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GHIRARDO DAVID DEGRASSI fisiopatologia ... - AppuntiMed

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Chirurgia Toracica – Ghirardo, David, Degrassi 1<br />

CANCRO DEL POLMONE<br />

È una patologia altamente frequente (in termini di prevalenza e incidenza) a prognosi infausta. Una delle<br />

prime cause di morte in Italia.<br />

EPIDEMIOLOGIA<br />

La prevalenza è maggiore nella popolazione maschile anche se l’incidenza nella donne è aumentata negli<br />

ultimi anni (10:1 > 5:1 > … probabilmente per l’aumentata esposizione al principale fattore di rischio: il<br />

fumo di sigaretta = presente nel 90 % dei casi di cancro al polmone). Insorge tra la sesta e l’ottava decade,<br />

l’incidenza è di 80 nuovi casi ogni anno su 100.000 abitanti nel UK.<br />

EZIOLOGIA<br />

1. ESPOSIZIONE A FATTORI DI RISCHIO AMBIENTALI E PROFESSIONALI:<br />

FUMO (tuttavia non tutti i fumatori, a parità di esposizione, sviluppano un cancro del polmone in<br />

virtù di una maggior predisposizione genetica) =<br />

o INSULTO TERMICO;<br />

o AZIONE DELLE SOSTANZE CANCEROGENE;<br />

INQUINAMENTO;<br />

ASBESTO (mesotelioma e cancro polmonare), CROMO, NICHEL, ARSENICO, SILICE, RADIAZIONI<br />

IONIZZANTI (URANIO E RADON) = meno del 10 % dei CA del polmone.<br />

2. FLOGOSI CRONICHE DEL PARENCHIMA POLMONARE AD EVOLUZIONE SCLEROTIZZANTE (SILICOSI, TBC<br />

POLMONARE = CANCRO SU CICATRICE).<br />

3. PREDDISPOSIONE GENICA = FAMILIARITÀ [i pazienti con familiarità risultano esposti ad un rischio più<br />

elevato rispetto alla popolazione normale, esiste un’associazione tra carcinoma del polmone e<br />

carcinoma laringeo (testa-collo), spesso nei pazienti giudicati guariti dopo l’intervento chirurgico per CP<br />

sviluppano una nuova neoplasia nel parenchima residuo completamente estranea alla precedente].<br />

FATTORI SUGGESTIVI PER LA MALIGNITÀ DELLA LESIONE (ALGORITMO PER IL CALCOLO DEL RISCHIO)<br />

RISCHIO GENERICO (cioè di una popolazione<br />

senza particolari fattori di rischio).<br />

ETÀ;<br />

FUMO;<br />

FAMILIARITÀ<br />

EMOTTISI PREGRESSE.<br />

PREGRESSE NEOPLASIE MALIGNE.<br />

DIMENSIONI DELLA LESIONE.<br />

COLLOCAZIONE DELLA LESIONE<br />

(PIÙ FREQUENTEMENTE TRA I LOBI SUPERIORI A<br />

DX).<br />

CARATTERISTICHE DI MARGINI E SUPERFICIE.<br />

CARATTERISTICHE E VELOCITÀ DI CRESCITA.<br />

SPESSORE DELLA PARETE DI UNA LESIONE<br />

ASCESSUATA SOSPETTA.<br />

CALCIFICAZIONI.<br />

ESITO DELLA PET.<br />

La clinica fa uso di un particolare algoritmo che, considerando i fattori elencati, calcola con una discreta<br />

affidabilità un valore in percentuale espressione della probabilità che la lesione osservata con le tecniche di<br />

imaging sia una lesione maligna. Questa metodologia è utile anche dal punto di vista legale per tutelare il<br />

medico in merito alle scelte che deriveranno da questa valutazione. Tuttavia è bene ricordare che l’unico<br />

modo per eseguire una diagnosi certa di cancro del polmone è esclusivamente l’esame istologico.<br />

CARATTERITICHE ANATOMOPATOLOGICHE MACROSCOPICHE GENERALI<br />

Il cancro del polmone inizia sempre dal epitelio bronchiale.<br />

Consistenza dura fibrosa, compatta o parzialmente colliquata.<br />

Accrescimento vegetante endobronchiale.<br />

Infiltrazione della parete bronchiale (mucosa e cartilagine) e del parenchima polmonare.


Chirurgia Toracica – Ghirardo, David, Degrassi 2<br />

Margini irregolari (splcole e lobulazione) e limiti indistinti verso il parenchima circostante che appare<br />

infiltrato.<br />

Colorito bianco grigiastro con aree di necrosi o di emorragia nel suo contesto (diverso in base al tipo<br />

e alla crescita).<br />

CLASSIFICAZIONI<br />

CLASSIFICAZIONE IN BASE ALLA SEDE<br />

Rispetto all’ilo polmonare = danno sintomatologie diverse:<br />

mediali o ilari o dei bronchi principali (dei grossi bronchi);<br />

intermedi o dei medi bronchi;<br />

periferici o dei piccoli bronchi.<br />

CLASSIFICAZIONE ISTOLOGICA<br />

Cancro a Small cell o microcitoma polmonare SCLC (Small Cell Lung Cancer):<br />

SENSIBILE ALLA CHEMIOTERAPIA<br />

Il carcinoma polmonare a piccole cellule è un tumore estremamente maligno, con elevatissima mortalità e<br />

che si sviluppa in un contesto patogenetico molecolare differente rispetto ai NSCLC; può essere definito<br />

come l'estremo maligno della linea dei tumori che originano dalle cellule neuroendocrine (carcinoidi tipici e<br />

atipici) e il cancro più aggressivo tra quelli che colpiscono il polmone. La malignità tipica di questi tumori<br />

viene giustificata dal decorso clinico estremamente rapido, dalla precocissima capacità di metastatizzare e<br />

all'associazione con sindromi paraneoplastiche. Presenta le seguenti caratteristiche:<br />

o mostra cellule piccole simili a linfociti;<br />

o forma ammassi solidi con poco stroma;<br />

o periferico;<br />

o escava ed esfolia;<br />

o metastasi linfonodali (es. carenali), metastasi a distanza e nell’ambito dello stesso polmone (invasione<br />

distrettuale), le metastasi linfonodali assumono dimensioni maggiori rispetto al tumore primario;<br />

o più frequente negli uomini di mezz’età, fumatori, costituisce il 10 – 15 % di tutti i cancri del polmone.<br />

Cancro di tipo Non Small Cell NSCLC<br />

NON SENSIBILI ALLA CHEMIOTERAPIA<br />

All'interno degli NSCLC si possono distinguere diversi sottotipi istologici, tra i quali:<br />

carcinoma a cellule spinose o carcinoma spinocellulare =<br />

o è un tumore maligno prevalentemente centrale che origina della cellule basali dell'epitelio dei<br />

bronchi di grosso e medio calibro, predilige i lobi polmonari superiori;<br />

o inizia con un’alterazione displastica a carico dell’epitelio dei bronchi;<br />

o cellule con citoplasma abbondante, cheratinizzazione = perle cornee (metaplasia squamosa);<br />

o assenza dei lumi ghiandolari;<br />

o con lenta crescita;<br />

o è la forma più strettamente associata al fumo di sigaretta;<br />

o metastasi per via linfatica ed ematica;<br />

o frequenza 45 – 80 % IL PIÙ FREQUENTE;<br />

adenocarcinoma polmonare =<br />

o morfologia cellulare estremamente variabile;<br />

o prevalentemente colpisce i bronchi periferici;<br />

o polilobato;<br />

o in grado di sovvertire la struttura del polmone;<br />

o mostra un epitelio pluristratificato di cellule cilindriche o piatte che si organizza come una ghiandola<br />

(ecco perché adenocarcinoma), possono trovarsi anche cellule con castone (Krukenberg);


Chirurgia Toracica – Ghirardo, David, Degrassi 3<br />

o non è distinguibile dagli altri adenocarcinomi;<br />

o può ascessualizzare in quanto l’albero vascolare non sostiene la vascolarizzazione;<br />

o metastatizza facilmente per via ematica e per via linfatica (ai linfonodi loco regionali = linfotropismo<br />

estremamente marcato, i linfonodi appaiono fusi a pacchetto);<br />

o frequenza 30 – 50 %;<br />

carcinoma bronchioloalveolare (sottotipo dell’adenocarcinoma polmonare) =<br />

o nasce dagli alveoli e diffonde tappezzando la parete alveolare, risultando non strettamente invasivo;<br />

o ha un decorso clinico spesso ASINTOMATICO;<br />

o aspetto “a vetro smerigliato” (TC);<br />

o presenta un epitelio cubico/cilindrico che rispetta quello della mucosa che ha invaso;<br />

o diffonde attraverso i setti alveolari;<br />

o con un quadro radiologico simile alla polmonite = l’unico tipo di tumore polmonare che non altera<br />

l’architettura polmonare e in virtù di questo non è identificabile macroscopicamente (non visibile<br />

alla TC/PET);<br />

o frequenza 1 – 3 % (molto bassa);<br />

carcinoma polmonare a grandi cellule indifferenziato =<br />

o costituito da cellule grandi, con nucleo vacuoloso, nucleolo prominente, alto tasso proliferativo<br />

(all’esame istologici sono presenti numerose cellule con fuso mitotico), fortemente anaplastiche,<br />

citoplasma abbondante;<br />

o cellule riunite in ammassi senza lumi;<br />

o l’aggressività del tumore è proporzionale al grado di atipia e di indifferenziamento;<br />

o periferico;<br />

o “a palla” o ascessuato;<br />

o da metastasi per via ematico o linfatica nel 10 – 15 % dei casi.<br />

CANCRO DEL BRONCHI PRINCIPALI (ILARE)<br />

CARATTERISTICHE PECULIARI<br />

FORMA e CRESCITA: ovalare, vegetante endobronchiale e infiltrante il parenchima.<br />

MARGINI: margini irregolari = a lobulazione, si riscontrano ulteriori irregolarità di dimensioni minori<br />

sulla superficie = spicule o spicole; presenta infiltrazione (quando coinvolge strutte vicine).<br />

