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Tecnologie_e_Soluzio..

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PosteItalianeSped.inA.P.­D.L.353/2003,conv.L.46/2004,art.1,c.1­DCBRoma­Supplementoaln.20del 30ottobre2007diAmbiente&Sicurezza<br />

RIFIUTI<br />

LA GESTIONE OPERATIVA IN SITO<br />

ENERGIA<br />

COME SI INSTALLA<br />

UN IMPIANTO FOTOVOLTAICO<br />

INQUINAMENTO MARINO<br />

IL CORRETTO USO<br />

DELLE BARRIERE GALLEGGIANTI<br />

BONIFICHE<br />

IL JET GROUTING E IL SOIL WASHING<br />

SOSTANZE PERICOLOSE<br />

SERBATOI, FUSTI E RECIPIENTI:<br />

LA GESTIONE IN SICUREZZA<br />

n.5<br />

OTTOBRE/NOVEMBRE2007<br />

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com


In questo<br />

numero<br />

Sommario<br />

PROCESSIESISTEMI<br />

n IN APERTURA<br />

Rifiuti<br />

Impatti e procedure da adottare<br />

per la gestione operativa in sito<br />

di Luigi Soardo<br />

La gestione dei rifiuti in azienda è un processo estremamente articolato che richiede forti<br />

competenze “trasversali” e una visione integrata. Può essere utile, quindi, riassumere i principali<br />

passaggi delle procedure di gestione dei rifiuti, grazie anche al supporto di immagini, tabelle e<br />

schemi riepilogativi.<br />

PAGINA10<br />

n Inquinamento marino<br />

Sversamento di idrocarburi in mare:<br />

istruzioni per le barriere galleggianti<br />

di Laura Trinci<br />

Una delle soluzioni più consolidate per lo sversamento di prodotti petroliferi<br />

nelle acque marine è l’utilizzo delle barriere galleggianti, o panne, la cui<br />

funzione primaria è quella di contenere lo sversamento intorno alla<br />

sorgente e di addensare/concentrare il prodotto, aumentandone lo spessore e migliorando<br />

l’efficacia del recupero con gliskimmer.<br />

PAGINA21<br />

n Bonifiche in situ<br />

Il jet grouting<br />

di Fabio Ermolli, Paolo Franzoni e Giuliano Donaera<br />

La “gettiniezione” o “jetgrouting” è una particolare tecnicainsitu per<br />

il trattamento dei terreni, che consiste nell’iniezione nel terreno di<br />

miscele fluide, proiettate ad alta/altissima velocità nel sottosuolo, in grado di determinare, tramite<br />

un fluido stabilizzante, la contemporanea disgregazione, miscelazione e permeazione del volume<br />

di terreno trattato.<br />

PAGINA34<br />

n Bonifiche ex situ<br />

Il soil washing<br />

di Vincenzo Riganti,Mentore Vaccari e Maria Cristina Collivignarelli<br />

Il soil washing è una tecnologia di risanamento ex situ in cui gli agenti inquinanti vengono rimossi dal<br />

suolo mediante il loro trasferimento a una fase liquida, solitamente acquosa, sfruttando principalmente<br />

tecniche di separazione frazione fine­frazione grossolana.<br />

PAGINA41<br />

4 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com


n Impianti fotovoltaici<br />

Criteri di analisi e soluzioni<br />

per la progettazione e per l’installazione<br />

di Renato Vallivero e Luca Terrando<br />

Alla luce della recente spinta legislativa al mercato delle energie rinnovabili<br />

è sicuramente opportuno analizzare nel dettaglio le fasi operative per la corretta<br />

progettazione e installazione di un impianto fotovoltaico, partendo da un “caso di specie”.<br />

PAGINA49<br />

n Igiene alimentare<br />

La verifica delle procedure<br />

nella gestione operativa<br />

di Maurizio Podico<br />

Nel settore alimentare la necessità di descrivere e formalizzare la modalità di esecuzione delle<br />

diverse fasi operative da eseguire in protocolli o procedure (nei casi più semplici in istruzioni<br />

operative) deriva dall’importanza che la corretta esecuzione delle varie operazioni da effettuare<br />

riveste in funzione della sicurezza degli alimenti, vero scopo del processo. Per questo motivo,<br />

quando l’aspetto trattato è definito come critico si impone la creazione di una procedura scritta<br />

che sia adeguata, nei termini e nella descrizione, ad assicurare che la fase da gestire o<br />

l’operazione da effettuare sia svolta in maniera corretta.<br />

PAGINA54<br />

n Inquinamento acustico<br />

Come si progettano le barriere antirumore<br />

di Andrea Demozzi<br />

Dopo l’intervento di taglio generico pubblicato sul n. 3/2007,<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

entra nel merito della progettazione esecutiva delle barriere antirumore,<br />

definendo la caratterizzazione acustica del sito, la modellazione, lo studio, la fase di progetto<br />

architettonico e quella strettamente esecutiva, comprendente l’analisi di carichi e strutture e<br />

della curabilità. In particolare, tutte queste fasi vengono analizzate secondo un approccio<br />

procedurale, prendendo spunto da un caso reale.<br />

PAGINA59<br />

n Serbatoi, fusti e recipienti di stoccaggio<br />

La riduzione dei rischi<br />

per operatori e ambiente<br />

di Gianandrea Gino<br />

Una corretta realizzazione degli stoccaggi di sostanze liquide secondo le<br />

normative vigenti e le migliori buone tecniche impiantistiche può determinare non solo una<br />

migliore operatività e l’ottimizzazione della gestione, ma anche una riduzione dei rischi<br />

connessi con le possibili anomalie per l’ambiente e i lavoratori, diminuendone le frequenze e<br />

le conseguenze potenziali a breve e a lungo termine.<br />

PAGINA66<br />

n Rischio Radon<br />

La prevenzione negli edifici<br />

di Martino Maria Rizzo<br />

Dopo l’articolo pubblicato su<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni n. 2/2007 sulle tecniche<br />

di risanamento degli edifici da radon, vengono ora passate in<br />

rassegna le principali soluzioni, da adottare preventivamente in fase di progettazione per la<br />

prevenire fenomeni di risalita del radon. Gli interventi si dividono, schematicamente, in<br />

limitazioni delle vie d’ingresso, da un lato, e riduzione della depressurizzazione dell’edificio nei<br />

confronti dell’ambiente circostante e soprattutto del suolo, dall’altro.<br />

PAGINA74<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

5


PRODOTTIESOLUZIONI<br />

n Estintori d’incendio portatili<br />

Manutenzione e smaltimento<br />

di Marco Albanese PAGINA 82<br />

n Pannelli di sfogo DonadonSDD<br />

Sicurezza per i diversi ambienti ATEX<br />

di Marco Vadagnini PAGINA 87<br />

n Coestherm Hexa Multilayer Pipe<br />

La nuova generazione di tubi per uso civile e industriale<br />

di Maria Grazia Persico e Roberto Arlati PAGINA 90<br />

LEAZIENDEINFORMANO<br />

n eXcellent energia di STR<br />

<strong>Soluzio</strong>ne semplice e guidata<br />

alla relazione ex D.Lgs. n. 311/2006<br />

di Marco Corbellani, Gianluca Baroni e e Piero Mariotto<br />

STR propone al mercato della progettazione il software eXcellent energia, come strumento<br />

in grado di agevolare i progettisti nella redazione della certificazione energetica<br />

dell’edificio, mettendo in condizione il professionista di prevedere la futura classe di<br />

appartenenzadell’immobile,difattorendendoilcommittenteprotagonistadiunascelta<br />

energeticaconsapevole.<br />

PAGINA 94<br />

TECNOLOGIE&PRODOTTI<br />

n Schede tecniche DA PAGINA 97<br />

LE AZIENDEDELNUMERO5<br />

8<br />

8<br />

8<br />

Nome Azienda Nome Prodotto<br />

Proteggervi,<br />

Pagina<br />

ERACLIT VENIER SPA<br />

naturalmente<br />

Partner Università<br />

di Venezia<br />

PIRELLI & C.<br />

AMBIENTE SPA<br />

COMPUTER<br />

SOLUTION SPA<br />

<strong>Tecnologie</strong> per<br />

sviluppo sostenibile<br />

Software tracciatura<br />

rifiuti<br />

Ecomondo<br />

2 a copertina 7<br />

3 a copertina 7<br />

4 a copertina 7<br />

6 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com


8<br />

8<br />

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

Direttore responsabile:<br />

FRANCESCO DEMURO<br />

Responsabile di redazione:<br />

Massimo Cassani<br />

Coordinamento editoriale:<br />

Dario De Andrea (02/30223270)<br />

Redazione: Katia Rebucini (02/30223067)<br />

Proprietario ed editore:<br />

IL SOLE 24 ORE S.p.A.<br />

Presidente: GIANCARLO CERUTTI<br />

Amministratore Delegato:<br />

CLAUDIO CALABI<br />

Registrazione Tribunale di Milano n. 749 del 9 novembre<br />

1998.<br />

Sede legale: Via Monte Rosa, 91 ­ 20149 Milano.<br />

Amministrazione: Via Monte Rosa, 91 ­ 20149<br />

Milano.<br />

Direzione, redazione: Via Monte Rosa, 91 ­ 20149<br />

Milano ­ Fax 02/30223992.<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

L ABIOTEST SRL<br />

POLISTUDIO<br />

Abbattimento<br />

inquinamento<br />

olfattivo<br />

Iniziativa per<br />

Ecomondo<br />

3 7<br />

8 7<br />

8 ECO SERVICE OFFICE Dust buster 9 7<br />

8<br />

8<br />

8<br />

8<br />

8<br />

€CODE ITALIA S.R.L.<br />

T WT<br />

TECNOIMPIANTI<br />

B OLOGNAFIERE<br />

SPA<br />

B ASSO FRANCO<br />

SRL<br />

D UPONT DE<br />

NEMOURS ITALIANA<br />

SRL<br />

Trattamento fluidi<br />

industriali<br />

33 7<br />

Dearsenificazione 39 7<br />

Professione<br />

progettare<br />

40 7<br />

Exs evacuatori fumo 48 7<br />

Tyvek tute da lavoro 65 7<br />

8 I L SOLE 24ORE SPA 93 7<br />

8 S TR SPA Excellent energia 94­96 7<br />

IL SOLE 24 ORE S.p.A. Tutti i diritti sono riservati. Le<br />

fotocopie per uso personale del lettore possono essere<br />

effettuate nei limiti del 15% di ciascun fascicolo<br />

di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso<br />

previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22<br />

aprile 1941, n. 633. Le riproduzioni effettuate per<br />

finalità di carattere professionale, economico o commerciale<br />

o comunque per uso diverso da quello<br />

personale possono essere effettuate a seguito di<br />

specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, C.so di<br />

Porta Romana n. 108, Milano 20122, segreteria@aidro.org<br />

e sito web www.aidro.org.<br />

Servizio clienti periodici: IL SOLE 24 ORE S.p.A.<br />

Via Tiburtina Valeria (S.S. n. 5) km 68,700 ­ 67061<br />

Carsoli (AQ).<br />

Tel. 3022 5680 (prefisso 02 oppure 06)<br />

Fax 3022 5400 (prefisso 02 oppure 06)<br />

I numeri non pervenuti potranno essere richiesti via<br />

fax al n. 02­06/30225402­06 o via e­mail a servizioclienti.periodici@ilsole24ore.com<br />

entro 2 mesi dall’uscita<br />

del numero stesso.<br />

Abbonamento per 12 mesi (Italia): 155 euro<br />

Gli abbonamenti possono essere sottoscritti telefonando<br />

direttamente e inviando una fotocopia della<br />

ricevuta di pagamento sul c.c.p. n. 31481203.<br />

La ricevuta di pagamento tramite c.c.p. può essere<br />

inviata per posta a Il Sole 24 ORE, Via Tiburtina<br />

Valeria Km 68,700 ­ 67061 Carsoli (AQ) e via fax ai<br />

numeri 06/30225406 ­ 02/30225406.<br />

In questo ultimo caso non inviare la ricevuta per<br />

posta.<br />

Pubblicità: Il Sole 24 ORE Edagricole s.r.l. ­ Via<br />

Goito 13 ­ 40126 Bologna ­ Tel.: 051/65751<br />

Stampa: IL SOLE 24 ORE S.p.A. ­ Via Tiburtina<br />

Valeria (S.S. n. 5) km 68,700 ­ 67061 Carsoli (AQ).<br />

7


Rifiuti<br />

PROCESSI PROCESSI E SISTEMI E SISTEMI•RIFIUTI<br />

• RIFIUTI<br />

Gestione operativa in sito:<br />

impatti e procedure<br />

6Foto 1 – Riduzione volumetrica per schiacciamento di prodotto non conforme<br />

10 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com


La gestione dei rifiuti<br />

all’interno di un sito<br />

produttivo comporta<br />

l’attribuzione<br />

(e l’assolvimento<br />

in prima persona)<br />

di incarichi da parte<br />

del responsabile,<br />

ma anche attività<br />

quali l’organizzazione<br />

di specifici incontri<br />

di formazione,<br />

l’analisi annuale,<br />

da parte di<br />

un laboratorio esterno,<br />

dei fanghi prodotti<br />

dalla depurazione<br />

delle acque, la gestione<br />

delle ditte esterne<br />

autorizzate al trasporto<br />

e al trattamento dei<br />

rifiuti e l’archiviazione<br />

della documentazione<br />

prevista dalle norme<br />

vigenti in materia<br />

di rifiuti.<br />

È utile riepilogare,<br />

quindi, le principali<br />

mansioni.<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

n di Luigi Soardo, Ingegneria della Sicurezza<br />

PROCESSI E SISTEMI•RIFIUTI<br />

Figure a cura di L. Soardo<br />

Foto 1 su gentile concessione di Coca­Cola HBC Italia S.r.l.<br />

Foto nella figura 3, rispettivamente su gentile concessione di CIS S.r.l. –<br />

Follonica (GR) [“piccole quantità”] e il Contenitore s.n.c. – Pero (MI)<br />

[“grandi quantità”]<br />

La gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico<br />

interesse ed è disciplinata dalla parte quarta del D.Lgs.<br />

152/2006, al fine di assicurare un’elevata protezione dell’ambiente<br />

e controlli efficaci, tenendo conto della specificità<br />

dei rifiuti pericolosi.<br />

Finalità e obiettivi<br />

I rifiuti devono essere recuperati o smaltiti<br />

senza pericolo per la salute dell’uomo e in<br />

assenza di procedimenti o metodi che<br />

potrebbero recare pregiudizio all’ambiente<br />

, in particolare senza:<br />

l determinare rischi per l’acqua, l’aria, il<br />

suolo, nonché per la fauna e la flora;<br />

l causare inconvenienti da rumori od<br />

odori;<br />

l danneggiare il paesaggio e i siti di particolare<br />

interesse, tutelati in base alla<br />

normativa vigente.<br />

La gestione dei rifiuti è effettuata conformemente<br />

ai principi di precauzione, di<br />

prevenzione, di proporzionalità, di responsabilizzazione<br />

e di cooperazione di tutti i<br />

soggetti coinvolti nella produzione, nella<br />

distribuzione, nell’utilizzo e nel consumo di<br />

beni da cui originano i rifiuti, nel rispetto<br />

dei principi dell’ordinamento nazionale e<br />

comunitario, con particolare riferimento al<br />

principio comunitario “chi inquina paga”.<br />

A questo fine, la gestione dei rifiuti è effettuata<br />

secondo criteri di efficacia, efficienza,<br />

economicità e trasparenza [1] .<br />

Per conseguire le finalità e gli obiettivi del<br />

D.Lgs. n. 152/2006, lo Stato, le regioni, le<br />

province autonome e gli enti locali esercitano<br />

i poteri e le funzioni di rispettiva<br />

competenza in materia di gestione dei<br />

rifiuti in conformità alle disposizioni di cui<br />

alla parte quarta del decreto, adottando<br />

ogni opportuna azione e avvalendosi,<br />

ove opportuno, mediante accordi, contratti<br />

di programma o protocolli d’intesa<br />

anche sperimentali, di soggetti pubblici o<br />

privati.<br />

Prevenzione, recupero<br />

e smaltimento dei rifiuti<br />

Il criterio di riferimento nell’ambito della<br />

gestione dei rifiuti è quello basato sulla<br />

prevenzione dei rifiuti alla fonte, sviluppato<br />

attraverso tecniche e tecnologie appropriate,<br />

in grado di contribuire a ridurne<br />

l’impatto sull’ambiente.<br />

Ai fini di una corretta gestione dei rifiuti, le<br />

autorità competenti favoriscono la riduzione<br />

dello smaltimento finale dei rifiuti<br />

attraverso:<br />

l il riutilizzo, il reimpiego e il riciclaggio;<br />

l le altre forme di recupero per ottenere<br />

materia prima dai rifiuti;<br />

l l’adozione di misure economiche e la<br />

determinazione di condizioni d’appalto<br />

che prevedano l’impiego dei materiali<br />

recuperati dai rifiuti al fine di favorire il<br />

mercato dei materiali medesimi;<br />

l l’utilizzazione dei rifiuti come mezzo per<br />

produrre energia.<br />

Alle imprese che intendono modificare i<br />

propri cicli produttivi al fine di ridurre la<br />

quantità e la pericolosità dei rifiuti prodotti<br />

ovvero di favorire il recupero di materiali,<br />

sono concesse, in via prioritaria, le<br />

[1] Si vedano gli approfondimenti di A. Guercio sui nn. 16 e 17/2007 di Ambiente&Sicurezza.<br />

11


agevolazioni gravanti sul fondo speciale<br />

rotativo per l’innovazione tecnologica.<br />

La disciplina in materia di gestione dei<br />

rifiuti si applica fino al completamento<br />

delle operazioni di recupero, che si realizza<br />

quando non sono necessari ulteriori<br />

trattamenti perché le sostanze, i materiali<br />

e gli oggetti ottenuti possono essere usati<br />

in un processo industriale o commercializzati<br />

come materia prima<br />

secondaria, combustibile o<br />

come prodotto da collocare,<br />

a condizione che il detentore<br />

non se ne disfi o non abbia<br />

deciso, o non abbia l’obbligo,<br />

di disfarsene.<br />

La disciplina in materia di gestione<br />

dei rifiuti non si applica<br />

ai materiali, alle sostanze<br />

o agli oggetti che, senza necessità<br />

di operazioni di trasformazione,<br />

già presentino le caratteristiche<br />

delle materie prime secondarie,<br />

dei combustibili o dei prodotti individuati<br />

ai sensi dell’art. 181, comma 13, D.Lgs. n.<br />

152/2006, a meno che il detentore se ne<br />

disfi o abbia deciso, o abbia l’obbligo, di<br />

disfarsene.<br />

Così, per esempio, bancali in legno usati,<br />

ma ancora integri, possono essere ceduti<br />

e commercializzati senza accompagnarli<br />

con formulario di identificazione rifiuto,<br />

mentre bancali in legno usati ma privi di<br />

una stecca o di uno zoccolo, non possono<br />

essere riutilizzati per lo stesso scopo per il<br />

quale sono stati costruiti, poiché necessitano<br />

di trattamenti ulteriori per renderli<br />

ancora fruibili, rientrando, pertanto, nella<br />

disciplina dei rifiuti.<br />

Lo smaltimento dei rifiuti deve essere effettuato<br />

in condizioni di sicurezza e costituisce<br />

la fase residuale della gestione. I<br />

rifiuti da avviare allo smaltimento finale<br />

devono essere il più possibile ridotti sia in<br />

massa che in volume, potenziando la prevenzione<br />

e le attività di riutilizzo, di riciclaggio<br />

e di recupero.<br />

Lo smaltimento dei rifiuti è attuato con il<br />

ricorso a una rete integrata e adeguata di<br />

impianti, attraverso le migliori tecniche<br />

disponibili e tenuto conto del rapporto<br />

tra i costi e i benefici complessivi.<br />

“Tra i principi<br />

base della<br />

gestione<br />

dei rifiuti<br />

anche<br />

precauzione<br />

e<br />

prevenzione<br />

”<br />

Impatto ambientale<br />

dei rifiuti prodotti<br />

Gli aspetti ambientali di un’organizzazione<br />

determinano gli impatti verso l’ambiente<br />

e, attraverso l’analisi di questi ultimi,<br />

si potranno individuare gli aspetti più<br />

significativi.<br />

La procedura d’identificazione degli<br />

aspetti ambientali correlati con i processi<br />

produttivi e le altre attività di<br />

un’azienda si applica a:<br />

l tutte le attività produttive<br />

svolte dall’azienda;<br />

l accettazione, immagazzinamento<br />

e trasporto di<br />

materiali e semilavorati;<br />

l aree di immagazzinamento<br />

comprese le aree di stoccaggio<br />

dei rifiuti;<br />

l impianti tecnici (centrali<br />

termiche, elettriche, ecc.);<br />

l attività di funzioni eventualmente e/o<br />

indirettamente coinvolte (amministrazione<br />

e finanza, risorse umane, ecc.);<br />

l strutture ausiliarie (aree di parcheggio,<br />

mensa, servizi, ecc.);<br />

l controllo specifico per lavorazioni<br />

esterne al sito – quali manutenzione<br />

preventiva e correttiva, installazione, rimozioni,<br />

sostituzioni, spostamenti, attivazioni/disattivazioni,<br />

ecc. – e delle attività<br />

interne al sito da parte di società<br />

affiliate e/o appaltatrici (manutenzioni<br />

edili, impiantistiche, ecc.)<br />

Il procedimento d’identificazione, consiste<br />

nel considerare tutte le attività, i processi, i<br />

prodotti e i servizi aziendali diretti e indiretti,<br />

per individuare quelli che hanno o<br />

che possono avere impatti ambientali.<br />

Un processo d’identificazione degli aspetti<br />

ambientali può essere condotto attraverso<br />

i seguenti stadi:<br />

l suddivisione delle attività aziendali in<br />

processi;<br />

l individuazione degli aspetti e correlazione<br />

agli impatti ambientali implicati.<br />

Tipici esempi di processi sono rappresentati<br />

dalle attività di produzione del prodotto<br />

finito nelle varie confezioni o formati,<br />

dalle attività degli impianti ausiliari<br />

necessari per la produzione alle spedizioni<br />

tramite trasportatori esterni del pro­<br />

PROCESSI E SISTEMI•RIFIUTI<br />

dotto sul mercato, ecc.<br />

Per ciascuna delle fasi elementari individuate<br />

sarà predisposto un modulo contenente<br />

tutte le informazioni relative all’attività<br />

svolta, riportate in modo completo<br />

ed esaustivo.<br />

In questi moduli vengono riportati, ove<br />

possibile, i dati relativamente a:<br />

l input:<br />

– tipologia/quantità materie prime/semilavorati;<br />

– tipologia/quantità approvvigionamenti<br />

idrici;<br />

– tipologia/quantità approvvigionamenti<br />

energetici;<br />

l descrizione del processo:<br />

– descrizione delle modalità di svolgimento<br />

delle attività (strumenti, processi,<br />

materiali)<br />

l output:<br />

– tipologia/quantità prodotti;<br />

– tipologia/quantità rifiuti;<br />

– tipologia/quantità scarichi idrici;<br />

– tipologia/quantità emissioni in atmosfera;<br />

– altro.<br />

I precedenti elementi sono identificati con<br />

riferimento a:<br />

l condizioni operative normali;<br />

l condizioni straordinarie (ad es. manutenzione);<br />

l situazioni potenziali d’emergenza (ad<br />

es. incidenti, guasti).<br />

L’analisi degli aspetti ambientali evidenzierà<br />

quelli implicati dai processi svolti dall’azienda,<br />

relazionandoli con le diverse categorie<br />

di impatto ambientale, quali:<br />

l emissioni in atmosfera;<br />

l scarichi nei corpi idrici;<br />

l gestione dei rifiuti;<br />

l contaminazione del suolo;<br />

l uso delle materie prime e delle risorse<br />

naturali;<br />

l altri problemi locali e della comunità<br />

relativi all’ambiente (rumori, odori, polvere,<br />

vibrazioni, ecc.);<br />

l aspetti “a monte” e “a valle” delle attività<br />

aziendali.<br />

Di seguito vengono illustrati un esempio<br />

quali­quantitativo degli aspetti ambientali<br />

prodotti da una azienda (si veda la figura<br />

1), relativamente alla gestione operativa<br />

dei rifiuti prodotti (si veda latabella1).<br />

12 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com


PROCESSI E SISTEMI•RIFIUTI<br />

Gestione operativa<br />

dei rifiuti prodotti<br />

L’elaborazione e l’applicazione di procedure<br />

e/o istruzioni operative per la corretta<br />

gestione dei rifiuti, contribuiscono<br />

ad assicurare il rispetto delle norme di<br />

legge, di requisiti specifici aggiuntivi e a<br />

ridurre al minimo l’impatto ambientale<br />

delle attività.<br />

Le definizioni applicabili, sono quelle previste<br />

dall’art. 183, D.Lgs. n. 152/2006<br />

mentre le figure aziendali coinvolte e le<br />

relative responsabilità, possono essere<br />

attribuite attraverso la matrice illustrata<br />

intabella2.<br />

Modalità operative<br />

Identificazioneeclassificazione/<br />

caratterizzazionedeirifiuti<br />

Il responsabile ambientale:<br />

ð identifica le tipologie dei rifiuti prodotti<br />

in sito, redigendo e mantenendo aggiornato<br />

uno specifico elenco;<br />

ð nel caso di nuovi rifiuti generati dalle<br />

attività del sito, provvede alla relativa<br />

classificazione;<br />

ð per rifiuti potenzialmente pericolosi,<br />

C ondizioni<br />

processo<br />

E sercizio<br />

S traordinarie<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

Figura1–Esempio di analisi degli aspetti ambientali<br />

dispone l’analisi preventiva del rifiuto,<br />

da parte di laboratori esterni, al fine di<br />

attribuire il corretto codice CER (si veda<br />

lafigura2).<br />

La caratterizzazione della pericolosità dei<br />

rifiuti mediante analisi da parte di laboratorio<br />

esterno va condotta non solo per i<br />

nuovi rifiuti, ma anche per quelli con costituenti<br />

potenzialmente “variabili” (ad es.<br />

fanghi dalla depurazione delle acque; si<br />

TABELLA 1<br />

INDIVIDUAZIONE ASPETTI AMBIENTALI<br />

I NPUT (*) P ROCESSI O UTPUT (*)<br />

R isorse<br />

M ateriali di<br />

scarto derivanti<br />

dalle attività<br />

produttive<br />

M ateriali derivanti<br />

da attività<br />

straordinarie<br />

(es. sostituzione<br />

macchinari,<br />

manutenzioni)<br />

incluso i rifiuti<br />

generati da imprese<br />

esterne<br />

S ervizi ausiliari<br />

stoccaggio rifiuti<br />

M ovimentazione,<br />

deposito<br />

temporaneo<br />

e carico/scarico<br />

per smaltimento<br />

dei rifiuti<br />

prodotti<br />

Acqua<br />

3120 m 3<br />

S carico idrico<br />

Materia prima – Legno<br />

70% ­ 210t<br />

Utilities 21% ­ 63t<br />

­ ­<br />

­ ­<br />

E mergenza ­<br />

Versamenti<br />

accidentali<br />

di sostanze<br />

chimiche nella<br />

rete fognaria<br />

(*) per i valori quantitativi vedere la scheda dei dati mensili ambientali (DMA)<br />

E missioni<br />

in atmosfera<br />

­<br />

Olio da<br />

riscaldamento<br />

351 MWh<br />

Elettricità<br />

52 MWh<br />

AZIENDA<br />

‘ABC’<br />

Metano<br />

175 MWh<br />

veda oltre, allo scopo, la parte relativa ai<br />

“controlli”). Per questi rifiuti, la frequenza<br />

di analisi è almeno annuale.<br />

Raccolta e separazione dei<br />

rifiuti (raccolta differenziata)<br />

ð all’interno dei reparti sono presenti, nei<br />

posti di lavoro e in specifiche aree, diverse<br />

tipologie di contenitori per la raccolta<br />

differenziata dei rifiuti generati du­<br />

S cheda n. xx<br />

R ifiuti A ltro<br />

S peciali Non Pericolosi,<br />

Speciali Pericolosi,<br />

Speciali Assimilabili Urbani<br />

S peciali Non Pericolosi,<br />

Speciali Pericolosi,<br />

Speciali Assimilabili Urbani<br />

M ateriali contaminati<br />

(KIT emergenza versamenti)<br />

Acqua di scarico<br />

3120 m 3<br />

Prodotto 53%<br />

(sedie, etc.) ­<br />

159t<br />

Legno sfaldato<br />

12% ­ 36t<br />

Rifiuti non<br />

pericolosi<br />

31% ­ 93t<br />

Rifiuti pericolosi<br />

4% ­ 12t<br />

­<br />

­<br />

V ersamenti<br />

su suolo, Incendio<br />

13


PROCESSI E SISTEMI•RIFIUTI<br />

TABELLA 2<br />

MATRICE ATTIVITÀ­RESPONSABILITÀ NELLA GESTIONE<br />

DEI RIFIUTI PRODOTTI<br />

ATTIVITÀ (COSA) FUNZIONI RESPONSABILI (CHI)<br />

Garantire il continuo asporto dei rifiuti dal luogo in cui vengono<br />

generati<br />

Trasferimento dei rifiuti dal luogo di produzione alle aree di<br />

deposito temporaneo previste<br />

Responsabili di reparto o loro preposti<br />

Addetti della produzione/carrellisti<br />

Rispetto delle modalità di raccolta differenziata dei rifiuti Tutto il personale presente (incluso personale esterno)<br />

Identificazione e classificazione delle tipologie di rifiuto prodotte in<br />

sito (inclusi nuovi rifiuti) mediante redazione e aggiornamento di<br />

apposito elenco/inventario (si veda la tabella 3)<br />

Gestione dei contatti con laboratori esterni per le analisi<br />

periodiche, su rifiuti potenzialmente pericolosi<br />

Gestione delle ditte autorizzate che provvedono all’asporto dei<br />

rifiuti dai luoghi di deposito temporaneo (inclusi eventuali<br />

sopralluoghi ai siti di conferimento)<br />

Gestione della documentazione prevista dalla normativa vigente in<br />

materia di rifiuti (formulari, registro di carico/scarico, MUD)<br />

Registrazione settimanale quantità di rifiuti stoccati nelle aree di<br />

deposito temporaneo<br />

Ispezione mensile delle aree adibite al deposito temporaneo dei<br />

rifiuti (si veda la tabella 4)<br />

Addestramento degli operatori sulle corrette modalità di trattamento<br />

dei rifiuti prodotti<br />

Codice Europeo<br />

Rifiuto (C.E.R.)<br />

0 8 03 18<br />

1 3 02 08*<br />

1 5 01 01<br />

1 1 01 13*<br />

Denominazione rifiuto<br />

attribuita dal produttore<br />

C artucce e toner<br />

per stampa esauste<br />

A ltri oli per motori,<br />

ingranaggi e lubrificazione<br />

i mballaggi di carta e cartone<br />

S olvente sgrassaggio esausto<br />

1 5 01 02 I mballaggi in plastica<br />

1 5 01 03 I mballaggi in legno<br />

1 5 02 02* F iltri dell'olio<br />

1 6 06 01* B atterie al piombo<br />

2 0 01 21*<br />

T ubi fluorescenti e altri<br />

rifiuti contenenti mercurio<br />

1 5 01 07 I mballaggi e vetro di scarto<br />

1 5 02 02* A ssorbenti sporchi d'olio<br />

Responsabile ambientale<br />

Responsabile ambientale<br />

Responsabile ambientale<br />

Responsabile ambientale<br />

Responsabile ambientale<br />

Responsabile ambientale<br />

Responsabile ambientale<br />

TABELLA 3<br />

ESEMPIO DI INVENTARIO DELLE TIPOLOGIE DI<br />

Classificazione Stato fisico Caratteristiche<br />

S peciale<br />

non pericoloso<br />

S peciale Pericoloso<br />

S peciale<br />

non pericoloso<br />

S peciale Pericoloso<br />

S peciale<br />

non pericoloso<br />

S peciale<br />

non pericoloso<br />

S peciale Pericoloso<br />

S peciale Pericoloso<br />

S peciale Pericoloso<br />

S peciale<br />

non pericoloso<br />

S peciale Pericoloso<br />

2. Solido<br />

non pulverulento<br />

I nodore<br />

4. Liquido O dore sgradevole<br />

2. Solido<br />

non pulverulento<br />

I nodore<br />

4. Liquido O dore di solvente<br />

2. Solido<br />

non pulverulento<br />

2. Solido<br />

non pulverulento<br />

2. Solido<br />

non pulverulento<br />

2. Solido<br />

non pulverulento<br />

2. Solido<br />

non pulverulento<br />

1. Solido pulverulento<br />

2. Solido<br />

non pulverulento<br />

I nodore<br />

I nodore<br />

O dore pungente<br />

e/o irritante<br />

I nodore<br />

I nodore<br />

I nodore<br />

O dore pungente<br />

e/o irritante<br />

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PROCESSI E SISTEMI•RIFIUTI<br />

RIFIUTI PRODOTTI NEL SITO<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

FIGURA 2<br />

CRITERI DI INDIVIDUAZIONE DEI RIFIUTI<br />

Attribuzione del Codice identificativo (CER) Individuazione dei rifiuti pericolosi<br />

NO<br />

NO<br />

NO<br />

può essergli<br />

attribuito un codice<br />

appropriato<br />

del capitolo 16?<br />

NO<br />

Classi<br />

pericolosità<br />

Il rifiuto da<br />

catalogare<br />

appartiene a<br />

una delle ‘famiglie’<br />

dei capitoli da 01 a<br />

12 o da 17 a 20?<br />

appartiene a<br />

una delle ‘famiglie’<br />

dei capitoli<br />

13, 14, 15?<br />

Sì<br />

Sì<br />

Sì<br />

ricominciare<br />

considerando<br />

anche i codici 99<br />

Destino<br />

D 15<br />

H 5 D 14<br />

­ R 13<br />

può essergli<br />

attribuito un codice<br />

appropriato?<br />

(esclusicodici99)<br />

può essergli<br />

attribuito un codice<br />

appropriato?<br />

Sì<br />

Sì<br />

CODICE<br />

Altre caratteristiche<br />

pH % H2O Peso spec.<br />

codici con<br />

asterisco<br />

il rifiuto è<br />

descritto<br />

senza riferimenti a<br />

sostanze pericolose<br />

il rifiuto è<br />

pericoloso<br />

oltreilimitidell’art.2<br />

dec. 2000/532/CE<br />

il rifiuto è<br />

pericoloso<br />

16 01 12<br />

pastiglie per freni da<br />

... 16 01 11 16 01 15 liquidi<br />

antigelo diversi da<br />

quelli ... 16 01 14<br />

Infiammabilità<br />

H 14 D 15 9, 6 1, 00 N. A.<br />

­<br />

R 5 / R<br />

13<br />

­ R 13<br />

H 5 D 15<br />

H 4, H5, H6, H8, H13 R 13<br />

H 4, H14 D 15<br />

­ R 13<br />

H 13 D 14<br />

esempio<br />

16 01 13*<br />

liquidi per freni<br />

CER 2002<br />

inragionedellapresenza<br />

di sostanze pericolose<br />

Analisi<br />

gli deve<br />

essere attribuito<br />

un altro<br />

codice<br />

esempi<br />

16 01 11*<br />

pastiglie per freni<br />

contenentiamianto<br />

16 01 14*<br />

liquidi antigelo<br />

contenentisostanze<br />

pericolose<br />

entroilimitidell’art.2<br />

dec. 2000/532/CE<br />

il rifiuto non<br />

è pericoloso<br />

codici senza<br />

asterisco<br />

esempi<br />

il rifiuto non<br />

è pericoloso<br />

i rifiuti<br />

domestici sono<br />

comunque non<br />

pericolosi<br />

rante le lavorazioni. I contenitori sono<br />

identificabili da specifica etichettatura e<br />

devono essere utilizzati per depositarvi<br />

solo i rifiuti indicati (si veda lafigura3);<br />

ð tutto il personale presente in stabilimento<br />

(incluso quello di ditte esterne) è<br />

tenuto a rispettare le modalità di raccolta<br />

differenziata dei rifiuti, secondo quanto<br />

indicato dai cartelli indicatori presenti<br />

sui contenitori degli stessi. In particolare,<br />

tutto il personale dovrà osservare le<br />

seguenti disposizioni relative alla raccolta<br />

e separazione dei rifiuti:<br />

l è vietato immettere rifiuti di una determinata<br />

tipologia in un contenitore<br />

diverso;<br />

l è vietato abbandonare rifiuti in aree<br />

non previste;<br />

l è vietato immettere rifiuti liquidi in aree<br />

non dotate di bacino di contenimento;<br />

l è vietato lasciare contenitori di rifiuti in<br />

prossimità di caditoie di acque pluviali;<br />

l è vietata la miscelazione di rifiuti di<br />

diversa tipologia.<br />

15


ð incasodirifiutononidentificato,siraccomanda<br />

di non manipolare, non miscelare<br />

con altri rifiuti, non esporre a<br />

calore/fiamma, richiedendo al responsabileambientalelemodalitàperilcorrettosmaltimento.<br />

Depositotemporaneo<br />

deirifiuti<br />

ð all’internodelsitodevonoessereindividuate<br />

aree apposite per il deposito<br />

temporaneo dei rifiuti (si veda la figura<br />

4)primadelloroconferimentoalleditte<br />

di smaltimento/recupero (si veda la<br />

figura5).Aquestoscopo,ilresponsabile<br />

ambientaleprovvedearedigereemantenere<br />

aggiornata una planimetria con<br />

l’identificazionedelleareedistoccaggio<br />

dei rifiuti (si veda la figura 6). Le<br />

aree di deposito temporaneo sono le<br />

uniche zone dove possono essere depositati<br />

i rifiuti all’esterno dei fabbricati.<br />

Questeareedevonoesseremantenute<br />

costantementepuliteeinordine;<br />

ð i responsabili di reparto o loro preposti,hannoilcompitodigarantireilcontinuo<br />

asporto dei rifiuti prodotti dal<br />

luogo in cui essi vengono generati,<br />

mentre il trasferimento dal luogo di<br />

produzionealluogodistoccaggio(de­<br />

FIGURA3<br />

DIFFERENZIAZIONEDEIRIFIUTIPRODOTTI<br />

Tipologia Identificazione Contenuto Ubicazione<br />

Piccole quantità<br />

Grandi quantità<br />

Secco non riciclabile<br />

Multimateriale<br />

Film<br />

estensibile­termoretraibile<br />

Medicinali<br />

Gomma e polistirolo, stracci<br />

sporchi, carta carbone­oleata­plastificata,<br />

contenitori in<br />

tetrapack, spazzatura e polvere,<br />

cocci ceramica­porcellana,<br />

plastica varia (esclusi<br />

contenitori per liquidi)<br />

Contenitori vuoti in alluminio,<br />

P.E.T., Vetro<br />

Film estensibile, termoretraibile,<br />

etichette, sacchetti<br />

Medicinali scaduti, materiale<br />

usato per 1° soccorso<br />

PROCESSI E SISTEMI•RIFIUTI<br />

positotemporaneorifiuti)èacuradegliaddettidellaproduzionee/ocarrellisti.<br />

Questi dovranno attenersi alle seguentidisposizioni:<br />

l il trasferimento dei rifiuti nelle aree di<br />

deposito temporaneo deve essere effettuato<br />

nel pieno rispetto della segnaleticaappostasuicassonidiraccolta;<br />

l i rifiuti raccolti alla rinfusa (ad es. fusti,<br />

bidoni, ecc.) devono essere posizionati<br />

supalletinlegnoinbuonostato,mentre<br />

le botole di materiale pressato (film<br />

estensibile)devonoesseredidimensioni<br />

ridotte,perevitarelarotturadelletenutedurantel’avvioall’areadistoccaggio.<br />

Trattamento<br />

preliminare<br />

Reparti produttivi Non necessario<br />

Reparti produttivi Non necessario<br />

Reparti produttivi<br />

Riduzione volumetrica<br />

mediante pressa<br />

oleodinamica<br />

Infermeria Non necessario<br />

Legno Sfridi di legno Reparti produttivi Non necessario<br />

080318<br />

tonerperstampa<br />

esauriti<br />

160504 *<br />

bombolettespray<br />

vuote<br />

160601 *<br />

batterie<br />

alpiombo<br />

Cartucce e toner per stampanti<br />

esaurite<br />

Bombolette spray vuote e piccoli<br />

contenitori in pressione<br />

Batterie al piombo esauste<br />

Uffici Non necessario<br />

Officina Non necessario<br />

Locale ricarica<br />

batterie<br />

Non necessario<br />

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PROCESSI E SISTEMI•RIFIUTI<br />

Ditteesterneautorizzate<br />

altrasportoealtrattamento<br />

ð sulla base della classificazione dei rifiuti<br />

effettuata, il responsabile ambientale<br />

provvede alla selezione delle ditte autorizzate<br />

all’asporto dei rifiuti dai luoghidistoccaggioealsuccessivotrattamento<br />

(recupero/smaltimento), richiedendo,<br />

a questo fine, le relative<br />

autorizzazioni e valutandone l’adeguatezza;<br />

ð le visite presso gli impianti di trattamentorifiutisonopianificateinappositodocumentoelacopiadeiverbalideisopralluoghieseguitièarchiviatadalresponsabileambientale(vedasialloscopoilparagrafo“Registrazioneearchiviazione”);<br />

ð ilcontrollodell’accessoalsitodaparte<br />

delleditteadibitealtrasportodeirifiuti<br />

è gestito dal personale di portineria al<br />

qualeilresponsabileambientalecomunica<br />

le targhe degli automezzi autorizzatiall’ingresso;<br />

ð ilresponsabileambientaleredigeilformulario<br />

d’identificazione del rifiuto<br />

e verifica il ritorno della quarta<br />

copia del formulario entro i termini di<br />

legge vigenti (max 90 giorni), adoperandosi,<br />

se necessario, a sollecitare la<br />

dittasmaltatrice;<br />

ð nel caso in cui la quarta copia non<br />

dovesse rientrare nei termini di legge<br />

previsti,ilresponsabileambientaleinvia<br />

comunicazione ufficiale alla provincia<br />

territorialmentecompetente.<br />

Quantosopraèsintetizzatonellafigura7.<br />

Altreattività<br />

Informazioneeformazione<br />

Il responsabile ambientale organizza specifici<br />

incontri di formazione per la gestione<br />

dei rifiuti. In particolare, deve essere<br />

condotto un addestramento iniziale per<br />

tutti i neo­assunti. Sono previste, inoltre,<br />

sezioni di aggiornamento periodico per<br />

tutto il personale che genera e manipola<br />

rifiutiduranteleproprieattivitàlavorative.<br />

La formazione deve basarsi, almeno, sui<br />

seguentiaspetti:<br />

l requisiti normativi ed eventualmente<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

altrirequisitispecificiapplicabili;<br />

l procedure operative di gestione dei rifiutiinattonelsito;<br />

l procedure di risposta alle emergenze<br />

in caso di versamenti accidentali di rifiuti<br />

nell’ambiente (sul suolo o in fognatura).<br />

Lapianificazionedelleattivitàformativein<br />

materia di rifiuti e le registrazioni degli<br />

incontrisonocustoditepressol’ufficiodel<br />

responsabile ambientale (si veda oltre<br />

“Registrazioneearchiviazione”).<br />

Controlli<br />

Con cadenza annuale, il responsabile<br />

ambientalecontattaillaboratorioesterno<br />

perl’esecuzionedell’analisideifanghiprodottidalladepurazionedelleacque.<br />

Registrazioneearchiviazione<br />

Il responsabile ambientale assicura la gestionedelladocumentazioneprevistadalle<br />

norme vigenti in materia di rifiuti (formulari<br />

di identificazione rifiuti, registri di<br />

carico/scarico, MUD, analisi di classificazione<br />

e autorizzazioni delle ditte di trasportoeditrattamentodeirifiuti).<br />

Sono, inoltre, archiviati dal responsabile<br />

ambientale anche i verbali dei sopralluoghi<br />

effettuati presso i siti di trattamento<br />

FIGURA4<br />

CONDIZIONIPERILDEPOSITO<br />

TEMPORANEODEIRIFIUTI<br />

Rifiuti<br />

Pericolosi<br />

Asporto<br />

bimestrale<br />

o<br />

deposito<br />


PROCESSI E SISTEMI•RIFIUTI<br />

FIGURA5<br />

TRASFERIMENTODEIRIFIUTIPRODOTTINELLEAREE<br />

ASPECIFICADESTINAZIONE<br />

Tipologia Attività Destinazione Ubicazione<br />

15 01 01 –<br />

Carta e<br />

Cartone<br />

15 01 02 –<br />

Imballaggi in<br />

plastica<br />

Disimballaggio<br />

materie prime,<br />

scarti produttivi<br />

Scarti di<br />

lavorazione,<br />

– sacchetti<br />

– film estensible e<br />

termoretraibile;<br />

– etichette<br />

– ecc.<br />

Disimballaggio Materie Prime<br />

(Film estensibile, termoretraibile)<br />

Pressature per<br />

adeguamento<br />

volumetrico<br />

CARTAE<br />

CARTONE<br />

SFUSO<br />

FIGURA6<br />

DISLOCAZIONEDEICONTENITORIEDELLEAREEESTERNE<br />

DISTOCCAGGIORIFIUTI<br />

Lato est<br />

Lato est<br />

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PROCESSI E SISTEMI•RIFIUTI<br />

dei rifiuti conferiti e le registrazioni degli<br />

incontri di formazione effettuati.<br />

Non conformità – azioni<br />

correttive<br />

Eventuali non conformità che possono<br />

Produttore<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

essere rilevate duranteaudit e/o ispezioni<br />

da parte del responsabile ambientale, e/o<br />

dai responsabili reparto o loro preposti,<br />

dovranno essere raccolte e archiviate nell’apposito<br />

registro, che comprendono anche<br />

le azioni correttive proposte e i sog­<br />

getti responsabili coinvolti.<br />

I riferimenti possono essere:<br />

l norma UNI EN ISO 14001;<br />

l registro delle prescrizioni legali e altre<br />

misure applicabili;<br />

l piano degliaudit interni ed esterni. l<br />

FIGURA7<br />

GESTIONEDEIRIFIUTIPRODOTTIECONFERITIASOGGETTITERZI<br />

Form.<br />

ident.<br />

rifiuto<br />

copia<br />

4<br />

RIFIUTI<br />

SPECIALI<br />

Se produttori di<br />

rifiuti pericolosi<br />

PRINCIPALI ATTIVITÀ OPERATIVE DELLA GESTIONE DEI RIFIUTI SPECIALI<br />

entro 90 gg.<br />

dall’emissione<br />

Form.<br />

ident.<br />

rifiuto<br />

copia<br />

1<br />

Destinatario<br />

Temporaneo<br />

­ max10 m 3 (pericolosi)<br />

­ max20 m 3 (non pericolosi)<br />

­ max durata: < 1 anno<br />

entro 10 gg.<br />

entro 10 gg.<br />

Registro<br />

Carico ­<br />

Scarico<br />

Form.<br />

ident.<br />

rifiuto<br />

copie<br />

2 ­ 3 ­ 4<br />

entro 2 gg.<br />

Form.<br />

ident.<br />

rifiuto<br />

copie<br />

2 ­ 4<br />

Denuncia annuale dei rifiuti (M.U.D.)<br />

(entro 30 aprile)<br />

Conferimento<br />

a soggetti terzi<br />

autorizzati<br />

Form.<br />

ident.<br />

rifiuto<br />

copia<br />

3<br />

Destinatario<br />

Operazioni di<br />

recupero (R)<br />

Operazioni di<br />

smaltimento (D)<br />

TABELLA4<br />

ESEMPIODIMODULODIISPEZIONEPERIODICADELLEAREEADIBITE<br />

ADEPOSITOTEMPORANEODEIRIFIUTI<br />

AREA PUNTO DI VERIFICA CONDIZIONI NOTE<br />

19


Ordine Generale o BUONO o DISCRETO o SCARSO<br />

S egnaletica<br />

C ondizione Rifiuti Generale<br />

S eparazione<br />

S toccaggio<br />

E tichettatura contenitori<br />

O rdine Generale<br />

S egnaletica<br />

C ondizione Rifiuti Generale<br />

S eparazione<br />

S toccaggio<br />

E tichettatura contenitori<br />

O rdine Generale<br />

S egnaletica<br />

C ondizione Rifiuti Generale<br />

S eparazione<br />

S toccaggio<br />

E tichettatura contenitori<br />

O rdine Generale<br />

S egnaletica<br />

C ondizione Rifiuti Generale<br />

S eparazione<br />

S toccaggio<br />

E tichettatura contenitori<br />

o BUONO o DISCRETO o<br />

SCARSO<br />

o BUONO o DISCRETO o<br />

SCARSO<br />

o BUONO o DISCRETO o<br />

SCARSO<br />

o BUONO o DISCRETO o<br />

SCARSO<br />

o BUONO o DISCRETO o<br />

SCARSO<br />

o BUONO o DISCRETO o<br />

SCARSO<br />

o BUONO o DISCRETO o<br />

SCARSO<br />

o BUONO o DISCRETO o<br />

SCARSO<br />

o BUONO o DISCRETO o<br />

SCARSO<br />

o BUONO o DISCRETO o<br />

SCARSO<br />

o BUONO o DISCRETO o<br />

SCARSO<br />

o BUONO o DISCRETO o<br />

SCARSO<br />

o BUONO o DISCRETO o<br />

SCARSO<br />

o BUONO o DISCRETO o<br />

SCARSO<br />

o BUONO o DISCRETO o<br />

SCARSO<br />

o BUONO o DISCRETO o<br />

SCARSO<br />

o BUONO o DISCRETO o<br />

SCARSO<br />

o BUONO o DISCRETO o<br />

SCARSO<br />

o BUONO o DISCRETO o<br />

SCARSO<br />

o BUONO o DISCRETO o<br />

SCARSO<br />

o BUONO o DISCRETO o<br />

SCARSO<br />

o BUONO o DISCRETO o<br />

SCARSO<br />

o BUONO o DISCRETO o<br />

SCARSO<br />

PROCESSI E SISTEMI•RIFIUTI<br />

20 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com


Le devastanti<br />

conseguenze dello<br />

sversamento in mare di<br />

idrocarburi impongono,<br />

al di là delle necessarie<br />

misure preventive,<br />

l’adozione di tecnologie<br />

di contenimento in<br />

grado di rispondere<br />

quanto più rapidamente<br />

possibile in caso di<br />

incidente, in modo da<br />

evitare l’allargamento<br />

della chiazza e il rischio<br />

conseguente di<br />

contaminazione delle<br />

coste. Una delle<br />

soluzioni più<br />

frequentemente adottate<br />

è il contenimento del<br />

prodotto sversato<br />

mediante dispiegamento<br />

di barriere galleggianti<br />

(panne) e il conseguente<br />

recupero con appositi<br />

dispositivi meccanici<br />

(skimmer).<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

PROCESSI E SISTEMI•ACQUA<br />

Barriere galleggianti<br />

Come contenere gli idrocarburi<br />

in caso di sversamento in mare<br />

n di Laura Trinci, responsabile Ingegneria Tutela Ambiente ­ CASTALIA<br />

Ecolmar S.C.p.A.<br />

Figure a cura di Laura Trinci<br />

Foto 1, 2 e da 7 a 42 su gentile concessione di CASTALIA Ecolmar S.C.p.A.<br />

Foto 3, 4, 5 e 6 su gentile concessione di TACCONI S.p.A.<br />

Il petrolio e i suoi derivati sono considerati tra i principali<br />

contaminanti di interesse dell’ecosistema marino, sia in<br />

ragione delle quantità (1,3 milioni di tonnellate annualmente<br />

scaricate in media nelle acque marine [1] ) e delle<br />

concentrazioni delle sorgenti di contaminazione sia per il<br />

potenziale impatto che questi input possono avere sulla vita<br />

acquatica e sulla salute umana, nonché sullo sfruttamento<br />

economico­ricreativo delle risorse del mare e delle coste.<br />

Lo sversamento di prodotti petroliferi<br />

nelle acque marine produce la formazione<br />

di una chiazza oleosa superficiale, che<br />

tende rapidamente a espandersi in direzione<br />

orizzontale sotto l’azione naturale<br />

della gravità e della tensione superficiale<br />

dando luogo alla formazione di un sottile<br />

strato, di sezione lenticolare, in galleggiamento<br />

sull’acqua.<br />

La tendenza allo spandimento di un prodotto<br />

è funzione della sua viscosità. La<br />

maggior parte dei greggi a bassa o media<br />

viscosità, in assenza di ostacoli esterni,<br />

può arrivare a occupare vastissime aree<br />

nel giro di poche ore dallo sversamento.<br />

Si stima che 1 metro cubo sversato<br />

produca una macchia oleosa che, espandendosi,<br />

si assottiglia fino a raggiungere<br />

uno spessore pari a 0,5 micron, corrispondente<br />

all’occupazione di un’area di<br />

circa 2 milioni di metri quadrati.<br />

Risulta evidente l’importanza di intervenire<br />

rapidamente in conseguenza di unoil<br />

spill per la messa in atto di misure volte a<br />

evitare il repentino allargamento della<br />

chiazza e il rischio che la stessa possa<br />

raggiungere il litorale e impattare le coste.<br />

A questo scopo, ove praticabile, si<br />

procede al contenimento del prodotto<br />

sversato mediante dispiegamento di barriere<br />

galleggianti (panne) e al suo recupero<br />

con appositi dispositivi meccanici<br />

(skimmer).<br />

Esistono molteplici metodologie di intervento<br />

per fronteggiare un oil spill, ma la<br />

tecnica di disinquinamento sopra menzionata<br />

ha il pregio di rimuovere effettivamente<br />

l’inquinante dal mare ed è caratterizzata<br />

da un basso impatto ambientale.<br />

Tuttavia, dovendo contrastare la<br />

naturale tendenza dell’olio a spargersi,<br />

frammentarsi e disperdersi sotto l’azione<br />

del vento, delle onde e delle correnti,<br />

non è di semplice applicazione e richiede<br />

battelli specializzati, personale formato e<br />

supporti logistici.<br />

[1] Stime del NRC ­UnitedStatesNationalResearchCounciloftheNationalAccademiesofScience “Oil in the Sea 2003”.<br />

