia; ed era meraviglioso
ascoltare i suoi discorsi, le sue descrizioni così ricche di dettagli,
così articolate, complesse e vivide. Parlava come scriveva ed era
divertente rimanere in sua compagnia, in quanto aveva sempre
qualcosa di straordinario da raccontare; e anche quando parlava di
eventi di ordinario interesse, lo faceva sempre “in a very strange
way”.
Come l’infanzia, anche i piccoli episodi personali della sua
esistenza non irrompono mai allo scoperto nelle pagine di Walter de
la Mare, e se vi entrano lo fanno sempre in punta di piedi,
ponendosi obliquamente come riflessi di sensazioni, stati d’animo e
pensieri più generali. Non che la sua vita non gli avesse riservato,
15 Ibidem, p. 11.
11

affermò Giles de la Mare, ricco materiale da plasmare per le sue
creazioni artistiche; ma l’innata riservatezza, intima caratteristica
della sua personalità e il senso di un più alto compito, quello di
cogliere il mistero che si nasconde dietro la concreta realtà di tutti i
giorni, fecero sì che i suoi occhi si volgessero a quell’ Other Real
almeno per sfiorarlo.
La nostra piacevole conversazione durò più di due ore e alla
fine Giles de la Mare tenne a sottolineare quanto suo nonno avesse
vissuto alla luce della propria passione per la scrittura, sapendo che
quelle pagine nate dalla sua immaginazione avrebbero recato
frammenti quasi invisibili del proprio vivere. Mi lasciò così
ricordando che ogni pubblicazione da lui curata (come le due
raccolte di “short-stories”, introdotte da prefazioni da lui compilate
e ripubblicate dalla Faber & Faber) 16 nasce nel segno del rispetto di
quei frammenti invisibili dell’opera di suo nonno. Illuminanti sono
le parole che Walter de la Mare stesso ci ha lasciato, a questo
proposito, nel saggio da lui scritto su Christina Rossetti: “One of
the most absurd mistakes we can make concerning a poet is to
regard his work as something entirely apart from his life. If that
work is true to himself, it cannot but be the most uncompromising,
essential, secret and infallible proof of his inmost spirit and his
imagination… On the other hand, no less clumsy a mistake is to
seek in that work evidence of the mere facts which we know of his
16 WALTER DE LA MARE, Short Stories 1895-1926, Giles de la Mare Publishers, London
1996.
WALTER DE LA MARE, Short Stories 1927-1956, , Giles de la Mare Publishers, London
1996.
12

life; to suppose that the whole of the man is necessarily self-evident
in that work; and to judge of his actions as if they had been our
own” 17 . Ogni opera letteraria porta con sé squarci di vita del proprio
creatore; per questo chi pubblica le proprie creazioni sa di
rinunciare al segreto dei pensieri più intimi che porta dentro di sé:
“…the publication of a book implies that the author of it is to that
degree sharing himself with the world at large. Poetry in particular.
He puts into print what he wouldn’t confide in secret even to his
closest friend. It is a confessional wide as the heavens” 18 . Nostro
desiderio è allora riuscire ad ascoltare le confidenze e i segreti che
intessono la poesia delamariana nel suo confrontarsi con l’ignoto, il
fantastico, l’unreal.
1.2. La vita
Fin da bambino, le facoltà psichiche e mistiche prevalsero in
lui su quelle sensoriali, lasciando crescere nel suo intimo un grande
potere di immaginare per cui anche gli oggetti inanimati della
natura erano percepiti come magiche apparizioni, con una capacità
visionaria analoga a quella di Coleridge, Emily Brontë e Blake.
17 cfr. W. DE LA MARE, Christina Rossetti’s Poems, F & F, London 1930, cit. in Luce
Bonnerot, L’oeuvre de Walter de la Mare: une aventure spirituelle, Didier, Paris 1969, p. 19.
18 Ibidem, p. 20.
13

La nuova casa che sua madre Lucy Sophia Browning aveva
scelto nel 1877, dopo la morte del marito, quando Walter aveva soli
quattro anni, si trovava fuori Charlton, immersa nella natura; il
paesaggio che lo circondava divenne per lui una “border-land”,
dotata di intensa e magica energia. In tenera età, non dava
l’impressione di essere un “dreamy-child”, forse perché era troppo
attento ad analizzare i suoi “voli fantastici”, sottoposti spesso al
vaglio della ragione. Ma la sua sensibilità, la sua creatività e la sua
capacità d’osservazione superavano di gran lunga quella degli altri
bambini 19 .
Visse in pieno regime vittoriano, e vittoriani erano i modi e
gli insegnamenti di sua madre che, secondo i dettami dell’epoca,
faceva preparare il breakfast per i suoi figli in cucina perché la sala
era riservata esclusivamente agli adulti. Lucy rimase sicuramente
una figura centrale per i suoi figli; dotata di un solido coraggio e di
una forte personalità, seppe assumere in parte anche il ruolo di
padre; non si perse mai di fronte alle ristrettezze economiche e alle
difficoltà che incontrò nell’educare da sola i suoi figli. Tra Walter e
sua madre nacque un bellissimo rapporto che però non intaccò mai
la sua indipendenza. Fu lei stessa ad avvicinarlo alla lettura della
Bibbia, ma non raggiunse i risultati che sperava, perché più che dai
contenuti egli rimase affascinato dallo splendido stile in cui era
scritta, tanto che i suoi racconti ne riecheggiano il maestoso ritmo.
Anche le immagini e l’interpretazione che dava del mondo ripartito
in cose buone e cattive influenzarono l’immaginario dell’autore; gli
19 THERESA WHISTLER, , op. cit., p. 33.
14

angeli, in particolare, ritornano ossessivamente nella sua fantasia,
materializzandosi in alcuni racconti come “The Trumpet”, “The
Giant” e “The Guardian”, o in poesie, come An Angel 20 .
L’educazione religiosa severa che ricevette alla St. Paul’s
Cathedral School fino ai sedici anni, più che un sentimento
religioso, generò in lui un’avversione al dogma, che si fece
manifesta quando ormai gli anni della scuola erano trascorsi. Uno
dei primi momenti in cui avvertì il barcollare della fede in Dio fu
alla soglia dei vent’anni, quando visse una profonda frustrazione
intellettuale, di cui è possibile rintracciare i toni nelle molte lettere
che scrisse ad Elfie, la sua futura moglie, con la quale condivideva
all’epoca i propri pensieri e le proprie emozioni. In queste lettere, il
poeta si lamenta disperatamente che Dio lo abbia posto nella
condizione di non avere nessuno da pregare. In questa età si ha
bisogno di trovare le basi solide del proprio credo e si è poco
propensi a scendere a compromessi; si cercano certezze e sicure
risposte che la religione non è in grado di riservarci.
Walter de la Mare sapeva che l’unica alternativa al
Cristianesimo è il pessimismo; Thomas Hardy, a suo tempo, aveva
abbracciato con stoico coraggio il pessimismo e aveva deciso di
sondarne tutti gli aspetti. Walter de la Mare sentiva di non poter
accettare la speranza cristiana, ma non fu mai capace di accogliere
in sé l’alternativa pessimistica, almeno non in maniera permanente.
Il dolore presente nei suoi versi non cede mai alla disperazione;
anche i toni più tristi trovano momentaneo riposo in una sorta di
20 WALTER DE LA MARE, Collected Poems, op. cit., An Angel, p. 375.
15

serena rassicurazione. Visse alla luce dei valori cristiani, ponendoli
al di sopra di tutto per la loro bellezza, ma non credette mai,
nemmeno in vecchiaia, che quel Dio potesse garantire all’uomo
tranquillità e serenità. Il Dio cristiano non appare mai nelle sue
poesie; c’è piuttosto la figura di un Ente superiore, creatore del
mondo, o quella dell’ “inward companion”, segno e prova di una
religiosità soffusa, vissuta in maniera intimistica e personale. Era
sicuro invece dell’esistenza di una realtà fuori dalla percezione
umana, di cui il fantasma è testimone; da qualsiasi parte si voltasse,
sentiva che l’aria era carica di misteriosi suggerimenti provenienti
da regioni al di là della coscienza. Credeva che queste fossero le più
autentiche esperienze che la vita avesse da offrire e secondo lui il
loro intero valore e significato dipendevano da ciò che aspettava
l’anima nello stadio successivo alla vita, quando il peso della
fisicità sarebbe svanito; “knowledge of the state after death could
alone give him support for the supreme value he put, istinctively, on
the imagination as the one reliable interpreter of life” 21 , ricorda a
questo proposito Theresa Whistler. Egli sentiva che il mistero
circondava gli oggetti e gli esseri umani ed era capace di percepirlo
ovunque e nei più ordinari e insignificanti fatti di tutti i giorni. La
natura è un mistero, “a veil over some further reality of which the
imagination in its visionary moments seems to achieve a more
direct evidence”, come egli scrisse nella sua introduzione a Behold
This Dreamer 22 .
21 cfr. THERESA WHISTLER, op. cit., p. 61.
22 cfr. WALTER DE LA MARE, Behold This Dreamer, F & F, London 1939, p. 13.
16

Ai tempi della scuola, aveva già manifestato interesse per la
scrittura, fondando insieme ad un suo amico The Chorister’s
Journal, un giornalino che venne redatto per un breve periodo dai
ragazzini appartenenti al coro della St. Paul Cathedral School; ma
solo più tardi avrebbe compreso che il suo unico desiderio era
quello di dedicarsi completamente alla letteratura. Desiderio al
quale il destino alquanto avverso gli riservò non pochi ostacoli. Nel
1890 divenne impiegato alla Anglo-American Oil Company,
occupazione che non amò mai . L’esperienza di lavoro in ufficio gli
procurò però quel metodo sistematico e preciso che adottò per le
annotazioni letterarie, che raccoglieva nei suoi quadernini, ricchi di
osservazioni sullo stile, sulla grammatica inglese e sul modo di
descrivere paesaggi. Questi notebooks vennero compilati per dieci
anni e contengono anche qualche ambizioso tentativo, come quello
di tradurre l’Inferno di Dante. Il suo gusto, la sua personalissima
craftmanship, si formò spontaneamente, animato com’era
dall’impulsiva curiosità che divorava tutto ciò che trovava da
leggere: i masters della prosa vittoriana che affollavano gli scaffali
di sua madre, come Ruskin, Carlyle, Stevenson, Newman; i volumi
che trovava nella public library vicino casa, o quelli dell’edizione
King’s Classics, che mano a mano acquistò e lesse durante i pochi
momenti liberi delle sue lunghe giornate lavorative. Per questo la
conoscenza letteraria che ne derivò non fu mai imbrigliata dal
pesante accademismo. Di quello che scrisse, anche in tenera età,
quando leggeva le proprie storie fantastiche ai figli di sua sorella
17

Flo per divertirli, o quando si esercitava nella descrizione poetica di
un tramonto, Walter de la Mare non buttò mai nulla. Non era
questione di vanità, piuttosto egli sentiva che anche in quei passi
iniziali giacevano i semi preziosi dell’immaginazione che sarebbero
potuti fiorire più tardi.
Nel 1892, diventò membro della Esperanza Amateur
Dramatic Club, un gruppo di giovani attori e di aspiranti registi che
si riuniva regolarmente per scrivere e mettere in scena opere
teatrali. L’anno seguente, scrisse una farsa su richiesta della
compagnia, intitolata A Darling Old Villain, dove lui stesso recitò
la parte di un vecchio contadino e suo fratello Bert quella di un
affascinante attore che seduce la sua giovane figlia: è la prima
prova letteraria sottoposta agli occhi di un pubblico (fino ad allora,
infatti, i brevi racconti e i primi tentativi poetici non hanno
oltrepassato le quattro mura del suo studio). Dai tempi di A Darling
Old Villain, la possibilità di scrivere per il teatro si ripresentò di
tanto in tanto e riaccese il desiderio mai assopito in lui di cimentarsi
nell’arte drammatica; come nel 1919 quando un insegnante,
Armstrong Gibbs della Wick School di Hove, gli propose di
comporre un “musical play for children”; nascerà Crossings, mai
recitato su un palcoscenico ma pubblicato come racconto per
bambini. Più volte, nel corso della sua vita cercò di ristrutturare
vecchie opere teatrali che aveva composto, ma non fu mai un
drammaturgo; la sua libertà creativa e le sue spiccate abilità di
narratore, come l’attenzione ai dettagli, la caratterizzazione
18

psicologica dei personaggi e la creazione di atmosfere misteriose e
spettrali, mal si incontravano con le regole del palcoscenico.
All’ Esperanza, Walter conobbe Elfrida Ingpen e se ne
innamorò. Elfie, come sempre Walter la chiamerà, era una donna
energica e coraggiosa di undici anni più grande di lui, con la quale
condivideva la stessa passione per l’arte. In lei ritrovò tutte le
caratteristiche che più ammirava in una donna: la spontaneità, la
spiccata sensibilità e il senso materno. Elfie diventò subito la sua
compagna; a lei confidava per iscritto in numerose lettere i propri
dubbi e le proprie riflessioni sulla vita, sulla solitudine dell’uomo e
sulla morte. Dalla loro unione in matrimonio avvenuta nel 1899,
nacquero quattro figli; il loro rapporto fu quasi subito messo a dura
prova dalle piccole difficoltà finanziarie che la famiglia si trovò
spesso ad affrontare e conobbe momenti di felicità e di
spensieratezza, di crisi e di incomprensioni. Il colpo più duro che il
destino riservò al loro legame è da rintracciare nel 1911, quando
Walter conobbe l’editrice del Saturday Westminster, Naomi Royde-
Smith. Nacque tra loro una profonda intesa e una grande stima
reciproca, tramutatasi in breve tempo in amore, un amore proibito
che contribuì però a riaccendere l’ispirazione poetica dell’autore.
Walter visse momenti di profonda confusione e di tristezza; non
voleva abbandonare il suo ruolo di marito e di padre, ma allo stesso
tempo non riusciva a soffocare il sentimento che nutriva per Naomi.
Elfie soffrì in silenzio, mantenendo saldo il proprio equilibrio e
dedicandosi completamente ai propri figli. Con il trascorrere del
19

tempo, il rapporto con Naomi diventerà insostenibile; Walter
deciderà dunque per la rottura, ma quello strappo che era avvenuto
in seno al suo matrimonio non si ricucì più. I due rimasero sempre
l’uno al fianco dell’altro, ma non furono mai più vicini come lo
erano stati nei primi anni della loro relazione.
Nel 1896, Walter strinse amicizia con il fratello di Elfie,
Roger Ingpen, uomo di vasti interessi culturali, al quale confidò le
proprie ambizioni letterarie e sarà proprio Roger a suggerirgli di
spedire i suoi primi lavori a riviste letterarie. Si adopererà inoltre
per far conoscere i racconti di Walter Ramal, pseudonimo che
l’autore aveva scelto per firmare le sue prime creazioni, a editori
come St. Loe Strachey a capo del Cornhill Magazine, ottenendo
proprio in quegli stessi anni la pubblicazione di due “short-stories”,
“The Village of Old Age”e “The Moon’s Miracle”.
Nel 1897 inizia a scrivere versi in maniera privata; il suo
sguardo si rivolge ai grandi del passato e si appassiona a Chaucer.
La sua poesia nasce come child-poetry, semplice, priva di
industriosi artifizi perché indirizzata, agli albori, ai suoi nipotini.
Risalgono agli ultimi anni del XIX secolo i tentativi, senza
successo, di pubblicare queste prime liriche, poesie di bimbi, di
fate, di animali, di personaggi shakespeariani rivisitati dalla fantasia
dell’autore, che solo agli inizi del nuovo secolo troveranno un loro
posto in collezioni, delle quali per primo Longman, critico e uomo
di lettere, avvertirà la squisita originalità, seppur puntualizzandone
le piccole carenze formali. Gli unici momenti che può dedicare alla
20

scrittura giungono la sera, quando, libero dagli impegni di ufficio,
può appartarsi tranquillamente nell’intimità della sua stanza per
leggere, pensare, comporre brevi racconti e stendere versi. Questa
situazione si prolunga fino al 1908, quando, grazie all’intervento di
Henry Newbolt egli può usufruire di una pensione e finalmente
liberarsi dal lavoro alla Anglo-American Company, diventando a 35
anni homme de lettres, un’età alquanto insolita e tarda; per gran
parte dei poeti e scrittori che hanno fatto la storia della letteratura,
la soglia dei trenta aveva sancito il declino artistico; al contrario per
Walter de la Mare rappresentò l’inizio di un momento in cui forza
creativa e maestria formale si unirono per dare alla luce le più
preziose creazioni.
Dai primi anni del Novecento, il suo nome cominciò a essere
conosciuto negli ambienti letterari e le sue opere inizialmente
accantonate da giornali e riviste, cominciarono ad incontrare
l’approvazione di critici ed editori. I riconoscimenti non tardarono a
giungere. Nel 1911 ricevette il Prix Polignac per The Return, e nel
1922 il James Tait Black Memorial Prize per il romanzo Memoirs
of a Midget. Nel 1915 la Royal Society of Literature lo elesse
Professor of English Fiction. Ma gli apprezzamenti non vennero
rivolti solo alla sua produzione in prosa; dal 1902 le sue poesie
iniziarono a prendere forma in diverse collezioni, come
accennavamo poco sopra, e il suo nome riecheggiò di salotto in
salotto fino ad essere ritenuto indispensabile da un editore come
Marsh che lo volle in quel “progetto georgiano” che doveva, a suo
21

tempo, rappresentare la rinascita della poesia. Intanto, il cerchio
delle sue amicizie si era notevolmente ampliato: Mary Coleridge,
Edward Thomas e Ella Coltman si incontravano spesso con lui per
leggere i suoi versi, discutere e orientare le proprie scelte letterarie.
La sua casa si aprì a un vasto numero di intellettuali con i quali
amava conversare sugli argomenti che maggiormente lo
incuriosivano, come la natura dei sogni, la morte, i casi di omicidio
e gli stati di instabilità mentale.
Nel 1911 iniziò a lavorare come lettore di manoscritti presso
l’editoria di Heinemann, ma ben presto si accorse di quanto noioso
fosse questo compito. Qualche “reports” curato da Walter de la
Mare è sopravvissuto nel tempo; in essi il suo spirito critico manca
di quella ampiezza di vedute e di quella sicurezza di giudizio che
sarà presente nelle sue successive “lectures”. L’esperienza a
servizio di Heinemann gli permise di venire in contatto con le più
diverse tendenze letterarie dell’epoca e con intellettuali come D. H.
Lawrence, Upton Sinclair e Edward Garnett. Uno dei suoi primi
compiti fu quello di leggere e valutare criticamente il primo volume
di versi di D. H. Lawrence, quello che più tardi sarà intitolato Love
Poems and Others. De la mare mandò per iscritto a Lawrence
alcuni suggerimenti su queste sue poesie e consigliò poi Heinemann
di realizzarne la pubblicazione. Intanto il fervore letterario, era
fonte inesauribile di idee e di progetti: brevi racconti, romanzi,
poesie e saggi occupavano le sue intere giornate insieme agli
incontri con i suoi amici intellettuali con i quali potersi confrontare.
22

Quando scoppiò la prima guerra il terrore e lo sgomento
colpirono lui come tutti gli altri intellettuali dell’epoca: il mondo
che essi avevano da sempre conosciuto ne sarebbe uscito
completamente sconvolto. Walter de la Mare non partì per il fronte
come i suoi amici Rupert Brooke e Edward Thomas; per questo,
spesso avvertiva un senso di colpa, che nei momenti di maggior
travaglio intellettuale lo portava a mettere in discussione la sua
attività di letterato, considerata passiva e inutile di fronte ai fucili e
ai cannoni che risuonavano nei campi di battaglia. Divenne per un
breve periodo impiegato al Ministero delle risorse agricole e
alimentari che si doveva occupare dello smistamento del cibo da
distribuire ai cittadini inglesi nel periodo della guerra. Nacquero in
questo periodo Happy England e The Fool Rings His Bells (più
tardi intitolata Motley, nome che darà titolo anche alla raccolta che
la contiene), due poesie che cercano di catturare gli orrori della
guerra. Questi sono insieme a pochi altri gli unici “war-poems”
scritti dall’autore: in essi l’intento patriottico è inesistente e le
immagini di strazio e di dolore dei soldati sono ritratte in un
atmosfera fantastica, sognante e surreale 23 .
Uno dei tanti che combatté e che nel 1915 pagò con la vita le
assurdità della guerra, fu Rupert Brooke, morto a Gallipoli in
seguito a un’infezione causata da una puntura d’insetto, mentre
stava facendo ritorno in Inghilterra; Walter de la Mare gli rese
omaggio con un articolo pubblicato sul Westminster Gazette.
23 THERESA WHISTLER, op. cit. , p. 235.
23

Brooke aveva vinto l’ Howland Prize indetto in America
dalla Yale University per la sua raccolta di poesie intitolata Poems
1914. Di regola, il vincitore avrebbe dovuto ritirare il premio di
persona facendo un discorso di fronte all ’audience americana. Ma
ora che Brooke se ne era andato, un altro al suo posto avrebbe
dovuto ritirare il suo premio; Marsh decise di mandare Walter de la
Mare e gli suggerì per l’occasione di preparare una “special lecture”
che avrebbe dovuto indagare il rapporto tra “poetry and youth”.
Marsh dovette insistere con forza per convincere De la Mare a
recarsi in America, in quanto egli stesso si sentiva, come ricorda
Theresa Whistler “a bird that prefers its own small cage” 24 . Il 4
novembre del 1916 salpò da Liverpool sulla SS St Paul. Era la
prima volta che lasciava l’Inghilterra; la curiosità di visitare il
“giovane paese” si mescolava con un forte sentimento di nostalgia
per la propria casa e famiglia. In due settimane tenne diciotto
“lectures” nei circoli letterari americani e si stupì della consistente
partecipazione femminile e dell’interesse degli americani alle
conferenze. Allacciò amicizie con Russell Loines, un avvocato
amante della poesia, che lo introdusse e presentò ad altri
intellettuali, e con Charles Howland. A Boston conobbe il chirurgo
Harvey Cushing, che gli permise di assistere a una delicata
operazione al cervello e di osservare i procedimenti di autopsia al
London Hospital; le delicate relazioni tra il corpo e la mente lo
avevano da sempre incuriosito. Fu intervistato dal Boston Evening
Transcript e ben presto la sua figura di poeta e di scrittore fu
24 Ibidem, p. 258.
24

conosciuta anche negli ambienti americani. La Yale Review
pubblicò due sue poesie, Fare Well e Nightfall.
Uno degli incontri più interessanti del soggiorno americano
fu quello avvenuto con Robert Frost. Quando Frost era in visita in
Inghilterra, Edward Thomas aveva spesso suggerito a De la Mare di
incontrarlo, ma i pregiudizi sullo snobismo degli inglesi del poeta
americano e la timidezza e la riservatezza del poeta inglese avevano
precluso qualsiasi possibilità di contatto. In America, dopo aver
concluso le proprie letture e conferenze, De la Mare trascorse una
notte in casa Frost. Si parlò in quella occasione soprattutto di
poesia; Frost era rimasto straordinariamente colpito dalla struttura
metrica della poesia di De la Mare intitolata The Listeners, e in
quella occasione gli chiese spiegazioni per sapere su quale teoria
prosodica si fosse basato per comporre dei versi che erano così
vicini al ritmo del linguaggio parlato. De la Mare tenne a
sottolineare che per il particolare metro di The Listeners non si era
basato su una teoria speciale, piuttosto aveva seguito istintivamente
le sospensioni, la velocità o i rallentamenti che il flusso delle
emozioni spontaneamente gli aveva dettato nel momento della
creazione poetica. I due si incontrarono altre volte e mantennero un
intenso rapporto epistolare. Negli ultimi anni della sua vita, Frost
ricordò con ammirazione la figura di uomo e di poeta di Walter de
la Mare e, a proposito di quella poesia che lo aveva entusiasmato,
disse che non l’avrebbe mai dimenticata 25 .
25 Ibidem, p. 269.
25

Una volta ritornato in Inghilterra, si dedicò completamente
alla stesura di “short-stories” e di poesie, alla riorganizzazione di
opere scritte in passato e alla composizione di antologie su
argomenti che lo avevano da sempre interessato come il sogno e
l’infanzia. I suoi progetti e le sue ambizioni letterarie si
moltiplicarono con un ritmo incessante, stimolate dalle amicizie che
ospitava nella sua casa o che manteneva a livello epistolare con
Reid Forrest, Thomas Hardy, Green-Armytage e molti altri.
Nei momenti di libertà, amava spostarsi per brevi periodi di
vacanza in Cornovaglia; il meraviglioso paesaggio di questa
regione era perfetto per ritrovare la pace a volte assente nella vita in
città. Le grandi praterie e le dolci colline ispirarono spesso le pagine
dei suoi racconti brevi e le sue poesie. La Cornovaglia ricaricava il
suo spirito e la sua creatività.
Dal 1927, lo stato di salute di Walter e di sua moglie Elfie
peggiorò; l’autore fu indebolito da una serie di infezioni ai denti e
da un’operazione alla prostata.
Ma la malattia non gli precluse la possibilità di dedicarsi alla
scrittura. Dagli anni venti, sua nipote Lucy Rowley lo aiutò nella
stesura delle sue creazioni come segretaria e quando lei se ne andò
fu a Mona Tait che continuò a dettare brevi racconti, pagine di
riflessioni e stralci di versi.
A sostenerlo dopo la morte di Elfie, avvenuta nel 1943, fu
l’amore e la dedizione della suora infermiera Nathalie Saxton, da
lui chiamata sempre “N”, che gli stette vicino fino agli ultimi
26

momenti della sua vita. Dotata di un’incredibile equilibrio, di un
inesauribile energia, di un forte senso della dedizione al prossimo,
seppe infondere a De la Mare serenità e tranquillità.
Quando scoppiò la seconda guerra mondiale non gli procurò
le apprensioni e i sensi di colpa che aveva avvertito nel vivere la
prima. Ora il peso degli anni e dei piccoli disturbi di salute lo
costringevano a osservare sempre di più una vita regolare, priva di
pesanti affaticamenti o di lunghe giornate all’aperto. Amava essere
circondato dai suoi nipotini ai quali non mancava mai di raccontare
qualche storia straordinaria. Accoglieva con entusiasmo le visite dei
suoi amici e spesso prolungava le piacevoli conversazioni fino a
tarda sera. Quando il telefono fece la propria comparsa in casa De
la Mare, divenne per Walter subito un altro mezzo per poter
coltivare le proprie amicizie; le sue conversazioni telefoniche
duravano anche venti o trenta minuti ed erano vissute come visite.
A settanta anni, il fervore letterario e il desiderio di
interrogarsi sui diversi aspetti della vita continuò ad essere una
fonte inesauribile di progetti. Spesso Walter si svegliava di notte e
raccontava a “N” scene ed episodi che gli venivano in mente per la
composizione di nuovi racconti. Fu in questi ultimi anni che
l’ispirazione poetica si riaccese straordinariamente con la stessa
forza espressiva che aveva accompagnato le prime raccolte:
nacquero in questo periodo liriche meravigliose e le sue due più
lunghe poesie “filosofiche”, The Traveller (1945) e Winged Chariot
(1951), ricche di riflessioni sull’esistenza dell’uomo e sul tempo.
27