CARATTERISTICHE FUNZIONALI: lesione occupante spazio che origina lì, STENOSI PROGRESSIVA FINO<br />

AD OSTRUZIONE DEL BRONCO (ma impiega un certo tempo).<br />

SEGNI e SINTOMI CON CUI SI MANIFESTA<br />

Fase preostruttiva:<br />

tosse irritativa, stizzosa, secca = la presenza di corpi estranei o materiale che irrita la mucosa stimola<br />

il nervo vago evocando il riflesso della tosse; è una tosse cronica, continua e ingravesciente<br />

(diversamente dalla bronchite cronica che si presenta principalmente di mattina presto) perché<br />

l’ostruzione permane e aumenta;<br />

espettorato striato di sangue.<br />

Fase ostruttiva:<br />

wheezing;<br />

dispnea da carenza di O₂ ai tessuti = progressiva (da sforzo > a riposo), dovuta all’ostruzione delle vie<br />

aeree, in genere di un bronco principale (NOTA BENE = nei pz. con capacità vitale ridotta anche<br />

ostruzioni di bronchi più piccoli possono provocare dispnea), insorge in maniera diversa in base alle<br />

caratteristiche del paziente (età – condizioni del cuore e dell’apparato respiratorio – presenza di<br />

comorbidità);


Chirurgia Toracica – Ghirardo, David, Degrassi 4<br />

dispnea cardiogena = l’infiltrazione del pericardio porta alla formazione di un versamento nel<br />

pericardio che a sua volta provoca il tamponamento cardiaco con diminuzione della GC e minor<br />

apporto di O₂ ai tessuti (diminuisce anche la perfusione del circolo polmonare);<br />

emottisi/emoftoe = emorragia dovuta all’erosione di vasi preesistenti o frutto della neoangiogenesi,<br />

sono facili i fenomeni di sanguinamenti quando il cancro è infiltrante:<br />

o EMOFTOE ED EMOTTISI per i chirurghi sono la stessa cosa, è più importane conoscere l’entità<br />

dell’emorragia;<br />

o l’emottisi è sempre accompagnata dalla tosse;<br />

o se abbondante può portare a morte da soffocamento = asfissia.<br />

o c’è la possibilità che il sangue dalle vie respiratori passi nell’esofago e raggiunga lo stomaco dove<br />

viene digerito;<br />

o il problema principale è che si viene a creare un ostacolo al passaggio di aria nelle vie aeree, ne<br />

risente l’ossigenazione del sangue e di conseguenza l’apporto di ossigeno ai tessuti periferici;<br />

febbre.<br />

ALTRI SEGNI E SINTOMI ASSOCIATI:<br />

dolore = Il ca. del polmone può dare dolore quando infiltra la parete toracica, cioè quando infiltra la<br />

pleura PARIETALE (innervata da terminazioni dolorifiche), è un dolore persistente e ingravescente,<br />

che non si attenua somministrando banali antinfiammatori;<br />

cianosi negli stadi avanzati;<br />

compressione delle strutture adiacenti localizzate nel mediastino =<br />

o cuore;<br />

o esofago (disfagia);<br />

o trachea = è caratterizzata da dispnea con wheezing;<br />

o grossi vasi (es. compressione della vena cava superiore = provoca edema a mantellina, turgore<br />

delle giugulare che non si risolve sollevando gli arti superiori);<br />

o nervo vago = disfagia;<br />

o nervo frenico = dispnea da ipoventilazione (l’80% dell’espansione della gabbia toracica nella<br />

ventilazione è affidata all’azione del diaframma);<br />

o nervi ricorrenti = disfonia o afonia (generalmente dovuta non al tumore primario, ma a metastasi<br />

che interessano i linfonodi della finestra aorto-polmonare.<br />

DIAGNOSI DIFFERENZIALE<br />

Per effettuare DD tra la disfonia dovuta alla compressione esercitata da una massa neoplastica e la<br />

disfonia dovuta a forme infiammatorie (tracheiti, laringiti) si presta attenzione:<br />

• ai sintomi associati;<br />

• al contesto del pz. (es. individuo di sesso maschile, di età superiore ai 60 anni, fumatore = non<br />

fornisce la diagnosi, ma INDIRIZZA IL SOSPETTO DIAGNOSTICO);<br />

• se la disfonia si attenua somministrando una terapia con farmaci antinfiammatori = riducono la<br />

componente edematosa nelle forme infiammatorie, mentre non sortiscono alcun effetto se la<br />

disfonia è causata da una compressione di origine neoplastica;<br />

• tende ad avere un’evoluzione (come la dispnea), di pari passo con la crescita del tumore.<br />

POSSIBILI COMPLICANZE<br />

Ulcerazioni.<br />

Ascesso.<br />

Metastasi (più frequentemente a fegato, ossa, polmone contro laterale, linfonodi dell’ilo e<br />

mediastinici, linfonodi sopraclavicolari e cervello).


Chirurgia Toracica – Ghirardo, David, Degrassi 5<br />

CANCRO DEI PICCOLI BRONCHI<br />

CARATTERISTICHE PECULIARI<br />

CARATTERISTICHE FUNZIONALI: infiltrando la pleura viscerale tende a dare retrazioni sulla superficie<br />

del polmone, confondibili con incisure, ed eventualmente un versamento neoplastico.<br />

VISUALIZZAZIONE TRAMITE RX TORACE: è visibile una neoformazione con margine regolare,<br />

omogenea (RX torace è un esame sensibile ma non specifico = vede alterazione, ma non permette di<br />

distingue cosa sia).<br />

VISUALIZZAZIONE TRAMITE TC: è un esame più specifico, permette di visualizzare disomogeneità nel<br />

tessuto, irregolarità nei margini e sulla superficie di una lesione (spicole), trazioni della pleura<br />

viscerale, vasi linfatici embolizzati, presenza di pachi pleurite [l’OPACITÀ che risulta dalla TC può<br />

suggerire la presenza di un versamento; o di un addensamento del parenchima – es. ATELECTASIA].<br />

PACHIPLEURITE: reazione di ispessimento fibrotico della pleura in seguito a processi infiammatori<br />

cronici, ne conseguono aderenza fra i due foglietti, ipomobilità toracica e insufficienza respiratoria di<br />

tipo restrittivo).<br />

DIFFICILMENTE RAGGIUNGIBILE CON IL BRONCOSCOPIO.<br />

DANNO AI TESSUTI: il tumore, a causa della perdita dell’asse vascolare va incontro frequentemente<br />

a necrosi, la necrosi provoca erosione/escavazione del tessuto che può portare alla formazione di<br />

una cavità (neo formata) nella quale si accumula materiale purulento (ascesso difficilmente<br />

distinguibile da un ascesso su base infettiva) = ASCESSUALIZZAZIONE (manifestazioni bronco<br />

pneumoniche).<br />

NOTA BENE: un ascesso può creare una fistola che comunica con l’albero bronchiale e svuotarsi<br />

riversando il pus nei bronchi.<br />

SEGNI E SINTOMI CON CUI SI MANIFESTA<br />

Di regola oltre l’80% dei tumori dei piccoli bronchi sono asintomatici, nella maggior parte dei casi questi<br />

tumori vengono diagnosticati o tardivamente o perché il pz. si è sottoposto ad esami per altri fini (es. in<br />

preparazione ad interventi chirurgici diretti contro problemi estranei al tumore). I cancri dei piccoli<br />

bronchi più periferici sono quelli che più a lungo rimangono asintomatici. Manifestazioni:<br />

dolore toracico che insorge più precocemente e si localizza alla periferia del torace;<br />

la sintomatologia che caratterizza il ca. dei grandi bronchi (tosse, sibili, emoftoe/emottisi, dispnea),<br />

solo che più attenuata e ritardata nell’insorgere.;<br />

cachessia e sintomi da metastasi quando lesione molto grave.<br />

POSSIBILI COMPLICANZE<br />

Comunque anche un tumore dei piccoli bronchi crescendo arriva a produrre serie complicanze:<br />

diffusione endotoracica – verso la parete =<br />

→ invasione della pleura viscerale (endocavitaria) → versamento pleurico;<br />

→ invasione della pleura parietale → dolore localizzato;<br />

→ invazione della parete toracica → dolore neuropatico (nervi intercostali);<br />

ascessi;<br />

pneumotorace (erosione della pleura viscerale = comunicazione tra cavo pleurico e bronchi);<br />

invasione del mediastino o del diaframma;<br />

metastasi a distanza;<br />

sindrome paraneoplastiche (il tumore secerne peptidi che simulano ormoni).