21


Ai fini della decisione in merito all’applicazione<br />

della tecnologia in oggetto è essenziale<br />

valutare accuratamente le condizioni<br />

meteo­marine in atto, che possono<br />

limitare fortemente il rendimento di<br />

intervento.<br />

Isistemidicontenimento:<br />

lebarrieregalleggianti<br />

La funzione primaria delle barriere galleggianti,<br />

o panne, è, come detto, quella di<br />

contenere lo sversamento intorno alla<br />

sorgente e diaddensare/concentrare<br />

il prodotto, aumentandone lo spessore e<br />

migliorando l’efficacia del recupero con gli<br />

skimmer.<br />

In questi casi le estremità delle barriere<br />

sono fissate a una o più unità navali dedicate,<br />

che si dispongono in una determinata<br />

configurazione di raccolta, opportunamente<br />

scelta in funzione delle caratteristiche<br />

dell’inquinamento e delle attrezzature<br />

e dei mezzi disponibili (si veda lafoto1).<br />

5Foto 1 – Sistema a tangone per il<br />

contenimento dell’inquinante con panne<br />

galleggianti e raccolta con skimmer a dischi<br />

Le panne, orientate secondo determinati<br />

angoli di inclinazione rispetto al flusso<br />

dell’olio, hanno altresì funzione di deviare/canalizzare<br />

il plume [2] /flusso di<br />

contaminazione, allo scopo di proteggere<br />

particolari zone (aree di rilevanza ambientale<br />

e/o economica/turistica, tratti di<br />

costa di pregio, ecc.) escludendole dal<br />

rischio di contaminazione, ovvero di<br />

convogliare il flusso di inquinante verso<br />

specifiche zone, preventivamente indivi­<br />

duate per la conduzione delle operazioni<br />

di clean­up (in genere aree costiere o<br />

specchi portuali).<br />

Spiegamenti di panne possono essere<br />

dislocati intorno a delle potenziali sorgenti<br />

di contaminazione, quali, ad esempio,<br />

navi incagliate che potrebbero dar<br />

luogo al rilascio di sostanze idrocarburiche<br />

(si veda la foto 2). In questi casi la<br />

barriera viene posizionata con appositi<br />

mezzi navali e lasciata in una configurazione<br />

fissa, mediante predisposizione di<br />

un sistema di ancoraggio a terra e sul<br />

fondale marino.<br />

5Foto2–Barriera di panne gonfiabili<br />

disposte in configurazione fissa intorno a<br />

una motonave incagliata<br />

Gli elementi costitutivi delle panne sono:<br />

l il “bordo libero”: altezza delle panne sul<br />

pelo dell’acqua, con funzione di prevenire<br />

o ridurre il passaggio dell’olio al di<br />

sopra di esse, dovuto al moto ondoso;<br />

l il “grembiule”: altezza immersa, con<br />

funzione di impedire il passaggio dell’olio<br />

al di sotto delle panne, per effetto<br />

delle correnti;<br />

l gli elementi di galleggiamento: (camere<br />

d’aria o specifici materiali sintetici) con<br />

funzione di conferire la spinta di galleggiamento<br />

alla panna, consentendole di<br />

mantenere la sua posizione sulla superficie<br />

del mare;<br />

l gli elementi di tensione longitudinale:<br />

(catene o cavi d’acciaio saldamente fissati<br />

ai terminali) disposti lungo il profilo<br />

inferiore delle panne, con funzione di<br />

conferire resistenza longitudinale;<br />

PROCESSI E SISTEMI•ACQUA<br />

l la zavorra: pesi in ghisa applicati sul lembo<br />

inferiore del grembiule, di norma a<br />

intervalli di 1 metro, per conferire stabilità<br />

alla panna e mantenerla verticale<br />

rispetto alla superficie dell’acqua (nelle<br />

panne d’altura, oltre ai pesi, è necessario<br />

sospendere una catena sulla lunghezza<br />

di base del grembiule come zavorra<br />

supplementare);<br />

l i connettori: elementi in acciaio posti<br />

alle due estremità di ogni spezzone di<br />

panna (i singoli spezzoni in genere hanno<br />

lunghezze di 10­15­20 m a seconda<br />

della tipologia costruttiva) per consentire<br />

il collegamento a tenuta stagna tra<br />

le diverse sezioni.<br />

5Figura 1 – Schema semplificato di una<br />

panna<br />

In relazione alle caratteristiche costruttive<br />

le panne si dividono in:<br />

l panne rigide a galleggiante solido:<br />

il galleggiamento è conferito tramite<br />

elementi tubolari, in genere in polietilene<br />

ad alta densità riempito con poliuretano<br />

espanso, o da elementi<br />

tubolari o sferici in materiale plastico. Il<br />

grembiule sottostante, in poliestere o<br />

PVC, è flessibile e libero di muoversi in<br />

modo indipendente dal galleggiante ed<br />

è mantenuto da un insieme di pesi in<br />

ghisa disposti lungo il bordo inferiore;<br />

l panne rigide a tendina/steccato:<br />

gli elementi galleggianti sono corpi in<br />

polietilene riempiti con poliuretano<br />

espanso, di varie forme e dimensioni,<br />

[2] Ilplume è un termine impiegato per definire il flusso di contaminazione di un acquifero sotterraneo cioè il pennacchio che, in una situazione di contaminazione da sostanze<br />

pericolose, trasporta le sostanze contaminanti in falda. Il termine si può anche sostituire con “flusso”.<br />

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PROCESSI E SISTEMI•ACQUA<br />

5Figura 2 – Dettaglio di panna rigida a<br />

galleggiante solido<br />

5Foto 3 – Panne rigide a galleggiante solido<br />

5Figura 3 – Dettaglio di panna rigida a<br />

tendina/steccato<br />

applicati lateralmente a intervalli su un<br />

unico corpo piano, rigido o semisolido,<br />

in telo poliuretanico o in gomma, costituente<br />

sia il bordo libero che il grembiule;<br />

l panne gonfiabili: il galleggiante è un<br />

elemento tubolare costituito da una camera<br />

d’aria in neoprene a tenuta pneumatica<br />

con valvole per l’insufflazione di<br />

aria, fornita di norma da un compresso­<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

5Foto 4 – Panne rigide<br />

a tendina/steccato<br />

5Figura 4 – Dettaglio di panna gonfiabile<br />

5Foto 5 – Panne gonfiabili<br />

re a bassa pressione (vengono prodotti<br />

anche modelli auto­gonfiabili).<br />

Laselezionedellatipologia<br />

dibarriera<br />

La scelta della tipologia di barriera da impiegare<br />

in un intervento di contenimento di<br />

prodotti idrocarburici in mare dipende da<br />

un insieme di considerazioni che tengono<br />

conto delle caratteristiche costruttive, delle<br />

prestazioni nel trattenimento dell’olio e delle<br />

proprietà di risposta alle sollecitazioni<br />

prodotte dall’ambiente esterno, in particolare<br />

la capacità di opporsi alla rotazione<br />

della parte emersa e/o del grembiule (con<br />

conseguente perdita di prodotto) sotto<br />

l’azione del vento, delle correnti, delle onde<br />

e del tiro, nonché di mantenere il bordo<br />

libero conformandosi al moto ondoso.<br />

Dal punto di vista costruttivo i due parametri<br />

che influenzano principalmente la<br />

prestazione dei diversi tipi di panne sono il<br />

bordo libero e l’immersione, le cui caratteristiche<br />

determinano la capacità contenitiva<br />

e, quindi, gli usi per i quali i differenti<br />

tipi di panne possono essere impiegati:<br />

l in mare aperto si utilizzano panne<br />

d’altura (od oceaniche): si tratta di<br />

panne di grandi dimensioni con ampio<br />

bordo libero (40­80 cm) e grembiule<br />

lungo (immersione 90­120 cm);<br />

l in acque più calme limitrofe alla costa o<br />

in specchi acquei chiusi (porti, lagune,<br />

ecc.) si impiegano panne costiere di<br />

protezione, più piccole delle panne d’altura,<br />

con minore bordo libero (25­35<br />

cm) e immersione (40­60 cm).<br />

Altre importanti caratteristiche da valutare<br />

ai fini della scelta della tipologia di barriera<br />

da impiegare sono:<br />

l flessibilità: influenza la proprietà di<br />

conformarsi e assecondare il movimento<br />

delle onde;<br />

l resistenza: necessaria a contrastare la<br />

forza del vento e delle correnti durante<br />

le fasi di stendimento e traino e a evitare<br />

danneggiamenti durante il maneggiamento<br />

per la messa in opera/ritiro;<br />

l caratteristiche del materiale costituente:<br />

– deve resistere all’acqua e agli idrocarburi;<br />

– non deve deteriorarsi nelle normali<br />

condizioni di utilizzo e stoccaggio;<br />

– deve essere in grado di sopportare i<br />

vari stress nelle fasi di spiegamento,<br />

stendimento, traino e contenimento;<br />

– deve poter resistere all’esposizione<br />

solare prolungata e alla salsedine (esistono<br />

anche particolari tipologie con<br />

caratteristiche ignifughe);<br />

l facilità e rapidità di messa in opera:<br />

necessarie per garantire un celere<br />

intervento di risposta, anche in caso di<br />

indisponibilità di personale esperto;<br />

l connessioni: i collegamenti alle estremità<br />

tra i vari spezzoni di panne devono<br />

essere a tenuta stagna, facili da innestare,<br />

resistenti, non facilmente corrodibili<br />

e, ove necessario, consentire il collegamento<br />

tra panne di dimensioni e tipologia<br />

differenti (sistemi di connessione di<br />

tipo universale);<br />

23


l ormeggio efficace: necessario a impedire<br />

l’aratura delle ancore per azione<br />

delle correnti;<br />

l affidabilità;<br />

l peso;<br />

l costi;<br />

l ingombro in fase di stoccaggio;<br />

l facilità di pulizia dopo l’uso;<br />

l facilità di riparazione e/o sostituzione<br />

di parti danneggiate.<br />

Prestazionidellediverse<br />

tipologiedipanne<br />

l le panne rigide, sono rapide da dispiegare<br />

e facili da usare e non richiedono<br />

particolari accorgimenti, né personale<br />

esperto. Tuttavia, risultando poco<br />

resistenti e non efficaci nella risposta<br />

all’azione degli agenti meteo­marini,<br />

non sono adatte agli impieghi in mare<br />

aperto:<br />

– le panne a tendina vengono impiegate<br />

in acque calme, prossime alla costa o<br />

interne (ad esempio aree portuali o<br />

baie) in quanto non in grado di accompagnare<br />

il movimento delle onde e pertanto<br />

poco efficaci nel trattenere l’olio<br />

in condizioni di mare e vento. Poiché in<br />

questa tipologia costruttiva il grembiule<br />

e il bordo libero si muovono come una<br />

singola unità, se l’azione del vento o<br />

delle correnti produce una rotazione<br />

con spostamento della panna dalla verticale,<br />

si hanno perdite di prodotto sia<br />

per passaggio al di sotto del grembiule<br />

sia al di sopra del bordo libero. A valle<br />

dell’impiego presentano difficoltà nelle<br />

operazioni di pulizia;<br />

– le panne rigide a galleggiante solido offrono<br />

migliori prestazioni delle panne a<br />

tendina nelle acque mosse, ma presentano<br />

notevoli problemi di ingombro e<br />

deformazione durante lo stoccaggio.<br />

l le panne gonfiabili sono molto versatili,<br />

vengono prodotte in varie forme<br />

e dimensioni e si prestano per l’impiego<br />

sia in mare aperto, in quanto assecondano<br />

bene il movimento delle onde<br />

(panne gonfiabili d’altura), che in aree<br />

costiere (panne gonfiabili costiere).<br />

Hanno, inoltre, vantaggi legati al ridotto<br />

ingombro in fase di stoccaggio e immagazzinamento<br />

e alla facilità di pulizia a<br />

valle dell’impiego. Sono, tuttavia, più costose<br />

e richiedono personale esperto<br />

per la messa in opera.<br />

Possibili danneggiamenti subiti nella fase di<br />

impiego e maneggiamento (forature o lacerazioni)<br />

ne possono compromettere la galleggiabilità<br />

che va, pertanto, ripristinata mediante<br />

mirati interventi di manutenzione.<br />

Per lo stoccaggio, in particolare a bordo<br />

dei mezzi antinquinamento, le panne gonfiabili<br />

sono disposte su rulli avvolgitori attivati<br />

con dispositivo di movimentazione di<br />

PROCESSI E SISTEMI•ACQUA<br />

norma idraulico (si vedano la figura 5 e le<br />

foto6,7e8).<br />

Intabella1un confronto tra le prestazioni<br />

delle diverse tipologie di panne.<br />

TABELLA1<br />

PRESTAZIONIDELLEDIVERSETIPOLOGIEDIPANNEACONFRONTO<br />

T ipo di panna<br />

5Figura 5 – Panna gonfiabile su rullo<br />

avvolgitore (schema)<br />

5Foto 6 – Rullo avvolgitore<br />

5Foto 7 e 8 – Rulli a bordo dei mezzi antinquinamento e motore idraulico di avviamento<br />

C omportamento in funzione delle<br />

condizioni meteo­marine<br />

M are aperto<br />

O>3 piedi<br />

C>1 nodo<br />

P orti e baie<br />

O


PROCESSI E SISTEMI•ACQUA<br />

5Figura6–Schema di comportamento delle panne gonfiabili con<br />

moto ondoso: l’altezza del bordo libero e l’immersione della gonna<br />

vengono mantenuti anche in condizioni di mare agitato<br />

Ilcontrastodell’azione<br />

degliagentimeteo­marini<br />

In condizioni meteorologiche avverse, il<br />

contenimento e il recupero di prodotti<br />

idrocarburici dalla superficie del mare risulta<br />

scarsamente se non del tutto inefficace.<br />

In particolare, la capacità delle barriere<br />

nel trattenere l’olio (e degli skimmer<br />

nel recuperarlo) viene compromessa per<br />

velocità delle correnti superiori a 1 nodo<br />

e/o in presenza di onde alte oltre 1 m.<br />

Il maltempo comporta, inoltre, difficoltà<br />

pratiche per gli operatori che devono<br />

condurre le attività antinquinamento su<br />

battelli resi instabili dal movimento ondoso<br />

e in condizioni di pioggia e vento, con<br />

possibili rischi per la sicurezza.<br />

Alcuni accorgimenti nell’impiego delle<br />

barriere galleggianti consentono, comunque,<br />

di limitare le perdite legate alle azioni<br />

degli agenti meteo­marini, incrementando<br />

le prestazioni del contenimento.<br />

L’azione delle onde provoca il superamento<br />

del bordo libero da parte di spruzzi di<br />

prodotto oleoso (fenomeno che ha origine<br />

quando il rapporto tra la lunghezza<br />

dell’onda e la sua altezza, L/H, è minore di<br />

10, aumentando significativamente quando<br />

questo rapporto diventa inferiore a 5).<br />

Per arginare questa manifestazione, alcuni<br />

costruttori di barriere predispongono una<br />

tettoia orizzontale o una cresta verticale al<br />

di sopra del galleggiante (si veda la figura 8).<br />

Il vento e le correnti possono produrre lo<br />

scostamento della barriera dalla verticale, il<br />

primo agendo sul bordo libero e provocandone<br />

l’appiattimento sull’acqua, con<br />

conseguente fuoriuscita di prodotto, le seconde<br />

inducendo l’inclinazione del grembiule<br />

con passaggio dell’olio al di sotto di<br />

esso. Un’inclinazione della gonna, anche di<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

pochi gradi, può ridurre l’efficienza di ritenzione<br />

di oltre il 50%. Quest’ultimo fenomeno<br />

può essere contrastato aumentando la<br />

zavorra e, in configurazione di raccolta, riducendo<br />

la velocità di traino ed evitando<br />

che il tiro avvenga al livello del galleggiante.<br />

A quest’ultimo scopo, all’estremità della<br />

barriera trainata, viene fissata una piastra<br />

metallica collegata con una patta d’oca, agganciata<br />

superiormente e inferiormente; la<br />

trazione avviene nel punto centrale con<br />

l’interposizione, ove possibile, di un dispositivo<br />

ammortizzatore a molla.<br />

Anche se la panna rimane perfettamente<br />

verticale, comunque, in presenza di forti<br />

correnti e spessori di olio rilevanti, nella<br />

zona inferiore dello strato di contaminante<br />

si instaura una turbolenza che causa il distacco<br />

di gocce di olio e il loro ingresso nel<br />

flusso d’acqua, con fuoriuscita della miscela<br />

acqua­prodotto al di sotto del grembiule. Il<br />

fenomeno descritto dipende dalla velocità<br />

del flusso e si instaura in genere quando lo<br />

scarto di velocità tra la corrente dell’acqua<br />

5Figura8–Schema di panna con tettoia<br />

orizzontale al di sopra del galleggiante<br />

5Figura9–Sistema a patta d’oca per il<br />

traino delle panne<br />

5Figura 7 – Schema di comportamento delle panne rigide a tendina<br />

con moto ondoso: l’altezza del bordo libero e l’immersione della<br />

gonna si riducono significativamente in condizioni di mare agitato<br />

e le panne eccede un valore critico (compreso<br />

in un intervallo di circa 0,7­1,2 nodi).<br />

Variando l’inclinazione delle panne rispetto<br />

alla direzione del flusso d’acqua si può<br />

ridurre la velocità effettiva tra barriera e<br />

corrente (massima in condizioni di disposizione<br />

perpendicolare).<br />

In configurazione di raccolta con le barriere<br />

trainate da unità navali dedicate, la velocità<br />

critica da non superare è rappresentata<br />

dalla velocità effettivamente incidente<br />

sulla barriera che tiene conto sia<br />

della corrente marina sia della velocità di<br />

traino delle panne. Ciò limita fortemente<br />

la velocità di avanzamento dei mezzi nel<br />

convogliamento della chiazza oleosa a va­<br />

5Foto9–Patta d’oca all’estremità della<br />

barriera gonfiabile<br />

5Figura10–Angolazione delle panne<br />

rispetto alla direzione del flusso di corrente<br />

corrispondente alla velocità critica di 0,7 nodi<br />

25


lori che di norma si attestano intorno a<br />

0,5 nodi. Se le forze del vento, della corrente<br />

e dell’azione di traino agenti sulle<br />

panne, incrementate dall’eventuale presenza<br />

di onde, superano la resistenza alla<br />

trazione della barriera, quest’ultima subisce<br />

la rottura, con perdita totale dell’inquinante<br />

raccolto. Le forze sopra citate<br />

aumentano all’aumentare della superficie<br />

esposta e proporzionalmente al quadrato<br />

della velocità relativa indotta dal traino.<br />

La resistenza è determinata, in particolare,<br />

dal rapporto tra il fronte di avanzamento<br />

della panna e la sua lunghezza,<br />

detto “rapportodiapertura”, variabile<br />

tra 0,2 e 0,6; di conseguenza, la lunghezza<br />

della barriera che può effettivamente<br />

essere dispiegata in mare e mantenuta in<br />

configurazione di lavoro presenta dei limiti<br />

(di norma si stendono lunghezze variabili<br />

da qualche decina fino a poche centinaia<br />

di metri).<br />

Selezionedellaconfigurazione<br />

diraccolta<br />

La configurazione migliore da mettere in<br />

atto per il contenimento della macchia e il<br />

suo recupero dipende da una serie di<br />

fattori quali, in particolare:<br />

l le condizioni metereologiche;<br />

l le condizioni del mare;<br />

l la quantità e il tipo di olio sversato;<br />

l il tipo di sorgente;<br />

l l’estensione della chiazza;<br />

l le caratteristiche ambientali,<br />

l l’effettiva disponibilità in loco di attrezzature<br />

e mezzi:<br />

– lunghezze di panne disponibili;<br />

– presenza e numero di battelli antinquinamento;<br />

– spazi adeguati per lo svolgimento e la<br />

logistica delle operazioni;<br />

– ecc.<br />

Con panne di grandi dimensioni e in mare<br />

aperto si utilizzano, principalmente, i seguenti<br />

tipi di configurazione che, per essere<br />

realizzate, richiedono navi specializzate<br />

e personale adeguatamente formato:<br />

l laconfigurazioneaJèottenuta con<br />

due mezzi (anche una nave madre e il<br />

suo tender di appoggio) a ciascuno dei<br />

quali è collegata un’estremità della bar­<br />

riera galleggiante. La raccolta del prodotto<br />

accumulato avviene nell’ansa mediante<br />

uno skimmer che convoglia il<br />

prodotto recuperato nelle tank di uno<br />

dei due battelli.<br />

l laconfigurazioneaUnecessita della<br />

presenza di due battelli specializzati per<br />

la manovra e il posizionamento della<br />

barriera di contenimento. Un terzo<br />

mezzo rec­oil è di norma adibito alla<br />

raccolta del prodotto addensato all’interno<br />

della conterminazione. In questo<br />

caso la configurazione deve essere abbastanza<br />

ampia da consentire l’ingresso<br />

e le manovre del mezzo adibito al recupero.<br />

In mancanza dell’unità rec­oil, si<br />

possono impiegare gli skimmer dei due<br />

mezzi in configurazione (che però lavoreranno<br />

al bordo della chiazza e, quindi,<br />

5Foto10e11–Configurazione di raccolta<br />

a J con nave madre e tender e<br />

posizionamento dello skimmer a dischi<br />

lato scafo nave madre<br />

PROCESSI E SISTEMI•ACQUA<br />

non nella zona di maggiore accentramento<br />

di contaminante) oppure, ove<br />

disponibile, uno skimmer semovente<br />

manovrato a distanza con appositi dispositivi<br />

elettronici.<br />

5Figura 11 – Configurazione di raccolta a J<br />

(schema)<br />

5Figura12–Configurazione a U (schema)<br />

5Foto12e13–Configurazione a U<br />

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PROCESSI E SISTEMI•ACQUA<br />

l analogamente con due mezzi si può<br />

disporre una configurazione a V,<br />

con skimmer di raccolta posizionato nel<br />

vertice che convoglia la miscela recuperata<br />

o nelle casse di una delle due unità<br />

o, dove disponibile, in un’apposita unità<br />

rec­oil.<br />

l esistono, infine, configurazioni di raccolta<br />

ottenibili con un unico battello, dotato<br />

di sistemi cosiddetti “a tangone”, costituiti<br />

da un braccio rigido fissato ortogonalmente<br />

su ciascuno dei due lati<br />

dello scafo, dotato di un sistema di galleggiamento<br />

sul punto terminale, al<br />

quale viene attaccata una estremità della<br />

lunghezza di panna stesa, l’altra delle<br />

quali è fissata al collegamento a scafo<br />

della nave. Il recupero del prodotto avviene<br />

per mezzo di uno skimmer posizionato<br />

nell’ansa formata dal sistema<br />

barriera e dallo scafo della nave.<br />

5Figura13–Configurazione a V (schema)<br />

5Figura 14 – Configurazioni di raccolta a<br />

battello unico con sistema “a tangone”<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

5Foto14–Configurazioni di raccolta a<br />

battello unico con sistema “a tangone”<br />

Nelle conformazioni a J e a U, le eventuali<br />

perdite si verificano principalmente nell’ansa<br />

della barriera di contenimento. In<br />

condizioni di forti correnti ed elevati<br />

5Figure15e16–Esempi di configurazioni di raccolta complesse<br />

spessori di prodotto, la configurazione a<br />

V, riducendo l’area di impatto perpendicolare<br />

del flusso sulla barriera, oppone<br />

minore resistenza al flusso e comporta<br />

quindi minori perdite. Pur presentando<br />

un ridotto fronte di raccolta, questa configurazione<br />

consente una maggiore velocità<br />

di avanzamento dei mezzi. Fronti di<br />

raccolta più larghi, come quelli a J o a U,<br />

opponendo maggiore resistenza al traino,<br />

richiedono velocità di trascinamento<br />

più ridotte e sono, pertanto, efficaci in<br />

caso di correnti marine non troppo elevate.<br />

Nelle figure 15 e 16 e nella foto 15<br />

alcuni esempi di configurazioni di raccolta<br />

complesse.<br />

27


Ancoraggiodellebarriere<br />

galleggianti<br />

Ancoraggiodisistemifissi<br />

Nei casi in cui i sistemi di contenimento,<br />

dopo il corretto posizionamento, vengano<br />

lasciati sul posto con funzione di protezione<br />

e/o confinamento, per il mantenimento<br />

della posizione contro l’azione<br />

degli agenti meteo­marini è richiesta la<br />

posa in opera di un opportuno sistema di<br />

ancoraggio.<br />

In caso di disposizione in mare aperto,<br />

l’ancoraggio fisso è realizzato tramite ancore<br />

convenzionali (ancore Danforth per<br />

fondali sabbiosi o limosi, ancore Fisherman<br />

per fondali rocciosi) o blocchi di<br />

cemento (corpi morti), di opportuno peso<br />

e in numero adeguato, depositati sul<br />

fondale marino.<br />

Ove possibile, l’ancoraggio viene eseguito<br />

su un punto a terra, ad esempio su un<br />

pontile, su una spiaggia ecc.<br />

Nell’ancoraggio statico occorre monitorare<br />

i fattori che influenzano la profondità<br />

dell’acqua, la direzione e la forza del moto<br />

(inversioni di marea, correnti, vento, ecc.).<br />

Nel caso di una conterminazione fissa realizzata<br />

con barriere gonfiabili, occorre anche<br />

verificare periodicamente lo stato di<br />

gonfiaggio delle panne. A causa di lievi<br />

perdite dalle valvole, infatti, si può produrre<br />

una caduta di pressione di uno o più<br />

spezzoni. In questi casi si procederà, con<br />

l’ausilio di un tender o di un battello di<br />

servizio, al ripristino del corretto livello di<br />

gonfiaggio, mediante impiego di un compressore<br />

portatile cosiddetto “a zainetto”.<br />

Il numero di punti di ancoraggio da disporre<br />

dipende dalla configurazione prescelta<br />

e dall’entità della corrente e del<br />

vento. La letteratura consiglia che le cime<br />

di ancoraggio siano almeno 5 volte la profondità<br />

del mare nel punto e che vengano<br />

aggiunti dei pesi e un gavitello sulla linea di<br />

ancoraggio a distanza di 3­4 metri dall’estremità<br />

della panna per evitare la tensione<br />

verticale delle panne. La boa ha,<br />

altresì, funzione di segnalazione.<br />

Per il calcolo del numero di ancoraggi<br />

esistono delle formule empiriche che forniscono,<br />

in funzione della velocità del ven­<br />

5Foto15–Esempio di configurazione di raccolta complesse<br />

to e della corrente, l’entità delle forze<br />

esercitate sulla barriera. Attraverso la<br />

consultazione di abachi che forniscono la<br />

forza di tenuta di ciascuna tipologia di<br />

ancore in funzione del tipo di fondale è<br />

possibile individuare il numero e la dimensione<br />

degli ancoraggi da impiegare per<br />

evitare il trascinamento delle panne.<br />

Nella pratica si impiega almeno un elemento<br />

di ancoraggio (corpi morti da 25<br />

kg o ancorotti da 20 kg) ogni 25 metri<br />

circa di barriera. Questi elementi vengono<br />

eventualmente collegati a grappolo in<br />

funzione dell’entità delle correnti agenti<br />

nella zona, al fine di evitare il trascinamento<br />

sul fondale dell’ancoraggio. I corpi<br />

morti e/o gli ancorotti disposti lungo la<br />

barriera sono collegati con un moschettone<br />

o un grillo e un doppino di cima, di<br />

lunghezza superiore alla profondità del<br />

fondale nel punto, agli appositi fori situati<br />

alla base delle connessioni tra i vari spezzoni<br />

di panne. Il collegamento dell’ancoraggio<br />

ai terminali, anziché agli anelli delle<br />

zavorre situate lungo il lembo inferiore<br />

delle panne, evita eventuali strappi del<br />

grembiule, causati da eccessive sollecitazioni.<br />

Il doppino consente il recupero della<br />

cima, anche quando non risulti possibile<br />

salpare il mezzo di ancoraggio. Le ragioni<br />

di questo operato sono dettate oltre che,<br />

naturalmente, da valutazioni di carattere<br />

economico, da considerazioni riferibili alla<br />

PROCESSI E SISTEMI•ACQUA<br />

sicurezza della navigazione, in particolare<br />

allo scopo di evitare che, una volta tagliata<br />

la cima in superficie, lo spezzone rimanente,<br />

collegato al corpo morto sul fondo,<br />

rimanga vacante con il rischio che si<br />

impigli ai meccanismi di unità navali di<br />

passaggio nell’area.<br />

Ancoraggioinconfigurazione<br />

diraccolta<br />

In configurazione di raccolta le panne sono<br />

fissate ai mezzi navali impegnati nelle<br />

5Figura17–Sistema di ancoraggio<br />

5Figura18–Applicazione di elemento di<br />

ancoraggio<br />

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PROCESSI E SISTEMI•ACQUA<br />

operazioni di disinquinamento mediante<br />

collegamenti a scafo che garantiscono la<br />

tenuta e consentono di assecondare il<br />

movimento delle maree. Di norma, si<br />

tratta di attacchi a baionetta di tipo maschio/femmina,<br />

in cui un tondo rastremato<br />

è fissato verticalmente su entrambe le<br />

fiancate del mezzo, a cavallo della linea di<br />

galleggiamento.<br />

Su questi elementi si innesta, con l’ausilio<br />

del mezzo di sollevamento di bordo, l’elemento<br />

detto “bandiera” imbullonato sulla<br />

piastra terminale delle panne.<br />

Nei casi in cui la configurazione venga<br />

realizzata con l’impiego di un mezzo non<br />

ESEMPIODIDISPOSIZIONEDIUNACONFIGURAZIONEDIRACCOLTA<br />

CONPANNEGONFIABILICONSISTEMANAVEMADREETENDER<br />

1. raggiunto il punto di interesse, ove si è riscontrata la presenza<br />

di inquinamento, la nave madre procede alla messa a mare del<br />

tender con l’ausilio del mezzo di sollevamento di bordo.<br />

2. Dal rullo avvolgitore, ove sono stoccate le panne d’altura in<br />

dotazione al mezzo, si svolge il primo spezzone di panne gonfiabili<br />

dotato di terminale detto “a bandiera” (questa estremità andrà poi<br />

collegata all’attacco a scafo della nave madre). Il personale del<br />

tender recupera la cima collegata a detta estremità che viene<br />

quindi fissata al gancio di traino di bordo.<br />

3. Si procede allo srotolamento delle lunghezze di panne e al<br />

gonfiaggio dei vari spezzoni, attraverso insufflazione di aria a bassa<br />

pressione nelle apposite valvole. L’aria è fornita da un compressore a<br />

bassa pressione.<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

5Foto16e17–Sistema di aggancio a scafo e collegamento della cima della patta d’oca al<br />

gancio di traino del tender<br />

dotato di attacchi a scafo, il terminale<br />

delle panne viene assicurato a bordo<br />

mediante una cima, come ad esempio<br />

nel caso dei tender (si veda la foto 20) in<br />

cui quest’ultima viene fissata al gancio di<br />

tiro. l<br />

Foto 18<br />

Messa a mare del tender<br />

Foto 19 e 20<br />

Passaggio e attacco della cima con patta d’oca dell’estremità a<br />

bandiera al gancio di traino del tender<br />

Foto 21 e 22<br />

Azionamento idraulico del rullo e insufflazione d’aria nelle valvole<br />

29


3. Si procede allo srotolamento delle lunghezze di panne e al<br />

gonfiaggio dei vari spezzoni, attraverso insufflazione di aria a bassa<br />

pressione nelle apposite valvole. L’aria è fornita da un compressore<br />

a bassa pressione.<br />

4. Il corretto livello di gonfiaggio (circa 0,1­0,5 bar a seconda dei<br />

modelli) viene verificato esercitando una pressione sull’involucro<br />

del galleggiante e accertando che esso ceda facilmente pur<br />

mantenendo elasticità (un eccessivo gonfiaggio provocherebbe<br />

l’irrigidimento del galleggiante, che tenderebbe a comportarsi<br />

come un galleggiante solido, perdendo la capacità di assecondare<br />

adeguatamente il movimento ondoso. Un gonfiaggio insufficiente<br />

genererebbe problemi di sovraimmersione con rischio di fuoriuscita<br />

del prodotto al di sopra della barriera e minore manovrabilità<br />

della stessa ai fini del posizionamento).<br />

5. Man mano che vengono gonfiate le diverse lunghezze, si<br />

procede, prima della messa a mare, al collegamento di una catena<br />

sul bordo inferiore del grembiule con funzione di zavorra<br />

supplementare (in aggiunta ai pesi in ghisa) e di elemento di<br />

tensione longitudinale per evitare lo strappo della barriera. Il<br />

collegamento della catena avviene mediante dei moschettoni<br />

inseriti negli anelli delle zavorre.<br />

6. Terminato il gonfiaggio dell’intera lunghezza da stendere, il<br />

tender traina le panne e si affianca a lato della nave madre.<br />

PROCESSI E SISTEMI•ACQUA<br />

Foto 23 e 24<br />

Compressore a bassa pressione e innesto tubazione<br />

Foto 25 e 26<br />

Valvole aria in/out<br />

Foto 27<br />

Verifica del livello di gonfiaggio durante l’insufflazione d’aria<br />

Foto 28 e 29<br />

Elemento di zavorra e collegamento di una catena di zavorra<br />

supplementare sul bordo inferiore del grembiule<br />

Foto 30 e 31<br />

Stendimento lunghezze di panne galleggianti<br />

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PROCESSI E SISTEMI•ACQUA<br />

7. Con l’ausilio del sistema di sollevamento di bordo, il personale<br />

procede al montaggio dell’estremità a bandiera sull’attacco a<br />

baionetta dello scafo.<br />

8. Dopo aver collegato l’attacco a scafo, il tender procede al<br />

recupero dell’altra estremità della barriera che viene fissata a<br />

bordo al gancio di traino, sempre per mezzo di un sistema a patta<br />

d’oca montato su piastra metallica imbullonata al terminale.<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

Foto 32<br />

Attacco a scafo<br />

Foto 33<br />

9. Si procede, quindi, alla preparazione della configurazione.<br />

L’orientazione della barriera viene stabilita in base alle condizioni<br />

del mare, mantenendo la prua ortogonale alle onde in modo tale<br />

da garantire un movimento solidale del sistema nave­tender­barriera.<br />

Il punto di incontro delle onde del flusso di corrente e dei<br />

filetti fluidi correnti lungo le panne si viene a trovare all’interno<br />

dell’ansa della barriera. Questo punto sarà quello di maggiore<br />

accumulo del prodotto galleggiante, dove andrà collocato lo<br />

skimmer per il recupero. Foto 34 e 35<br />

Configurazione nave madre/tender e messa a mare dello skimmer<br />

a dischi<br />

10. Terminata la configurazione e allestito e posizionato lo<br />

skimmer, hanno inizio le operazioni di recupero dell’inquinante. La<br />

velocità di avanzamento del sistema nave­tender­panne­skimmer, è<br />

definita in funzione dell’entità della corrente e della capacità di<br />

contenimento della barriera messa a mare, in modo tale da non<br />

produrre perdite di olio a valle della stessa (visivamente non si<br />

deve verificare turbolenza nel flusso a valle della barriera, né<br />

sollevamento della gonna, indice di una velocità di avanzamento<br />

eccessiva).<br />

11. Al termine delle operazioni si procede al riassetto a bordo dello<br />

skimmer e delle panne. Queste ultime vengono sgonfiate, liberate<br />

dalle catene di zavorra e opportunamente pulite dei residui di<br />

idrocarburi. La pulizia viene effettuata mediante lavaggio con acqua<br />

calda, con impiego di idropulitrice ed eventualmente con l’ausilio di<br />

soluzioni apposite (di tipo saponoso) ad alto grado di biodegradabilità.<br />

L’uso di solventi e/o sgrassanti chimici può danneggiare i<br />

materiali costituenti la barriera, producendo la perdita di impermeabilità<br />

dell’involucro del galleggiante e del grembiule. Il lavaggio può<br />

essere eseguito a bordo all’interno di apposite casse, convogliando<br />

poi le acque contaminate nelle casse rec­oil del mezzo, oppure, più<br />

spesso, in appositi impianti attrezzati a terra. Il riavvolgimento delle<br />

panne sporche di idrocarburi, consentito solo per brevissimi<br />

periodi, può provocare fenomeni di incollaggio tra le spire.<br />

Foto 36<br />

Sollevamento della gonna delle panne per eccessiva velocità di<br />

avanzamento del sistema e/o per zavorra inadeguata<br />

Foto 37 e 38<br />

Simulazione lavaggio a bordo con idropulitrice e cassa di lavaggio<br />

31


1 1. Al termine delle operazioni si procede al riassetto a bordo<br />

dello skimmer e delle panne. Queste ultime vengono sgonfiate,<br />

liberate dalle catene di zavorra e opportunamente pulite dei residui<br />

di idrocarburi. La pulizia viene effettuata mediante lavaggio con<br />

acqua calda, con impiego di idropulitrice ed eventualmente con<br />

l’ausilio di soluzioni apposite (di tipo saponoso) ad alto grado di<br />

biodegradabilità. L’uso di solventi e/o sgrassanti chimici può<br />

danneggiare i materiali costituenti la barriera, producendo la perdita<br />

di impermeabilità dell’involucro del galleggiante e del grembiule. Il<br />

lavaggio può essere eseguito a bordo all’interno di apposite casse,<br />

convogliando poi le acque contaminate nelle casse rec­oil del<br />

mezzo, oppure, più spesso, in appositi impianti attrezzati a terra. Il<br />

riavvolgimento delle panne sporche di idrocarburi, consentito solo<br />

per brevissimi periodi, può provocare fenomeni di incollaggio tra le<br />

spire.<br />

1 2. Dopo ogni impiego, ma soprattutto nei casi di sistemi fissi<br />

mantenuti in posizione per lunghi periodi, si procede alla verifica<br />

dell’integrità delle panne (presenza di forature o lacerazioni<br />

dell’involucro del galleggiante, corrosione o rottura delle connessioni<br />

ecc.) e alla riparazione degli eventuali danni per il ripristino<br />

della corretta funzionalità.<br />

1 3. Terminate le operazioni di gonfiaggio e lavaggio e le eventuali<br />

manutenzioni, le panne possono essere riavvolte sul rullo,<br />

ponendo attenzione a evitare attorcigliamenti.<br />

PROCESSI E SISTEMI•ACQUA<br />

Foto 37 e 38<br />

Simulazione lavaggio a bordo con idropulitrice e cassa di lavaggio<br />

Foto 39 e 40<br />

Danneggiamenti delle valvole d’aria e spezzoni di panne strappati<br />

dall’azione del mare<br />

Foto 41<br />

Sistemi di barriere gonfiabili sradicate dagli agenti meteo­marini e<br />

portate a riva<br />

Foto 42<br />

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Il “jet grouting” consiste<br />

nell’iniezione a volumi<br />

e pressioni controllate<br />

di fluidi stabilizzanti<br />

con o senza l’ausilio di<br />

altri fluidi che<br />

disgregano il terreno, al<br />

fine di tagliare e<br />

rimescolare il materiale<br />

in situ ottenendo come<br />

risultato finale una<br />

mescolanza del terreno<br />

con il fluido iniettato al<br />

fine di costituire<br />

elementi consolidati con<br />

caratteristiche di<br />

resistenza meccanica e<br />

permeabilità anche pari<br />

a quelle di un<br />

calcestruzzo. Questa<br />

tecnologia, ormai<br />

matura, è finalizzata<br />

alla realizzazione di<br />

consolidamenti nel<br />

sottosuolo e come<br />

ausilio nelle<br />

applicazioni nel settore<br />

dell’ingegneria<br />

ambientale, come nel<br />

caso di setti<br />

impermeabili nel<br />

sottosuolo di siti<br />

contaminati<br />

PROCESSI E SISTEMI•BONIFICHE<br />

Bonifiche in situ<br />

Setti impermeabili nel sottosuolo<br />

con l’applicazione del jet­grouting<br />

n di Fabio Ermolli,IgeamS.r.l., Paolo FranzonieGiulianoDonaera,SingeaS.r.l.<br />

Foto su gentile concessione di Palingeo S.r.l. – Carpinedolo (BS)<br />

La “gettiniezione” o “jet grouting” è una particolare<br />

tecnica di trattamento dei terreni che consiste nell’iniezione<br />

nel terreno di miscele fluide, proiettate ad alta/altissima<br />

velocità nel sottosuolo, in grado di determinare, tramite<br />

un fluido stabilizzante, la contemporanea disgregazione,<br />

miscelazione e permeazione del volume di terreno trattato,<br />

fino a formare elementi di varia forma e dimensione<br />

che possiedono caratteristiche geomeccaniche e idrauliche<br />

migliori rispetto a quelle del terreno originario.<br />

Questa tecnica, che risale agli anni<br />

60’­70’, si è sviluppata inizialmente in<br />

Giappone e, in seguito, rapidamente diffusa<br />

e sviluppata nel resto del mondo per<br />

i notevoli vantaggi offerti in relazione alle<br />

iniezioni convenzionali. Pur essendo nata<br />

nell’ambito dell’ingegneria civile, inizialmente<br />

finalizzata essenzialmente alla realizzazione<br />

di consolidamenti nel sottosuolo,<br />

mediante il miglioramento delle<br />

caratteristiche meccaniche dello stesso,<br />

questa tecnica, in seguito, ha avuto negli<br />

anni recenti un notevole sviluppo finalizzato<br />

alle applicazioni nel settore dell’ingegneria<br />

ambientale, in particolare nella<br />

realizzazione di setti impermeabili nel<br />

sottosuolo di siti contaminati, dimostrandosi<br />

efficace e risolutrice in contesti<br />

ambientali particolarmente critici per<br />

condizioni naturali o condizionati da fattori<br />

antropici.<br />

Le ragioni di questa affermazione risiedono<br />

nel fatto che la gettiniezione, pur avendo<br />

particolari limitazioni legate alla tipologia<br />

dei depositi da trattare:<br />

l è una tecnica particolarmente flessibile;<br />

l si adatta a impieghi molto diversi, strutturali,<br />

geotecnici e ambientali;<br />

l presenta notevoli vantaggi economici<br />

ed ecologici nei confronti delle miscele<br />

chimiche tradizionalmente utilizzate<br />

per i trattamenti di impregnazione ed<br />

impermeabilizzazione.<br />

Si tratta, quindi, di una tecnica innovativa<br />

che, anche se utilizzata da diversi anni,<br />

solo recentemente si è particolarmente<br />

sviluppata e affinata, per le applicazioni in<br />

campo sia geotecnico strutturale che ambientale,<br />

in virtù delle precedenti esperienze<br />

e del background acquisito sperimentalmente<br />

con controlli a lungo termine<br />

sulle opere eseguite.<br />

5Foto 1 – Particolare dell’utensile usato per<br />

la gettiniezione<br />

34 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com


PROCESSI E SISTEMI•BONIFICHE<br />

FaseA:Perforazione;<br />

FaseB:Iniziojetgrouting;<br />

FaseC:Formazionecolonnainestrazione;<br />

FaseD:Colonnesuccessive.<br />

5Figura1–Sequenza delle fasi operative<br />

di jet grouting<br />

Latecnologia<br />

Il jet grouting consiste nell’iniezione a volumi<br />

e pressioni controllate di fluidi stabilizzanti<br />

(miscele acqua e cemento) con o<br />

senza l’ausilio di altri fluidi (aria e acqua)<br />

che servono per il disgregamento del<br />

terreno. I fluidi iniettati a elevate pressioni<br />

tagliano e rimescolano il materiale in<br />

situ dando come risultato finale una mix<br />

di terreno e fluido iniettato al fine di<br />

costituire elementi consolidati con caratteristiche<br />

di resistenza meccanica e permeabilità<br />

anche pari a quelle di un calcestruzzo.<br />

L’applicazione della tecnologia è schematizzata<br />

in:<br />

l fase di perforazione: perforazione<br />

a distruzione di nucleo sino alla profondità<br />

di trattamento richiesta dal progetto<br />

con o senza preforo. La batteria<br />

di aste è provvista, oltre alla testa di<br />

perforazione, di una particolare valvola<br />

eiettrice (monitor) che ha uno o più<br />

ugelli ortogonali all’asse della batteria<br />

dalla quale viene proiettato il fluido in<br />

pressione;<br />

l fase di estrazione e iniezione<br />

programmata: durante la fase di<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