I suoi ultimi giorni li visse in tranquillità a Twickenham in
compagnia di “N”, circondato dall’affetto dei figli, dei nipotini e
degli amici. Il suo sguardo continuò a scrutare la realtà e il mistero
che si nascondeva dietro di essa fino agli ultimi momenti della sua
esistenza, come ricorda Luce Bonnerot in una meravigliosa
immagine che racchiude, a nostro parere, la personalità di Walter de
la Mare: “Le regard à la fois présent e absent, c’est-à-dire des yeux
vifs, perçants, qui voient admirablement les objets proches, et en
même temps se perdent dans la contemplation de l’invisible” 26 .
1.3. Le Opere
Dal 1902, anno in cui fu pubblicata la prima raccolta poetica
di Walter de la Mare, intitolata Songs of Childhood, al 1956 anno
della sua morte, il genio artistico dell’autore fu in continuo
fermento. “Le nombre des titres est impressionnant”, afferma Luce
Bonnerot 27 .
A stupirci non è solo la ragguardevole consistenza, ma anche
la grande varietà dei generi letterari con i quali l’autore seppe
misurarsi. Da quando si liberò dall’impiego all’ Anglo-American
26 cfr. LUCE BONNEROT, op. cit., p. 25.
27 Ibidem, p. 31.
28

Oil Company, la sua piena attività di letterato si arricchì di progetti
e di idee di diverso tipo.
Le rime composte originariamente per i suoi nipotini
soprattutto nel 1898, furono pubblicate nella raccolta cui
accennavamo sopra Songs of Childhood, che pur presentando
piccole imperfezioni formali, anticipa le atmosfere e la magia delle
successive collezioni poetiche. I loro contenuti si muovono su due
piani: uno rivolto alla fresca spontaneità dei bambini che di quelle
rime colgono in superficie l’elemento fantastico; l’altro alla
saggezza degli adulti, capaci di scoprire il profondo significato
nascosto dietro le storie di fate, di folletti e di magici personaggi.
Nel 1904, dopo alcuni rifiuti, il romanzo Henry Brocken
venne pubblicato da John Murray, editore della Monthly Review e
ricevette una favorevole recensione da parte di Francis Thompson,
che subito colse l’originalità e l’intensità poetica di alcuni passi.
L’opera narra in un’atmosfera sognante e fiabesca, il viaggio del
giovane Henry e del suo asino Rosinante incontro ai personaggi
creati dalla letteratura: dalla solitaria Lucy Gray di Wordsworth a
Jane Eyre di Charlotte Brontë al Cristiano del Pilgrim’s Progress di
Bunyan alla Criseide chauceriana al Gulliver di Swift. Walter de la
Mare, in questo suo primo romanzo è capace non soltanto di
reinterpretare e di reinventare letterariamente le figure che un’opera
ci comunica cristallizzate, ma anche di viverle non come
rappresentazione ma come cosa viva 28 . All’epoca, nonostante le
positive recensioni, l’opera non riscosse un grande successo, non
28 V. AMORUSO, F. BINNI, op. cit., p. 328.
29

vendette più di 250 copie. Lo stile dell’autore è ancora appesantito
da termini arcaici e la struttura narrativa, seppur di indiscutibile
originalità, manca di quella forza coesiva presente nelle sue due
successive opere: The Return e The Three Mulla Mulgars, più tardi
intitolata The Three Royal Monkeys. Questi due romanzi apparvero
nel 1910, e come sottolinea Opkins nel suo saggio, “they are
different, but with this much in common: both were stamped with a
genius of which Henry Brocken had given only the promise” 29 .
In The Return, il protagonista Arthur Lawford si addormenta
in un cimitero vicino la tomba di un suicida; nel sonno lo spirito del
morto cerca di impossessarsi del suo corpo. La storia narra la lotta
del protagonista contro lo spirito estraneo che vorrebbe albergare in
lui. Il tema della “possession” aveva fatto il suo primo ingresso in
un racconto scritto dall’autore nel 1896 e intitolato “A. B. O.”,
storia di un orribile animale morto il cui malvagio spirito si
impossessa di un professore che ha riesumato il suo corpo. Questo
breve racconto era stato spedito insieme ad un altro intitolato “The
Fool’s Holstery”, a due riviste letterarie, senza successo, negli
ultimi anni del XIX secolo: le due opere verranno pubblicate solo
più tardi nelle raccolte che l’autore curerà. Walter de la Mare si
dedicò alla stesura di racconti e di poesie fin dai primi momenti
della carriera letteraria, quando il suo nome non era ancora
conosciuto tra gli intellettuali, e riservò ad essi grande interesse nel
corso di tutta la sua esistenza. Spesso, il materiale scritto in
gioventù viene ripreso, modificato e ristrutturato dall’autore,
29 cfr. KENNETH OPKINS, Walter de la Mare, Longmans, London 1956, p. 15.
30

sistemato in collezioni poetiche o narrative, dove le vecchie
creazioni sopravvivono insieme alle nuove. Per questo, a volte è
difficile stabilire con precisione la data di composizione effettiva di
un singolo racconto o di una poesia.
The Three Royal Monkeys è una storia per bambini e narra
l’avventura di tre scimmie, principi del loro popolo, che alla morte
della madre vedova vengono spodestate. Il nucleo dell’intreccio
narrativo è rappresentato dal viaggio che i tre intraprendono per
raggiungere il regno del loro zio Assasimmon e trovare rifugio. Uno
degli elementi più interessanti sta nella caratterizzazione di questi
personaggi che parlano, reagiscono e pensano come animali veri. I
dialoghi tra le scimmie costituiscono prove della creatività
linguistica dell’autore che è in grado di cogliere la musicalità del
linguaggio e le sue infinite potenzialità, inventando addirittura
parole inesistenti per metterle in bocca ai suoi personaggi animali.
Doris Mc Crosson, prendendo in considerazione i quattro
“novels” che Walter de la Mare compose (Henry Brocken, The
Return, The Three Royal Monkeys e Memoirs of a Midget) ritiene
che le sue capacità narrative raggiungano migliori risultati nelle
forme brevi del racconto più che nel genere romanzo 30 . Mégroz, in
particolare, riscontra una mancanza di organicità nella struttura
narrativa di Memoirs of a Midget, il romanzo più lungo che l’autore
scrisse, pur riconoscendo la bellezza di certi passi in esso contenuti.
Secondo il critico, la causa di questa frammentarietà è da
30 MC CROSSON DORIS ROSS, Walter de la Mare, Twayne Publishers, New York 1956, pp.
141-46.
31

intracciare nell’intensa poeticità dello stile di Walter de la Mare,
per cui i singoli frammenti si impongono al di sopra della struttura
dell’opera nel suo insieme 31 . Memoirs of a Midget fu pubblicato nel
1921 e fu il suo ultimo romanzo, dopo due altri tentativi nel genere
che negli stessi anni rimasero incompleti : Mr Brush e Mr Cat.
Theresa Whistler, a proposito di Memoir of a Midget, sottolinea un
altro interessante elemento che pesò sulla composizione dei suoi
romanzi: “De la Mare never lacked schemes that envisaged full-
lenght treatment, but the novel was a form really outside his true
range, The Return being the notable exception. Even the Midget
might have been more effective as a long short-story, original and
rich though it is. The incessant close focus on detail demands an
unrelaxing mental vigilance from the reader that becomes tiring
over so long a composition” 32 .
Quando l’opera apparve, riscosse un grande successo e i suoi
amici intellettuali furono entusiasti per l’originalità dell’idea in essa
contenuta: raccontare la realtà attraverso gli occhi di un “abnormal
and sweet dwarf”. I “piccoli uomini” avevano da sempre catturato
la sua attenzione: fin da bambino era rimasto particolarmente
colpito dai nani che si esibivano al circo e Gulliver con i suoi
Lilliputians era stato nel corso della sua infanzia il libro che più di
altri lo aveva colpito. La piccola nana diversa dagli altri personaggi
del suo libro è l’eroina perfetta, interprete del mistero della realtà,
che meglio di altri sa percepire proprio in virtù dei suoi handicap.
31 R. L. MÉGROZ, op. cit., pp. 270-274.
32 cfr. THERESA WHISTLER, op. cit. , p. 302.
32

Nel 1906, intanto, era apparsa la raccolta Poems 1906, che
avrebbe dovuto contenere nei suggerimenti di Newbolt, Ella
Coltman e Mary Coleridge, le prime poesie serie scritte da Walter
de la Mare, fino ad allora conosciuto come autore di rime per
bambini. Le liriche in essa contenute vennero scelte e modificate, in
seguito ai consigli di Mary Coleridge.
Dal 1910, l’autore si dedicò maggiormente alla poesia,
componendo di tanto in tanto qualche breve racconto. L’ispirazione
poetica si accese con forza all’età di quaranta anni, dopo l’incontro
con l’editrice Naomy-Royde Smith. Nacquero in questo periodo le
raccolte poetiche più mature: The Listeners and Other Poems nel
1912 e Peacock Pie nel 1913. Molte poesie scritte nel 1911 e nel
1912, ispirate alla forte passione amorosa dell’autore per Naomi
furono pubblicate solo più tardi, nel 1918, nell’altra bellissima
raccolta intitolata Motley and Other Poems che per questo motivo
riecheggia le atmosfere e i toni presenti in The Listeners e in
Peacock Pie.
Nel 1919, in memoria di Rupert Brooke scrisse uno dei suoi
più interessanti studi critici intitolato Rupert Brooke and The
Intellectual Imagination, dove si afferma che le capacità intellettive
dell’uomo sono espresse nella loro massima potenzialità durante
l’infanzia e l’adolescenza; l’età adulta segna invece il loro graduale
declino. Per dimostrare le proprie convinzioni, Walter de la Mare
sceglie di parlare della genialità poetica di Rupert Brooke, prova del
connubio tra giovinezza e poesia.
33

Nello stesso anno, il padre di Pamela Bianco, una ragazzina
americana di 12 anni che avrebbe dovuto esporre i propri disegni
alla Leicester Galleries, scrisse a De la Mare chiedendogli
gentilmente di comporre un introduzione da premettere al catalogo
delle opere di sua figlia. De la Mare rispose mandando un
“complimentary verse”; Bianco così suggerì all’autore di comporre
poesie da affiancare alla collezione dei disegni di sua figlia: nacque
il libro di poesie intitolato Flora. Come l’autore già notò all’epoca,
le poesie da lui scritte hanno una loro autonomia, vivono di un
indipendente intensità poetica e non sono strettamente collegate alle
illustrazioni della piccola Pamela Bianco. Sette liriche di questa
raccolta vennero inserite nella nuova collezione poetica che
pubblicò nel 1921, The Veil and Other Poems; una di esse, The
Moth fu scelta da Edward Marsh e inserita nel quarto volume della
Georgian Anthology.
Negli stessi anni, l’autore cercò di liberarsi dalla faticosa
attività di recensore per dedicarsi, come Forrest Reid da tempo gli
suggeriva, alla composizione di alcune “short-stories” e alla
revisione di racconti scritti in passato che verranno pubblicati in
raccolte a partire dagli anni venti: The Riddle and Other Stories nel
1923, Broomsticks and Other Tales nel 1925, The Conoisseur and
Other Stories nel 1926, On the Edge nel 1930.
Nel 1921 l’autore fu impegnato nella composizione di
un’opera nella quale era sua intenzione indagare i rapporti tra
“poetry and childhood”. Nacque Come Hither, la sua prima
34

antologia. Il testo si apre con una introduzione composta
dall’autore, dove si narra una storia che funge da cornice all’intero
componimento: il giovane protagonista Simon giunge per caso nella
casa di Nahum Taroone (Human Nature) e scopre un volume di
poesie intitolato Theeothaworldie. Incuriosito, inizia a leggere e
trascrive i versi che più gli piacciono. A questa particolare
introduzione, seguono liriche scritte dall’autore, dai suoi amici e da
poeti del passato, commentate da note esplicative che indagano il
rapporto tra infanzia e poesia. Questa vasta antologia lo impegnò
più di un anno e fu un opera nella quale trovò una grande
gratificazione. La forma antologica era a lui congeniale in quanto
gli permetteva di raccogliere tutto il materiale scritto su un
argomento da un vasto ed eterogeneo insieme di autori del presente
e del passato e di organizzarlo in maniera sistematica. Come ricorda
Theresa Whistler: He had no precedent for this original conception
of an anthology, though he may have taken some hints from
William Allingham’s Nightingale (1862), his own old shabby copy
of which he had lent to Naomi in the first days of their courtship, as
a precious thing” 33 . Più tardi comporrà altre quattro antologie:
Desert Island nel 1929, Love nel 1933, Early One Morning nel
1934 e, Behold This Dreamer nel 1939.
Nel 1922 compose un volume di poesie Down-Adown-
Derry:a Book of Fairy Poems , in collaborazione con una
disegnatrice americana, Dorothy P. Lathrop, specializzata in
illustrazioni di favole. L’elemento fantastico è in questo lavoro
33 Ibidem, p. 322.
35

dominante: il “fairy world” è da lui sentito come parte integrante
della realtà, ma la sua esistenza può essere percepita solo da chi è in
grado di guardare al di là dell’apparenza 34 .
Nel 1923, dopo essersi consultato con Roger Ingpen, decise
di pubblicare Ding Dong Bell, opera dalla struttura particolare in
cui prosa e poesia si intrecciano: si tratta di tre storie alternate da
epitaffi. Nel 1927, pubblicò la raccolta di versi comici e scherzosi
intitolata Stuff and Nonsense e nel 1933 The Lord Fish, la sua
ultima raccolta di storie per bambini. Nello stesso anno, apparve un
altro corpus di poesie sotto il titolo The Fleeting and Other
Poems: come i critici hanno notato, il pessimismo domina questi
versi.
Nel 1936, l’autore scrisse una “lecture” sull’opera di
Shakespeare A Midsummer Night’s Dream per la Royal Society of
Literature, nella quale affermò, illustrando prove testuali concrete,
che il testo shakespeariano in questione nacque in realtà da una
prima bozza letteraria non composta dal drammaturgo inglese.
Esistono nel testo discrepanze stilistiche, notevoli soprattutto tra i
dialoghi e le parti narrative, a prova di questa teoria, peraltro già
avanzata da Dover Wilson, che si complimentò con Walter de la
Mare per aver illustrato con acutezza critica diversi passaggi
dell’opera shakespeariana. In seguito, si dedicò alla pubblicazione
di un altro volume di “short-stories”, The Wind Blows Over e alla
composizione di una storia per la radio, “Odd Shop” incentrata sul
34 Ibidem, p. 323.
36

singolare dialogo tra un cliente e un particolare commerciante, che
non vende altro che suoni.
Nel 1937, ispirandosi ai disegni per bambini del giovane
illustratore Harold Jones, Walter de la Mare scrisse un gruppo di
rime, pubblicate sotto il titolo This Year: Next Year che ricorda le
atmosfere sognanti e fiabesche della sua prima raccolta poetica
Songs of Childhood. Negli stessi anni, seguendo il suo irrefrenabile
impulso poetico creò nuove poesie. Queste nuove liriche sono più
brevi e più enigmatiche rispetto a quelle scritte in passato. Nella
raccolta che le contiene, intitolata Memory and Other Poems e
pubblicata nel 1938, il suo sguardo sembra rivolgersi maggiormente
indietro con una sorta di disincantata rassegnazione per il tempo
che è trascorso e che ha portato via con sé le piccole gioie
quotidiane.
Nel 1938 Green-Armytage chiese a De la Mare di
organizzare una raccolta di recensioni e critiche scritte da lui in
passato per il Times Literary Supplement. Gli studi critici sui diversi
argomenti che egli aveva composto, nel corso della sua carriera
letteraria, erano talmente numerosi che si trovò a sistemarli per una
loro pubblicazione in due vaste opere: Pleasures and
Speculations(1940) dove inserì tutte le “lectures” che aveva tenuto;
Private View(1953) dove raccolse invece tutte le sue recensioni
critiche.
Nel 1940 Walter ed Elfie decisero di trasferirsi a
Twickenham; la mobilia della vecchia casa fu trasportata nella
37

nuova insieme a tutti gli oggetti personali dell’autore. Fu proprio in
uno dei giorni dedicati al trasloco e alla sistemazione nella nuova
abitazione che Walter ritrovò in una piccola scatola per lo zucchero
“a jumble of old papers and letters”. In quei vecchi fogli erano
contenute poesie datate 1905-1906 scritte quando egli aveva trenta
anni: molte di esse non erano state mai pubblicate, alcune erano
puri e semplici abbozzi di versi in matita. Il materiale poetico
rimasto nascosto in una scatola per più di trent’anni tornò alla luce
e venne pubblicato, in seguito a revisioni e modifiche nel 1941,
nella raccolta intitolata Bells and Grass, e illustrata da Rowland
Emmett.
Negli ultimi anni della sua esistenza, dedicò quasi tutte le sue
energie alla poesia; l’ispirazione poetica che lo aveva coinvolto con
intensità all’età di quaranta anni tornò a farsi sentire con ancor più
forza ora che la vecchiaia e la solitudine in seguito alla morte di
Elfie lo spinsero a meditare sui più diversi aspetti dell’esistenza.
Nel 1945 fu pubblicata la raccolta poetica The Burning Glass e una
delle sue due più lunghe poesie “filosofiche”, intitolata The
Traveller. Nel 1950, apparve Inward Companion, la collezione che
per i suoi contenuti tematici e per le sue forme poetiche risulta
essere la più disuguale ed eterogenea che l’autore abbia mai
realizzato. Le disquisizioni sul tempo, che in questo periodo lo
appassionavano, vennero racchiuse nell’altra lunga poesia
filosofica, Winged Chariot, pubblicata nel 1951. Nel 1953 pubblicò
O Lovely England, la sua più breve raccolta, che nel 1954 fu
38

consacrata come “The Book of the Year”, facendo guadagnare
all’autore un premio di £ 250. Un anno prima della sua morte, nel
1955, fu pubblicata la sua ultima raccolta di short-stories intitolata
A Beginning and Other Stories.
CAPITOLO II:
LA POETICA
2. 1. Il Romanticismo di Walter de la Mare
Il progetto romantico si impose, in termini epistemologici,
come risposta ad una crisi culturale che fra Settecento e Ottocento
sembra progressivamente svuotare di valore l’esperienza umana. Il
venir meno delle categorie di interpretazione cristiana del divenire
storico, l’insofferenza nei confronti della razionalità illuministica,
l’impatto violento con la storia nella forma della Rivoluzione
Francese e soprattutto dei suoi sviluppi, sono tutte tappe di un
percorso che progressivamente porta i poeti romantici a guardare
all’attività immaginativa come unica alternativa ad un mondo di
disordine e caos. La poesia in quanto suprema realizzazione
dell’immaginazione creatrice diventa così spazio di enucleazione di
ordine e significato, cui vengono demandati compiti e prerogative
in precedenza assegnati alla religione e alla filosofia.
39

Ecco allora quel processo che porta i poeti romantici ad
assumere la veste del profeta-vate in grado di sanare le
contraddizioni del proprio tempo. Ecco ancora, il passaggio da una
teoria mimetica dell’espressione artistica – secondo la quale l’arte è
specchio della realtà – ad una teoria espressiva – che vede la poesia
come sorgente luminosa capace di proiettare luce, e quindi valore e
senso, sull’universo umano.
La si voglia o meno considerare una strategia mediante la
quale concreti problemi umani, politici e storici vengono trasposti
in termini idealistici e spirituali, certo è che la poesia romantica si
apre massicciamente al dibattito sulla conoscenza.
Nella definizione degli strumenti per raggiungere questo fine,
il pensiero romantico oscilla fra la celebrazione della capacità
redentrice della natura – sia attraverso il diretto contatto con essa,
sia attraverso il benefico effetto della memoria – e la
consapevolezza che è solo all’interno del proprio io che il soggetto
può trovare la forza di imporre ordine e significato all’ammasso
incoerente del reale 1 .
E’ proprio in merito all’ampiezza del progetto romantico, a un
tempo esistenziale (ristabilire l’armonia tra l’uomo e la realtà) e
poetico (riservare alla capacità immaginativa e quindi alla creazione
artistica un posto supremo e privilegiato), che l’esperienza
romantica esce facilmente dalle proprie coordinate cronologiche.
Nel XX secolo, l’uomo avverte la stessa frattura con la società
1 F. MARENCO, Guida allo Studio della Lingua e della Letteratura Inglese, Il Mulino,
Bologna 1994, pp. 270-273.
40

dalla quale l’anelito romantico si era mosso; l’io si chiude in se
stesso e, deluso dalla scienza che proclama verità relative, dalla
religione che non dà risposte soddisfacenti, si affida alla poesia, per
illuminare il deserto cammino dell’uomo al margine di un reale
denso di contraddizioni ed ambiguità. Come ricorda Theresa
Whistler, il periodo in cui De la Mare opera è intriso di incertezze,
“There was no salvation in God, for God was on the side of big
business and the Puritans: there was no hope in science, for science
ate like an acid into the mistery of life. There was no future in
political radicalism, because the one aim of the radicals was to
destroy the foundations on which English tradition rested” 2 .
La generale insoddisfazione nei confronti degli spazi sociali
propri della vita dell’uomo, come la politica e la religione, conduce
gli uomini del Novecento a recuperare quella fede
nell’immaginazione che i romantici avevano posto al centro della
propria poetica, come fonte della poesia e come strumento
d’indagine della realtà che li circonda. L’estensivo uso della
fantasia e della magia nella poesia di De la Mare fa parte, quindi di
una più generale reazione contro il paralizzante materialismo, le
banali spiegazioni scientifiche e l’eccessiva fiducia nel
razionalismo e nell’umanesimo che caratterizza i suoi tempi 3 . La
sua poesia intrisa di un’eterea spiritualità, affidandosi
all’immaginazione, cerca di toccare verità che sfuggono alla
comprensione umana, in quanto, per Walter de la Mare, “life is shot
2 cfr. T. WHISTLER, op. cit. , p.65.
3 J. BRIGGS, Visitatori Notturni, Bompiani, Milano 1988, p. 238.
41

with strangeness and mistery; for we cannot solve the secret of life
than that of sleep” 4 .
Inoltre, nuove realtà acquistano una importanza indiscussa e
vengono ritenute fondamentalmente connesse alla creazione
artistica: il sogno e l’inconscio suscitano molto interesse negli
scrittori del Novecento, in seguito agli studi della psicoanalisi.
Anche la poesia delamariana, ricca di vuoti espressivi, sospensioni
e pensieri frammentati, muovendosi dall’esperienza romantica
sembra anticipare le esplorazioni della solitudine, del silenzio, della
morte e della follia così impressionanti in autori di teatro quali
Beckett e Pinter. Al pari di costoro, come ricorda Julia Briggs, De
la Mare scrive sull’assurdità o sul totale fallimento del comunicare,
sull’impossibilità di dare una spiegazione certa al mistero che
circonda la vita e la morte. I suoi eroi, come i loro, cercano a stento
la propria esistenza, attraverso le incertezze metafisiche di un
universo in cui non potranno mai sperare di essere altro che
“stranieri e pellegrini” e in cui fine supremo è la nuda
sopravvivenza 5 .
Come afferma Doris Mc Crosson, “That this sense of
isolation pervades modern literature, and that it is at least partly a
reflection of the sense of man’s alienation from his God that
became more apparent as the nineteenth century developed, cannot
be doubted. New ways to reality have had to be found; attempts had
to be made to cope with the isolation of man from Man. De la
4 cfr. MC CROSSON DORIS ROSS, op. cit., p.141
5 J. BRIGGS, op. cit., p.220.
42

