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10/ottobre - Santuario della Guardia

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di concretizzare la sua vocazione<br />

in qualcosa di radicalmente<br />

nuovo, con la costruzione di “una<br />

comunità monastica operante per<br />

l’unità <strong>della</strong> Chiesa”: e tutto ciò<br />

durante una guerra mondiale e in<br />

un campo, quello ecumenico, che<br />

sembrava scoraggiare ogni tentativo.<br />

In queste circostanze, per di<br />

più, Roger inizia da solo: da solo,<br />

attende che si formi intorno a lui<br />

una comunità.<br />

Roger Shutz, giovane nel 1940,<br />

radicato, fondato e saldo nella<br />

fede.<br />

Si dirà: che c’entra con me,<br />

giovane cristiano del 20<strong>10</strong> perfettamente<br />

nella media? Intanto:<br />

anche Roger era un giovane<br />

cristiano perfettamente nella<br />

media, nel suo 1940. Certo, non<br />

tutti sono diventati “frère Roger”<br />

di Taizé. Però tutti, allora come<br />

oggi, dovrebbero darsi la possibilità<br />

di ascoltare la propria<br />

vocazione in Cristo. Poi: se invece<br />

di guardare alla conclusione<br />

<strong>della</strong> storia, vale a dire a ciò che<br />

ha fatto ed è diventato nel tempo<br />

quel ragazzo, guardiamo solo<br />

a quel ragazzo dell’inizio, salta<br />

agli occhi l’assoluta normalità<br />

<strong>della</strong> situazione, la mancanza di<br />

condizioni privilegiate. Esattamente<br />

quello che ci paralizza<br />

Comunità<br />

di Taizé<br />

- “ma cosa posso fare io, nella<br />

mia piccola normalità?” - è la<br />

condizione che ha permesso ad<br />

altri di costruire una casa ben<br />

fondata e di far crescere un albero<br />

ben radicato. La “realtà”, e non<br />

lo straordinario, è il terreno su<br />

cui poggiano i piedi di questi<br />

uomini e donne che poi, a conti<br />

fatti, ci sembrano “soprannaturali”.<br />

Per fondare una comunità,<br />

Roger inizia da solo: il contrasto<br />

non potrebbe essere più netto,<br />

se il collante non fosse Gesù.<br />

Roger si ripete: “Bisogna fare<br />

qualcosa...”. L’esperienza di Dio<br />

lo responsabilizza, lo chiama ad<br />

agire per primo sulle situazioni<br />

e lo spinge a muoversi per primo<br />

verso i fratelli <strong>della</strong> comunità<br />

che via via si uniscono a lui,<br />

verso i poveri vicini e lontani,<br />

verso i giovani, che accorreranno<br />

a migliaia là dove lui aveva<br />

iniziato in una ‘normale’ solitudine.<br />

“Per il cristiano - scrive<br />

frère Roger nel 1983 nel libro ‘I<br />

tuoi deserti fi oriranno’ - tutto<br />

comincia sempre. Egli si pone<br />

alla genesi delle situazioni, è<br />

uomo o donna delle aurore, delle<br />

perpetue scoperte. Attende contro<br />

ogni attesa”. “Perchè tardare? Il<br />

Cristo – commenta Laplane - ci<br />

ripete ‘Seguimi’. Perchè aspettare<br />

sempre che gli altri facciano il<br />

primo passo? C’è urgenza. Fin da<br />

giovanissimo, frère Roger l’aveva<br />

capito; fu l’impegno di tutta una<br />

vita: ‘Comincia tu stesso’”.<br />

Comincia tu stesso. È una proposta<br />

talmente provocatoria da<br />

interessare lo spirito dei giovani.<br />

Se ha un senso raccontare una<br />

vita tra quelle di mille giovani<br />

di ieri diventati grandi sulla Parola<br />

di Gesù, scegliere quella di<br />

Roger Shutz ha questa ragione<br />

ulteriore: la sua appassionata<br />

ricerca <strong>della</strong> riconciliazione, in<br />

semplicità e accoglienza autentica,<br />

è stata capace di parlare ad<br />

altre migliaia di giovani nelle<br />

generazioni seguenti, fino ad<br />

oggi, credenti e non credenti:<br />

“Settant’anni fa – ha ricordato<br />

il Card. Tarcisio Bertone nel<br />

messaggio per i cinque anni <strong>della</strong><br />

morte di frère Roger, il 9 luglio<br />

scorso - egli diede inizio a una<br />

comunità che continua a veder<br />

venire a sé migliaia di giovani<br />

provenienti dal mondo intero,<br />

alla ricerca di dare un senso alla<br />

propria vita, accogliendoli nella<br />

preghiera e permettendo loro di<br />

fare esperienza di una relazione<br />

personale con Dio”.<br />

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