5Foto2–Sonda perforatrice con prolunga<br />

a mandrino per esecuzione jet grouting<br />

estrazione della batteria avviene l’iniezione<br />

a pressione variabile, a seconda<br />

delle necessità, fino a 800 atm. È in<br />

questa fase che, mediante la combinazione<br />

della velocità di rotazione (giri<br />

asta/min), della pressione dell’iniezione<br />

(atm) e della velocità di estrazione (risalita<br />

cm/sec) della colonna di aste, è<br />

possibile ottenere volumi di terreno<br />

trattato della forma e delle dimensioni<br />

desiderate.<br />

Il raggio di azione o volume trattato è<br />

legato secondo l’espressioneR=f(P,t,T,j,<br />

d), in funzione, quindi:<br />

l della pressione di inizione(P);<br />

l del tempo di iniezione(t);<br />

l della resistenza al taglio del terreno da<br />

consolidare(T);<br />

l del diametro degli ugelli(j);<br />

l della densità della miscela(d).<br />

Le varie tecniche di seguito schematizzate<br />

hanno in comune l’impiego di una miscela<br />

cementizia come fluido stabilizzante,<br />

mentre si differenziano per la tipologia del<br />

fluido disgregante (boiacca [1] ­ acqua –<br />

aria o acqua + aria). Possono essere distinte<br />

tre tipologie esecutive:<br />

l metodomonofluido: la disgregazio­<br />

ne del terreno avviene attraverso l’azione<br />

della miscela cementizia, la quale ha<br />

anche la funzione di stabilizzare il terreno<br />

stesso;<br />

l metodo bifluido: l’azione disgregante<br />

è affidata all’acqua o all’aria immessa<br />

preventivamente alla miscela cementizia,<br />

alla quale è solamente affidato il<br />

compito di stabilizzare il terreno disgregato;<br />

il metodo è adatto a terreni coesivi<br />

e genera colonne di diametro maggiore<br />

rispetto al metodo monofluido;<br />

l metodotrifluido: attraverso gli ugelli<br />

situati sulle aste si immette nel terreno<br />

acqua e aria ad alta pressione; ciò provoca<br />

la disgregazione del terreno, immediatamente<br />

seguita dal getto di miscela<br />

cementizia avente l’esclusiva funzione<br />

di compattare e stabilizzare il<br />

terreno; con questo metodo sono ridotte<br />

le fughe di miscela cementizia e si<br />

possono realizzare colonne di diametro<br />

superiore ai 2 metri.<br />

I metodi sopra descritti permettono di<br />

rimuovere la porzione fine del terreno,<br />

sostituendola con materiale con buone<br />

caratteristiche geotecniche. In particolare,<br />

sabbie e ghiaie trattate con questa<br />

tecnica possono raggiungere resistenze a<br />

compressione variabili tra 10­30 MPa. La<br />

medesima tecnica in formazioni limosoargillose<br />

sature, con plasticità medio alta,<br />

permette di raggiungere una resistenza a<br />

compressione che non supera i 2­3 MPa.<br />

Le miscele cementizie utilizzate nel jetgrouting<br />

sono costituite da una sospensione<br />

cementizia con un rapporti cemento/<br />

acqua variabile tra 0,5 e 1,2, in funzione:<br />

l della granulometria;<br />

l della permeabilità del terreno;<br />

l delle proprietà meccaniche che si vogliono<br />

ottenere.<br />

Nel caso sia necessario realizzare un setto<br />

impermeabile o comunque una porzione<br />

di terreno con una minore permeabilità in<br />

terreni granulari, si aggiunge alla miscela<br />

cementizia un prodotto stabilizzante, in<br />

genere bentonite.<br />

[1] Impasto quasi liquido di cemento o di calce che viene utilizzato in edilizia per il fissaggio dei rivestimenti e per il riempimento delle fughe tra le mattonelle o i mattoni e, con<br />

l’aggiunta di antiossidanti (”boiacca passivante”), per il rivestimento protettivo dei tondini in ferro del cemento armato. Viene inoltre utilizzato come parte dell’impermeabilizzazione<br />

nelle coperture (dahttp://it.wikipedia.org/).<br />

35


5Figura 2 – Schema di assemblaggio monitor­trilama di perforazione<br />

con vari sistemi di valvola di tenuta<br />

Lemodalitàoperative<br />

ð la tecnica prevede l’esecuzione di<br />

un foro di iniezione eseguito a rotazione<br />

a distruzione di nucleo del diametro<br />

di circa 100 mm, realizzato con<br />

appositaattrezzaturacostituitadasonde<br />

idrauliche, sino alla profondità prevista,cioèallabasedellacolonnachesi<br />

deverealizzare;<br />

ð dopo aver raggiunto la profondità di<br />

progetto, si inizia l’estrazione della<br />

batteriadiaste a velocità predeterminata,<br />

imprimendo contemporaneamenteunmotodirotazioneeiniettando<br />

tramite un dispositivo provvisto di<br />

ugelli disposti orizzontalmente (monitor)<br />

un getto fluido viscoso (ad esempio,<br />

acqua­cemento­bentonite) che<br />

vienecostrettoafuoriuscireinpressione(200­600bar);<br />

ð per effetto della rotazione orizzontale<br />

del getto, il terreno circostante viene<br />

asportato o rimescolato e portato in<br />

superficie e i vuoti creati vengono<br />

riempiti con la sospensione indurente.<br />

Ilcontemporaneomovimentoverticale<br />

dello testata di perforazione conduce<br />

alla progressiva formazione di una<br />

colonna cilindrica cementata che può<br />

avere diametri variabili in funzione dei<br />

parametrioperativi(monofluidomaxF<br />

= 80 cm , bifluido max F = 1500 cm,<br />

trifluidomaxF=2400cm);<br />

ð nelmetodomonofluidovieneiniettata<br />

la sola miscela<br />

stabilizzante che<br />

agisce contemporaneamentedaagentedisgregatore<br />

e da legante<br />

del terrenorimescolato;<br />

ð nei metodi bifluidoetrifluido<br />

il getto disgregatoreècostituitodaacqua<br />

e/o aria in pressionecheprecedono<br />

l’iniezione<br />

cementizia, in<br />

quanto fuoriescono<br />

da ugelli posti alla sommità del<br />

monitor;<br />

ð il sottostante getto di boiacca penetra<br />

nella massa di terreno gia disgregato e<br />

privatoinpartedellasuacomponente<br />

più fine, impregnandolo in modo uniforme.<br />

Nella zona interessata dall’iniezione<br />

mista di aria e acqua si innesca,<br />

infatti, un meccanismo di air lifting di<br />

risalita, attraverso lo spazio anulare tra<br />

labatteriadiasteeilforo,chesospinge<br />

aboccaforolepartipiùfinidelterreno<br />

disgregato unitamente all’acqua in eccesso<br />

e a una piccola percentuale di<br />

boiacca(spurgo);<br />

ð ripetendo questa procedura a un inte­<br />

5Foto3–Carotaggio di controllo integrità<br />

testa colonna jet grouting<br />

PROCESSI E SISTEMI•BONIFICHE<br />

rasse inferiore al diametro ottenuto, si<br />

realizza una parziale compenetrazione<br />

tra i fori adiacenti con la formazione di<br />

unacortinacontinuadicolonnesecanti.<br />

Icoefficientidipermeabilitàraggiungibili<br />

dipendonodallecaratteristichedelmateriale<br />

iniettato dall’asse delle perforazioniedaltipodiiniezione;siraggiungono,<br />

tuttavia, coefficienti di permeabilità<br />

dell’ordinedi10 ­7 ­10 ­9 cm/s<br />

ð una variante di questo metodo si basa<br />

sull’iniezione a getto unidirezionale,<br />

che consente, in assenza di rotazione<br />

deldispositivodiiniezione,laformazione<br />

di pannelli (e non di cilindri) impermeabilidellospessoredi5­20cm.<br />

Risultati<br />

Interminigenerali,ilvantaggioassociatoal<br />

sistemadiisolamentoagetto(jetgrouting)<br />

fa riferimento al facile accesso delle attrezzatureeallapossibilitàdiespletamento<br />

delle operazioni anche in zone arealmentelimitate.<br />

La rigidità delle colonne o dei pannelli,<br />

tuttavia, rende questi manufatti piuttosto<br />

sensibili ai cedimenti e alle deformazioni<br />

delterrenocircostante.<br />

Ilcontrollodiqualitàdelprodotto,infase<br />

diesecuzionedeltrattamento,ègarantito<br />

daunmonitoraggiointemporeale:<br />

l dellequantitàdimiscelaimmessa;<br />

l deiparametriditrattamento;<br />

l dellaprofonditàraggiunta,<br />

l mediante registrazione automatica dei<br />

parametridiperforazioneeiniezione.<br />

Lecaratteristichedellecolonnedipendonodallacombinazionedialcuniparametri<br />

principali definiti in fase di progetto che<br />

possono essere registrati in automatico<br />

durantel’iniezione:<br />

l velocità di risalita (temporizzatore automaticoconsteppredeterminati);<br />

l velocità di rotazione della batteria di<br />

perforazione legata alla permanenza<br />

del trattamento alla singola quota di<br />

intervento;<br />

l pressioneeportatadeifluididiiniezione;<br />

l volumediiniezione(solitamenteperml<br />

ditrattamento);<br />

l profonditàraggiunta.<br />

In funzione di questi parametri e delle<br />

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PROCESSI E SISTEMI•BONIFICHE<br />

caratteristiche geotecniche e stratigrafichedeiterreni(granulometria,resistenza<br />

meccanica, permeabilità), si ottengono<br />

colonne con differenti caratteristiche geometricheestrutturali(sivedalafoto4).<br />

Geometriadeitrattamenti<br />

La flessibilità del metodo offre una vasta<br />

gamma di applicazioni per il consolidamentoel’impermeabilizzazionedeiterreni,consoluzionigeometrichechepossono<br />

essereriassunteintrecategorieprincipali:<br />

l elementimonodimensionali;<br />

l elementibidimensionali;<br />

l elementitridimensionali.<br />

Traglielementimonodimensionalioa<br />

singola colonna la principale applicazione<br />

èperlarealizzazionedioperedisottofondazionedinuoviedificiodiedificiesistenti<br />

con geometria simile a quella utilizzata<br />

perlefondazioniprofondeopalificate.<br />

Quando, invece, i trattamenti sono tra<br />

loroaffiancatie/ocompenetratisicostituisconoelementibidimensionalidivaria<br />

tipologiadistintitra:<br />

l trattamenticolonnariverticalicontinuisu<br />

unaopiùfileconsviluppolineare(paratie)ocircolare(pozzi),perlarealizzazione<br />

di opere di sostegno, impermeabilizzazioneobarrieramento(diaframmi);<br />

l trattamenti colonnari suborizzontali<br />

(ombrelli) realizzati in avanzamento rispettoalfrontediscavoingallerieperla<br />

realizzazionedisostegniprovvisoridegli<br />

5Figura4–Esempi di disposizione<br />

colonne jet­grouting<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

5Foto4–Scavo di osservazione diametro<br />

colonne jet grouting realizzate con<br />

metodo bifluido<br />

scaviingalleria.<br />

Gli elementi tridimensionali si configurano<br />

come una serie di interventi bidimensionalivariamenteaccoppiatitalidacostituirenelcomplessoununicoelementodi<br />

terreno consolidato al quale solitamente<br />

vieneassegnatalafunzionedimigliorareo<br />

lecaratteristichegeotecnicheodicostituireunfronteimpermeabileall’acqua.<br />

Attrezzature<br />

Untipicoimpiantodicantiereperl’esecuzioneditrattamentijetgroutingèorganiz<br />

Colonne di prova<br />

Cantiere:<br />

10:23:05<br />

Zona: 1<br />

Sonda: C6<br />

Colonna:<br />

Profondità impostata: 6,00 D. foro (mm): 800,00 Descrizione ugelli: 3,5 mm<br />

Prf Ora Tstep (s) 25 Vr (g/min) 30 Press (bar) 500 Q (l/min) 200 Volume (lt) 50 P aria (bar) 12<br />

6,00 12:14:31 9,1 22 336 130 40 9<br />

5,88 12:14:54 4,9 8 381 141 13 9<br />

5,76 12:15:09 4,9 6 325 141 11 9<br />

5,60 12:15:29 4,9 10 396 141 13 9<br />

5,48 12:15:44 4,9 12 408 143 11 9<br />

5,36 12:16:02 5,0 9 408 147 11 9<br />

5,20 12:16:22 4,6 14 291 150 11 9<br />

5,08 12:16:47 8,6 20 409 152 22 9<br />

4,96 12:17:41 8,9 12 400 150 22 9<br />

4,80 12:18:16 8,6 15 405 150 22 8<br />

4,68 12:18:46 10,6 13 409 147 29 8<br />

4,56 12:19:19 11,0 19 398 150 26 8<br />

4,40 12:20:15 12,2 11 339 147 37 8<br />

4,28 12:20:41 8,8 20 405 152 22 8<br />

4,16 12:21:13 11,1 22 406 145 29 8<br />

4,00 12:21:49 11,1 14 400 143 4 9<br />

Totale litri foro: 1034<br />

L'esecutore: La direzione:<br />

DAT instruments, Tel. +39/0331/812755, www.datinstruments.com - JET 4000 AME datalogger<br />

5Figura3–Scheda di registrazione<br />

automatica dei parametri jetting<br />

zatosecondoilseguenteschema(sivedanoanchelafigura5elafoto7):<br />

ð un impianto di iniezione composto da<br />

un silos per lo stoccaggio del cemento<br />

in polvere associato a un impianto di<br />

miscelazioneautomatico(mescolatore<br />

eagitatore)acontrolloautomaticoper<br />

ilconfezionamentodeifluidodiiniezione,costituitogeneralmentedabiacche<br />

di cemento ed eventuali additivi con<br />

rapporti ponderali tra i vari componenti<br />

precedentemente determinati e<br />

impostati;<br />

5Foto5–Impermeabilizzazione e consolidamento terreno con metodologia jet grouting<br />

37


5Foto6–Particolare spurgo di perforazione durante esecuzione di<br />

consolidamento terreno con tecnologia jet grouting<br />

5Foto7–Impianto cantiere per esecuzione di jet grouting<br />

ð una pompa di iniezione in grado di<br />

raggiungere elevate pressioni di iniezione<br />

(50­60 MPa) in base al metodo di<br />

iniezione utilizzato (monofluido, bifluido<br />

e trifluido);<br />

ð un compressore per l’aria utilizzato prevalentemente<br />

per la perforazione in<br />

avanzamento ed eventualmente per il<br />

metodo trifluido (aria­acqua­cemento);<br />

ð una pompa per l’acqua a elevata pressione<br />

(trifluido);<br />

ð una perforatrice idraulica cingolata<br />

(sonda) con slitta di elevata lunghezza<br />

per eseguire in risalita l’intero trattamento<br />

in continuo, munita di una batteria<br />

di aste cave di diametro esterno<br />

standard compreso tra 60 e 90 mm, alla<br />

cui estremità inferiore è montato solidamente<br />

l’attrezzo di perforazione utilizzato<br />

in avanzamento (bit) e il monitor<br />

utilizzato in fase di iniezione in risalita da<br />

cui fuoriesce la miscela stabilizzante. In<br />

superficie la batteria di aste è collegata<br />

tramite una testina di adduzione a un<br />

tubo flessibile (linea di adduzione) collegato<br />

con la pompa di iniezione.<br />

PROCESSI E SISTEMI•BONIFICHE<br />

5Figura5–Tipico impianto cantiere jet grouting<br />

Applicazioniambientalicon<br />

funzionedibarriera<br />

Tra le varie tipologie e finalità di intervento<br />

si sta recentemente diffondendo l’utilizzo<br />

del jet grouting in campo ambientale<br />

con la creazione di elementi con funzione<br />

di tenuta idraulica, in particolare diaframmi<br />

e “tamponi” di fondo per l’arginamento<br />

e il contenimento di terreni e acque<br />

contaminate.<br />

Nello specifico, il diaframma ha funzione<br />

primaria di costituire una barriera impermeabile<br />

ed è, quindi, necessario che sia<br />

continuo e che la permeabilità raggiunta<br />

in seguito al trattamento in sito dei terreni<br />

sia ridottissima. Per questa ragione i singoli<br />

elementi (colonne) vengono realizzati<br />

tra loro accostati e compenetrati con interasse<br />

minore del diametro delle colonne,<br />

secondo una sequenza continua ripetuta<br />

su una o più file.<br />

Tra gli aspetti di maggior rilievo per la<br />

buona riuscita dell’opera vanno ricordati i<br />

controlli in operam che consentono di<br />

visualizzare eventuali difetti costruttivi,<br />

quali ad esempio la deviazione delle colonne<br />

dall’asse teorico della perforazione<br />

(non verticalità) e la variazione del diametro<br />

delle singole colonne .<br />

Questi difetti impedisono, infatti, la compenetrazione<br />

delle colonne per tutta la<br />

lunghezza del diaframma e non garantiscono<br />

la perfetta tenuta idraulica.<br />

L’altra tipica applicazione recente del jet<br />

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PROCESSI E SISTEMI•BONIFICHE<br />

5Foto8–Scavo di fondazione appoggio cavalcavia perimetrato e impermeabilizzato con<br />

colonne secanti in jet grouting monofluido<br />

groutingèlacreazionedeicosiddetti“tamponi”<br />

di fondo. In questo caso, si tratta di<br />

realizzare uno strato di fondo continuo e<br />

impermeabile di spessore variabile costituito<br />

mediante la compenetrazione spazialedicolonnesingolecompenetrategeneralmentediridottaprofondità.<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

Conclusioni<br />

La tecnica del “jet grouting” ha ormai acquisito<br />

carattere di tecnologia matura finalizzata<br />

non solo alla realizzazione di<br />

consolidamentinelsottosuolo(sivedano<br />

le foto 5, 6 e 8), ma anche di ausilio nelle<br />

applicazioni nel settore dell’ingegneria<br />

ambientale, in particolare nella realizzazionedisettiimpermeabilinelsottosuolo<br />

disiticontaminati.<br />

La flessibilità di uso e di modulazione in<br />

funzione delle caratteristiche sito specifiche<br />

(profondità di interesse da trattare,<br />

litologia, zone ad elevata presenza di infrastrutture<br />

sepolte, ecc.) determina un<br />

ventaglio di applicazioni molto articolato,<br />

ditipostrutturali,geotecnicieambientali.<br />

Siriscontrano,inoltre,significativivantaggi<br />

economiciedecologicineiconfrontidelle<br />

miscele chimiche tradizionalmente utilizzate<br />

per i trattamenti di impregnazione e<br />

impermeabilizzazione, nonché la possibilità<br />

di eseguire setti impermeabili, sia di<br />

tipo verticale che orizzontali, laddove altre<br />

soluzione più tradizionali non sono<br />

praticabili. La tecnica si sta, in particolare,<br />

dimostrando efficace e risolutrice in contesti<br />

ambientali particolarmente critici,<br />

percondizioninaturaliofortementecondizionati<br />

da fattori antropici, quali infrastrutturesepolteesottoservizi,comeisiti<br />

industriali complessi con il sottosuolo<br />

contaminato. l<br />

39


Il soil washing<br />

è una tecnologia<br />

di risanamento ex situ<br />

in cui gli agenti<br />

inquinanti vengono<br />

rimossi dal suolo<br />

mediante il loro<br />

trasferimento<br />

a una fase liquida,<br />

solitamente acquosa.<br />

Il processo è composto<br />

da 6 fasi, che vanno<br />

dal pretrattamento<br />

del terreno contaminato<br />

fino al trattamento<br />

di acque di processo<br />

e delle emissioni<br />

atmosferiche, ciascuna<br />

delle quali presenta<br />

specifici rischi per gli<br />

operatori. È necessario,<br />

quindi, analizzare<br />

l’applicazione di questa<br />

tecnologia fase per fase<br />

in modo da fare<br />

emergere tutte le<br />

possibili criticità.<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

PROCESSI E SISTEMI•BONIFICHE<br />

Bonifiche ex situ<br />

La tecnologia “Soil washing”<br />

tra ambiente e sicurezza<br />

n di Vincenzo Riganti, già Professore Ordinario di Chimica Merceologica,<br />

Dipartimento di Chimica Generale, Università degli Studi di Pavia, Mentore<br />

Vaccari, ricercatore di Ingegneria Sanitaria Ambientale presso la Facoltà<br />

di Ingegneria dell’Università degli Studi di Brescia e Maria Cristina<br />

Collivignarelli, ricercatrice di Ingegneria Sanitaria Ambientale, Facoltà di<br />

Ingegneria, Università degli Studi di Pavia<br />

Figure di Mentore Vaccari<br />

Foto su gentile concessione di PBR S.r.l. ­ Maclodio (BS)<br />

Il risanamento di siti contaminati costituisce, a oggi, un<br />

problema ambientale di prioritaria importanza in tutti i<br />

paesi industrializzati. In Italia, in particolare, questa problematica<br />

è divenuta attuale grazie soprattutto all’entrata in<br />

vigore del D.M. n. 471/1999, primo strumento normativo<br />

omogeneo riguardante la messa in sicurezza, la bonifica e il<br />

ripristino ambientale dei siti contaminati sull’intero territorio<br />

nazionale, sostituito in seguito dal D.Lgs. n. 152/2006.<br />

Negli ultimi anni si è, quindi, assistito a un<br />

notevole sviluppo del settore del trattamento<br />

di suoli e falde contaminati, con la<br />

diffusione di un’ampia gamma di tecnologie<br />

di bonifica (Vaccari e Zaninetta, 2005).<br />

Tra queste, riveste sicuramente interesse<br />

la tecnica del soil washing, che da alcuni<br />

anni trova applicazione anche in Italia.<br />

Descrizionedelprocesso<br />

Il soil washing è una tecnologia di risanamento<br />

ex situ in cui gli agenti inquinanti<br />

vengono rimossi dal suolo mediante il loro<br />

trasferimento a una fase liquida, solitamente<br />

acquosa. Le configurazioni impiantistiche<br />

più semplici sfruttano, per rimuovere i<br />

contaminanti dal terreno, meccanismi puramente<br />

fisici (lavaggio fisico). Principalmente<br />

si utilizzano tecniche di separazione<br />

della frazione fine del suolo (limo e argilla),<br />

cui è normalmente associata la maggior<br />

parte della contaminazione, dalla frazione<br />

grossolana “pulita” (ghiaia e sabbia). Questa<br />

separazione riduce il volume di mate­<br />

riale inquinato da sottoporre a ulteriori<br />

trattamenti o da smaltire in discarica e consente<br />

di recuperare velocemente la ghiaia<br />

e la sabbia. Nelle configurazioni impiantistiche<br />

più semplici il liquido di lavaggio è acqua,<br />

mentre in quelle più complesse è costituito<br />

da soluzioni acquose contenenti<br />

specifici reagenti chimici (lavaggio chimico)<br />

in grado di promuovere il passaggio degli<br />

inquinanti dal suolo alla soluzione estraente.<br />

In entrambi i casi, il liquido di lavaggio è<br />

in genere recuperato, depurato e/o ricircolato<br />

nell’impianto (Vaccari et al., 2004).<br />

Il processo si basa essenzialmente su<br />

due meccanismi (De Fraja Frangipane et<br />

al., 1994):<br />

l la dissoluzione dei contaminanti nell’agente<br />

estraente;<br />

l la dispersione dei contaminanti nel liquido<br />

d’estrazione sotto forma di particelle<br />

sospese.<br />

L’intero processo (si veda la figura 1) si<br />

articola nei seguenti stadi:<br />

l pretrattamento del terreno contaminato;<br />

41


Terreno<br />

contaminato<br />

l separazione fisica delle differenti frazioni<br />

granulometriche;<br />

l trattamento del materiale grossolano;<br />

l trattamento della frazione fine;<br />

l trattamento delle acque di processo;<br />

l trattamentodelleemissioniatmosferiche.<br />

Pretrattamento<br />

Il pretrattamento consiste in:<br />

l scavo e trasporto dei materiali inquinati;<br />

l stoccaggio temporaneo in ambiente<br />

coperto e dotato di pavimentazione<br />

impermeabilizzata;<br />

l separazione dei componenti ferrosi<br />

con separatore magnetico;<br />

l selezione primaria ed eventuale frantumazione<br />

dei materiali lapidei di rifiuto.<br />

La selezione primaria comprende, in genere,<br />

una vagliatura grossolana seguita da<br />

una più fine, aventi entrambe lo scopo di<br />

proteggere l’impianto da danneggiamenti<br />

e/o arresti.<br />

La vagliatura grossolana, che può essere<br />

manuale o meccanica (la cui spaziatura<br />

delle barre varia da 70 a 200 mm), serve a<br />

rimuovere le parti più ingombranti.<br />

Il materiale trattenuto dalle griglie o selezionato<br />

dagli operatori in genere non è<br />

contaminato e, se di qualità opportuna,<br />

può, quindi, essere avviato al recupero<br />

previa frantumazione (Tatàno, 1999). La<br />

vagliatura fine opera un “taglio” a 50­60<br />

mm (ad esempio tramite vaglio rotante).<br />

Oltre a separare i materiali lapidei, in genere<br />

non contaminati e recuperati (ad<br />

esempio come sottofondi stradali), questa<br />

fase consente di rimuovere dal terreno<br />

da trattare le zolle argillose di dimensioni<br />

maggiori che, grazie al loro elevato<br />

carico inquinante potrebbero influire negativamente<br />

sulla resa del lavaggio.<br />

Separazionefisica<br />

La fase di separazione fisica ha lo scopo di<br />

dividere il terreno in due differenti frazioni<br />

granulometriche:<br />

l una fine;<br />

l una grossolana.<br />

Il diametro particellare che costituisce la<br />

linea di confine tra queste due classi deve<br />

essere scelto in modo tale da isolare la<br />

frazione granulometrica di terreno cui è<br />

associata la maggior parte della contaminazione<br />

(Berbenni et al., 2002). In linea<br />

generale, comunque, è considerata frazione<br />

fine quella le cui particelle hanno<br />

dimensioni lineari sotto 63­70 μm (USE­<br />

PA, 1993). Di seguito vengono riportati i<br />

PROCESSI E SISTEMI•BONIFICHE<br />

FIGURA1<br />

SCHEMAGENERALEDELPROCESSODISOILWASHING<br />

Pretrattamento<br />

Residuo<br />

<strong>Soluzio</strong>ne<br />

estraente<br />

Separazione fisica<br />

Trattamento della<br />

frazione grossolana<br />

Terreno<br />

trattato<br />

<strong>Soluzio</strong>ne<br />

estraente<br />

Trattamento della<br />

frazione fine<br />

<strong>Soluzio</strong>ne<br />

estraente<br />

Eventuale post­trattamento<br />

della frazione finale<br />

Trattamento della soluzione<br />

estraente<br />

<strong>Soluzio</strong>ne estraente<br />

recuperata (da ricircolare)<br />

Terreno<br />

trattato<br />

sistemi più comunemente impiegati.<br />

ð Separazioneperdimensioni<br />

Può avvenire a secco o a umido, mediante<br />

l’utilizzo di vagli meccanici vibranti,<br />

oscillanti o rotanti. I sistemi a<br />

secco sono efficaci su particelle grossolane;<br />

sotto i 5 cm, l’umidità naturale del<br />

terreno può rendere difficoltosa e inefficiente<br />

l’applicazione. La separazione a<br />

umido, che ha una maggiore efficienza,<br />

comporta la produzione di un flusso<br />

d’acqua che a fine operazione dovrà<br />

essere trattato (Berbennietal., 2002).<br />

ð Separazionepergravità<br />

Nella classificazione per gravità, le particelle<br />

di terreno sono separate soprattutto<br />

in base alla loro densità, ma anche<br />

alla loro forma e alla loro dimensione.<br />

Può operare a secco o a umido. I dispositivi<br />

a gravità più comuni sono in<br />

grado di isolare particelle con diametro<br />

compreso tra 3 cm e 150 μm.<br />

Fra le apparecchiature che sfruttano questo<br />

meccanismo si citano, utilizzando la terminologia<br />

anglosassone ampiamente diffusa:<br />

l il “jig”: ha l’aspetto di un sedimentatore<br />

nel quale si alternano fasi nelle quali flussi<br />

d’acqua ascendenti sollevano la massa<br />

di fango introdotta dall’alto disperdendo<br />

42 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

Fango


PROCESSI E SISTEMI•BONIFICHE<br />

le particelle in fase di decantazione, a fasi<br />

di risucchio della massa stessa, in cui le<br />

particelle vengono accelerate verso il<br />

basso, provocando l’ispessimento del<br />

letto di fango depositato sul fondo. Il<br />

risultato è il rapido consolidamento di<br />

uno strato di particelle grosse e pesanti<br />

sul fondo del sistema e la fuoriuscita,<br />

dall’apposito canale, dell’acqua e delle<br />

particelle più leggere nella zona prossima<br />

alla sommità. Con il jig si possono<br />

adottare dimensioni di taglio superiori ai<br />

150 μm, ma buoni risultati si ottengono<br />

anche scendendo fino a 75 μm;<br />

l lo “spiralconcentrator”: è costituito da un<br />

canale a forma di spirale fissato a un<br />

albero centrale. Il fango viene alimentato<br />

dalla sommità con rapporti solido/liquido<br />

variabili fra 0,1 e 0,4. Durante la discesa<br />

si crea un gradiente di velocità nello<br />

spessore della vena fluida; lo strato aderente<br />

al fondo del canale procede molto<br />

lentamente a causa dell’attrito mentre la<br />

velocità aumenta gradualmente spostandosi<br />

verso l’alto fino a raggiungere il valore<br />

massimo in un intorno del pelo libero.<br />

Le particelle piccole e dense affondano<br />

nello strato più lento del flusso e si concentrano<br />

nella zona a ridosso della parete<br />

più interna della spirale. Le particelle<br />

di dimensione maggiore e il corpo del<br />

fluido (contenente le particelle più piccole<br />

e leggere in sospensione) si muovono<br />

più velocemente e, risentendo maggiormente<br />

delle forze centrifughe, sono<br />

proiettati verso l’esterno. Lungo la discesa,<br />

alla base del canale, sono collocate<br />

aperture di ampiezza regolabile che raccolgono<br />

le particelle di dimensione e<br />

densità desiderata. Lo spiral concentrator<br />

è in grado di separare particelle con dimensioni<br />

variabili tra i 75 e i 3000 μm.<br />

ð Classificazioneidrodinamica<br />

Nella classificazione idrodinamica la separazione<br />

avviene sfruttando la velocità<br />

limite di spostamento dei grani (a<br />

sua volta dipendente dalle loro densità,<br />

forma e dimensione) in moto in un<br />

fluido viscoso e sottoposti:<br />

l a forze gravitazionali (classificatori a sedimentazione<br />

o a controcorrente) o<br />

l alla combinazione di forze gravitazionali<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

5Foto1–Impianto di soil washing<br />

e centrifughe (idrocicloni).<br />

L’idroclassificatorestaticoacontrocorrente<br />

è costituito da un serbatoio<br />

cilindrico in cui scorre un flusso d’acqua<br />

ascendente che si oppone alla sedimentazione<br />

della torbida introdotta dall’alto;<br />

questo flusso è regolato in modo tale da<br />

vincere il peso delle particelle con diame­<br />

5Foto2–Aree di stoccaggio dei suoli contaminati<br />

tro inferiore alla dimensione di taglio trasportandole<br />

fino all’estremità superiore<br />

della macchina da dove sfiorano in un canale<br />

di raccolta. Le sabbie più pesanti e<br />

dense, invece, sottoposte peraltro a un<br />

ulteriore lavaggio durante la discesa contro<br />

corrente, raggiungono il fondo del serbatoio<br />

dove sono recuperate e inviate agli<br />

43


5Foto3–Ghiaia recuperata<br />

stadisuccessivi.Questosistemaèefficace<br />

perdimensioniditagliosuperioriai50μm.<br />

Gliidrociclonisonocostituitidauntubo<br />

aformadiconorovesciatoincuilatorbida<br />

èimmessatangenzialmentedall’estremità<br />

superioreaunapressionevariabiletra0,2<br />

e5kPa.Inquestomodo,sicreaunvortice<br />

con una zona di bassa pressione in corri­<br />

5Foto4–Particolare dell’idrociclone<br />

spondenzadell’assedeltubo.Leparticelledidimensioneodensitàmaggiore,schiacciatecontroleparetidelciclonedallaforza<br />

centrifuga, scendono con moto elicoidale<br />

fino all’apertura sul fondo del cono,<br />

mentre le particelle più leggere sono risucchiate<br />

nella zona di bassa pressione e<br />

spinte in alto lungo l’asse fino al canale di<br />

PROCESSI E SISTEMI•BONIFICHE<br />

raccolta posto in sommità. Questo apparecchioèingradoditrattareelevateportate<br />

(da 600 a 2000 m 3 /h), ma è particolarmente<br />

rigido; un cambiamento della<br />

portatadialimentazionecomporta,infatti,<br />

una variazione dimensioni di taglio.<br />

Questosistemaèefficaceperdimensioni<br />

ditagliocompresefra5e150μm.<br />

ð Classificazioneperflottazione<br />

È un processo a umido che sfrutta le<br />

proprietà superficiali dei minerali, talvolta<br />

accentuabilimediantel’aggiuntadiadditivi<br />

chimici.Neidispositividiflottazione,bolle<br />

d’aria molto fini veicolano le particelle<br />

solide fino al pelo libero dell’acqua, da<br />

dovevengonorimosse.<br />

ð Classificazionemagnetica<br />

È basata sulle differenti proprietà magnetichedeimineralieseparaefficientemente<br />

materiali ferrosi da quelli non ferrosi. I<br />

dispositivi commerciali operano generalmente<br />

in continuo, sottoponendo il materialeadunfortecampomagnetico.<br />

Trattamentodellafrazione<br />

grossolana<br />

Dopo la separazione, il materiale di dimensioni<br />

granulometriche maggiori sarà<br />

praticamente decontaminato; può darsi,<br />

tuttavia, che qualche sostanza sia rimasta<br />

ancoraadsorbitaoancoraricopraleparticelle.<br />

A seconda dei casi si procederà,<br />

dunque,aun’ulteriorefaseditrattamento,<br />

adesempiomedianteunacameraattrizionale,<br />

oppure utilizzando solventi specifici<br />

perladissoluzionedeicontaminantirimasti<br />

attaccati alle particelle. Il materiale che<br />

escedallaseparazioneconunaltotassodi<br />

umiditàdeveesseredisidratatoe,ingenerale,<br />

si procede con filtrazione semplice<br />

pergravitàocentrifughediispessimento.<br />

Trattamentodellafrazionefine<br />

Il lavaggio e l’estrazione dei contaminanti<br />

dal terreno fine richiedono la miscelazionedellostessoconl’agenteliquidoestraente,<br />

con intenso impegno di energia<br />

meccanica (fino a 10 kWh t ­1 ) (Neesse et<br />

al., 1991). L’estrazione dei contaminanti<br />

avviene per effetto di una serie di meccanismichepossonoaverluogosimultaneamentenellostessostadiodeltrattamento<br />

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PROCESSI E SISTEMI•BONIFICHE<br />

o distintamente in stadi successivi (De<br />

FrajaFrangipaneetal.,1994):<br />

l ditipomeccanico(taglio,impatto,sfregamento),conprimariafunzionedidisgregaregliagglomeratieventualmentepresentinelterrenoeliberareinsospensione<br />

nel liquido estraente le particelle di<br />

contaminante mediante<br />

una forte interazione fisica<br />

tra particella e particella<br />

e/otraparticellaecomponentidelleapparecchiature<br />

dilavaggio;<br />

l ditipofisico­chimicoechimico<br />

(desorbimento e dissoluzione),<br />

che determinano<br />

ildistaccodellacontaminazione<br />

dalle particelle di<br />

terreno mediante l’alterazionedelleforzelocalidiadsorbimento<br />

(peresempiovariandoilpHdelsistema<br />

acqua­terreno o alterando le forze superficialicontensioattivi)omediantela<br />

risolubilizzazionediprecipitati.<br />

L’estrazione di inquinanti con caratteristiche<br />

anche molto diverse è ottenibile<br />

sfruttando l’azione di reagenti specifici da<br />

aggiungere all’acqua di lavaggio. Tuttavia,<br />

nella messa a punto del dosaggio e della<br />

tipologia di reagente da utilizzare, oltre<br />

all’efficienza di estrazione, vi sono altri<br />

fattoridaconsiderare:<br />

l i costi del reagente possono incidere<br />

notevolmente sul costo totale del trattamento;<br />

l alcune sostanze (tipicamente gli acidi),<br />

specieseutilizzatemassicciamente,determinanoun’alterazionedellacomposizionedelterrenooriginarioe,inparticolare,<br />

il danneggiamento o addirittura<br />

impediscono la rimozione delle frazione<br />

organica rendendo impossibile un<br />

riutilizzo agricolo del suolo bonificato<br />

(Nealeetal.,1997);<br />

l gli stessi reagenti possono dar luogo a<br />

unacontaminazionedelterrenochedeve,quindi,subireunulterioretrattamentospecifico(dilavaggio,distrippaggioodi<br />

biodegradazione)perlalororimozione;<br />

l il recupero di talune soluzioni estraenti<br />

risulta particolarmente complesso e<br />

costoso.<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

“Gli agenti<br />

inquinanti<br />

vengono<br />

rimossi dal<br />

suolo<br />

mediante il<br />

trasferimento<br />

a una fase<br />

liquida<br />

”<br />

Lesoluzioniestraentipiùutilizzatesono:<br />

l estrazioneconacqua,generalmentea<br />

temperaturaambienteoriscaldata.Oltre<br />

a svolgere il ruolo di fluido vettore,<br />

in grado di accogliere la contaminazione<br />

in forma sospesa rimossa nella fase<br />

di scrubbing, l’acqua scioglie, senza la<br />

necessità di aggiungere reagenti,<br />

la contaminazione<br />

presente nelle forme più<br />

solubili come, ad esempio,<br />

isolfatieiclorurimetallici;<br />

l estrazione con acqua e<br />

tensioattivi, che viene<br />

applicata a inquinanti idrofobici<br />

e possibilmente poco<br />

volatili quali PCB, pesticidi<br />

clorurati, combustibili<br />

(benzina, gasolio, oli combustibili),<br />

lubrificanti, plastificanti, solventicloruratioaromatici;<br />

l estrazione acida, indicata per la rimozione<br />

di metalli in forma cationica. Gli<br />

acidi più comunemente utilizzati sono<br />

HCl, HNO 3, H 2SO 4, acido acetico o<br />

miscele di questi. La concentrazione di<br />

acidi nella soluzione di lavaggio di un<br />

processo di soil washing dipende strettamente<br />

dalle caratteristiche della matrice<br />

solida. In terreni neutri o basici, i<br />

cationi metallici sono fortemente adsorbiti<br />

sulla frazione argillosa del terreno<br />

e sugli ossidi di ferro e manganese<br />

aderenti alla matrice solida; serve, pertanto,utilizzareunasoluzioneestraente<br />

acida concentrata. Nei terreni acidi e<br />

sabbiosi,icationimetallicisonopiùmobili<br />

, risultando, pertanto, facilmente<br />

estraibiliancheconsoluzioniacidemenoconcentrate;<br />

l estrazione alcalina, con l’impiego di<br />

agenti quali NaOH e Na 2CO 2. L’innalzamento<br />

del pH (De Fraja et al., 1994)<br />

favorisce infatti il rilascio e la dispersionedeicontaminantiassociatiallefrazioni<br />

dotate di elevata densità di carica<br />

superficiale(argillaehumus).Inoltre,pH<br />

alcalini promuovono la dissoluzione<br />

della sostanza organica e, quindi, del<br />

contaminanteadessaassociato;<br />

l estrazione con agenti chelanti, che<br />

sono in grado, aggiunti al terreno in<br />

soluzione acquosa, di strappare la contaminazione<br />

dai siti di adsorbimento e<br />

di dissolvere i precipitati dei contaminantimetallici(adesempioicarbonatio<br />

gli idrossidi). Insieme al recupero degli<br />

inquinanti si può, tuttavia, assistere alla<br />

dissoluzione di costituenti del terreno<br />

diperséinnocuiqualigliossididiFe,Al<br />

e Mn e i carbonati di Ca e Mg; ciò<br />

comportaunimpoverimentodelterreno<br />

e una riduzione del quantitativo di<br />

reagenteeffettivamentedisponibileper<br />

l’estrazione dei contaminanti. Gli svantaggi<br />

di questi composti risiedono negli<br />

elevaticostisiadelreagentesiadelprocesso<br />

di depurazione della soluzione<br />

estraente, che però, opportunamente<br />

trattata, può essere ricircolata (Vaccari<br />

etal.,2006);<br />

l estrazione conossidantioriducenti:<br />

i primi possono essere usati per la<br />

lisciviazionedielementilacuiformaossidata<br />

risulti più mobile delle forme ridotte(adesempioperl’ossidazionedel<br />

Cr 3+ a Cr 6+ ) e nell’estrazione di elementilegatiallasostanzaorganicanaturale,<br />

che viene degradata con questo<br />

tipo di reagenti; i secondi possono trovareapplicazione,adesempio,nellasolubilizzazione<br />

del ferro (che viene appuntoridottodaFe<br />

3+ aFe 2+ ).<br />

Non frequentemente si utilizzano per<br />

l’estrazione solventi organici quali metiletilchetoneopentano.<br />

Trattamentodelleacque<br />

delprocesso<br />

Laseparazioneaumidoel’eventualetrattamento<br />

chimico della frazione fine comportano<br />

la produzione di flussi d’acqua<br />

chepresentanoelevateconcentrazionidi<br />

materialecolloidaleesalisolubilizzatidalla<br />

matrice solida, nonché concentrazioni di<br />

inquinanti più o meno consistenti, in dipendenza<br />

dalla solubilità degli stessi, ed<br />

eventualmente degli additivi chimici usati<br />

perl’estrazione(Saponaroetal.,2003).<br />

L’abbattimento degli inorganici solubilizzatiedelmaterialecolloidalepuòavvenire<br />

mediante miscelazione (con agenti<br />

precipitantie/ocoagulanti),flocculazione,<br />

sedimentazionee/ofiltrazionesusabbia.<br />

45


Inoltre,loschemadiprocessoprevede,in<br />

genere,ancheunafaseperilrecuperodel<br />

liquidodilavaggioodell’agenteestraente,<br />

aifinidelricircolodellostessonell’impiantoperiltrattamentodialtroterrenocontaminato(Yujunetal.,1999).<br />

Trattamentodelleemissioni<br />

atmosferiche<br />

Il processo di lavaggio, soprattutto nella<br />

fasediseparazione,puòportarealladiffusione<br />

in aria di polveri e composti volatili<br />

eventualmente presenti nel terreno, ciò<br />

che rende necessario il trattamento di<br />

queste emissioni prima del rilascio in atmosfera.Generalmente,quest’ultimoviene<br />

condotto con sistemi di depolverizzazione<br />

a secco (cicloni o filtri in tessuto),<br />

torridilavaggio,biofiltrie/ofiltriacarbone<br />

attivo(Petruzzelli,2000).<br />

Campodiapplicazione<br />

L’applicabilità del soil washing dipende,<br />

principalmente, dalle caratteristiche del<br />

terrenodatrattareedellesostanzechelo<br />

contaminano. Il trattamento è affidabile<br />

soprattutto per terreni caratterizzati da<br />

uncontenutodel50­70%insabbiaeghiaia;<br />

se il contenuto di fini (limi e argille, in<br />

generale particelle di dimensioni inferiori<br />

a63mm)èparial30­50%,iltrattamento<br />

disoilwashingècomunqueapplicabile,ma<br />

potrebbe non essere economicamente<br />

conveniente (si veda la tabella 1); infatti, i<br />

contaminanti si concentrano sulle particellefini.Pertanto,operaresuunterrenoabassagranulometriacomportalanecessità<br />

di dover smaltire in discarica o sottoporreadaltritipiditrattamentoconsiderevoli<br />

quantità di materiale contaminato,<br />

con conseguente incremento dei costi.<br />

Unaltrofattorenegativoèrappresentato<br />

daunelevatocontenutodisostanzaorganica<br />

naturale, che presenta un notevole<br />

potereadsorbente.<br />

Problemidisicurezza<br />

Problemidisicurezzapossonopresentarsiintuttelefasisopradescritteepossono<br />

esseredinatura:<br />

l fisica;<br />

l chimica;<br />

l biologica;<br />

l radioattiva.<br />

Irischifisici<br />

ð i primi rischi fisici si presentano nella<br />

fase di scavo e nella successiva fase di<br />

PROCESSI E SISTEMI•BONIFICHE<br />

carico del materiale scavato sui mezzi<br />

di trasporto e derivano dall’utilizzo di<br />

mezzipesanti,conorganiinmovimento<br />

(automezzi, nastri trasportatori).<br />

Oltre a utilizzare mezzi adeguati, occorre<br />

che gli operatori prestino continua<br />

attenzione; sono stati, infatti, descritti<br />

casi nei quali si sono verificati<br />

infortuni mortali di operatori travolti<br />

damezziinretromarcia;<br />

ð nelle operazioni di scavo e in quelle di<br />

separazioneaseccopossonoverificarsiproiezionidipietre,percuiglioperatori<br />

devono essere adeguatamente<br />

protetticonocchialidisicurezzadotati<br />

dialettelaterali;<br />

ð rischio fisico può anche derivare dalla<br />

natura dei contaminanti; durante le<br />

operazionidiscavopossono,infatti,svilupparsivaporiinfiammabili,chedeterminano<br />

rischio di incendio o anche<br />

esplosione per la possibile formazione<br />

di scintille per attrito tra il cucchiaio<br />

dell’escavatore e le pietre presenti nel<br />

materialediscavo.Frequentiirrorazionid’acquariduconograndementequestorischio,che,d’altraparte,èpresenteanchenellesuccessivefasidiseparazioneasecco;<br />

TABELLA1<br />

APPLICABILITÀDELSOILWASHINGINFUNZIONEDELLANATURA<br />

EDELTIPODITERRENO(EPA,1995)<br />

Gruppi di contaminanti Terreni ghiaioso-sabbiosi Terreni argilloso-limosi<br />

Composti alogenati volatili AEE AEL<br />

Composti alogenati semivolatili AEL AEL<br />

Composti non alogenati volatili AEE AEL<br />

Organici<br />

Composti non alogenati semivolatili<br />

Policlorobifenili (PCB)<br />

AEL<br />

AEL<br />

AEL<br />

AEL<br />

Pesticidi alogenati AEL AEL<br />

Diossine/furani AEL AEL<br />

Cianuri organici AEL AEL<br />

Metalli volatili AEE AEL<br />

Inorganici<br />

Metalli non volatili<br />

Amianto<br />

AEE<br />

NA<br />

AEL<br />

NA<br />

Cianuri inorganici AEL AEL<br />

Reattivi<br />

Ossidanti<br />

Riducenti<br />

AEL<br />

AEL<br />

AEL<br />

AEL<br />

Legenda: AEE = applicabilità con elevata efficienza; AEL = applicabilità con efficienza limitata; NA = non applicabile<br />

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PROCESSI E SISTEMI•BONIFICHE<br />

ð nelcasoincuiicontaminantisianocostituitidasolventi,chevengonoseparati<br />

a livello di impianto, oppure nel pur<br />

infrequente caso in cui l’estrazione avvengaconsolventi,occorretenercontoanchedellalorotossicità;<br />

ð se nell’estrazione si fa uso di vapore,<br />

l’ulteriore rischio da prendere in considerazione<br />

è quello di venire a contattoconcondotteadaltatemperatura<br />

­ capaci di determinare ustioni per<br />

contatto (occorre quindi fare uso di<br />

adatti guanti) ­ o di venire investiti da<br />

fluidicaldi;<br />

ð l’utilizzo delle macchine può generare<br />

rumore (contro il quale si devono impiegare<br />

dispositivi di protezione individuale)eanchevibrazioni;<br />

ð nondeveesseretrascurato,nellevarie<br />

fasidelprocessocheavvengonoasecco,<br />

il rischio di inalare poveri, talvolta<br />

silicotigene; in presenza di questo rischio,<br />

occorrono dispositivi di protezionedellevierespiratorie.Ovviamente,questorischiononèpresentenelle<br />

fasidilavorazioneaumido.<br />

ð per evitare il rischio di scivolature, le<br />

superfici calpestabili non devono presentare<br />

ristagni d’acqua e gli operatori<br />

devonofarusodiappositecalzature;<br />

ð l’utilizzodidispositivielettricidetermina<br />

ilcorrispondenterischio,ilcherichiede<br />

un’accuratamessaaterraedispositividi<br />

interruzione automatica della corrente<br />

(salvavita), nonché il controllo e la manutenzionedeiconduttoriedellemacchineelettricheimpiegate.<br />