Mare’s quest is only one among many forms of the twentieth-
century search for the meaning of existence. His attempt, as
evidenced in his work, was only partially successful. He found, as it
were, the scope of the problem; he was able only dimly to perceive
its solutions” 6 .
La ricerca del significato dell’esistenza dell’uomo non
approda mai a conclusioni definitive nelle poesie di Walter de la
Mare; per questo l’endless answering si impone come la modalità
più personale e più naturale del suo poetare, sempre in cerca di una
risposta, una sicurezza, una verità che al lettore non viene mai data.
Doris Mc Crosson ricorda a questo proposito: “many readers in
these days of scentific exactness may find somewhat exasperating
Walter de la Mare’s ability to entertain so many speculations
without being able to decide upon the ultimate worth of one specific
probability. But for many others this ability is one of his most
entrancing assets. In a sense one might say he has the ideal Keatsian
mind: he was able to rest easily in doubts and uncertainties without
any irritable reaching out after fact. And should any one be looking
for answers, he has none. A characteristic of him is his questioning
attitude: ‘if only questions were as easy to answer as they are to
ask’ – once he said. He questioned everything, never arrogantly” 7 .
Ogni poesia di Walter de la Mare si presenta come tentativo
di far luce su aspetti insondabili del reale. L’essere umano non fa
che toccare nella sua esistenza, in brevi attimi rivelatori, un fondo
6 cfr. MC ROSSON DORIS ROSS, op. cit., p. 146.
7 Ibidem, p. 25.
43

impenetrabile grazie all’immaginazione e il poeta non fa che
sfiorare questo fondo, sollevarlo alla parola e dargli immagine. Ma,
per De la Mare “imagination is unable in this existence at least to
comprehend the mistery of life; to apprehended, to be aware of its
beauty and strangeness, is all the imagination can hope to do. Yet,
no matter how briefly, it is in the imagination that we truly live” 8 .
La poesia che nasce dalla facoltà immaginativa può dar vita così a
visioni, in cui il mistero che il poeta intuitivamente coglie, può
essere, se non spiegato, fissato sulla carta.
2.2. Le riflessioni sull’arte
Le riflessioni sull’arte del verso accompagnarono la
produzione poetica dell’autore con ritmo costante: era un modo per
tentare di definire e valutare le forme e i contenuti che i suoi versi
assumevano mano a mano che i modi del poetare si facevano
sempre più intimi e personali.
8 Ibidem, p. 141.
44

La spontanea versatilità con la quale l’autore si confrontava
con la tradizione letteraria di Coleridge e Wordsworth, senza
rimanere soffocato dall’accademismo e la libertà con la quale
seguiva le proprie scelte fecero sì che le sue opinioni sull’arte
mantenessero una propria individualità. Ritroviamo la semplice
attitudine con la quale osserva i fatti del mondo, anche quando
Walter de la Mare osserva l’atto creativo poetico. Non si perde in
disquisizioni “filosofeggianti” e nei suoi scritti o nelle prefazioni
alle sue raccolte poetiche cerca di delineare la natura della poesia, la
sua origine, la sua funzione.
Nell’introduzione alla raccolta Poems for Children(1930) 9 ,
Walter de la Mare riconosce quanto sia difficile trovare le giuste
parole per definire la poesia: “what is poetry? There have been
many definitions of it, and all of them from their different points of
view have been in some degree right. But none that I have seen
proves to be wholly satisfactory, and even if all the experts were
agreed on exactly what poetry is – and they are not – the lover of
any particular poem can at most be sure only that there is poetry in
that poem for him” 10 .
La definizione che Coleridge dette della poesia come “the
best words in the best order”, si presenta secondo De la Mare
valida, ma non capace di spiegarne i tanti aspetti. Perché, si chiede
de la Mare, l’uomo prova piacere nel leggere poesia e perché le
antiche ballate o i vecchi componimenti composti da autori che
9 WALTER DE LA MARE, Poems for Children, Faber & Faber, London 1930, pp. 37-38.
10 Ibidem, p. 39.
45

vivono ormai solo nella nostra memoria collettiva, continuano a
destare interesse tra i lettori? La poesia continua a suscitare
l’interesse di un vasto pubblico, perché è per Walter de la Mare
l’attività artistica che riesce più di altre a raggiungere l’interiorità
dell’uomo e a scuotere la sua sensibilità; per l’intensità espressiva
con la quale cristallizza stati d’animo e suscita grandi emozioni,
forse solo la musica è in grado di concorrere con lei e, a volte, di
superarla. Gli uomini continuano a scrivere poesia per dare proprie
personali risposte ai misteri che investono la loro esistenza; un
esempio senza rivali, per Walter de la Mare, è rappresentato da
Shakespeare: la sua intera produzione poetica e teatrale pone al
centro della propria indagine l’uomo con le sue debolezze e con le
sue virtù, messo a dura prova dal meccanismo inarrestabile della
storia.
La poesia è per Walter de la Mare tentativo di ridefinizione
dell’esistenza dell’uomo e del suo rapporto con il mondo. Pur nella
complessità e spesso contraddittorietà che la caratterizzano, vive in
maniera problematica l’alterità fra soggetto e oggetto, la spaccatura
tra uomo e realtà. Ecco allora la diffusa aspirazione verso una realtà
altra che si cela dietro quella che l’uomo conosce. La stessa
tensione spirituale era diffusa tra i romantici: essi aspiravano a una
mitica riconquista dell’armonia perduta, che secondo loro trovava
proprio nella poesia il suo spazio d’azione privilegiato. Anche per
De la Mare è grazie alla poesia che si può sfiorare quello che lui
46

definisce “Other real”, la dimensione che si cela dietro l’apparenza,
la vera realtà.
Per Walter de la Mare la poesia nasce da una sorgente
magica, avvolta nel mistero e cerca di esplorare le regioni che si
collocano oltre la conoscenza, come scrisse nell’introduzione alla
sua antologia Behold This Dreamer: “All lyrical poetry beats with
the heart, tells of things seen and felt in a sudden clearness of the
senses, and with a flame in the thought. An insatiable delight in life
haunts it, and the keen mortal regret that stalks in life’s shadow. It
springs from a height of living… a tension of spirit, a sense of
wonder and mistery, a faith in all that is held most dear, a hope for
the unknown that trascends the known 11 ”. La poesia nasce dalla
parte più nascosta dello spirito, dall’inconscio, e non solo dalla
capacità immaginativa, come da lì prendono vita i personaggi dei
suoi versi per bambini e dei suoi racconti, che di colpo si
presentano alla sua fantasia già definiti nelle loro caratteristiche, per
cui occorreva, come lui stesso più volte disse ai suoi amici letterati,
lasciarli vivere e crescere liberamente.
La vera poesia muove i suoi passi dal pensiero irrazionale,
ma anche dal sogno, dimensioni che permettono all’uomo di
sondare verità esistenti al di là della realtà fenomenica. In vecchiaia,
si allarmò per aver letto che alcuni studiosi decretavano la fine della
capacità di sognare negli uomini che raggiungevano i sessanta anni:
come avrebbe creato le proprie opere, senza potersi servire
dell’affascinante contenuto dei suoi sogni? Queste esperienze erano
11 W. DE LA MARE, Behold This Dreamer, Faber & Faber, London 1939, p. 104-105.
47

per lui le più vere, perché dotate di un potere magico che squarciava
il reale e che gli permettevano di sondare in esso le più autentiche
verità. La magia dell’esistenza era registrata dalla poesia, sua unica
interprete; così nascevano i suoi versi, liberi dall’accademismo e
dalle disquisizioni intellettuali, e lui vedeva cambiare le loro
sfumature, appena il tempo trascorreva, ogni volta che li rileggeva,
come i fiori di un giardino alimentato dal sole: “And some poems
go on delicately changing all that they share with us whenever they
are read over again, just as the flowers in a garden, with their light
and shadow, their shapes, and the rain or dew or sunshine on them,
change with every hour of a summer day” 12 . Come ricorda Mégroz,
“All ‘inspired’ or ‘magical’ poetry is shaped in and impelled from
the hidden activity of that vast sphere of mind which remembers
and feels so much more than the individual is aware of
remembering and feeling” 13 .
Il poeta riproduce nei suoi versi la fitta e affascinante rete di
significati che coglie nei momenti in cui il pensiero è libero dai
vincoli razionali, come quando si sogna. I versi, che nascono in
questi momenti producono potenti visioni che investono con
inaudita energia il lettore. “The poem throws the reader’s mind into
a more or less complete state of dream. It does this by infinitely
complex associations of sound, rhythm, image, pattern. Its beauty is
the reflection of the poet’s dream in the dreaming mind of
readers” 14 . Il lettore, secondo De la Mare, è in grado di
12 cfr. WALTER DE LA MARE, Poems for Children, op. cit., pp. 37-38.
13 cfr. R. L. Mégroz, op. cit., p.86.
14 Ibidem, p. 87.
48

comprendere i contenuti racchiusi in un gruppo di versi e di
condividere le magiche emozioni in essi presenti, solo se è capace
di sognare e di lasciarsi liberamente trasportare dalle immagini che
il poeta crea.
Spesso, nel corso della sua vita, Walter de la Mare si interrogò
sulla natura dell’ispirazione poetica. Si meravigliava di quanto
logicamente inspiegabili fossero i momenti nei quali vedeva venire
alla luce le sue liriche: rimaneva esterrefatto per aver creato
immagini e aver fissato sulla carta pensieri di cui, fino a un
momento prima, ignorava l’esistenza. Si entusiasmava di fronte allo
splendore dei paesaggi e di colpo avvertiva l’intima esigenza di
raccogliere le sue sensazioni, scarabocchiando stralci di versi, che
in seguito avrebbe perfezionato. Le regioni circoscritte e delimitate
erano quelle che maggiormente accendevano la sua immaginazione
rispetto agli spazi aperti e sconfinati. Gli attimi in cui avvertiva
l’ardore poetico erano per lui razionalmente indefinibili. Si stupiva
e si interessava di come la sua mente reagiva agli stati di malattia
fisica e come, in quei momenti, la sua fantasia dava sfogo ad
immagini che oltrepassavano il reale per creare situazioni magiche.
Rimaneva affascinato dall’oscuro e trepido momento dal quale la
poesia poteva nascere: spesso, sentiva che i suoi versi venivano alla
luce da eventi vissuti il giorno prima; altre volte i ricordi o i lontani
sapori di cose conosciute si tramutavano in dense immagini
poetiche. Non era sempre facile capire e rintracciare il momento in
cui ricordi e riflessioni si trasformavano in poesia.
49

Nel corso della propria esistenza, più volte lamentò il fatto di
non sentirsi poeticamente inspirato; quegli attimi di aridità
immaginativa e artistica erano da lui vissuti quasi come una colpa e
sentiva dentro di sé il vuoto che tutto ciò gli generava. Per questo,
in vecchiaia, più volte affermò “sing while you can”, essendo
consapevole della facilità con la quale l’ispirazione poetica può
improvvisamente nascere, ma anche sparire; sapeva che
l’ispirazione era una grande e magica emozione, che a volte sentiva
battere più forte e allora occorreva seguire istintivamente ciò che gli
dettava.
La poesia toglie il velo dell’apparenza che copre il mondo e
guida gli esseri umani alla scoperta della realtà che vi sta dietro
nascosta. La poesia è mezzo per sfiorare l’Other Real e per
comunicare all’uomo verità che nel mondo si presentano come
accenni, carichi di significati, seppur incomprensibili.
Per Walter de la Mare, la poesia deve essere semplice; come
ricorda Theresa Whistler, “True simplicity was for him the release
of profound and subtle level of association, which the complexity
and obscurity of modernist verse, on the contrary, actually
inhibited. This was his chief objection to difficult poetry: that it
does not achieveits own aim of including more meaning, but instead
fatally shallows and limits our responses” 15 . La poesia deve
racchiudere immagini chiare che si fissino nella mente del lettore.
A volte occorre recuperare, secondo lui, termini sepolti nel
passato come thridding, athwarth, amaranthine o i vecchi pronomi
15 cfr. T. WHISTLER, op. cit., p. 396.
50

thou e thee, perché il loro sapore arcano bene si addice
all’atmosfera incantata di alcune liriche. Per Walter de la Mare una
parola non è mai morta, non attende altro che lo scrittore le ridia
vita utilizzandola di nuovo. Una parola antica dal suono gradevole,
pur presa isolatamente, può agire, secondo lui, sulla fantasia del
lettore come un talismano. Walter de la Mare non sembrò mai
interessarsi ad un rinnovamento drastico del linguaggio poetico,
come Frost che dichiarava indispensabile l’inserimento addirittura
di termini del nuovo mondo industriale e tecnologico nella lirica
moderna.
L’influenza pre-raffaellita si sposa in lui con quella del
movimento simbolista inglese, per cui la parola va impiegata con
estrema cura, è considerata cosa vivente, essa stessa visione più che
realtà. Ecco allora che il poeta è come un pittore e un musicista:
ricrea il reale nei dettagli e lo arricchisce del sentimento del vivere
modulando i suoni del linguaggio per dare vita a visioni.
2.3. L’eredità romantica: l’immaginazione e l’infanzia
Tra i molti critici che si sono interessati alla poesia di Walter
de la Mare, Doris Mc Crosson in particolare ha notato quanto la sua
produzione artistica sia in parte slegata dal contesto storico in cui
egli opera e quanto sia difficile definirlo entro canoni letterari ben
51

precisi: “he is not reflecting this age or any other specific time. De
la Mare’s finest poetry – and a great deal of it is fine – is above or
beyond topicality” 16 .
Eppure, a nostro parere, la poesia di Walter de la Mare,
seppur caratterizzata da modi intimi e personali, sembra echeggiare
la non lontana esperienza romantica.
La filiazione romantica si fa più evidente in due concetti,
l’immaginazione e l’infanzia, che l’autore riprende e reinterpreta
secondo la propria personale sensibilità.
Nella Biographia Literaria, Coleridge operava una
distinzione tra immaginazione primaria e immaginazione
secondaria: ‘The imagination I consider either as primary, or
secondary. The primary imagination I hold to be the living Power
and prime Agent of all human Perception, and as a repetition in the
finite mind of the eternal act of creation in the infinite I am. The
secondary Imagination I consider as an echo of the former, co-
existing with the conscious will, yet still as identical with the
primary in the kind of its agency, and differing only in degree, and
in the mode of its operation” 17 . L’immaginazione secondaria è
quella che ci mette in grado di scorgere il mondo dell’esperienza
nella sua effettiva realtà. L’immaginazione secondaria dissolve,
dissipa per ricreare o dove ciò è impossibile, lotta per idealizzare ed
unificare. Essa è visione poetica propria degli artisti, grazie alla
16 cfr. MC CROSSON DORIS ROSS, op. cit., pp. 48-49.
17 S. T. COLERIDGE, Biographia Literaria, ed. by J. Shawcross, Oxford 1907, vol. I, P. 202,
cit. in A. LOMBARDO, La Poesia Inglese dall’Estetismo al Simbolismo, Edizioni di Storia e
Letteratura, Roma 1950, p. 61.
52

quale essi danno vita a nuovi mondi che gli uomini comuni non
sono in grado di percepire 18 .
L’immaginazione romantica, forza creativa dalla quale la
poesia viene alla luce è elemento centrale della poetica delamariana,
ma la sua essenza è piuttosto legata all’altro basilare concetto del
Romanticismo ereditato da Wordsworth : l’infanzia. Per De la Mare
la capacità immaginativa, è quella propria dei bambini, che, liberi
dai vincoli restrittivi della razionalità, sanno cogliere l’intenso
significato degli oggetti, “the imagination of the child may grasp
what eludes the mature intelligence” 19 , ricorda Reid Forrest nel suo
saggio sulla poesia di Walter de la Mare.
Anche il poeta descrivendo cose reali, riesce a svelare la loro
vita spirituale. Il poeta per Walter de la Mare non è un profeta, ma
un “seer”, e grazie all’immaginazione spontanea, che non ha perso
col trascorrere della sua infanzia, conduce l’uomo a scoprire verità
che giacciono dietro il velo apparente della realtà.
Il concetto di infanzia assume sfumature diverse in De la
Mare, come Federico Olivero sottolinea: “Walter de la Mare rivela
una rara comprensione per la psicologia infantile e ritraendo con
singolare abilità quell’innocente letizia, evocando le angeliche
apparizioni che si librano su quei placidi sonni, egli rivive con
intensa emozione i suoi anni primi. Questa sua nostalgia non è il
rammarico di Wordsworth per la divina freschezza dell’infanzia
svanita per sempre dal fosco, autunnale giardino della sua anima
18 Ibidem.
19 cfr. REID FORREST, Walter de la Mare: A Critical Study, Hardcover 1970, p. 34.
53

stanca, ma piuttosto l’ebbrezza di chi sente ancora ardere nel suo
cuore quei primitivi entusiasmi. I suoi sentimenti hanno la
caratteristica mutevolezza di quelli di un fanciullo; egli passa con
facile, rapido varco dall’affanno alla gioia, dalla minuta
osservazione del vero ad un fantastico mondo; egli è ancora unito
da un’intima simpatia colla regione magica delle prime reveries” 20 .
L’interesse dell’autore per i bambini si registra in tutta la sua
produzione letteraria, che li vede a volte protagonisti, a volte
destinatari privilegiati. Come Doris Mc Crosson ricorda a questo
proposito,“They are from his point of view neither miniature, and
therefore rather dull, adults –nor sage philosophers and seers
blessed. And his interest in childhood was not the result of an
escape mechanism; or, if it were, it is not apparent in his work. His
poems reflect his fascination and delight in children and, even more
apparently, his knowledge of them. He seems to know almost
istinctively what appeals to them, as well as what they are really
like” 21 .
Walter de la Mare ama parlare di bambini nelle sue opere e sa
guardare il mondo con la stessa incantata semplicità e spontaneità
che li contraddistingue. Il suo ardore immaginativo è quello di un
bambino: molte delle sue poesie nascono dall’incantato sguardo che
egli riesce a mantenere di fronte alla bellezza della natura e delle
vite dei personaggi che racchiude nei suoi quadretti. “His genius for
seeing and for discovering nature as a child does is apparent in so
20cfr. F. OLIVERO, Nuovi Saggi di Letteratura Inglese, Libreria Editrice Internazionale,
Torino 1920, pp. 247-248.
21cfr. MC CROSSON DORIS ROSS, op. cit., p.64.
54

many of his rhymes that it is difficult to select one or two for
purposes of illustration” 22 . Un esempio della sua freschezza
immaginativa è questa descrizione dell’arcobaleno:
I saw the lovely arch
Of Rainbow span the sky,
The gold sun burning
As the rain swept by.
In bright-ringed solitude
The showery foliage shone
One lovely moment,
And the Bow was gone 23 .
L’attimo in cui l’arcobaleno si lascia ammirare è piccolo: è un
istante che si pone tra lo splendere del sole e il momentaneo sparire
della pioggia. (cfr. vv. 3 e 4)
Sia le poesie per bambini sia quelle più serie sono avvolte da
una stessa atmosfera che è quella del sogno e dell’immaginazione
infantile, che in Walter de la Mare sono sinonimi. “Dream poetry,
being the product of a primitive mode of thought, always resembles
child poetry in one particular. It is sensuous. It is melodious,
22 Ibidem, p. 65.
23 W. DE LA MARE, Collected Rhymes and Verses, Faber & Faber, London, 1989, The
Rainbow, p. 21.
55

strongly rhythmical, and loaded with imagery. Folk-tales, ballads,
and primitive epics are all remarkable for their dream-like richness
of imagery” 24 .
De la Mare ebbe una profonda fede nell’immaginazione,
“One concludes that de la Mare believed that, although reality is
apprehended in the imagination, the quality or duration of the
experience depends upon the ability of the imagination to discover
both the Self and other selves. Man must live imaginatively, then,
but he must ‘venture into the world without, and the world within.’
Only with the imagination can man push back the frontiers of the
unknown: this was de la Mare’s hope and his faith” 25 . Ma come
ancora sottolinea Doris Mc Crosson, “Being unable to equate his
belief in the creative imagination with any metaphisical construct,
Walter de la Mare failed to achieve a coherent vision of life. His
journey inward brought him to the ultimate mysteries, but the
universal understandings he found did not take hold – they
remained uncertainties” 26 .
2.4. Dai “child poems” ai “poems of maturity”: Songs
of Childhood, Poems 1906, The Listeners, The Veil,
Motley.
24 cfr.R. L. Mégroz, op. cit., p.91.
25 cfr. MC CROSSON DORIS ROSS, op. cit., p. 145.
26 Ibidem, p. 146.
56

Walter de la Mare è il poeta di raffinate, evanescenti
emozioni. Egli contempla il mondo come un viandante che si trovi
improvvisamente in una terra incantata, come un ospite in una casa
frequentata da spiriti. La quiete che spesso regna nei suoi versi è
legata a note di soffusa melanconia; sembra che la sua pacifica
solitudine sia spesso disturbata da tristi pensieri, neri e sinistri. I
muri scuri e consunti delle sue case immaginarie sono quasi sempre
visitati da magiche apparizioni; strane figure si muovono per le sale
del suo palazzo dei sogni. Le penombre crepuscolari hanno per lui
un fascino peculiare; al cader della notte, nei paesaggi della sua
immaginazione egli sente la presenza di invisibili potenze. La sua
anima è commossa dalle ombre delle cose più che dalla loro
sostanza. I suoi soggetti, presi dalla vita comune derivano un
fascino singolare dalla nuova maniera con cui vengono presentati;
dando risalto a particolari in apparenza insignificanti egli li muta in
simboli espressivi e scopre in semplici oggetti bizzarre
suggestioni 27 .
I critici che hanno cercato di ricostruire un evoluzione
coerente del pensiero racchiuso nei versi di Walter de la Mare si
sono resi conto di quanto sia difficile rintracciare la presenza di una
“filosofia” unitaria. Molti lo hanno definito come uno dei poeti che
non danno soluzioni o certezze definitive. Non esiste un vero e
proprio sviluppo del suo pensiero, è come se le sue riflessioni si
27 F. OLIVERO, op. cit., p. 240.
57

loccassero di volta in volta di fronte agli interrogativi che si pone.
Doris Mc Crosson a questo proposito afferma: “there is no
progression ( or retreat, some might call it), as in Eliot’s poetry;
there is no reaching for certainties, as in Yeats’s. In a sense, de la
Mare is more nearly like Aldous Huxely, who continued to grope
intellectually although he seemed certain that there were no
answers. De la Mare knew he did not know the answers; he knew
he could never know them; but he did not despair. Nor did he think
life is a cosmic joke because he knew that someone or something
would have had to have played it, and his poetry shows he was
uncertain even about the existence of a someone or something” 28 .
L’incertezza era anche la modalità propria del suo conversare: i suoi
amici ricordavano quanto egli amasse interrogare gli altri, piuttosto
che rispondere alle domande che i suoi interlocutori gli
rivolgevano.
La difficoltà, nel delineare nel suo corpus poetico un qualche
sviluppo del suo pensiero, è in parte dovuta anche alla modalità che
l’autore segue nella creazione delle liriche e nella pubblicazione
delle raccolte: non sempre, la data di pubblicazione della raccolta è
anche quella di composizione di liriche in essa contenute.
Se si riesce a stento a rintracciare una precisa evoluzione
delle riflessioni dell’autore sulle tematiche affrontate nelle sue
poesie, è possibile invece, registrare i toni e le atmosfere che
dominano le sue diverse raccolte, sottolineando la differenza
sostanziale che esiste tra la poesia per bambini, che segna l’inizio
28 cfr. DORIS MC CROSSON, op. cit., p. 50-51.
58

della sua carriera poetica, e i versi più seri ed impegnati, scritti
successivamente.
Della poesia per bambini dei Songs of Childhood Reid
Forrest ricorda: “it cannot come to life, cannot reach us, except in
and through a state of emotional and spiritual excitement” 29 . Anche
quando i versi racchiudono immagini di una estrema semplicità, le
poche parole che il poeta scrive hanno la capacità di catturare la
nostra immaginazione e di trasportarci nei misteriosi mondi di fate
e cavalieri, aprendo le porte del sogno e della visione.
In molte poesie di questa raccolta, ( si confrontino in Walter
de la Mare Collected Rhymes and Verses, Faber & Faber, London
1989, le poesie Nicholas Nye, p. 98 e I met at Eve, p. 254) l’autore
si serve, come Reid Forrest ha osservato, dei vocaboli più semplici
e comuni e di immagini che riflettono la delicata innocenza e
spontaneità propria dei bambini. Un esempio è rappresentato da
questa breve lirica, dove la voce poetica è quella di un bambino, che
in cerca del proprio cane, descrive le sue caratteristiche fisiche ai
suoi interlocutori:
29 cfr. REID FORREST, op. cit., p. 32.
Has anybody seen my Mopser?—
A comely dog is he,
With hair of the colour of Charles the Fifth,
And teeth like ships at sea,
His tail curls straight upwards,
59

His ears stand two abreast,
And he answers to the simple name of Mopser,
When civilly addressed 30 .
La similitudine al v. 4 è di straordinaria semplicità: i denti del cane
sono bianchi come le navi, o meglio come le loro vele.
L’impiego di vocaboli consueti e non ricercati e di strutture
stilistiche non complicate, la presenza di immagini semplici come
dimostrano i versi che abbiamo riportato, non è in Walter de la
Mare necessariamente prova inconfutabile, come spesso molti
critici hanno travisato, di una poesia povera di contenuti impegnati
e profondi, e quindi unicamente destinata al pubblico “dei piccoli”.
Equivoco nato soprattutto perché “so often have the words childlike
and faerie been applied to De la Mare’s poetry with a very not right
interpretation of them thinking that his verses are not about the real
world. Nothing, of course, can be further from the truth. If one
agrees with de la Mare’ s conception that the childlike imagination
is opposed to that of boyhood, one must agree that de la Mare’s own
imagination is childlike; that is to say, it is intuitive, inductive
rather than logical, deductive. It is true also, that de la Mare wrote a
good many poems about and for children, but they are not by any
means poems exclusively for children” 31 .
30 WALTER DE LA MARE, Collected Rhymes and Verses, op. cit., The Bandog, pp. 99-100.
31 cfr. DORIS MC CROSSON, op. cit., pp. 47-49.
60