Chirurgia Toracica – Ghirardo, David, Degrassi 6<br />

CANCRO DEI MEDI BRONCHI<br />

CARATTERISTICHE PECULIARI<br />

CRESCITÀ: infiltra, crescita peribronchiale.<br />

CARATTERISTICHE FUNZIONALI: crescendo occlude il bronco provocando ateletassia (riassorbimento<br />

dell’aria) ed epatizzazione (addensamento).<br />

SEGNI E SINTOMI CON CUI SI MANIFESTA<br />

Fase preostruttiva:<br />

emottisi/emoftoe;<br />

tosse produttiva (ristagno del pus con proliferazione batterica).<br />

Fase ostruttiva:<br />

tosse produttiva ed episodi recidivanti con febbre (broncopolmoniti)= sovrapposizione di una<br />

malattia infiammatoria su base infettiva;<br />

dolore toracico.<br />

NOTA BENE: difficilmente da una dispnea importante (è più probabile in un individuo che presenta<br />

condizioni generali di salute scadute) = dispnea con wheezing.<br />

POSSIBILI COMPLICANZE<br />

Il tumore maligno dei bronchi intermedi può rendere i pazienti suscettibili a broncopolmoniti ricorrenti,<br />

tale evenienza è caratteristica e dovuta al fatto che questo tipo di cancro facilmente genere<br />

un’ostruzione delle vie aeree che favorisce l’accumulo ed il ristagno delle secrezioni a valle = favorisce la<br />

proliferazione batterica.<br />

Un tumore che coinvolga i bronchi di grosso calibro viene solitamente diagnosticato prima che vada ad<br />

occludere le vie aree (permettendo la proliferazione batterica) perché la massa di fatto ha già assunto<br />

dimensioni notevoli, è perciò facilmente individuabile e inoltre si rende manifesta con i sintomi<br />

precedentemente elencati.<br />

Nei tumori dei piccoli bronchi invece l’occlusione della via aerea avviene quasi subito non lasciando il<br />

tempo al muco di ristagnare.<br />

DIFFUSIONE METASTATICA DEL CANCRO AL POLMONE<br />

Per continuità: infiltrazione del tessuto con coinvolgimento dei linfatici (vasi, bronchi polmonari, pleura<br />

viscerale); invade quando il tumore supera i 1 – 2 cm di diametro.<br />

Per contiguità: metastasi in organi diversi anche vitali =<br />

- cuore;<br />

- verso il mediastino (ilo polmonare, trachea, esofago, pericardio, aorta e vene cave, nervi vago,<br />

ricorrenziali e frenico);<br />

- verso la parete toracica (pleura parietale, coste, sterno , nervi intercostali, vertebre, plesso brachiale,<br />

diaframma).<br />

Per via ematica: sedi preferenziali = ossa, cervello, fegato, surrene, polmone contro laterale.<br />

Per via linfatica: sedi preferenziali =<br />

- a livello intraparenchimale (metastasi segmentari, lobari, ilari);<br />

- a livello mediastinico (metastasi mediastinici, carenali, latero-tracheali, ricorrenziali, della finestra<br />

aorto-polmonare) omolaterali e controlaterali;<br />

- a livello di linfonodi sopraclavicolari, ascellari, scaleni, sottodiaframmatici, omolaterali e<br />

controlaterali.<br />

Per via endocelomatica: in virtù dell’esfoliazione della superficie tumorale nel cavo pleurico a livello di<br />

pleura viscerale, più frequente nei cancri periferici = crescita infiltrante o diffusione per continuità o per


Chirurgia Toracica – Ghirardo, David, Degrassi 7<br />

via linfatica (ateletassia e linfangite carcinomatosi) → infiltrazione della pleura → esfoliazione e<br />

versamento → insemenzamento).<br />

Per via endoluminare: esfoliazione della superficie tumorale a livello di mucosa bronchiale e successivo<br />

impianto di cellule tumorali in una lesione di continuo → adesione → riproduzione.<br />

ATELETASSIA<br />

Si verifica quando una massa tumorale occlude il lume di un bronco, l’aria a valle viene riassorbita e si ha il<br />

collasso del parenchima polmonare che va incontro a EPATIZZAZIONE. Può provocare l‘ostruzione dei<br />

linfatici e l’inversione del flusso nei vasi linfatici che viene diretto verso la pleura (infiltrazione della pleura<br />

→ diffusione endocelomatica).<br />

LINFANGITE CARCINOMATOSA<br />

Si verifica quando il carcinoma infiltra massivamente i vasi linfatici ostruendoli, può esserci inversione del<br />

flusso che si dirige verso la pleura (infiltrazione della sierosa → endocelomatica).<br />

VERSAMENTI<br />

In chirurgia si distinguono in neoplastici e non neoplastici (es. da ATELETASSIA). Un versamento neoplastico<br />

è secondario all’INFILTRAZIONE del tumore a carico DI UNA SIEROSA (pleura viscerale o pericardio). La<br />

neoplasia genera una reazione infiammatoria con conseguente essudazione e versamento. Infiltrando la<br />

sierosa le cellule neoplastiche possono esfoliare e liberarsi nella cavità (pleurica o pericardica), quindi<br />

prelevando un campione (es. toracentesi) e l’esame citologico si evidenzia la loro presenza nel liquido<br />

(diagnosi differenziale da un versamento infiammatorio) = CONTROINDICAZIONE ALLA CHIRURGIA.<br />

Clinicamente il versamento può presentarsi con tosse, dispnea, dolore (quest’ultimo però solo se è di tipo<br />

infiammatorio, quindi un versamento neoplastico non provoca sintomatologia dolorifica].<br />

QUADRO CLINICO<br />

In generale il cancro al polmone può dare:<br />

tosse secca (continua, irritativa = si abbassa la soglia del riflesso della tosse) o produttiva;<br />

emoftoe/emottisi (sanguinamento del tumore);<br />

dolore toracico (infiltrazione di parete o metastasi ossee);<br />

dispnea (dolore, versamenti pleurici o pericardici, ateletassia, condizioni di base del paziente, ecc.);<br />

wheezing (raro);<br />

febbricola;<br />

astenia e calo ponderale;<br />

spesso ASINTOMATICO.<br />

TUTTI I SINTOMI E I SEGNI TENDONO A PEGGIORE.<br />

SINDROMI DA DIFFUSIONE ENDOTORACICA<br />

Verso la parete toracica =<br />

- diffusione endocavitaria (versamento neoplastico – tosse, febbricola, dispnea, ottusità alla<br />

percussione);<br />

- infiltrazione della pleura parietale e della parete (rispettivamente dolore localizzato o dolore<br />

neurologico = la diagnosi è clinica non strumentale);<br />

- invasione del plesso brachiale (sindrome di Pancost).<br />

SINDORME DI PANCOST (associazione di segni e sintomi)<br />

È provocata dall’infiltrazione da parte di un tumore del solco polmonare superiore del plesso brachiale (le<br />

radici C8 – T1 – T2), della prima e della seconda costa (tendenza a sconfinare velocemente verso la cupola<br />

pleurica).


Chirurgia Toracica – Ghirardo, David, Degrassi 8<br />

Caratterizzata da: DOLORE e parestesie alla spalla, al lato ulnare dell’avambraccio e della mano (se<br />

interessa C8).<br />

Se è infiltrato anche il ganglio stellato si associa anche la sindrome di Bernard-Horner (ptosi palpebrale,<br />

enoftalmo, miosi, anidrosi del volto = l'assenza di sudorazione e della lacrimazione).<br />

Difficilmente identificabile radiologicamente<br />

Buona prognosi<br />

Verso il mediastino =<br />

- ostruzione della cava superiore (sindrome della cava superiore) con edema a mantellina, turgore<br />

giugulare, circoli venosi superficiali verticali;<br />

- infiltrazione del nervo frenico con paralisi del diaframma e quindi dispnea;<br />

- infiltrazione del nervo ricorrente con paralisi della corda vocale omolaterale;<br />

- infiltrazione dell’esofago con disfagia;<br />

- infiltrazione della trachea (dispnea con wheezing);<br />

- infiltrazione del nervo vago con disfagia;<br />

- infiltrazione del pericardio con versamento.<br />

SINDROMI PARANEOPLASTICHE<br />

Sono un insieme di manifestazioni extraregionali di una neoplasia maligna, correlate ad essa, ma non<br />

dipendenti dalla massa tumorale primitiva in se o da metastasi:<br />

- FENOMENI AUTOIMMUNI;<br />

- ENDOCRINO-METABOLICHE = secrezione di sostanze simili-ormonali che mimano l’azione di determinati<br />

ormoni e possono sviare dalla diagnosi del cancro (ginecomastia, ipercalcemia, iposodiemia da<br />

ipercorticosurrenalismo;<br />

- DERMATOLOGICHE = scelrodermia, acantosis nigricans;<br />

- NEUROMUSCOLARI = miastenia, miositi;<br />

- OSTEOARTICOLARI = di tipo reumatologico, ippocratismo digitale;<br />

- EMATOLOGICHE/VASCOLARI = poliglobulia, ipercoagulabilità, flebiti.<br />

SINDROMI DA METASTASI A DISTANZA<br />

Ricordiamo:<br />

sindromi neurologiche da metastasi cerebrali;<br />

dolore dovuto a metastasi ossee (prevalentemente localizzate a livello vertebrale);<br />

metastasi epatiche possono rimanere a lungo silenti.<br />

DIAGNOSI<br />

FORME ASINTOMATICHE DEL CANCRO DEL POLMONE<br />

Spesso il cancro del polmone è asintomatico, tali forme asintomatiche vengono diagnosticate:<br />

come scoperta occasionale nell’ambito di indagini diagnostiche mirate ad indagare altre patologie;<br />

nel corso di screening (sono utili per diagnosticare le forme più precoci, ma presentano degli effetti<br />

collaterali);<br />

L’80 % delle diagnosi sono tardive e di queste il 50 % sopravvive a distanza di 1 anno, solo il 10 % a distanza<br />

di 5 anni. La diagnosi tardiva limita le possibilità di intervento.<br />

Le informazioni derivanti dalla clinica e dalle tecniche di imaging permettono di sospettare la patologia, ma<br />

solamente l’esame istologico su materiale bioptico permette di eseguire una diagnosi certa.