Irischichimici<br />

ð la varietà dei prodotti utilizzati soprattutto<br />

per il trattamento delle frazioni<br />

fini (si veda il sottoparagrafo “Separazionefisica”)determinaunacorrispondentevarietàdirischiochimicodacontatto,ingestioneoinalazionedireagentiacidi,alcalini,ossidanti,riducenti,ecc.<br />

Propriol’estremavarietàsiadireagenti<br />

sia di contaminanti dei suoli impedisce<br />

unaprecisaelencazionedeirischiedei<br />

corrispondentiinterventidiprevenzioneeprotezione;<br />

ð per ciascuna categoria di reagenti si<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

devefarriferimentoallacorrispondenteschedadisicurezza,mentreun’accurata<br />

analisi dei contaminanti del suolo<br />

datrattareèlaprecondizioneperpredisporregliinterventidisicurezza;<br />

ð in generale, i sistemi di alimentazione<br />

dei reagenti per la preparazione delle<br />

soluzioni devono essere, per quanto<br />

possibile,acircuitochiusoeglioperatoridevonoesseredotatidegliopportuni<br />

mezzi di protezione individuale quali<br />

guanti, indumenti, occhiali protettivi e,<br />

senecessario,respiratoriindividuali;<br />

ð sitengapresentecherischiochimicoè<br />

presenteancheneifanghielimiseparati,<br />

che possono contenere idrocarburi,<br />

metallipesanti,solventi,ecc.<br />

Irischidaradioattività<br />

Sebbene non sia frequente, è comunque<br />

suggerito di verificare, per ogni materiale<br />

trattato,seillivellodiradioattivitàsiasupe­<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

riore a quello di base. Nel caso in cui il<br />

rilievo sia positivo, gli interventi sono di<br />

competenzadiunespertodifisicasanitaria.<br />

Irischibiologici<br />

ð rischibiologicipossonoesserepresenti<br />

neisitiincuièavvenutolosversamento<br />

dirifiutisanitarieanchedirifiutiurbani.<br />

Glioperatoripossonoessereespostia<br />

varie tipologie di microrganismi e venirne<br />

a contatto dermico o per ingestione,operinalazione.Traimicrorganismi<br />

patogeni che si incontrano più<br />

frequentemente si citano Histoplasma<br />

sp.,Mycobacteriasp.,ecc;<br />

ð il rischio, ove presente, può essere affrontatoriducendolapolverositàattraverso<br />

l’impiego di acqua e, talvolta, di<br />

schiumeeutilizzandodispositividiprotezioneindividuali.Incasodiesposizioni<br />

significative saranno opportuni controllimedici.<br />

l<br />

l BerbenniP.,BonomoL.,PetruzzelliG.,RomeleL.,SardanoD.,SaponaroS.(2002).Ilsoilwashing<br />

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l Yujun Y., Herbert E.A. (1999). In situ chemical treatment. Technology Evaluation Report, TE/9901,<br />

Luglio.<br />

47


Diversi sono gli elementi<br />

di cui tenere conto<br />

nella progettazione<br />

e realizzazione<br />

di un impianto<br />

fotovoltaico,<br />

a partire dalla corretta<br />

valutazione dello spazio<br />

realmente disponibile<br />

(al netto, quindi,<br />

di eventuali ostacoli),<br />

al calcolo della distanza<br />

tra le file dei moduli,<br />

fino alla scelta<br />

della tipologia<br />

della struttura<br />

di supporto<br />

e di connessione.<br />

Un discorso a parte<br />

è quello della logistica<br />

di cantiere.<br />

Tutto questo può essere<br />

efficientemente<br />

sintetizzato attraverso<br />

l’analisi di un caso<br />

applicativo.<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

PROCESSIESISTEMI•ENERGIA<br />

Impianti fotovoltaici<br />

Progettazione e installazione:<br />

criteri di analisi e soluzioni<br />

■diRenatoValliveroeLucaTerrando,direzioneTecnicaEcostreamItalyS.r.l.<br />

FotosugentileconcessionediGolderItaliaS.r.l.,societàdiingegneria<br />

ambientale<br />

FiguresugentileconcessionediEcostreamItalyS.r.l,societàrealizzatricediimpiantifotovoltaici<br />

I recenti sviluppi legislativi stanno dando un forte impulso<br />

al mercato delle energie rinnovabili e, nello specifico, del<br />

fotovoltaico. Il nuovo “conto energia” prevede due importanti<br />

novità rispetto alla normativa precedente. La<br />

prima è la garanzia dell’accesso all’incentivo non più<br />

legato a nessun tipo di graduatoria o limite annuale<br />

(hanno diritto alle tariffe incentivanti tutti gli impianti<br />

che entrano in esercizio entro 14 mesi dalla data nella<br />

quale verrà raggiunto il primo limite di 1.200 MWp); la<br />

seconda è un approccio burocratico più semplificato.<br />

Risulta, quindi, opportuno analizzare nel dettaglio le fasi<br />

operative per la corretta progettazione e installazione di<br />

un impianto fotovoltaico, partendo da un “caso di<br />

specie”.<br />

Caratteristichegenerali<br />

dell’impianto<br />

L’impiantoinesame:<br />

l èubicatonelcentrodiTorino;<br />

l hauna“taglia”da39,4kW;<br />

l si compone di circa 150 moduli fotovoltaici,<br />

realizzati con diverse tecniche<br />

costruttive. Vi sono, infatti, moduli<br />

mono e policristallini di diverse case<br />

costruttrici e diverse tipologie di installazione:<br />

– vasche “Console” in plastica prestampata<br />

(polietilene ad alta densità<br />

– HDPE) e completamente riciclata<br />

(sivedalafoto2);<br />

– triangoli in alluminio leggero e ferro<br />

zincato a caldo, per prevenire fenomenidiossidazioneodeterioramen­<br />

to dovuto ad agenti atmosferici (si<br />

vedalafoto3);<br />

– supportipertettopiano.<br />

Il campo fotovoltaico (FV) è diviso in<br />

quattro sottocampi ognuno con proprio<br />

gruppo di conversione (inverter) da corrente<br />

continua a corrente alternata, di<br />

cui tre monofase e uno trifase, a loro<br />

volta connessi alla rete trifase 400V, nel<br />

quadro generale di bassa tensione dell’impiantodelproprietario;l’energiaprodotta<br />

viene, per lo più, auto­consumata,<br />

oppure immessa nella rete pubblica di<br />

distribuzionequandolarichiestadienergiaelettricadelproprietarioèinferiorea<br />

quellaprodotta.<br />

L’impianto FV sopperisce al fabbisogno<br />

energeticodelproprietariopercircail25%.<br />

49


5Foto1–Moduli installati su copertura piana<br />

Criteridiprogettazione<br />

La copertura dello stabile è un tetto piano.<br />

La possibilità di usufruire di una superficie<br />

piana permette di orientare i moduli in fun­<br />

5Figura1–Ostacoli presenti sul tetto dell’edificio<br />

5Figura2–Calcolo ombreggiamento<br />

zione dell’azimuth ottimale, svincolandosi<br />

dall’effettivo orientamento dello stabile,<br />

che, invece, è un aspetto imprescindibile nel<br />

caso di strutture a tetto inclinato o “ashed”.<br />

PROCESSI E SISTEMI•ENERGIA<br />

ð Per la definizione di un impianto fotovoltaico<br />

su tetto piano occorre valutarelospazioeffettivamentedisponibile;<br />

frequentemente, infatti, una copertura<br />

piana risulta essere circondata<br />

da una balaustra (intesa come muretto<br />

continuo alto almeno 70­80 cm) da cui<br />

occorre mantenere una distanza minima<br />

sia per evitare l’ombreggiamento<br />

dei pannelli sia per garantire il passaggio<br />

di addetti alla manutenzione. Inoltre, è<br />

necessario verificare se esistono dispositivi<br />

tecnologici o elementi architettonici<br />

(UTA, scarichi, sovrastrutture, ecc.)<br />

che possono provocare ombreggiamento<br />

e ridurre di conseguenza la superficie<br />

complessivamente disponibile.<br />

Nel caso in esame (si veda la figura 1), il<br />

tetto si presentava occupato da diversi<br />

ostacoli quali:<br />

l vano accesso tetto (1);<br />

l chiller (2);<br />

l torretta vecchio montacarichi (3);<br />

l pilastri di ripresa tetto (4).<br />

Pertanto, è stato necessario valutare<br />

l’ombreggiamento da essi provocato al<br />

fine di definire correttamente le aree su<br />

cui posizionare i moduli.<br />

ð Definita l’area a disposizione, occorre<br />

calcolare la distanza tra le file dei<br />

moduli, in modo da evitare l’ombreggiamento<br />

reciproco. La scelta dell’interasse<br />

di posa delle file deve essere calcolato<br />

nel periodo di massimo ombreggiamento<br />

che risulta essere nel<br />

giorno del solstizio d’inverno.<br />

ð Stabilito illay­out dei moduli si sceglie la<br />

tipologia della struttura di supporto,<br />

strettamente in funzione della<br />

tipologia architettonica della copertura<br />

e dei carichi statici che essa può supportare.<br />

Negli stabili con elementi prefabbricati di<br />

semplice copertura si considerano le dimensioni<br />

delle travi, il carico neve di legge<br />

e, in relazione alla sicurezza, si riduce a<br />

circa 15­20 kg per metro quadrato il sovraccarico<br />

accidentale ammesso, mentre<br />

nelle strutture realizzate in opera o prefabbricate<br />

calpestabili si possono accettare<br />

sovraccarichi permanenti di alcune<br />

centinaia (2­3) di kg per metro quadrato.<br />

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PROCESSI E SISTEMI•ENERGIA<br />

Questa valutazione preliminare è determinante<br />

per la scelta delle strutture di<br />

supporto:<br />

l a gravità, la cui stabilità è garantita dal<br />

peso della struttura,<br />

l a collegamento meccanico, la cui stabilità<br />

è data da elementi di congiunzione<br />

tra la struttura portante e il sostegno.<br />

La soluzione a gravità risulta essere la più<br />

semplice e meno invasiva, poiché si rende<br />

necessario il solo zavorramento della<br />

struttura; la zavorra (si vedano lafigura3e<br />

lafoto4) può essere realizzata mediante il<br />

riempimento di vasche con materiale<br />

inerte (ghiaia o macerie) o con blocchi di<br />

calcestruzzo da realizzarsi in opera.<br />

Il dimensionamento della zavorra è realizzato<br />

mediante l’analisi statica e cinematica<br />

della risposta della struttura all’azione<br />

del vento.<br />

Applicando la normativa vigente (circolare<br />

del Ministero dei Lavori pubblici 4 luglio<br />

1996, n. 156) si determina la zona di riferimento,<br />

il fattore di esposizione e la classe<br />

della struttura (per quest’ultima occorre<br />

fare riferimento alle tettoie con un solo<br />

spiovente).<br />

Definito il carico distribuito (in kg/m 2 ) si<br />

determina l’azione ribaltante agente nel<br />

baricentro della struttura moltiplicando la<br />

pressione per la superficie.<br />

Considerando lo schema infigura3si avrà:<br />

Mr(momentoribaltante)=<br />

(Pvento*Superficiemoduli)*Hbar<br />

Applicando le equazioni della cinematica,<br />

considerando come fulcro di ribaltamen­<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

to il vertice inferiore di sinistra, si andrà a<br />

definire la forza pesoFzavorra.<br />

Fzavorra=Mr/Lzav<br />

Nel caso, invece, di elementi strutturali a<br />

cassone, essendo il peso distribuito su tutta<br />

la superficie di appoggio occorre verificare<br />

laFzavorra per una distanza pari aLzav/2.<br />

La soluzione con fissaggio meccanico richiede<br />

un’analisi statica più dettagliata, in<br />

cui si verifica anche la capacità di tenuta<br />

alla flessione deviata della struttura.<br />

ð Esaminata la reazione della travatura<br />

del fabbricato alle sollecitazioni derivanti<br />

dal peso del campo fotovoltaico,<br />

si definisce la tipologia di connessione(bullonatura<br />

o saldatura); qualora<br />

si renda necessaria la foratura delle<br />

coperture, si deve garantire il ripristino<br />

dell’impermeabilità, con l’utilizzo di elementi<br />

plastici quali gommini o giunti<br />

elastici. In relazione a quanto sopra riportato<br />

si può, quindi, asserire che, nel<br />

caso di coperture piane, la possibilità di<br />

impiegare strutture di supporto a gravità<br />

risulta più semplice e permette di<br />

COMESCEGLIEREUNFORNITORE<br />

“CHIAVIINMANO”<br />

I requisiti che deve possedere un fornitore di impianti fotovoltaici sono:<br />

l livello e grado di assistenza;<br />

l presenza sul territorio;<br />

l referenze impianti realizzati;<br />

l presenza nella filiera del fotovoltaico;<br />

l dettaglio e livello di specificità dell’offerta;<br />

5Foto2–Struttura a triangolo 5Foto3–Struttura ConSole<br />

l garanzie fornite (tempistiche di cantierizzazione, metodologia di collaudo, contratto O&M­operatingandmantainancepost<br />

realizzazione)<br />

non alterare le proprietà impermeabili<br />

della copertura. Nel caso in esame,<br />

stante la verifica strutturale positiva della<br />

copertura e l’impermeabilizzazione<br />

di recente realizzazione, si è optato per<br />

l’impiego sia di strutture a gravità che<br />

vasche di plastica riciclata e riciclabile<br />

riempite con inerte. La scelta si è dimo­<br />

5Figura3–Calcolo zavorra<br />

5Foto4–Posizionamento zavorra<br />

5Figura4–Fissaggio moduli<br />

51


5Foto5–Fissaggio alluminio­cemento 5Foto6–Installazione moduli su triangoli<br />

strata particolarmente vantaggiosa sia<br />

per semplicità dell’installazione che per<br />

la diminuzione dei tempi di posa.<br />

La sequenza delle attività sono le seguenti:<br />

l posa del modulo nella posizione indicata<br />

dalla direzione lavori;<br />

l fissaggio delle barre di irrigidimento;<br />

l inserzione delle zavorre (costituite nel<br />

caso da sacchetti riempiti di sabbia o<br />

inerti) legati ai contemporanei lavori di<br />

ristrutturazione;<br />

l fissaggio dei moduli ed estrazione dei<br />

cavetti di collegamento.<br />

Lalogisticadicantiere<br />

Per quanto concerne la logistica di cantiere,<br />

i principali vantaggi derivanti dall’appli­<br />

ITERBUROCRATICO<br />

AMMINISTRATIVO<br />

Devono essere osservati i seguenti riferimenti normativi:<br />

l D.M. 23 febbraio 2007<br />

l delibera AEEG 11 aprile 2007 n. 88/2007 «Disposizioniinmateria<br />

di misura dell’energia elettrica prodotta da impianti di generazione»<br />

(in S.O. n. 107 allaGazzettaUfficiale del 27 aprile 2007, n. 97 e sul<br />

sitowww.autorita.energia.it)<br />

l delibera AEEG 11 aprile 2007 n. 89/2007 «Condizioni tecnico<br />

economiche per la connessione di impianti di produzione di energia<br />

elettrica alle reti elettriche con obbligo di connessione di terzi a<br />

tensione nominale minore o uguale ad 1 kV» » (in S.O. n. 107 alla<br />

Gazzetta Ufficiale del 27 aprile 2007, n. 97 e sul sito www.autorita.energia.it)<br />

l delibera AEEG 11 aprile 2007 n. 90/2007 «Attuazionedeldecreto<br />

del Ministro dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministro<br />

dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare 19 febbraio<br />

2007, ai fini dell’incentivazione della produzione di energia elettrica<br />

medianteimpiantifotovoltaici» (in S.O. n. 107 allaGazzettaUfficiale<br />

del 27 aprile 2007, n. 97 e sul sitowww.autorita.energia.it)<br />

cazione della soluzione sopra indicata riguardano:<br />

l l’estrema velocità nell’elevazione dal<br />

piano di campagna al piano di posa delle<br />

strutture, anche mediante sistemi di<br />

sollevamento facilmente reperibili sul<br />

mercato;<br />

l la possibilità, grazie al ridotto peso specifico,<br />

di stoccare il materiale direttamente<br />

sulla copertura senza il rischio di<br />

superare i carichi di progetto.<br />

ð Posizionati i moduli e relative strutture<br />

di sostegno si è poi proceduto al loro<br />

collegamentoelettricoinfunzione<br />

degli schemi elaborati in fase<br />

diprogetto. La definizione dell’assetto<br />

del campo (moduli e stringhe) è<br />

PROCESSI E SISTEMI•ENERGIA<br />

stato determinato mediante un’attenta<br />

analisi dell’accoppiamento moduli­inverter,<br />

tenendo in considerazione:<br />

l la tensione nominale e di lavoro dei<br />

vari dispositivi;<br />

l le tensioni di funzionamento degli inverter<br />

correlate ai coefficienti tensionetemperatura<br />

dei moduli, in modo tale<br />

da mantenere un sufficiente margine di<br />

sicurezza anche a temperature elevate;<br />

l le correnti nominale e il coordinamento<br />

ai fini della sicurezza degli organi<br />

di protezione e manovra imposti<br />

dalla normativa italiana.<br />

Nell’impianto in esame si è optato per una<br />

massima tensione di esercizio di 600 V.<br />

ð Appurata la corrispondenza normativa<br />

degli elementi, si procede alla scelta<br />

della potenza degli inverter, legata<br />

ad alcuni fattori, quali:<br />

l le taglie di potenza presenti in commercio;<br />

l l’omogeneità della posa dei pannelli<br />

(dovuti a fenomeni di ombreggiamento<br />

non eliminabili o a condizioni<br />

di posa differenti);<br />

l le condizioni di sbilanciamento dei<br />

carichi.<br />

ITER<br />

PRATICO<br />

l adempimento delle pratiche autorizzative che devono essere svolte<br />

con le amministrazioni locali (l’iter varia da regione a regione ed è<br />

necessario verificarlo con l’ufficio tecnico del comune di competenza);<br />

l invio delprogettopreliminareconrichiestadiconnessione<br />

alla rete elettrica al gestore locale di rete, specificando se si intende<br />

usufruire del servizio di scambio sul posto (possibile solo per gli<br />

impianti tra 1 e 20 kw). Il gestore della rete avrà 30 giorni di tempo per<br />

produrre un preventivo tecnico­economico che avrà durata minima<br />

pari a 3 mesi;<br />

l completata la realizzazione dell’impianto, con tempistiche legate alla<br />

potenza elettrica dello stesso, occorre inviare lacomunicazionedi<br />

finelavori al gestore locale di rete, che ha 30 giorni per connettere in<br />

rete l’impianto e altri 30 giorni per darne comunicazione al GSE;<br />

l entro 60 giorni dall’entrataineserciziodell’impianto il soggetto<br />

responsabile invia al GSE la richiesta di concessione della tariffa<br />

incentivante, unitamente alla documentazione finale di entrata in<br />

esercizio (pena la non ammissibilità alle tariffe incentivanti);<br />

l il GSE, entro 60 giorni, comunica al soggetto responsabile latariffa<br />

incentivantericonosciuta, calcolata dal momento dell’entrata in<br />

esercizio dell’impianto.<br />

52 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com


PROCESSI E SISTEMI•ENERGIA<br />

Nel caso in esame, data la conformazione<br />

dell’impianto, è stato utilizzato un inverter<br />

da 33 kWp e tre inverter monofase in<br />

grado di permettere il raggiungimento della<br />

massima potenza disponibile di 39 kW.<br />

5Figura5–Posizionamento moduli su copertura piana<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

La scelta di sistemi di supporto in materiale<br />

plastico e la relativamente ridotta altezza<br />

di elevazione delle strutture metalliche<br />

non hanno modificato la geometria dell’edificio;<br />

pertanto, ai fini del pericolo di<br />

fulminazione diretta, la presenza dell’impianto<br />

FV sul tetto è di fatto ininfluente,<br />

consentendo, in ultima analisi, di ridurre al<br />

minimo l’impiego degli apparecchi di protezione<br />

da sovratensioni. l<br />

53


Nel settore alimentare,<br />

la necessità di descrivere<br />

e formalizzare<br />

la modalità di esecuzione<br />

delle diverse fasi<br />

operative da eseguire<br />

in protocolli o procedure<br />

(nei casi più semplici<br />

in istruzioni operative)<br />

deriva dall’importanza<br />

che la corretta<br />

esecuzione delle varie<br />

operazioni da effettuare<br />

riveste in funzione<br />

della sicurezza<br />

degli alimenti,<br />

vero scopo del processo.<br />

Per questo motivo,<br />

quando l’aspetto trattato<br />

è definito<br />

come critico<br />

si impone la creazione<br />

di una procedura scritta<br />

che sia adeguata,<br />

nei termini<br />

e nella descrizione,<br />

ad assicurare che la fase<br />

da gestire o l’operazione<br />

da effettuare sia svolta<br />

in maniera corretta.<br />

PROCESSI E SISTEMI• IGIENE DI ALIMENTI<br />

Igiene alimentare<br />

La verifica delle procedure<br />

nella gestione operativa<br />

n di Maurizio Podico, Segretario del Consiglio Nazionale dei Biologi<br />

Foto di Maurizio Podico su gentile concessione di ATAHOTELS S.p.A.<br />

Nel settore agroalimentare i processi produttivi sono<br />

molto spesso il frutto di operazioni di derivazione tradizionale<br />

tramandate direttamente da generazioni di artigiani<br />

ai propri figli o ai propri dipendenti. In un contesto pervaso<br />

e permeato dalla conoscenza diffusa dei processi da<br />

attuare per ottenere degli alimenti organoletticamente<br />

appetibili e salubri, per lungo tempo non si è sentita la<br />

necessità di definire delle procedure operative formalizzate<br />

in documenti tecnici “di qualità”.<br />

Tutti i sistemi di gestione tecnica, a partire<br />

dai più semplici, contengono procedure<br />

che descrivono la modalità di esecuzione<br />

di alcune operazioni che, se mal eseguite,<br />

possono rendere i risultati delle operazioni<br />

stesse non conformi.<br />

La necessità di descrivere e formalizzare<br />

la modalità di esecuzione delle diverse fasi<br />

operative da eseguire in protocolli o procedure<br />

(nei casi più semplici in istruzioni<br />

operative) deriva dall’importanza che la<br />

corretta esecuzione delle varie operazioni<br />

da effettuare riveste in funzione della<br />

sicurezza degli alimenti, vero scopo del<br />

processo.<br />

In mano a chi è già dotato delle necessarie<br />

competenze tecniche, le procedure<br />

divengono, pertanto, il principale strumento<br />

con cui porre sotto controllo la<br />

criticità di alcune operazioni. In pratica,<br />

devono essere messe sotto procedura<br />

tutte le fasi o le operazioni che hanno la<br />

possibilità di penalizzare l’organizzazione<br />

in un aspetto cruciale delle attività del<br />

sistema qualità in oggetto.<br />

Le procedure possono essere scritte o<br />

documentate e orali, ma, come è ovvio,<br />

quest’ultimo caso può essere variamente<br />

interpretato in funzione della memorizzazione<br />

dei singoli individui, della chiarezza<br />

espositiva di chi la trasmette, ecc.<br />

Per questo motivo, quando l’aspetto trattato<br />

è definito come critico si impone la<br />

creazione di una procedura scritta che sia<br />

adeguata, nei termini e nella descrizione,<br />

ad assicurare la correttezza della fase da<br />

gestire o dell’operazione da effettuare.<br />

Redigere, controllarne la correttezza, distribuirne<br />

le copie a chi deve utilizzarla,<br />

ritirarne le edizioni superate per sostituirle<br />

con altre nuove e più accurate, che assicurino<br />

una migliore comprensione o che<br />

chiariscano uno o più aspetti che hanno<br />

generato delle non conformità è un impegno<br />

sia in termini di tempo che di lavoro.<br />

Anche per questo, si deve prevedere, come<br />

già detto, di porre sotto procedura<br />

documentata solo quello che può generare<br />

dei problemi significativi alla conduzione<br />

dei vari tipi di attività gestiti in qualità.<br />

Devono essere, ad esempio, proceduralizzate<br />

le operazioni di smaltimento dei<br />

rifiuti o di controllo delle emissione dei<br />

fumi se il sistema in oggetto è rivolto ad<br />

assicurare una corretta gestione ambientale<br />

oppure le procedure di evacuazione<br />

54 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com


PROCESSI E SISTEMI• IGIENE DI ALIMENTI<br />

degli occupanti di una struttura nel caso si<br />

tratti di un sistema di sicurezza sul luogo di<br />

lavoro.<br />

Nell’agroalimentare le procedure che sono<br />

sempre state oggetto di attenzione e<br />

in qualche caso di “maniacale” custodia<br />

sono sempre state quelle di produzione,<br />

ovvero le ricette.<br />

Con l’avvento dei sistemi agroalimentari<br />

di autocontrollo introdotti dalle norme<br />

verticali ­ e specialmente dal D.Lgs. n.<br />

155/1997 e successive modifiche e integrazioni<br />

­ si è giunti alla consapevolezza<br />

che le procedure da formalizzare sono<br />

quelle relative alla salubrità degli alimenti.<br />

Per ricerca della salubrità si intende l’obbligo<br />

di rendere disponibili solo degli alimenti<br />

che siano assolutamente sicuri,<br />

esenti cioè da pericoli per la salute degli<br />

utenti aspetto non derogabile di salvaguardia<br />

e tutela della salute pubblica.<br />

Questo ha portato a formalizzare delle<br />

procedure relative alla messa sotto controllo<br />

dei processi produttivi, delle modalità<br />

di conservazione, del dosaggio di conservanti<br />

e antiossidanti, ecc.<br />

Un aspetto che spesso non viene correttamente<br />

soppesato riguarda le pratiche di<br />

corretta prassi igienica relative alle operazioni<br />

di pulizia e di sanificazione delle attrezzature<br />

nelle strutture ristorative.<br />

Il sistema qualità inerente la sicurezza alimentare<br />

(in senso lato) descritto dalla<br />

norma tecnica UNI EN ISO 22000:2005<br />

le colloca tra i prerequisites programs, in<br />

pratica tra i requisiti già formalizzati che<br />

vengono dati per acquisiti su cui la norma<br />

si “adagia” per esaminare gli aspetti critici<br />

produttivi.<br />

Questo non è corretto perché un numero<br />

elevato di problemi e di intossicazioni<br />

alimentari vengono generati da situazioni<br />

igieniche compromesse da errate operazioni<br />

di pulizia o di sanificazione che in<br />

molti casi vengono date per “banali” operazioni<br />

non meritevoli di attenzione<br />

L’opinione si modifica radicalmente quando<br />

un’eventuale analisi microbiologica effettuata<br />

su un campione di alimenti o su un<br />

tampone di una superficie di una attrezzatura<br />

destinata a entrare in contatto con gli<br />

alimenti indica una contaminazione inac­<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

cettabile di batteri potenzialmente molto<br />

pericolosi come salmonella,Bacilluscereus,<br />

Staphilococcus aureo o, peggio, Lysteria<br />

moncitogenes eEscherichiacoli O157H7.<br />

Questi problemi sono maggiormente<br />

presenti nelle attività di ristorazione e di<br />

catering, ma vanno anche, per obbligo<br />

normativo, previsti per le imprese alimentari<br />

del settore conserviero. Essere a norma<br />

richiede solo una preventiva attenzione;<br />

ad esempio, redigere una tabella delle<br />

attrezzature da trattare in cui definirne la<br />

periodicità, l’operazione da svolgere, il<br />

prodotto da utilizzare o la procedura da<br />

applicare e delle eventuali note (si vedano<br />

letabelle1­2­3).<br />

Questa tabella viene solitamente allegata<br />

ai documenti del sistema di autocontrollo<br />

assieme alle procedure da essa richiamate<br />

e alle schede tecniche di registrazione<br />

delle operazioni effettuate.<br />

Nelle operazioni di controllo emerge<br />

molto spesso la sostanziale ignoranza da<br />

parte del personale in merito alla esistenza<br />

e ai contenuti dei documenti appena<br />

citati o la non esecuzione delle operazioni<br />

previste o il non rispetto della cadenza<br />

richiesta o delle registrazioni delle operazioni<br />

effettuate.<br />

Per evitare tutte queste problematiche, si<br />

sono elaborate diverse soluzioni delle<br />

quali la più efficace prevede la realizzazio­<br />

5Foto1–Esempio di documentazione affissa in ambiente di cucina<br />

ne di una “piramide” di documenti che<br />

vengono tenuti esposti per tutti gli usi<br />

possibili previsti (si vedano la foto 1 e gli<br />

schemi1e2).<br />

Questa organizzazione trova una sua logica<br />

sia che venga “realizzata” a livello di<br />

schema astratto sia che, come auspicato<br />

nei sistemi di gestione per la qualità, sia<br />

presente a livello fisico nei locali delle imprese<br />

alimentari (si veda lafoto1).<br />

In questa situazione, infatti, diviene estremamente<br />

semplice per gli operatori, per i<br />

gestori e per gli organi di controllo valutare<br />

e verificare la liceità tecnico­normativa<br />

di quanto predisposto nonché controllare<br />

in maniera assolutamente trasparente il<br />

procedere dell’effettuazione delle operazioni<br />

previste.<br />

Questo schema rappresenta quanto di<br />

più aderente alle indicazioni generali e di<br />

ovvia condivisione:<br />

ð i programmi da realizzare devono essere<br />

disponibili e facilmente consultabili;<br />

ð le procedure devono essere chiare e<br />

reperibili presso i luoghi di utilizzo;<br />

ð deve essere possibile conoscere quando<br />

e da chi una certa operazione è<br />

stata effettua.<br />

L’individuazione dell’effettivo responsabile<br />

non deve essere visto come la ricerca di<br />

un “colpevole” nel caso si effettui un controllo<br />

con un risultato insoddisfacente, ma<br />

55


PROCESSI E SISTEMI• IGIENE DI ALIMENTI<br />

SCHEMA1<br />

SCHEMASEMPLIFICATOSULL’APPLICAZIONEDELLEPROCEDURE<br />

REGISTRAZIONE<br />

(sivedalatabella2)<br />

SCHEMA2<br />

SCHEMAILLUSTRATO<br />

Documento apicale costituito da una tabella delle operazioni da effettuare<br />

(PROGRAMMA)<br />

sotto la quale vengono collocate<br />

56 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

¢<br />

Le procedure da utilizzare (COME FARE) ¢<br />

seguite, verso il basso,<br />

VERIFICHE<br />

dalle le schede di registrazione delle operazioni<br />

(QUANDO È STATO FATTO) ¢<br />

PROGRAMMA<br />

(sivedalatabella1)<br />

PROCEDURE<br />

OPERATIVE<br />

(sivedalatabella3)


PROCESSI E SISTEMI• IGIENE DI ALIMENTI<br />

solo il modo per capire chi ha operato e le<br />

ragioni che hanno condotto al verificarsi<br />

della anomalia.<br />

Questo processo di valutazione è molto<br />

importante perché consente di adottare i<br />

provvedimenti idonei a dare risultati conformi.<br />

È ovvio che un risultato difforme può essere<br />

giustificato da una errata esecuzione,<br />

da una non corretta interpretazione della<br />

procedura da utilizzare da una situazione<br />

in cui la procedura si è rivelata inefficace o,<br />

più banalmente, dalla necessità di modifi­<br />

Anno<br />

2007<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

care la cadenza di esecuzione dell’operazione<br />

in quanto troppo diluite nel tempo.<br />

A monte di tutto ciò esiste, comunque,<br />

uno studio attento finalizzato a redigere<br />

delle procedure efficaci ed efficienti allo<br />

scopo prefissato.<br />

Queste procedure sono validate sia dai<br />

risultati conseguiti nella fase di messa a<br />

punto che da quelli derivanti dai controlli<br />

effettuati durante la loro applicazione.<br />

È evidente il valore di questi dati in tema di<br />

salvaguardia della salubrità dei prodotti alimentari<br />

per le imprese alimentari, che de­<br />

TABELLA1<br />

Impresa Alimentare<br />

Indirizzo<br />

Manuale Aziendale di Autocontrollo dell’Igiene<br />

vono essere conservati accuratamente e<br />

posti a disposizione degli organi di controllo.<br />

Non possono, quindi, essere eliminati<br />

non appena possibile come, invece, frequentemente<br />

capita. In questo modo, si<br />

costituisce un archivio aziendale inoppugnabile<br />

che, oltre a testimoniare l’attenzione<br />

e la professionalità con cui è stato affrontato<br />

il problema, risulta essere un’ottimo<br />

strumento di difesa nel caso in cui<br />

l’impresa alimentare dovesse essere malauguratamente<br />

coinvolta in un caso di intossicazione<br />

o tossinfezione alimentare. l<br />

PR 01<br />

TABELLA RIASSUNTIVA<br />

PRODOTTI DA UTILIZZARE PER IL PIANO DI PULIZIA PROGRAMMATA<br />

SUPERFICIE PRODOTTO DILUIZIONE FREQUENZA<br />

Igiene personale Sapone sanificante Puro Più volte al giorno<br />

Pavimenti Disinfettante A 5% Giornaliera<br />

Pareti e porte Disinfettante B 3% Settimanale<br />

Macchine Disinfettante B 3% Giornaliera<br />

Piani di lavoro e taglieri Disinfettante B 3% Giornaliera<br />

Coltelli e Utensili Disinfettante B 3% Dopo ogni utilizzo<br />

Affettatrice Disinfettante B 3% Dopo ogni utilizzo<br />

Lampade e impianti a soffitto Disinfettante B 3% Mensile<br />

Vetrine espositrici Disinfettante B 3% Giornaliera<br />

Lavandini Disinfettante B 3% Giornaliera<br />

Scarichi Disincrostante Puro Giornaliera<br />

Celle frigorifere Disinfettante B 3% Settimanale<br />

Forni, piastre e girarrosto Disincrostante Puro Settimanale<br />

Armadi e ripiani Disinfettante B 3% Settimanale<br />

Contenitori per rifiuti Disinfettante A 3% Giornaliera<br />

Anno<br />

2007<br />

TABELLA2<br />

Impresa Alimentare<br />

Indirizzo<br />

Manuale Aziendale di Autocontrollo dell’Igiene<br />

Scheda di registrazione<br />

delle operazioni di pulizia<br />

Dotazione : Scaffali e ripiani Reparto : Office gelateria<br />

Responsabile : Addetto in servizio Scheda semestrale<br />

C adenza settimanale<br />

D ATA P RODOTTO O PERATORE N OTE<br />

/ D isinfettante A al 3%<br />

/ D isinfettante A al 3%<br />

57


P. O. 01<br />

di<br />

sanificazione<br />

Indirizzo, città<br />

TABELLA3<br />

Impresa Alimentare<br />

Manuale di autocontrollo degli alimenti<br />

PROCESSI E SISTEMI• IGIENE DI ALIMENTI<br />

ROCEDURA OPERATIVA DI PULIZIA E SANIFICAZIONE DELL’AFFETTATRICE<br />

1.Rimuovere le spina dalla presa di corrente.<br />

2.Rimuovere la protezione e smontare la lama e il distanziale dopo aver indossato i guanti antitaglio.<br />

3.Rimuovere le incrostazioni grossolane con una spatola o un raschietto.<br />

4.Spruzzare la soluzione disinfettante (“disinfettante XXX” al “x%”) su tutta la superficie da trattare.<br />

5.Lasciare agire per “n minuti”.<br />

6.Risciacquare spruzzando le superfici con abbondante acqua potabile.<br />

7.Rimuovere l’acqua dalle superfici trattate con carta monouso.<br />

8.Rifinire i bordi asciugando con carta monouso.<br />

9. Rimontare le parti e coprire con un telo pulito.<br />

10. Registrare l’operazione sulla scheda specifica.<br />

Cucina<br />

/ Disinfettante A al 3%<br />

/ Disinfettante A al 3%<br />

/ Disinfettante A al 3%<br />

/ Disinfettante A al 3%<br />

/ Disinfettante A al 3%<br />

/ Disinfettante A al 3%<br />

/ Disinfettante A al 3%<br />

/ Disinfettante A al 3%<br />

/ Disinfettante A al 3%<br />

/ Disinfettante A al 3%<br />

/ Disinfettante A al 3%<br />

/ Disinfettante A al 3%<br />

/ Disinfettante A al 3%<br />

/ Disinfettante A al 3%<br />

/ Disinfettante A al 3%<br />

/ Disinfettante A al 3%<br />

/ Disinfettante A al 3%<br />

/ Disinfettante A al 3%<br />

/ Disinfettante A al 3%<br />

/ Disinfettante A al 3%<br />

/ Disinfettante A al 3%<br />

/ Disinfettante A al 3%<br />

/ Disinfettante A al 3%<br />

/ Disinfettante A al 3%<br />

Reparto:<br />

Sig…….<br />

Responsabile:<br />

58 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

Anno<br />

2007<br />

Prossima revisione :<br />

Dicembre 2007


Dopo il contributo<br />

introduttivo di taglio<br />

generico pubblicato sul<br />

n. 3/2007<br />

di <strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni,<br />

viene pubblicato un<br />

contributo che<br />

entra nel merito della<br />

progettazione esecutiva<br />

di barriere antirumore.<br />

A questo proposito, è<br />

necessario definire<br />

la caratterizzazione<br />

acustica del sito,<br />

la modellazione,<br />

lo studio, la fase<br />

di progetto<br />

architettonico e quella<br />

strettamente esecutiva,<br />

comprendente l’analisi<br />

di carichi e strutture<br />

e della durabilità.<br />

È necessario, quindi,<br />

mettere in fila,<br />

secondo un approccio<br />

procedurale,<br />

tutte queste fasi,<br />

prendendo spunto,<br />

come nell’articolo<br />

che segue,<br />

da un caso reale.<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

PROCESSIESISTEMI•RUMORE<br />

Barriere antirumore<br />

Cenni di progettazione<br />

n diAndreaDemozzi,SITECO Ingegneria e K­LAB Innovazione e Ricerca<br />

(Rovereto, TN)<br />

Figure e foto a cura di Andrea Demozzi<br />

Si ringrazia la Direzione Tecnica dell’Autostrada del Brennero per il<br />

supporto tecnico prestato<br />

Dopo l’introduzione a carattere generale pubblicata sul n.<br />

3/2007 di <strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni, viene preso in esame un<br />

caso di progettazione esecutiva di barriere antirumore,<br />

con indicazioni relative alla progettazione acustica, mirata<br />

al dimensionamento complessivo dell’opera.<br />

Ilprogettoacustico<br />

La progettazione acustica fornisce le caratteristiche<br />

principali dell’opera (lunghezza,<br />

altezze diverse, tipologie di pannelli)<br />

che devono essere recepite nel progetto<br />

esecutivo. In questa fase si ricerca la<br />

configurazione geometrica ottimale, mediante<br />

analisi costi – benefici che confrontano<br />

diverse alternative.<br />

Si tratta della fase più importante, all’interno<br />

dell’iter di progettazione, principalmente<br />

per i seguenti aspetti:<br />

5Figura1–Esempio di output da rilievi<br />

acustici per taratura modello<br />

l prestazionale (lo studio mira agli abbattimenti<br />

di rumore attesi);<br />

l economico (a parità di abbattimenti attesi,<br />

trova la configurazione ottimale);<br />

l giuridico (tutela il committente in caso<br />

di eventuali ricorsi);<br />

Per questi motivi è sconsigliabile l’utilizzo<br />

di metodi di analisi acustica semplificati o<br />

empirici, anche per casi poco complessi<br />

(ad esempio: zona edificata fronte strada,<br />

con più di 5 edifici a distanza reciproca<br />

inferiore a 50 metri).<br />

In particolare, trattandosi di opere molto<br />

costose (mediamente 250,00 – 350,00<br />

€/mq, su sviluppi che spesso superano i<br />

4.000 mq), anche solo il risparmio di poche<br />

decine di metri quadri può giustificare<br />

uno studio acustico approfondito.<br />

Lacaratterizzazione<br />

acusticadelsito<br />

Per un’analisi corretta, occorre dapprima<br />

caratterizzare acusticamente l’area interessata<br />

dall’intervento attraverso specifici<br />

rilievi fonometrici sia presso le sorgenti di<br />

rumore che presso i ricettori, con determinazione<br />

dei livelli di pressione sonora<br />

suddivisi in bande di frequenza a terzi di<br />

ottava (si veda lafigura1)<br />

Questi dati sono fondamentali per una<br />

corretta taratura del modello sia come “livello”<br />

(pressione sonora) che come “tipo”<br />

di rumore esistente (bande di frequenza).<br />

59


Lamodellazioneacustica<br />

L’attività di progettazione acustica viene<br />

sviluppata con il supporto di modelli matematici<br />

standardizzati in ambito internazionale,<br />

che calcolano la modalità di diffusione<br />

del rumore in campo aperto nelle diverse<br />

condizioni, di traffico e di ambiente.<br />

I modelli oggi utilizzati comunemente e<br />

disponibili in commercio si basano su<br />

equazioni di tipo semi­empirico, ossia ottenute<br />

partendo da una raccolta di dati sperimentali<br />

supportati da fondamenti teorici.<br />

Si tratta, dunque, di relazioni piuttosto<br />

semplici, che hanno il vantaggio di poter<br />

prendere in considerazione aspetti anche<br />

complessi della propagazione acustica (effetto<br />

del terreno, diffrazioni, riflessioni<br />

multiple), senza per questo richiedere una<br />

mole eccessiva di dati o una competenza<br />

troppo specialistica da parte dell’utente.<br />

I parametri che un buon modello deve<br />

considerare sono principalmente:<br />

l morfologia del terreno;<br />

l caratteristiche acustiche (fonoassorbimento)<br />

dei diversi tipi di terreno (asfal­<br />

5Figura 2 – Esempi di costruzione di modelli<br />

to, erba, vegetazione, ecc.);<br />

l ostacoli ed edifici;<br />

l attenuazione dell’aria;<br />

l effetti meteorologici (vento, gradienti<br />

termici, temperatura);<br />

l riflessioni da parte degli edifici;<br />

l effetti legati al comportamento ondoso<br />

del campo sonoro (diffrazione ai bordi,<br />

effetti di incidenza radente, di diffusione;<br />

l modello del traffico stradale (più corsie,<br />

pendenza della strada, ecc.).<br />

Con il decreto di recepimento [1] della<br />

direttiva CE 2002/49 [2] anche per l’Italia<br />

sono stati fissati i principali modelli standard<br />

di riferimento nell’attività di calcolo<br />

acustico e, in particolare:<br />

l rumore da attività produttiva: ISO<br />

9613­2:«Acoustics­Attenuationofsound<br />

propagation outdoors, Part 2; General<br />

methodofcalculation»;<br />

l rumore da aeromobili in prossimità<br />

di aeroporti: documento 29<br />

ECAC.CEAC «Report on Standard<br />

Method of Computing Noise Contours<br />

aroundCivilAirports», 1997;<br />

PROCESSI E SISTEMI•RUMORE<br />

l rumore da traffico veicolare: metodo<br />

di calcolo ufficiale francese “NMPB”;<br />

l rumore ferroviario: metodo di calcolo<br />

ufficiale dei Paesi Bassi “Standaard­<br />

RekenmethodeII”.<br />

Lostudioacustico<br />

ð Il primo passo per l’analisi acustica è,<br />

quindi, la costruzione del modello del<br />

terreno sulla base di cartografia tecnica<br />

o rilievi topografici; a questo proposito,<br />

si assegnano:<br />

l le diverse caratteristiche dei terreni e delle<br />

pavimentazioni presenti nell’area di studio,<br />

tramite il parametro “groundfactor”;<br />

l l’indice di riflessione fra gli edifici, a seconda<br />

del tipo di intonaco degli stessi (si<br />

veda lafigura2);<br />

ð il secondo passo è l’inserimento nel modello<br />

delle sorgenti sonore caratterizzate<br />

ognuna dal proprio spettro e dalla<br />

propria potenza di emissione, ricavati<br />

dai rilievi acustici specifici di cui sopra;<br />

ð a questo punto, è possibile fare un calcolo<br />

– simulazione dei livelli di rumore<br />

[1] Decreto legislativo 19 agosto 2005 n. 194, «Attuazionedelladirettiva2002/49/CErelativaalladeterminazioneeallagestionedelrumoreambientale» (in Gazzetta Ufficiale del<br />

23 settembre 2005, n. 222).<br />

[2] «Direttiva 2002/49/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, 25 giugno 2002, relativa alla determinazione e gestione del rumore ambientale» (in G.U.C.E L del 18 luglio<br />

2002, n. 189).<br />

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PROCESSI E SISTEMI•RUMORE<br />

nellazonadistudio.<br />

Questa fase va oltre lafotografiadelclima<br />

acustico della zona, perché permette, utilizzando<br />

opportunamente i valori di emissionedellesorgenti,disimularelecondizionipiùsfavorevoli(sorgentialmassimodella<br />

potenzasonora,contemporaneitàditutte<br />

lesorgentiecc),ediconseguenzadianalizzarediversiscenari(sivedalafigura3).<br />

ð generalmente lo scenario di riferimentonelcalcolodiunabarrieraantirumore<br />

è proiettato alla situazione esistente<br />

lungo la vita utile presunta dell’opera,<br />

quindi nell’arco temporale di<br />

circa20anni(tempolimiteoltreilquale<br />

la barriera necessita di interventi di manutenzione<br />

straordinaria). L’attività di<br />

progetto viene svolta inserendo la barrieraacusticanelmodelloeottimizzando<br />

i parametri, facendo cioè variare altezza<br />

e lunghezza della barriera e valutando<br />

quale vantaggio (in termini di abbassamentodeilivellidipressionesonora)sia<br />

possibileraggiungerepressoiricettori;<br />

ð nella scelta dei materiali, invece,<br />

oltre alle indispensabili qualità strutturaliedidurabilitàdeglielementi,risulta<br />

determinante il tipo di rumore da abbattere,<br />

mediante analisi dello spettro<br />

della pressione sonora. Ad esempio,<br />

nel caso di rumore da infrastruttura<br />

stradale, generalmente sono preponderanti<br />

le frequenze medio­basse (63<br />

–250Hz),acausadallagrandeincidenzadeltrafficopesante,tipicodellestrade<br />

italiane. Queste frequenze hanno<br />

unelevatocontenutodienergiasonoraetendonoasuperare(“scavalcare”)labarriera,aseguitodelfenomenodella“diffrazione”.Èpossibilediminuirela<br />

quantità di energia sonora diffratta assorbendone<br />

una parte. Per questo<br />

motivo,incasoditrafficostradalerisulta<br />

spesso necessario utilizzare pannelli<br />

con elevate caratteristiche di fono­assorbimento(classeA4secondolaUNI<br />

EN 1793­1). Per motivi di impatto<br />

estetico dell’opera, soprattutto in<br />

corrispondenza delle abitazioni più vicine<br />

alla sede stradale, si devono, comunque,<br />

alternare i pannelli fono­assorbenticontrattidibarrieracomposti<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

5Figura3–Esempio di scenario: situazione attuale<br />

dalastretrasparenticonelevatecaratteristiche<br />

di fono­isolamento (classe<br />

B3secondolaUNIEN1793­2)<br />

Ilprogettoarchitettonico<br />

ð nellamaggiorpartedeicasi,lebarriere<br />

antirumore necessitano di essere progettateinbaseacriteridiefficacia,per<br />

quanto riguarda il rumore, ma soprattuttodisemplicità,perquantoriguarda<br />

l’aspetto e l’esecuzione delle opere.<br />

Spesso, infatti, risulta determinante garantire<br />

la rapidità di montaggio delle<br />

barriere, in modo tale da ridurre le<br />

operazioni di cantiere e, conseguentemente,<br />

l’ingombro della sede stradale<br />

(oferroviaria),afavoredellafluiditàdel<br />

traffico. La tipologia di barriera, ormai<br />

consolidata in questo senso, è composta<br />

da pannelli prefabbricati inseriti in<br />

appositisostegnimontatiinopera;<br />

ð la barriera, però, una volta identificata<br />

dalpuntodivistaacustico,vaconsiderataanchenelcontestoincuisiinserisce,siapaesaggisticocheantropico.Inparticolare,materiali,colorieformedevonoessereinarmoniaconl’ambientecircostanteevengonovalutatidalprogettista<br />

mediante sezioni, prospetti, viste 3D e<br />

rendering, nelle diverse combinazioni<br />

possibili(sivedalafigura4);<br />

ð inoltre, occorre valutare con attenzione<br />

gli effetti secondari di questi interventi,spessoindesiderati,quali:<br />

– diminuzione dell’intensità luminosa<br />

naturalepressoiricettori;<br />

– conid’ombraeconseguentepossibi­<br />

litàdiformazionedilastredighiaccio<br />

latostrada;<br />

– riduzionedeglispazidiproprietàprivataperl’ingombrodelleopere;<br />

– ecc.<br />

Questeconsiderazionipossonodeterminaresceltetipologichediverserispetto<br />

al<br />

progettoacustico(adesempio,lastretrasparenti<br />

invece che pannelli opachi) e<br />

vanno, perciò, gestite e valutate attentamente,pernoninficiarel’efficaciaacustica<br />

dellabarriera.<br />

Ilprogettoesecutivo<br />

Il progetto esecutivo recepisce tutte le<br />

indicazioniemersedallostudioacusticoe<br />

architettonico e le considera secondo i<br />

seguentiaspetti:<br />

carichidiprogettoe,conseguentemente:<br />

– dimensionamentodellestrutture,sia<br />

difondazionecheinelevazione;<br />

– dimensionamentodeipannelli;<br />

– dimensionamento dei collegamenti<br />

(bulloneria,piastre,ecc.)edegliancoraggi(tirafondi,tassellichimici,ecc.);<br />

– durabilità,siacomematerialieprotezioniscelte,siacomestudiodeiparticolarididettaglio.<br />

