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10/ottobre - Santuario della Guardia

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Cosa succede quando,<br />

come Benedetto XVI<br />

suggerisce ai giovani,<br />

si piantano le radici<br />

nel terreno del Vangelo, ci si fonda<br />

sulla Parola di Dio, ci si salda<br />

alla fede con fi ducia e coerenza?<br />

O meglio: cosa è successo? Il<br />

miglior modo per rispondere, infatti,<br />

sembra essere il richiamare<br />

alla memoria le esperienze di<br />

quei giovani di trenta, cinquanta<br />

o cento anni fa che, provocati<br />

al cambiamento dall’incontro<br />

con Gesù Cristo, si sono fi dati,<br />

abbracciando prospettive e diffi<br />

coltà. Cosa è successo a quei<br />

giovani divenuti esempi per la<br />

cristianità? E quanto sono stati<br />

distanti da noi, comuni mortali,<br />

che ci sentiamo mezzetacche<br />

<strong>della</strong> fede? Potrebbero essere<br />

davvero mille le vite da raccontare.<br />

Ma, dove prendi prendi,<br />

ti rendi conto di un fatto: non<br />

sono stati diversi da te. Sono<br />

stati disponibili un giorno e<br />

dubbiosi il giorno dopo, capaci<br />

di luminose visioni d’insieme e<br />

subito dopo insuffi cienti persino<br />

nel poco, sospinti a cose grandi<br />

dallo Spirito ma non per questo<br />

risparmiati dalle delusioni <strong>della</strong><br />

vita. E tuttavia si sono fi dati. Si<br />

sono assunti delle responsabilità.<br />

Ognuno secondo il proprio carisma<br />

e per la visione particolare<br />

a cui si sentivano chiamati. E<br />

strada facendo, sono stati invasi<br />

dalla gioia di aver avuto ragione,<br />

di aver dato senso alla propria<br />

e alla altrui esistenza.<br />

“Provando allora un senso di urgenza,<br />

nel bel mezzo <strong>della</strong> guerra<br />

lascia la Svizzera per la Francia;<br />

raggiunge un paese umiliato<br />

dalla sconfi tta, povero e disorganizzato.<br />

Le armi che decide di<br />

impugnare saranno decisamente<br />

quelle del Vangelo. Senza disinteressarsi<br />

dei combattimenti del<br />

mondo, conta sull’infl usso <strong>della</strong><br />

preghiera più che su ogni altra<br />

cosa. Strada facendo, scopre<br />

Taizé. Un piccolo villaggio <strong>della</strong><br />

Borgogna (...) isolato, disabitato,<br />

adatto per un luogo di ritiro. Lì la<br />

vita è dura, la casa individuata è<br />

in condizioni pietose. Ma il luogo<br />

evoca una geografi a mistica” essendo<br />

vicino alla storica abbazia<br />

Fidarsi di Dio<br />

per diventare se stessi.<br />

Giovani, qualcosa di<br />

radicalmente<br />

nuovo<br />

22<br />

di Mirco Mazzoli<br />

di Cluny. E soprattutto è anche il<br />

luogo in cui “l’invito pressante<br />

di un’anziana donna che aveva<br />

condiviso con lui il proprio pasto,<br />

lo trattiene in maniera decisiva.<br />

Partito come Abramo, senza<br />

sapere dove sarebbe andato per<br />

mettere radici al suo progetto,<br />

riconobbe in quell’accoglienza<br />

un segno mandato da Cristo”.<br />

Così scrive Sabine Laplane circa<br />

il primo incontro tra Taizé e il<br />

25enne Roger Shutz, nel 1940,<br />

nel bel libro “Meditiamo con<br />

Frère Roger di Taizé”. Roger è<br />

un ragazzo sensibile. Da adolescente<br />

una tubercolosi polmonare<br />

lo ha costretto a lunghi periodi di<br />

solitudine e di rifl essione e ha rafforzato<br />

il suo amore per la vita,<br />

ereditato soprattutto dalla mamma,<br />

che gli ha trasmesso anche<br />

l’amore per la musica. È la nonna,<br />

però, a lasciargli l’insegnamento<br />

più grande: con spontaneità,<br />

quella donna vive il suo rapporto<br />

con Dio all’insegna <strong>della</strong> riconciliazione,<br />

a partire da sé stessi.<br />

È sulla scorta di questa intuizione<br />

che Roger, diventato pastore<br />

riformato come il padre, decide

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