Chirurgia Toracica – Ghirardo, David, Degrassi 9<br />

PER GIUNGERE ALLA DIAGNOSI BISOGNA RACCOGLIERE PIÙ DATI POSSIBILI, CERCARE DI<br />

CARATTERIZZARE E MOTIVARE I DATI CLINICI CON LE INFORMAZIONI OTTENUTE DAGLI ESAMI<br />

STRUMENTALI AL FINE DI ELABORARE UN’IPOTESI DIAGNOSTICA DA CONFERMARE ATTRAVERSO LIVELLI<br />

D’INDAGINE PIÙ APPROFONDITI (ESAMI ISTOLOGICO E CITOLOGICO).<br />

ESAME CLINICO<br />

ANAMNESI FISIOLOGIA, FAMILIARE e PATOLOGICA REMOTA:<br />

tabagismo;<br />

vaccinato per TBC (per D.D. con i granulomi tubercolari);<br />

familiarità;<br />

neoplasie pregresse (il cancro al polmone mostra associazione con i tumori della regione testa-collo);<br />

ricerca di ulteriori fattori di rischio;<br />

prendere visione degli esami strumentali precedenti (per un confronto).<br />

ESAME OBIETTIVO: prestare attenzione alla sintomatologia maggiormente suggestiva (tosse, dispnea,<br />

dolore toracico).<br />

ESAMI STRUMENTALI<br />

RX torace = è molto sensibile, ma poco specifico (economico, poco rischioso); eventualmente può<br />

essere utile richiedere un esame RX in proiezione laterale che evidenzia meglio le lesioni altrimenti<br />

nascoste dalle strutture del mediastino. Con i raggi è possibile evidenziare:<br />

o dimensioni, margini, omogeneità;<br />

o opacità → addensamento polmonare = DD per tumori, ateletassia, versamento, emorragia, empiema<br />

pleurico, ecc. (l’RX non fornisce informazioni sulla natura dell’opacità rilevata);<br />

o invasione metastatica;<br />

o infiltrazione della parete.<br />

Tomografia computerizzata = permette:<br />

o stabilire dimensioni, margini e omogeneità/disomogeneità con maggior risoluzione = individuare<br />

lesioni di dimensioni minori, definire aspetti di malignità (caratteristiche dell’opacità, es. “a vetro<br />

smerigliato”);<br />

o definire la sede = visualizzare i rapporti con le strutture artero-venose, bronchiali, con le pleure e con<br />

la parete toracica (indirizzare eventualmente la broncoscopia);<br />

o stabilire se vascolarizzata o meno e le caratteristiche della vascolarizzazione;<br />

o stabilire le condizioni dei linfonodi mediastinici (vedi sotto);<br />

o controllare le possibili sedi di metastasi a distanza (cervello, surrene, fegato, ecc.);<br />

o individuare ateletassia polmonare, infiltrazione della pleura viscerale, trazioni della stessa,<br />

pachipleurite, linfatici ostruiti;<br />

tuttavia non è sempre sufficientemente sensibile = le masse nei bronchi principali sono ben visibili, ma<br />

nei bronchi più piccoli non lo sono altrettanto; per eseguire una TC è necessario il consenso informato<br />

del paziente, il quale deve aver acconsentito e aver compreso la natura dell’esame e le sue implicazioni.<br />

TC E LE SUE APPLICAZIONI – METASTASI LINFONODALI<br />

Le metastasi linfonodali che il cancro al polmone può dare si distinguono in metastasi intratoraciche<br />

(omolaterali e controlaterali) ed extra toraciche.<br />

I linfonodi mediastinici e carenali, specialmente nel cancro del polmone avanzato, sono con altissima<br />

probabilità metastatici, possono essere coinvolti in maniera grossolana o parcellare: un coinvolgimento<br />

grossolano si ha quando le metastasi linfonodali sono extracapsulari e i linfonodi si fondono in pacchetti.


Altri esami strumentali =<br />

- TC/PET;<br />

- scintigrafia ossea (metastasi osse);<br />

- RMN (è stata rimpiazzata dalla TC).<br />

Chirurgia Toracica – Ghirardo, David, Degrassi 10<br />

La TC da informazioni anche sullo stato dei linfonodi (i mediastinici sono più coinvolti rispetto a quelli<br />

parenchimali) coinvolti da metastasi a seguito della diffusione del tumore primario attraverso i linfatici<br />

peribronchiali e parenchimali.<br />

La presenza di linfonodi metastatici cambia la terapia, la chirurgia assume un ruolo più limitato. Se il<br />

coinvolgimento è grossolano (metastasi extra capsulate) non c’è più spazio di manovra per la chirurgia<br />

perché con alta probabilità la malattia è già extra toracica, è divenuta una patologia sistemica.<br />

La terapia migliore a quel punto (con i limiti che presenta) è la chemioterapia (ricordiamo che in assoluto<br />

la chemioterapia è una terapia di qualità inferiore alla chirurgia).<br />

Se l’interessamento è invece parcellare è ancora possibile intervenire chirurgicamente con l’escissione del<br />

linfonodo metastatico e la chemioterapia è adiuvante nella fase preoperatoria.<br />

TC/PET<br />

Si somministra per EV una soluzione contenente una molecola di glucosio marcata con un isotopo del<br />

fluoro capace di emettere positroni (fluorodesossiglucosio), si utilizza uno zucchero perché viene captato in<br />

misura maggiore dalle cellule dal metabolismo elevato, come le cellule tumorali e le cellule infiammatorie<br />

che spendono elevate quantità di energia per moltiplicarsi = maggiore è l’attività, maggiore è il consumo.<br />

Generalmente i tumori del polmone consumano di più delle neoformazioni infiammatorie, ma non solo,<br />

hanno un consumo maggiore anche rispetto ad altre forme neoplastiche: ciò le rende facilmente<br />

distinguibili a questo esame dalle metastasi non di origine polmonare e dai processi flogistici. Questa<br />

tecnica permette di individuare con alta precisione tutte le formazioni correlate alla massa neoplastica in<br />

virtù del loro metabolismo (il tumore primitivo, eventuali metastasi linfonodali, altri lesioni a distanza); la<br />

TC/PET non da informazioni sul cervello perché il cervello di per se stesso consuma elevatissime quantità di<br />

glucosio e quindi il risultato della TC/PET cerebrale darà sempre falsi positivi.<br />

VALUTAZIONE DELL’EVOLUZIONE DI UNA LESIONE NEI REPERTI DI IMAGING<br />

I tempi di evoluzione di un cancro vanno considerati quando si vuole confrontare un reperto radiologico<br />

attuale con reperti radiologici precedenti di una stessa lesione. Un’opacità individuata in un dato momento<br />

della storia del paziente, se considerata non sospetta, viene indagata con un nuovo esame radiologico dopo<br />

circa 3 mesi allo scopo di osservare eventuali evoluzioni della stessa = il medico imposta un FOLLOW-UP del<br />

paziente nel corso del quale questi si sottopone ad esami periodici, ad intervalli di tempo stabiliti di volta in<br />

volta.<br />

L’INTERVALLO di TEMPO MINIMO per poter definire benigna un’alterazione non sospetta che non evolve è<br />

di DUE ANNI (ciò permette di escludere la crescita della neoplasia). Si ha un approccio retrospettivo alla<br />

storia del paziente.<br />

Nel caso invece in cui:<br />

di fronte ad una lesione sospetta non siano disponibili esami strumentali di imaging precedenti;<br />

gli esami mostrino che la lesione si è effettivamente modificata;<br />

allora è necessario approfondire le indagine per ACCERTARE LA DIAGNOSI (con una TC e successivamente<br />

con una broncoscopia) ed eventualmente impostare il trattamento (chirurgico o medico).<br />

Le COIN LESIONS di diametro inferiore al centimetro sono le uniche alterazioni rilevate con l’imaging per le<br />

quali può essere ritardato l’iter diagnostico allo scopo di osservarne l’evoluzione nel tempo.


Chirurgia Toracica – Ghirardo, David, Degrassi 11<br />

Ogni prestazione medica o chirurgica a cui si sottopone il paziente ha delle implicazioni legali, questo vale<br />

anche per la raccolta dei dati; nell’effettuare gli esami bisogna seguire le procedure, informare il paziente,<br />

agire solamente se l’esame in questione è indicato nella specifica situazione, seguire tutte le strade possibili<br />

al fine di giungere a diagnosi certa.<br />

ALTRE INDAGINI<br />

BRONCOSCOPIA con flessibile (ambulatorialmente)<br />

l’esame di prima scelta capace di fornire una diagnosi certa di cancro al polmone, ma che tuttavia non<br />

sempre è in grado di farlo, ovvero in alcuni casi la broncoscopia risulta negativa per l'impossibilità di<br />

raggiungere la massa e non per le caratteristiche intrinseche della lesione; il medico quindi non riesce a<br />

diagnosticare con certezza prima dell’intervento chirurgico la presenza del cancro. È utile per le masse di<br />

grandi dimensioni site nei bronchi di medio e grosso calibro, per le masse periferiche l’utilità della<br />

broncoscopia è limitata e dubbia perché il broncoscopio arriva con difficoltà ai bronchi periferici. La<br />

broncoscopia permette di:<br />

eseguire un broncoaspirato = cercare e raccogliere cellule neoplastiche per l’esame citologico (con<br />

lavaggio bronchiale) al fine di tipizzare le cellule neoplastiche ed eventualmente distinguere un<br />

microcitoma da un non microcitoma;<br />

effettuare biopsie per l’esame istologico;<br />

prelevare campioni per prove colturali (attestare la presenza di mycobacterium tubercolosis in<br />

terreno middlebrook per eseguire diagnosi differenziale con TBC polmonare);<br />

eseguire un mappaggio nei tumori N2 (stadiazione linfonodi mediastinici infiltrati).<br />

Il medico deve spiegare come e perché viene effettuata la broncoscopia, il paziente deve essere al<br />

corrente dei rischi che comporta l’esame e dei rischi che si corrono nel non eseguire la broncoscopia; è<br />

quindi necessario stabilire il rischio di morte o complicazioni nel sottoporre il paziente alla broncoscopia<br />

e il rischio di morire a causa della malignità del cancro se non si procede con la broncoscopia arrestando<br />

così l’iter diagnostico; lo si fa grazie a tabelle di rischio che calcolano il rischio considerando le<br />

caratteristiche del paziente (età, sintomi e segni manifesti, storia del paziente, presenza di reperti<br />

radiologici e loro caratteristiche).<br />

Trattasi comunque di un esame fastidioso, che deve essere eseguito sotto anestesia locale o<br />

eventualmente in leggera di sedazione; prima di praticarla si esegue un ECG in quanto uno dei rischi<br />

della broncoscopia è quello di scatenare una crisi vagale (considerando la zona che viene stimolata),<br />

possono incorrere rischi di ipossia dovuta a spasmi delle vie aeree (bronco-costrizione), è necessario<br />

anche effettuare prove della coagulazione per valutare l’emostasi del paziente, in individui con problemi<br />

di coagulazione la broncoscopia è CONTROINDICATA in quanto è invasiva e ovviamente un paziente<br />

scoagulato non deve subire prelievi di tessuto a scopi bioptici (e comunque non può essere sottoposto<br />

ad interventi chirurgici).<br />

ALTRE TECNICHE PER EFFETTUARE UNA BIOPSIA (ESAME ISTOLOGICO):<br />

- toracotomia o mediastinotomia (stadiazione linfonodi);<br />

- video-toracoscopia (VATS - Video-assisted thoracoscopic surgery) o mediastino scopia (stadiazione<br />

linfonodi);<br />

- agobiopsia TC guidata.<br />

Agobiopsia TC guidata<br />

Si effettua su lesioni periferiche in alternativa alla broncoscopia (che è il gold standard per le lesioni<br />

localizzate a livello dei grossi e medi bronchi), si pratica in anestesia locale, i rischi maggiori sono quelli di<br />

causare uno pneumotorace o di lesionare i grossi vasi (più lo strumento deve avvicinarsi all’ilo polmonare<br />

più alto è il rischio, ecco perché è controindicata nel caso delle lesioni mediali).