Anche in questo caso, possono derivare<br />

modificheaquantoprevistodallefasiprogettualiprecedenti(acusticaearchitettonica)<br />

che devono essere valutate con attenzione,finoallapossibilitàdiri­considerareilprogettonelsuocomplesso.<br />

Carichiestrutture<br />

Nellaprogettazionediunabarrieraantiru­<br />

61


5Figura4–Esempio di rendering e possibili combinazioni<br />

more, oltre ai carichi previsti dalle normative<br />

sulle costruzioni in genere, risulta spesso<br />

determinante il carico – vento, sia come<br />

pressione cinetica dovuta al vento insistente<br />

nella zona, sia come sovra­pressione<br />

indotta dal passaggio<br />

dei veicoli.<br />

La pressione cinetica<br />

dovuta al<br />

vento trova riferimento<br />

per il calcolo<br />

nel D.M. 14 settembre<br />

2005 («Norme<br />

tecniche per le costruzioni»),principalmente<br />

secondo<br />

la formula<br />

q = q(z) c f c d<br />

con: q= azione del<br />

vento perpendicolareallabarriera<br />

q(z) = pressione cineticadipicco<br />

c f = coefficiente di<br />

forma<br />

c d = coefficiente dinamico,<br />

che considera<br />

gli effetti amplificativi<br />

dovuti alle<br />

vibrazionistrutturali<br />

La sovra­pressione<br />

indotta<br />

daltrafficostradale,<br />

invece, viene<br />

normata dalla UNI<br />

EN 1794 – 1, «Sistemi<br />

di riduzione<br />

delrumoredatrafficostradale–Caratteristichenon­acustiche»,<br />

che prescrive<br />

valori di<br />

pressione dovuti al<br />

passaggio dei veicoli<br />

[q(v)] pari a:<br />

l q(v) = 650 N/mq<br />

nel caso di traffico<br />

di veicoli in<br />

ambiente aperto<br />

alla distanza di<br />

1m dalla barriera e a una velocità massima<br />

di 100 km/h;<br />

l q(v) = 800 N/mq nel caso di traffico di<br />

veicoli in ambiente aperto alla distanza<br />

di 3m dalla barriera e a una velocità<br />

PROCESSI E SISTEMI•RUMORE<br />

superiore a 120 km/h;<br />

l q(v) = 1500 N/mq nel caso di traffico<br />

bidirezionale di veicoli in galleria alla<br />

distanza di 1m dalla barriera e a una<br />

velocità superiore a 120 km/h.<br />

Generalmente, considerando il fatto che<br />

il traffico stradale scorre a una distanza<br />

minima di circa 2m dalla barriera con velocità<br />

reali massime di circa 100 km/h, si<br />

assume cautelativamente un valore della<br />

pressione dovuta al passaggio dei veicoli<br />

pari a: q(v) = 650 N/mq = 0,65 kN/mq<br />

Lasovra­pressioneindottadaltrafficoferroviario,<br />

infine, trova riferimento<br />

nell’Eurocodice 1 (EN 1991­2, «Azioni<br />

su strutture»), nonché da istruzioni tecniche<br />

delle FF.SS.<br />

In particolare, per quanto riguarda il traffico<br />

ferroviario, si considera che su ogni struttura<br />

limitrofa ai binari agisca un’onda alternativamente<br />

di pressione e depressione, per<br />

una lunghezza totale pari a 10 metri.<br />

La grandezza dell’azione dipende principalmente<br />

da:<br />

l il quadrato della velocità del treno;<br />

l la forma aerodinamica del treno;<br />

l la forma della struttura soggetta al carico;<br />

l la posizione della stessa, in particolare la<br />

distanza dai binari.<br />

I valori delle azioni ±q 1k sono rappresentati<br />

in figura, in funzione di:<br />

l distanza della barriera dall’asse dei binari<br />

più esterni (a g)<br />

l velocità del convoglio (V).<br />

Nel caso di barriera antirumore a bordo<br />

strada, può risultare determinante il dimensionamento<br />

della stessa in caso di<br />

urtodiveicoloinsvio.<br />

A questo proposito, la normativa di riferimento<br />

è la UNI EN 1317 e il D.M. 21<br />

giugno 2004 («Aggiornamento delle istruzionitecnicheperlaprogettazione,l’omologazione<br />

e l’impiego delle barriere stradali di<br />

sicurezza e le prescrizioni tecniche per le<br />

provedellebarrieredisicurezzastradale»).<br />

Si prevede che gli ostacoli posti sul bordo<br />

della carreggiata siano protetti con sistemi<br />

di sicurezza stradale certificati mediante<br />

prove su scala reale (“crash – test”), che<br />

verificano determinati parametri prestazionali<br />

di sicurezza per le persone a bordo<br />

del veicolo e per terzi.<br />

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PROCESSI E SISTEMI•RUMORE<br />

Una barriera antirumore può essere considerata<br />

a tutti gli effetti un ostacolo posto<br />

sul bordo della carreggiata. La sicurezza<br />

dell’utente stradale e/o di terzi, in caso di<br />

veicolo in svio, può, perciò, essere garantita<br />

solo nei seguenti tre modi:<br />

l mantenere la barriera in una posizione<br />

non pericolosa rispetto all’asse viario,<br />

sia come distanza che come quota;<br />

l proteggere la barriera con un sistema di<br />

sicurezza stradale certificato secondo le<br />

norme sopra citate (tipo un guardrail<br />

metallico o un “new­jersey” in calcestruzzo),<br />

garantendo un’adeguata distanza fra<br />

i due sistemi (rumore – sicurezza);<br />

l certificare la barriera stessa come sistema<br />

di sicurezza, sottoponendola alle<br />

prove su scala reale previste dalle norme<br />

(si veda lafigura5).<br />

ð È doveroso precisare che la seconda e<br />

la terza modalità sopra riportate possono<br />

comportare un notevole aggravio<br />

delle strutture di fondazione,<br />

che andrebbero dimensionate anche in<br />

base agli sforzi trasmessi dalla barriera<br />

di sicurezza durante l’urto;<br />

ð a questo proposito, a causa dei carichi<br />

trasmessi, spesso risulta non conveniente<br />

affidarsi a fondazioni di tipo diretto.<br />

Questa tipologia richiederebbe,<br />

infatti, una notevole larghezza della<br />

fondazione, soprattutto in ragione del­<br />

5Figura6–Fondazioni su micropali o su<br />

pali di medio diametro vibro­infissi<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

5Figura5–Calcolo dinamico di una barriera combinata rumore­sicurezza<br />

l’elevata eccentricità dei carichi, dovuta<br />

alla prevalenza delle azioni orizzontali.<br />

ð di conseguenza, l’utilizzo difondazionidirette<br />

è consigliabile solo per barriere<br />

medio­basse (fino a circa 3,00 m).<br />

Nello stesso tempo, però, la tecnologia<br />

difondazionisupaliagrandediametro<br />

va utilizzata solo per barriere di<br />

altezza elevata (oltre i 5,00m), in considerazione<br />

delle difficoltà esecutive e<br />

dell’ingombro delle attività di cantiere<br />

relative a questi pali;<br />

ð su questa base, si sta sviluppando molto,<br />

nel settore delle barriere, l’utilizzo di<br />

fondazioni su micropali o su pali<br />

dimediodiametrovibro­infissi, di<br />

agevole esecuzione e, quindi ,meno impattanti<br />

sulla viabilità (si veda lafigura6).<br />

ð nel caso, invece, di intervento su<br />

opered’arteesistenti, è necessario<br />

rinforzare la struttura dei cordoli del<br />

viadotto o del muro di sostegno su cui<br />

si vuole impostare la barriera. Generalmente,<br />

infatti, all’epoca di costruzione<br />

di queste strutture non si è tenuto conto<br />

dei possibili sforzi trasmessi da una<br />

barriera antirumore o dal prospiciente<br />

sistema di sicurezza stradale, trattandosi<br />

di problematiche sviluppatesi solo<br />

di recente. Spesso, inoltre, l’intervento<br />

riguarda opere fortemente degradate<br />

in seguito all’attacco combinato dei sali<br />

disgelanti (prima causa della corrosione<br />

delle armature), della carbonatazione<br />

(reazione chimica fra cemento e<br />

anidride carbonica penetrata nel conglomerato)<br />

e dei cicli di gelo e disgelo<br />

(con accelerazione del distacco di porzioni<br />

di conglomerato). Di conseguenza,<br />

si ritiene opportuno prevedere la<br />

costruzione di eventuali barriere antirumore<br />

su opere d’arte all’interno di<br />

programmi di risanamento e/o ricostruzione<br />

delle stesse. Si consiglia, quindi,<br />

di effettuare la costruzione di barriere<br />

antirumore su cordoli di opere d’arte<br />

contestualmente al rifacimento<br />

completo dei cordoli stessi, con rinforzo<br />

del collegamento dei cordoli alla<br />

struttura (viadotto o muro di sostegno),<br />

previa verifica statica dell’opera<br />

5Figura7–Costruzione di barriere<br />

antirumore su cordoli di opere d’arte<br />

63


5Figura8–Esempi di progettazione esecutiva<br />

nel suo complesso (si veda lafigura7).<br />

Durabilità<br />

Il concetto di “durabilità” è di recente<br />

definizione ed è nato, soprattutto, in conseguenza<br />

dell’utilizzo sempre maggiore di<br />

materiali e tecnologie di nuova concezione<br />

(quali acciaio e calcestruzzo) in luogo<br />

di quelli tradizionali (legno e muratura).<br />

Con il termine “durabilità” si intende la<br />

capacità delle strutture (sia nell’insieme<br />

che nei singoli componenti e materiali) di<br />

mantenere le proprie caratteristiche funzionali<br />

in un determinato tempo, definito<br />

“vita utile”. A queste caratteristiche si oppongono<br />

agenti esterni, di tipo atmosferico,<br />

ambientale, ecc., che rappresentano i<br />

fattori di degrado o di deterioramento.<br />

Un momento particolarmente delicato<br />

nella definizione della qualità e della durabilità<br />

di una struttura è la fase progettuale<br />

esecutiva, all’interno della quale la durabilità<br />

può essere considerata a livello di:<br />

l particolari esecutivi mirati alla protezione<br />

degli elementi;<br />

l caratteristiche intrinseche dei materiali;<br />

l protezioni chimiche.<br />

ð La progettazione esecutiva di<br />

dettaglio (si veda la figura 8) è molto<br />

importante nella definizione delle caratteristiche<br />

di durabilità di una barriera<br />

antirumore; particolari trascurati possono,<br />

infatti, inficiare la tenuta acustica<br />

della barriera, creando ponti acustici o<br />

malfunzionamenti del sistema “pannel­<br />

lo – sostegni” per vibrazioni indesiderate.<br />

La cura dei particolari in una barriera<br />

antirumore, quindi, è mirata a evitare:<br />

l la formazione di ponti acustici, soprattutto<br />

fra elementi diversi (ad esempio:<br />

pannello – pannello, pannello –<br />

montante, pannello – fondazione);<br />

l il contatto fra materiali con potenziali<br />

elettrochimici molto diversi;<br />

l l’infiltrazione e il ristagno di acque<br />

meteoriche;<br />

ð in merito, invece, alle caratteristiche dei<br />

materiali e alle protezioni, lastruttura<br />

portanteinacciaio va protetta dalla<br />

corrosione mediante zincatura a bagno<br />

caldo, che deve presentarsi uniforme,<br />

perfettamente aderente, senza macchie<br />

ed esente da difetti visibili come bolle,<br />

punte aguzze e zone non zincate. Si consiglia<br />

una quantità minima di rivestimento<br />

di zinco per unità di superficie pari a<br />

600gr/mq su ogni faccia sia esterna che<br />

interna dell’elemento, assicurando, comunque,<br />

uno spessore minimo di 80μm;<br />

ð sugli stessi elementi strutturali, dopo la<br />

zincatura a caldo si prevede una verniciatura<br />

ottenuta mediante l’applicazione<br />

di smalto in polvere di poliestere<br />

termoindurente, dello spessore minimo<br />

di 75 μm. Questo trattamento duplex<br />

(zincatura + verniciatura) presenta<br />

soprattutto le seguenti finalità:<br />

l scopo estetico;<br />

l incremento della durata della protezione,<br />

calcolata in misura variabile dal<br />

PROCESSI E SISTEMI•RUMORE<br />

150 al 225% rispetto alla somma delle<br />

durate dei due tipi di protezione<br />

presi singolarmente;<br />

l protezione dalla corrosione galvanica,<br />

nel caso di possibili contatti dell’acciaio<br />

zincato con altri metalli di<br />

potenziale elettrico diverso;<br />

ð le lastre trasparenti (in polimetilmetacrilato,<br />

o in policarbonato, o in<br />

vetro stratificato) devono garantire le<br />

seguenti caratteristiche minime:<br />

l trasparenza, con trasmissione minima<br />

del 92% nel campo della luce visibile;<br />

l resistenza a qualsiasi clima, agli agenti<br />

atmosferici e all’invecchiamento;<br />

l temperatura di esercizio fino a 90°C;<br />

l durezza superficiale e, quindi, resistenza<br />

alle abrasioni;<br />

l buona resistenza all’urto.<br />

ð al fine di assicurare nel tempo la pulizia<br />

e la trasmissione luminosa del manufatto,<br />

si consigliano lastre trasparenti “auto­pulenti”<br />

per dilavamento con acqua<br />

piovana, che limitano gli interventi di<br />

pulizia non ri­compresi nelle attività di<br />

manutenzione generali comunque<br />

programmate;<br />

ð i pannelli opachi saranno protetti<br />

dalla corrosione (pannelli metallici, mediante<br />

zincatura e verniciatura) o dal<br />

degrado organico (pannelli in legno,<br />

mediante impregnazione con sali “ecologici”)<br />

o dal degrado strutturale (pannelli<br />

in calcestruzzo, principalmente mediantemix­design<br />

del conglomerato). l<br />

64 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com


Lo stoccaggio<br />

di prodotti liquidi<br />

in serbatoi fuori terra<br />

o fusti è presente<br />

nella quasi totalità<br />

dei siti produttivi<br />

di ogni dimensione.<br />

Questa operazione non<br />

sempre è realizzato con<br />

lo stesso grado<br />

di attenzione riservato<br />

al cuore del ciclo<br />

e le conseguenze<br />

negative del mancato<br />

rispetto delle norme<br />

di buona prassi<br />

e degli standard<br />

normativi possono<br />

determinare rischi<br />

per la sicurezza,<br />

la salute degli addetti<br />

o di inquinamento<br />

ambientale.<br />

PROCESSI E SISTEMI•SOSTANZE PERICOLOSE<br />

Serbatoi, fusti e recipienti<br />

Come ridurre i rischi<br />

per gli operatori e l’ambiente<br />

n di Gianandrea Gino, EHSirt Milano<br />

Foto di Gianandrea Gino su gentile concessione delle Società ACS<br />

Dobfar SPA, ALSI SpA e Mascioni SpA<br />

Le sostanze liquide necessarie alla maggior parte dei cicli<br />

manifatturieri come materie prime o ausiliarie, ma anche in<br />

molti casi prodotti e rifiuti liquidi, sono conservate, secondo<br />

le rispettive caratteristiche e quantità, in serbatoi, fusti o altri<br />

recipienti di analoga funzione quali le cisternette, pallettizzate<br />

o no, e altri contenitori. Una corretta realizzazione degli<br />

stoccaggi secondo le normative vigenti e le migliori buone<br />

tecniche impiantistiche può determinare non solo una migliore<br />

operatività e l’ottimizzazione della gestione, ma anche<br />

una riduzione dei rischi connessi con le possibili anomalie per<br />

l’ambiente e i lavoratori, diminuendone le frequenze e le<br />

conseguenze potenziali a breve e a lungo termine.<br />

Non è infrequente osservare, anche in<br />

organizzazioni attente ai temi EHS, come<br />

la cura dedicata a questi elementi, in un<br />

certo senso al margine delcore­business in<br />

quanto all’inizio o al termine del ciclo di<br />

lavorazione (fisicamente spesso posizionati<br />

al perimetro aziendale), non sia sufficientemente<br />

incisiva.<br />

Le regole base da osservare, con le differenziate<br />

declinazioni secondo i casi specifici,<br />

non sono molte e hanno un favorevole<br />

rapporto benefici­costi; vista la vastità<br />

dell’argomento, a seguire se ne selezionano<br />

alcune fra le principali, ricordando che<br />

lo sviluppo dei singoli temi più o meno<br />

rigoroso sarà a sua volta funzione:<br />

l delle caratteristiche e della tipologia di<br />

impiego della sostanza stoccata;<br />

l delle quantità necessarie in funzione<br />

dell’attività aziendale;<br />

l della logistica di zona,<br />

con un’interazione a matrice da valutare<br />

caso per caso, effettuando un’analisi dei<br />

rischi specifici, strumento­guida per la<br />

progettazione o la verifica dell’esistente.<br />

Caratteristichesostanze<br />

Le caratteristiche delle sostanze che possono<br />

influenzare le modalità di stoccaggio<br />

dipendono dai parametri chimico­fisici, di<br />

sicurezza ed eco­tossicologici e, se del<br />

caso, biologici:<br />

l temperatura di ebollizione / tensione di<br />

vapore / volatilità;<br />

l temperatura di solidificazione – addensamento<br />

– altre criticità (T decomposizione,<br />

T reazione, degrado);<br />

l infiammabilità;<br />

l comburenza;<br />

l tossicità o nocività per la salute;<br />

l corrosività;<br />

l pericolosità per l’ambiente;<br />

l infettività /putrescibilità /temperatura di<br />

conservazione;<br />

l incompatibilità / decomponibilità (in<br />

primo luogo acqua, umidità, aria, altre<br />

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PROCESSI E SISTEMI•SOSTANZE PERICOLOSE<br />

sostanze depositate).<br />

In funzione di queste numerose voci sarà<br />

possibile selezionare:<br />

l i materiali idonei o compatibilità per i<br />

recipienti;<br />

l il posizionamento dello stoccaggio all’aperto<br />

(con o senza sistemi di protezione<br />

dagli agenti atmosferici e irraggiamento,<br />

riscaldamento invernale/raffrescamento<br />

estivo) o in ambiente<br />

protetto / riscaldato / climatizzato (camere<br />

a temperatura controllata alta [1] /<br />

bassa [2] ) / pulito [3] ;<br />

l l’inertizzazione per gli infiammabili (o<br />

stabilizzazione per i decomponibili);<br />

l i sistemi di sicurezza per limitare le<br />

emissioni per l’ambiente e la salute (abbattitori,<br />

guardie idrauliche, torce, ecc.);<br />

l le cautele particolari per alcuni impieghi<br />

(es. alimentari, medicali, ecc).<br />

Quantità<br />

La quantità stoccata è il fattore determinante<br />

per la volumetria dei recipienti e le caratteristiche<br />

del deposito. Fino a 200 litri per<br />

singolo contenitore prevalgono i recipienti<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

mobili, le latte e i fusti. Dai 500 litri in su, alle<br />

cisternette e ai recipienti trasportabili, si<br />

affiancano i serbatoi fissi di varia tipologia.<br />

I volumi dei singoli recipienti e degli stoccaggi<br />

complessivi dipendono dalle necessità<br />

aziendali, dalle modalità di trasporto e di<br />

approvvigionamento, da scelte di natura<br />

logistica e commerciale, nonché dalle disponibilità<br />

di mercato, che possono far privilegiare,<br />

in alcuni casi, la consistenza delle<br />

scorte e in altre la minimizzazione dei<br />

quantitativi. Anche l’esistenza di soglie che<br />

possono far scattare adempimenti normativi<br />

o regolamentari (prevenzione incendi,<br />

normative ambientali, trasporti, rischi rilevanti,<br />

ecc.) è un elemento influenzante.<br />

Dal punto di vista della sicurezza, per le<br />

sostanze infiammabili e/o pericolose, se è<br />

quasi ovvio che vale l’equazione “meno<br />

quantità = meno pericolo”, occorre anche<br />

ricordare che:<br />

l i recipienti fissi sono in linea di principio<br />

più sicuri e più robusti dei mobili,<br />

quali i fusti;<br />

l a parità di consumi, una scorta minore<br />

può richiedere più frequenti trasporti,<br />

con un aumento del rischio in questa<br />

fase delicata; secondo studi di analisi<br />

quantitativa dei rischi, 4 rifornimenti piccoli<br />

hanno un rischio di 2,5 volte rispetto<br />

a 1 solo rifornimento complessivo;<br />

l un serbatoio grande è più sicuro di più<br />

recipienti di pari volume, ma può determinare<br />

un incidente “massimo” significativamente<br />

maggiore (anche se a frequenza<br />

inferiore);<br />

l un serbatoio più grande può contenere,<br />

in alcuni casi, un maggior quantitativo<br />

di soluzione meno concentrata e a<br />

più bassa pericolosità.<br />

Quest’ultima indicazione è applicabile, ad<br />

esempio, ad alcuni prodotti di largo impiego<br />

quali, tra l’altro, l’acqua ossigenata,<br />

gli acidi acetico e cloridrico, l’ammoniaca<br />

in soluzione, l’ipoclorito di sodio, ma non<br />

solo. È del tutto evidente il vantaggio di<br />

operare, ogni qualvolta sia possibile e gli<br />

standard di processo non siano vincolanti,<br />

con una sostanza, preparato o soluzione a<br />

minor grado di rischio, eliminando alla<br />

radice determinati pericoli come anche<br />

desumibile dall’esame della tabella 1.<br />

TABELLA 1<br />

SOLUZIONI DI COMUNE IMPIEGO: CONCENTRAZIONI E PERICOLI<br />

Sostanza Formula di struttura Limiti di concentrazione in soluzione<br />

Idrato di ammonio NH4OH<br />

[1] Sostanze che temono il freddo, a elevata densità.<br />

[2] Liquidi organici deperibili, perossidi o altri decomponibili, alimentari.<br />

[3] Impieghi alimentari, cosmetici, farmaceutici,<br />

C>=25% C N<br />

R34 Provoca ustioni<br />

R50 Altamente tossico per gli organismi acquatici<br />

10%


Acqua ossigenata H 2O 2<br />

Ipoclorito di sodio NaClO<br />

Acido acetico CH3COOH<br />

Acido cloridrico HCl<br />

50%


PROCESSI E SISTEMI•SOSTANZE PERICOLOSE<br />

Lay­out<br />

Il posizionamento dei serbatoi, singoli o in<br />

parco, e dei depositi di fusti o analoghi è<br />

uno dei presupposti per una gestione corretta<br />

e in sicurezza del sito.<br />

Nell’esposizione, l’analisi è scissa in 2 unità<br />

logiche, strettamente interrelate fra loro:<br />

1. carico, riempimento o ricezione;<br />

2. stoccaggio, permanenza, deposito.<br />

Fase1.Arrivo<br />

I serbatoi sono di norma alimentati da<br />

autocisterne [4] . I fusti e le cisternette pervengono<br />

con veicoli ocontainer, di norma<br />

posizionati su palletts, su rimorchi o in<br />

container. L’omologazione ONU per i recipienti<br />

dedicati al trasporto merci pericolose<br />

ne garantisce una certa resistenza<br />

agli urti e alla caduta durante le movimentazioni.<br />

Tuttavia, si tratta sempre di recipienti<br />

soggetti a criticità quali la perforazione<br />

(soprattutto l’inforcamento con il<br />

carrello elevatore), l’apertura involontaria,<br />

la corrosione, il rigonfiamento con<br />

cedimento e il danneggiamento per urto.<br />

La permanenza all’aperto e il successivo<br />

impiego tal quale, trasportando il contenitore<br />

al luogo di utilizzo, richiedono di<br />

fare attenzione alla contaminazione<br />

dell’involucro per lo sporcamento ambientale<br />

(particolarmente importante<br />

per tutti gli impieghi con elevantistandard<br />

igienici: alimentari, farmaceutici, medicali,<br />

ecc.), alla presenza di residui di acqua o<br />

ghiaccio o a possibili errori di identificazione<br />

in caso di deterioramento dell’etichettatura<br />

identificativa.<br />

Per ridurre il rischio di inforcamento<br />

nella movimentazione con carrelli elevatori<br />

sono necessarie attrezzature dedicate,<br />

pinze prendi fusto per le movimentazioni<br />

singole, cautele operative e addestramento<br />

degli addetti per le movimentazioni su<br />

pallett. In questo caso, occorre ancorare<br />

stabilmente il/i collo/i fra loro e al supporto<br />

(reggiatura, termoretraibile, cestelli, ecc.).<br />

Sia per i recipienti mobili o di minor volumetria<br />

che per i serbatoi, l’ubicazione e la<br />

conformazione del punto di scarico/<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

carico è uno dei fattori che maggiormente<br />

contribuiscono in modo determinante<br />

alla sicurezza delle operazioni.<br />

In primo luogo, dev’essere garantita un’accessibilità<br />

e una manovrabilità idonea per i<br />

mezzi che vi debbono accedere, con superfici<br />

idonee e spazi per le manovre e il<br />

posizionamento dei mezzi e/o dei colli.<br />

Un’adeguata protezione dagli urti di<br />

tutte le strutture e dello stoccaggio, estesa<br />

anche al percorso dei mezzi (per esempio<br />

degli idranti a suolo o dei montanti di tettoie<br />

o scaffalature), è un requisito fondamentale<br />

per evitare perdite o rilasci e danni.<br />

Le fasi di movimentazione sono, in<br />

termini statistici, quelle dove più frequentemente<br />

si determinano incidenti, anche<br />

se di minore gravità rispetto alle restanti.<br />

La minimizzazione dei percorsi, la linearità<br />

dei flussi e l’eventuale impiego di aree di<br />

smistamento temporaneo diminuiscono<br />

5Foto1­A–Simulazione di incidente con<br />

cisternetta pallettizzata<br />

5Foto1­B–Esercitazione con mezzi<br />

assorbenti/neutralizzanti<br />

sempre i rischi potenziali connessi.<br />

In ogni caso, è quanto mai opportuno<br />

disporre dipiazzalioareeconsuperficie<br />

impermeabilizzata, dotate di<br />

pendenze e sistemi di raccolta dei fluidi<br />

sversati, quali grigliati perimetrali o tombinature<br />

con collettori intercettabili, raccolte<br />

in vasca o rilanci a recipienti dedicati<br />

alla raccolta in emergenza.<br />

Per quanto possibile, è meglio realizzare<br />

postazioni che favoriscano il deflusso verso<br />

un punto predeterminato, lontano o, comunque,<br />

non sottostante al mezzo di trasporto.<br />

Sia per le caratteristiche di infiammabilità<br />

che per quelle di tossicità in aria, entrambe<br />

correlate all’evaporazione del fluido, si<br />

ricorda cheincasodirilascio:<br />

l l’evaporazione è proporzionale alla superficie<br />

della pozza che, anche per fuoriuscite<br />

modeste, può svilupparsi per<br />

diversi metri quadri. Nell’esempio di figura<br />

1­A si osserva che una fuoriuscita<br />

di circa 200 litri di liquido è in grado di<br />

impegnare un’area di oltre 10 metri<br />

quadrati;<br />

l la temperatura del liquido rilasciato a<br />

terra è influenzata dalla temperatura del<br />

suolo, in estate potenzialmente anche<br />

maggiore di quella dell’aria per effetto<br />

dell’irraggiamento solare. Un aumento<br />

di pochi gradi può far crescere grandemente<br />

la velocità di diffusione in aria<br />

oltre all’azione enfatizzante del vento.<br />

Quest’ultimo argomento è ulteriormente<br />

sviluppato nel successivo paragrafo e in<br />

tabella2.<br />

Qualora, nonostante le attenzioni, dovesse<br />

determinarsi una perdita, i mezzi di<br />

emergenza, di raccolta e di protezione<br />

individuale necessari all’intervento dovranno<br />

essere preventivamente disposti<br />

in posizione vicina, protetta ma ugualmente<br />

agibile.<br />

Per questi casi, sia ai fini ambientali che di<br />

sicurezza e salute, è molto opportuno<br />

inserire nel piano di emergenza aziendale<br />

un’esercitazione periodica, anche nell’ambito<br />

degli adempimenti previsti dal D.Lgs.<br />

[4] Per un approfondimento sul tema si veda,dello stesso Autore, Merci pericolose. Sostanze liquide e autocisterne: quali rischi durante il travaso? in <strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni n.<br />

3/2007. pag. 47.<br />

69


n. 626/1994 o dal D.M. 10 marzo 1998,<br />

nonchésecondoglistandardISO14000/<br />

OSHAS18000.Lefoto1Ae1Bsonostate<br />

riprese durante una simulazione di rovesciamento<br />

di una cisternetta di ipoclorito<br />

insoluzioneconnecessitàdiautorespiratore;<br />

l’intervento complessivo, dal rovesciamentoalcompletoripristinodicondizionidinormalità(cessataemergenza)ha<br />

richiesto circa 20 minuti, con un elevato<br />

impattodidattico­formativosuilavoratori<br />

della squadra di emergenza nonché sugli<br />

addettiallemovimentazioni.<br />

Fase2.Stoccaggio<br />

Il lay­outdistoccaggioèunelementoche<br />

dev’essere valutato sotto diversi profili.<br />

Usualmente, l’area dedicata è all’esterno,<br />

vicinaalpuntodicarico­scaricoealluogo<br />

di impiego, e deve consentire un’accessibilità<br />

confacente ai mezzi, inclusi quelli<br />

interni; in particolare, sia per il normale<br />

esercizio che per la gestione di eventuali<br />

criticitàèopportunochegliuffici,lemense<br />

e le zone a maggior densità di addetti<br />

sianoall’esternodeltriangolodeterminato<br />

da questi tre vertici. Per valutare il<br />

posizionamentonellepertinenzeoccorre<br />

inoltrevalutarealmeno:<br />

l ledistanzedirispettoedalperimetro<br />

determinate dai regolamenti locali ed<br />

edilizi,pergliinfiammabiliinquantitativi<br />

soggettiaCPIoaltreimpostedaspecifichenormativeoservitù;<br />

l la presenza al confinediabitazionio<br />

strutturesensibili prospicienti; oltre<br />

aifattoridisicurezza,dimolestiaolfattiva<br />

e analoghi, la movimentazione con<br />

carrelloneglioraritipicidellerealtàproduttive<br />

possono determinare molestie<br />

e contenziosi,<br />

ancheperpiccoli<br />

depositidifusti;<br />

l la disponibilità di<br />

distanze accessorie<br />

atte<br />

consentire futuri<br />

ampliamenti, un<br />

agevole accesso,<br />

eventuali opere<br />

di protezione<br />

(contenimenti,<br />

tettoie, ecc.), di<br />

abbattimento<br />

degli sfiati (scrubber,<br />

assorbitori,<br />

ecc) e di mitigazionedell’impatto<br />

visivo, fattore<br />

non trascurabile<br />

nelle zone a elevatissima<br />

densità<br />

antropica molto<br />

ricorrentiinItalia;<br />

l le quote e le<br />

pendenze del<br />

terreno:infun­<br />

zione delle varie tipologie di rischio e<br />

deiquantitativioccorreidentificareifattori<br />

che possono comportare percolamenti<br />

incontrollati, avvallamenti con<br />

possibile allagamento, esondazioni da<br />

corsid’acqua;<br />

l la presenza di altri fattori o vincoli<br />

locali,iviinclusiirischichedall’esterno<br />

possono determinare conseguenze sul<br />

deposito;<br />

l lecriticitàinterne,conidoneaseparazionefraedaognisostanzaolavorazioneincompatibile,realizzabile(ointe<br />

PROCESSI E SISTEMI•SOSTANZE PERICOLOSE<br />

5Foto2–Postazionemulti­usocon compartimentazione,tettoiaegriglia<br />

diraccolta<br />

grabile)ancheconcompartimentazioni<br />

(sivedalafigura2),segnaleticaverticale<br />

eorizzontale,adeguateprocedureedisposizionioperative.<br />

Elementitecnici<br />

Anche gli aspetti tecnici di realizzazione<br />

deglistoccagginellelorodiversearticolazionicostituisconounamateriainevitabilmentevastaearticolataconalcuniaspetti<br />

divalenzagenerale.<br />

Il primo di questi non può che essere la<br />

prevenzionedeirilasciedell’inqui­<br />

TABELLA2<br />

VELOCITÀDIEVAPORAZIONEINDIVERSECONDIZIONI(KG/MINUTO)<br />

Estate [+30 °C] Inverno [+ 5 °C]<br />

Contenimento [4 m 2 ] Pozza non confinata [15 m 2 ] Contenimento [4 m 2 ] Pozza non confinata [15 m 2 ]<br />

Ammonia sol. 15% 0,4 1,2 0,1 0,4<br />

Acetone [Teb 56°C] 1,8 3,7 0,4 1,2<br />

Alcool metilico [Teb 65°C] 0,2 0,8 0,1 (*) 0,3 (*)<br />

Nota (*): inferiore alla temperatura di infiammabilità<br />

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PROCESSI E SISTEMI•SOSTANZE PERICOLOSE<br />

5Foto3–Serbatoio su supporti con<br />

contenimento e tettoia<br />

namento [5] , soprattutto sul suolo, da<br />

ottenersi realizzando barriere multiple fra<br />

la sostanza e il terreno, di norma con un<br />

contenimento secondario (il primario è<br />

costituito dall’involucro del recipiente<br />

stesso), impermeabile e resistente ai fluidi<br />

previsti.<br />

Secondo una non recente normativa sugli<br />

oli minerali (regio decreto n. 1303/1934),<br />

per la sua logica validità estesa a tutti i fluidi,<br />

il bacino di contenimento deve avere una<br />

capacità almeno pari al recipiente più voluminoso<br />

ovvero a un terzo della capacità<br />

complessiva stoccata, se maggiore.<br />

L’evidenza pratica conferma che le verifiche<br />

sull’inquinamento dei suoli nelle aree<br />

industriali o ex industriali rivelano, con<br />

elevata frequenza, contaminazioni inaspettate<br />

o superiori alle attese; infatti, nel<br />

corso degli anni, anche in assenza di incidenti<br />

significativi, il gocciolamento, i trafilaggi<br />

e le microperdite si sommano e si<br />

diffondono con conseguenze economiche<br />

e legali assai onerose. Anche per que­<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

sto, l’attenzione e le misure adottate devono<br />

essere costantemente mantenute al<br />

più elevato livello possibile.<br />

Il bacino di contenimento o la vasca di<br />

stoccaggio devono risultare completamente<br />

impervi e svuotabili. Se il volume di<br />

controllo è realizzato, come di frequente,<br />

con una cordolatura su superficie impermeabile,<br />

per il calcolo del volume utile<br />

conta il punto a minore quota dal piano<br />

orizzontale interno e non devono esservi<br />

scanalature, tubazioni non sigillate, fessure<br />

o altri elementi che ne riducano la<br />

totale tenuta.<br />

È anche possibile realizzare più bacini<br />

adiacenti di volume inferiore con lo sfioramento<br />

interno da uno all’altro, a condizione<br />

che i liquidi dei vari comparti siano tutti<br />

compatibili fra loro, con i materiali degli<br />

involucri e con le stesse categorie di rischio;<br />

perdite minori potranno, così, essere<br />

limitate a un solo sotto­settore, mentre,<br />

solo in casi estremi (e più rari), sarà<br />

coinvolto tutto l’insieme.<br />

Il passaggio di tubazioni attraverso le<br />

sponde del bacino, preferibilmente da<br />

evitare, dev’essere sigillato con stucchi,<br />

malte o resine di idonea resistenza; l’attenzione<br />

alle tenute dev’essere estesa anche<br />

alle riparazioni e alle manutenzioni<br />

dei contenimenti.<br />

Il contenimento è utile anche per un altro<br />

motivo; in particolare, come già detto,<br />

l’evaporazione dei fluidi è proporzionale<br />

all’area della pozza che si forma, con poca<br />

importanza per la profondità. Per i liquidi<br />

volatili (ad es. solventi, alcoli, ecc.), infiammabili<br />

o tossici, il bacino riduce i rischi e i<br />

tempi di recupero, ma anche la superficie<br />

evaporante, diminuendo le conseguenze<br />

anche in questa direzione e facilitando gli<br />

interventi di emergenza.<br />

A titolo di esempio, intabella2si riportano<br />

alcune modellazioni semplificate che<br />

consentono di apprezzare le differenze<br />

per il rilascio di 1 metro cubo di 3 diversi<br />

liquidi da una cisternetta su cemento, a<br />

parità di tutti gli altri fattori meteo (vento<br />

debole, sereno, umidità media).<br />

Per la soluzione ammoniacale in condizioni<br />

estive, la distanza IDLH [6] non confinata<br />

si riduce, per effetto del contenimento, da<br />

25 a 12 metri. Considerazioni del tutto<br />

analoghe si possono sviluppare per gli infiammabili<br />

e per il conseguente incendio<br />

che risulterebbe alimentato da una portata<br />

di combustibile nettamente inferiore.<br />

Un contenimento all’aperto è destinato a<br />

riempirsi non solo in caso di perdita, ma<br />

anche con l’acqua meteorica; in entrambi<br />

i casi è indispensabile predisporne lo<br />

svuotamento con idonee pendenze a un<br />

punto di raccolta e con sistemi di svuotamento<br />

pratici e “solo volontari”. Una tettoia<br />

(si veda lafigura3) riduce gli interventi<br />

e limita l’irraggiamento solare estivo.<br />

L’esperienza dimostra che i tubi di scarico<br />

valvolati e analoghi sistemi sono troppo<br />

spesso lasciati costantemente aperti, vanificando,<br />

in questo modo, l’intero contenimento<br />

in caso di necessità. Valvole di<br />

scarico con apertura a uomo­presente o<br />

ancora meglio pompe e attacchi pescanti<br />

non permanenti (si veda lafigura4) costi­<br />

5Foto4–Pozzetto di scarico di contenimento<br />

con attacco a pescante per lo svuotamento<br />

[5] Per la specificità non si affrontano il trattamento degli sfiati effluenti in atmosfera e i sistemi di inertizzazione.<br />

[6] IDLH (ImmediatelyDangeroustoLifeandHealth): concentrazione massima alla quale un individuo sano può restare esposto per un tempo di trenta minuti, senza che ciò ne<br />

determini la morte o danni organici irreversibili, gli impedisca di allontanarsi dal luogo dell’incidente o di adottare le opportune misure protettive.<br />

71


5Foto 5 – Deposito fusti sottotettoia con<br />

griglia di raccolta<br />

tuiscono la soluzione più sicura.<br />

In alternativa al contenimento in bacino<br />

(che funge anche da protezione dagli urti<br />

accidentali) si possono realizzare perimetrazioni<br />

con canaline di raccolta (figure2e<br />

5), dotate di pendenze a vasche o rilanci a<br />

serbatoi, che, soprattutto per fusti e cisternette,<br />

presentano il vantaggio di un’accessibilità<br />

senza ostacoli per il trasporto.<br />

Un bacino o una vasca di raccolta pieni<br />

(anche solo d’acqua) o fessurati sono inutili.<br />

Una procedura ad hoc, con registro<br />

delle verifiche, ne confermerà periodicamente<br />

lo stato e l’integrità, soprattutto<br />

per quelli non facilmente ispezionabili o<br />

contenenti i fluidi più critici.<br />

Il contenimento non dev’essere considerato<br />

né un sistema per “grandi stoccaggi”,<br />

superfluo per uno o pochi fusti, né alla stregua<br />

di totale garanzia dall’inquinamento.<br />

Lo svuotamento completo di un fusto,<br />

magari dimenticato “aperto” dopo l’uso è<br />

un’evenienza di elevata frequenza, che, se<br />

coinvolge liquidi corrosivi, tossici, oli o<br />

rifiuti, solo per citare qualche caso fra gli<br />

innumerevoli, presenta costi [7] , responsabilità<br />

e tempi di ripristino sicuramente<br />

superiori alla facilità di intervento.<br />

[7] Da aggiungere alla perdita del prodotto.<br />

5Foto 6 – Cisternette su vasca di raccolta<br />

mobile protette dagli agenti atmosferici<br />

A questo proposito, nel deposito fusti in<br />

figura 5, al centro, si osserva un contenimento<br />

integrativo mobile per fusto singolo<br />

su sella orizzontale, mentre infigura6si<br />

osserva una vasca mobile di contenimento<br />

pre­fabbricata per cisternette con copertura<br />

di protezione dagli agenti atmosferici;<br />

analoghi sistemi sono disponibili sul mercato<br />

per i fusti, come anche armadiature<br />

richiudibili, con contenimento, certificate<br />

resistenti al fuoco, installabili all’aperto, con<br />

capacità totali variabili (si veda lafigura7).<br />

Per i casi che richiedono maggiori attenzioni,<br />

più barriere sono meglio di due; in<br />

particolare, strati di vernici o resine impermeabilizzanti,<br />

materiali plastici e piastrellature<br />

ingres aumentano la resistenza<br />

dei manufatti ai corrosivi, riducono la permeabilità<br />

dei solventi, conferiscono le necessarie<br />

caratteristiche di tenuta idonee<br />

e, prolungando la vita dei manufatti, in<br />

ultima analisi, ne riducono i costi.<br />

5Foto 7 – Armadiature auto­contenute per<br />

fusti con infiammabili<br />

PROCESSI E SISTEMI•SOSTANZE PERICOLOSE<br />

Un’ulteriore garanzia è quella di non appoggiare<br />

direttamente i recipienti al terreno<br />

anche se impermeabilizzato; posizionare<br />

i fusti su griglie, i serbatoi su selle o<br />

supporti, le cisternette su plinti e così via,<br />

diminuisce la corrosione e il deterioramento<br />

dei fondi , consentendo una facile<br />

e immediata rilevazione delle perdite dal<br />

fondo, le più frequenti.<br />

Se il contenimento protegge dallosvuotamento,<br />

per i serbatoi gli indicatori di livello<br />

e il dispositivo di troppo pieno evitano le<br />

fuoriuscite persovrariempimento.<br />

L’indispensabile indicatore di livello, che è<br />

dato per scontato su qualunque serbatoio<br />

automobilistico da poche decine di litri<br />

(accompagnato da spie e allarmi e integrato<br />

dal blocco automatico del rifornimento<br />

per sovrariempimento alla pistola),<br />

non sempre è installato negli impianti<br />

industriali, pur essendo in grado di diminuire<br />

incidenti e disservizi.<br />

Ove, comunque, il contenuto dovesse<br />

tracimare, il “troppo pieno” deve risultare<br />

anch’esso contenuto e non determinare<br />

rischi di investimento per le persone o<br />

danni alle cose. Anche il “troppo pieno“<br />

dev’essere correttamente realizzato con<br />

un adeguato diametro e un filtro o analogo<br />

sistema atto a impedire contaminazioni<br />

o ingressi accidentali dall’esterno.<br />

Le pompe di rilancio (per gli infiammabili<br />

di tipo compatibile con la pertinente classificazione<br />

ATEX), se posizionate all’interno<br />

del contenimento, devono risultare a<br />

una quota che non ne consenta l’annegamento<br />

o altri tipi di danneggiamento.<br />

Per quanto riguarda, infine, l’accessibilità,<br />

da parte degli addetti, a stoccaggi,<br />

contenimenti e serbatoi, camminamenti,<br />

scalette, passerelle, platee e quant’altro<br />

devono consentire un’agevole praticabilità<br />

degli stoccaggi, facilitando le operazioni<br />

connesse, gli interventi necessari e limitando<br />

i rischi di infortunio.<br />

Le scale precarie appoggiate su superfici<br />

curve per raggiungere valvole e boccaporti,<br />

scavalcamenti ginnici per superare<br />

tubazioni e sponde, elementi di regolazione<br />

o valvole da raggiungere a sbalzo<br />

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PROCESSI E SISTEMI•SOSTANZE PERICOLOSE<br />

sono, ove presenti, sempre da considerare<br />

come fattori di rischio e, come tali, da<br />

sostituire con apprestamenti idonei (si<br />

veda lafigura8).<br />

Cautelegestionali<br />

epergliaddetti<br />

Per raggiungere un buon grado di sicurezza<br />

occorre, come sempre, coniugare gli<br />

elementi strutturali con le cautele procedurali<br />

e per gli addetti.<br />

Anche qui le possibilità sono molteplici, dai<br />

pochi fusti sotto tettoia alla conservazione<br />

dei rifiuti, con gli obblighi di legge e/o di<br />

autorizzazioni ai sensi del D.Lgs. n.<br />

152/2006, fino ai depositi a rischio di incidente<br />

rilevante soggetti alla direttiva “Seveso”<br />

(recepita in Italia con il D.Lgs. n.<br />

334/1999 e successive modifiche integrazioni)<br />

con, tra l’altro, l’obbligo di adozione<br />

di un sistema di gestione per la prevenzione<br />

dei rischi e il miglioramento continuo,<br />

sanzionato pesantemente in caso di inadempienza.<br />

Concentrando l’attenzione, come già<br />

detto, sugli aspetti di ampia valenza, dovranno<br />

essere selezionati e messi a disposizione<br />

imezzidiemergenza per l’intercettazione<br />

delle perdite, la raccolta,<br />

l’assorbimento e la protezione individuale<br />

degli addetti. Il tutto orientato alle caratteristiche<br />

delle sostanze depositate, di<br />

pronta disponibilità, con verifiche periodiche<br />

di consistenza e un piano per l’ade­<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

5Foto8–Accesso a parco serbatoi e scala<br />

con mezzo marinaio<br />

guata formazione degli addetti.<br />

Recipienti vuoti a disposizione sono<br />

quanto mai utili insieme ai dispositivi per il<br />

travaso in emergenza e una doccia di<br />

emergenza e/o oculare. Fra le dotazioni di<br />

un deposito si ricordano le MSDS, le<br />

schededisicurezza con le informazioni<br />

di sicurezza, salute e tutela ambientale,<br />

aggiornate e messe a disposizione dei lavoratori;<br />

in molti casi, può essere utile<br />

affiggerle anche in loco (eventualmente in<br />

estratto) plastificate.<br />

Per gli stoccaggi la segnaletica può assolvere<br />

a numerose funzioni:<br />

l specificare con idonea etichettatura il<br />

TABELLA3<br />

SINTESINORMEPERSTOCCAGGIERECIPIENTI<br />

contenuto dei recipienti;<br />

l avvertire sui pericoli dei materiali, i divieti<br />

e gli obblighi;<br />

l indicare le disponibilità di DPI e di mezzi<br />

per l’antincendio e le emergenze;<br />

l perimetrare i luoghi, identifica le aree;<br />

l ricordare sinteticamente le procedure<br />

e le prescrizioni aziendali;<br />

l richiamare e avvertire sulle incompatibilità<br />

e altre regole aziendali.<br />

Relativamente, infine, aipianidiemergenzainterni,<br />

va detto che una perdita<br />

da uno stoccaggio è un fatto prevedibile,<br />

spesso già occorso in precedenza, che<br />

frequentemente viene trascurato e può<br />

determinare responsabilità legali, oneri di<br />

pulizia o bonifica, rischi per le persone o<br />

danni alle proprietà.<br />

Anche avvalendosi di strumenti gestionali<br />

quali la registrazione e lo studio dei “quasi<br />

incidenti” (near­miss) che occorrono è,<br />

invece, possibile organizzare sistemi proporzionati<br />

a ogni realtà, con apprestamenti<br />

e procedure che riducano frequenza<br />

e gravità degli accadimenti, con una<br />

formazione che interessi realmente i lavoratori<br />

e la squadra di emergenza, comportando<br />

benefici per l’intera struttura e<br />

adempiendo ad indicazioni normative<br />

spesso applicate in modo formale e non<br />

pro­attivo.<br />

Intabella3si riporta un elenco non esaustivo<br />

di alcune fra le principali norme EHS<br />

e di prevenzione incendi applicabili agli<br />

stoccaggi e ai recipienti. l<br />

Titolo Estremi<br />

Importazione, lavorazione, deposito e distribuzione degli oli minerali e dei loro residui R.D. 20 luglio1934, n. 1303<br />

«Norme per la prevenzione degli infortuni» D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547<br />

«Norme generali per l’igiene del lavoro» D.P.R. 19 marzo 1956, n. 303<br />

«Elenco delle attività soggette alle visite di prevenzione incendi» D.M. 16 febbraio 1982<br />

«Disposizioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori durante il lavoro» Decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626<br />

«Prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e/o di salute sul luogo di lavoro» Decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 493<br />

«Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro» D.M. 10 marzo 1998<br />