Walter de la Mare segue in questa raccolta più che altrove
come principio-guida del suo versificare ciò che Mégroz definisce
“the sound for sound’s sake”. “This principle of sound for sound’s
sake is a vital element in the poetry of De la Mare, who is a master
of ‘the musical use of meaningless syllables’ and ‘of such syllable,
with a few interspersed words.’ Very often his poetry, especially his
earlier work, is like a performance on a musical instrument, so that
actual words tend to lose their customary meaning in subservience
to the chant” 32 . Da una parte si lascia trasportare dalla squisita
impalpabilità delle vocali, dotate di una musicalità tenue e delicata
e dalle consonanti più scorrevoli come le liquide e le sibilanti,
dall’altra si limita nell’impiego di occlusive che proprio in virtù
della maniera in cui vengono articolate, provocano una sonorità
brusca e “singhiozzata”, alquanto disarmonica. Mégroz ricorda,
anche come l’autore fosse attento all’impiego di un numero
superiore di suoni vocalici piuttosto che di suoni consonantici nelle
sue poesie in quanto, come il poeta scrisse nel suo saggio, intitolato
“Poetic Tecnique”, le vocali erano per lui maggiormente capaci di
creare quell’impalpabile musicalità che è propria della poesia. Al
contrario nella produzione in prosa, De la Mare riteneva che i suoni
consonantici dovessero essere in numero maggiore 33 .
Nella poesia per bambini l’attenzione del poeta si sofferma
particolarmente sul mondo animale, dei folletti, degli affascinanti
abitanti segreti di boschi e di castelli misteriosi. I bambini sono
32 cfr. Mégroz, op. cit., p. 201.
33 Ibidem, p. 211-214.
61

spesso i protagonisti delle piccole avventure che l’autore ci narra.
Altre volte, sono gli elementi della natura a diventare protagonisti
in versi che si rivolgono ai bambini:
Before I melt,
Come, look at me!
This lovely icy filigree!
Of a great forest
In one night
I make a wilderness
Of white:
By skyey cold
Of crystals made,
All softly, on
Your finger laid,
I pause, that you
My beauty see:
Breath, and I vanish
Istantly 34 .
Come Reid Forrest ricorda, “if, as Coleridge says, ‘the power of
poetry is, by a single word perhaps, to instil that energy into the
mind which compels the imagination to produce the picture’, then
34 W. DE LA MARE, Collected Rhymes and Verses, op. cit., The Snowflake, p. 193.
62

already, in these earliest poems, we find this power constantly in
evidence” 35 .
L’incantata serenità dei Songs of Childhood si perde, in
parte, nella seconda raccolta pubblicata dall’autore, Poems 1906,
dove anche i personaggi fantastici diventano più pensierosi, tristi e
malinconici. Il sognatore continua ad essere il protagonista di questi
versi ma il suo spontaneo immaginare è a volte richiamato alla
realtà da elementi tenebrosi e sinistri. Il crepuscolo, la notte e le
ombre sono sempre più parte di un paesaggio visitato da presenze
inquietanti e mai allietato dai raggi del sole.
La leggiadra musicalità dei versi per bambini viene spezzata
da ritmi più incalzanti e decisi. Le forme poetiche di filastrocche o
di antiche ballate dove prevalgono rime, assonanze e allitterazioni
lascia il posto a strutture più impegnate: a livello metrico il blank-
verse, e la presenza di quartine con la rigida disposizione delle rime
secondo lo schema tradizionale abab o abcb. A volte, l’autore segue
strettamente gli schemi metrici dettati dalla tradizione, altre volte li
varia a suo piacimento. Il distacco dalle forme tradizionali è
maggiormente presente nelle raccolte più tarde, quando la sua
maestria formale si è perfezionata e il poeta riesce a trovare modi
più intimi e personali, variando gli schemi metrici con libertà come
nella poesia The Listeners (n. 6) 36 .
35 cfr. REID FORREST, op. cit., p. 44.
36 Da questo momento in poi, nel riferirci alle poesie del nostro corpus tradotte in italiano
seguiremo la numerazione che abbiamo loro assegnato. Vorremmo ricordare che il testo di
riferimento da noi utilizzato (W. DE LA MARE, Collected Poems, Faber & Faber, London
1979) contiene tutte le raccolte poetiche pubblicate dall’autore, ordinate cronologicamente, ad
eccezione delle poesie scritte per bambini contenute nell’altro volume Collected Rhymes and
Verses, Faber & Faber, London, 1989.
63

Per i contenuti in essa presenti e per le modalità stilistiche
seguite dall’autore, la raccolta Poems 1906 si pone a metà strada tra
i Songs of Childhood e The Listeners , la collezione poetica, dove
le incertezze come risposta agli interrogativi che affliggono l’uomo
sono presenti maggiormente. In Poems 1906 l’ardore fantastico e le
descrizioni realistiche si fondono per dare alla luce quadretti
naturali in cui il magico si mescola con il reale. De la Mare sa
evocare personaggi fantastici – la strega che incute terrore, la fata
nel palazzo di smeraldo – e nello stesso tempo sa disegnare
accuratamente creature reali, gli artigiani del villaggio, i pastori, i
fanciulli; e v’è sempre una nota di malinconica tristezza in questi
suoi semplici disegni, nitidi e vigorosi. I ritratti vibrano di una
sincera emozione che ci rivela la simpatia per le vite e per le
sofferenze degli uomini. A proposito di questa raccolta, Reid
Forrest ricorda: “In these lyrics Mr. De la Mare’s genius is
undergoing an inevitable transformation, for, sooner or later, songs
of innocence must pass into songs of experience. With his widening
and deepening view of life has come a momentary hesitation: hence
so many unaccostumed paths struck out and followed for a short
distance before finally they are abandoned. And though we know
they were wisely abandoned, we cannot but feel that they too served
a purpose, if no other than that of making plain to him his way” 37 .
In The Listeners, il poetare si arricchisce delle modalità che
saranno proprie anche delle successive raccolte più serie
dell’autore: il discorso diretto, le domande incessanti in cerca di
37 cfr. REID FORREST, op. cit., p. 106.
64

isposte che quasi mai vengono fornite, le associazioni di pensieri di
difficile interpretazione, le sospensioni che sembrano bloccare le
riflessioni del poeta quando esso avrebbe ancora qualcosa da dire,
la descrizione di stati d’animo o di convinzioni che hanno come
caratteristica peculiare l’incompiutezza, e a livello stilistico la
presenza di stanze di diverso numero di versi liberi con
disposizione di rime in maniera inconsueta. In The Listeners si
registra una maggiore libertà stilistica rispetto ai primi versi e un
più deciso simbolismo arricchisce le sue immagini. Anche quando i
quadretti composti sono di un realismo sconcertante, la dimensione
degli esseri spirituali aleggia nelle sue poesie, diventando un
tutt’uno con gli oggetti descritti. Il senso di invisibili presenze, la
vaga angoscia che turba la solitudine sono accennati in molti versi.
Egli compone brevi canti ciascuno dei quali però oltre ad imporsi
per la sua forza descrittiva evoca vividamente un peculiare stato
d’animo, un oscuro presentimento, una rara emozione. Malgrado la
varietà degli argomenti e delle forme metriche, emerge da questa
terza raccolta un’unità d’impressione mai racchiusa nelle
precedenti. “Not that there is a persistently lonely or brooding note
in The Listeners. The shadow of regret is intermittent, and where it
does fall the accent of graver reverie acquires an extraordinary
tenderness” 38 .
In questa raccolta, non superiamo mai i confini di un mondo
che ormai è divenuto proprio dell’autore; immagini e parole di un
universo, che ormai è parte inscindibile dell’espressività e della
38 Ibidem, p. 150.
65

sensibilità delamariana, ritornano per tentare incessantemente di
dare vita alle visioni, frutto di un’immaginazione fresca e spontanea
che seppe guardare gli oggetti sempre al di là della loro mera
apparenza. Una mente che anche quando intraprende le stesse
“strade tematiche” di un’intera tradizione letteraria, mai perde la
propria originalità e individualità. Siamo d’accordo con Kenneth
Opkins nell’affermare: “the subjects of his poetry have been written
by a hundred rhymsters a thousand times. But it makes no
difference for these subjects are the stuff of human life and
experience and he comes to them with the innocence of a child. To
him they are new, and the poems he makes from them are new.
Even his occasional ‘echoes’ indicate merely an affinity, natural
and unconscious, with Poe or Burns, or Landor, or Shakespeare.
There is ‘no world of Walter de la Mare’, peopled with fairies and
children; he is squarely in the same world as the rest of us, but he
sees deeper and further into its implications and even of the tangible
and visible he sees more, or sees it more abundantly” 39 .
I motivi più cari all’autore continuano ad esistere, ma la
sensibilità del poeta, affinatasi attraverso l’esperienza, cerca ora
risposte a domande ben più profonde che investono la vita
dell’uomo, come la natura della morte e la paura che il tempo
trascorra senza lasciare una benché minima traccia della nostra
presenza nel mondo. La solitudine dell’uomo, esiliato dal proprio
mondo e dimenticato dagli dei. La sofferenza che nasce dal sentirsi
sempre più straniero su questa terra:
39 cfr. KENNETH OPKINS, Walter de la Mare, Longmans, London 1956, p. 29.
66

Had the gods loved me I had lain
Where darnel is, and thorn,
And the wild night-bird’s nightlong strain
Trembles in boughs forlorn.
Nay, but they loved me not; and I
Must be a stranger be,
Whose every exiled day gone by
Aches with their memory 40 .
Questo componimento come molti altri della raccolta dimostra
come l’immagine di De la Mare, poeta dell’infanzia e della
nostalgia non può essere data come l’unica presente nei suoi versi.
Sebbene condizionata dai modi del sogno, la sua invenzione sa
toccare corde anche realisticamente drammatiche.
I toni di amarezza e di disillusione presenti in The Listeners
diventano atmosfera predominante in Motley and Other Poems e in
The Veil and Other Poems, come nota Reid Forrest, “Surely a soft
flame shines delicately but very brightly through the lines of this
collection, an emotion which we feel to be sacred. The beauty in
these poems seems to me of a different kind from the beauty in any
other poetry I know, because the emotion it expresses is of a
40 WALTER DE LA MARE, Collected Poems, op. cit., Exile, p.73.
67

different kind. The tune is a simple one, but its exquisite
modulations make it like some old – fashioned air played by a great
master; we are approaching, in fact, very near to the almost
supernatural music of some of the lyrics in Motley and The Veil 41 .
In Motley ci sono poche storie e non c’è più quasi nessun
bambino; in The Veil la contemplazione e l’interpretazione hanno
preso il posto di quadretti paesaggistici. Come Theresa Whistler
ricorda, “What Newbolt had called de la Mare’s Pre-Raphaelite
quality –ecstatic intensity of pictorial detail – has almost
vanished” 42 ; e quando essi sono presenti la loro forza simbolica è
condotta al massimo; la fusione tra forma e contenuto è completa e
come afferma Forrest Reid “the poet, working in an altered mood
and to a different end, is still the poet of dream and vision, of secret
glades and beloved ghosts: in a sense, indeed, he is more this than
ever, for never before was he so haunted by a longing for Paradise.
It is because this poetry carries us perpetually beyond the world –
this world where ‘sin and beauty whisper of Home’ – to a world of
absolute beauty, that it means more to us than even the earlier
poetry did” 43 . Le immagini che il poeta descrive si fanno sempre più
complicate ed ermetiche, l’immaginazione fotografa ogni aspetto
della natura e i suoi pensieri si trasformano in ritmi “which linger,
rise, drop, following a wavering sinuous course, like the tremolous
fall of a snowflake which the wind catches, holds, and releases
41 cfr. REID FORREST, op. cit., p. 151.
42 cfr. T. WHISTLER, op. cit., p. 318.
43 cfr. REID FORREST, op. cit., p. 166.
68

again” 44 . La fede nella spiritualità della natura si fa più manifesta in
queste due raccolte, ma come in The Listeners le domande che il
poeta si pone sono circondate da incertezza. “Brooding over and
weighing more elusive subject-matter (sometimes really obscure),
the poet’s mind seems to be searching always further away from
common experience, and, to express this, seeking out ever more
subtle modulations and metric inventions. Yet these changes are not
very fundamental or striking ones: there is no pronounced
development in de la Mare. Unchanging in his vision, he remained
also almost unchanging in style” 45 .
Leggendo questi versi più tardi è come se seguissimo la
segreta ricerca di uno spirito che più di prima avverte il peso
straziante della solitudine e del silenzio. Eppure, il dondolare
nell’incertezza non si risolve mai in disperati appelli. Al fondo di
ogni lirica di queste due collezioni, composte in età matura, c’è
sempre il sentimento del conforto: la bellezza della terra in tutto il
suo splendore è troppo transitoria per svegliare la felicità che non
può far altro che volgersi in dolore e sicuramente solamente una
triste consolazione può venire alla luce dalla constatazione che
sebbene tutto muoia il mondo sarà ancora splendido quando i nostri
occhi si chiuderanno alla sua vista, come il poeta scrive nell’ultima
stanza di questa poesia:
44 Ibidem, p. 167.
45 cfr. T. WHISTLER, op. cit., p. 318.
69

Look thy last on all things lovely,
Every hour. Let no night
Seal thy sense in deathly slumber
Till to delight
Thou have paid thy utmost blessing;
Since that all things thou wouldst praise
Beauty took from those who loved them
In other days 46 .
I versi si affollano di strane presenze, spiriti, voci, fasci di luce di
cui è nostro interesse descrivere più specificamente le
caratteristiche e gli aspetti in rapporto al nostro corpus di poesie
tradotte in italiano, nel nostro quarto capitolo. Per ora ci limitiamo
ad osservare come presenze di natura incerta diventino
protagoniste indiscusse della maggior parte di liriche dell’autore,
contenute nelle raccolte più mature (The Listeners, The Veil, The
Motley). I versi che poniamo a conclusione della nostra analisi ne
sono una testimonianza:
Who’s that? Who’s that?…
Oh, only a leaf on the stone;
And the sigh of the air in the fire
Yet it seemed, as I sat,
46 WALTER DE LA MARE, Collected Poems, op. cit., Fare Well, vv. 17-24, p.124.
70

Came company – not my own;
Stood there, with ardent gaze over dark, thrown bowed shoulder
thrown,
47 Ibidem, Who’s That?, vv. 1-9, p. 136.
Till the dwindling flames leaped higher,
And showed fantasy flown 47
71

1.
Sorcery
POESIE
“What voice is that I hear
Crying across the pool ?”
“It is the voice of Pan you hear,
Crying his sorceries shrill and clear,
5 In the twilight dim and cool.”
“What song is it he sings,
Echoing from afar;
While the sweet swallow bends her wings,
Filling the air with twitterings
10 Beneath the brightening star
The woodman answered me,
His faggot on his back: --
“Seek not the face of Pan to see;
Flee from his clear note summoning thee
15 To darkness deep and black!
“He dwells in the thickest shade,
Piping his notes forlorn
Of sorrow never to be allayed;
Turn from his coverts sad
20 Of twilight unto morn!”
The woodman passed away
72

Along the forest path;
His axe shone keen and grey
In the last beams of day
25 And all was still as death: --
Only Pan singing sweet
Out of Earth’s fragrant shade;
I dreamed his eyes to meet,
And found but shadow laid
30 Before my tired feet.
Comes no more dawn to me,
Nor bird of open skies.
Only his woods’ deep gloom I see
Till, at the end of all, shall rise,
35 Afar and tranquilly,
Death’s stretching sea.
1.
Incantesimo 1
-1906-
“Che voce è quella che odo
piangere oltre lo stagno ?” 2
“E’ la voce di Pan quella che senti,
gridare i suoi incantesimi acuti e chiari 3 ,
5 nel crepuscolo fioco e freddo.”
“Che canzone è quella che egli canta, 4
echeggiando da lontano;
73

mentre la dolce rondine piega le sue ali,
e di garriti riempie l’aria 5 ,
10 sotto la stella sempre più luminosa?” 6
Il boscaiolo mi rispose,
la sua fascina sulle spalle: --
“Non cercare di vedere la faccia di Pan;
fuggi dalla sue chiare note che ti invitano
15 nelle tenebre nere e profonde!
“Egli dimora nell’ombra più fitta,
zufolando note dimenticate
di un dolore che mai sarà alleviato;
allontánati dai suoi tristi rifugi
20 nel crepuscolo fino al mattino!”
Il boscaiolo se ne andò,
lungo il sentiero silvestre;
la sua accetta brillava grigia e tagliente
sotto gli ultimi raggi del giorno:
25 e tutto era immobile come la morte 7 : --
Solo Pan cantava dolcemente
dalla fragrante oscurità della Terra;
io sognai di incontrare i suoi occhi,
e non trovai altro che ombra
30 davanti ai miei passi stanchi.
Non viene più l’alba da me,
né un uccello dei cieli aperti.
Io vedo solo la profonda oscurità dei suoi boschi
finché, alla fine di tutto, sorgerà,
35 lontano e tranquillo,
74

l’esteso mare della morte.
-1906-
75

2.
Shadow
Even the beauty of the rose doth cast,
When its bright, fervid noon is past,
A still and lengthening shadow in the dust
Till darkness come
5 And take its strange dream home.
The transient bubbles of the water paint
‘Neath their frail arch a shadow faint;
The golden nimbus of the windowed saint,
Till shine the stars,
10 Casts pale and trembling bars.
The loveliest thing earth hath, a shadow hath,
A dark and livelong hint of death,
Haunting it ever till its last faint breath…
Who, then, may tell
15 The beauty of heaven’s shadowless asphodel?
2.
Ombra 1
-1906-
76

Anche la bellezza della rosa si perde,
quando il suo fervido e brillante meriggio è trascorso,
un’ombra immobile che si allunga sulla polvere
finché giunga l’oscurità
5 e porti il suo strano sogno a casa 2 .
Le effimere bolle d’acqua dipingono
sotto il loro fragile arco un’ombra confusa;
l’aureola dorata del santo incorniciato,
finché le stelle splendono,
10 getta striature pallide e tremanti. i
L’oggetto più incantevole che la terra possiede ha un’ombra 4 ,
un oscuro ed eterno accenno di morte,
che sempre lo infesta di spettri fino al suo ultimo e debole
respiro 5 …
Chi, allora, può narrare
15 la bellezza dell’asfodelo 6 senz’ombra in paradiso?
-1906-
77

3.
Voices
Who is it calling by the darkened river
Where the moss lies smooth and deep,
And the dark trees lean unmoving arms,
Silent and vague in sleep,
5 And the bright-heeled constellations pass
In splendour through the gloom;
Who is it calling o’er the darkened river
In music, “Come!” ?
Who is it wandering in the summer meadows
10 Where the children stoop and play
In the green faint-scented flowers, spinning
The guileless hours away?
Who touches their bright hair? who puts
A wind-shell to each cheek,
15 Whispering betwixt its breathing silences,
“Seek! seek!” ?
Who is it watching in the gathering twilight
When the curfew bird hath flown
On eager wings, from song to silence,
20 To its darkened nest alone ?
Who takes for brightening eyes the stars,
For locks the still moonbeam,
Sighs through the dews of evening peacefully
Falling, “Dream!” ?
-1906-
78

3.
Voci 1
Chi è che sta chiamando presso il fiume oscuro
dove il muschio è liscio e profondo,
e gli alberi scuri inclinano i rami immobili,
silenziosi e vaghi nel sonno,
5 e le costellazioni dal tacco luminoso passano
splendenti attraverso le tenebre;
chi è che sta dicendo in musica, al di là
del fiume oscuro, “Vieni!” ?
Chi è che si sta aggirando nei prati estivi
10 dove i bambini si curvano a giocare
tra verdi fiori dal profumo intenso, tessendo
ore innocenti ?
Chi tocca loro i capelli lucenti ? chi mette
una conchiglia colma di vento su ogni gota,
15 sussurrando tra i suoi silenziosi respiri,
“Cerca! cerca !” ?
Chi è che sta guardando nel fitto crepuscolo
dove l’uccello notturno è volato
su ali impazienti, dal canto al silenzio,
20 da solo, al suo nido oscuro ?
Chi prende le stelle per occhi luminosi,
per riccioli l’immobile raggio di luna,
e sospira attraverso la rugiada serale che pacificamente
scende, “Sogna!” ?
79

-1906-
80

4.
Music Unheard
Sweet sounds, begone –
Whose music on my ear
Stirs foolish discontent
Of lingering here;
5 When, if I crossed
The crystal verge of death,
Him I should see
Who these sounds murmureth.
Sweet sounds, begone –
10 Ask not my heart to break
Its bond of bravery for
Sweet quiet’s sake;
Lure not my feet
To leave the path they must
15 Tread on, unfaltering,
Till I sleep in dust.
Sweet sounds, begone!
Though silence brings apace
Deadly disquiet
20 Of this homeless place;
And all I love
In beauty cries to me,
“We but vain shadows
And reflections be.”
-1912-
81

4.
Musica inascoltata 1
Dolci suoni, andatevene –
la vostra musica all’orecchio
suscita in me uno stolto scontento
di indugiare qui;
5 quando, se attraversassi
la soglia cristallina della morte 2 ,
vedrei colui
che questi suoni mormora.
Dolci suoni, andatevene –
10 non chiedete al mio cuore di rompere
il suo patto di coraggio
per amore della dolce tranquillità;
non inducete i miei piedi
ad abbandonare il sentiero che devono
15 percorrere, risoluti,
finché non dormirò nella polvere 3 .
Dolci suoni, andatevene! 4
Sebbene il silenzio in fretta apporti
uno scontento mortale
20 in questo luogo deserto;
e tutto ciò che io amo
nella bellezza mi grida
“Non siamo altro che ombre
e riflessi vani.”
-1912-
82

5.
Sleep
Men all, and birds, and creeping beasts,
When the dark of night is deep,
From the moving wonder of their lives
Commit themselves to sleep.
5 Without a thought, or fear, they shut
The narrow gates of sense;
Heedless and quiet, in slumber turn
Their strength to impotence.
The transient strangeness of the earth
10 Their spirits no more see:
Within a silent gloom withdrawn,
They slumber in secrecy.
Two worlds they have — a globe forgot,
Wheeling from dark to light;
15 And all the enchanted realm of dream
That burgeons out of night.
-1912-
83

5.
Sonno 1
Tutti gli uomini, e gli uccelli, e gli animali che strisciano,
quando il buio della notte è profondo,
dalla commovente meraviglia delle loro vite
si affidano al sonno.
5 Senza pensieri, o paure, chiudono 3
gli angusti cancelli dei sensi;
incuranti e tranquilli, nell’assopirsi tramutano
la loro forza in impotenza.
I loro spiriti non vedono più
10 l’effimera stranezza della terra 4 :
appartati in un cupo silenzio,
sonnecchiano in segreto 5 .
Possiedono due mondi—un mondo dimenticato,
che rotea dal buio alla luce;
15 e tutto il regno incantato del sogno
che germoglia dalla notte.
-1912-
84

6.
The Listeners
“Is there anybody there ?” said the Traveller,
Knocking on the moonlit door;
And his horse in the silence champed the grasses
Of the forest’s ferny floor:
5 And a bird flew up out of the turret,
Above the Traveller’s head:
And he smote upon the door again a second time;
“Is there anybody there ?” he said.
But no one descended to the Traveller;
10 No head from the leaf-fringed sill
Leaned over and looked into his grey eyes,
Where he stood perplexed and still.
But only a host of phantom listeners
That dwelt in the lone house then
15 Stood listening in the quiet of the moonlight
To that voice from the world of men:
Stood thronging the faint moonbeams on the dark stair,
That goes down to the empty hall,
Hearkening in an air stirred and shaken
20 By the lonely Traveller’s call.
And he felt in his heart their strangeness,
Their stillness answering his cry,
While his horse moved, cropping the dark turf,
‘Neath the starred and leafy sky;
25 For he suddenly smote on the door, even
Louder, and lifted his head:--
“Tell them I came, and no one answered,
That I kept my word,” he said.
Never the least stir made the listeners,
30 Though every word he spake
Fell echoing through the shadowiness of the still house
From the one man left awake:
85

Ay, they heard his foot upon the stirrup,
And the sound of iron on stone
35 And how the silence surged softly backward,
When the plunging hoofs were gone.
6.
Gli Ascoltatori 1
-1913-
“C’è nessuno?” 2 disse il Viaggiatore,
bussando alla porta rischiarata dalla luna;
e il suo cavallo nel silenzio brucava erba 3
dal terreno coperto di felci nella foresta: 4
5 e un uccello volò fuori dalla torretta,
sopra la testa del Viaggiatore:
e lui colpì la porta una seconda volta;
“C’è nessuno?” disse. 5
Ma nessuno discese verso di lui; 6
10 non una testa dal davanzale frangiato di foglie
si sporse per guardare nei suoi occhi grigi,
là dove era rimasto, perplesso e silenzioso.
Ma solo una schiera di ascoltatori spettrali 7
che dimorava nella casa solitaria 8 allora
15 rimase ad ascoltare nella quiete 9 lunare
quella voce uscita dal mondo degli uomini:
affollò i pallidi raggi di luna sulla scala oscura,
che va giù nell’atrio deserto,
ascoltando in un’aria scossa e turbata
20 dal richiamo del Viaggiatore 10 solitario.
E li sentì nel suo cuore strani
e immobili nel rispondere al suo grido, 11
mentre il cavallo si muoveva, brucando le zolle scure,
sotto un cielo di stelle e di foglie;
25 e lui improvvisamente picchiò alla porta, ancora
più forte, e sollevò la testa:
“Di’ loro che sono venuto e nessuno ha risposto,
86

che io ho mantenuto la mia parola” , disse.
Nemmeno il minimo scompiglio fecero gli ascoltatori,
30 sebbene ogni parola da lui pronunciata
cadesse echeggiando nell’oscurità della casa silenziosa
dall’unico uomo rimasto sveglio:
sì, essi udirono i suoi piedi sulla staffa,
e il rumore del ferro sulla pietra,
35 e come il silenzio rifluì delicatamente indietro,
quando il precipitare degli zoccoli se n’era ormai andato.
-1913-
1 Questa poesia apparve per la prima volta nella raccolta The Listener, che l’autore redasse tra
il 1912 e il 1913, anni centrali della creatività delamariana; il componimento doveva
probabilmente possedere un posto privilegiato nelle intenzioni letterarie dell’autore, dato che
un medesimo titolo venne scelto a sigillo della raccolta e della poesia. Del resto, non sembra
impossibile rintracciare nella sua copiosissima produzione poetica esempi di omonimia simili a
questo. In alcuni casi, componimenti di diversa natura presentano la stessa titolazione; si
confrontino le due poesie intitolate The Disguise o Dreams. In Walter de la Mare: A Critical
Study, (Hardcover, 1970) Reid Forrest ritiene che le poesie contenute in The Listeners
raggiungano una maturità negli argomenti e una perfezione nello stile sconosciuti alle rime
composte nei primi anni dell’attività letteraria del poeta, tanto da definirle “poems of
maturity”.
2 Interessante l’incipit che l’autore pone in apertura; una voce quasi uscita dal nulla prende
forma nei versi del poeta e spezza il silenzio ad essa antecedente, dando vita a un sorprendente
movimento ritmico. “Coleridge first discovered, and exhibited in the opening lines of
Christabel, the surprising emotional effect of hesitating movement in metre, and a century
later, de la Mare, so closely akin to Coleridge in poetic material, has taken this metrical
element and used it to even subtler purpose” ricorda a questo proposito Duffin nel suo saggio.
(H. C. DUFFIN, Walter de la Mare: A Study of His Poetry, Hardcover 1949, p.18 ). “The
hesitation motif” così come lo definisce Duffin, si coglie non appena ci si immerge nella
lettura, una lettura che risulta ricca di pause, di momenti di sospensione; più si va avanti e più
il nostro respiro rimane impigliato a quel “Is there anybody there?” che ritorna al v. 7, quasi a
sottolineare il singhiozzo ossessivo e impaurito del Viaggiatore al quale nessuna risposta è
data, anche se c’è qualcuno che ascolta, come lo stesso titolo della poesia tende a sottolineare.
Nel nostro tentativo di traduzione, già al v. 1 perdiamo l’effetto musicale provocato
dall’elemento allitterativo in spirante dentale sonora di “there-there”; perdite di questo genere
vengono messe in conto, quando si vuole rendere il testo in una lingua diversa dall’originale.
3 “and”: abbiamo ritenuto opportuno mantenere l’occorrenza della congiunzione “and” che,
ripetuta all’inizio dei vv. 3, 5 e 7 concorre a formare uno schema ritmico alternato e sincopato.
“to champ”: letteralmente, “brucare”. Quasi sempre, il simple past nella nostra traduzione
italiana è reso con il passato remoto, tranne in questo caso, dove abbiamo preferito non
rispettare il testo letteralmente, a vantaggio del significato. L’impiego di un verbo perfettivo,
come il passato remoto, al v. 3 sarebbe risultato inadeguato per esprimere una certa continuità
dell’azione e la contemporaneità del “mangiucchiare del cavallo al bussare del Viaggiatore alla
porta”, come invece è facoltà propria di un verbo imperfettivo.(T. FRANK, Introduzione allo
studio della lingua inglese, Il Mulino, Bologna 1988)
87