Chirurgia Toracica – Ghirardo, David, Degrassi 12<br />

AGO ASPIRATO PER VIA TRANSCUTANEA TC GUIDATO: è indicato in quei pazienti dove le<br />

caratteristiche della lesione non fanno pensare con un probabilità sufficientemente alta ad una lesione<br />

maligna, oppure in quei pazienti che non possono essere sottoposti a chirurgia per cui è necessaria una<br />

diagnosi certa (esame citologico) al fine di motivare l’intervento dell’oncologo con la chemioterapia.<br />

Estremamente operatore-dipendente, complicanze: PNX, emorragia.<br />

CITOLOGIA SU ESPETTORATO (a seguito di un esame TC positivo).<br />

TORACENTESI: in caso di versamento pleurico si usa per determinarne la natura neoplastica (esame<br />

citologico).<br />

ITER DIAGNOSTICO<br />

Una volta che si è concretizzato il sospetto diagnostico grazie alle informazioni raccolte dall’anamnesi,<br />

l’esame clinico e l’osservazione dei reperti di imaging precedenti, nei casi in cui sia necessario, il medico<br />

deve approfondire l’indagine per accertare la diagnosi.<br />

STEP 1: RX torace in duplice proiezione = esame altamente sensibile, ma poco specifico, permette di<br />

escludere il maggior numero di falsi negativi.<br />

STEP 2: TC = esame altamente specifico, permette di eliminare il maggior numero di falsi positivi, inoltre<br />

fornisce un gran numero di informazione sulla lesione.<br />

La TC non permette di effettuare diagnosi certa, il medico deve informare il paziente non fornendo una<br />

diagnosi, ma affermando solo quanto gli esami eseguiti possono dimostrare, cioè l’eventuale presenza di<br />

un’alterazione sospetta che può o meno presentare caratteristiche di malignità. Per avere una diagnosi<br />

certa bisogna procedere con altri esami di cui il paziente deve essere informato e a cui deve acconsentire.<br />

STEP 3: BIOPSIA ED ESAME ISTOLOGICO<br />

NESSUN ONCOLOGO TRATTA UN PAZIENTE CON CHEMIOTERAPIA SE NON HA UNA DIAGNOSI CERTA E<br />

L’UNICO MODO PER AVERE DIAGNOSI CERTA SENZA INTERVENIRE CHIRURGICAMENTE È L’ESAME<br />

ISTOLOGICO DI UN CAMPIONE RACCOLTO CON BIOPSIA ESEGUITA TRAMITE BRONCOSCOPIA.<br />

In alternativa si possono effettuare biopsie per l’esame istologico o prelievi per l’esame citologico mediante<br />

le tecniche alternative precedentemente descritte.<br />

Es. se un paziente presenta all’RX un’opacità irregolare, l’esame TC/PET mostra una massa ipercaptante,<br />

ma la broncoscopia risulta negativa, se le condizioni lo consentono e il paziente acconsente, si effettua una<br />

biopsia tramite toracoscopia o toracotomia.<br />

CONCLUSIONI<br />

TUTTE LE TECNICHE HANNO I LIMITI di sensibilità e specificità, inoltre ci sono anche i limiti esecutoredipendenti.<br />

LA “DIAGNOSI A TUTTI COSTI” È UN PRINCIPIO PERICOLOSO in quanto talvolta la diagnosi<br />

certa si può avere solo durante l’intervento o dopo l’intervento.<br />

MARKERS TUMORALI<br />

CEA<br />

ENOLASI NEUROSPECIFICA<br />

CITOCHERATINA 19<br />

β₂MICROGLOBULINA<br />

Utili per valutare l’aumento del turn-over delle cellule neoplastiche, hanno una specificità e un dosaggio<br />

correlati alle dimensioni del tumore e allo stato linfonodale. Utilizzati soprattutto nell’ambito del follow-up<br />

per monitorare la progressione della malattia o di una sua recidiva.


Chirurgia Toracica – Ghirardo, David, Degrassi 13<br />

STADIAZIONE<br />

ESAMI USATI NELLA STADIAZIONE<br />

Esami usati per la stadiazione del tumore con la verifica di eventuali metastasi:<br />

TC toraco-mediastinica [Cruciale per la stadiazione allo scopo di individuare le metastasi linfonodali, si<br />

considera metastatico un linfonodo di dimensioni > 10 – 15 mm; non è sensibile alle infiltrazioni della<br />

pleura parietale e della parete toracica.];<br />

ECO addominale;<br />

TC e RM cerebrale;<br />

TC/PET;<br />

scintigrafia ossea;<br />

mediastinoscopia e mediastinotomia;<br />

spirometria ed EGA.<br />

RICERCA DI METASTASI LINFONODALI (STADIAZIONE)<br />

Si ricercano metastasi ai linfonodi mediastinici per la STADIAZIONE, cioè per valutare la progressione della<br />

patologia e indirizzare il trattamento (vedi indicazioni per la chirurgia); OVE LE TECNICHE DI IMAGING<br />

SIANO SUGGESTIVE si pratica una BIOPSIA tramite:<br />

- mediastinoscopia (endoscopia = incido a livello del collo, prelevo campioni dai linfonodi tracheali);<br />

- mediastinotomia (per via trans toracica = incido la parete, prelevo campioni dai linfonodi della finestra<br />

aorto-polmonare, posti tra arco aortico e tronco polmonare).<br />

Allo stesso scopo, quando sono palpabili, si può procedere con una BIOPSIA dei linfonodi sopraclavicolari<br />

al fine verificare o meno la diffusione di metastasi in tale sede.<br />

STADIAZIONE TNM<br />

T1 diametro < 3 cm senza segni di infiltrazione.<br />

T2 diametro > 3 cm.<br />

T3 diametro di qualsiasi dimensione con estensione in una o più delle seguenti sedi:<br />

- parete toracica;<br />

- diaframma;<br />

- pleura pericardica;<br />

ma senza interessamento ad altri organi.<br />

T4 diametro di qualsiasi dimensione con invasione mediastinica, al cuore, ai vasi, ecc. (INOPERABILITÀ).<br />

o N0 non sono presenti metastasi linfonodali.<br />

o N1 presenti metastasi ai linfonodi loco-regionali omolaterali (peribronchiali o ilari).<br />

o N2 presenti metastasi ai linfonodi mediastinici omolaterali e/o carenali.<br />

o N3 presenti metastasi in una o più delle seguenti sedi:<br />

- linfonodi mediastinici contro laterali (INOPERABILITÀ);<br />

- linfonodi ilari controlaterali (INOPERABILITÀ);<br />

- linfonodi sopraclavicolari omolaterali e/o controlaterali (INOPERABILITÀ);<br />

- linfonodi scaleni omolaterali e/o controlaterali (INOPERABILITÀ).<br />

M0 non sono presenti metastasi a distanza.<br />

M1 presenti metastasi a distanza (INOPERABILITÀ).<br />

Per il MICROCITOMA: secondo il VETERANS ADMINISTRATION LUNG CANCER STUDY GRUOP, è considerato<br />

limitato solamente se confinato ad un solo emitorace, con o senza coinvolgimento dei linfonodi<br />

mediastinici e sopraclavicolari omolaterali e senza versamento.


Chirurgia Toracica – Ghirardo, David, Degrassi 14<br />

STADIO T N M INDICAZIONE SOPRAVVIVENZA a 5 anni<br />

IA T1 N0 M0 Prima scelta chirurgia, seconda<br />

84 %<br />

IB T2 N0 M0 radioterapia; se presente la sindrome di<br />

68 %<br />

IIA T1 N1 M0 Pancost allora si procede con la chirurgia<br />

47 %<br />

IIB T2 N1 M0 e la radioterapia.<br />

-<br />

T3 N0 M0<br />

IIIA T3 N1 M0 Chemioterapia e chirurgia. 30 %<br />

T1 N2 M0<br />

T2 N2 M0<br />

T3 N2 M0<br />

IIIB ogni T N3 M0 Chemioterapia e/o radioterapia. -<br />

T4 ogni N M0<br />

IV ogni T ogni N M1 Chemioterapia e/o radioterapia con<br />

terapia medica di supporto.<br />

< 1 %<br />

TERAPIA<br />

CHEMIOTERAPIA<br />

Il trattamento chemioterapico è strettamente vincolato dalla diagnosi istologica (alcuni tipi di tumori non<br />

sono sensibili ed è per questo necessaria l’identificazione istologica del tumore); svolge un ruolo primario<br />

nei pazienti che presentano metastasi (per cui non c’è indicazione chirurgica), specie se metastasi<br />

linfomediastiniche.<br />

Il microcitoma è sensibile alla chemioterapia, se trattato efficacemente può regredire tanto da scomparire,<br />

ma dopo due anni di trattamento diventa solitamente resistente.<br />

TERAPIA CHIRURGICA<br />

Prima di procedere con la chirurgia è bene considerare le condizioni di base del paziente, in particolare<br />

bisogna assicurarsi che siano conservate:<br />

- la funzionalità respiratoria;<br />

- la funzionalità cardiaca;<br />

- la funzionalità epatica;<br />

- la funzionalità renale;<br />

- la funzione coagulativa.<br />

• LOBECTOMIA o BILOBECTOMIA: si asporta chirurgicamente un lobo, quello (o quelli) residuo tende ad<br />

espandersi prendendo il suo posto = compenso anatomico; sono interventi meno invalidanti di una<br />

pneumonectomia; devono essere accompagnate da una ACCURATA LINFOADENECTOMIA (opzione<br />

terapeutica di prima scelta nei NSCLC che non sono sensibili alla chemioterapia).<br />

• LASERTERAPIA: possibilità palliativa allo scopo di ripristinare la pervietà delle vie aeree, fatta con<br />

broncoscopio rigido, dopo un mese di trattamento il bronco ostruito è ancora libero.<br />

• PROTESI ENDOSCOPICA: utilizzata per dilatare il bronco ostruito.<br />

Controindicazioni alla chirurgia:<br />

- infiltrazioni degli organi mediastinici T4;<br />

- presenza di metastasi linfomediastiniche, specie se grossolane N3;<br />

- presenza di metastasi a distanza surrenali M1;<br />

- presenza di versamento neoplastico pleurico o peritoneale.