«Criteri di analisi e valutazione dei rapporti di sicurezza relativi ai depositi di liquidi facilmente<br />

infiammabili e/o tossici»<br />

D.M. 20 ottobre 1998<br />

«Controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose» Decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334<br />

«Norme in materia ambientale» Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152<br />

73


Dopo aver analizzato<br />

le tecniche di<br />

risanamento degli edifici<br />

(<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

n. 2/2007), è opportuno<br />

passare in rassegna<br />

le principali soluzioni,<br />

da adottare<br />

preventivamente in fase<br />

di progettazione<br />

per prevenire<br />

fenomeni di risalita<br />

del radon. Gli interventi<br />

si dividono<br />

schematicamente in<br />

limitazioni<br />

delle vie d’ingresso,<br />

da un lato, e riduzione<br />

della depressurizzazione<br />

dell’edificio<br />

nei confronti<br />

dell’ambiente circostante<br />

e soprattutto<br />

del suolo, dall’altro.<br />

PROCESSI E SISTEMI•SOSTANZE PERICOLOSE<br />

Rischio Radon<br />

La prevenzione negli edifici<br />

n di Martino Maria Rizzo, responsabile Unità Operativa Igiene Pubblica<br />

ASL n. 3 Rossano (CS)<br />

Figure da 1 a 4 di Martino Maria Rizzo<br />

Foto 1 e 2: Minimodulo di Geoplast S.p.A. (su gentile concessione di<br />

Geoplast S.p.A., Grantorto­PD)<br />

Foto 3 e 4 e figure 5, 6 e 7: Fondaline di Onduline Italia S.p.A. (su gentile<br />

concessione di Onduline Italia S.p.A., Altopascio­LU)<br />

Il radon è un gas radioattivo che si forma in seguito alla<br />

disintegrazione dell’uranio presente nel suolo, nell’acqua e<br />

in molti materiali da costruzione. Se nell’atmosfera i<br />

quantitativi di radon sono modesti e trascurabili dal punto<br />

di vista radioprotezionistico, negli ambienti interni non<br />

sempre è così. Infatti, dal suolo circostante e sottostante<br />

l’abitazione il radon viene trasportato all’interno dell’edificio<br />

sia per differenza di pressione tra l’ambiente esterno e<br />

quello interno sia per scarso isolamento suolo­edificio.<br />

Naturalmente, il tasso di esalazione, cioè l’intensità della<br />

sorgente, che varia fortemente da suolo a suolo, è<br />

l’elemento che condiziona i valori di radon indoor più o<br />

meno elevati nelle abitazioni.<br />

Nel 1977, il Comitato Scientifico delle Nazioni<br />

Unite sugli effetti della radiazione atomica<br />

(UNSCEAR) ha classificato il radon<br />

come la principale sorgente di radiazioni<br />

ionizzanti a cui la popolazione mondiale è<br />

esposta e, nel 1988, l’IARC ha identificato il<br />

radon come cancerogeno di gruppo 1,<br />

cioè come sostanza per la quale esiste evidenza<br />

di cancerogenicità negli esseri umani<br />

per quanto riguarda i tumori polmonari. In<br />

base a queste evidenze, le maggiori organizzazioni<br />

in materia di salute pubblica, a<br />

iniziare dalla Organizzazione Mondiale della<br />

Sanità, auspicano un controllo del livello<br />

di radon in ciascuna abitazione.<br />

Letecnichediprevenzione<br />

Prima dell’effettiva progettazione dell’edificio<br />

andrebbero chiarite le condizioni del<br />

terreno per quanto riguarda la situazione<br />

del radon. Non esistendo prove standardizzate<br />

per valutare il contenuto di radon<br />

del suolo, né sistemi di calcolo che consentano<br />

di mettere in relazione i valori di<br />

radon riscontrabili nel suolo e quelli che si<br />

otterranno all’interno dell’edificio, occorre<br />

prendere in considerazione diversi fattori,<br />

e verificare se:<br />

l il terreno si trova in area individuata dall’eventuale<br />

mappatura regionale quale<br />

area a elevata concentrazione di radon;<br />

l nella stessa area geologica si trovano<br />

edifici nei quali siano stati rilevati livelli<br />

anomali di radon;<br />

l le caratteristiche generali del suolo e, in<br />

particolare, la permeabilità, la presenza<br />

di crepe, di strati argillosi, di terreni<br />

molto eterogenei;<br />

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PROCESSI E SISTEMI•SOSTANZE PERICOLOSE<br />

5Figura1–Tecniche di ventilazione<br />

vespaio con sistemi passivo e attivo<br />

l loscavositrovasuunpendioespostoal<br />

sole,soggettoapossibilimoticonvettivi<br />

che in terreni permeabili possono incrementareiltrasportodiradon;<br />

l ilterrenorimanegelatoperlunghiperiodi,<br />

con maggior richiamodiradonsotto<br />

l’abitazione.<br />

Qualora, dal complesso delle indicazioni<br />

derivanti dai fattori presi in considerazione,emerganoprevisionidivalorielevatidi<br />

radon, è opportuno adottare tecniche di<br />

prevenzione nella costruzione dell’edificio.<br />

Molte di queste sono comunemente<br />

usate per altri scopi, per esempio per<br />

l’impermeabilizzazione e la protezione<br />

dell’edificio dall’umidità e non richiedono<br />

interventi di progettazione né aumenti<br />

dei costi, ma solo attente e minuziose<br />

verifiche nella corretta messa in opera e<br />

nellarealizzazionedialcuniparticolaricostruttivi.Alcunescelteprogettuali,inoltre,<br />

possono contribuire a ridurre il rischio<br />

d’esposizionealradon.Traqueste:<br />

ð imaterialidacostruzione:èparticolarmente<br />

importante il cemento<br />

delle fondamenta e la stabilità dei materialidiisolamento;<br />

ð la destinazionedeilocali:diregola<br />

il problema del radon è relativo alle<br />

stanze a diretto contatto col terreno,<br />

soprattutto negli edifici costruiti su<br />

pendiiesumaterialefratturato.Anche<br />

leabitazionisituatesucantine,ambien­<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

ti vuoti e seminterrati destinati a usi<br />

diversi possono essere interessate da<br />

elevati livelli di radon contrastabili tramite<br />

un’adeguata aerazione di questi<br />

locali;<br />

ð le scale, i vani degli ascensori, i<br />

condottiverticalieicaminidevonoessereprogettatiinmodochenonsicreinocanalidicomunicazionecheconsentanoiltrasportodelradonnellaparteabitatadellostabile.Lescalecheportanoincantinadovrebberoaverequanto<br />

meno una porta che garantisca una<br />

buonatenutae,inareearischio,l’accesso<br />

ai locali interrati o alle cantine dovrebbeessereprogettatodall’esterno;<br />

ð i passaggi di condotte dal terreno<br />

all’edificio rappresentano un potenzialepuntod’infiltrazionedelradon.Nella<br />

progettazionedelleretidell’acquaedel<br />

gas, o di altre condotte provenienti da<br />

serbatoi interrati o reti sotterranee,<br />

dovrebbeessereprevistounpercorso<br />

dalle pareti laterali e non dal pavimento.Lostessovaleperipuntidipenetrazione<br />

di cavi elettrici e d’antenna, che<br />

vanno sigillati con materiali elastici.<br />

L’impianto di fognatura dovrebbe attraversare<br />

il pavimento della cantina<br />

nelminornumeropossibiledipuntiei<br />

canali di sterro scavati per le canalizzazioni,<br />

che spesso fungono da vero e<br />

proprioveicoloperl’ingressodiradon,<br />

devonoessereattentamenteriempiti;<br />

ð sono, inoltre, importanti una corretta<br />

progettazione dell’impianto di riscaldamento<br />

e un’attenzione particolare<br />

all’aerazione (si veda la figura<br />

1), per evitare che si crei una depressione.<br />

Le categorie di intervento preventivo<br />

rientranoschematicamenteinduegruppi<br />

distinti:<br />

l tecniche per limitare le vie d’ingresso<br />

del radon verso l’interno dell’edificio;<br />

l tecnicheperridurreladepressurizzazione<br />

dell’edificio nei confronti<br />

dell’ambiente circostante e soprattuttodelsuolo.<br />

Lediversetecnichesonostatesviluppate<br />

sui dati ricavati dai risanamenti effettuati<br />

negli edifici esistenti; ciò ha consentito di<br />

verificare l’efficacia degli interventi attraverso<br />

misure di concentrazione prima e<br />

dopo l’applicazione, cosa non possibile<br />

nel caso di nuove costruzioni. Rispetto ai<br />

risanamenti, l’applicazione della stessa<br />

tecnologia in una nuova costruzione è di<br />

più semplice messa in opera, consente<br />

quasi sempre migliori risultati e presenta<br />

costi esigui rispetto al complessivo dei<br />

costi di costruzione. Nelle aree a rischio<br />

radon,nonè,pertanto,opportunorinunciare<br />

all’applicazione di nessuna misura<br />

preventiva,ancheinrelazionealfattoche<br />

eventuali successivi interventi di bonifica<br />

risulterannopiùonerosi.<br />

Tecnicheperlimitarel’ingresso<br />

delradonnegliedifici<br />

Il radon può entrare negli edifici in due<br />

modi:<br />

l per diffusione dei propri atomi attraversoipavimentielepareti;<br />

l infiltrandosi con l’aria nelle parti dell’edificio<br />

a contatto col suolo passando<br />

per aperture o punti di infiltrazione localizzati.<br />

L’aspetto più importante dell’inquinamentodaradonèl’infiltrazione.Perquanto<br />

riguarda la diffusione è paragonabile a<br />

quelladelvaporeacqueo,conladifferenzachenell’edificiononsievidenzianodanni,<br />

come quelli da condensazione del vapore.<br />

Solo pochi materiali sono impermeabilialradon(vetroemetalli),mentre<br />

per tutti gli altri la diversa penetrazione<br />

dipendedallalorodensitàedalleproprietà<br />

del gas, in particolare, dalla grandezza<br />

delle particelle. Se queste condizioni determinano<br />

una durata media della diffusioneattraversoglielementidellacostruzione<br />

di alcuni giorni, il decadimento radioattivodelradon(chehaemivitadi3,82<br />

giorni) ha luogo all’interno dei materiali<br />

stessi e i prodotti del processo, non più<br />

gassosi, restano imprigionati e risultano<br />

innocui.Pertanto,lapermeabilitàalvapore<br />

acqueo dei materiali da costruzione,<br />

dei fogli e delle membrane impermeabili<br />

puòrappresentareunpuntodiriferimentoancheperilradon.Inbaseaciò,perla<br />

prevenzione della diffusione di questo<br />

75


5Figura2<br />

5Figura3<br />

gas, in fase di costruzione possono essere<br />

adottati una serie di accorgimenti, di seguito<br />

riportati.<br />

Premesso che attualmente non esistono<br />

esperienze sufficienti per fornire informazioni<br />

definitive, le indicazioni di seguito<br />

riportate vanno considerate come<br />

suggerimenti, da valutare e rielaborare<br />

con i progettisti in relazione alle specifiche<br />

situazioni. Inoltre, bisogna considerare<br />

che, in molte aree a rischio, sono già<br />

previste nei regolamenti edilizi prescrizioni<br />

da rispettare.<br />

Isolamentodellefondamenta<br />

In linea di massima, la principale misura<br />

precauzionale per impedire la risalita del<br />

radon dal suolo è l’isolamento delle fondamenta.<br />

In proposito, esistono varie<br />

possibilità:<br />

ð fondamentaaplateaincemento<br />

armato. La platea in cemento armato<br />

(si veda lafigura2), che ricopra tutto lo<br />

scavo della futura casa, rappresenta un<br />

metodo molto efficace per impedire o<br />

ritardare la risalita del radon (il cemento<br />

non è completamente impermeabile<br />

al radon). Se realizzata con spessore di<br />

30 cm si hanno ottime garanzie di fermare<br />

la risalita del gas. Naturalmente, in<br />

5Figura4<br />

caso di locali interrati, anche le mura<br />

esterne devono essere realizzate in cemento<br />

armato, facendo attenzione alle<br />

congiunzioni tra platea e muro. Se fosse<br />

necessario bucare la platea per il passaggio<br />

di condotte, le perforazioni dovranno<br />

essere sigillate accuratamente<br />

con materiali isolanti o flange elastiche;<br />

ð in aggiunta al cemento, nelle aree a<br />

particolare rischio è possibile utilizzare<br />

membrane impermeabili, di diverso<br />

tipo, da posare su uno strato<br />

sufficientemente resistente di cemento<br />

armato, sotto la platea di fondamenta,<br />

facendole risalire lungo le pareti esterne.<br />

In questo caso, dovrà essere garantita<br />

la perfetta saldatura della membrana<br />

e l’assenza di fessure nella barriera<br />

impermeabile, eventualmente protetta<br />

ai due lati da uno strato di altri materiali<br />

(per esempio tessuto non tessuto);<br />

ð sempre in zone con alte concentrazioni<br />

di radon una misura ulteriore è quella<br />

di stendere anche unostratodighiaia<br />

sotto le fondamenta a platea e verticalmente<br />

a ridosso delle mura intorno<br />

a tutta la casa (si veda lafigura3). Oltre<br />

a permettere la fuoriuscita del radon,<br />

lo stato di ghiaia garantisce un’ottima<br />

protezione contro l’umidità e, in caso<br />

di successiva comparsa del problema,<br />

rappresenta il presupposto per realizzare<br />

un sistema di aspirazione dell’aria;<br />

ð le fondamenta a platea sono indicate<br />

soprattutto per edifici di piccole dimensioni<br />

perché le deformazioni e gli<br />

PROCESSI E SISTEMI•SOSTANZE PERICOLOSE<br />

assestamenti del suolo influenzano meno<br />

la formazione di crepe. In altri casi, si<br />

ricorre al sistema delle fondamenta<br />

astrisce (si veda la figura 4), che rendono<br />

necessario realizzare una pavimentazione<br />

in cemento con uno strato<br />

isolante impermeabile al radon che dal<br />

pavimento si estenda fino a una certa<br />

altezza sulle pareti. Sia lateralmente, sia<br />

sotto la pavimentazione, va posto uno<br />

strato di ghiaia e, possibilmente, dei<br />

tubi di drenaggio, posti in parallelo e<br />

collegati tra loro da una conduttura<br />

che può portare direttamente fuori casa<br />

o, meglio, fino a tetto. In terreni<br />

molto permeabili la ghiaia deve essere<br />

posta su uno strato di cemento che<br />

funge da isolante verso il terreno.<br />

Ilvespaioaerato<br />

Il sistema di ventilazione naturale del vespaio<br />

è una delle soluzioni più efficaci ed<br />

economiche in fase di nuova costruzione.<br />

In genere, l’unico vincolo architettonico è<br />

rappresentato dalla necessità di “sollevare”<br />

la casa di alcuni centimetri (da 20 a 80)<br />

e realizzare una serie di fori perimetrali<br />

che, nella versione di tipo passivo, saranno,<br />

per numero e dimensioni, in relazione<br />

all’altezza dell’intercapedine. Per la realizzazione<br />

dei vespai areati sono oggi disponibili<br />

nuovi prodotti utilizzati in edilizia, in<br />

alternativa ai sistemi tradizionali. È possibile,<br />

ad esempio, utilizzare alcuni tipi di<br />

casseri a perdere realizzati in materiali<br />

plastici rigenerati, ecocompatibili, di alta<br />

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PROCESSI E SISTEMI•SOSTANZE PERICOLOSE<br />

5Foto1–Modulo per vespaio areato<br />

resistenzameccanica,inalterabilineltempo.<br />

Si tratta di elementi di diversa altezza<br />

(unesempioinfoto1),da3centimetria2<br />

metri,componibili,dotatidiunsistemadi<br />

collegamento a incastro che consente<br />

una posa facile e veloce, progettati con<br />

unastrutturaresistentechedistribuiscele<br />

sollecitazionisututtalasuperficierendendola<br />

calpestabile anche prima del getto e<br />

offrendoun’ottimacapacitàdicarico.<br />

Il sistema presentato nella foto 2 consiste<br />

in cupole la cui posa è estremamente<br />

facile e può avvenire anche su fondi parzialmentepreparatiosufogliaimpermeabile,consentendounariduzionedeivolumi<br />

di ghiaia o conglomerato cementizio<br />

altrimenti necessario. Appositi accessori,<br />

quali il fermagetto e il geoblock rendono<br />

possibile l’esecuzione del getto contemporaneodellefondamenta,condrastiche<br />

riduzionideitempidiarmaturadicordoli<br />

earchitravi.<br />

Oltre alla funzione di impedire la risalita<br />

dell’umidità, con il posizionamento di fori<br />

di aerazione, contrapposti e a quote diverse,<br />

il sistema garantisce l’eliminazione<br />

del radon e la sua forma a cupola, aperta<br />

in tutte le direzioni, consente di inserire<br />

facilmentetubazioni,condutture,cavi,ecc.<br />

Lefasisuccessiveallaposaprevedono:<br />

l gettodiunmagronedibase,dicemento<br />

e ghiaia, cercando di renderlo il più<br />

possibilepiano;<br />

l disposizionesulpianodiognieventuale<br />

tubazionepergliimpianti;<br />

l collocamentodellecupoleinplasticain<br />

modo da formare serie di piastrini con<br />

interassecostante;<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

l verifica della creazione<br />

dell’intercapedine libera<br />

in tutte le direzioni e<br />

predisposizione dell’inserimento<br />

dei tubi di<br />

ventilazione;<br />

l gettodelcalcestruzzo.<br />

Il vespaio così realizzato,<br />

oltre a garantire protezione<br />

dall’umidità, aerazione<br />

in tutte le direzioni e convogliamento<br />

all’esterno<br />

del radon, assicura facilità<br />

nell’assemblaggio, riduzionedeitempidimanodoperaepiùsempliceedeconomicamanutenzioneimpiantistica,<br />

traducendo la spesa per la realizzazioneinrisparmio.<br />

Di particolare interesse per la problematicaradonèancheilminimodulo,checonsentel’aerazionedipavimentiepareticon<br />

uno spessore estremamente ridotto, di<br />

soli 3 centimetri, ed è molto utile negli<br />

interventi di risanamento poiché comportaunaminimaperditadispazio.<br />

Lemembraneimpermeabili<br />

Comedetto,laposadimembraneimpermeabili,<br />

con costi relativamente bassi, è<br />

una metodica comunemente adottata<br />

perimpedirelarisalitadiumiditàattraverso<br />

le fondamenta e viene applicata praticamenteintuttigliedifici.Ineffetti,sarebbeunamisuranecessariasolonelleregioni<br />

o in aree con una falda poco profonda<br />

oconterrenimoltopermeabili.<br />

La maggior parte delle membrane, alla<br />

principale funzione<br />

di impedire la<br />

risalita dell’umidità,associaunacerta<br />

impermeabilità<br />

al radon, rappresentando,pertanto,<br />

un dispositivo<br />

che, a prescindere<br />

dall’eventuale presenza<br />

di gas, viene<br />

normalmente utilizzato<br />

e può essereparticolarmente<br />

importante se i<br />

teli sono ben sigillati tra loro e nelle zone<br />

di passaggio degli impianti. La protezione<br />

dal radon dovrebbe essere estesa anche<br />

lungoleparetiverticalidellefondamenta,<br />

facendo attenzione ai possibili strappi e<br />

lacerazioni delle membrane durante o<br />

successivamente alla posa, nella fase di<br />

reinterro.<br />

Esistono diversi tipi di membrana, in genere<br />

rappresentati da fogli di materiale a<br />

bassa traspirabilità che vengono inseriti<br />

nella stratificazione del pacchetto di elementi<br />

che costituisce il solaio o le pareti<br />

controterra. Tra i prodotti presenti in<br />

commercio:<br />

l fogliinpolietilene;<br />

l membranefibrobituminoseoinPVC;<br />

l asfaltiliquidiapplicatiacaldooafreddo;<br />

l resine (in genere da applicare su armaturerealizzateinmaterialivari).Selaconcentrazionedelradonèparticolarmenteelevatanell’areaincuisistarealizzando<br />

la struttura, la funzione barriera<br />

di una comune membrana impermeabile<br />

non è certa; in presenza di condizioni<br />

critiche,perciò,occorrericorrereamembrane<br />

impermeabili antiradon, che svolgono<br />

anche la funzione di barriera alla<br />

risalitadelgas.Neesistonoincommercio<br />

diversi tipi ma, quasi tutte, presentano<br />

possibiliinconvenienti:<br />

l il rischio di fessurazioni dovute all’assestamentostrutturaledell’edificio;<br />

l una non semplice sovrapposizione e<br />

saldaturadeifogli;<br />

l una scarsa resistenza del materiale all’usuradeltempo.<br />

5Foto2–Montaggio del modulo per vespaio areato<br />

77


Essenziale è, quindi, la corretta posa in<br />

opera, con un’attenta realizzazione delle<br />

giunture, sovrapponendo accuratamente<br />

i fogli, sigillandoli con cura e verificando<br />

l’integrità delle membrane sui bordi e sugli<br />

angoli, punti critici in cui possono verificarsi<br />

le rotture. Nella scelta di una membrana<br />

bisogna valutare una serie di parametri,<br />

tra i quali:<br />

l lo spessore e/o il peso;<br />

l il carico di rottura, cioè la resistenza alla<br />

trazione;<br />

l l’allungamento alla rottura, cioè l’elasticità<br />

della membrana, garanzia di resistenza;<br />

l la resistenza al punzonamento statico;<br />

l la flessibilità a freddo, essenziale nell’applicazione;<br />

l la stabilità di forma al caldo, cioè il comportamento<br />

ad alte temperature;<br />

l ecc.<br />

In ogni membrana, quindi, dovrebbe essere<br />

esaminata la scheda tecnica e verificato se<br />

le prove di laboratorio cui è stata sottoposta<br />

sono state condotte secondo le norme<br />

UNI. Inoltre, nel caso specifico di una membrana<br />

antiradon, è opportuno verificare attentamente<br />

la certificazione relativa alla<br />

permeabilità al gas; tutte le membrane impermeabili<br />

garantiscono, infatti, una qualche<br />

difesa, ma per i dispositivi specifici è<br />

richiesta la certificazione. Tra l’altro, per la<br />

certezza del confronto tra caratteristiche di<br />

prodotti diversi è necessario verificare che i<br />

metodi di prova adottati siano gli stessi.<br />

Una possibile soluzione è quella relativa a<br />

una membrana in bitume polimero ela­<br />

stomero armata con una lamina metallica,<br />

preaccoppiata a feltro di vetro imputrescibile,<br />

che contribuisce a renderla una<br />

barriera pressoché impenetrabile al radon,<br />

purché le sovrapposizioni siano saldate<br />

accuratamente a fiamma, potenzialmente<br />

impiegabile per il rivestimento di<br />

pavimenti o pareti a contatto con il terreno<br />

e come primo strato di un elemento di<br />

tenuta formato da due strati su terreni<br />

umidi o in presenza di falde acquifere.<br />

Una volta messa in opera la membrana<br />

anti­radon è necessario verificare che non<br />

abbia fessure, crepe o rotture e sigillarla<br />

intorno a impianti e condotte passanti.<br />

Per lo scopo sono disponibili fasce adesive<br />

in monostrato per semplice applicazione<br />

a freddo, caratterizzate da una permeabilità<br />

al radon molto bassa, che permettono<br />

di sigillare ogni possibile fuga di gas in<br />

bassa pressione, garantendo la tenuta di<br />

ogni saldatura.<br />

Altro elemento che dovrebbe essere considerato<br />

nella scelta del prodotto è la resistenza<br />

all’usura del tempo; in genere una<br />

membrana impiegata per l’impermeabilizzazione<br />

delle fondamenta a diretto contatto<br />

col terreno dovrebbe resistere integra<br />

per qualche decennio. Per questo motivo<br />

è possibile utilizzare, in aggiunta a quelle<br />

impermeabilizzanti, unasecondamembranadiprotezione.<br />

Si tratta di nuove<br />

soluzioni tecniche, di facile e rapida applicazione,<br />

la cui scelta comunque deve essere<br />

orientata da specifiche valutazioni relative<br />

al singolo edificio. Tra i prodotti più<br />

interessanti ad alta capacità di drenaggio e<br />

5Foto3–Membrana bugnata a doppio strato in polietilene ad alta densità<br />

PROCESSI E SISTEMI•SOSTANZE PERICOLOSE<br />

protezione per opere interrate orizzontali<br />

e verticali, soggette a un carico elevato di<br />

compressione, esistono alcune membrane<br />

a due strati in tessuto non tessuto filtrante<br />

termosaldato su membrana alveolare<br />

in HDPE speciale ad alta resistenza.<br />

Nell’utilizzo in verticale, queste membrane<br />

vengono impiegate come sistema di protezione<br />

e drenaggio dei muri interrati contro<br />

impermeabilizzazioni o isolamenti perimetrali<br />

stabili, o nella realizzazione di muri<br />

di contenimento. In orizzontale vengono<br />

usate come sistema protezione e drenaggio<br />

su solai e giardini pensili. La membrana<br />

alveolare funge da strato di drenaggio, il<br />

geotessuto filtrante impedisce che le particelle<br />

di terreno occludano la struttura alveolare.<br />

L’alta resistenza della membrana<br />

protegge l’impermeabilizzazione dai danni<br />

meccanici dovuti alle operazioni di rinterro<br />

e garantisce l’efficacia dell’isolamento,<br />

che rimane asciutto e funzionale. Generalmente,<br />

queste membrane non contengono<br />

materiali riciclati e hanno un’elevata<br />

resistenza alla compressione, sono assolutamente<br />

imputrescibili e drenano in modo<br />

sicuro sia gas metano che radon.<br />

La foto 3 mostra una membrana bugnata a<br />

doppio strato in polietilene ad alta densità<br />

(HDPE) resistente agli urti, utilizzabile come<br />

sottofondo di pavimentazione e barriera<br />

all’umidità ascendente e al gas radon.<br />

Oltre a impedire lesioni e strappi<br />

nella membrana impermeabilizzante, distribuendo<br />

la pressione e limitando il carico<br />

puntiforme, favorisce l’aerazione e<br />

consente al radon di risalire verso la superficie<br />

anziché infiltrarsi<br />

sotto lo<br />

stabile e l’intercapedine<br />

d’aria che<br />

crea garantisce la<br />

salubrità delle pareti<br />

interrate.<br />

La foto 4 mostra<br />

alcune fasi relative<br />

all’applicazione<br />

della membrana<br />

bugnata nella protezione<br />

e drenaggio<br />

delle fondazioni,<br />

mentre le figure<br />

78 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com


PROCESSI E SISTEMI•SOSTANZE PERICOLOSE<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

FOTO4<br />

FASIDIAPPLICAZIONEDELLAMEMBRANABUGNATA<br />

NELLAPROTEZIONEEDRENAGGIODELLEFONDAZIONI<br />

da 5 a 7 mostrano i potenziali utilizzi<br />

come barriera contro l’umidità dei pavimenti<br />

e come primo strato di separazione<br />

dal terreno.<br />

Nell’applicazione è necessario evitare<br />

danneggiamenti. Per questo motivo, oltre<br />

a essere fornita in diverse altezze, fino a 4<br />

metri, ed essere dotata di una cimosa<br />

priva di bugnature da posizionare in alto<br />

sigillando accuratamente le sormonte,<br />

possono essere richiesti appositi elementi<br />

di fissaggio con rondelle.<br />

Nell’applicazioneorizzontale, sotto il pavimento,<br />

o come strato a contatto diretto<br />

col terreno, può essere necessario utilizzare<br />

più rotoli paralleli. In caso di sovrapposizione<br />

tra due rotoli questa deve essere<br />

di circa 20 centimetri, avendo cura di<br />

far combaciare le bugnature esercitando<br />

una leggera pressione. Per evitare la risalita<br />

del radon, ovviamente, la sovrapposizione<br />

dovrà essere più accurata e potrà<br />

essere completata con l’utilizzo di nastri<br />

biadesivi o di appositi collanti per ottenere<br />

una perfetta saldatura dei rotoli.<br />

Altrimaterialibarriera<br />

Isolanti, pitture, malte, rivestimenti e numerosi<br />

altri prodotti usati in edilizia, aumentano<br />

la resistenza al passaggio del radon o<br />

svolgono una funzione ritardante la migrazione<br />

del radon, importante se si considerano<br />

i suoi 3,82 giorni di vita. In particolare,<br />

negli ultimi tempi incominciano a essere<br />

distribuiti una serie di materiali “certificati”<br />

antiradon, anche se si è ancora in fase iniziale<br />

di sperimentazione e i costi di alcuni<br />

prodotti sono piuttosto elevati, mentre per<br />

altri non c’è certezza di efficacia.<br />

Sembrerebbero ottimi i risultati ottenuti<br />

da alcuni impermeabilizzanti epossicementizi<br />

composti da una resina epossidica,<br />

da un catalizzatore e da cemento<br />

fuso, da applicare a pennello, con buone<br />

caratteristiche di adesione su qualsiasi<br />

supporto.<br />

Anche nel campo delle pitture la sperimentazione<br />

è attiva. Se le comuni pitture<br />

lavabili traspiranti in dispersione acquosa<br />

hanno scarso effetto sul radon, più interessanti<br />

sono i risultati dimostrati da alcune<br />

pitture epossidiche, da pitture a base<br />

cementizia e, soprattutto, da miscele<br />

di più monomeri. Si tratta, in<br />

quest’ultimo caso, di copolimeri, cioè miscele<br />

di monomeri associati per l’impiego<br />

specifico di barriera anti­radon. Il numero<br />

di possibili combinazioni fra monomeri di<br />

natura diversa è elevatissimo e altrettanto<br />

numerose sono le caratteristiche chimico­fisiche<br />

dei prodotti risultanti, in grado<br />

di esercitare effetti sulla migrazione del<br />

gas estremamente diversi. I copolimeri<br />

vengono distinti in tre grandi classi:<br />

l vinilici, che comprendono tutti i derivati<br />

dagli esteri vinilici e hanno scarsa capacità<br />

di resistere al passaggio del radon;<br />

l acrilici, comprendenti i derivati da esteri<br />

metacrilici o acrilici;<br />

l stirolici, derivati dallo stirolo.<br />

Tutti i copolimeri hanno in comune il<br />

meccanismo di filiazione; in altri termini, il<br />

veicolo contenuto nella dispersione la abbandona<br />

evaporando o perché assorbito<br />

dal supporto e le particelle di polimero<br />

entrano in contatto tra loro “coalescendo”,<br />

cioè fondendo in un film continuo le<br />

cui caratteristiche dipendono dal monomero<br />

d’origine, ma contraddistinto da<br />

una più o meno maggiore elasticità e possibilità<br />

di dilatazione.<br />

Tutti i prodotti vernicianti danno risultati<br />

migliori in fase preventiva, cioè se applicati<br />

su pareti integre. In presenza di degrado, di<br />

parti umide, di vecchie pitture, di micro o<br />

macrolesioni non c’è alcuna certezza sul<br />

risultato e, anzi, alterando le caratteristiche<br />

di naturale traspirabilità delle pareti si potrebbe<br />

non risolvere il problema del radon<br />

e determinare altri possibili inconvenienti.<br />

In fase di costruzione dell’edificio, per limitare<br />

la possibile formazione di crepe e fessure<br />

nel cemento, sono disponibili diversi<br />

prodotti. In genere, l’aggiunta di additivi<br />

liquidi al calcestruzzo è una pratica abbastanza<br />

comune e ne esistono molti che<br />

garantiscono una riduzione del ritiro idraulico<br />

e della formazione di microfessure e,<br />

quindi, un’indiretta protezione dal radon.<br />

Altro metodo per evitare la fessurazione<br />

è quello di aggiungere fibre sintetiche<br />

al calcestruzzo. Fibre prodotte con polipropilene<br />

vergine sotto forma di microfilamento<br />

sono adatte a ridurre drasticamente<br />

la formazione di fessurazioni da<br />

79


itiroplasticodelcalcestruzzoecontribuisconoarinforzareilcalcestruzzonelmomentodimassimavulnerabilitàdellostesso,<br />

cioè durante le prime 24 ore dopo la<br />

posa in opera, proteggendolo dalle sollecitazioniatrazionedellostratosuperficiale<br />

che, tendendo a contrarsi, provoca la<br />

formazione di fessurazioni. A differenza<br />

dellefibretradizionali,quelledipolipropileneverginenoncomplicanoleoperazionidifiniturasuperficialidelcalcestruzzoinquantorisultanoinvisibiliunavoltaterminatetalioperazioni.<br />

Sempre nel campo delle fibre sintetiche<br />

brevettatedinuovagenerazione,caratterizzatedaelevatatenacitàedelevatomodulo<br />

di elasticità per il rinforzo del calcestruzzo,<br />

sono in commercio alcuni materiali<br />

a monofilamento o fibrillate, lunghe<br />

40 mm, ricavate da una miscela polimerica,<br />

usate esclusivamente per il controllo<br />

dellefessurazioniinfaseplastica,chepermettono<br />

di aumentare significativamente<br />

alcunecaratteristichemeccanichedelcalcestruzzoqualilaresistenzaresiduainfase<br />

di postfessurazione, la duttilità e tenacità,<br />

laresistenzaallafaticaeall’urto.<br />

Sigillarelecrepeelefessurechesipossono<br />

creare durante le fasi costruttive o<br />

intorno agli impianti è il principale elemento<br />

per evitare l’infiltrazione del gas.<br />

Per questo compito dovrebbero essere<br />

utilizzatimaterialiparticolari,aventicaratteristiche<br />

di adesione al supporto, per<br />

evitaresuccessividistacchi,elasticità,facile<br />

applicabilitàeresistenza.Sonoutilialcune<br />

malte“speciali”, a più componenti, in<br />

genereabasediresineepossidicheopolimeriacrilici,cuivengonomescolatimiscele<br />

di cemento, fibre e inerti selezionati,<br />

assiemeacatalizzatorioadditivispecifici.<br />

Tecnichepreventive<br />

antidepressurizzazione<br />

La pressione interna degli edifici risulta<br />

abbassataperdiversecause:<br />

l in ogni edificio si crea un dislivello di<br />

pressione tra esterno e interno e dal<br />

basso verso l’alto, per cause termiche.<br />

Questa differenza aumenta in inverno<br />

all’interno di ogni piano o tra piani diversiepuòessereaccentuatadallapre­<br />

senza di vani scala,<br />

vani ascensore, presed’ariaecc.:<br />

l installazioniqualiaspiratorielettrici(neibagni),<br />

cappe aspiranti<br />

(nellecucine),sistemi<br />

vari che “consumano”ariapompandola<br />

all’esterno, aumentano<br />

la depressione se<br />

le aperture di approvvigionamento<br />

sonoinsufficienti;<br />

l stufe e camini generano<br />

una depressione<br />

dovuta al tiraggio<br />

della canna fumaria,<br />

presente anche<br />

quando non sono<br />

accesi se non dotati<br />

divalvolaatenuta;<br />

l il vento, a seconda<br />

dellaposizioneedell’isolamentodell’edificio,puòaggravarela<br />

depressurizzazione.<br />

In base alle differenze<br />

termichetral’internoe<br />

l’esterno, all’azione del<br />

vento e alla permeabilitàdeisingolipianidell’edificio<br />

si possono<br />

creare forti depressioni<br />

tra il suolo e l’abitazione<br />

sovrastante, tali<br />

da risucchiare diversi<br />

metri cubi d’aria. Per<br />

evitare ciò è possibile applicare, in fase di<br />

costruzione, assieme alle tecniche che limitano<br />

l’ingresso e l’infiltrazione del radon,misuredicontrastoalladepressurizzazione<br />

dell’edificio attraverso strategie<br />

che eliminino i fattori all’origine della depressioneogenerinounasovrapressione<br />

artificiale.Traqueste:<br />

ð evitare di collegare il vano scala o la<br />

trombadell’ascensoredirettamentealloscantinato;<br />

ð prevedere il ricambio con aria fresca<br />

neilocalidotatidiimpiantidiaspirazioneattraversopresed’ariaevalvolepo<br />

PROCESSI E SISTEMI•SOSTANZE PERICOLOSE<br />

5Figura5–Montaggio membrana bugnata a muro<br />

5Figura6–Montaggio membrana bugnata su pavimento<br />

5Figura7–Montaggio membrana bugnata su terreno<br />

ste al di sopra del livello del suolo, di<br />

dimensionitalidagarantireunapporto<br />

equilibrato di aria rispetto a quella<br />

espulsa;<br />

ð prevederepresed’ariadiretteperl’apporto<br />

nella camera di combustione di<br />

stufe e camini presenti in genere nei<br />

localidisoggiorno;<br />

ð assicurarsi che vengano installate valvole<br />

a tenuta nelle canne fumarie di<br />

stufe,camini,cucinee,nelcasodiutilizzo<br />

di valvole di tipo diverso, garantire<br />

l’apporto di aria fresca attraverso la<br />

predisposizionedipresed’aria;<br />

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PROCESSI E SISTEMI•SOSTANZE PERICOLOSE<br />

ð creare artificialmente una sovrapressione<br />

all’interno dei locali abitati o di<br />

lavoro istallando un impianto di ventilazione<br />

che, nelle case a basso consumo<br />

energetico, può essere a recupero di<br />

calore o a pompa di calore aria/aria,<br />

assicurandosi però che l’estrazione dell’aria<br />

non sia superiore all’aria immessa<br />

(con creazione di una depressione);<br />

ð prevedere una ventilazione adeguata di<br />

tutti gli ambienti e limitare il contatto di<br />

volumi abitati con il terreno o con muri<br />

controterra;<br />

ð prevedere delle porte di separazione<br />

tra i vani abitati e quelli interrati;<br />

ð utilizzare infissi con guarnizioni a tenuta<br />

sia all’interno sia all’esterno;<br />

ð evitare cavedi impiantistici o intercapedini<br />

continue di distribuzione delle canalizzazioni;<br />

ð prevedere una corretta aerazione naturale<br />

o artificiale dei vani interrati o<br />

seminterrati, attraverso un sufficiente<br />

numero di aperture finestrate che, nell’uso,<br />

devono essere mantenute aperte,<br />

e un sistema di aspirazione, possibil­<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

mente ad attivazione programmata,<br />

che consenta di eliminare l’aria interna<br />

e, quindi, l’eventuale radon presente;<br />

ð realizzare sistemi di messa in depressione<br />

del terreno sotto l’edificio che<br />

consentano l’asportazione passiva o at­<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

1. ANPEQ. Rischio radon: cosa è, come si<br />

previene, come si misura, come si interviene.<br />

Bologna, 2003.<br />

2. ARPA ALTO ADIGE. Radon in Alto Adige –<br />

Stato delle indagini. Bolzano, 2003.<br />

3. ARPA PUGLIA. Indagine Radon nelle abitazioni<br />

della Regione Puglia.<br />

4. Bochicchio F., Campos­Venuti G., Nuccetelli<br />

C., Piermattei S., Risica S., Tommasino L., Torri<br />

G. Indagine nazionale sulla radioattività naturale<br />

nelle abitazioni. ISTISAN Congressi, 1994.<br />

5. UE. Raccomandazione della Commissione del<br />

21 febbraio 1990 sulla tutela della popolazione<br />

contro l’esposizione al radon in ambienti chiusi.<br />

GUCE N. 80/26 del 27/3/1990.<br />

tiva dell’aria. Si è già parlato del vespaio<br />

aerato e della possibilità che questo sia<br />

collegato all’esterno da tubi di drenaggio.<br />

Se ciò non dovesse essere considerato<br />

sufficiente, si può installare un piccolo<br />

ventilatore che spinge all’esterno<br />

l’aria del vespaio o collegare il sistema<br />

di drenaggio a un aspiratore che consenta<br />

di scaricare l’aria fino al tetto;<br />

ð in caso si sia lasciata una intercapedine<br />

vuota sotto la casa, sempre attraverso<br />

un aspiratore collegato con una condotta<br />

fino al tetto, è possibile mettere<br />

in depressione l’aria del sottosuolo.<br />

Attraverso l’applicazione delle tecniche per<br />

limitare l’ingresso del radon all’interno dell’edificio<br />

e realizzando la struttura secondo<br />

le indicazioni per ridurre la depressurizzazione<br />

dell’edificio nei confronti dell’ambiente<br />

circostante e del suolo, il problema<br />

del rischio da radon dovrebbe essere eliminato.<br />

Gli accorgimenti tecnici progettuali<br />

riportati possono essere considerati singolarmente<br />

ma, in aree a rischio, è opportuno<br />

prevederne una applicazione contemporanea,<br />

con l’abbinamento di più sistemi l<br />

81


La manutenzione<br />

degli estintori<br />

d’incendio portatili<br />

prevede quattro fasi<br />

(sorveglianza; controllo;<br />

revisione e collaudo),<br />

ciascuna delle quali<br />

prevede precisi obblighi<br />

e tempistiche.<br />

L’analisi di un caso<br />

aziendale permette<br />

di esaminare<br />

i vari passaggi<br />

fino alla procedura<br />

di smaltimento<br />

che prevede l’esecuzione<br />

di tutte le operazioni<br />

e le verifiche previste<br />

per la corretta gestione<br />

dei rifiuti prodotti<br />

da attività, come<br />

la classificazione<br />

del rifiuto, il deposito<br />

temporaneo, la scelta<br />

della modalità di<br />

recupero o smaltimento<br />

e la registrazione<br />

del carico<br />

e dello scarico<br />

del rifiuto<br />

PRODOTTI E SOLUZIONI•ANTINCENDIO<br />

Estintori portatili<br />

Manutenzione e smaltimento<br />

n di Marco Albanese, responsabile Ufficio Salute, Sicurezza e Ambiente ­<br />

Rimessaggio del Tirreno S.r.l.<br />

Foto 1 di Marco Albanese<br />

Foto 2 su gentile concessione di EP S.r.l Elettropneumatica (Milano)<br />

Schema tratto dall’opera “Ambiente e Sicurezza ­ Adempimenti e docunentazione”<br />

di L. Soardo, allegato al n. 13/2007 di Ambiente&Sicurezza­<br />

Il Sole 24 ORE<br />

Gli estintori d’incendio sono i mezzi più efficaci per il<br />

primo intervento in caso d’incendio. In molte situazioni<br />

questi apparecchi si sono rivelati gli strumenti più idonei,<br />

in quanto permettono un intervento immediato che<br />

consente di contenere e combattere tempestivamente un<br />

principio d’incendio. Per questa ragione particolare attenzione<br />

deve essere rivolta alla loro scelta, al loro posizionamento<br />

e, soprattutto, alla loro manutenzione che deve<br />

essere svolta periodicamente e da personale esperto.<br />

Per quanto concerne l’acquisto, la legislazione<br />

italiana prevede che ogni estintore<br />

d’incendio immesso sul mercato nazionale<br />

debba essere approvato dal Ministero<br />

dell’Interno. Pertanto, è indispensabile verificare<br />

preventivamente che gli apparecchi<br />

in questione rispettino le disposizioni<br />

dettate dal D.M. 7 gennaio 2005 [1] . Questo<br />

esame potrà essere svolto attrasverso<br />

l’indicazione degli estremi di approvazione<br />

riportati sull’estintore. Inoltre, gli estintori<br />

d’incendio devono rispettare le disposizioni<br />

legislative concernenti le attrezzature<br />

a pressione e, pertanto, dovranno<br />

essere accompagnati dalla relativa documentazione<br />

(dichiarazione CE di conformità<br />

alla direttiva 97/23/CE).<br />

Per quanto concerne la scelta e il posizionamento<br />

degli estintori d’incendio, nell’ordinamento<br />

italiano esistono specifiche disposizioni<br />

legislative alle quali ci si deve attenere.<br />

Questi obblighi sono dettati dai<br />

provvedimenti volti a garantire la sicurezza<br />

negli ambienti di lavoro e in tutti i luoghi ove<br />

è prevista la presenza di pubblico. In particolare,<br />

il numero e la capacità estinguente<br />

degli estintori devono rispondere ai valori<br />

indicati nell’Allegato 5 al D.M. 10 marzo<br />

1998 [2] . In effetti, per la scelta e il posizionamento<br />

degli estintori è indispensabile tenere<br />

in considerazione alcuni fattori come:<br />

l le dimensioni dell’edificio;<br />

l la destinazione d’uso dei locali;<br />

l lo specifico pericolo di incendio;<br />

l l’affollamento massimo;<br />

l la distanza massima che una persona deve<br />

percorrere per utilizzare un estintore;<br />

l le caratteristiche chimiche e fisiche delle<br />

sostanze presenti;<br />

l le condizioni ambientali;<br />

l il personale in grado di utilizzare gli<br />

estintori;<br />

l la possibilità che l’incendio si sviluppi in<br />

luoghi difficilmente raggiungibili.<br />

Di conseguenza, per la scelta dell’estintore<br />

è indispensabile verificare la tipologia<br />

[1] InGazzettaUfficiale del 4 febbraio 2005, n. 28.<br />

[2] «Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro» (in S.O. n. 64 alla<br />