4 “forrest’s ferny floor”: il triplo effetto allitterativo creato dall’autore viene purtroppo
mantenuto solo in parte nella nostra versione.
5 Presenza latente della voce di un narratore, segnalata dal discorso diretto (“…he said”) –
modalità più specificamente propria del genere letterario in prosa e non necessariamente della
poesia. Eppure, molto spesso l’autore nelle sue rime riveste il ruolo di regista-narratore,
creando situazioni e personaggi da far parlare, retaggio tecnico che gli deriva dal suo essere
scrittore di racconti brevi e di romanzi oltre che poeta. Esempi di questo tipo se ne trovano
molti, tra i tanti ricordiamo The Summons (cfr. W. DE LA MARE, Collected Poems, op. cit., p.
288), dove “a shallow questioner” non fa altro che porsi domande senza trovare alcuna
plausibile risposta e The Ghost (n. 9).
6 Abbiamo preferito omettere “Traveller” a favore del corrispettivo pronome personale per
rendere il passo italiano più scorrevole.
7 La tecnica dell ’enjambement, detta anche spezzatura, ricorre frequentemente nel tessuto
stilistico di questo componimento (si confrontino i vv. 3, 10, 14, 15 e 19). La sua costante
presenza accresce il ritmo singhiozzato e frenetico della nostra lettura dirigendola
inesorabilmente all’ultimo verso, quando tutto sembra acquietarsi, anche il rumore degli
zoccoli del cavallo che con il Viaggiatore abbandona il setting. L’enjambement lega i versi
l’uno all’altro provocando un ritmo sostenuto e un’intensa musicalità, che difficilmente
conosce momenti di paralisi drammatica (BROOKS CLEANTH, La struttura della poesia, Il
Mulino, Bologna 1973). Il ripetersi delle immagini, delle parole, delle stesse strutture, insieme
all’effetto di continuità provocato dall’enjambement concorre a creare una fitta rete di richiami
che rende il componimento poetico particolarmente compatto. Quando parliamo di medesime
strutture, ci riferiamo specificamente alla natura dell’ incipit di alcuni versi: il 3°, il 5° e il
7°presentano la congiunzione and + soggetto + verbo; il 9° e il 14° la congiunzione but; il 16°
e il 18° la struttura sintattica del verbo stand al simple past + verbo in ing- form, per citare i
casi più evidenti.
8 lone: letteralmente “solitario, abbandonato”. Il componimento è ricco di espressioni che
sottolineano il senso di abbandono che avvolge il Viaggiatore: nessuno (“no one”, “no head” v.
9 e v. 10) risponde al suo grido; la casa è abbandonata (“in the lone house” v. 14), l’atrio è
deserto (“the empty hall” v.18), il richiamo è solitario (“the lonely Traveller’s call” v. 20).
9 La dicotomia silenzio-rumore viene ribadita quasi ad ogni passo. Alla quiete dei “phantom
listeners” che abitano la “lone house” si contrappone il grido insistente e deciso del
“Traveller”, il rumore dei suoi pugni che bussano alla porta e il suono cupo degli zoccoli del
cavallo. Le due dimensioni si scontrano: il silenzio sacrale violato all’inizio dalla voce del
Viaggiatore tornerà ad essere l’indiscusso protagonista nell’ultimo verso, dopo che l’uomo
abbandonerà la dimora di quegli ascoltatori che non gli hanno riservato alcuna risposta.
10 Il mondo letterario di De la Mare è ricco di “Listeners” e “Travellers”; il “Viaggiatore” lo
ritroviamo anche a titolo di un poemetto scritto nel 1946, dove ancora una volta viandante e
cavallo sono diretti al termine della vita; e il pellegrinare per eccellenza rimane quello di
Henry Brocken, romance pubblicato nel 1904 sotto lo pseudonimo di Walter Ramal, dove il
giovane protagonista viaggia in un atmosfera sognante, fiabesca, non priva di un incombente
minaccia.
11 Abbiamo preferito non effettuare in questo passo una traduzione strettamente letterale che
avrebbe previsto un simile risultato: “e lui sentì nel suo cuore la loro stranezza, la loro calma
nel rispondere al suo grido”. La conversione degli aggettivi possessivi “loro” in un pronome
personale “li” con valenza di complemento oggetto, e la trasformazione dei sostantivi con i
corrispettivi aggettivi hanno snellito la ridondanza che altrimenti ne sarebbe derivata.
88

7.
Time passes
There was nought in the Valley
But a Tower of Ivory,
Its base enwreathed with red
Flowers that at evening
5 Caught the sun’s crimson
As to Ocean low he sped.
Lucent and lovely
It stood in the morning
Under a trackless hill;
10 With snows eternal
Muffling its summit,
And silence ineffable.
Sighing of solitude
Winds from the cold heights
15 Haunted its yellowing stone;
At noon its shadow
Stretched athwart cedars
Whence every bird was flown.
Its stair was broken,
20 Its starlit walls were
Fretted; its flowers shone
Wide at the portal,
Full-blown and fading,
89

Their last faint fragrance gone.
25 And on high in its lantern
A shape of the living
Watched o’ er a shoreless sea,
From a Tower rotting
With age and weakness,
30 Once lovely as ivory.
7.
Il Tempo passa 1
-1913-
Non c’era niente 2 nella Valle
se non una Torre d’Avorio 3 ,
la sua base inghirlandata di
fiori rossi che di sera
5 catturavano la luce cremisi del sole
appena si affrettava a scendere verso l’Oceano.
Lucente e incantevole 4
essa stava al mattino
sotto una collina senza sentieri 5 ;
10 la cima avvolta
da nevi eterne 6 ,
e un silenzio ineffabile.
Gemendo di solitudine
90

i venti dalle gelide altezze
15 tormentavano 7 la sua pietra ingiallita;
a mezzogiorno la sua ombra
si distendeva obliquamente sui cedri 8
dai quali ogni uccello era volato via.
La sua scala era rotta,
20 le sue mura illuminate dalle stelle erano
consunte; i suoi grandi fiori aperti splendevano
accanto al portale,
pienamente schiusi e spampanati,
la loro ultima, estenuata fragranza se ne era andata.
25 E in alto nel suo faro
un'ombra vivente
sorvegliava un mare sconfinato,
da una Torre in rovina
per antichità e debolezza,
30 una volta incantevole come l’avorio.
-1913-
91

8.
The Sunken Garden
Speak not — whisper not;
Here bloweth thyme and bergamot;
Softly on the evening hour,
Secret herbs their spices shower.
5 Dark-spiked rosemary and myrrh,
Lean-stalked purple lavander;
Hides within her bosom, too,
All her sorrows, bitter rue.
Breathe not — trespass not;
10 Of this green and darkling spot,
Latticed from the moon’s beams,
Perchance a distant dreamer dreams;
Perchance upon its darkening air,
The unseen ghosts of children fare,
15 Faintly swinging, sway and sweep,
Like lovely sea-flowers in the deep;
While, unmoved, to watch and ward,
Amid its gloomed and daisied sward,
Stands with bowed and dewy head
20 That one little leaden Lad.
8.
Il giardino sommerso 1
-1918-
92

Non parlare — non bisbigliare 2 ;
qui fioriscono il timo e il bergamotto;
delicatamente sul far della sera,
le erbe segrete spandono i loro profumi.
5 La scura sagoma spigata del rosmarino e della mirride,
lo stelo inclinato della lavanda violacea 3 ;
anche la Ruta amara nasconde nel suo cuore,
tutte le sue sofferenze 4 .
Non respirare — non oltrepassare;
10 forse un lontano sognatore sogna 5
questo verde e tenebroso luogo
su cui i raggi di luna intrecciano grate,
forse sulla sua aria oscura,
passano invisibili fantasmi di bambini,
15 dondolando leggermente, fluttuano e strisciano,
come incantevoli fiori di mare negli abissi;
mentre immobile a guardare e sorvegliare,
in mezzo al suo buio prato di margherite,
sta con il capo chino e rugiadoso
20 quel piccolo ragazzo di piombo.
-1918-
93

9.
The Ghost
“Who knocks?” “I, who was beautiful,
Beyond all dreams to restore,
I, from the roots of the dark thorn am hither.
And knock on the door.”
5 “Who speaks?” “I – once was my speech
Sweet as the bird’s on the air,
When echo lurks by the waters to heed;
‘Tis I speak thee fair.”
“Dark is the hour!” “Ay, and cold.”
10 “Lone is my house.” “Ah, but mine?”
“Sight, touch, lips, eyes yearned in vain.”
“Long dead these to thine…”
Silence. Still faint on the porch
Brake the flames of the stars.
15 In gloom groped a hope-wearied hand
Over keys, bolts, and bars.
A face peered. All the grey night
In chaos of vacancy shone;
Nought but vast sorrow was there –
20 The sweet cheat gone.
-1918-
94

9.
Il Fantasma 1
“Chi bussa?” 2 “Io, che ero bello,
al di là di tutti i sogni da ridestare,
io che giungo dalle radici del rovo scuro sono qui.
E busso alla porta.” 3
5 “Chi parla?” “Io – una volta le mie parole erano
dolci come quelle dell’uccello nell’aria,
quando l’eco si nasconde presso l’acqua ad osservare;
sono io che ti parlo lealmente.”
“Scura è l’ora!” “Sì, e fredda.”
10 “Solitaria è la mia casa.” “Ah, ma la mia?”
“Vista, tatto, labbra, occhi desiderarono in vano.”
“Cose ormai morte da tanto rispetto alle tue…”
Silenzio. Ancora pallidi sul portico
indugiano i fuochi delle stelle.
15 Nelle tenebre una mano stanca di sperare brancolò
su chiavi, chiavistelli e sbarre. 4
Un viso sbirciò fuori. 5 L’intera notte grigia
brillava nel caos del vuoto;
non c’era niente se non un vasto dolore là –
20 il dolce inganno svanito.
95

-1918-
96

10.
The Stranger
In the woods as I did walk,
Dappled with the moon’s beam,
I did with a Stranger talk,
And his name was Dream.
5 Spurred his heel, dark his cloak,
Shady-wide his bonnet’s brim;
His horse beneath a silvery oak
Grazed as I talked with him.
Softly his breast-brooch burned and shone;
10 Hill and deep were in his eyes;
One of his hands held mine, and one
The fruit that makes men wise.
Wondrously strange was earth to see,
Flowers white as milk did gleam;
15 Spread to Heaven the Assyirian Tree,
Over my head with Dream.
Dews were still betwixt us twain;
Stars a trembling beauty shed;
Yet, not a whisper comes again
20 Of the words he said.
-1918-
97

10.
L’Estraneo 1
Mentre camminavo nei boschi 2 ,
chiazzati dai raggi di luna 3 ,
conversavo con un Estraneo 4 ,
e il suo nome era Sogno 5 .
5 Speroni al tacco 6 , nero il mantello,
ampia e ombrosa 7 la falda del suo cappello;
il suo cavallo sotto una quercia argentea
brucava mentre parlavo con lui. 8
Ardeva e brillava tenue la spilla al suo petto;
10 altura e abisso erano nei suoi occhi;
una delle sue mani teneva la mia, e l’altra
il frutto 9 che rende gli uomini saggi.
Mirabilmente strana da vedere era la terra,
lucevano fiori bianchi come latte;
15 toccava il cielo l’Albero Assiro,
sopra la mia testa con Sogno.
La rugiada era ancora tra noi due;
le stelle spargevano una bellezza fremente;
eppure, non un sussurro giunge ancora
20 delle parole che disse.
-1918-
98

11.
The Remonstrance
I was at peace until you came
And set a careless mind aflame.
I lived in quiet; cold, content;
All longing in safe banishment,
5 Until your ghostly lips and eyes
Made wisdom unwise.
Naught was in me to tempt your feet
To seek a lodging. Quite forgot
Lay the sweet solitude we too
10 In childhood used to wander through;
Time’s cold had closed my heart about;
And shut you out.
Well, and what then? … O vision grave,
Take all the little all I have!
15 Strip me of what in voiceless thought
Life’s kept of life, unhoped, unsought! –
Reverie and dream that memory must
Hide deep in dust!
This only I say: — Though cold and bare
20 The haunted house you have chosen to share,
Still ‘neath its walls the moonbeam goes
And trembles on the untended rose;
Still o’ er its broken roof-tree rise
The starry arches of the skies;
25 And in your lightest word shall be
The thunder of an ebbing sea.
99

11.
La Rimostranza 1
-1918-
Ero in pace finché non arrivasti 2
ad infiammare una mente spensierata.
Vivevo in pace; indifferente, pago; 3
non desiderando altro che un esilio sicuro 4 ,
5 fino a quando le tue labbra e i tuoi occhi spettrali
resero stolta la saggezza.
Lungi da me voler indurre i tuoi passi
a cercare una dimora. Quasi dimenticata
era la dolce solitudine in cui noi due,
10 fanciulli, eravamo soliti vagare;
il gelo degli anni aveva accerchiato il mio cuore 5 ,
chiudendoti fuori.
Bene, e allora? … O visione grave 6 ,
prenditi tutto quel poco che possiedo!
15 Spogliami di quanto insperato, non cercato,
la vita ha conservato della vita, nel tacito pensiero! –
Fantasticherie e sogni che la memoria deve
nascondere sotto la polvere!
Questo soltanto dico: — sebbene fredda e nuda
20 sia la casa di spettri che hai scelto di dividere con me,
ancora sotto i suoi muri si posano i raggi di luna
e tremano sulla rosa abbandonata;
100

ancora sopra la trave rotta del tetto si leva
la volta stellata dei cieli;
25 e nella tua parola più leggera ci sarà
il tuono della marea.
-1918-
101

12.
A Riddle
The mild noon air of Spring again
Lapped shimmering in that sea-lulled lane.
Hazel was budding; wan as snow
The leafless blackthorn was a-blow.
5 A chaffinch clankt, a robin woke
An eerie stave in the leafless oak.
Green mocked at green; lichen and moss
The rain-worn slate did softly emboss.
From out her winter lair, at sigh
10 Of the warm South wind, a butterfly
Stepped, quaffed her honey; on painted fan
Her labyrinthine flight began.
Wondrously solemn, golden and fair,
The high sun’s rays beat everywhere;
15 Yea, touched my cheek and mouth, as if,
Equal with stone, to me ‘twould give
Its light and life.
O restless thought,
Contented not! With “Why” distraught.
Whom asked you then your riddle small?—
20 “If hither came no man at all
102

“Through this grey-green, sea-haunted lane,
Would it mere blackened naught remain?
Strives it this beauty and life to express
Only in human consciousness?
25 “Or, rather, idly breaks he in
To an Eden innocent of sin;
And, prouder than to be afraid,
Forgets his Maker in the made?”
12.
Un Indovinello 1
-1921-
La mite aria primaverile del meriggio ancora 2
bagnava luccicante quel viottolo cullato dal mare. 3
Il nocciolo stava sbocciando; bianco come la neve
e senza foglie il prugno era tutto in fiore.
5 Un fringuello strideva 4 , un pettirosso svegliò
un misterioso ramo sulla quercia spoglia.
Il verde imitava il verde 5 ; lichene e muschio
adornavano delicatamente l’ardesia consumata dalla
pioggia.
Fuori dal suo rifugio invernale, al sospiro
10 del caldo vento del Sud, una farfalla 6
uscì, sorseggiò il suo miele; su ali variopinte
iniziò il suo volo labirintico.
103

Mirabilmente solenni, dorati e belli,
i raggi del sole dall’alto si posavano ovunque;
15 sì, mi toccavano la gota e la bocca, come se
fossi pietra, e in me volessero infondere
la sua luce e la sua vita.
O pensiero irrequieto,
mai contento! Sconvolto dai “perché”.
A chi rivolgesti allora il tuo indovinello?—
20 “Se qui non venisse nessuno 7
“lungo questo sentiero verdastro, infestato dal mare,
resterebbe solo un buio zero?
Cerca esso di esprimere questa bellezza e questa vita
solamente all’umana coscienza?
25 “O, piuttosto, egli irrompe indolente in
un Eden senza peccato;
e, più orgoglioso che spaventato,
dimentica il suo Creatore nel creato?”
-1921-
104

4.1. Introduzione
CAPITOLO IV:
L’INCONTRO CON IL FANTASMA
In ambito italiano poche o nulle sono state le voci che hanno
saputo approfondire i contenuti della poesia di De la Mare, mentre
in ambito inglese molti hanno svolto letture critiche che
racchiudono elementi di novità, come Reid Forrest, Mc Crosson
Doris Ross, Kenneth Opkins. Questi critici hanno posto la loro
attenzione sull’elemento che nutre e anima gran parte della poesia
di De la Mare e che la rende diversa: si tratta della presenza di una
particolare spiritualità, un “mondo di spiriti” che diventa quasi
sempre un tutt’uno con la realtà concreta che egli descrive. In
particolare, è proprio questo “mondo di spiriti” che aleggia tra le
sue case o tra le sue torri in rovina che si è imposto nel corso della
nostra ricerca, come uno degli elementi di originalità della poesia
delamariana e come una delle prove contenutistiche concrete che
separano la sua poesia da quella dei georgiani, ma anche da quella
dei romantici, trasformandola a tutti gli effetti in vera e propria voce
poetica dell’uomo del Novecento. Il fantasma, come protagonista
dei suoi versi si pone alla nostra attenzione come elemento di
estremo interesse, avvicinando la sua poesia a quella di autori
105

novecenteschi come Hardy, Yeats, Eliot che proprio in quegli stessi
anni fanno comparire lo spettro o più in generale l’ansia di sfiorare
la dimensione soprannaturale nelle proprie liriche 1 .
Per la grande importanza che il fantasma assume nella sua
poesia come elemento di originalità e di interesse, abbiamo scelto
della vasta produzione poetica dell’autore di trasporre nella nostra
lingua quelle poesie che narrano l’incontro con il fantasma o che
accennano alla presenza di una realtà fuori dalla percezione umana.
Non tutte le poesie di Walter de la Mare trattano di fantasmi, ma un
numero abbastanza consistente si nutre degli elementi magici e
sovrannaturali tanto da farci ritenere che il sovrannaturale e il
fantasma come speaker di quella realtà, siano da considerarsi come
elemento che distingue la sua poesia. Le caratteristiche e gli aspetti
che il fantasma assume nella poesia di Walter de la Mare, dedotti
dall’insieme delle nostre poesie tradotte in italiano saranno trattati
nei prossimi paragrafi.
4.2. Voci: i fantasmi della poesia di Walter de la Mare
Il fantasma della poesia di Walter de la Mare è invisibile,
sfuggente e impalpabile. Preferisce farsi udire e non vedere, agendo
per mezzo della voce e, forse, di “un passo leggero”. Non si svela
mai completamente. Si nasconde negli spazi della natura,
1 JULIA BRIGGS, op. cit., p. 240.
106

confondendosi tra le ombre degli alberi e tra i pallidi raggi di luna
che contrastano l’oscurità della notte. Fa sentire la propria presenza
lanciando messaggi sotto forma di voci, suoni e canzoni vaghe e
confuse, per cui lo speaker che lo avverte intorno a sé, si trova
quasi sempre nella condizione di dover ricercare la fonte dalla quale
l’espressione sonora proviene, per poi interpretare il valore e il
significato dei bisbigli indistinti del fantasma.
Gli incontri che De la Mare narra nelle sue poesie sono
incontri con frammenti intermittenti di suoni e voci di difficile
interpretazione: il rumore costituisce l’essenza del fantasma. La
consistenza di questi fantasmi è direttamente proporzionale al loro
linguaggio: tanto più le presenze soprannaturali sono capaci di
esprimersi in discorsi tanto più la loro presenza si fa concreta.
In The Listeners (n. 6), gli “ascoltatori spettrali” che
rimangono in silenzio, ascoltando le parole dello speaker, sono gli
spiriti più inconsistenti del nostro corpus di poesie, la loro presenza
è pura aria e oscurità, in essi anche la fisicità della parola o almeno
del suono stentato, come sottolinea il poeta nei suoi versi, è
annullata:
Never the least stir made the listeners
Though every word he spake
Fell echoing through the shadowiness of the still
house
107