Chirurgia Toracica – Ghirardo, David, Degrassi 1<br />

COIN LESIONS POLMONARI<br />

Le COIN LESIONS sono lesioni di dimensioni molto limitate e possono essere benigne o maligne, ma in<br />

entrambi i casi presentano caratteristiche perfettamente sovrapponibili all’imaging che ne rendono difficile<br />

la discriminazione. Sono frequenti nella popolazione e difficili da esaminare.<br />

DEFINIZIONE LEGATA ALL’ESAME RADIOGRAFICO<br />

Opacità polmonari periferiche di diametro inferiore ai 3 cm.<br />

EPIDEMIOLOGIA<br />

Frequenza: 1 caso di CLP su 500 RX torace eseguiti senza indicazione specifica.<br />

tubercolomi; ***<br />

EZIOLOGIA<br />

Benigne<br />

granulomatosi di Wegwner; echinococcosi;<br />

amartocondromi; *** istoplasmosi;<br />

cisti brongogena;<br />

ascesso polmonare;<br />

coccidiomicosi;<br />

tumori parietali<br />

granulomi infettivi;<br />

ascaridi;<br />

tumori pleurici.<br />

polmonite atipica;<br />

fistola AV;<br />

<br />

nodulo reumatoide;<br />

sequestrazione polmonari;<br />

lipoma;<br />

infarto polmonare;<br />

amiloidosi;<br />

carcinoma broncogeno;<br />

carcinoide;<br />

sarcoma;<br />

aspergilloma;<br />

Maligne<br />

metastasi solitarie da tumori primitivi (colon, polmone, tiroide, mammella, prostata, rene, sarcoma dei<br />

tessuti molli).<br />

[*** nella nostra regione]<br />

DIAGNOSI DIFFERENZIALE<br />

Le coin lesions sono associate ad un gruppo ampio ed eterogeneo di patologie.<br />

Es. negli USA sono principalmente associate a forme infettive e infiammatorie diverse da quelle che si<br />

riscontrano nella popolazione europea.<br />

DIAGNOSI<br />

ESAMI STRUMENTALI<br />

RX TORACE<br />

All’RX torace si presentano:<br />

- omogenee;<br />

- non sfrangiate.<br />

TOMOGRAFIA COMPUTERIZZATA<br />

Attraverso l’esame TC è stato possibile comprendere come l’omogeneità non sia un carattere distintivo<br />

delle COIN LESION, ma sia legato al basso potenziale di risoluzione dell’RX. La TC ci permette di evidenziare:<br />

diametro (fino ad un minimo di 1 cm);<br />

margini (irregolarità, le CL possono presentare spicolature);<br />

omogeneità;<br />

densità;<br />

calcificazione;


Chirurgia Toracica – Ghirardo, David, Degrassi 2<br />

aree di necrosi;<br />

posizione rispetto alle strutture anatomici (eventualmente conoscere la posizione rispetto all’albero<br />

bronchiale e capire se è raggiungibile tramite broncoscopia = broncogramma aereo);<br />

presenza di linfonodi sospetti di dimensioni aumentate;<br />

retrazioni della pleura viscerale e infiltrazione della parete.<br />

Specificità 85 % (è riferita all’individuazione di una lesione, non al fatto che si benigna o maligna).<br />

Un particolare problema è dato dal fatto che l’esame TC presenta un’elevata sensibilità, ciò permette di<br />

individuare le CL, ma allo stesso tempo ammette un numero elevato di falsi positivi (es. noduli benigni<br />

transitori). Se si utilizzasse la TC per fare diagnosi sarebbe troppo numerosa la popolazione effettivamente<br />

sana esposta all’intervento chirurgico senza averne davvero bisogno; inoltre potrebbero venire a crearsi<br />

problemi di ordine psicologico per i pazienti sottoposti a questo tipo d’esame. Ultimo, ma non meno<br />

importante, l’esame TC comunque comporta l’esposizione dei pazienti a radiazioni ionizzanti ed è per<br />

questo un esame invasivo. Per le ragioni appena esposte lo screening per le CL tramite TC non è abilitato.<br />

In generale tutta la diagnostica strumentale e non è in difficoltà (RX, TC, biopsia transparietale ed<br />

endoscopica).<br />

IL PAZIENTE DEVE ESSERE SEGUITO SEMPRE CON LA STESSA MACCHINA nei confronti della stessa lesione a<br />

distanza di tempo. Nel caso della tomografia computerizzata ogni macchina possiede un software per la<br />

ricostruzione in 3D che utilizza precisi parametri di misurazione ed elaborazione dei dati, proprio per questo<br />

motivo l’utilizzo di macchine sempre diverse non renderebbe attendibile la stima della variazione<br />

volumetrica della lesione monitorata.<br />

PET<br />

Utilizza il fluorodesossiglucosio, uno zucchero marcato con un isotopo del fluoro capace di emettere<br />

positroni che si annichiliscono insieme agli elettroni con emissione di fotoni ad altissima energia nella<br />

banda dei raggi γ; permette di visualizzare con una discreta risoluzione lesioni con diametro > 5 mm (potere<br />

di risoluzione maggiore rispetto alla TC tradizionale; specificità 85 %, sensibilità 95 %.<br />

ALTRE METODICHE D’INDAGINE<br />

BRONCOSCOPIA<br />

Permette di eseguire:<br />

biopsia diretta (può risultare negativo perché non eseguibile);<br />

agobiopsia trans bronchiale sotto guida radioscopica (sensibilità 37 – 98 %);<br />

brushing e/o broncoaspirato (positivi nel 50 % dei carcinomi).<br />

Complicanze: emorragie, pneumotorace.<br />

AGOBIOPSIA TRANSPARIETALE<br />

TC guidata, si utilizza un ago sottile (esame citologico) o uno throug cut (esame istologico); probabilità di<br />

falsi negativi è del 3 – 11 %.<br />

Complicanze: emorragie, pneumotorace.<br />

ITER DIANGNOSTICO<br />

RX positivo per CL di diametro maggiore a 1 cm.<br />

Step 1:<br />

CONFRONTO CON RADIGRAMMI PRECEDENTI = confronto della stessa lesione a distanza di 3 – 6 mesi;<br />

se la lesione agli esami radiologici risulta invariata da un periodo uguale o superiore a 2 anni allora tale<br />

lesione e da considerarsi benigna e non c’è indicazione terapeutica di sorta, costituisce il valore CUT OFF<br />

che permette di escludere il rischio di CANCRO;


Chirurgia Toracica – Ghirardo, David, Degrassi 3<br />

se una lesione passa da 2 cm a 5 cm di diametro in 3 mesi allora la lesione è considerata incurabile.<br />

ANAMNESI =<br />

presenza di sintomi a riferimento toracico;<br />

precedenti neoplasie;<br />

fattori di rischio (familiarità, fumo).<br />

Step 2:<br />

TC tradizionale, TC torace, TC/PET.<br />

Step 3:<br />

BIOPSIA<br />

broncoscopia (broncoaspirato e biopsia diretta o transbronchiale quando possibile);<br />

agobiopsia transtoracica;<br />

biopsia chirurgica con toracoscopia;<br />

biopsia chirurgica con toracotomia.<br />

La biopsia permette di eseguire l’ESAME ISTOLOGICO, essenziale per stabilite l’aggressività terapeutica.<br />

L’unico caso in cui di fronte ad un esame RX che presenti CLP sia possibile ritardare l’iter<br />

diagnostico/terapeutico per attendere l’evoluzione del quadro e quando la lesione ha un diametro < 1cm.<br />

Il follow-up prevede un attesa che può variare dai 3 ai 6 mesi prima di richiedere un nuovo esame<br />

radiologico.