GazzettaUfficiale del 7 aprile 1998, n. 81).<br />

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PRODOTTI E SOLUZIONI•ANTINCENDIO<br />

dei materiali presenti e individuare quali<br />

fuochi potrebbero svilupparsi. Al riguardo<br />

,esiste una vera e propria classificazione<br />

dei fuochi in base alla quale deve essere<br />

incentrata la scelta.<br />

Il D.M. 10 marzo 1998, concernente i<br />

criteri generali di sicurezza antincendio e<br />

la gestione dell’emergenza nei luoghi di<br />

lavoro, stabilisce che la scelta degli estintori<br />

portatili deve essere determinata in<br />

funzione della classe di incendio e del<br />

livello di rischio del luogo di lavoro. Questo<br />

decreto stabilisce, inoltre, che, per<br />

quanto attiene gli incendi di classe A e B, il<br />

numero e la capacità estinguente degli<br />

estintori portatili devono rispondere ai<br />

valori indicati nellatabella1.<br />

In merito all’esercizio degli estintori d’incendio,<br />

il Legislatore ha stabilito che l’utilizzatore<br />

deve far effettuare lamanutenzione<br />

degli apparecchi in esercizio da<br />

personale esperto (D.P.R. 27 aprile 1955,<br />

n. 547, e D.M. 10 marzo 1998).<br />

A supporto dell’attività di manutenzione,<br />

attualmente è disponibile la norma UNI<br />

9994 («Apparecchiature per estinzione incendi<br />

­ Estintori di incendio – Manutenzione»),<br />

nella quale sono contenuti i criteri<br />

per svolgere la sorveglianza, il controllo, la<br />

revisione e il collaudo degli estintori d’incendio.<br />

Questa norma, che ricopre nel<br />

settore antincendio un ruolo molto importante,<br />

offre tutte le indicazioni necessarie<br />

per mantenere nel tempo la funzionalità<br />

originale degli estintori d’incendio.<br />

La norma UNI 9994, inoltre, se adottata e<br />

utilizzata con scrupolosa puntualità, consente<br />

il rispetto delle disposizioni dettate<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

dalla legislazione nazionale in materia di<br />

prevenzione incendi. Nell’ordinamento<br />

italiano, infatti, la manutenzione dei mezzi<br />

di estinzione è regolamentata da diversi<br />

provvedimenti legislativi come il D.P.R. 27<br />

aprile 1955, n. 547, il D.M. 10 marzo 1998,<br />

il D.P.R. 12 gennaio 1998, n. 37, e il decreto<br />

legislativo 19 settembre 1994, n. 626. Esaminando<br />

il contenuto della norma UNI<br />

9994, emerge, per prima cosa, che, per<br />

mantenere l’estintore in efficienza, devono<br />

essere eseguite, con una determinata<br />

periodicità, alcune verifiche oggettive, che,<br />

nella maggior parte dei casi, possono essere<br />

svolte solo da personale esperto. In<br />

particolare, nella norma vengono individuate<br />

quattro fasi di manutenzione:<br />

l lasorveglianza: misura di prevenzione<br />

atta a controllare l’estintore nella<br />

posizione in cui è collocato, può essere<br />

svolta direttamente dall’utilizzatore<br />

che, nel caso di evidenti anomalie, provvede<br />

a interpellare il manutentore che<br />

può eseguire gli interventi previsti in<br />

tutte le altri fasi della manutenzione.<br />

l ilcontrollo: misura di prevenzione atta<br />

a verificare, con frequenza almeno<br />

semestrale, l’efficienza dell’estintore.<br />

l la revisione: misura di prevenzione<br />

volta a verificare e rendere perfettamente<br />

efficiente l’estintore<br />

l ilcollaudo: misura di prevenzione finalizzata<br />

a verificare, la stabilità del serbatoio<br />

o della bombola dell’estintore.<br />

Per quanto concerne la frequenza degli<br />

interventi, la norma prescrive chiaramente<br />

che il controllo deve avvenire<br />

almeno una volta ogni sei mesi, mentre,<br />

per la revisione e il collaudo, sono indicate<br />

frequenze diverse a seconda della tipologia<br />

degli estintori (si vedano le tabelle 2 e<br />

3). Oltre le indicazioni inerenti le fasi della<br />

manutenzione e della relativa frequenza,<br />

la norma UNI 9994 definisce i contenuti<br />

del cartellino di manutenzione che, come<br />

noto, è il documento che attesta gli interventi<br />

di manutenzione svolti.<br />

In merito allosmaltimento degli estintori<br />

d’incendio, fase poco conosciuta ma di<br />

notevole rilevanza, lo stesso decreto ministeriale<br />

7 gennaio 2005 (articolo 12) impone<br />

che siano seguite puntualmente le disposizioni<br />

impartite dalla legislazione vigente<br />

in materia di tutela ambientale sia per gli<br />

agenti estinguenti utilizzati negli estintori<br />

che per la dismissione degli estintori stessi.<br />

In particolare, durante la revisione e la<br />

ricarica degli estintori, viene prodotta una<br />

notevole quantità di rifiuto (generalmente<br />

polvere chimica estinguente) che deve<br />

essere trattato e smaltito secondo precise<br />

procedure.<br />

In queste fasi si entra nella sfera del settore<br />

ambientale che, come noto, è quella<br />

dove maggiormente si è incentrata l’attenzione<br />

del Legislatore. Negli ultimi anni,<br />

infatti, la proliferazione di provvedimenti<br />

legislativi in materia ambientale ha provveduto<br />

a una maggiore diffusione della<br />

cultura della tutela del territorio, creando,<br />

nel contempo, non poche difficoltà a chi,<br />

coinvolto nella produzione, nella distribuzione,<br />

nell’utilizzo e nel consumo di beni,<br />

si trova quotidianamente a dover gestire i<br />

propri rifiuti. In questo settore sono state<br />

emanate specifiche disposizioni che pre­<br />

TABELLA 1<br />

NUMERO E CAPACITÀ ESTINGUENTE DEGLI ESTINTORI PORTATILI<br />

PER INCENDI DI CLASSE A E B<br />

(D.M.10MARZO1998)<br />

Tipo di estintore<br />

Rischio basso<br />

Superficie protetta<br />

Rischio medio Rischio elevato<br />

13 A ­ 89 B 100 m² ­ ­<br />

21 A ­ 113 B 150 m² 100 m²<br />

34 A ­ 144 B 200 m² 150 m² 100 m²<br />

55 A ­ 233 B 250 m² 200 m² 200 m²<br />

83


TABELLA2<br />

FREQUENZADIREVISIONE<br />

Tipo estintore<br />

Tempo massimo di revisione<br />

con sostituzione della carica (mesi)<br />

a polvere 36<br />

ad acqua o a schiuma 18<br />

a CO2 60<br />

a idrocarburi alogenati<br />

La revisione comprende tutti i componenti costituenti l’estintore<br />

72<br />

TABELLA3<br />

FREQUENZADICOLLAUDO<br />

Tipo di estintore Frequenza di collaudo<br />

Gli estintori a biossido di carbonio (CO 2)<br />

e le bombole di gas ausiliario<br />

Gli estintori che non siano già soggetti a<br />

verifiche periodiche secondo la legislazione<br />

vigente e costruiti in conformità alla direttiva<br />

97/23/CE (D.Lgs. n. 93/2000)<br />

Gli estintori che non siano già soggetti a<br />

verifiche periodiche secondo la legislazione<br />

vigente e non conformi alla direttiva 97/23/<br />

CE (D.Lgs. n. 93/2000)<br />

vedono, tra l’altro, un rigido sistema sanzionatorio.<br />

Talvolta, però, nello svolgimento<br />

delle ordinarie attività d’impresa e,<br />

in particolare, nelle realtà produttive di<br />

piccole dimensioni, alcuni adempimenti<br />

vengono involontariamente disattesi.<br />

È, pertanto, importante ricordare che anche<br />

lo smaltimento degli estintori e degli<br />

agenti estinguenti in essi contenuti rientra<br />

nel campo di applicazione delle norme<br />

che disciplinano il trattamento, lo stoccaggio<br />

e lo smaltimento dei rifiuti.<br />

Lamanutenzione<br />

diestintoriapolvere<br />

A titolo di esempio, viene analizzato a<br />

seguire il caso di una attività industriale<br />

nella quale sono stati installati estintori<br />

d’incendio portatili di tipo a polvere. Come<br />

accennato in precedenza, in fase di<br />

esercizio questi estintori devono essere<br />

soggetti a una sorveglianza continua e a<br />

una puntuale manutenzione. In effetti, come<br />

sancito dalla legislazione vigente, il<br />

datore di lavoro è responsabile delle con­<br />

Devono rispettare le scadenze indicate<br />

dalla legislazione vigente in materia di gas<br />

compressi e liquefatti<br />

ogni 12 anni<br />

ogni 6 anni<br />

dizioni di efficienza delle attrezzature e<br />

impianti di protezione antincendio e, pertanto,<br />

deve obbligatoriamente attuare la<br />

sorveglianza e far eseguire periodicamente<br />

da personale competente e qualificato<br />

il controllo e la manutenzione anche degli<br />

estintori d’incendio portatili.<br />

Di conseguenza, nel caso in esame il datore<br />

di lavoro deve assicurare che periodicamente<br />

gli estintori d’incendio portatili<br />

siano controllati per verificare che si trovino<br />

nella posizione in cui sono stati installati,<br />

siano segnalati con appositi cartelli,<br />

chiaramente visibili, immediatamente utilizzabili<br />

e l’accesso agli stessi sia libero da<br />

ostacoli. In questa fase (sorveglianza) è,<br />

inoltre, indispensabile verificare che:<br />

ð ogni estintore non risulti manomesso o<br />

mancante del dispositivo di sicurezza<br />

per evitare azionamenti accidentali;<br />

ð i contrassegni distintivi siano esposti a<br />

vista e siano ben leggibili;<br />

ð l’indicatore di pressione indichi un valore<br />

di pressione compreso all’interno<br />

del campo verde (si vada lafoto1);<br />

PRODOTTI E SOLUZIONI•ANTINCENDIO<br />

ð l’estintore non presenti anomalie quali<br />

ugelli ostruiti, perdite, tracce di corrosione,<br />

sconnessioni o incrinature dei<br />

tubi flessibili, ecc..;<br />

ð gli estintori siano esenti da danni alle<br />

strutture di supporto e alla maniglia di<br />

trasporto, e che sia presente il cartellino<br />

di manutenzione correttamente<br />

compilato.<br />

In questa fase, se si dovessero riscontrare<br />

delle anomalie, è necessario contattare il<br />

personale competente affinché siano eliminate.<br />

La sorveglianza può essere effettuata<br />

dal personale normalmente presente<br />

nelle aree protette, dopo aver ricevuto<br />

adeguate istruzioni.<br />

Per quanto concerne lamanutenzione,<br />

il datore di lavoro deve assicurare<br />

chegliestintorid’incendioapolvere<br />

installati nella propria attività<br />

siano sottoposti, a scadenze prestabilite,allefasidicontrollo,revisione<br />

e collaudo. Di fatto, dovranno<br />

essere presi accordi con una impresa specializzata<br />

che possa garantire che il servizio<br />

di manutenzione sia svolto secondo le<br />

specifiche contenute nella norma UNI<br />

9994 e da personale competente e qualificato.<br />

Solo con questi presupposti può<br />

essere mantenuta nel tempo la funzionalità<br />

originale di tutti gli estintori installati.<br />

Pertanto, almeno una vota ogni 6<br />

mesi,personalecompetenteequalificatodeveprocedereacontrollaretuttigliestintoriapolvereinstallati,seguendoleindicazionifornite<br />

dalfabbricante ed effettuando le operazioni<br />

previste per la fase di sorveglianza<br />

e quelle previste al punto 5.2 della norma<br />

UNI 9994. In questa fase, il tecnico deve:<br />

ð verificare la pressione interna tramite<br />

uno strumento da avvitare al posto del<br />

manometro dell’estintore;<br />

ð controllare che non vi siano delle perdite;<br />

ð verificare la fluidità della polvere;<br />

ð aggiornare il cartellino di manutenzione.<br />

Ogni 36 mesi, il datore di lavoro<br />

deve assicurare che tutti gli estintorid’incendioapolveresianosottoposti<br />

a revisione. In questa fase, il<br />

tecnico competente:<br />

ð svolge le operazioni di cui alle fasi di<br />

84 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com


PRODOTTI E SOLUZIONI•ANTINCENDIO<br />

sorveglianza, di controllo e quelle previste<br />

al punto 5.3 della norma UNI 9994;<br />

ð procede con l’esame interno dell’apparecchio<br />

(per la verifica del buono stato<br />

di conservazione) e con il controllo<br />

funzionale di tutte le parti;<br />

ð svolge il controllo di tutte le sezioni di<br />

passaggio dell’agente estinguente (il tubo<br />

pescante, i tubi flessibili, i raccordi e<br />

gli ugelli) per verificare che siano liberi<br />

da incrostazioni, occlusioni e sedimentazioni;<br />

Successivamente:<br />

ð deve ripristinare le protezioni superficiali<br />

(se danneggiate);<br />

ð sostituire i dispositivi di sicurezza contro<br />

le sovrapressioni con altri nuovi;<br />

ð sostituire l’agente estinguente;<br />

ð rimontare l’estintore in perfetto stato<br />

di efficienza.<br />

Come accennato in precedenza, gli estintori<br />

sono apparecchi a pressione e, pertanto,<br />

il loro serbatoio periodicamente deve essere<br />

e sottoposto a collaudo. Per questa fase,<br />

nella norma UNI 9994 è stata specificata la<br />

frequenza in funzione della conformità alla<br />

direttiva 97/23/CE (D.Lgs. n. 93/2000).<br />

Nel caso in esame, gli estintori<br />

a polvere presenti nell’attività<br />

non sono conformi<br />

alla direttiva 97/<br />

23/CE e, pertanto, devono<br />

essere collaudati<br />

ogni 6 anni, mediante<br />

una prova<br />

idraulica della durata<br />

di 1 min a una pressione<br />

di 3,5 Mpa.<br />

Al termine delle<br />

suddette prove,<br />

i serbatoi degli<br />

estintori non devono<br />

presentare perdite,<br />

trasudazioni, deformazioni<br />

o dilatazioni<br />

di nessun tipo. Come<br />

nelle altri fasi della<br />

manutenzione è in­<br />

dispensabile che<br />

il tecnico consulti<br />

anche le indicazioni<br />

fornite<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

dal costruttore.<br />

Terminato il collaudo,<br />

si procederà<br />

con la ricarica degli<br />

estintori e con il<br />

montaggio in perfetto<br />

stato di efficienza.<br />

Come nelle<br />

altre fasi, al termine<br />

degli interventi<br />

il manutentore deve<br />

riposizionare gli<br />

estintori e compilare<br />

debitamente il<br />

cartellino di manutenzione.<br />

5Foto2–Apparecchiatura per recupero<br />

polvere esausta da vecchi estintori portatili<br />

e/o carrellati<br />

Losmaltimentodellepolveri<br />

estinguentiedegliestintori<br />

Per quanto concerne lo smaltimento<br />

degli estintori d’incendio, il D.M. 7 gennaio<br />

2005 (articolo 12) impone che, sia per gli<br />

agenti estinguenti utilizzati negli estintori<br />

che per la dismissione degli estintori stessi,<br />

siano seguite puntualmente le disposizioni<br />

impartite dalla legislazione vigente in<br />

materia di tutela ambientale.<br />

Pertanto, anche nel caso in esame, per lo<br />

stoccaggio e per il conferimento in discarica<br />

dei componenti e delle polveri estinguenti,<br />

l’impresa di manutenzione deve<br />

rispettare tutti gli adempimenti inerenti<br />

la gestione dei rifiuti. Si tratta di procedure<br />

che devono essere osservate<br />

nelle fasi di manutenzione<br />

che prevedono la sostituzione<br />

della polvere estinguente<br />

e quando gli estintori d’incendio<br />

vengono dimessi (e,<br />

di conseguenza, devono essere<br />

smaltite anche i materiali<br />

metallici e quelli plastici).<br />

Pertanto, devono essere<br />

eseguite tutte le operazioni<br />

e le verifiche previste per la<br />

corretta gestione dei rifiuti<br />

prodotti da attività (si<br />

veda loschema1), come:<br />

l la classificazione del ri­<br />

fiuto;<br />

5Foto1–Indicatore di pressione<br />

l il deposito temporaneo;<br />

l la scelta della modalità di recupero o<br />

smaltimento del rifiuto;<br />

l la registrazione del carico e dello scarico<br />

del rifiuto;<br />

l la comunicazione annuale per il catasto<br />

dei rifiuti;<br />

l la verifica della documentazione obbligatoria<br />

prescritta per trasportatori, recuperatori<br />

e smaltitori.<br />

Si noti come le polveri estinguenti siano<br />

“polveri chimiche”, formate da sali minerali<br />

o organici e da altre sostanze sintetiche<br />

o naturali, per il cui stoccaggio e<br />

conferimento in discarica devono essere<br />

seguite le disposizioni impartite dal D.Lgs.<br />

n. 152/2006 e dalle norme ad esso collegate.<br />

Questa regola vale anche per le parti<br />

metalliche di scarto degli estintori dimessi.<br />

Attualmente le imprese di manutenzione<br />

adottano rigide procedure che consentono<br />

di rispettare le disposizioni legislative. Nelle<br />

fasi di manutenzione, che prevedono la scarica<br />

degli estintori a polvere, vengono utilizzati<br />

specifiche apparecchiature progettate<br />

appositamente per recuperare e stoccare<br />

la polvere estinguente esausta contenute<br />

negli estintori d’incendio (si veda lafoto2).<br />

La gestione dei rifiuti costituisce attività di<br />

pubblico interesse e, pertanto, quando<br />

vengono presi accordi per la manutenzione<br />

degli estintori, il titolare dell’attività ha il dovere<br />

di verificare che l’impresa specializzata<br />

nella manutenzione degli estintori, garantisca<br />

sia la corretta modalità di revisione degli<br />

estintori che il sicuro trattamento dei rifiuti<br />

nel rispetto della legislazione vigente. l<br />

85


Produttore<br />

Form.<br />

ident.<br />

rifiuto<br />

copia<br />

4<br />

RIFIUTI<br />

SPECIALI<br />

SCHEMA1<br />

PRODOTTI E SOLUZIONI•ANTINCENDIO<br />

PRINCIPALI ATTIVITÀ OPERATIVE DELLA GESTIONE DEI RIFIUTI SPECIALI<br />

Form.<br />

ident.<br />

rifiuto<br />

copia<br />

1<br />

Destinatario<br />

Temporaneo<br />

Registro<br />

Carico ­<br />

Scarico<br />

Form.<br />

ident.<br />

rifiuto<br />

copie<br />

2 ­ 3 ­ 4<br />

Form.<br />

ident.<br />

rifiuto<br />

copie<br />

2 ­ 4<br />

Denuncia annuale dei rifiuti (M.U.D.)<br />

(entro 30 aprile)<br />

Conferimento<br />

a soggetti terzi<br />

autorizzati<br />

Destinatario<br />

Operazioni di<br />

recupero (R)<br />

Operazioni di<br />

smaltimento (D)<br />

86 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

Form.<br />

ident.<br />

rifiuto<br />

copia<br />

3


La disciplina ATEX<br />

sulla protezione dei<br />

lavoratori in atmosfere<br />

esplosive prevede<br />

anche la tutela<br />

degli apparecchi<br />

all’interno della quale<br />

può scaturire<br />

la deflagrazione.<br />

Tra i dispositivi preposti<br />

a questa funzione<br />

i pannelli di sfiato<br />

servono a consentire<br />

il rallentamento<br />

dello sfogo<br />

di una eventuale<br />

deflagrazione.<br />

DonadonSDD ha messo<br />

a punto un’ampia<br />

gamma di dischi<br />

di rottura in grado<br />

(a secondo dei modelli)<br />

non solo di resistere<br />

pressioni di esercizio<br />

anche di diversi bar<br />

(anche centinaia di bar),<br />

ma anche di attivarsi<br />

a pressioni dell’ordine<br />

di pochi millibar<br />

al di sopra della<br />

pressione operativa.<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

PRODOTTI E SOLUZIONI•ATEX<br />

Pannelli DonadonSDD<br />

Dispositivi di sfogo adattabili<br />

ai diversi ambienti ATEX<br />

n di Marco Vadagnini, ingegnere, specialista Marketing&Comunicazione<br />

Indotto Chimico­Farmaceutico<br />

Foto su gentile concessione di DonadonSDD<br />

Sono noti da più di 200 anni gli effetti e i danni causati dalle<br />

esplosioni di polveri di diverse sostanze (farina, orzo e malto,<br />

zucchero cristallizzato, legno,ecc.). Da uno studio francese è<br />

emerso come piccole esplosioni si manifestino giornalmente.<br />

Questo è sicuramente frutto della crescente industrializzazione<br />

e della meccanizzazione della lavorazione, delle<br />

capacità di stoccaggio e dell’aumento dei prodotti che si<br />

presentano sotto forma di polveri o a piccola granulometria.<br />

La direttiva 94/9/CE, più nota come direttiva<br />

ATEX (ATmosfere EXplosive), è stata<br />

recepita in Italia con il D.Lgs. n. 126/1998,<br />

ed è entrata in vigore il 1° luglio 2003. Essa<br />

è rivolta principalmente ai costruttori e<br />

rivenditori di apparecchi Ex<br />

(adatti per essere utilizzati in<br />

atmosfera esplosiva), ma<br />

coinvolge anche datori di lavoro,<br />

RSPP, consulenti, verificatori,<br />

ecc. Questo provvedimento<br />

richiede la marcatura<br />

CE per gli apparecchi, i sistemi<br />

di protezione, i dispositivi<br />

di sicurezza, controllo e regolazione<br />

utilizzati in zone con<br />

pericolo di esplosione causa<br />

la presenza di gas, vapori, nebbie o polveri.<br />

La direttiva 99/92/CE è stata recepita in<br />

Italia col D.Lgs. n. 233/2003, entrato in<br />

vigore il 10 settembre 2003, che ha integrato<br />

il D.Lgs. n. 626/1994, introducendo<br />

il Titolo VIII­bis «Protezione da atmosfere<br />

esplosive». Il destinatario principale della<br />

direttiva è il datore di lavoro, cui si richiede<br />

la classificazione delle zone con pericolo<br />

di esplosione (zone 20, 21, 22 in presenza<br />

di polveri) e l’elaborazione del do­<br />

“Il gestore<br />

dello<br />

stabilimento<br />

è<br />

responsabile<br />

anche nei<br />

confronti<br />

della parte<br />

esterna<br />

”<br />

cumento sulla protezione contro le<br />

esplosioni, a sua volta parte integrante del<br />

“Documentodivalutazionedeirischi” di cui<br />

all’art. 4, D.Lgs. n. 626/1994.<br />

Le due direttive suindicate definiscono in<br />

modo completo il settore in<br />

cui vi è pericolo di esplosione<br />

nei luoghi di lavoro. La novità<br />

principale riguarda l’obbligo<br />

per il datore di lavoro di classificare<br />

i luoghi pericolosi nell’ambito<br />

della più generale<br />

valutazione dei rischi dell’ambiente<br />

di lavoro, in modo da<br />

adottare misure di protezione<br />

adeguate alla probabilità<br />

di atmosfera esplosiva.<br />

È da notare come il gestore dello stabilimento<br />

sia oggettivamente responsabile<br />

non solo verso quanti operano entro<br />

il perimetro dello stabilimento, ma anche<br />

nei confronti dell’esterno dello<br />

stabilimento in quanto pure esposto alle<br />

conseguenze di eventuali esplosioni.<br />

Le normative ATEX sottolineano, quindi,<br />

la responsabilità del gestore dello<br />

stabilimento nei confronti del proprio<br />

personale e dei terzi, invitandolo a<br />

87


prenderemisureprecauzionalifinalizzate<br />

a impedire il manifestarsi di esplosionio,quantomeno,aevitarechequeste<br />

provochinodanniapersone.<br />

NellestessenormativeATEXsonoconsiderati<br />

sistemi di protezione i dispositivi,<br />

diversi dai componenti la cui funzione è<br />

bloccare sul nascere le esplosioni e/o circoscrivere<br />

la zona colpita dalle fiamme e<br />

dallapressionederivantedall’esplosione.<br />

Esempidisistemidiprotezioneautonomi<br />

sono:<br />

l parafiamma;<br />

l barriereadacqua;<br />

l sistemiaprovadiesplosione(cheutilizzano,<br />

ad esempio, dischi di sicurezza,<br />

pannellidisfiato,portedisicurezzacontroleesplosioni,ecc.);<br />

l barrieredisoffocamento.<br />

Seigestoridistabilimentodevonotutelarsi<br />

dai danni che eventuali esplosioni possono<br />

provocareaterzi,moltidirettorie/oresponsabilidiproduzionedevonoproteggere,giustamente,<br />

anche gli apparecchi all’interno<br />

dellaqualepuòscaturireladeflagrazione.<br />

Lacompromissionediunimpiantodiproduzione<br />

a causa dell’assenza o dell’inadeguatezza<br />

delle misure di prevenzione recherà<br />

all’azienda un danno pari al costo<br />

dell’impianto stesso, più l’onere della<br />

mancata produzione per tutto ciò il tempo<br />

della riparazione/sostituzione, che<br />

puòfacilmenteraggiungerel’anno.<br />

È,pertanto,fondamentalecheipannellidi<br />

sfogo siano opportunamente dimensionatietarati;troppospesso,infatti,sivedonopannellirudimentalisuimpiantidiprocessoodistoccaggiodelvaloredidecine<br />

senoncentinaiadimigliaiadieuro.<br />

I pannelli di sfiato, così come i dischi di<br />

rottura,sonodispositiviattiaconsentireil<br />

rallentamentodellosfogodiunaeventuale<br />

deflagrazione. La rottura del disco o del<br />

pannello deve avvenire prima che l’esplo­<br />

5Figura1–Sequenze di prove di scoppio<br />

sione stessa generi una tale sovrapressioneall’internodell’apparecchiodacomprometterne<br />

l’efficienza. Mentre gli apparecchi<br />

previsti per operare sotto pressione<br />

sonoingradodiresistereapressionidi10<br />

bar e oltre, apparecchi “normali”qualiserbatoiesilidiffi­<br />

cilmente possono resistere a<br />

pressionieccedentii0,5bar.<br />

Dischi e pannelli di rottura<br />

evitanochel’ondad’urtogeneratadallaesplosionesuperiquegli0,5barfornendoall’esplosioneunaviadifugadi<br />

dimensioniadeguata.<br />

Ipannelli<br />

diDonadonSDD<br />

Datalaparticolaritàevarietàdeiprocessi<br />

produttivi presenti nelle industrie chimicheefarmaceutiche,laDonadonSDDha<br />

messo a punto una vastissima gamma di<br />

dischi di rottura in grado (a secondo dei<br />

modelli)nonsolodiresisterepressionidi<br />

esercizioanchedidiversibar(anchecentinaiadibar),maanchediattivarsiapressioni<br />

dell’ordine di pochi millibar al di sopradellapressioneoperativa.<br />

È, infatti, fondamentale che il pannello di<br />

sfogo si apra completamente per creare<br />

unaviadifugasufficientementeampiaatta<br />

adevitarechel’esplosionesuperi,anchedi<br />

pochi decimi di bar, la pressione alla quale<br />

l’apparecchiononèingradodiresistere.Al<br />

contempo, dato il costo di un pannello di<br />

sfogo, che si aggira attorno ai € 10/dm 2 di<br />

superficie, è conveniente che questo dispositivorimangaintegroamenochenon<br />

assolvalafunzioneallaqualeèdestinato.<br />

La differenza nella qualità di prodotto tra<br />

pannello di rottura prodotto da uno<br />

“stampatore di lamiere” e una ditta specialistica<br />

produttrice di dischi di rottura,<br />

sta proprio nella precisione e garanzia di<br />

“La gestione<br />

dei rifiuti<br />

deve essere<br />

effettuata<br />

nel rispetto<br />

dei principi<br />

legislativi<br />

nazionali e<br />

comunitari<br />

”<br />

PRODOTTI E SOLUZIONI•ATEX<br />

efficaciaedefficienzadirispostaaglieventi.<br />

Più in dettaglio, i pannelli di sfogo Donadon<br />

PS/R (rettangolare) e PS/C (circolare)<br />

sono “panelli compositi a tensione”<br />

formatidatreparti:<br />

l unasezionemetallicatarata;<br />

l una membrana di tenuta<br />

(normalmenteinPTFE,ma<br />

disponibile in un’ampia<br />

gammadimateriali);<br />

l unfondellodiprotezione.<br />

L’esperienza Donadon, maturata<br />

in decenni di produzione<br />

di dischi di rottura per<br />

l’industria chimica e farmaceutica,èstatatrasferitanellaproduzionedipannellidisfogo,<br />

offrendo la disponibilità di pannelli di<br />

sfogo forniti di supporto per il vuoto o<br />

adatti per servizio con gas in condizioni<br />

statiche, pulsanti e cicliche, progettati<br />

normalmente per pressioni di sfogo e/o<br />

depressioneestremamentebasse.<br />

I pannelli PS/R e PS/C vengono montati<br />

prevalentemente su collettori di polveri,<br />

essiccatori,canali,silos,separatori,miscelatori,<br />

elevatori, depuratori d’aria e setacci.<br />

Laloroinstallazionepuòavveniretraintelaiature<br />

saldate, costituite da profili non<br />

lavorati in acciaio al carbonio o acciaio<br />

inossidabile. È, inoltre, importante sottolineareche,percollocareidispositiviDonadon,nonsononecessarieintelaiaturelavorateamacchinaodispendiosicontenitori.<br />

Tornando alle disposizioni di legge sopra<br />

citate,ipannellidisfogoDonadonpossonoesserefornitiinesecuzioneATEX(PS/<br />

EX)peressereutilizzatiinambientiincui<br />

è probabile la presenza di atmosfere potenzialmenteesplosivesecondoladirettivaeuropea94/9/CE(ATEX).<br />

Come indicatore di rottura può essere<br />

utilizzato il sensore Donadon a sicurezza<br />

intrinsecacertificatoATEX. l<br />

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PRODOTTI E SOLUZIONI•ATEX<br />

TABELLA1<br />

CARATTERISTICHETECNICHEPANNELLIDISFOGODONADONSDD<br />

MODELLO PS/R e PS/C<br />

Materiali Acciaio inossidabile, alluminio, nichel, hastelloy, inconel, monel<br />

M embrana P TFE, FEP, mylar, acciaio inossidabile, alluminio<br />

D imensioni<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

P S/R: Min: 300x300 ­ Max: 1120x1750<br />

PS/C: Min: 250 ­ Max: 1100<br />

P ressione di rottura d a 0,05 a 0,5 bar g<br />

T olleranza d a +/­ 10% a +/­ 20% secondo la pressione di rottura<br />

T emperatura di esercizio<br />

F ino a 315°<br />

M argine operativo d al 50% al 70%<br />

F rammentazione N O (solo membrana)<br />

A TEX S I<br />

R esistenza a corrosione B uona ­ può essere protetto con membrana<br />

S upporto per il vuoto D isponibile<br />

I ndicatore di rottura D isponibile a sicurezza intrinseca<br />

R ivestimenti M embrana di protezione<br />

89


Portata dei liquidi<br />

maggiorata del 20%,<br />

dovuta a un minor<br />

spessore del tubo;<br />

elevate doti di<br />

robustezza e affidabilità,<br />

grazie alla composizione<br />

in 3 strati che<br />

garantiscono una durata<br />

di 50 anni; grande<br />

facilità di installazione<br />

e vantaggi economici che<br />

si riflettono sul costo<br />

dei tubi (con possibilità<br />

di installare diametri<br />

più piccoli) e sul loro<br />

isolamento (con<br />

diametri inferiori sono<br />

richiesti minori<br />

materiali isolanti). Sono<br />

solo alcuni degli aspetti<br />

che caratterizzano il<br />

rivoluzionario tubo<br />

Coestherm® Hexa®<br />

Multilayer Pipe prodotto<br />

dalla azienda Coes S.p.A.<br />

PRODOTTI E SOLUZIONI•TUBATURE<br />

Coestherm Hexa Multilayer Pipe<br />

La nuova generazione di tubi<br />

per uso civile e industriale<br />

n di Maria Grazia Persico e Roberto Arlati, giornalisti pubblicisti<br />

Foto su gentile concessione di Coes S.p.A.<br />

Da Coes S.p.A. nasce Coestherm® Hexa® Multilayer Pipe la<br />

tubazione che racchiude in sé caratteristiche di durata,<br />

robustezza, maggior portata dei liquidi e una totale riciclabilità<br />

del materiale. In altri termini, una nuova generazione<br />

di tubi che si sta affacciando sul mercato delle condotte per<br />

uso civile e industriale.<br />

Grazie al costante impegno nella ricerca e<br />

nell’innovazione tecnologica, all’attenzione<br />

verso le esigenze impiantistiche di progettisti,<br />

costruttori e installatori sui mercati<br />

nazionali e internazionali, Coes S.p.A.<br />

ha creato Coestherm® Hexa® Multilayer<br />

Pipe, un prodotto innovativo nel segmento<br />

del PP (polipropilene) random per il<br />

trasporto di liquidi negli impianti in pressione.<br />

Una grande innovazione tecnologica<br />

che andrà a posizionarsi nella fascia di<br />

mercato occupata da decenni dalla ormai<br />

obsoleta fibra di vetro. Una nuova tubazione<br />

che rappresenta una valida alternativa<br />

alle vecchie condotte in fiberglass soggette<br />

a rischi di frattura, anche in fase di<br />

installazione.<br />

La nuova generazione di tubi multistrato<br />

Coestherm® Hexa®, in PP­RCT (Polipropilene<br />

Random “Cristalline Toughened and<br />

Temperature Resistant”; si veda la foto 1) è<br />

il risultato di anni di ricerca sulle materie<br />

prime e sui processi produttivi e sintetizza,<br />

in un solo tubo, i vantaggi dei materiali<br />

polimerici e delle leghe metalliche.<br />

Le principali caratteristiche di Coestherm®<br />

Hexa® Multilayer Pipe risiedono in:<br />

l una portata maggiorata, dovuta a un<br />

minor spessore del tubo che consente<br />

di aumentarne la capacità di conduzione<br />

del 20%;<br />

l grazie alla composizione in 3 strati,<br />

maggiore robustezza e affidabilità delle<br />

tubazioni (garantite 50 anni), a 70° centigradi<br />

e con una pressione di 10 bar;<br />

l una grande facilità di installazione dovuta<br />

alla perfetta compatibilità con i raccordi<br />

della linea Coestherm®;<br />

l una ridotta dilatazione lineare che consente<br />

un minor utilizzo di punti di staffaggio.<br />

Lasceltadelmateriale<br />

elatecnologiacostruttiva<br />

La scelta di Coes S.p.A. di produrre Coestherm®<br />

Hexa® Multilayer Pipe utilizzando<br />

PP­RCT è deriva dal fatto che questo<br />

materiale nasce dall’unione della tecnologia<br />

di trasformazione del polimero a reattore<br />

multiplo con la speciale struttura cristallina<br />

esagonale del polimero ed è caratterizzato<br />

da elevate doti di resistenza<br />

meccanica e una durata nel tempo fino a<br />

50 anni, anche se sottoposto a forti pressioni<br />

e con temperature d’esercizio che<br />

possono raggiungere i 70° centigradi.<br />

Le eccezionali doti di robustezza, durata e<br />

portata derivano, oltre che dalla scelta del<br />

materiale impiegato nella produzione, anche<br />

dalla composizione in 3 strati della<br />

nuova tubazione:<br />

l lo strato interno, in PP­RCT, di colore<br />

verde chiaro, ha una superficie completamente<br />

liscia, con basse perdite di<br />

carico, in grado di resistere all’aggressione<br />

chimica delle acque;<br />

90 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com


PRODOTTI E SOLUZIONI•TUBATURE<br />

l lo strato intermedio, prodotto in<br />

compound a base di PP­RCT di colore<br />

neutro, offre un’ elevata resistenza alla<br />

pressione e alle sollecitazioni meccaniche;<br />

l lo strato esterno in PP­R, di colore<br />

verde scuro, resiste all’invecchiamento<br />

termicoedècompatibileconiraccordi<br />

asaldaredellalineaCoestherm®.<br />

Testdirobustezzaedidurata<br />

La tubazione Coestherm® Hexa® Multilayer<br />

Pipe è stata sottoposta a dei test<br />

orientati all’accertamento dei livelli di robustezzaeresistenzameccanica.Inquestosensolatubazioneèstatasottopostaaunesperimentobasatosuunprogrammadicalcoloconl’obiettivodisimularne<br />

lo stress per poter poi determinare<br />

gli spessori ottimali del prodotto. In una<br />

secondafase,iricercatorihannoconfrontato<br />

un tubo Coestherm® Hexa® Multilayer<br />

Pipecon uno in fibra di vetro. Entrambi<br />

i prodotti sono stati sottoposti a<br />

unapressionedi10baraunatemperaturadi70°centigradi.<br />

I risultati di queste indagini hanno dimostrato<br />

come il fattore di stress nella tubazioneCoestherm®Hexa®MultilayerPipe<br />

si distribuisca nello strato interno del tubo,<br />

determinando, in questo modo, un<br />

indice di robustezza pari a 8, mentre nel<br />

normaletuboinfibradivetroquestofattoresiconcentranellostratointermedio,<br />

registrandoindicidirobustezzaparia5.<br />

CoesS.p.A.hasottoposto,inoltre,lapropriatubazionealtestdiCharpy<br />

[1] .Partendo<br />

da questi parametri è stato possibile<br />

testare la robustezza del tubo anche alle<br />

basse temperature. Al termine del test,<br />

effettuato comparando un tubo Coestherm®<br />

Hexa® Multilayer Pipe con un<br />

esemplareinfibradivetro,èemersoche<br />

anchea0°centigradiiltubodiCoesS.p.A<br />

hadimostratounaresistenzaeccezionale<br />

rispetto alla condotta in fibra di vetro,<br />

soggetta a un maggior rischio di frattura,<br />

inconveniente,questo,chepotrebbenon<br />

essere notato anche nelle prime fasi di<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

installazione.<br />

Per indagare, inoltre,sullaresistenza<br />

alla pressione nel<br />

tempo secondo la<br />

normaISO9080,il<br />

tubo Coestherm®<br />

Hexa® Multilayer<br />

Pipeèstatooggetto<br />

del test denominato“Acquanell’acqua”<br />

[2] .Laconclusione<br />

della<br />

ricerca ha dimostrato<br />

che il prodotto<br />

di Coes<br />

S.p.A. può effettivamentedurarefino<br />

a 50 anni, alla temperatura di 70°<br />

centigradi.<br />

Altrecaratteristiche<br />

La tecnologia costruttiva di Coestherm®<br />

Hexa®MultilayerPipeconsentelariduzione<br />

del 20% dello spessore delle pareti,<br />

permettendo,inquestomodo,diinstallare<br />

tubazioniconundiametroinferiore,aparità<br />

di portata, rispetto ai tradizionali tubi.<br />

Secondariamente, questa caratteristica si<br />

riflette sui risparmi economici (minor costodeitubi),inquantoèpossibileutilizzare<br />

diametri più piccoli risparmiando il 30%.<br />

Diametri inferiori richiedono, inoltre, una<br />

minorquantitàdimaterialeisolantedovutaaunaminoredilatazionedeltubo.<br />

Compatibilità<br />

La composizione della parte esterna, costruitainPP­R,ècompatibileconiraccordi<br />

della gamma Coestherm®. Rispettandoquestoassetto,latubazionepuòessere<br />

saldata sia tramite il processo di<br />

polifusione sia tramite il supporto di un<br />

manicottoelettrico.<br />

Una semplicità di giunzione assoluta che<br />

evita all’installatore di investire denaro e<br />

risorseperl’acquistodinuoveattrezzatureoperlafrequenzaacorsidiformazione<br />

tecnica.<br />

5Foto1–Polipropilene random “cristalline toughened and<br />

temperature resistant”<br />

Ambitiapplicativi<br />

Gliambitiapplicatividelrivoluzionariotubosonovasti.<br />

Coestherm® Hexa® MultilayerPipepuòessereutilizzatoinognitipo<br />

di impianto, dal civile all’industriale, dall’edificio<br />

nuovo alla ristrutturazione del<br />

preesistente.<br />

Può essere adottato negli impianti di distribuzione<br />

per riscaldamento e condizionamento,<br />

all’interno di colonne montantiederivazioniaipianidegliedifici,nel<br />

collegamento ai radiatori e ventilconvettorioppureperunireicollettorididistribuzione.Lasecondagrandearead’impiegoèrelativaagliimpiantidiadduzioneperacquaa<br />

usocivileeindustriale.Inquestosettore,<br />

la tubazione può essere innestata nelle<br />

colonne montanti che distribuiscono acquacaldaofreddaperusisanitari,oppure<br />

nel collegamento ai dispositivi scaldaacqua.<br />

I complessi e sofisticati impianti per la<br />

distribuzionedell’ariacompressasonoun<br />

terzo campo in cui Coestherm® Hexa®<br />

Multilayer Pipe trova impiego; inoltre, i<br />

vasti sistemi di distribuzione di fluidi nel<br />

settore agricolo e nei processi produttivi<br />

industriali rappresentano un ulteriore<br />

esempio di come l’innovativa tubazione<br />

possaessereimpiegata.<br />

[1]IltestdiCharpyèunaprovaingradodimisurarelaresistenzadelmaterialeelasuacapacitàdiassorbireenergiaaseguitodiunurtomeccanico.Maggioreèlaquantitàdi<br />

energiaassorbita,maggioreèlaresistenzaall’urto.<br />

[2]Conquestotestiltubovieneriempitodiacquaesottopostoapressionee,quindi,immersoinunavascacontemperaturediverse.<br />

91


S.T.R. SpA<br />

Via Gramsci, 36<br />

46020 Pegognaga (MN)<br />

numero verde: 800.462.223<br />

fax: 0376/550180<br />

www.str.it<br />

Con il D.Lgs. n. 192/2005<br />

e il successivo D.Lgs. n.<br />

311/2006 di modifica, è<br />

stato finalmente<br />

focalizzato il concetto di<br />

“prestazioni limite”,<br />

attraverso il valore della<br />

trasmittanza termica; in<br />

altri termini, è<br />

obbligatorio esprimere<br />

le prestazioni limite che<br />

ogni singolo componente<br />

edilizio deve possedere,<br />

cioè la perdita massima<br />

di energia (trasmittanza<br />

termica, appunto)<br />

consentita dalla legge<br />

per ogni singolo<br />

componente edilizio. Sul<br />

tema STR propone il<br />

software “eXcellent<br />

energia”, strumento in<br />

grado di mettere in<br />

condizione il<br />

professionista di<br />

prevedere la futura<br />

classe di appartenenza<br />

dell’immobile, di fatto<br />

rendendo il committente<br />

protagonista di una<br />

scelta energetica<br />

consapevole<br />

LE AZIENDE INFORMANO•SOFTWARE<br />

eXcellent energia di STR<br />

<strong>Soluzio</strong>ne semplice e guidata<br />

alla relazione ex D.Lgs. n. 311<br />

n di Marco Corbellani e Gianluca Baroni, STR S.p.A. e<br />

Piero Mariotto, promoter Italia Alphacan<br />

Foto su gentile concessione di STR S.p.A.<br />

Con l’emanazione del decreto legislativo n. 192/2005, come<br />

modificato dal decreto legislativo<br />

n. 311/2006, l’Italia, in attuazione della direttiva 2002/91/CE<br />

relativa al rendimento energetico nell’edilizia, ha affrontato,<br />

per la prima volta in modo costruttivo, il problema del<br />

risparmio energetico, allineandosi, finalmente, agli altri<br />

Paesi europei, già impegnati da anni in questo ambito.<br />

Per quanto riguarda il settore del risparmio energetico, la legge quadro che<br />

regolamenta l’intero comparto è la legge n. 10/1991 ed i suoi principali decreti<br />

attuativi, di seguito elencati, ne compongono la struttura applicativa:<br />

l decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412 e<br />

successive modificazioni;<br />

l decreto ministeriale 2 aprile 1998.<br />

Gli obblighi prestazionali dei componenti edilizi come indicato D.Lgs. n.<br />

192/2005, modificato dal D.Lgs. n. 311/2006, rimandano alle prescrizioni contenute<br />

in entrambe i due suddetti decreti.<br />

Il D.P.R. n. 412/1993 viene normalmente utilizzato dai tecnici di settore,<br />

principalmente in termotecnica, che ne estraggono un Allegato da accompagnare<br />

a tutti i progetti; il secondo, invece, il D.M. 2 aprile 1998 «Modalità di<br />

certificazione delle caratteristiche e delle prestazioni energetiche degli edifici e degli<br />

impianti ad essi connessi» è praticamente sconosciuto. Questo decreto obbligatorio,<br />

che è il fulcro attorno al quale avrebbero dovuto ruotare le verifiche delle<br />

prestazioni in opera dei componenti edilizi che compongono la struttura<br />

edilizia, prevede che a ogni fornitura di prodotti edilizi (serramenti, murature,<br />

solai, ecc) si accompagni la rispettiva «Dichiarazione di prestazione energetica<br />

delcomponenteedilizio».<br />

Quest'obbligo è stato completamente disatteso da tutti gli attori del processo<br />

edilizio che non avevano compreso o volutamente ignoravano la portata di<br />

questo provvedimento. D'altro canto i controlli sono mancati nonostante il<br />

decreto indicasse chiaramente le sanzioni previste per chi non ottemperava agli<br />

obblighi previsti. Le sanzioni sono previste per ogni dichiarazione omessa o non<br />

veritiera e riguardano tutti gli attori del procedimento: dai progettisti al costruttore,<br />

al collaudatore, al proprietario dell’immobile sino al rivenditore, che,<br />

attualmente, è quello che rischia di più con un'ammenda pecuniaria che va da<br />

2.500,00€ a 25.000,00€.<br />

Nei D.Lgs. n. 192/2005, come nel successivo D.Lgs. n. 311/2006, si parla<br />

finalmente di “prestazioni limite”, attraverso il valore della Trasmittanza<br />

94 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com


LE AZIENDE INFORMANO•SOFTWARE<br />

5Certificato Energetico<br />

Termica U (W/m²K).<br />

Si indicano, infatti, le prestazioni limite che ogni singolo<br />

componente edilizio deve possedere, cioè la perdita massima<br />

di energia (trasmittanza<br />

termica) consentita dalla legge<br />

per ogni singolo componente<br />

edilizio nelle 6 zone climatiche<br />

in cui è stato suddiviso<br />

il territorio italiano, come<br />

stabilito dal D.P.R. n.<br />

412/1993 sopramenzionato.<br />

La trasmittanza termica rappresenta<br />

il flusso di calore che<br />

passa attraverso un metro<br />

quadrato di ogni componente<br />

edilizio (muri, solai, finestre)<br />

per ciascun grado di differenza<br />

tra le due superfici.<br />

Attraverso questo valore, è<br />

possibile verificare, per esempio,<br />

la prestazione energetica<br />

di una finestra nel suo complesso<br />

“anta/telaio/vetro”; in<br />

particolare, più basso è il valore<br />

dichiarato della trasmittanza<br />

termica U migliore è la<br />

sua prestazione energetica. I<br />

serramenti con “U” basso, in­<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