Come Opkins ricorda, “De la Mare’s ghosts are the least substantial
of our time…” 2 . Il più concreto tra questi fantasmi è quindi quello
che fa sentire chiaramente la propria voce, quello che si esprime
con il linguaggio degli uomini, utilizzando parole di senso
compiuto e riservando a chi voglia avvicinarglisi la possibilità di
intessere un dialogo. Ciò accade in The Ghost (n. 9); Naomi Royde-
Smith che per prima lesse questa poesia, come ricorda Theresa
Whistler, rimase subito affascinata dall’immagine concreta e allo
stesso tempo incantata e magica dello spirito che si presenta alla
casa del personaggio 3 . Fin dalla prima stanza, le due voci, quella
dell’uomo e del fantasma si intrecciano:
“Who knocks?” “I, who was beautiful,
Beyond all dreams to restore,
I, from the roots of the dark thorn am hither
And knock on the door.”
Fra le poesie che abbiamo tradotto, questa è l’unica che veda lo
speaker dialogare con la presenza spirituale che egli sente bussare
alla sua porta. Sebbene il fantasma in questo caso sia dotato della
capacità di parlare, le sue affermazioni rimangono tuttavia
2 cfr. K. OPKINS, op. cit., p. 21.
3 T. WHISTLER, op. cit., p. 229.
108

enigmatiche e complesse. Gli aspetti di un tale manifestarsi
spettrale sonoro/vocalico sono posti in un crescendo che vede
l’espressione più esigua nel silenzio, la media nel suono indistinto e
la massima nella complessità di parole, come in The Ghost (n. 9).
In altre poesie come Voices (n. 3) o Music Unheard (n. 4) le
manifestazioni sonore del fantasma rientrano nel tipo medio, in
quanto si presentano come frammenti incomprensibili di suoni che
vanno e vengono e di cui non si conosce l’esatta provenienza, per
cui la voce che li registra si trova quasi sempre a chiedere il
significato dei messaggi.
Proprio per la difficoltà di comprensione delle espressioni
sonore del fantasma, questo gruppo di poesie è costituito da una
struttura in cui il domandare si impone come modalità dominante;
basti pensare ai i versi di apertura di poesie come The Listeners (n.
6), Sorcery (n. 1), The Ghost (n. 9), Voices (n. 3). La dominanza
delle forme interrogative prevale, naturalmente, nelle forme
dialogiche: dialoghi con i fantasmi come in The Ghost, dialoghi con
i vari personaggi come il boscaiolo in Sorcery, o il personaggio
fantastico che il poeta incontra nei boschi di The Stranger (n. 10).
In The Listeners (n. 6), l’intensità drammatica delle domande del
protagonista è attenuata dalla presenza del narratore che le riporta.
Mentre in Voices ( n. 3) la modalità che Reid Forrest non a torto ha
definito “endless answering” 4 si presenta nella forma più
estremizzata: le tre stanze del componimento sono costituite da tre
ampie domande. In questa poesia, gli spiriti sono appunto voci di
4 cfr. REID FORREST, op. cit., p.100.
109

cui è difficile stabilire la natura e la provenienza, per cui il poeta
che le avverte si chiede:
Who is it calling by the darkened river
Where the moss lies smooth and deep,
And the dark trees lean unmoving arms,
Silent and vague in sleep,
And the bright-heeled constellatons pass in
In splendour through the gloom;
Who is it calling o’er the darkened river
In music, “Come!”?
Per quanto riguarda la struttura compositiva di Voices, vorremmo
notare, in primo luogo, l’occorrenza significativa a livello
semantico del pronome “who”, posto all’inizio del primo e del
quinto o settimo verso di ogni stanza. Le tre stanze del
componimento sono rappresentate da tre ampie domande svolte
nella stessa forma di questa prima stanza che abbiamo trascritto:
prima interrogativa retorica introdotta dal pronome “who” al v. 1 e
da “where” al v. 2 (tranne nella terza stanza dove troviamo
“when”); seconda interrogativa retorica introdotta da “who”;
presenza dell’imperativo di seconda persona singolare nell’ultimo
110

verso di ogni stanza, (troviamo rispettivamente “Come”, “Seek”, e
“Dream”).
Già nella prima stanza si impongono alla nostra attenzione
elementi di straordinario interesse: gli spiriti si nascondono negli
spazi più scuri del paesaggio naturale. In particolare al v. 1 si dice
“by the darkened river”. La vicinanza degli spettri a corsi d’acqua
costituisce una costante nella poesia di De la Mare; spesso gli spiriti
si nascondono nei pressi di laghetti, stagni e fiumi. In Sorcery (n.1),
il poeta avverte una voce piangere oltre lo stagno ( v. 2), in The
Sunken Garden (n. 8), i fantasmi dei bambini sono paragonati a
delicati fiori di mare che volteggiano negli abissi marini (cfr. vv. 15
e 16). Come Doris Mc Crosson ricorda, “water is often a symbol of
the unconscious in de la Mare’s work” 5 . Potremmo forse sostenere
che gli esseri spirituali del suo mondo si materializzano proprio
uscendo dalle pieghe fantastiche della dimensione più fluttuante,
indistinta e misteriosa della mente dell’uomo.
Come dicevamo, le stanze di Voices si presentano nella forma
di tre domande, alle quali però non è data risposta. Il silenzio degli
spettri, che si nascondono vicino al fiume oscuro e tra i prati estivi
si pone come barriera tra loro e l’uomo. Ecco allora che accanto alla
dicotomia “domanda-risposta” cogliamo il contrasto “rumore-
silenzio”, sottolineato in ogni stanza: nella prima, il richiamo che il
poeta sente contrasta con gli alberi che sono “silent and vague in
sleep”(v. 4); nella seconda stanza, il bisbiglio “Seek! seek!” si
infrange contro i “breathing silences” (vv. 14, 15); nella terza,
5 cfr. MC CROSSON DORIS ROSS, op. cit., p. 62.
111

l’uccello vola “from song to silence”(v. 19). L’uccello è uno degli
animali maggiormente presenti nell’universo immaginario
dell’autore (si confronti il v. 5 in The Listeners dove l’autore parla
di un uccello che “vola fuori da una torretta”, il v. 8 in Sorcery dove
egli descrive “la dolce rondine” che “piega le ali, riempiendo l’aria
di garriti”; il v. 18 in Time Passes che racchiude l’immagine dei
cedri dai quali gli uccelli si levano in volo, mentre il v. 5 in A
Riddle quella di un fringuello e di un pettirosso).
Se il rumore costituisce per De la Mare la fisicità del
fantasma, il silenzio si pone in alcune delle sue poesie come segno,
indizio della sua scomparsa, del suo svanire. Il silenzio come
annullamento nel contatto con lo spirito e fallimento nell’incontro si
presenta principalmente in The Listeners (n. 6) e in The Ghost (n.
9). Il silenzio più profondo è, infatti, quello dei “phantom listeners”,
che pur ascoltando le domande del Viaggiatore giunto alla loro
casa, non si fanno sentire e non si degnano di rispondere. La quiete
che il Viaggiatore ha disturbato con le proprie parole è ristabilita
non appena egli decide di andarsene:
And how the silence surged softly backward,
When the plunging hoofs were gone.
112

Nel tessuto poetico dell’intero componimento, la dicotomia tra il
silenzio degli spettri e il rumore provocato dall’uomo è sottolineata
dall’autore insieme al contrasto movimento-immobilità, assumendo,
valore di confine tra reale e sovrannaturale.
In The Ghost (n. 9), alla terza stanza si interrompe il breve
dialogo, tra il fantasma che bussa alla porta e una voce che gli
risponde dall’interno. Il silenzio che segue è segno e preavviso
dell’imminente scomparsa dello spettro:
Silence. Still faint on the porch
Brake the flames of the stars.
In gloom groped a hope-wearied hand
Over keys, bolts and bars.
Nelle tenebre la mano del personaggio si muove su chiavi,
chiavistelli e sbarre, nel tentativo di aprire la porta al fantasma. Ma
quando vi riesce, il fantasma è svanito. Di fronte al suo sguardo non
si presenta altro che “la grigia notte nel caos del vuoto” e insieme
ad essa la delusione di un incontro mancato :
The sweet cheat gone.
113

Ma, come dicevamo, il silenzio che prende forma nelle poesie di
Walter de la Mare, non sempre si presenta come segno testuale
della scomparsa dello spettro. In The Sunken Garden (n. 8), il poeta
lo ritiene come condizione necessaria e indispensabile per osservare
le piante e i cespugli del suo giardino, e dei fantasmi di bimbi che
fluttuano nell’aria scura. In Time Passes (n. 7), c’è il “silenzio
ineffabile” che avvolge la Torre d’Avorio (cfr. v.12). In Sleep (n. 5)
c’è il silenzio nel quale tutte le creature dell’universo si immergono,
quando si addormentano.
In Voices il poeta inserisce coordinate spazio-temporali ben
precise: ogni stanza racchiude un angolo del paesaggio naturale
colto in un momento della giornata. Nella prima il poeta ritrae la
natura nel mistero notturno: il fiume è scuro e gli alberi sono
“immobili e vaghi nel sonno”. Mentre nella seconda, il paesaggio
descritto è colto in pieno giorno e quel qualcuno indefinito,
presenza spirituale racchiusa nel pronome “who”, vaga nei prati
rivolgendo i propri sussurri ai bambini:
Who is it wandering in the summer meadows
Where the children stoop and play
In the green faint-scented flowers, spinning
The guileless hours away?
Who touches their bright hair? who puts
A wind-shell to each cheek,
114

Nella terza si fa di nuovo notte:
Whispering betwixt its breathing silences,
“Seek! seek!”?
Who is it watching in the gathering twilight
When the curfew bird hath flown
On eager wings form songs to silence,
To its darkened nest alone ?
Who takes for brightening eyes the stars,
For locks the still moonbeam,
Sighs through the dews of evening peacefully
Falling, “Dream!”?
Le tre stanze sono disposte secondo un’evoluzione temporale che
va dalla notte al giorno per giungere di nuovo alla sera. In Voices, la
manifestazione sonora dei fantasmi sembra farsi sempre più
sfuggente: nella prima stanza, il loro richiamo è costituito da
musica; esso si trasforma poi in sussurro ed infine in sospiro. Il
richiamo musicale, gioioso presente in questi versi differisce da
quello ammaliante di Music Unheard( n. 4), che disturba la quiete
dello speaker.
115

Nella prima e nell’ultima stanza di Voices domina il contrasto
luce-oscurità, spesso presente nei paesaggi che l’autore descrive:
nella prima “il fiume oscuro”( vv.1 e 7) e “gli alberi neri”(v. 3)
contrastano con “l’alone luminoso delle costellazioni”(v. 5); nella
terza stanza “il crepuscolo” (v. 16) e “il nido oscuro” ( v. 20)
vengono contrapposti alle stelle come occhi luminosi e
all’immobile raggio di luna simile ai riccioli (vv. 21 e 22). In The
Listeners (n. 6)“i pallidi raggi di luna contrastano con la scala
oscura”(cfr. v.17), in The Ghost (n. 9) “i fuochi delle stelle”
irrompono, spezzando la fitta oscurità. L’opposizione tra la debole
luce delle stelle e il buio della notte è presente nella maggior parte
dei componimenti dedicati all’incontro con il fantasma, in quanto il
momento privilegiato nel quale le presenze spirituali si fanno
sentire è durante la notte o al crepuscolo, termine che ritorna quasi
ossessivamente nel mondo creativo dell’autore (cfr. Voices (n. 3),
“in the gathering twilight” , v. 17; Sorcery (n. 1),“of twilight unto
morn”, v. 20). Ciò non accade sempre in quanto, come abbiamo
visto in Voices, le presenze sovrannaturali si muovono anche in
pieno giorno (cfr. seconda stanza). In Music Unheard (n.
4)addirittura mancano del tutto riferimenti temporali ben precisi
nell’incontro con lo spettro. Ma, generalmente è nell’oscurità, nelle
tenebre e nell’ombra che gli spettri delamariani si rendono
manifesti; il buio denso e fitto è spesso il confine dello spazio in cui
si muovono, (in The Listeners l’abitazione affollata dagli
“ascoltatori spettrali è immersa nell’oscurità “…through the
116

shadowiness of the still house”(v. 31); in The Sunken Garden, il
prato cosparso di margherite è scuro e tenebroso “Amid its gloom
and daisied sward”, (v. 18); in Sorcery, Pan che il poeta vorrebbe
incontrare dimora “in the thickest shade”( v. 16)).
I paesaggi lunari, come gran parte delle poesie del nostro
corpus dimostra, sono quelli visitati in misura maggiore dalla
fantasia dell’autore e la notte con il suo alone di mistero spesso
costituisce il setting privilegiato dell’incontro. Si confronti The
Listeners (n. 6), “stood listening in the quiet of the moonlight”( v.
15); The Remonstrance (n. 11), “Still ‘neath its walls the
moonbeam goes…” “the starry arches of the skies” (vv. 21 e 24);
The Ghost (n. 9), “Brake the flames of the stars; Voices (n. 3),“And
the bright heeled costellations pass/In splendour through the gloom
(vv. 5 e 6); The Stranger (n. 10), “In the woods as I did walk/
dappled with the moon’s beam” (vv. 1 e 2); The Sunken Garden( n.
8), “Latticed from the moon beams” (v. 11), per ricordare solo
alcuni degli esempi. Paesaggi, dove le pallide sfumature dei pochi
raggi di luna, sono le uniche forme di luminosità che riescono a
contrastare il fitto velo delle tenebre.
La notte annulla i colori, e quando il poeta li nomina in questi
paesaggi oscuri sceglie quelli che creino un contrasto netto con le
tenebre: il grigio e il bianco ricorrono spesso nelle sue poesie. Se
l’oscurità il più delle volte delinea il confine dello spazio in cui il
fantasma si muove, in alcune poesie è proprio l’irrompere del grigio
117

o del bianco a segnalare cromaticamente la sua scomparsa. In The
Ghost ( n. 9), il poeta scrive nella quarta stanza:
A face peered. All the grey night
In chaos of vacancy shone;
Nought but vast sorrow was there –
The sweet cheat gone.
Ma come dicevamo, questi colori non sempre segnano nel testo la
scomparsa dello spettro; a volte, sono inseriti dal poeta per creare
semplicemente un contrasto cromatico con la fitta oscurità
circostante. Così in The Listeners gli occhi del Viaggiatore sono
grigi (v. 11, “Leaned over and looked into his grey eyes”); in
Sorcery, l’accetta grigia del boscaiolo brilla sotto gli ultimi raggi
del giorno( v. 23, “His axe shone keen and grey”); in The Stranger,
il paesaggio colto nel mistero notturno si arricchisce di fiori bianchi
come il latte grazie alla presenza del personaggio fantastico che
prende per mano lo speaker (v. 14, “Flowers white as milk did
gleam). Vorremmo sottolineare come la tendenza del poeta a
racchiudere nei propri versi ambienti scuri e tenebrosi provochi una
certa ripetitività nelle sue scelte lessicali; nel nostro corpus di
poesie si registra una ricorrenza molto elevata di alcuni termini, il
che genera una certa uniformità: darkened, gloom, deep, black,
118

star, moonbeam sono le parole che ritornano con maggiore
frequenza.
4.3. La casa: il luogo dell’incontro.
The Listeners, The Ghost
I fantasmi della poesia di De la Mare, manifestazioni
sfuggenti di suoni, inconsistenti presenze si muovono invisibili nei
giardini e tra i piccoli ruscelli dei paesaggi naturali come in Voices
(n. 3) e in The Sunken Garden (n. 8). Non sempre il luogo
dell’incontro con lo spettro viene descritto dal poeta; in Music
Unheard (n. 4) l’ambiente in cui lo speaker avverte i “dolci suoni”
rimane vago. In due poesie del nostro corpus, il fantasma compare
nei paraggi di case solitarie, immerse nell’oscurità: in The Listeners
(n. 6) e in The Ghost (n. 9). Nella prima i fantasmi dimorano
all’interno della casa, ed è il protagonista umano a bussare alla loro
porta; nella seconda, invece, la situazione è capovolta: è infatti lo
spettro a bussare all’abitazione di un personaggio che dall’interno
gli risponde. Nei due componimenti, la descrizione della casa
risulta priva di dettagli. In particolare, in The Ghost vengono
nominati pochissimi elementi: una porta con chiavi, chiavistelli e
sbarre e un portico illuminato dalla debole luce delle stelle (si
confronti la quarta stanza). Ancora una volta le due abitazioni sono
119

itratte nella magia notturna: solo la debole luce della luna riesce a
contrastare la profonda oscurità presente negli spazi interni ed
esterni alle abitazioni.
In The Listeners, si narra la storia di un uomo che in
compagnia del suo cavallo giunge in una casa solitaria abitata da
spettri. Egli vorrebbe entrare, ma nessuno gli risponde, nessuno gli
apre, così dopo il terzo tentativo destinato all’insuccesso, decide di
allontanarsi con il proprio cavallo. L’incontro con il fantasma
fallisce in The Listeners, ma anche in The Ghost dove il
protagonista apre la propria abitazione (compiendo uno sforzo, in
quanto si parla della sua mano stanca che brancola su chiavi,
chiavistelli e sbarre) allo spettro, ma quando ciò avviene, esso
svanisce. In entrambi i casi la porta è simbolo di distinzione tra due
mondi: se gli spazi interni della casa in The Listeners racchiudono
però la dimensione sovrannaturale, in The Ghost, comprendono
invece quelli della sfera reale, lo spazio della vita dell’uomo.
L’unica forma di contatto con lo spettro è rappresentata dalla voce
del fantasma in The Ghost e dalla “calma spettrale” dei “phantom
listeners” in The Listeners. Anche se gli ascoltatori spettrali, infatti,
non fanno alcun rumore e non rispondono all’uomo, egli avverte la
loro presenza silenziosa ed immobile:
And he felt in his heart their strangeness
Their stillness answering his cry
120

La casa di The listeners è immersa nella foresta, il prato che
la circonda è cosparso di felci; è un’abitazione solitaria (v. 14), buia
e silenziosa (v. 31). Gli unici spazi illuminati dalla pallida luce della
luna sono la porta e la scala interna all’abitazione che collega il
piano superiore ad un ingresso deserto ( cfr. vv. 17 e 18). In questo
componimento, il poeta sottolinea nei versi centrali della poesia con
maggior precisione, rispetto a The Ghost, i confini che dividono e
oppongono lo spazio interno ed esterno dell’abitazione alla quale
l’uomo bussa:
But only a host of phantom listeners
That dwelt in the lone house then
Stood listening in the quiet of the moonlight
To that voice from the world of man:
Stood thronging the faint moonbeams on the dark stair,
That goes down to the empty hall,
Hearkening in an air stirred and shaken
By the lonely Traveller’s call.
Il rumore della voce dell’uomo , “the voice from the world of man”,
come più precisamente dice il poeta (cfr. v. 16), puntualizzando il
confine tra il mondo dei vivi con quello dei fantasmi (confine che
viene ribadito quando il poeta al v. 32, scrive riferendosi al
Viaggiatore, “From the one man left awake”, l’unico uomo che
ancora non si è addormentato nel sonno della morte) si oppone al
121

silenzio mortale e alla tranquillità impassibile degli spazi interni
della casa, dove gli ascoltatori dimorano; la mobilità del
protagonista che riprenderà alla fine il proprio cammino si oppone
all’impassibilità e all’immobilità degli spettri. La distinzione tra le
due dimensioni non è così particolareggiata in The Ghost, dove è la
sola presenza della casa a marcare lo spazio interno, dal quale
l’uomo risponde, e quello esterno, dove il fantasma si muove.
Quando The Listeners apparve, molti lettori si chiesero quale
significato l’autore avesse voluto racchiudere nell’immagine
dell’uomo che giunge in una casa di fantasmi, bussa per entrare e
lancia i propri interrogativi aspettando una risposta che gli spiriti
non gli riservano. De la Mare, a tal proposito, si pronunciò una
volta, dicendo che i suoi versi descrivevano l’incontro dell’uomo
con il mistero dell’universo, incontro con quelle verità che a stento
si colgono durante l’esistenza. La scelta dell’autore di porre la
lettera maiuscola al termine “Traveller” rientrava nelle intenzioni di
descrivere più che l’esperienza personale soggettiva, quella
universale 6 . Il Viaggiatore che bussa alla porta è l’uomo che cerca
di sondare il mistero dell’esistenza. I fantasmi che abitano la casa
solitaria si presentano quindi, come depositari di quel mistero che
agli esseri umani è dato di percepire solo confusamente. Il fatto che
il “Traveller” ritorni indietro, non riceva alcuna risposta e non
riesca quindi a varcare il confine oltre il quale il mistero giace
costituisce, a nostro parere, una finale che rispecchia le profonde
convinzioni del poeta: l’uomo in questa vita non può conoscerlo,
6 T. WHISTLER, op. cit., p. 203.
122

può semmai avvicinarglisi o coglierlo fugacemente. Ecco allora che
i fantasmi della poesia di Walter de la Mare non possono altro che
essere manifestazioni intermittenti e sfuggenti perché
rappresentazioni letterarie di quel mistero difficile da comprendere
e da penetrare. La realizzazione dell’incontro sia in The Listeners
che in The Ghost, come in tutte le poesie dell’autore non avviene
mai completamente; si tratta sempre di un incontro accennato
perché il mistero non può essere fino in fondo svelato. Nell’opera di
De la Mare i fantasmi rappresentano le semplici certezze che nel
mondo non ritrova. Mancando nell’universo un principio di
coerenza, De la Mare fabbrica i suoi fantasmi per conferire alla vita
un più chiaro disegno. I suoi spiriti veicolano una coerenza, un
insieme di significati che De la Mare nell’esistenza non aveva
trovato: è in loro che risiede l’ultimo mistero della vita e della
morte sul quale il poeta costantemente si interrogò non trovando
mai una plausibile risposta. Riteniamo che Walter de la Mare tenti
di colmare l’assenza di quella risposta creando e lasciando vivere
nelle poesie i suoi spettri, manifestazioni intermittenti di verità
insondabili.
4.4. I fantasmi dall’oltretomba
123

In nessuna poesia del nostro corpus gli spettri delamariani si
presentano come entità inquietanti risvegliatisi da corpi di uomini
morti per incutere terrore. Come ricorda a questo proposito Doris
Mc Crosson “He felt that these presences are everywhere, but they
are not necessarily departed spirits or malign influences. More often
than not, “ghost” in de la Mare’s terms is more closely to be
identified with the Anglo-Saxon word from which it derives: gàst,
spirit, soul, breath” 7 .
In poesie come Voices (n. 3), The Sunken Garden (n. 8), The
Ghost (n. 9) l’essenza spirituale nella sua natura di spirito di
defunto non viene mai sottolineata. Solamente in due poesie del
nostro corpus, la provenienza dall’al di là emerge maggiormente: in
The Remonstrance (n. 11), a causa dell’espressione dei sentimenti
intimi del poeta, e in Music Unheard (n. 4) per il costante richiamo
alla dimensione della morte.
In The Remonstrance il poeta scrive:
I was in peace until you came
And set a careless mind aflame.
I lived in quiet; cold, content;
All longing in safe banishment,
Until your ghostly lips and eyes
Made wisdom unwise.
7 cfr. MC CROSSON DORIS ROSS, op. cit., p. 57.
124

Naught was in me to tempt your feet
To seek a lodging. Quite forgot
Lay the sweet solitude we too
In childhood used to wander through;
Time’s cold had closed my heart about;
And shut you out.
Vorremmo osservare in primo luogo, come l’apparizione del
fantasma sia segnalata dall’autore in questa poesia dalla presenza
del sintagma “ghostly eyes and lips” nella prima stanza. Lo spettro
si materializza a livello visivo, visto che si parla di occhi e di labbra
spettrali e si usa la parola “visione” (v. 13), a differenza delle molte
altre poesie in cui è solo la voce a costituire l’essenza del fantasma.
La presenza del fantasma porta scompiglio nella mente del
poeta, togliendogli pace e tranquillità. E’ lo spettro di una persona
che occupava un posto importante nel suo cuore e con la quale egli
trascorse la sua infanzia, come si dice al v.10. Nella seconda stanza
il poeta ricorda il momento in cui il rapporto con questa persona si
spezzò: il tempo, dopo l’infanzia trascorsa in sua compagnia li ha
separati, ha chiuso la persona fuori dal cuore del poeta. Ma un’altra
forma di distacco inespressa si inserisce in questi versi: quella
incolmabile che la sua morte ha causato. I ricordi del passato
vengono interrotti in questa terza stanza:
125

Well, and what then?… O vision grave
Take all the little all I have!
Strip me of what in voiceless thought
Life kept of life, unhoped, unsought! –
Revery and dream that memory must
Hide deep in dust !
La domanda di apertura irrompe con energia e spezza la
malinconica andatura dei versi precedenti. I puntini di sospensione
sembrano indicare una pausa di riflessione nell’incessante catena di
pensieri del poeta, segno indelebile di un discorso nella sua mente,
che viene improvvisamente interrotto. La “vision grave” al v. 13
segna sintomaticamente la presenza del fantasma di fronte allo
sguardo del poeta. Ma lo spettro è anche rappresentazione figurata
del ricordo di questa persona, che improvvisamente rivive nella
mente dello speaker. Ricordo che si vorrebbe annullare, come si
afferma nei vv. 17 e 18. La dimora (v. 8), cuore del poeta che aveva
accolto la persona cara diviene un “haunted house”( v. 20), un
cuore affollato di spettri ossia di ricordi che riemergono dal passato.
Un cuore che rimane freddo e vuoto (… “Though cold and bare”, v.
19) in quanto la persona che vi era entrata, occupandovi un posto
importante, ora è morta:
126

This only I say: -- Though cold and bare
The haunted house you have chosen to share,
Still ‘neath its walls the moonbeam goes
And trembles on the untended rose;
Still o’ er its broken roof-tree rise
The starry arches of the sky;
And in your lightest word shall be
The thunder of an ebbing sea.
C’è un sentimento di serena rassicurazione nell’ultima stanza, dopo
le affermazioni addolorate contenute nella terza: anche se la
persona ora è solo un ricordo che vive nel suo cuore, anche se le sue
parole sono più leggere (“…lightest word”, v. 25), perché sono
quelle di un fantasma e non più quelle di un uomo vivo, il loro
effetto sul poeta sarà sempre di grande portata, sarà infatti potente
come “the thunder of an ebbing sea” ”(v. 26). Sebbene la persona
cara appartenga ormai al regno dei morti, e alla sfera dei ricordi il
poeta continuerà a sentire vicino a sé la sua presenza.
In questa poesia, l’incontro con il fantasma assume elementi
di particolare interesse perché, a differenza di altri componimenti da
noi analizzati, come Voices (n.3), The Listeners (n.6), Music
Unheard(n. 4), lo spettro non è uno spirito qualunque, ma è quello
di una persona che il poeta conosceva, ed è proprio questa sua
natura che conferisce ai versi una liricità intima e personale.
127

La provenienza degli spiriti dal regno dei morti, come
dicevamo, è sottolineata anche in un altro componimento. In Music
Unheard (n. 4), i fantasmi nell’universo delamariano si
materializzano ancora una volta nella forma sonora; si tratta di
suoni suadenti che giungono alle orecchie del poeta per ammaliare.
Se in Voices, in The Listeners, in The Ghost, in The Remonstrance
il contatto con lo spettro è ricercato ed invocato, qui invece è
sfuggito; l’invito ai “dolci suoni” ad andarsene, espresso nella
potente forma imperativa, risuona deciso all’inizio di ogni stanza:
Sweet sounds begone –
Whose music on my ear
Stirs foolish discontent
Of lingering here;
When, If I crossed
The crystal verge of death,
Him I should see
Who these sounds murmereth.
Già la prima stanza presenta elementi di estremo interesse: i suoni
provengono dal regno dei morti, sono accenni musicali prodotti
dagli spiriti che riposano nell’al di là e che disturbano la quiete del
poeta come in The Ghost (n. 9) e in The Remonstrance (n. 11). La
presenza dello spettro è segnalata nel testo dal pronome “him”: è il
fantasma che dal regno dei morti emette i dolci suoni. Come in
128

Voices, in The Listeners, In The Remostrance, in The Sunken
Garden, in The Ghost il poeta non descrive i fantasmi, in quanto la
loro essenza è puro suono o al massimo fievole luce che contrasta
con la fitta oscurità circostante. La natura degli spettri non viene
quasi mai specificata: solo in The Sunken Garden (n. 8) l’autore
parla esplicitamente di fantasmi di bambini.
Vorremmo notare come fin dai primi versi di Music Unheard
emerga l’opposizione tra due mondi, quello reale dove il poeta vive
e quello da cui i dolci suoni provengono. In particolare, nella terza
stanza, il silenzio assume un valore del tutto diverso da quello che
abbiamo visto essere presente in altre poesie. Non è il silenzio che
segna nel testo la scomparsa del fantasma; è il silenzio della vita
degli uomini che contrasta con la musica ammaliante dell’al di là,
che persuade il poeta a lasciare il cammino dell’esistenza (si
confronti la seconda stanza). Il silenzio viene a presentarsi quindi
come elemento del mondo dei vivi e non come caratteristica che
solitamente viene attribuita al regno dei morti, e ciò sembra
condurre le riflessioni del poeta a una visione positiva della morte:
la morte non è annullamento della vita, in quanto noi non siamo
altro che riflessi di una realtà più significativa che ci attende alla
fine dell’esistenza:
Sweet sounds, begone!
Though silence brings apace
Deadly disquiet
129

