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Cosa succede quando,<br />
come Benedetto XVI<br />
suggerisce ai giovani,<br />
si piantano le radici<br />
nel terreno del Vangelo, ci si fonda<br />
sulla Parola di Dio, ci si salda<br />
alla fede con fi ducia e coerenza?<br />
O meglio: cosa è successo? Il<br />
miglior modo per rispondere, infatti,<br />
sembra essere il richiamare<br />
alla memoria le esperienze di<br />
quei giovani di trenta, cinquanta<br />
o cento anni fa che, provocati<br />
al cambiamento dall’incontro<br />
con Gesù Cristo, si sono fi dati,<br />
abbracciando prospettive e diffi<br />
coltà. Cosa è successo a quei<br />
giovani divenuti esempi per la<br />
cristianità? E quanto sono stati<br />
distanti da noi, comuni mortali,<br />
che ci sentiamo mezzetacche<br />
<strong>della</strong> fede? Potrebbero essere<br />
davvero mille le vite da raccontare.<br />
Ma, dove prendi prendi,<br />
ti rendi conto di un fatto: non<br />
sono stati diversi da te. Sono<br />
stati disponibili un giorno e<br />
dubbiosi il giorno dopo, capaci<br />
di luminose visioni d’insieme e<br />
subito dopo insuffi cienti persino<br />
nel poco, sospinti a cose grandi<br />
dallo Spirito ma non per questo<br />
risparmiati dalle delusioni <strong>della</strong><br />
vita. E tuttavia si sono fi dati. Si<br />
sono assunti delle responsabilità.<br />
Ognuno secondo il proprio carisma<br />
e per la visione particolare<br />
a cui si sentivano chiamati. E<br />
strada facendo, sono stati invasi<br />
dalla gioia di aver avuto ragione,<br />
di aver dato senso alla propria<br />
e alla altrui esistenza.<br />
“Provando allora un senso di urgenza,<br />
nel bel mezzo <strong>della</strong> guerra<br />
lascia la Svizzera per la Francia;<br />
raggiunge un paese umiliato<br />
dalla sconfi tta, povero e disorganizzato.<br />
Le armi che decide di<br />
impugnare saranno decisamente<br />
quelle del Vangelo. Senza disinteressarsi<br />
dei combattimenti del<br />
mondo, conta sull’infl usso <strong>della</strong><br />
preghiera più che su ogni altra<br />
cosa. Strada facendo, scopre<br />
Taizé. Un piccolo villaggio <strong>della</strong><br />
Borgogna (...) isolato, disabitato,<br />
adatto per un luogo di ritiro. Lì la<br />
vita è dura, la casa individuata è<br />
in condizioni pietose. Ma il luogo<br />
evoca una geografi a mistica” essendo<br />
vicino alla storica abbazia<br />
Fidarsi di Dio<br />
per diventare se stessi.<br />
Giovani, qualcosa di<br />
radicalmente<br />
nuovo<br />
22<br />
di Mirco Mazzoli<br />
di Cluny. E soprattutto è anche il<br />
luogo in cui “l’invito pressante<br />
di un’anziana donna che aveva<br />
condiviso con lui il proprio pasto,<br />
lo trattiene in maniera decisiva.<br />
Partito come Abramo, senza<br />
sapere dove sarebbe andato per<br />
mettere radici al suo progetto,<br />
riconobbe in quell’accoglienza<br />
un segno mandato da Cristo”.<br />
Così scrive Sabine Laplane circa<br />
il primo incontro tra Taizé e il<br />
25enne Roger Shutz, nel 1940,<br />
nel bel libro “Meditiamo con<br />
Frère Roger di Taizé”. Roger è<br />
un ragazzo sensibile. Da adolescente<br />
una tubercolosi polmonare<br />
lo ha costretto a lunghi periodi di<br />
solitudine e di rifl essione e ha rafforzato<br />
il suo amore per la vita,<br />
ereditato soprattutto dalla mamma,<br />
che gli ha trasmesso anche<br />
l’amore per la musica. È la nonna,<br />
però, a lasciargli l’insegnamento<br />
più grande: con spontaneità,<br />
quella donna vive il suo rapporto<br />
con Dio all’insegna <strong>della</strong> riconciliazione,<br />
a partire da sé stessi.<br />
È sulla scorta di questa intuizione<br />
che Roger, diventato pastore<br />
riformato come il padre, decide