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Domande e risposte sul MATRIMO<br />
Risponde don Marco Granara, rettore del <strong>Santuario</strong><br />
Questa è la fede e la prassi dei cristiani. Questa stessa, spesso è entrata – specialmente in Occidente più<br />
segnato dal Cristianesimo – nel costume collettivo e nella legislazione degli stati.<br />
L’infl usso di altri costumi, di idee fi losofi che che hanno spinto e privilegiato i singoli soggetti piuttosto<br />
che il loro istinto naturale alla socialità, hanno spinto e stanno spingendo ad altre concezioni...<br />
Per questo molti vorrebbero proporre “diversi modi di fare famiglia”. L’inclinazione all’altro –<br />
che noi sentiamo e crediamo per tutti come “naturale” e “congeniale” – per altri è contestata,<br />
preponendo il “diritto” del singolo individuo ad ogni altro diritto e conseguente dovere. Si sente così<br />
parlare di “diritto alla propria felicità” come diritto primario. Si sente anche dire e proporre la “famiglia”<br />
non come fatto “naturale” ma come espressione “culturale” del vivere collettivo. In questo senso<br />
lo schema classico di “unione di un uomo e una donna in vista <strong>della</strong> procreazione di altre creature<br />
e per il sostegno dei coniugi stessi” dovrebbe lasciare agli individui la possibilità di “crearsi in libertà(!?)<br />
un tipo di unione congeniale ai gusti di ciascuno”. Molti vorrebbero anche che qualunque tipo di unione<br />
si potesse e dovesse chiamare “famiglia” con conseguenti equiparati diritti e doveri legali.<br />
Chi sa se noi “cristiani <strong>della</strong> strada” siamo consci di questa problematica? Che dire? Che fare? Accettare<br />
e subire un costume che si insinua, viene strombazzato come “moderno” e viene proposto come logica<br />
conseguenza di essere capaci di stare al mondo non da bigotti? Chi sa se siamo capaci di affrontare senza<br />
complessi di inferiorità e con relative nostre “ragioni” cambiamenti culturali così determinati?<br />
La nostra Fede, non dovrà essere matura e capace di questo e di altro, senza subire gli avvenimenti?<br />
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Sempre più spesso mi capita di vedere matrimoni<br />
in cui gli sposi sono chiamati all’altare,<br />
per sottolineare che sono loro i veri<br />
ministri del sacramento. Mi può spiegare meglio<br />
questo concetto? E il prete? Che fi ne fa?<br />
Sì, il sacramento del Matrimonio è l’unico che ha<br />
come “ministri” celebranti, non il sacerdote, ma gli<br />
sposi stessi. Che fi ne fa il Sacerdote? Fa la bella fi ne<br />
di “far presente Cristo” che gode di presentare al Padre<br />
“due” sue creature che vogliono diventare “uno”<br />
nell’unico Amore, lo stesso che il Padre ha seminato<br />
nelle sue creature come segno massimo e più evidente<br />
di “somiglianza con Lui”. È anche segno <strong>della</strong> presenza<br />
di quella comunità - la Chiesa - che Cristo ha<br />
amato fi no a dare la vita per lei, una “vita donata”<br />
per amore, anche quando la sposa era traditrice del<br />
suo sposo... Le par poco?<br />
Assisto a matrimoni ricchi di simbologie<br />
“aggiuntive”, segni, doni, gesti, canzoni,<br />
volute dagli sposi e accettate dai sacerdoti.<br />
II<br />
Si può? È un comportamento lasciato a tanta libertà?<br />
A volte ho l’impressione che il sacerdote lasci<br />
fare un po’ per “evitare la ripetitività”, un po’ per<br />
consentire che gli sposi vivano il loro “momento<br />
magico”. Ma a me non sembra che il giorno del<br />
matrimonio debba essere magico, ma sacro.<br />
Lei ha, in parte, ragione. Se la creatività lasciata dalle<br />
norme liturgiche diventa “passerella”... si rovina<br />
tutto: il referente ultimo non è più solo Dio, fonte e<br />
culmine dell’Amore umano, ma un cast di “attori”<br />
non sempre calibrati e rispettosi dei ruoli. Sta anche<br />
al celebrante concordare ed esprimere partecipazione<br />
che rispetti il Sacro senza scadere nel teatrale e nel<br />
magico, ma... spesso non avviene. Non per voluta<br />
trasgressione – credo io – ma solo per facilona ignoranza.<br />
Il caso più classico in merito – nei matrimoni<br />
come anche nei funerali – è riscontrabile nella “passerella”<br />
di quella che dovrebbe essere la “preghiera<br />
universale dei fedeli”. Non è un’occasione per andare<br />
ad esprimere anche lodevoli sentimenti (gratitudini,<br />
ammirazioni, pensieri di autori classici o cantautori,<br />
espressioni strappalacrime, lunghi o brevi pistolotti