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di concretizzare la sua vocazione<br />
in qualcosa di radicalmente<br />
nuovo, con la costruzione di “una<br />
comunità monastica operante per<br />
l’unità <strong>della</strong> Chiesa”: e tutto ciò<br />
durante una guerra mondiale e in<br />
un campo, quello ecumenico, che<br />
sembrava scoraggiare ogni tentativo.<br />
In queste circostanze, per di<br />
più, Roger inizia da solo: da solo,<br />
attende che si formi intorno a lui<br />
una comunità.<br />
Roger Shutz, giovane nel 1940,<br />
radicato, fondato e saldo nella<br />
fede.<br />
Si dirà: che c’entra con me,<br />
giovane cristiano del 20<strong>10</strong> perfettamente<br />
nella media? Intanto:<br />
anche Roger era un giovane<br />
cristiano perfettamente nella<br />
media, nel suo 1940. Certo, non<br />
tutti sono diventati “frère Roger”<br />
di Taizé. Però tutti, allora come<br />
oggi, dovrebbero darsi la possibilità<br />
di ascoltare la propria<br />
vocazione in Cristo. Poi: se invece<br />
di guardare alla conclusione<br />
<strong>della</strong> storia, vale a dire a ciò che<br />
ha fatto ed è diventato nel tempo<br />
quel ragazzo, guardiamo solo<br />
a quel ragazzo dell’inizio, salta<br />
agli occhi l’assoluta normalità<br />
<strong>della</strong> situazione, la mancanza di<br />
condizioni privilegiate. Esattamente<br />
quello che ci paralizza<br />
Comunità<br />
di Taizé<br />
- “ma cosa posso fare io, nella<br />
mia piccola normalità?” - è la<br />
condizione che ha permesso ad<br />
altri di costruire una casa ben<br />
fondata e di far crescere un albero<br />
ben radicato. La “realtà”, e non<br />
lo straordinario, è il terreno su<br />
cui poggiano i piedi di questi<br />
uomini e donne che poi, a conti<br />
fatti, ci sembrano “soprannaturali”.<br />
Per fondare una comunità,<br />
Roger inizia da solo: il contrasto<br />
non potrebbe essere più netto,<br />
se il collante non fosse Gesù.<br />
Roger si ripete: “Bisogna fare<br />
qualcosa...”. L’esperienza di Dio<br />
lo responsabilizza, lo chiama ad<br />
agire per primo sulle situazioni<br />
e lo spinge a muoversi per primo<br />
verso i fratelli <strong>della</strong> comunità<br />
che via via si uniscono a lui,<br />
verso i poveri vicini e lontani,<br />
verso i giovani, che accorreranno<br />
a migliaia là dove lui aveva<br />
iniziato in una ‘normale’ solitudine.<br />
“Per il cristiano - scrive<br />
frère Roger nel 1983 nel libro ‘I<br />
tuoi deserti fi oriranno’ - tutto<br />
comincia sempre. Egli si pone<br />
alla genesi delle situazioni, è<br />
uomo o donna delle aurore, delle<br />
perpetue scoperte. Attende contro<br />
ogni attesa”. “Perchè tardare? Il<br />
Cristo – commenta Laplane - ci<br />
ripete ‘Seguimi’. Perchè aspettare<br />
sempre che gli altri facciano il<br />
primo passo? C’è urgenza. Fin da<br />
giovanissimo, frère Roger l’aveva<br />
capito; fu l’impegno di tutta una<br />
vita: ‘Comincia tu stesso’”.<br />
Comincia tu stesso. È una proposta<br />
talmente provocatoria da<br />
interessare lo spirito dei giovani.<br />
Se ha un senso raccontare una<br />
vita tra quelle di mille giovani<br />
di ieri diventati grandi sulla Parola<br />
di Gesù, scegliere quella di<br />
Roger Shutz ha questa ragione<br />
ulteriore: la sua appassionata<br />
ricerca <strong>della</strong> riconciliazione, in<br />
semplicità e accoglienza autentica,<br />
è stata capace di parlare ad<br />
altre migliaia di giovani nelle<br />
generazioni seguenti, fino ad<br />
oggi, credenti e non credenti:<br />
“Settant’anni fa – ha ricordato<br />
il Card. Tarcisio Bertone nel<br />
messaggio per i cinque anni <strong>della</strong><br />
morte di frère Roger, il 9 luglio<br />
scorso - egli diede inizio a una<br />
comunità che continua a veder<br />
venire a sé migliaia di giovani<br />
provenienti dal mondo intero,<br />
alla ricerca di dare un senso alla<br />
propria vita, accogliendoli nella<br />
preghiera e permettendo loro di<br />
fare esperienza di una relazione<br />
personale con Dio”.<br />
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