Chirurgia Toracica – Ghirardo, David, Degrassi 1<br />

EMOTTISI<br />

DEFINIZIONE: emissione di sangue con la tosse.<br />

EMOTTISI MASSIVA: la quantità di sangue emessa è > 100 – 200 cc/24 h.<br />

EMOTTISI DISSANGUANTE: la quantità di sangue emessa è ≥ 1000 con un ritmo > 150 cc/h.<br />

Il sangue può provenire dal circolo polmonare come da quello bronchiale, la differenza sta nel regime<br />

pressorio dei due circoli che può influire sull’entità del sanguinamento (in media rispettivamente di 20<br />

mmHg e 90 mmHg).<br />

EZIOLOGIA:<br />

TBC polmonare;<br />

bronchiettasie;<br />

carcinomi broncogeni;<br />

ascessi polmonari;<br />

cause iatrogene =<br />

- broncoscopia;<br />

- agoaspirato;<br />

- catetere di Schwan-Ganz;<br />

- terapie anticoagulanti;<br />

- interventi chirurgici.<br />

EMOTTISI E TBC POLMONARE<br />

Il sangue solitamente deriva da emorragie che si verificano all’interno di lesioni di tipo cavitario ben<br />

deterse, oppure provenire da una fistola bronco-vasale che si è venuta a formare; l’origine del<br />

sanguinamento può essere sia sistemica sia polmonare.<br />

EMOTTISI E BRONCHIETTASIE<br />

L’emottisi è un’eventualità che può caratterizzare sia le bronchiettasie primitive sia quelle secondarie, con<br />

maggior frequenza per le bronchiettasie localizzate alla base polmonare di sinistra e le bronchiettasie<br />

ascessualizzate.<br />

EMOTTISI E CARCINOMA BRONCOGENO<br />

Il sanguinamento può essere dovuto alla formazione di una fistola bronco-vasale per azione erosiva del<br />

tumore (emottisi massiccia) oppure dovuto alle emorragie di vasi neoformati nell’ambito di un fenomeno<br />

necrotico a carico della massa tumorale stessa.<br />

PROGNOSI<br />

L’emottisi rappresenta un problema per la salute del paziente non tanto per l'emorragia in se, ma quanto<br />

perché il sangue nelle vie aree costituisce un ostacolo al passaggio di aria e agli scambi gassosi a livello della<br />

membrana alveolo-capillare. La prognosi è condizionata dalle condizioni da base del paziente e dalla<br />

frequenza con cui il fenomeno di verifica (episodi ricorrenti di emottisi sono segni prognostici negativi per la<br />

patologia primitiva).<br />

DIAGNOSI CLINICA<br />

Il sangue proveniente dalle vie aree e rosso vivo e schiumoso (anche se talvolta può succedere che il sangue<br />

proveniente dai bronchi si riversi nell’esofago e quindi nello stomaco venendo digerito = vomito caffeano),<br />

questi caratteri permettono di distinguere un’emorragia delle vie respiratorie da un’emorragia digestiva.<br />

Anamnesi.<br />

Esame obiettivo dell’orofaringe.<br />

Laringoscopia


Chirurgia Toracica – Ghirardo, David, Degrassi 2<br />

Esofago-gastro-duodeno-scopia (diagnosi differenziale).<br />

RX torace in proiezioni multiple (indica la sede dell’emorragia con una precisione del 50 %).<br />

TC torace (indica la sede dell’emorragia con una precisione del 90 %).<br />

Broncoscopia con flessibile o con strumento rigido (se l’emottisi è abbondante), utile nelle prime 24 h.<br />

TERAPIA<br />

Riposo con decubito sul lato affetto.<br />

Ossigeno-terapia.<br />

Terapia con farmaci pro-coagulanti.<br />

Anti-tussigeni.<br />

Terapia chirurgica =<br />

- intervento tramite broncoscopio;<br />

- embolizzazione arteriosa tramite cateterismo;<br />

- intervento chirurgico diretto.


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ADENOMI BRONCHIALI<br />

Gruppo di neoplasie di diversa natura, ma accumunate dalla caratteristica di avere l’istologia tipica di<br />

lesioni benigne e contemporaneamente il comportamento proprio dei tumori maligni (crescita infiltrante,<br />

metastatizzazione, sindromi paraneoplastiche). Rappresentano solo il 5 % dei tumori primitivi del polmone<br />

e insorgono in pazienti giovani (di età inferiore ai 40 anni solitamente). Si localizzano a livello dei bronchi di<br />

qualsiasi calibro (grandi, medi e bronchi periferici).<br />

IL CARCINOIDE<br />

È il più frequente tra gli adenomi bronchiali (il 90 % dei casi), deriva dalle cellule della linea APUD e mostra<br />

un comportamento intermedio: ha istologia benigna, ma è in grado di invadere i tessuti circostanti e di dare<br />

metastasi a distanza e metastasi linfonodali.<br />

CARCINOIDE TIPICO o CENTRALE<br />

Secerne serotonina (5HT) o altre sostanze ad azione umorale; presenta uno stroma estremamente ben<br />

vascolarizzato (le procedure bioptiche sui carcinoidi tipici richiedono notevole attenzione); ha<br />

un’organizzazione delle cellule piuttosto uniforme; metastatizza con meno facilità del carcinoide atipico.<br />

CARCINOIDE ATIPICO<br />

Altamente pleomorfo, l’architettura del tumore è destrutturata e disomogenea; presenta spesso una zona<br />

centrale di necrosi (perdita dell’asse vascolare), ha uno spiccato comportamento infiltrante.<br />

ALTRI TIPI DI ADENOMI BRONCHIALI<br />

CILINDROMA: origina dalle ghiandole tubulo-acinose della mucosa di trachea e grossi bronchi.<br />

MUCOEPIDERMOIDE: origina dalle ghiandole mucose della trachea e delle vie aeree superiori.<br />

QUADRO CLINICO<br />

Sintomatologia della fase pre-ostruttiva:<br />

(spesso può essere asintomatico)<br />

segni e sintomi aspecifici = TOSSE SECCA, EMOFTOE;<br />

sindrome carcinoide =<br />

- vampate di calore e rossore alla cute del viso;<br />

- diarrea e dolori addominali;<br />

- broncospasmo;<br />

- tachicardia.<br />

Sintomatologia della fase ostruttiva (esclusiva per i tumori dei bronchi di grosso calibro):<br />

dispnea;<br />

ateletassia;<br />

episodi broncopneumonici ricorrenti con febbre ed espettorato purulento (ostruzione dei bronchi →<br />

stasi delle secrezioni → proliferazione batterica);<br />

bronchi ectasie (aumenta il rischio della formazione di ascessi e di un empiema pleurico).<br />

DIAGNOSI<br />

RX torace: può risultare negativa per le masse tumorali mediali, non fornisce informazioni sulla natura<br />

dell’opacità rilevata, gli adenomi bronchiali periferici generalmente appaiono come masse rotonde.<br />

TC torace.<br />

Broncoscopia: sensibile per le masse localizzate nei bronchi raggiungibili dal broncoscopio.<br />

BIOPSIA = tramite broncoscopio o altre tecniche, è necessaria per eseguire un esame istologico che<br />

fornisca una diagnosi certa.<br />

TERAPIA<br />

È chirurgica = lobectomia, bilobectomia, pneumectomia, resezione e anastomosi bronchiale, escissione<br />

endoscopica della massa tumorale.


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EMPIEMA PLEURICO<br />

DEFINIZIONE: presenza di pus in cavità pleurica.<br />

CAUSE: infezione da parte di batteri che danno forme particolarmente acute (febbre, dolore); i batteri<br />

coinvolti possono essere sia GRAM positivi (come streptococco e pneumococco, lo stafilococco aureus è<br />

molto più frequente nei bambini), sia GRAM negativi come escherichia coli e pseudomonas; molto spesso<br />

sono germi anaerobi (esordio più subdolo, la diagnosi viene raggiunta anche dopo 10 giorni dall'infezione,<br />

gli individui maggiormente colpiti da questo tipo di germi sono gli etilisti, i pazienti anemici e i pazienti in<br />

coma).<br />

CLASSIFICAZIONE – PATOGENESI<br />

L'empiema si classifica secondo l'origine in:<br />

primitivo (in cui l'infezione si origina direttamente in cavità pleurica, raro);<br />

secondario (in cui l'infezione si propaga da un altro focolaio corporeo alla cavità pleurica), in base alla<br />

modalità di trasmissione può essere diretto, linfatico o ematico.<br />

FISIOPATOLOGIA - EVOLUZIONE<br />

STADIO 1<br />

Tutto si origina da una condizione di infiammazione della pleura viscerale, più frequentemente secondaria<br />

ad una broncopolmonite (empiema secondario): caratterizzata da tosse, febbre, dolore toracico, dispnea,<br />

espettorato purulento; l'infiammazione genera un aumento di permeabilità della pleura che forma un<br />

essudato inizialmente sterile per cui la toracentesi e l’esame microbiologico risultano negativi, questo<br />

essudato costituisce un versamento parapneumonico; a causa dell'essudazione inizia a depositarsi della<br />

fibrina a livello delle superfici pleuriche.<br />

STADIO 2<br />

Inizia l'invasione dei batteri e dei G.B. (più di 500/μL), il che determina un aumento della densità (1018 g/L)<br />

del liquido ed un aumento della concentrazione di proteine dell’essudato (2-5 gr/dl); il pH si acidifica per<br />

via dell'azione dei G.B. e della presenza di batteri (specie se anaerobi); la LDH nel liquido pleurico raggiunge<br />

le 1000 unità/L e aumenta il deposito di fibrina.<br />

STADIO 3<br />

Inizia una settimana dopo l'infezione, ma se l’infezione ha un evoluzione è rapida questa fase subentra<br />

anche dopo soli 2 – 3 giorni; il versamento diviene francamente purulento (più di 15000 G.B./μL), in questa<br />

fase il 75 % almeno del versamento è dato da componente corpus colata; la presenza di batteri riduce la<br />

disponibilità di glucosio ematico a meno di 50 mg/dl; la fibrina in questo periodo si sta organizzando fino a<br />

realizzare l'incarceramento del polmone dopo 3 o 4 settimane (riduzione della funzione respiratoria).<br />

STADIO 4<br />

Fibrosi intensa con conseguente incarceramento e contrazione del polmone = riduzione delle dimensioni<br />

dell'emitorace ed eventuale ateletassia.<br />

GUARIGIONE o CRONICIZZAZIONE<br />

GUARIGIONE<br />

Dopo che si è formata la struttura di fibrina che ha dato luogo alla retrazione del polmone e della gabbia<br />

toracica e al sollevamento dell'emidiaframma, vi è la graduale riespansione del polmone e riduzione della<br />

“cotenna” fino al raggiungimento della “restitutio ad integrum”. In alcuni casi possono permanere<br />

retrazioni polmonari o retrazioni della gabbia toracica, bronchiectasie (dilatazioni permanenti dei bronchi<br />

– emoftoe) o pachipleurite.<br />

CRONICIZZAZIONE<br />

Persiste il processo suppurativo e dunque il polmone a causa della mancata riduzione di fibrina non si<br />

riespande.