Of this homeless place;
And all I love
In beauty cries to me,
“We but vain shadows
And reflections be”.
La musica delle presenze spettrali invitava nelle due stanze
precedenti alla morte il poeta, ma anche il silenzio di questa terra, il
silenzio del vivere concreto (“of this homeless place”, v. 20) gli
suggerisce che la realtà in cui egli vive altro non è che l’ombra di
una dimensione superiore situata oltre la morte.
Nei due componimenti di cui abbiamo parlato, si fa
riferimento in misura maggiore alla dimensione dell’al di là, come
luogo di provenienza dell’essenza spirituale rispetto ad altre liriche
dove i fantasmi sono raffigurati come spiriti leggeri che vagano
negli spazi del mondo naturale ( si confrontino Voices (n. 3), The
Sunken Garden (n. 8)) cosicché anche l’attenzione dell’autore è più
che mai rivolta alla morte. La preoccupazione di De la Mare per la
natura e il significato della morte fu centrale nelle sue riflessioni.
Nel corso della sua esistenza ebbe spesso occasione di allacciare
amicizie con medici ai quali non si stancava mai di chiedere in
quale misura il pensiero dell’uomo potesse essere condizionato dal
decesso delle funzioni vitali primarie del corpo. La sua mente
inquieta e indagatrice non poteva appagarsi delle facili risposte
130

della religione o delle tecniche spiegazioni scientifiche, ma se di
una cosa egli era sicuro, era dell’eterna natura spirituale della vita
dell’uomo e dell’universo 8 . Questa fede gli garantiva una profonda
serenità che ritroviamo nelle poesie che più specificamente trattano
la morte, come The Remonstrance e Music Unheard.
4. 5. I fantasmi e gli spiriti della natura:
The Sunken Garden, Time Passes, A Riddle
In alcune poesie del nostro corpus l’incontro con il fantasma,
invocato, sfuggito o confusamente avvertito, il fantasma che vaga
nella natura o quello che sembra uscire più direttamente dal regno
dei morti non costituisce l’oggetto di principale attenzione del
poeta. Nonostante ciò, il paesaggio naturale racchiuso in questi
componimenti presenta una spiritualità soffusa che avvertiamo nei
prati, sulle montagne. Come ricorda Doris Mc Crosson, “ In de la
Mare’s world, not only is every creature inhabited by a spirit but
every house , every garden, every place where man has been at one
time retains ghosts, presences” 9 . E queste presenze a volte si
confondono con gli spiriti delle cose o degli elementi della natura
che il poeta avverte intorno a sé, come in The Sunken, Garden, dove
la magia delle piante che di sera spandono i loro profumi e la vita
8 JULIA BRIGGS, op. cit., pp. 226-227.
9 cfr. MC CROSSON DORIS ROSS, op. cit., p. 58.
131

spirituale degli elementi vegetali si intreccia con il fluttuare dei
fantasmi di bambini, abitanti di questo giardino incantato. Le piante
e i cespugli che affollano lo spazio di verde che il poeta descrive
sembrano possedere un proprio sentire,: “Hides within her bosom,
too, / All her sorrows, bitter rue”( vv. 7 e 8).Il giardino è descritto
nel momento della sera quando le piante spandono i loro profumi e
quando l’incantato mondo di spiriti si presenta agli occhi
dell’osservatore che, come ripete lo speaker in apertura delle due
stanze del componimento, deve ammirare in silenzio la vita
misteriosa del “giardino sommerso”. Questo minuscolo angolo di
mondo si ravviva della presenza invisibile di fantasmi di bambini
che fluttuano nell’aria scura. Come in ogni paesaggio descritto,
anche in questo gli unici deboli accenni di luce sono quelli dei raggi
di luna. I colori mancano quasi del tutto, l’unico colore che l’autore
cita è il viola al v. 6. e il verde al v. 10. Spiriti di piante e fantasmi
di bambini si muovono in un paesaggio incantato, che non
sappiamo se sia reale o meno. Al v. 12, infatti si dice che forse
questo spazio è sognato da un “distant dreamer”. Proprio a questo
proposito, il titolo della poesia scelto dall’autore è alquanto
enigmatico : il giardino affondato, sommerso. Ma dove è sommerso
il giardino descritto dal poeta? Nell’immaginazione dell’autore o tra
i sogni del sognatore?
Breath not—Trespass not;
132

Of this green and darkling spot,
Latticed from the moon’s beams,
Perchance a distant dreamer dreams
Perchace upon its darkening air,
The unseen ghost of children fare,
Faintly swinging, sway and sweep
Like lovely sea-flowers in the deep;
Quando il poeta descrive paesaggi colti sotto la luce del sole, come
in Time Passes (n. 7) e in A Riddle (n. 12) un numero maggiore di
colori entra nei suoi versi, come il rosso dei fiori che giacciono alla
base della Torre di Time Passes, il verde del lichene e del muschio,
le ali variopinte della farfalla protagonista della terza stanza di A
Riddle, il verdastro del sentiero di cui il poeta parla al v. 22 di A
Riddle. Questi due componimenti si pongono come testimonianza
della presenza nelle poesie di De la Mare di una natura
spiritualizzata, che però come abbiamo già anticipato, non ha nulla
a che vedere con la spiritualità romantica presente nei versi di
Wordsworth. Nei paesaggi di De la Mare, gli elementi della natura
sono dotati di una loro vita spirituale che è però quasi sempre
disturbata dal comparire di strane presenze, accenni di luce, ombre,
incerte manifestazioni di spettri che si confondono con gli spiriti di
cui gli oggetti del mondo sono dotati. In The Sunken Garden il
poeta cita la presenza di esseri spettrali (“The unseen ghost of
children…”, v. 14), che si confondono con gli spiriti degli oggetti
133

naturali, mentre in queste altre due poesie il comparire delle essenze
soprannaturali si fa inavvertibile, sfuggente e indistinto.
In Time Passes, l’autore rivolge la propria attenzione a una
“Torre d’Avorio” che simboleggia l’inarrestabile e irrevocabile
fluttuare del tempo. Le prime due stanze descrivono la bellezza
della Torre inghirlandata di fiori rossi che al tramonto del sole
catturano la sua luce rossastra. Dalla terza stanza in poi, il
paesaggio e la torre medesima sono raffigurati in tutta la loro
decadenza: i muri della splendida Torre ingialliscono, i fiori che
brillavano lucenti alla sua base appassiscono. Il poeta ai vv. 14 e 15
parla di “venti che dalle gelide altezze tormentano la pietra
ingiallita della torre”, utilizzando il verbo “to haunt” che per i
significati che abbiamo sottolineato alla nota 7 della poesia in
questione, donano a quei venti la parvenza di spiriti. L’incantata
descrizione del paesaggio naturale sembra affollarsi di presenze
eteree, oltre che in questa immagine, anche negli ultimi versi,
quando dall’alto della torre si scorge un’ombra vivente (“a shape of
the living”, v. 26).
Se il paesaggio di Time Passes è arido e spoglio, in A Riddle
è colto invece in tutto il suo splendore primaverile. Il sole splende
deciso, gli alberi fioriscono, gli animali si risvegliano ed escono dai
propri rifugi invernali, come la farfalla che inizia su ali variopinte il
suo volo labirintico. L’ambiente si colora di verde e i raggi decisi
raggiungono anche il viso dello speaker. La natura è colta in tutta la
sua vitale spiritualità. Le prime quattro stanze contengono la
134

descrizione della meravigliosa rinascita primaverile, mentre dalla
quinta stanza prende forma l’enigmatico indovinello, il “riddle”,
parola a titolo di questo componimento e oggetto di riflessione
centrale nella poesia:
… O restless thought,
Contented not! With “Why” distraught.
Whom asked you then your riddle small?—
“If hither came no man at all
“Through this grey-green, sea-haunted lane,
Would it mere blackened naught remain?
Strives it this beauty and life to express
Only in human consciousness?
“Or, rather, idly breaks he in
To an Eden innocent of sin;
And, prouder than to be afraid,
Forgets his Maker in the made?”
Il mistero che sconcerta il poeta è profondo ed enigmatico: è la
domanda filosofica che cerca di stabilire lo status della bellezza,
chiamando in causa la posizione dell’uomo nel mondo come essere
senziente. Se qui non venisse nessuno, si chiede il poeta,
esisterebbe solo un buio zero? Ossia la bellezza e la vita che ci
135

circondano possiedono un loro stato ontologico autonomo, o sono
tali perché le facoltà sensoriali dell’uomo così le percepiscono? Se
l’uomo non esistesse lo splendore del paesaggio esisterebbe
comunque? Anche in Shadow (n. 2), l’autore si interroga
sull’essenza della bellezza:
The loveliest thing earth hath, a shadow hath,
A dark and livelong hint of death,
Haunting it ever till its last faint breath…
Who, then, may tell
The beauty of heaven’s shadowless asphodel?
Ma mentre in Shadow, il poeta, osservando gli oggetti più
incantevoli della terra colti nella loro finitezza, riflette sulla
caducità della bellezza, in A Riddle gli interrogativi che lo
assalgono si fanno più profondi. Egli giunge addirittura a dubitare
dell’esistenza della bellezza, a prescindere dagli organi sensoriali
dell’uomo che la percepiscono.
Anche A Riddle presenta come Time Passes la descrizione di
una natura spirituale nella quale ancora una volta si inseriscono
elementi di disturbo, presenze magiche e spettrali: al v.1 il poeta
parla di un viottolo cullato dal mare che diventa al v. 21 viottolo
verdastro tormentato dal mare. Ancora una volta il verbo “to haunt”
136

irrompe nei versi del poeta portando con sé tutta la sua carica
significativa: il mare sembra arricchire di presenze malefiche,
inquietanti il paesaggio primaverile descritto.
Le descrizioni lungi dall’essere quadretti di incantata
naturalezza si animano quindi di presenze che si confondono con lo
spirito eterno della natura. Come ricorda Reid Forrest, “In both
prose and verse a world is created markedly different from the
world of fact, though not detached from it, and in spite of many
strangeness neither extravagant nor difficult of access. It is lit by
heavenly, and often ghostly lights, but it is at the same time
intensely human. And each successive book, whether in prose or
verse, opened a door into it, though usually into a new and
unexplored part” 10 .
4.6. Il sonno e il sogno: condizioni per
l’incontro con il fantasma
Nel corso della nostra lettura, due poesie in particolare, Sleep
(n. 5) e The Stranger (n. 10) si sono poste alla nostra attenzione, in
quanto testimonianze delle convinzioni del poeta riguardo le
condizioni basilari per cui l’uomo possa almeno avvertire la
presenza del fantasma.
A parte la morte, che è ritenuta una dimensione nella quale
l’uomo può scendere in contatto con il mondo degli spiriti, il poeta
10 cfr. REID FORREST, op. cit., p. 245.
137

itiene che nel sogno l’uomo possa stabilire un contatto con i
fantasmi. In Sleep il poeta afferma:
Men all, and birds, and creeping beasts,
When the dark of night is deep,
From the moving wonder of their lives
Commit themselves to sleep.
L’attenzione dell’autore è rivolta agli spiriti di tutte le creature
dell’universo nel momento in cui sospendono i loro contatti con il
mondo reale e si appartano in “a silent gloom”, sonnecchiando in
segreto. Quando gli ultimi raggi di luce lasciano spazio alla densa
oscurità della notte, la frenetica attività di qualsiasi essere vivente si
blocca: l’opposizione luce-oscurità è orologio del mondo che
scandisce i ritmi vitali di tutti gli esseri. Come ricorda giustamente
Doris Mc Crosson, “ghosts or spirits are often encounterd in sleep
and are often more material than mere ‘felt’ presences. When the
body which De la Mare considered as an habitation, is asleep, the
spirit goes forth” 11 . E soprattutto succede che essi, come si afferma
nella stanza successiva, chiudono “the narrow gates of senses”,
bellissima immagine che il poeta crea per descrivere l’intensità
delle facoltà percettive degli uomini e degli animali: i cancelli che
si aprono alla vita di tutti i giorni non possono essere altro che di
11 cfr. MC CROSSON DORIS ROSS, op. cit., pp. 57-58.
138

limitate dimensioni, perché atti a cogliere una realtà terrena
racchiusa entro finite coordinate spazio-temporali. Affidandosi al
sonno, tutti gli esseri dell’universo lasciano da parte i pensieri e le
paure che agitano quotidianamente la loro vita e chiudono quei
“piccoli cancelli” per aprire spazi segreti più estesi che le coscienze
“sveglie” non sono capaci di indagare. Sono quegli spazi non
limitati dal pensiero razionale che permettono l’incontro con lo
spettro. Il sonno e con esso “il regno incantato del sogno che
fiorisce dalla notte” sono per de la Mare dimensioni affascinanti e
misteriose, in cui il nostro spirito si libera dal peso della solida
fisicità dei nostri corpi che ci impone quotidianamente una limitata
percezione della realtà. La stanza di chiusura sottolinea in tutti gli
esseri proprio la presenza di due dimensioni di vita:
Two world they have—a globe forgot,
Wheeling from dark to light;
And all the enchanted realm of dream
That burgeons out of night.
E il sogno era per Walter de la Mare così affascinante, misterioso e
centrale nelle sue riflessioni da diventare nell’altro componimento
The Stranger (n. 10) un personaggio fantastico: è il protagonista che
prende per mano lo speaker facendogli scoprire un mondo del tutto
139

diverso da quello reale in cui egli vive. Il personaggio che indossa
un nero cappello e una spilla al petto diviene rappresentazione
simbolica di ciò che per Walter de la Mare il sogno rappresentava:
era insieme all’immaginazione lo strumento per indagare la realtà,
per scoprire la dimensione spirituale che giace dietro tutte le cose:
Wondrously strange was earth to see,
Flowers white as milk did gleam;
Spread to Heaven The Assyrian Tree,
Over my head with Dream
140

Bibliografia specifica
WALTER DE LA MARE, Collected Poems,
Faber & Faber, London 1979.
WALTER DE LA MARE, Collected Rhymes and
Verses, Faber & Faber, London 1989.
WALTER DE LA MARE, Short Stories 1895-
1926, Giles de la Mare Publishers, London 1996.
141

Opere critiche su Walter de la Mare
MEGROZ R. L., Walter de la Mare: A Biography and Critical
Study, Hardcover, 1972.
FORREST REID, Walter de la Mare: A Critical Study, Hardcover
1970.
MC CROSSON DORIS ROSS, Walter de la Mare, New York,
Twayne Publishers 1966.
DUFFIN H. C., Walter de la Mare: A Study of His Poetry,
Hardcover 1949.
IZZO C., Poesia inglese contemporanea da Hardy agli Apocalittici,
Fenice Edizione fuori serie, Bologna 1950.
REBORA P., La letteratura Inglese del Novecento, Edizioni Le
lingue estere, Firenze, 1950.
SACKVILLE WEST V., Walter de la Mare and The Traveller,
University Press, Oxford 1953.
OPKINS Kenneth, Walter de la Mare, Longmans, London 1956.
SANESI R., Poeti Inglesi del Novecento, Edizioni Bompiani,
Milano 1960.
IZZO C., Poesia Inglese del Novecento, Guanda Editore, Parma,
1967.
142

BONNEROT LUCE, L’oeuvre de Walter de la
Mare: une aventure spirituelle, Didier, Paris
1969.
Franco Marenco, Storia della civiltà letteraria Inglese, UTET,
Torino, 1996, vol. 2.
WHISTLER Theresa, Imagination of the Heart:
the Life of Walter de la Mare, Duckworth,
London 1993.
FEDERICO OLIVERO, Nuovi Saggi di Letteratura Inglese,
Libreria Editrice Internazionale, Torino 1920.
BRIGGS JULIA, Visitatori Notturni, Bompiani, Milano 1988.
DAICHES DAVID, A critical history of English literature,
Mandarin, London 1994.
Opere critiche sulla poesia
LOMBARDO Agostino, La poesia inglese dall’estetismo al
simbolismo, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1950.
143

LEECH Geoffrey N., A linguistic Guide to English Poetry,
Longmans, London 1969.
BROOKS Cleanth, La struttura della poesia, Il Mulino, Bologna
1973.
COHEN J., Struttura del linguaggio poetico, Il Mulino, Bologna
1974.
Alessandro Marchi/ Carlo Pasero, Alla scoperta del testo poetico,
Marietti Scuola, Casale Monferrato 1990.
Franco Marenco, Guida allo Studio della Lingua e della
Letteratura Inglese, Il Mulino, Bologna 1994.
Opere sulle problematiche traduttive
George Steiner, After Babel, Sansoni Editore, Firenze 1984.
La Traduzione nell’insegnamento delle lingue straniere. Atti del
Congresso su “La Traduzione nell’insegnamento delle lingue
straniere. Brescia, 11-13 aprile”, Editrice La Scuola, Brescia 1984.
Paolo Ramat, Introduzione alla Linguistica Germanica, IL Mulino,
Bologna 1986.
Peter Newmark, Approaches to Translation, Prentice Hall, London
1988.
Thomas Frank, Introduzione allo Studio della Lingua Inglese, Il
Mulino, Bologna 1988.
144

Rosanna Masiola Rosini, Questioni traduttive, Campanotto Editore,
Udine 1988.
Giuseppe E. Sansone, I luoghi del tradurre. Capitoli sulla versione
poetica, Edizioni Angelo Guerini e Associati s. r. l., Milano 1991.
E. Arcaini, Analisi linguistica e traduzione, Patron, Bologna 1991.
Emilio Mattioli, Testo a fronte ??????
Josiane Podeur, La pratica della traduzione. Dal francese
all’italiano e dall’italiano al francese, Liguori Editore, Napoli
1993.
Friedmar Apel, Il manuale del traduttore letterario, Edizioni
Angelo Guerini e Associati s. r. l., Milano 1993.
Laura Alcini, Il tradurre e i traduttori, Guerra Edizioni, Perugia
1993.
Susan Bassnett McGuire, La traduzione. Teoria e pratica,
Bompiani, Milano 1993.
Siri Nergaard, Teorie contemporanee della traduzione, Bompiani,
Milano 1995.
Reiner Artz, La Traduzione. Nuovi approcci tra teoria e pratica,
CUEN s. r. l., Napoli 1995.
I Dizionari
145

ZINGARELLI N., Il Nuovo Zingarelli. Vocabolario della Lingua
Italiana, Zanichelli, Bologna 1986.
SKEY MALCOM, Dizionario Italiano Inglese Inglese Italiano,
SEI, Torino 1978.
RAGAZZINI G., Il Ragazzini, Zanichelli, Bologna 1995.
CROWTHER JONATHAN, Oxford Advanced Learner’s
Dictionary, Oxford University Press, Oxford 1995.
CINTI DECIO, Dizionario dei Sinonimi e Contrari, De Agostini,
Novara 1987.
Opere di Walter de la Mare tradotte in italiano
Memorie di una donna in miniatura, tr. Margherita Santi Farina,
Serra e Riva, Milano varie edizioni.
Storie di animali, tr. di Anna Malvezzi, Longanesi, Milano 1984.
L’artigiano ideale, tr. di Piera Sestini, Sellerio Editore, Palermo
1986.
Ognissanti, tr. di Emanuela Turchetti, Edizioni Theoria, Roma
1986.
Il rinchiuso, tr. di Ottavio Fatica, Edizioni Theoria, Roma 1989.
Racconti del mistero, tr. di Enrico Groppali, Ugo Guanda Editore,
Parma 1991.
La tromba, tr. di Cristina Guerri, Sellerio Editore, Palermo 1993.
146

Poesie di Walter de la Mare antologizzate e tradotte in
italiano:
Carlo Izzo, Poesia inglese del Novecento, Guanda Editore, Parma
1967:
Le cose passate
La mosca
Il cavaliere
La Fata beffarda
Arabia
Roberto Sanesi, Poeti inglesi del Novecento, Edizioni Bompiani,
Milano 1960:
Arabia
Ariele
Compagnia invernale
Figlio dell’uomo, Epitaffio da Strangers
Orgoglio
Per un fanciullo
L’Intruso
147

1 Incantevole è la spontaneità e la freschezza che emergono in questi versi frutto della “childlike imagination” del nostro
autore. La musicale andatura delle sette brevi stanze ci trasporta di colpo nell’atmosfera sommessa e ricca di stupore
della prima raccolta redatta da Walter de la Mare nel 1902 e intitolata Songs of Childhood, anche se Sorcery appartiene
in realtà alla seconda collezione, Poems 1906, e non sarà difficile accorgersene durante la nostra lettura, in quanto la
serenità e la semplicità delle immagini è solo apparente; soprattutto nelle ultime stanze emerge più chiaramente il soffio
di tristezza e di malinconia che funge da filo conduttore della raccolta Poems 1906, presente invece solo a piccoli
sprazzi in Songs of Childhood.
Il componimento presenta sette stanze di cinque versi ciascuna, tranne l’ultima che ne contiene sei. Lo schema che
l’autore segue per la disposizione delle rime è identico nelle prime cinque stanze: abaab. Cambia invece nella sesta e
nella settima dove abbiamo rispettivamente: ababa e ababaa.
2 Una voce spezza il silenzio poetico antecedente e irrompe con la forza espressiva della forma diretta. Un incipit di
questo genere è di grande effetto e lo ritroviamo anche in molte altre poesie dell’autore. A volte, lo speaker formula
domande fin dal verso d’apertura senza che l’interlocutore intessa con lei un discorso come in The Listeners e in
Voices; altre volte, lo schema compositivo è dominato dal dialogo, come in questo caso e in The Ghost. Voci che
parlano con altre, che lanciano disperatamente appelli , che si intrecciano e si nascondono negli angoli dei boschi
intessono la poesia delamariana e costituiscono spesso l’ossatura dell’intero componimento; retaggio tecnico che
l’autore conosce bene, essendo, oltre che poeta, scrittore di “short-stories”.
3 Abbiamo proposto i due corrispettivi aggettivi italiani “acuti e chiari”, anche se la traduzione strettamente semantica
della locuzione inglese avrebbe richiesto la presenza di un avverbio modale (in modo acuto e chiaro) che abbiamo
evitato, per non appesantire la struttura del verso.
4 Estremamente armonioso è l’effetto musicale provocato dalle semplici parole di questo verso che scivola via nella
nostra lettura con la stessa leggerezza delle sibilanti in “song” e in “sings”; effetto che abbiamo cercato di ricostruire
nella nostra trasposizione italiana, sapendo che difficilmente potrà essere considerato coincidente nella sua forza sonora
con quello inglese, ma potrà semmai avvicinarsi alla sua magia espressiva; una delle maggiori perdite nel passaggio da
una lingua ad un’altra è infatti proprio il gioiello fonetico che il poeta, servendosi dei poteri della propria lingua,
costruisce, e conseguentemente una difficoltà insolubile per il traduttore è quella di conquistare lo stesso obiettivo
utilizzando mezzi diversi. Questa è una delle ragioni per cui chi traduce non trascrive semplicemente un testo, ma in un
certo senso lo ricrea. (E. ARCAINI, Analisi Linguistica e Traduzione, Pàtron, Bologna 1991).
5 “wings/twitterings”: rima “imperfetta”, in quanto il monosillabo tonico del v. 8 viene a rimare con un polisillabo il cui
accento primario cade sulla prima sillaba che è seguita da altre due non accentate: non c’è quindi perfetta coincidenza
nella disposizione di accenti nelle due parole in questione. La stessa situazione si verifica nei due versi di chiusura: si
confrontino i due termini coinvolti nel fenomeno della rima “tranquilly-sea”.
6 Questa seconda stanza è ricca di corrispondenze di suoni: allitterazione della sequenza consonantica in sibilante +
semivocale “SW” in “sweet swallow” al v. 8; il ripetersi di suoni vocalici simili che creano parallelismi tra le parole
interessate nel fenomeno: vocale breve “I” in “wings, filling, twitterings”(vv. 8 e 9).
“brightening star”: abbiamo tradotto con “stella sempre più luminosa” per rispettare la sfumatura semantica che
l’aggettivo in questione possiede in inglese e per distinguerlo da “bright” che traduce “luminoso, brillante, splendente”.
“Brightening” deriva dal verbo “to bighten” che Ragazzini (G. Ragazzini, Il Ragazzini, Dizionario Inglese-Italiano,
Zanichelli, Bologna 1996) traduce con “diventare più luminoso”.
7 “death”: similitudine con la quale il poeta introduce il concetto di morte, anticipando l’irrompere improrogabile del “
death’s stretching sea” dell’ultimo verso. In questa stanza, l’idea di morte è anticipata linguisticamente e
semanticamente al v. 21 (si confronti to pass away: andare via, ma anche morire).
1 Secondo Mégroz, questa breve poesia, pubblicata per la prima volta nella raccolta Poems 1906, costituisce un esempio
della intercambialità di immagini solitamente racchiuse nei versi dell’autore: “Shadow consists of three beautiful
stanzas, but the parts almost fall asunder instead of being inextricably interdependent. The order of stanzas one and two
could be reserved without injuring the poem; such an alternation might in fact be an improvement, because the line
‘Even the beauty of the rose doth cast,’ is a sort of climax and comes more fittingly after instead of before the second
stanza.”(cfr. R. L. MÉGROZ, Walter de la Mare: A Biography and Critical Study, Hardcover, 1972, p. 246) Siamo
d’accordo con il critico nel sostenere una certa indipendenza delle immagini descritte dall’autore nelle tre stanze del
componimento, ma a nostro avviso, la loro autonomia non è tale da permettere un inversione nella successione suggerita
da Walter de la Mare, in quanto essa possiede una sua importanza a livello semantico. I soggetti delle tre stanze, che
sono rispettivamente la rosa (1s.), le bolle d’acqua e l’aureola (2s.), l’asfodelo del paradiso (3s.) sono posti in un
crescendo che tiene conto della loro concretezza e solidità. Al fiore della prima stanza seguono le bolle d’acqua e
l’aureola del santo, oggetti dotati di una maggiore inconsistenza. Nella stanza finale, dopo essersi servito di esempi
appartenenti al mondo degli uomini, per dimostrare quanto il loro splendore si trovi nell’ombra che sempre li
accompagna, il poeta introduce “l’asfodelo”, fiore che appartiene all’eterna realtà che spetta l’anima dopo la morte.
La poesia presenta tre stanze, ciascuna composta di cinque versi liberi. In tutte le tre stanze lo schema in cui le rime
sono disposte è identico: aaabb. Da segnalare è la presenza di un eye-rhyme ai vv. 4 e 5 : “come/home”. L’effetto della
rima in questo caso è attenuato oltre che dalla imperfetta coincidenza fonetica, anche dalla diversa lunghezza metrica
dei due versi coinvolti nel fenomeno della rima: v. 4: due piedi = spondaico + iambico; v. 5: tre piedi = iambico +
iambico + spondaico. Lo stesso schema metrico si ripete, con una lieve inversione, anche nei due versi di chiusura della
seconda stanza: v. 9: due piedi = spondaico + iambico; v. 10: spondaico + iambico + iambico.