5Catalogo materiali UNI già inserito nel programma<br />

fatti, disperdono meno calore facendo risparmiare chi li<br />

utilizza<br />

Introducendo la scelta dei prodotti attraverso le prestazioni<br />

limite obbligatorie (si veda l’Allegato C al D.Lgs. n.<br />

311/2006), verrà finalmente meno l’insana “abitudine” che<br />

finora ha privilegiato il prezzo nella scelta dei prodotti<br />

edilizi a scapito della prestazione, contribuendo a causare<br />

l'attuale situazione energetica che vede l’Italia penultima<br />

nella graduatoria dei paesi europei che hanno messo in<br />

atto politiche di risparmio energetico, davanti solamente al<br />

Portogallo.<br />

Per rendere più efficace e visibile questa nuova procedura<br />

di progettazione e costruzione, all’atto di compravendita<br />

notarile o affittanza a titolo oneroso degli edifici, si dovrà<br />

produrre e allegare la “certificazione energetica degli edifici”<br />

che determinerà la classe energetica dell’immobile: si<br />

tratta di un documento simile alla certificazione già adottata<br />

nel settore degli elettrodomestici o nel settore automobilistico.<br />

L’utente finale del mercato delle costruzioni applicherà un<br />

nuovo criterio alla scelta dell’immobile da acquistare; saranno,<br />

infatti, privilegiati quelli appartenenti alle classi<br />

energetiche migliori e che costeranno meno.<br />

Il progettista, dunque, si troverà ad assolvere un ruolo<br />

ancora più impegnativo di quello attuale dovendo produrre<br />

una certificazione energetica, che dovrà essere verificata<br />

da un certificatore energetico terzo che potrà avallare o<br />

95


5 Esempio di inserimento manuale di una muratura<br />

meno il suo operato; le certificazioni infedeli saranno<br />

punite sia civilmente che penalmente.<br />

LasoluzioneSTR<br />

STR si propone al mercato della progettazione come<br />

valido strumento in grado di agevolare i progettisti nella<br />

redazione della certificazione energetica dell’edificio, mettendo<br />

in condizione il professionista di prevedere la futura<br />

classe di appartenenza dell’immobile,<br />

di fatto rendendo<br />

il committente protagonista<br />

di una scelta energetica consapevole.<br />

Si consideri che la tendenza<br />

generale in Europa è quella di<br />

andare verso una progettazione<br />

con il massimo risparmio<br />

energetico, sino ad approdare<br />

alla “casa passiva”<br />

dove si cerca di tenere in<br />

considerazione anche l’impatto<br />

ambientale dei materiali,<br />

il consumo di energia<br />

per la produzione, messa in<br />

opera e smaltimento dei materiali<br />

di costruzione (LCA),<br />

attualmente non prevista dalla<br />

normativa italiana.<br />

STR si rivolge a tutti gli studi<br />

tecnici che non si sono mai<br />

occupati dei temi tipici del<br />

campo termotecnico e propone<br />

una soluzione semplice<br />

e guidata per la redazione<br />

Certificazione<br />

energetica:<br />

relazionetecnica<br />

aisensi<br />

delD.Lgs.n.311/2006<br />

l inputmanualesempliceeguidato;<br />

l relazioneexD.Lgs.n.311/2006<br />

inMicrosoftExcel®;<br />

l recepiscelenormative<br />

regionalipiùavanzate;<br />

l maschereimmediate<br />

conpdfesplicatividellanormativa.<br />

LE AZIENDE INFORMANO•SOFTWARE<br />

della relazione necessaria in<br />

base al D.Lgs. n. 311/2006,<br />

accessibile anche ai “non termotecnici”.<br />

In particolare,<br />

eXcellent energia permette<br />

di svolgere la relazione ai sensi<br />

del D.Lgs. n. 311/2006, che<br />

comprende l’indicazione della<br />

classe di consumo e i calcoli<br />

che la determinano, che il software<br />

svolge in automatico. Il<br />

progettista dovrà semplicemente<br />

inserire manualmente<br />

le descrizioni e le caratteristiche<br />

dell’edificio scegliendo<br />

fra opzioni di scelta multipla;<br />

a fianco avrà un pdf esplicativo<br />

della normativa che rende impossibile l’errore. La relazione<br />

viene generata in formato in Microsoft® Excel, in<br />

perfetta sincronia con i prodotti della lineaeXcellent di STR<br />

che permettono un pratico e immediato utilizzo dell’applicativo.<br />

Un ulteriore punto di sicurezza è la garanzia, da parte di<br />

STR, di aggiornare il software gratuitamente fino all’uscita<br />

dei decreti attuativi che definiranno, una volta per tutte, la<br />

normativa a livello nazionale. l<br />

5Packaging di prodotto<br />

96 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com


<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

<strong>Tecnologie</strong>&Prodotti<br />

<strong>Tecnologie</strong>&Prodotti<br />

nSchedeacuradiFabianaPanellaeAlessandroMusio<br />

PIATTAFORMAPOLIFUNZIONALEDI<br />

SMALTIMENTODEIRIFIUTIINDUSTRIALI<br />

SISTEMADISMALTIMENTO<br />

DEIRIFIUTIINDUSTRIALI<br />

DESCRIZIONE PRODOTTO<br />

Piattaforma polifunzionale costituita da più linee<br />

di lavorazioni per la riduzione di inquinanti<br />

e il recupero di materie prime dai rifiuti.<br />

CARATTERISTICHE TECNICHE<br />

L’impianto ha una potenzialità di stoccaggio di<br />

900 Ton e una capacità di trattamento di<br />

38.000 Ton/anno. Include linee di trattamento<br />

chimico­fisico delle acqua, di trattamento acidi,<br />

di ossido­riduzione, un separatore di solido­liquido,<br />

un separatore di emulsioni, un<br />

inertizzatore di funghi, un impianto di distillatore<br />

solventi, una sezione per la triturazione,<br />

una di cernita, e una sezione di lavaggio per il<br />

TAKEOFFCOLLECTION<br />

DESCRIZIONE PRODOTTO<br />

Calzature leggerissime grazie a una lamina<br />

multistrato e puntale in composito, ispirate<br />

alle linee più propriamente sportive. La speciale<br />

calzata offre<br />

maggiore controllo<br />

e mi­<br />

recupero di imballi, tessuti, plastiche,<br />

metalli e legno. I materiali, dopo il trattamento,<br />

possono essre impiegati quali<br />

materie prime e/o semilavorati: in ogni<br />

fase risulta ridotta la pericolosità.<br />

CERTIFICAZIONI<br />

L’azienda è certificata ISO 9001:2000 e<br />

UNI EN ISO 14001:2004.<br />

ATTIVITÀ AZIENDA<br />

Impianti per la gestione di rifiuti industriali<br />

pericolosi e non pericolosi.<br />

AZIENDA DISTRIBUTRICE<br />

ECOCHIMICA Srl<br />

via dell’Artigianato, 6<br />

22060 Mirabello di Cantù (CO) ­ Italy<br />

CALZATUREDISICUREZZA<br />

gliore agilità. La tomaia è in mesh traspirante,<br />

leggera e resistente all’usura. L’intersuola di<br />

EVA superleggero offre massimo slancio e un<br />

elevato comfort. La suola garantisce elevata<br />

aderenza al terreno.<br />

CARATTERISTICHE TECNICHE<br />

l tomaia in mesh traspirante, leggera e resistente<br />

all’usura;<br />

l lamina multistrato;<br />

l puntale in composito;<br />

l intersuola in EVA superleggero;<br />

l linea sportiva.<br />

CERTIFICAZIONI<br />

Tutte le calzature TAKEOFF (S1<br />

P) fanno riferimento alla normativa<br />

TECNOLOGIE&PRODOTTI<br />

Tel. +39 031­7370111<br />

Fax +39 031­7370122<br />

www.ecochim.it<br />

ecosrl@ecochim.it<br />

EN ISO 20345:2004.<br />

ATTIVITÀ AZIENDA<br />

Produzione di calzature di siscurezza e abbigliamento<br />

da lavoro con l’impiego di materiali<br />

e tecnologie innovative.<br />

COSTO<br />

75 €<br />

AZIENDA<br />

PRODUTTRICE<br />

ABOUTBLU – USS Safety System Spa<br />

Net Center<br />

via San Marco, 11/c<br />

35129 Padova (PD) ­ Italy<br />

Tel. +39 049­9713211<br />

Fax +39 049­5806906<br />

www.aboutblu.com<br />

info@aboutblu.com<br />

97


SISTEMAPERILTRATTAMENTO<br />

DELLEACQUEREFLUE<br />

IMPIANTODIDEPURAZIONE<br />

DESCRIZIONE PRODOTTO<br />

Impianto di polietilene (PE) o fibra di vetro di<br />

poliestere (PRFV) per il trattamento delle acque<br />

reflue. Sono disponibili impianti standard o<br />

su misura, in base alle dimensioni e alle diverse<br />

tipologie di applicazione. I sistemi standard sono<br />

installati in residenze, strutture ricettive, bar­ristoranti,<br />

centri commerciali/industriali e officine<br />

meccaniche. Gli impianti su misura sono adatti a<br />

utenze civili e industriali. Sono disponibili anche<br />

sistemi di recupero e riutilizzo delle acque meteoriche,<br />

impianti containerizzati e trasportabili<br />

per il trattamento dei reflui da cantine vinicole.<br />

CARATTERISTICHE TECNICHE<br />

Impianti di depurazione standard per piccole e<br />

medie utenze: prefabbricati monoblocco, modulari<br />

eupgradabili, forniti “chiavi in mano”, che<br />

consentono elevati risparmi nella messa in opera,<br />

interamente costruiti in polietilene rotostampato<br />

(PE), resistenti agli attacchi chimici e fisici.<br />

NRG<br />

DESCRIZIONE PRODOTTO<br />

Pensilina fotovoltaica per parcheggi auto collocati<br />

in ambienti pubblici/privati come elemento<br />

di arredo urbano, eventualmente utilizzabile<br />

anche come ricovero di mezzi agricoli con<br />

possibilità di integrare nella struttura comunicazioni<br />

di grande formato.<br />

È disponibile a partire da moduli da 6 kWp di<br />

potenza (4 posti auto)<br />

Impianti di depurazione su<br />

misura per medie e grandi<br />

utenze: realizzati utilizzando<br />

un sistema modulare eupgradabile<br />

che consente l’eventuale<br />

incremento della capacità<br />

di trattamento tramite<br />

l’aggiunta di ulteriori elementi<br />

e l’apporto di ridotte modifiche<br />

tecniche.<br />

CERTIFICAZIONI<br />

Azienda dotata di un sistema di qualità garantito<br />

dalle certificazioni ISO 9001:2000 rilasciate<br />

dal Lloyd’s Register Quality Assurance.<br />

Per i prodotti vengono garantiti gli standard<br />

qualitativi dell’effluente indicati dal D.L.vo n°<br />

152/06, mentre gli impianti con apparecchiature<br />

elettromeccaniche sono conformi alla Direttiva<br />

Europea Macchine 98/37/CE.<br />

ATTIVITÀ AZIENDA<br />

Progettazione e costruzione di impianti e si­<br />

TECNOLOGIE & PRODOTTI<br />

stemi standard, a basso costo ed alta qualità,<br />

per il trattamento, la depurazione e la gestione<br />

delle acque reflue.<br />

AZIENDA PRODUTTRICE<br />

ISEA Spa<br />

via Salvo D’Acquisto, 4<br />

26862 Guardamiglio (LO) – Italy<br />

Tel +39 0377­51881<br />

Fax +39 0377­518852<br />

www.iseagroup.com<br />

isea@iseagroup.it<br />

PENSILINAFOTOVOLTAICAPERPARCHEGGIO<br />

La struttura di acciaio è fissata al terreno tramite<br />

plintidicementoarmatoedèingradodiresistere<br />

all’azionediagentiatmosferici(vento,acqua,…).<br />

Il sistema è adatto a molteplici contesti, grazie<br />

alla possibilità di personalizzare l’inclinazione e<br />

la composizione dei pannnelli. L’analisi specifica<br />

della redditività dell’impianto è effettuata<br />

tramitecashflow.<br />

CARATTERISTICHE TECNICHE<br />

l strutturadiacciaiozincataacaldooverniciata;<br />

l modulo base: 34 moduli solari policristallini<br />

Kyocera Kc 175 ght­2 ad alto rendimento<br />

(per un totale di 5950 Wp) e 8 moduli<br />

ciechi di completamento;<br />

l interasse colonne è di 4,8 m.<br />

CERTIFICAZIONI<br />

Prodotto dotato delle più importanti certificazioni<br />

di resa/durata/qualità attualmente esistenti.<br />

ATTIVITÀ AZIENDA<br />

Distribuzione e commercializzazione di sistemi<br />

solaritermiciefotovoltaici,perlagenerazionedi<br />

elettricità, riscaldamento e acqua calda dal sole.<br />

AZIENDA PRODUTTRICE<br />

Nrg Sunrise – Solar Technologies<br />

via Buzzi, 16<br />

20017 Rho (MI) ­ Italy<br />

Tel/fax +39 02­93782107<br />

www.nrgsunrise.com<br />

info@nrgsunrise.com<br />

98 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com


TECNOLOGIE & PRODOTTI<br />

CHIUSINODACARREGGIATA<br />

PAMREX<br />

DESCRIZIONEPRODOTTO<br />

Chiusino da carreggiata di ghisa sferoidale,<br />

adattoacondizioniditrafficomoltointenso.Le<br />

sollecitazioni meccaniche provocate dal passaggio<br />

di autoveicoli sono ridotte al minimo<br />

tramite una guarnizione di elastomero che<br />

bloccailcoperchioesiopponealfenomenodi<br />

aspirazionecausatodaglipneumaticideiveicoli.Larotulanonèacontattoconiltelaioeviene<br />

sollecitata solamente durante l’apertura e la<br />

chiusuradelchiusino.Incasodisovrappressioneaccidentaledellarete,larotulapermetteal<br />

coperchio di aprirsi senza uscire dalla propria<br />

sedeedirichiudersisottoilpropriopeso.<br />

CARATTERISTICHETECNICHE<br />

l telaiorotondooquadrato,disponibilenelle<br />

dimensioni da 850 mm. a 1000 mm, luce<br />

nettada610mma800mm;<br />

EXTRAWALL<br />

DESCRIZIONEPRODOTTO<br />

Pannelloautoportanteperl’isolamentotermicoeacusticodiintercapediniinedilizia,impiegatoanchecomebarrieraalvaporecontrola<br />

formazione di muffe.<br />

È realizzato in lana di<br />

vetro non idrofilo<br />

trattato con speciale<br />

leganteabasediresinetermoindurenti,rivestito<br />

su una faccia<br />

con carta kraft­alluminio<br />

retinata e sull’altra<br />

con un velo di<br />

vetro. È disponibile<br />

anche nella versione<br />

EXTRAWALL VV,<br />

pannello autoportantedigrandidimensionidilanadivetronon<br />

idrofilo trattato con<br />

specialeleganteabase<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

l elevato coefficiente di sicurezza: resistenza<br />

alle sollecitazioni del traffico molto intenso<br />

conmarginediresistenzamediaallarottura<br />

superioredel30%rispettoaquantoprevistodallanormaEN124;<br />

l elevataergonomia:aperturaa130°ebloccaggiodisicurezzaallachiusuraa90°.<br />

CERTIFICAZIONI<br />

ProdottoamarcaturaCE,conformeallanormeUNIEN124.LaconformitàdeiprodottièsancitadalmarchioN(AENOR)chegarantisce<br />

l’origine della fabbricazione dei prodotti<br />

attestandoilrispettodeicontrollidimensionali,dellecaratteristichemeccanicheedellamarcatura<br />

contemplate nella norma. L’Azienda è<br />

certificataISO9001eISO14001.<br />

ATTIVITÀAZIENDA<br />

Produzioneecommercializzazione,conilmarchioPAM,disoluzionidighisasferoidaleperil<br />

PANNELLIAUTOPORTANTIPERL’ISOLAMENTO<br />

TERMOACUSTICO<br />

di resine termoindurenti, rivestito su entrambe<br />

le facce con un velo di vetro. La lana di<br />

vetro resiste all’acqua e all’umidità (anche se<br />

imbevutadiacqua,unavoltaasciugata,riacquistalepropriecaratteristichetermiche,acusticheemeccaniche)edèunmaterialesicuroin<br />

casodiincendio.<br />

CARATTERISTICHETECNICHE<br />

l pannelliavvoltiinpolitenesupallett,disponibilineglispessori40,50,60,80e100mm;<br />

l lana di vetro prodotta con oltre l’80% di<br />

vetroriciclato;<br />

l conduttività termica dichiarata alla temperatura<br />

media di 10°C: = 0,032 W/<br />

(mK);<br />

l conduttività termica dichiarata alla temperaturamediadi20°C(Valoreteorico):<br />

=0,033W/(mK);<br />

l resistenza termica R dichiarata alla temperatura<br />

media di 10°C: variabile da 1,25 a<br />

3,10m²K/W,inbaseallospessore;<br />

l isolamentoacusticonelrispettodelDPCM<br />

5/12/97;<br />

ciclo idrico integrato. La gamma comprende:<br />

tubieraccordiperladistribuzioneel’adduzionediacquapotabile,tubazioneperfognaturaeperl’irrigazione,idrantiecondotteantincendioperl’ediliziacivile,griglieecaditoie.<br />

AZIENDAPRODUTTRICE<br />

SAINT­GOBAINCONDOTTE<br />

Spa<br />

viaRomagnoli,6<br />

20146Milano(MI)­Italy<br />

Tel+3902­4243482<br />

Fax+3902­4243405<br />

www.pamline.it<br />

saint­gobain.press@lbdi.it<br />

l pannello EXTRAWALL: Euroclasse F (secondometododiprovaEN13501­1);<br />

l pannello EXTRAWALL VV: Euroclasse<br />

A2­s1, d0, (secondo metodo di prova EN<br />

13501­1).<br />

CERTIFICAZIONI<br />

Prodottoisolanteconformealladirettiva89/<br />

106/CE,recepitadalDPR246del21/4/1993,<br />

inbaseallenormeEN13162eEN13172.<br />

ATTIVITÀAZIENDA<br />

Produzione di isolanti termoacustici a marchioIsovereproduzionedimaterialidiimpermeabilizzazioneamarchioBituver.<br />

AZIENDA<br />

PRODUTTRICE<br />

Saint­GobainISOVERITALIASpa<br />

viaG.Donizetti,32/34<br />

24043VidalengodiCaravaggio(BG)­Italy<br />

Tel+390363­318268<br />

Fax+390363­318337<br />

www.isover.it<br />

99


FONOMETROINTEGRATOREANALIZZATORE<br />

DISPETTRO<br />

SC310<br />

DESCRIZIONE PRODOTTO<br />

Fonometro integratore digitalerealtime multifunzione,<br />

per la misura del rumore ambientale<br />

(LQ 447/95 e DM 16/03/98), del rumore in<br />

ambiente di lavoro (D.Lgs. 195/06) e dell’isolamento<br />

acustico negli edifici (DPCM 5/12/97).<br />

CARATTERISTICHE TECNICHE<br />

Il fonometro è completo di analizzatore di<br />

spettro real time in bande di ottava e terzi di<br />

ottava e analizzatore a banda stretta FFT. È<br />

corredato da un software per la gestione dello<br />

strumento, il trasferimento a PC e la visualizzazione<br />

dei dati acquisiti, ancherealtime durante<br />

la misura in corso. Lo strumento, portatile,<br />

può essere utilizzato anche come centralina<br />

fissa di acquisizione grazie alla possibilità di configurare<br />

lo spazio di memoria comebuffer lineare<br />

o circolare. Il fonometro può comunicare<br />

con il PC, per il controllo da remoto e per il<br />

trasferimento dati, anche tramite modem<br />

TRAVILOG TITANIUM modulo FUOCO<br />

DESCRIZIONE PRODOTTO<br />

Software per la verifica della resistenza al fuoco<br />

della sezione allo stato limite ultimo di sezioni<br />

in c.a. o c.a.p.<br />

CARATTERISTICHE TECNICHE<br />

Il programma verifica la capacità portante della<br />

sezione allo stato limite ultimo (metodo<br />

della sezione equivalente), calcolando i coefficienti<br />

di sicurezza. Inoltre fornisce i coefficienti<br />

per la verifica col metodo del fattore di riduzione<br />

medio. L’input della sezione e delle armature<br />

è totalmente grafico e permette di<br />

disegnare la sezione e indicare le condizioni al<br />

contorno con l’uso del mouse. Il programma<br />

calcola e rende consultabili la distribuzione<br />

delle temperature nella sezione. Inoltre, traccia<br />

il dominio di rottura e la resistenza al taglio.<br />

È possibile stampare la mappa delle temperature<br />

(a colori o con le temperature di ogni<br />

GSM o sistema wireless Bluetooth.<br />

Può inoltre essere utilizzato all’interno<br />

della soluzione completa<br />

Global Insulation Package, per la<br />

valutazione del tempo di riverberazione<br />

e di isolamento acustico. La<br />

soluzione comprende oltre ad<br />

uno o più fonometri, collegati<br />

tramite la tecnologia multicanale<br />

Bluetooth, anche<br />

le sorgenti di rumore<br />

standardizzate (macchina<br />

per il calpestio e sorgente<br />

dodecaedrica omnidirezionale)<br />

e i software di<br />

supporto all’utilizzatore<br />

per la gestione della strumentazione,<br />

calcoli e report<br />

di misura.<br />

CERTIFICAZIONI<br />

L’azienda è certificata<br />

ISO 9001:2000 / EN ISO<br />

TECNOLOGIE & PRODOTTI<br />

9001:2000. Il fonometro è in Classe 1 secondo<br />

IEC60651, IEC60804, IEC61672.<br />

ATTIVITÀ AZIENDA<br />

Produzione di apparecchiature elettroniche<br />

per la misura di parametri fisici necessari nei<br />

monitoraggi ambientali: temperatura, umidità,<br />

velocità dell’aria, pressione, illuminamento,<br />

concentrazione gas, rumore, grandezze<br />

meteorologiche, etc. La strumentazione è<br />

fornita in sistemi completi “chiavi­in­mano”<br />

oppure come componente di sistemi<br />

di monitoraggio più complessi. Servizi di<br />

assistenza post­vendita.<br />

AZIENDA DISTRIBUTRICE<br />

LSI ­ LASTEM<br />

via Ex S.P. 161 Dosso, 9<br />

20090 Settala (MI) – Italy<br />

Tel +39 02­954141<br />

Fax +39 02­95770594<br />

www.lsi­lastem.com<br />

info@lsi­lastem.com<br />

SOFTWAREPERLAVERIFICADELLARESISTENZA<br />

ALFUOCODIELEMENTISTRUTTURALI<br />

elemento di mesh) e il dominio di rottura allo<br />

stato limite ultimo con i relativi coefficienti di<br />

sicurezza. Di tutte le stampe è disponibile l’anteprima<br />

a video. La relazione di calcolo è prodotta<br />

all’interno di un foglio di calcolo, per la<br />

consultazione, la stampa e l’esportazione.<br />

È richiesto un Sistema Operativo Microsoft<br />

WindowsVISTA,WindowsXPo2000,processorePentiumosuperiore,Almeno512Mb<br />

di RAM, Almeno 1 Gb di spazio libero<br />

sull’HardDisk,UnlettoreCDoDVD,scheda<br />

video SVGA 1024 x 768 o superiore,<br />

Mouse Microsoft Windows compatibile.<br />

CERTIFICAZIONI<br />

La verifica degli elementi strutturali è conforme<br />

alla norma UNI 9502.<br />

ATTIVITÀ AZIENDA<br />

Produzione di software tecnico per l’ingegneria.<br />

Assistenza e manutenzione gratuita<br />

del software.<br />

AZIENDA PRODUTTRICE<br />

Logical Soft<br />

via Garibaldi, 253<br />

20033 ­ Desio (MI) ­ Italy<br />

Tel. +39 0362­301721<br />

Fax +39 0362­301722<br />

www.logical.it<br />

staff@logical.it<br />

100 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com


TECNOLOGIE & PRODOTTI<br />

SOFTWAREDIGESTIONEDEGLIADEMPIMENTI<br />

DILEGGEINAMBITOAMBIENTALE<br />

RIFIUTIEDINTORNI<br />

DESCRIZIONEPRODOTTO<br />

Software di gestione interna per aziende di<br />

ogni settore cui corre l’obbligo degli adempimenti<br />

di legge in ambito ambientale (produzionerifiutiindustriali,ecc).<br />

Oltre agli adempimenti previsti dalle norme<br />

inmateria,ilprogrammaconsenteilmonitoraggio<br />

dell’intera filiera operativa all’interno<br />

delleaziendedelsettore(movimentodicarico/scarico,quantitàindeposito,individuazionedellesingolepartiteerelativadocumentazionefiscale).<br />

Il software consente un’esecuzione più flessibile<br />

delle operazioni per la gestione di rifiuti<br />

industriali,ilregistrodicarico/scarico,iformularidiidentificazione,ladichiarazioneMUDai<br />

sensi del D.Lgs. 152/ 06 e le scadenze delle<br />

Autorizzazioniamministrative.<br />

PULCO-AIR<br />

DESCRIZIONEPRODOTTO<br />

Filtro a maniche per la filtrazione e relativa<br />

separazionedipolverimedie,finieimpalpabili.<br />

L’ariapolverosavieneimmessaaldisottodelle<br />

maniche filtranti attraverso la bocca collegata<br />

alla tramoggia o tramite<br />

camera di calma.<br />

La polvere precipita<br />

nel contenitore<br />

di raccolta per la<br />

diminuzione della<br />

velocitàevieneconvogliataallemaniche<br />

filtranti. Le impurità<br />

si depositano nella<br />

tramoggia di raccolta<br />

durante il passaggio<br />

dall’esterno all’interno.<br />

Durante il<br />

lavoro, il filtro viene<br />

mantenuto in efficienzaattraversoun<br />

sistema di pulizia ci­<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

CARATTERISTICHETECNICHE<br />

Il software è sviluppato in ambiente grafico e<br />

permettedigestireinmodalitàintegrata:<br />

l anagrafica produttori, trasportatori, destinatarieintermediari;<br />

l tabellacatalogoeuropeorifiuti(CER);<br />

l tabellacomuniitaliani;<br />

l gestione movimentazione di carico/scarico<br />

deirifiutiprodotti;<br />

l stampamovimentiancoraapertiperordini<br />

diritiro;<br />

l stampa frontespizio del registro di carico/<br />

scarico;<br />

l stampadelregistrodicarico/scarico;<br />

l ricerche su qualsiasi campo degli archivi<br />

presenti;<br />

l stampe completamente personalizzabili su<br />

archividimaggiorinteresse;<br />

l stampaformulari;<br />

l stampaordinidiritiro;<br />

l stamperiepilogativeecompilazioneMUD.<br />

FILTROAMANICHE<br />

clica in controcorrente. Un getto d’aria compressa,<br />

programmato da un’apparecchiatura<br />

elettronica in controcorrente, viene iniettato<br />

all’internodellemanichedaunaretediugelli.<br />

CARATTERISTICHETECNICHE<br />

l filtrocompletodigambedisostegno,portello/id’ispezioneebidone/idiraccoltapolveri;<br />

l manichefiltrantiintessuto,calzatesucestelli<br />

metallicizincatioverniciati;<br />

l programmatore ciclico con regolatore di<br />

tempo,pausaepulizia,ledluminosidicontrollo,polmonediaccumuloariacompressacon<br />

scaricocondensaemanometrodipressione,<br />

elettrovalvolepressofuseconpilotaelettrico<br />

di consenso, iniettori e venturi in materiale<br />

plasticoo,arichiesta,totalmentemetallico;<br />

l involucroesternoinpannellipressopiegatie<br />

verniciati;<br />

l tramoggia con coclea di estrazione per lo<br />

scaricoincontinuodelmaterialefiltrato;<br />

l valvola stellare per rendere ermetici i passaggiduranteloscarico(opzionale);<br />

l scala alla marinara e pensilina (opzionale),<br />

perl’accessoallapartesuperioredelfiltro;<br />

ATTIVITÀAZIENDA<br />

Realizzazionedisoftwareeconsulenzespecificheperilsettoreambientale.<br />

AZIENDAPRODUTTRICE<br />

ECOSOFT Srl<br />

viadell’Artigianato,6<br />

22060MirabellodiCantù(CO)­Italy<br />

Tel.+39031­7370155<br />

Fax+39031­7370122<br />

www.ecochim.it<br />

ecosoft@ecochim.it<br />

l ballatoioperl’accessoalcorpocentraledel<br />

filtroperilcontrollodellabatteriafiltrante.<br />

CERTIFICAZIONI<br />

Sistema di gestione ambientale UNI EN ISO<br />

14001:2004esistemadigestioneperlaqualitàUNIENISO9001:2000.Prodotticertificati<br />

ATEX94/9/CE.<br />

ATTIVITÀAZIENDA<br />

Produzionediunitàfiltranti,componentiesistemiperimpiantididepurazionedell’ariaper<br />

applicazioni nei settori alimentare, chimico,<br />

farmaceutico, nucleare, minerale meccanico,<br />

legno,riciclaggioetc.<br />

AZIENDAPRODUTTRICE<br />

TAMA Spa “<strong>Tecnologie</strong> Avanzate MiglioramentoAmbientale”<br />

viadell’Industria,11<br />

38012Mollaro(TN)­Italy<br />

Tel+390463­461700<br />

Fax+390463­461798<br />

www.tama.eu<br />

info@tama.it<br />

101


SEPARATOREDIMETALLI<br />

ProSort<br />

DESCRIZIONEPRODOTTO<br />

Sistemadismistamentodeimetalliperilrecupero<br />

di materiali ferrosi e non ferrosi, che<br />

implementaunnastrotrasportatoretradizionale<br />

e sensori per la rilevazione del metallo.<br />

Automobili danneggiate, elettrodomestici e<br />

altri rifiuti vengono trasportati da un vibrovaglio<br />

a un nastro trasportatore. I sensori posizionati<br />

sotto il nastro rilevano i frammenti di<br />

metallo presenti e li spingono in un apposito<br />

filtrotramitepaleelettromagnetichemotorizzate,<br />

larghe circa 5 cm posizionate fianco a<br />

fiancoinunafilalargaquantoilnastrotrasportatore,mentreilrestodelmaterialecadeunavoltagiuntoallafinedelnastro.Quandoisensoririlevanounframmentodimetallosulnastro,<br />

il circuito di controllo mette in moto la<br />

palettaadattanelmomentoincuiilmetalloè<br />

intransito,deviandolodalflussodeiprodotti.<br />

CARATTERISTICHETECNICHE<br />

l velocità del nastro trasportatore: circa<br />

AuroTHERM<br />

DESCRIZIONEPRODOTTO<br />

Collettore piano sottovetro antireflex con<br />

strato di isolamento omogeneo sui lati e sul<br />

fondo.Ilsistemaaenergiasolareèabbinabile<br />

siaabollitoriadaccumuloVaillantVIHScheal<br />

bollitore tank in tank auroSTOR VPSC 700,<br />

perilriscaldamentoausiliarioelaproduzione<br />

diacquacaldasanitaria.Puòfunzionarecome<br />

unacentraledelcalorecondiversisistemisolari<br />

(a tubi sottovuoto e piani sottovetro) e<br />

con vari tipi di caldaie (a gas predisposta per<br />

l’allacciamento, olio combustibile o a combustibili<br />

solidi). Per l’integrazione del riscaldamentodiimpiantiapannelliradiantifinoa300<br />

m 2 ,èpossibileabbinareunpuffermonovalente<br />

Vaillant VPS S (con capacità di 500,<br />

750,1000 l), con produzione di acqua calda<br />

sanitariagrazieadunastazionesanitariadedicatada25e40l/min.Laflessibilitàdelsistema<br />

ègarantitadallacentralinamultifunzione,peril<br />

controllodeicollettori,degliaccumulatoriso­<br />

152,4m/min;<br />

l motoretrifasea460volts/60<br />

Hz;<br />

l operazioni elettromagnetiche<br />

per oltre 60 milioni<br />

dicicli;<br />

l modalitàdiseparazioneper<br />

differentimetalli,ancheacciaioinox;<br />

l operatività anche in condizioni atmosfericheestreme;<br />

l ridotti costi di funzionamento e manutenzione;<br />

l ridottaproduzionediscarti.<br />

CERTIFICAZIONI<br />

I processi produttivi sono sottoposti al controllodiqualitàdell’ASQC(AmericanSociety<br />

forQualitàControl).<br />

ATTIVITÀAZIENDA<br />

Progettazione,sviluppoeproduzionedivibrovagli,<br />

separatori magnetici, metal detector, apparecchiaraggiXedispositiviperl’alimentazione,ilmonitoraggio,latrasmissioneeilcontrollo<br />

TECNOLOGIE & PRODOTTI<br />

COLLETTOREPIANOSOTTOVETROANTIREFLEX<br />

lariedellecaldaie.Ilpannellopuòessereinstallatosultettopiano,sopralafaldaoanchenel<br />

tettostesso,alpostodelletegoledicopertura.<br />

CARATTERISTICHETECNICHE<br />

l peso:43Kg;<br />

l dimensioni:1930x<br />

1160x100mm;<br />

l assorbitoreconcapacità<br />

di captazione<br />

della radiazione<br />

solareparial96%;<br />

l strati di vetro con<br />

riflessione o assorbimentoparial4%dellaradiazionesolare;<br />

l resa solare: 525<br />

kW/m 2 ;<br />

l stratoisolantedilanamineraleesente<br />

da CFC (sp. 60<br />

mm).<br />

dei processi nelle industrie metallurgiche, minerarie,<br />

di imballaggio, riciclaggio e tessili. Produzioneedistribuzionedeiprodottiattraverso<br />

11stabilimentidislocatisui5continenti.<br />

AZIENDAPRODUTTRICE<br />

ERIEZMANUFACTURING<br />

SedePrincipale:<br />

2200AsburyRoad–<br />

10608Erie(Pensilavnia)–U.S.A..<br />

Tel.814/835­6000<br />

Fax:814/833­3348<br />

www.eriez.com<br />

eriez@eriez.com<br />

CERTIFICAZIONI<br />

Prodotto conforme alla DIN EN<br />

12975­2:2001,certificatodall’ISFH(Institutfür<br />

SolarenergieforschungGmbH).<br />

ATTIVITÀAZIENDA<br />

Progettazione, produzione e<br />

commercializzazionediprodotti<br />

per il riscaldamento; sistemi solari<br />

e climatizzatori; pompe di<br />

caloregeotermicheesistemifotovoltaici.<br />

AZIENDAPRODUTTRICE<br />

Filialeitaliana<br />

VaillantSaunierDuvalItalia<br />

viaBenignoCrespi,70<br />

20159Milano(MI)–Italy<br />

Tel+3902­697121<br />

Fax+3902­69712200<br />

www.vaillant.it<br />

info.italia@vaillant.de<br />

102 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com


TECNOLOGIE & PRODOTTI<br />

CABINADIMONITORAGGIO<br />

DELLAQUALITÀDELLEACQUE<br />

CE4<br />

DESCRIZIONEPRODOTTO<br />

Sistema integrato di strumenti di misura in<br />

continuoecampionamentoautomaticoperil<br />

controllo della qualità delle acque sia reflue<br />

chesuperficialilegateallatutelaambientale.È<br />

possibile selezionare le misure analitiche secondo<br />

le specifiche necessità tra pH, Redox,<br />

Conducibilità, Torbidità, Ossigeno disciolto,<br />

cloro,SostanzeorganicheeNitrati.Lapompa<br />

di prelievo e il campionatore automatico garantiscono<br />

il campione più rappresentativo<br />

del reale inquinamento presente. I dati misurati<br />

vengono memorizzati da un registratore<br />

videograficoinlocale,mentrepervisualizzare<br />

e gestire da remoto tutte le informazioni è<br />

disponibileunaRTUconGSMoEthernet.<br />

CARATTERISTICHETECNICHE<br />

l strutturadelbox:AISI304H,doppiaparete<br />

concoibentazionePUCO2espanso,scaldigliatermostatata,compressoreariapergestionevalvoleecampionatoreautomatico;<br />

l dimensioni e peso: 1700x1900x750 mm<br />

(lxhxp),400kg;<br />

CARMANAH<br />

DESCRIZIONEPRODOTTO<br />

Fanaleperlasegnalazionemarinaaledalimentatoadenergiasolare.L’integrazionedipannellosolare,batteriealpiombo,elettronicadigestioneesorgente<br />

luminosa a led in un compattoerobustomonoblocco<br />

rendonoilfanaleadattoa<br />

lavorare in condizioni<br />

estreme quali quelle marine.Èstudiatoperlasegnalazioneluminosadicanalidi<br />

ingresso porti, vie lagunari<br />

dinavigazione,infrastrutture<br />

olio e gas offshore,<br />

zone interdette alla navigazione,<br />

boe di istituti<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

l circuito idraulico: tubazione<br />

di PVC, collegamentidisilicone;<br />

l pompa di prelievo generale:<br />

peristaltica o<br />

centrifuga;<br />

l centralineeregistratore:<br />

da retroquadro, installati nella sezioneelettronicasuperiore;<br />

l pulizia elettrodi: automatica con<br />

acquadirete;<br />

l consumi:1500W;<br />

l protezione:IP65;<br />

l temperaturaepressione:da­20a+40°C,<br />

6barmax;<br />

CERTIFICAZIONI<br />

L’azienda è certificata UNI EN ISO 9001. Gli<br />

strumentidimisurasonoconformialledirettiveIEC60529,EN/IEC61326,IEC60204­1e<br />

EMC/89/336­x.<br />

ATTIVITÀAZIENDA<br />

Progettazione,produzioneecommercializzazionedistrumentidimisuraperliquidiesistemi<br />

di automazione/telecontrollo in campo<br />

ambientale e nei processi industriali. Servizio<br />

di assistenza post vendita con possibilità di<br />

contrattidimanutenzionepreventiviofull­risk<br />

ancheperlunghiperiodi.<br />

AZIENDAPRODUTTRICE<br />

ENDRESS+HAUSERItaliaS.p.a.<br />

SocietàUnipersonale<br />

viaDonatCattin,2/a<br />

20063CernuscosulNaviglio(MI)–Italy<br />

Tel+3902­921921<br />

Fax+3902­92107153<br />

www.it.endress.com<br />

info@it.endress.com<br />

FANALEMARINOADENERGIASOLARE<br />

di ricerca e di navigazione, parchi marittimi<br />

protettiepontili.<br />

CARATTERISTICHETECNICHE<br />

l lucegeneratadaLedultraluminosi;<br />

l costruzione in policarbonato<br />

e/oalluminio;<br />

l celle solari inglobate in resina<br />

poliuretanicaresistenteai<br />

raggiUV;<br />

l disponibile in 4 modelli<br />

perunrangediportatada<br />

1a4miglianautiche;<br />

l autonomia di funzionamentoinassenzadiricarica:oltre10giorni;<br />

l vitaattesaprimadella<br />

sostituzione e/o manutenzione:5anni.<br />

CERTIFICAZIONI<br />

CertificazioneCEeISO9001:2000.<br />

ATTIVITÀAZIENDA<br />

Produzione di dispositivi per il segnalamento<br />

luminoso. Produzione e installazione di impiantisolarifotovoltaici.<br />

COSTO<br />

Da225€a3600€asecondadelmodello.<br />

AZIENDAPRODUTTRICE<br />

CarmanahTechnologiesCorp.<br />

www.solarmarinelights.com<br />

DistributoreinItalia<br />

HELIANTSrl<br />

ViaTripoli,12­10095Grugliasco(TO)<br />

Tel+390117709014<br />

Fax+390117709016<br />

www.heliant.it<br />

103


PANNELLIDISFOGO<br />

DonadonPS/RePS/C<br />

DESCRIZIONE PRODOTTO<br />

I pannelli di sfogo PS/R (rettangolare) e PS/C<br />

(circolare) sono elementi compositi a tensione<br />

formati da tre parti: sezione metallica tarata;<br />

membrana di tenuta (normalmente in<br />

PTFE, ma disponibile in un’ampia gamma di<br />

materiali); fondello di protezione. Sono adatti<br />

per servizio con gas in condizioni statiche,<br />

pulsanti e cicliche, e sono prevalentemente<br />

montati su collettori di polveri, essiccatori, canali,<br />

silos, separatori, miscelatori, elevatori, depuratori<br />

d’aria e setacci. Normalmente hanno<br />

pressione di sfogo e/o depressione molto basse<br />

e possono essere forniti di supporto per il<br />

vuoto. Il loro montaggio può avvenire tra intelaiature<br />

saldate con profili non lavorati di acciaio<br />

al carbonio o acciaio inossidabile. Non sono<br />

necessari intelaiature lavorate a macchina o<br />

particolari contenitori.<br />

CARATTERISTICHE TECNICHE<br />

l materiali: acciaio inossidabile, alluminio, nichel,<br />

hastelloy, inconel, monel;<br />

MUPAN285K<br />

DESCRIZIONE PRODOTTO<br />

Pannello autoportante tutt’altezza di lana di vetrochepermettediridurreiconsumienergetici<br />

per il riscaldamento e il condizionamento degli<br />

edifici, diminuendo allo stesso tempo i costi<br />

relativi ed assicurando l’isolamento acustico. Le<br />

nuove dimensioni a tutt’altezza (2,85 m) e il<br />

pretaglio longitudinale a 60 cm, contribuiscono<br />

a velocizzare il tempo di messa in opera e ad<br />

evitare la formazione di ponti termici e acustici.<br />

CARATTERISTICHE TECNICHE<br />

Pannello in lana di vetro non idrofilo trattato<br />

con speciale legante a base di resine termoindurenti.<br />

È rivestito su una faccia con carta kraft<br />

bitumata con funzione di freno al vapore e<br />

sull’altra con un velo di vetro. I parametri di<br />

isolamento acustico e termico sono conformi<br />

al DPCM 5/12/’97 ed al DLGS 311.<br />

l conduttività termica dichiarata alla tem­<br />

l membrana:<br />

PTFE, FEP, mylar, acciaio<br />

inossidabile, alluminio;<br />

l dimensioni: PS/R da 300x300 mm a<br />

1120x1750 mm; PS/R da 250 mm a 1100<br />

mm (diametro);<br />

l pressione di rottura: 0,05 – 0,5 bar g;<br />

l tolleranza: da +/­ 10 % a +/­ 20% secondo<br />

la pressione di rottura;<br />

l temperatura di esercizio: fino a 315 °C;<br />

l margine operativo 50 ­ 70 %;<br />

l frammentazione: no (solo membrana);<br />

l resistenza a corrosione: buona (può essere<br />

protetto con membrana.<br />

CERTIFICAZIONI<br />

UNI EN ISO 9001­2000; Direttiva Europea<br />

97/23/CE (PED); Direttiva Europea 94/9/CE<br />

(ATEX).<br />

ATTIVITÀ AZIENDA<br />

L’azienda è specializzata nella protezione degli<br />

impianti dalle variazioni di pressione che potrebbero<br />

comprometterne la sicurezza. I pannelli<br />

di sfogo prodotti sono certificati ATEX<br />

PANNELLOISOLANTE<br />

peratura di 10°C : = 0,036 W/mK;<br />

l resistenza termica R dichiarata alla temperatura<br />

media di 10°C : Spessore (mm)<br />

50/60/80/100 = R<br />

(m²K/W)<br />

1,35/1,65/2,20/2,75;<br />

l potere fonoisolante<br />

con parete di mattoni<br />

forati 8+8 dello spessore<br />

di 60 mm:<br />

RW=57(dB);<br />

l euroclasse: F (secondo<br />

metodo di prova<br />

EN 13501­1).<br />

CERTIFICAZIONI<br />

Prodotto conforme alla<br />

Direttiva 89/106/CE recepita<br />

dal DPR 246 del<br />

21/4/1993 in base alle<br />

norme EN 13162 come<br />

da certificati M304 e<br />

TECNOLOGIE & PRODOTTI<br />

per la protezione di filtri, silos ed altri impianti<br />

per polveri con rischio di esplosione. La gamma<br />

di produzione include anche: dischi di rottura<br />

in AISI 316, leghe speciali e grafite certificati<br />

PED per bassa pressione (modello LPD),<br />

progettati per proteggere serbatoi di stoccaggio<br />

o processo, cisterne e silos; segnalatori di<br />

rottura anche per ambienti con atmosfera<br />

esplosiva e con certificazione ATEX.<br />

AZIENDA PRODUTTRICE<br />

DONADON SDD Srl<br />

Via Godetti, 18 ­ 20019 Settimo Milanese (MI)<br />

­ Italy<br />

Tel. +39 02­3284043<br />

fax. +39 02­3284831<br />

www.donadonsdd.com<br />

donadonsdd@donadonsdd.com<br />

M316 rilasciato da BVQI (accreditamento nr.<br />

7014). L’azienda è certificata ISO 9001, ISO<br />

14001 e ha ricevuto l’attestato di convalida<br />

relativo al Protocollo di Kyoto per<br />

la mitigazione dei cambiamenti climatici.<br />

ATTIVITÀ AZIENDA<br />

Produzione di isolanti termoacustici<br />

a marchio Isover e di materiali impermeabilizzantiamarchioBituver.<br />

COSTO<br />

Da € 8,35/m 2 .<br />

AZIENDA PRODUTTRICE<br />

Saint­Gobain ISOVER ITALIA Spa<br />

SERVIZIO CLIENTI ISOVER<br />

Via G. Donizetti, 32/34 ­ 24043<br />

Vidalengo di Caravaggio (BG)<br />

Tel +39 0363 318 268<br />

Fax +39 0363 318 337<br />

www.isover.it<br />

104 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com


TECNOLOGIE & PRODOTTI<br />

CARRELLOTERMICOIBRIDO<br />

RX70<br />

DESCRIZIONEPRODOTTO<br />

LaserieRX70dicarrellielevatoritermicicon<br />

tecnologia ibrida si distingue per un consumo<br />

di carburante di soli 2,5 l/h (misurato sul modelloconportata2,5tonnellatesecondoVDI<br />

2198nuovaedizione,ovvero60ciclidilavoro<br />

perogniora)eperlariduzionedell’emissione<br />

dibiossidodicarbonio(soli6,4kgdiCO2per<br />

ognioradilavoro).L’innovativosistemaditrazionecontecnologiaibridaconsistediunmotoretermicoacombustione(dieselogpl)cheazionaungeneratorediunimpiantoelettronico<br />

di comando intelligente e di un motore<br />

elettrico.Latrasmissionedellapotenzaavviene<br />

esclusivamente senza contatto attraverso un<br />

campomagnetico:inquestomodononvisonoattritieusuraconunasensibileriduzionedei<br />

consumidelcarburanteedeicostidiassistenza.<br />

CARATTERISTICHETECNICHE<br />

l motoreindustrialeVolkswagen;<br />

l sistemaidraulicoconpompadiregolazione<br />

Rutland503<br />

<strong>Tecnologie</strong>&<strong>Soluzio</strong>ni<br />

perunmiglioreusodell’olioidraulico(sistemadisollevamentoesterzo);<br />

l gestione intelligente della trazione con regolazioneottimizzata;<br />

l altezzaacastelloabbassato:2175mm;<br />

l lunghezzatotale:3570mm;<br />

l sollevamentolibero:160mm;<br />

l sollevamento:3020mm;<br />

l forche:larghezza100mm;spessore40mm;<br />

lunghezza1000mm;<br />

l carreggiata anteriore: 920<br />

mm;<br />

l ruoteanteriorimotrici;<br />

l maggioresilenziosità.<br />

ATTIVITÀAZIENDA<br />

L’azienda, leader nella fornitura<br />

disoluzioniperlalogisticaintegrata,sidedicadaanniallostudiodiunsistemaditrazioneconcellecombustibilinoninquinanti<br />

per carrelli e trattori con<br />

l’obiettivo di sviluppare e proporre<br />

soluzioni tecnologiche<br />

DESCRIZIONEPRODOTTO<br />

Innovativogeneratoreeolicocheapplica,inpiccolascala,latecnologia<br />

sviluppataperigrandiimpiantieolici.Ilgeneratoreèstatosviluppatoper<br />

fornire energia elettrica alle imbarcazioni più piccole che hanno delle<br />

batteriedicirca100Ah,mapuòessereinstallatoanchenelleabitazioni<br />

per caricare batterie, accumulando così energia<br />

elettrica. Il Rutland 503 è ideale nei siti a limitata<br />

ventosità,poichégeneraenergiaabassissimevelocitàdelvento.DeveesserenecessariamenteabbinatoalregolatoredicaricaSR60,oppurealcontrollore<br />

RWS60 per poter gestire la carica degli<br />

accumulatori.Labobinadellostatoreèincapsulata<br />

infibradivetroperevitareildeterioramentodello<br />

statorestesso.<br />

CARATTERISTICHETECNICHE<br />

l diametrorotore:0,51m;<br />

l peso:3,5kg;<br />

l velocitàdelventominima:3m/s;<br />

l correnteerogata:5A(subatteria12V);<br />

l potenzadiuscitamax:60W;<br />

GENERATOREMINI-EOLICO<br />

cheaiutinoefficacementearisparmiareenergia,afavoredell’ambienteedeipropriclienti.<br />

AZIENDAPRODUTTRICE<br />

STILLITALIASpa<br />

CorsoItalia,5­20020Lainate(MI)­Italy<br />

Tel.+3902­93576330<br />

fax.+3902­93570418<br />

www.still.it<br />

info@still.it<br />

l paleinmaterialeplasticoprotettedaunanelloesternoecorpodel<br />

generatoreinacciaioverniciato;<br />

l batterieconsigliate:liquidoelettrolita;<br />

l protezionedasovraccaricabatteriaedafortiraffichedivento;<br />

l assenzadimanutenzioneeminimarumorosità.<br />

CERTIFICAZIONI<br />

ConformeconladirettivaEEC89/336/EEC.<br />

ATTIVITÀAZIENDA<br />

Distribuzione,progettazione,consulenza,formazioneedinformazionepercomponentieimpiantifotovoltaici<br />

e mini­eolici sia stand­alone che grid­connected.L’aziendaèmembrodiAssosolare(AssociazioneNazionaledell’IndustriaSolareFotovoltaica).<br />

AZIENDAPRODUTTRICE<br />

VPSOLAR<br />

ViaFeltrina,3­31035CrocettadelMontello(TV)<br />

Tel+390423830830<br />

Fax+390423639610<br />

www.vpsolar.com<br />

info@vpsolar.com<br />

105


SISTEMADIBLINDAGGIOLEGGERO<br />

Box“Sicuro”<br />

DESCRIZIONE PRODOTTO<br />

Sistema costituito da due pannelli di acciaio<br />

contrastati da distanziatori telescopici, per garantire<br />

la massima sicurezza agli operatori durante<br />

i lavori all’interno di scavi in trincea.<br />

Il box viene messo in opera già assemblato con<br />

l’ausilio di mezzi di sollevamento di media potenza<br />

come terne e miniescavatori. Le fasi di<br />

lavoro prevedono il posizionamento all’interno<br />

dello scavo del box completo, premontato<br />

precedentemente una volta eseguita la sezione<br />

di scavo desiderata. Ultimato l’intervento<br />

degli operatori all’interno del box, si procede<br />

con lo scavo in linea e la successiva traslazione<br />

di tutto l’elemento, oppure il recupero dopo<br />

aver provveduto al reinterro dello scavo.<br />

CARATTERISTICHE TECNICHE<br />

Blindaggio leggero nel formato base da 3 m di<br />

lunghezza per 2 m di altezza e larghezze variabili<br />

da 0,75 a 2,15 m. Può essere abbinato a<br />

pannelli di sopraelevazione per scavi fino a<br />

3,20 m di profondità, garantendo comunque<br />

CoverRock035<br />

Pannello rigido di lana di roccia a doppia densità<br />

specifico per sistemi termoisolanti a cappotto.<br />

Lo strato superficiale esterno ad alta densità<br />

assicura un’aderenza ottimale dell’intonaco<br />

ed una massellatura più semplice, oltre ad un<br />

una tenuta alla pressione dello scavo di 2250<br />

daN/m 2 .<br />

CERTIFICAZIONI<br />

I sistemi di ponteggi e casseforme sono collaudati<br />

singolarmente secondo le procedure previste<br />

dalla Certificazione di Qualità ISO 9001. I<br />

processi di saldatura sono certificati da IIS (Istituto<br />

Italiano di Saldatura) secondo le norme<br />

UNI EN ISO 15614­1.<br />

ATTIVITÀ AZIENDA<br />

Produzione di ponteggi, casseforme e attrezzature<br />

per i comparti edili, stradali, grandi opere,<br />

restauri e manutenzioni, spettacolo. Progettazione<br />

e assistenza in tutte le problematiche<br />

legate alle attrezzature in cantiere.<br />

AZIENDA PRODUTTRICE<br />

PILOSIO S.p.a.<br />

via E. Fermi, 45<br />

33010Tavagnacco­Fraz.F.Umberto(UD)­Italy<br />

Tel. +39 0432­435311<br />

Fax +39 0432­570474<br />

www.pilosio.com<br />

PANNELLODILANADIROCCIA<br />

buon comportamento meccanico; la densità<br />

della parte interna ­ a contatto con la parete ­<br />

è inferiore per massimizzare le performance<br />

termiche del pannello. La particolare struttura<br />

a celle aperte della lana di roccia di cui è<br />

costituito ne fa un prodotto traspirante e al<br />

contempo fonoassorbente, caratteristiche<br />

essenziali per ottenere spazi abitativi<br />

confortevoli.<br />

CARATTERISTICHE TECNICHE<br />

l conducibilità termica λ=0,036 W/mK;<br />

l comportamento al fuoco: Euroclasse<br />

A1 (EN 13501­1);<br />

l resistenza alla diffusione di vapore acqueo<br />

μ =1,4;<br />

l spessore: da 60 mm a 180 mm;<br />

l lunghezza: 800 mm;<br />

l larghezza: 625 mm;<br />

l test acustici effettuati presso l’Istituto<br />

Giordano di Bellaria.<br />

TECNOLOGIE & PRODOTTI<br />

ATTIVITÀ AZIENDA<br />

Produttore di lana di roccia che opera in Italia<br />

dal 1988 nel mercato dell’isolamento termico<br />

ed acustico, con una vasta gamma di prodotti<br />

(pannelli, feltri, coppelle) destinati all’edilizia.<br />

L’azienda offre diverse soluzioni: da pannelli in<br />

lana di roccia specifici per la posa in intercapedine<br />

e in controparete fino a prodotti studiati<br />

appositamente per la realizzazione di facciate<br />

ventilate, di sistemi a “cappotto” e di tetti coibentati<br />

(coperture piane, coperture a falde ­<br />

coperture inclinate ventilate e non ­isolamento<br />

in intradosso, estradosso e di ultimo solaio).<br />

AZIENDA PRODUTTRICE<br />

Rockwool Italia Spa<br />

Via Londonio, 2 ­ 20154 Milano (MI) – Italy<br />

Tel. +39 02­346131<br />

Fax +39 02­34613321<br />

www.rockwool.it<br />

inforockwool@rockwool.it<br />

106 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com

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