2 La rosa possiede una sua bellezza, ma questa se ne va, non appena la luce del giorno lascia spazio all’oscurità della
sera, che come dice il poeta, porta a casa “il suo strano sogno”. Lo speaker riflette sulla natura effimera della bellezza:
gli oggetti della terra sono incantevoli, ma il loro splendore non è eterno(cfr. vv. 11, 12 e 13).
i Anche gli oggetti più impalpabili come le bolle d’acqua possiedono un ‘ombra, accenno di morte di tutte le splendide
entità del mondo. Perfino la pallida luce delle stelle che illumina tenuemente l’aureola del santo provoca striature
delicate e incantevoli, ma effimere.
4 L’ultima stanza racchiude le verità finora affermate. Il primo verso sintetizza il significato delle immagini descritte
dall’autore nelle due precedenti stanze, per “preparare il terreno” alla constatazione del verso successivo: la bellezza
non è eterna, almeno non quella degli oggetti di questa nostra terra.
5 La bellezza è una morte in potenza: l’ombra, la scura sagoma affollata di spettri accompagna ogni elemento terrestre,
limitato nella sua vita tra un punto d’inizio e una sua fine.
6 “asphodel”: nella mitologia greca, per il suo colore tenue fu considerato il fiore dei prati nel regno dei morti.
L’asfodelo non possiede un ‘ombra, accenno di morte di cui tutti gli oggetti incantevoli della terra sono dotati, perché
fiorisce in un prato che l’uomo raggiungerà dopo la vita nel mondo. Nel paradiso le ombre non esistono perché gli
oggetti che vi fanno parte sono inconsistenti e non dotati dell’opacità che gli elementi terrestri possiedono; la dicotomia
luce-oscurità del mondo terreno è assente, c’è solo luce. Il fiore del regno dei morti, che forse nessuno può descriverci,
come il poeta afferma nella energica domanda che chiude il componimento, non ha ombra perché la sua bellezza a
differenza di quella terrena è eterna. Le incantevoli descrizioni contenute in questi versi si pongono all’attenzione del
lettore come canto di un poeta che coglie le meraviglie della natura pur riconoscendone la transitorietà e la finitezza.
1 Questo componimento appartiene alla raccolta Poems 1906 che, come ricordiamo, fu la seconda, pubblicata dopo i
Songs of Childhood del 1902; l’atmosfera che si ritrova nelle poesie che la compongono è completamente diversa
rispetto alle prime “songs” che l’autore scrisse. Un alone di tristezza traspare spesso in questi versi più maturi che
vanno dritti al cuore. Siamo d’accordo con Reid Forrest nel ritenere che in esse “there are no more fairies and witches,
wolves and dwarfs and ogres: all that jolly company is gone. There is less excitement and more uneasiness. Houses,
woods, and rivers are still haunted – only the haunters are now invisible. It is this uncertainty that is disquieting. There
is a perpetual question and no answer.” (REID FORREST, Walter de la Mare: A Critical Study, Hardcover, 1970; p.
105) E questa incertezza sconcertante, che sembra essere lontana dalla ritmata, scherzosa e apparentemente gioiosa
struttura di Voices, si insinua invece tra i suoi sussulti continui e instancabili, tra un interrogativo e l’altro posti da uno
“speaker” che non riesce a trovare pace nel vortice incessante delle perplessità che lo coinvolgono.
1 Quando Walter de la Mare spedì un consistente gruppo di nuove liriche per sottoporle a revisione critica a Newbolt e a
Ella Coltman, quest’ultima rimase subito affascinata dalla bellezza e dalla forza espressiva di questo componimento e di
esso scrisse, riferendosi particolarmente alla seconda stanza: “It brought fresh courage to me when I was needing it –
and sounded again that note I told you I recognised and rejoiced in the Mulla Mulgars. When Poets (true Poets) preach,
they are sure of listeners”. (T. WHISTLER, Imagination of the Heart: the Life of Walter de la Mare, Duckworth,
London 1993, p. 157). Tra i motivi minori presenti nel mondo poetico dell’autore, senza dubbio il coraggio occupa un
posto centrale. Era la virtù che più di tutte le altre esercitava un fascino su di lui, forse perché la sua azione secondo lui
comportava un autonomia decisionale e una forza di volontà sconosciute ad altre qualità umane; e forse, aggiungeremo
noi, perché egli ebbe l’occasione di sperimentarla parecchie volte, quando si trovò ad affrontare problemi economici per
sostenere la sua numerosa famiglia e intraprese occupazioni che non amava, ma allo stesso tempo non rinunciò mai alla
sua passione per la scrittura. In molte poesie, l’invito a farsi coraggio risuona deciso; si confronti ad esempio questi
versi: “Courage, my brother! Nought/ Can then appal”,. (W. DE LA MARE, Collected Poems, op. cit., The Monologue,
vv. 40-41, p. 139)come in questi versi dove la nobile virtù che il poeta porta nel cuore per affrontare la vita è tratta in
tentazione dai suoni ammalianti.
2 I “dolci suoni” provengono da una dimensione che si colloca oltre la morte.
3 Il motivo della morte, viene accennato in questa poesia in ogni stanza:
1. “the crystal verge of death” (v. 6);
2. “”till I sleep in dust” (v. 16);
3. “deadly disquiet” (v. 19).
4 Il verso di apertura delle tre stanze del componimento costituite da otto versi ciascuna è identico. L’anafora provoca
un accelerazione nel ritmo della poesia, particolarmente lento per la presenza di periodi per la maggior parte costituiti
da subordinate (si confronti l’incipit del v. 2 rappresentato da “whose, del v. 5 da “when”, del v. 8 da “who”, del v. 18
da “though”). In ogni stanza il poeta segue uno stesso schema per la disposizione delle rime: rima alternata che lega i
vv. 2 e 4 e i vv. 6 e 8, mentre il resto dei versi non presenta rima. Il componimento è ricco di allitterazioni: vv. 5 e 6
allitterazione in occlusiva velare sorda di “crossed /crystal/” ; vv. 10 e 11 in occlusiva bilabiale sonora di
“break/bravery”; vv. 13 e 14 in liquida di “lure/leave”; v. 19 in occlusiva dentale sonora di “deadly disquiet”.
1 Il componimento presenta quattro quartine che alternano versi di tre piedi (trimetri) e di quattro piedi (tetrametri). Le
rime sono disposte secondo lo schema tipico delle quartine inglesi abcb.
3 L’ enjambement contribuisce ad accelerare il ritmo della nostra lettura che si presenta ricca di corrispondenze tra i
suoni più impalpabili inglesi come le semivocali e le spiranti.
4 Abbiamo preferito invertire l’ordine dei primi due versi inglesi di questa terza stanza per rendere più snella la nostra
costruzione italiana, ponendo il soggetto del periodo in apertura seguito dal complemento oggetto “strangeness of the
earth”.

5 Stanza ricca di parole con sibilante in posizione iniziale: ciò crea parallelismi tra termini semanticamente rilevanti nel
tessuto del componimento: “strangeness, spirits, see, silent, slumber, secrecy.” Quando gli uomini e gli animali
chiudono gli occhi e si addormentano si addentrano in spazi segreti. Il silenzio in cui si immergono si oppone alla
frenesia e al rumore della vita.
1 A proposito di questa poesia che l’autore pubblicò nella raccolta Motley and Other Poems nel 1918, Duffin ricorda
nel suo saggio: “ a poem which perhaps owes some of its popularity to the ease with which its music can be rendered
aloud is The Sunken Garden. There is here much of that other delamarian quality, lovelieness of word, and the power of
the verse does not catch you (though it is hinted in the two opening lines) until you reach the second of the two stanzas.
But at this point the enchanted rhythm blends subtly with the dream fancies, and the two become one music, as the
ghost-children, Faintly swinging, sway and sweep,/ Like lovely sea-flowers in the deep. The poem is de la Mare in little,
with its children, its perfection and power of form.” (cfr.H. C. DUFFIN, Walter de la Mare: A Study of His Poetry,
Hardcover, 1949, p. 24.)
Il componimento presenta due stanze di diversa lunghezza: la prima di otto versi, la seconda di dodici. Tutti i versi sono
legati in coppia da rima baciata (aa bb cc dd (1s.) aa bb cc dd ee ff (2 s.))
2 L’imperativo negativo del poeta in apertura della prima e della seconda stanza della poesia si pone come invito a non
violare il giardino che descrive nei suoi versi. La ripetizione delle stesse forme verbali nell’incipit delle due stanze
contribuisce a sospendere per un attimo, il ritmo sostenuto dell’intero componimento. Nella prima stanza il poeta
descrive le piante presenti nel giardino con precisione di dettagli e realismo. La seconda stanza introduce elementi
magici e misteriosi: 1. “dreamer”; 2. “Ghost of children”; 3. “Leaden Lad”.
3 Vorremmo sottolineare come la ripetizione di una medesima struttura, quella del composto formato da aggettivo +
participio passato posto in apertura dei vv. 5 e 6, leghi i due versi in questione e crei un andatura ritmata e decisa.
Particolarità che noi perdiamo nella nostra traduzione, dovendo, a causa della mancanza nella lingua italiana di
composti con funzione aggettivale in questa forma di aggettivo + participio ricorrere ad una struttura sintattica diversa,
che come mostra la nostra versione comporta l’esplicitazione di articoli e di preposizioni articolate che appesantiscono
la scorrevolezza del verso inglese.
4 In primo luogo, vorremmo notare la tendenza dell’autore ad iniziare il verso con un verbo: v. 7 : “Hides…”; v. 11:
“Latticed…; v. 19: “Stands…”. A proposito della crescente inclinazione di cominciare una frase con un verbo o un
aggettivo, peraltro più presente nelle ultime raccolte poetiche, Reid Forrest afferma: “I do not deny that inversion is
sometimes necessary to secure en emphatic beat on a first syllable, nor that it can be employed — as Mr. De la Mare
himself employs it — with admirable effect; but it is an effect accompanied by danger — the danger, that is to say, of
the ear retaining it from one poem to another”. (cfr. FORREST REID, Walter de la Mare: A Critical Study, Hardcover,
1970, p. 178) In secondo luogo, vorremmo segnalare, che nella nostra versione, abbiamo ritenuto opportuno modificare
l’ordine dei sintagmi del periodo racchiuso negli ultimi due versi di questa prima stanza: abbiamo proposto la sequenza
SN + SV+ O anziché SV + O + SN per rendere sintatticamente lineare e accettabile i due versi nella nostra lingua.
5 Abbiamo invertito la successione dei versi inglesi per una maggiore scorrevolezza nel nostro testo anticipando il verso
che contiene il soggetto “distant dreamer” per farlo seguire dal complemento oggetto “Of this green…”.
Questa seconda stanza è ricca di allitterazioni: in dentale sonora al v. 12: “distant, dreamer, dreams”; in sibilante sonora
al v. 15 : “swinging, sway, sweep”; in semivocale al v. 17: “watch, ward”; in liquida al v. 20: “little, leaden, Lad”.
1 Questa poesia, pubblicata per la prima volta nella raccolta Motley and Other Poems (1918), venne considerata dai
suoi primi lettori come la più seria tra i componimenti poetici scritti dall’autore fino a quel momento, in quanto “its
pang of loss and longing penetrates to central human experience, and, by the paradox of beautiful expression, grief so
voiced moves the reader inexplicably with consolations.” (Theresa Whistler, Imagination of the Heart: the Life of
Walter de la Mare, Duckworth, London 1993, p. 229.) A chi pensava fosse la migliore tra le tante poesie che scrisse,
Walter de la Mare, dotato di riserbo e di modestia non rispose mai esprimendo un giudizio estetico al riguardo; in
vecchiaia, confessò però che sicuramente The Ghost era “one of his favourites”. Nel 1914, dopo aver scritto
un‘interessante “lecture” su suggerimento di Michael Sadler, intitolata “Magic in Poetry”, Walter de la Mare spedì un
consistente gruppo di rime a Naomi Royde-Smith, tra le quali c’era anche The Ghost contenuta in un foglio ricco di
scarabocchi e correzioni, ma privo di data di composizione. E’ difficile affermare con certezza assoluta che la poesia fu
scritta nel 1914; probabilmente l’autore la compose orientativamente in quel periodo, dato che una delle sue abitudini
all’epoca era quella di sottoporre ciò che scriveva immediatamente a revisione critica, chiedendo consigli e
suggerimenti soprattutto all’editrice Naomi.
2 La poesia presenta cinque stanze di quattro versi; in ogni stanza rimano solo i versi pari. Tornano in questo
componimento i principali modi del poetare delamariano:
1. il primo verso si apre con una domanda posta nella forma del discorso diretto come nel v. 1 di The Listeners, e di
Sorcery; il pronome interrogativo “who” risuona con energia come nel v. 1 di Voices.
2. Lo schema compositivo è dominato di nuovo da due voci, una che domanda e l’altra che risponde.
3. Anche in questo caso, c’è qualcuno che bussa alla porta come il “Traveller” di The Listeners; ma in questo
componimento è il fantasma che bussa e non l’uomo, come era accaduto nell’altra bellissima poesia. In The
Listeners, il Viaggiatore picchia alla porta più volte, ma i “phantom listeners” rimangono nascosti ed in silenzio di
fronte alle sue richieste incessanti ( Cfr. The Listeners, vv. 29, 30 e 31). In questi versi è il “ghost” che chiede
all’uomo di entrare, ma proprio quando quest’ultimo gli apre — i vv. 15 e 16 descrivono l’agonia della sua mano,
che stanca di sperare, brancola su chiavi, chavistelli e sbarre, nel tentativo di aprire quella porta — la presenza del
fantasma svanisce. (cfr il v. 20). Sia il Viaggiatore(che tenta di entrare nella casa dei “phantom listeners”), sia il

protagonista di questi versi (che vorrebbe accogliere il fantasma nella sua dimora) trovano quindi difficoltà a
realizzare l’incontro con il fantasma.
3 Le prime due stanze del componimento presentano la medesima struttura: alla lapidaria domanda costituita da
pronome interrogativo + verbo del v. 1 di ogni stanza segue la risposta contenuta nei versi restanti. La presenza
incalzante del discorso diretto registrato dall’autore e non di quello indiretto che presuppone la presenza di un narratore
esterno, come accade in The Listeners, (si veda il v. 1: “Is there anybody there? said the Traveller”)costituisce, a nostro
parere, uno degli aspetti più originali ed interessanti del componimento. In questi versi, le voci dei due protagonisti si
intrecciano liberamente, senza alcuna mediazione narrativa, come se appartenessero a due attori teatrali che sopra un
palcoscenico alternano le rispettive battute. Gli unici accorgimenti che l’autore utilizza per distinguere i confini tra una
voce ed un’altra sono costituti dalle virgolette. Questa modalità seguita dall’autore può essere fonte di equivoci, in
quanto ad una prima lettura non è subito chiara l’appartenenza della voce a uno dei due interlocutori in particolare. La
confusione nell’individuare l’uno o l’altro personaggio è maggiore nella terza stanza del componimento, dove alla
struttura abbastanza lineare di “botta e risposta” delle prime due stanze si sostituisce una serie incalzante di
affermazioni.
4 La mano è quella dell’uomo che si affatica nel tentativo di aprire la porta della sua abitazione al fantasma.
5 Quella porta si apre dato che si afferma al v. 1 di quest’ultima stanza “a face peered” e il viso è quello del personaggio
che rimane deluso da ciò che i suoi occhi vedono. Il vasto dolore lo assale e non potrebbe essere altrimenti, dato che,
come si dice nell’ultimo verso, “the sweet cheat gone”, ossia l’illusione che il fantasma che ha bussato alla sua
abitazione, con il quale ha parlato fosse vivo, è svanita.
1 “Stranger”: titolo emblematico posto a sigillo di queste cinque stanze che descrivono l’incontro avvenuto in un
paesaggio fantastico e surreale, tra il poeta e “lo sconosciuto”, “l’estraneo”, parola che deriva dalla stessa radice
d’origine latina dell’aggettivo “strano” ossia da extraneus, da “extra”, fuori. Il sostantivo “estraneo” indica un essere
che proviene da una realtà diversa rispetto a quella di cui si parla, così come l’aggettivo “strano” qualifica un elemento
con caratteristiche inconsuete, fuori da quelle che si ritiene rappresentino la normalità.
2 Abbiamo tradotto “mentre camminavo nei boschi” per motivi di stile; tuttavia crediamo che la specificazione del
luogo in apertura del primo verso inglese abbia la funzione di catalizzare subito l’attenzione del lettore nel paesaggio.
3 Il componimento è costituito da cinque quartine; in ognuna, i versi sono legati a coppie da rima alternata secondo lo
schema abab.
4 Come al v. 1 e al v. 14, anche qui De la Mare usa la forma più elegante e arcaica del simple past costituita
dall’ausiliare “did” più verbo in questione per arricchire il linguaggio semplice e lineare che solitamente usa.
5 “Dream”: è l’ “Estraneo” che l’autore incontra, nel corso del suo vagabondare nei boschi. Parola chiave non solo di
questo componimento, ma anche dell’intera produzione letteraria di De la Mare. Le riflessioni dell’autore sul sogno,
strettamente collegate alle sue speculazioni riguardanti la natura dell’immaginazione, costituiscono una miniera
preziosa per chi voglia capire a fondo il valore e l’originalità della sua opera. Che i sogni fossero per lui qualcosa di più
di una parte inspiegabile e irrazionale dell’esistenza umana è dimostrato dalla sua vasta e affascinante antologia Behold
this Dreamer (1939), che dopo un saggio compilato dall’autore stesso come introduzione, contiene speculazioni, poesie,
resoconti di esperienze e osservazioni riguardanti i sogni, riprese da un corpus eterogeneo di fonti: da Omero, Apuleio,
a C. D. Lewis, Helen Waddel, Logan Pearsall Smith e Freud. Del padre della psicoanalisi, Walter de la Mare non
apprezzò mai la teoria con la quale tentava di spiegare la realtà onirica, perché secondo lui “by imposing an arbitrary
interpretation on dreams, they have been sacrificed not only to sex…but to a degraded conception of it”. (cfr. MC
CROSSON DORIS ROSS, Walter de la Mare, Twayne Publishers, New York 1966, pp. 22-23). I sogni erano troppo
affascinanti e preziosi per essere utilizzati come simboli chiarificatori di comportamenti sessuali, perché lui sentiva che
essi erano in un certo senso “a communion of the self with the self”. In vecchiaia, confessò che trascorreva più tempo
sognando piuttosto che vivendo e che i suoi sogni lo influenzavano profondamente. Una volta, ammise che sarebbe
stato difficile decidere cosa preferisse tra “dream life” e “waking life”, due dimensioni che non sono mai intese come
sfere a sé stanti, in quanto per Walter de la Mare “imagination” e “dreams” sono praticamente sinonimi, costituiscono il
sentiero che permette all’uomo di indagare la realtà.
Il sogno è per lui anche la magica sorgente dalla quale la poesia viene alla luce; l’inspirazione sembra infatti nascere da
una apparente paradossale condizione di “cosciousness and dreams”.
6 spurred his heel: letteralmente, speronato il suo tacco; noi abbiamo preferito non rimanere legati alla traduzione
letterale, e coniare il sostantivo corrispettivo, invece che il verbo al participio passato per questioni di stile e di
scorrevolezza.
7 shady- wide: abbiamo tradotto “ampia e ombrosa”, tuttavia questi due aggettivi italiani non esprimono completamente
il valore semantico del composto inglese, che suggerisce anche questa sfumatura: “la falda del suo cappello era così
ampia da gettare ombra intorno a sé”. Per questo, accanto alla versione proposta, ne suggeriamo un’altra ugualmente
possibile: “ la falda del suo cappello così ampia da far ombra”, più lontana sintatticamente dal verso inglese, ma più
completa a livello semantico.
8 E’ la stessa immagine che abbiamo incontrato in The Listeners, (cfr. v. 3 “ and his horse in the silence champed the
grasses”), quella di un uomo in compagnia del suo cavallo. In questa seconda stanza, il poeta descrive l’aspetto fisico di
Sogno, accennando ai pochi dettagli del suo vestiario. Il ritratto è quello di un uomo reale; solo nelle stanze successive
l’autore sottolinea particolari che rendono l’Estraneo un essere diverso dal resto del mondo: una spilla al petto brilla
tenuemente, e nel suo sguardo è contenuto l’universo. In sua compagnia la terra appare strana al poeta, cosparsa di fiori
che luccicano per il loro biancore come il latte e sopra le loro teste l’Albero Assiro si estende fino al Paradiso.

9 Supponiamo che il poeta in questo passo si riferisca alla mela, che provocò la cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso.
Questo riferimento biblico anticipa la citazione del “Paradiso” della stanza successiva.
1 Titolo originario di questo meraviglioso componimento era The Poet Remonstrates with his Muse, e venne scritto nel
1911, quando l’autore decise di partecipare anonimamente alla competizione letteraria Problems and Prizes ideata
dall’editrice Naomi Royde-Smith in una delle pagine della rivista Saturday Westminster. Per sette lunghi anni, il poeta
riservò questi versi per se stesso, fino alla pubblicazione con il titolo attuale avvenuta nel 1918, nella raccolta Motley.
Theresa Whistler, nella sua splendida biografia, dedica un intero capitolo all’incontro speciale con Naomi Royde-Smith
che seppe infondere energia nella creatività poetica del nostro autore e ricorda :“his very first meeting with Naomi
Royde-Smith in the spring of 1911 shook his life to the core and set up a ferment in his imagination from which much
of his finest lyrical poetry was to spring over the next four years- the peak years. It is not easy to see why this came
about; for the two seem from all evidence now, and appeared to mutual friends at the time, cut from cloth of a
completely unlike weave. Their relationship had the tension of something uncharacteristic, certainly on his side, perhaps
on hers too” (Theresa Whistler, Imagination of the Heart: The Life of Walter de la Mare, Duckworth, London 1993, p.
177)Questo componimento nacque nella “primavera poetica” di quel periodo, quando l’ispirazione di Walter de la Mare
si accese con un intensità mai conosciuta in passato.
La poesia presenta quattro stanze: le prime tre sono composte da sei versi legati a coppia da rima baciata, l’ultima da sei
versi.
2 In questo primo verso, abbiamo ritenuto opportuno per ragioni stilistiche sopprimere il soggetto “I” in apertura,
indispensabile in una lingua analitica-isolante come l’inglese in quanto veicolante informazioni morfo-sintattiche, non
necessaria – a meno che il traduttore decida di essere estremamente letterale – in una lingua generalmente ancora
flessiva come l’italiano che veicola le informazioni riguardanti il soggetto grazie alla flessione del verbo corrispettivo
( in inglese la flessione è mantenuta solo in pochi casi come la terza persona singolare, o la formazione del passato con
l’aggiunta della particella “ed” nel caso dei verbi regolari). (Paolo Ramat, Introduzione alla Linguistica Germanica, Il
Mulino, Bologna 1986).
“Until you came”: il nostro “finché” è da intendersi nel valore semantico seguente: fino a quando, prima che, in quanto
“until” racchiude in sé questo valore temporale. Potevamo anche proporre per questa locuzione “prima che arrivassi”.
3 Perdiamo in questo verso il significativo effetto allitterativo in occlusiva velare sorda di “quiet, cold, content” che
contribuisce a legare nel testo inglese, anche a livello sonoro, i tre stati d’animo del poeta.
4 “all longing in …”: letteralmente, desiderando completamente, in tutto, locuzione che avrebbe appesantito la nostra
versione italiana, per cui abbiamo suggerito la costruzione negativa “non desiderando altro che…”allontanandoci dalla
stretta trasposizione letterale.
5 about: in questo contesto, la preposizione in questione esprime a livello semantico, una sfumatura che in parte
perdiamo nel testo italiano e che vorremmo qui giustamente puntualizzare: il cuore che non possiede più alcun contatto
con il fuori. Pensiamo che il verbo “accerchiare” più di altri comunichi questo senso, peraltro ribadito dal verso
seguente.
6 “vision grave”: è il fantasma, a lui il poeta chiede di prendersi ciò che è rimasto della sua vita, di morire.
Particolarmente interessante è il termine “grave” : in inglese assume il significato di “grave” nella sua funzione
aggettivale, ma anche quello di “tomba” in qualità di sostantivo. A questo proposito, è sintomatica la scelta del poeta di
posporre l’aggettivo “grave” al sostantivo “vision”, quando solitamente in inglese gli aggettivi precedono gli oggetti che
qualificano. In questa sua posizione insolita, la parola “grave”, colta nella sua valenza semantica di sostantivo più che di
aggettivo, sembra suggerirci un’altra possibile lettura: “visione di tomba” e quindi visione di morte ed anticipare con
forza i due imperativi dei versi successivi “take all” e strip me of”, grida del poeta che vuole abbandonare il sentiero
dell’esistenza.