COMPLICANZE<br />

Possono essere ACUTE o CRONICHE, l'infezione può diffondere verso:<br />

la parete toracica;<br />

il polmone e i bronchi → polmonite;<br />

il mediastino e il pericardio → mediastinite, pericardite;<br />

può dare un versamento saccato o libero in altre cavità naturali.<br />

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ANAMNESI - SINTOMATOLOGIA<br />

Febbre (quanto, da quando e se presenti sintomi associati).<br />

Dolore toracico (tipo, dove, da quando, come si attenua e come si acuisce, come si modifica).<br />

Dispnea (insorgenza, remissione).<br />

Tosse con espettorato purulento.<br />

Ansietà, dispnea e tachicardia = segni e sintomi dello stato tossico (solo nelle forme acute).<br />

NOTA BENE: tutti i sintomi dell'empiema sono comuni alla broncopolmonite, dunque basta un loro<br />

accentuarsi o una durata insolitamente lunga a far insorgere il sospetto di empiema secondario.<br />

ESAME OBBIETTIVO<br />

Asimmetria statica e dinamica del torace.<br />

Ottusità alla percussione.<br />

FVT ridotto (apprezzamento della vibrazione di una colonna d’aria, qualsiasi cosa che interrompa questo<br />

flusso, aria o liquido, riduce il FVT, nell’ateletassia il FVT è assente).<br />

INDAGINE STRUMENTALE<br />

Ecografia (giustificata dall’evidenza clinica e radiologica) = individuare raccolte saccate (al fine di<br />

prelevare un campione da ciascuna o drenarle).<br />

RX = le raccolte appaiono come aree di opacità.<br />

TC = se si vedono i bronchi nell’addensamento allora non è ateletassia.<br />

ALTRE METODICHE D’INDAGINE<br />

Toracentesi eco-guidata =<br />

o colorazione GRAM sul campione di liquido pleurico per sapere subito che antibiotico ad ampio<br />

spettro scegliere (senza aspettare l’antibiogramma);<br />

o esame colturale con eventuale antibiogramma.<br />

Broncoscopia (bronco aspirato per l’esame microbiologico).<br />

TERAPIA<br />

CHIRURGIA<br />

Toracotomia o toracoscopia (VATS) + urochinasi (per sciogliere la fibrina e rendere comunicanti le zone<br />

saccate dell'empiema) + drenaggio della cavità pleurica.<br />

INDICAZIONI: liquido francamente purulento alla toracentesi, liquido positivo colorazione di GRAM, pH<br />

del liquido < 7.2, rapido riaccumularsi di liquido, stato tossico.<br />

Sbrigliamento in VATS Video Assited Thoracoscopic Surgery se l'approccio con fibrinolitici non basta.<br />

Pleurectomia con decorticazione = rimozione della cotenna di fibrina, spesso comporta l’asportazione<br />

anche della pleura viscerale.<br />

MEDICA = copertura antibiotica.


MESOTELIOMA PLEURICO<br />

TUMORI DELLA PLEURA<br />

Primitivi mesoteliali:<br />

- mesotelioma maligno, diffuso = 90 %;<br />

- mesotelioma benigno, localizzato.<br />

Primitivi sottomesoteliali:<br />

- benigni = fibromi, lipomi, angiomi;<br />

- maligni = fibrosarcomi, liposarcomi.<br />

Secondari: da cancro primitivo del polmone, della mammella, del rene, ecc.<br />

IL MESOTELIOMA PLEURICO<br />

CARATTERISTICHE GENERALI DEL MESOTELIOMA MALIGNO<br />

Origina dalle cellule mesoteliali.<br />

Rappresenta il tumore primitivo della pleura più frequente.<br />

È strettamente associato all’esposizione alle polveri di asbesto.<br />

Predilige il sesso maschile nel 75 % dei casi (malattia professionale).<br />

Può evolvere sia in senso epiteliale sia connettivale, i tipi istologici sono:<br />

- epiteliale;<br />

- connettivale;<br />

- misto.<br />

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EPIDEMIOLOGIA<br />

È evidente il rapporto fra la frequenza del mesotelioma e l'esposizione all'asbesto e ai suoi derivati (es.<br />

amianto): ha una diffusione regionale, dove le aree a prevalenza maggiore rispecchiano quelle in cui è più<br />

alto il rischio di esposizione all’asbesto; è più frequente nell’uomo perché la lavorazione dell’asbesto<br />

riguarda un ambito professionale prevalentemente maschile.<br />

EZIOPATOGENESI<br />

1. Inalazione delle fibre di asbesto.<br />

2. Le fibre inalate non possono essere rimosse facilmente dalle vie respiratorie e diffondono verso la<br />

membrana alveolare dei settori di parenchima più periferici, dove possono penetrare nel tessuto<br />

interstiziale e da lì nella pleura viscerale.<br />

3. Quando le fibre sono fagocitate dai macrofagi, esse provocano delle alterazioni strutturali a carico degli<br />

stessi macrofagi cui consegue il rilascio di citochine, radicali liberi, ed enzimi.<br />

4. Questi elementi provocano una reazione infiammatoria di tipo granulomatoso (flogosi granulomatosa<br />

diffusa) cui fa seguito la degenerazione fibrotica del parenchima polmonare.<br />

Il periodo di latenza per il mesotelioma è piuttosto lungo, 20 – 40 anni tra l'esposizione e l'espressione della<br />

malattia. L'effetto cancerogeno delle fibre deriva dalla forma e dalla dimensione di queste piuttosto che<br />

dalla loro composizione chimica, inoltre influisce anche la predisposizione individuale (alcuni soggetti<br />

esposti alle polveri di asbesto sviluppano placche ialine, altri invece il mesotelioma).<br />

Le fibre di asbesto possono anche trasportare sostanze cancerogene che a loro volta contribuiscono alla<br />

cancerogenesi, ciò può spiegare la relazione tra l’associazione asbesto-tabagismo e l’alta incidenza del<br />

cancro del polmone: rispetto alla popolazione normale l'incidenza del cancro del polmone è cinque volte<br />

superiore nei lavoratori esposti all'asbesto.


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ASPETTI MACROSCOPICI E VIE DI DIFFUSIONE<br />

Nelle fasi iniziali si formano piccoli noduli multipli localizzati sulla pleura parietale e/o viscerale, crescono e<br />

confluiscono per formare noduli di dimensioni sempre maggiori che coinvolgono contemporaneamente<br />

entrambi i foglietti della sierosa; ciò avviene per diffusione endocelomatica delle cellule neoplastiche con<br />

precoce interessamento di tutta la sierosa.<br />

La progressione tumorale prosegue per continuità infiltrando i connettivi sottosierosi e il polmone che<br />

viene via via incarcerato.<br />

Nelle fasi avanzate della malattia il processo procede per contiguità determinando l'infiltrazione della<br />

parete toracica, del mediastino, del diaframma ed eventualmente anche dell'addome.<br />

Le metastasi sono in genere tardive, per via linfatica ai linfonodi mediastinici, per via ematica al fegato<br />

prevalentemente.<br />

QUADRO CLINICO<br />

- Dolore localizzato, continuo, che non si attenua al variare del decubito e all’assunzione di analgesici<br />

(dolore neuropatico causato dall'infiltrazione della parete e dei nervi intercostali).<br />

- Dispnea prima da sforzo e poi a riposo dovuta a:<br />

- la compressione del polmone da parte del versamento pleurico (tipica);<br />

- la costrizione della gabbia toracica secondaria all’infiltrazione della parete toracica;<br />

- una componente cardiogena se il tumore ha infiltrato il pericardio causando un versamento<br />

pericardico (tamponamento cardiaco).<br />

- Tosse.<br />

- Il paziente è APIRETICO.<br />

DIAGNOSI<br />

Anamnesi (fattori di rischio e sintomatologia).<br />

Esame obiettivo (segni di versamento).<br />

Esami strumentali: RX torace e TC torace (mostrano la morfologia della lesione e la TC in particolare guida<br />

la procedura d’esecuzione della biopsia).<br />

Toracentesi (esami chimico-fisici, citologico e microbiologico = diagnosi differenziale).<br />

Esame istologico:<br />

BIOPSIA =<br />

- agobiopsia eco o TC guidata;<br />

- biopsia tramite toracoscopia;<br />

- biopsia tramite toracotomia;<br />

ESAME AL MICROSCOPIO ELETTRONICO CON IMMUNOISTOCHIMICA = i campioni bioptici spesso sono di<br />

difficile interpretazione per via dell’alto tasso di fibrosi e della scarsa cellularità, l’uso di anticorpi<br />

monoclonali marcati con molecole fluorescenti permette di individuare con maggior sensibilità al<br />

microscopio la presenza di markers specifici per le cellule neoplastiche del mesotelioma maligno.<br />

TRATTAMENTO<br />

Pleurodesi con talco sterile = terapia puramente palliativa, impedisce la formazione di versamenti pleurici.<br />

Chemioterapia.


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PNEUMOTORACE<br />

Definizione: raccolta d'aria in cavità pleurica causata da una soluzione di continuo della pleura viscerale o<br />

parietale, con collasso parziale o totale del polmone verso l'ilo.<br />

EZIOPATOGENESI<br />

CLASSIFICAZIONE EZIOPATOGENETICA<br />

Pneumotorace spontaneo<br />

Primitivo (semplice): colpisce pz. maschi, giovani e longilinei; è causato dalla rottura delle blebs (bolle<br />

d'aria nella cavità pleurica); se recidivante si può intervenire chirurgicamente asportando le blebs.<br />

Secondario: colpisce pz. solitamente anziani, con una patologia che può essere =<br />

- enfisema polmonare;<br />

- tubercolosi cavitaria;<br />

- ascesso;<br />

- asma;<br />

- cancro del polmone;<br />

- ecc.<br />

Pneumotorace acquisito<br />

Iatrogeno: a seguito di manovre diagnostiche o terapeutiche =<br />

- biopsia transtoracica o agobiopsia con guida TC;<br />

- toracentesi;<br />

- complicazioni di un intervento chirurgico;<br />

- catetere venoso centrale (giugulari e succlavie in prossimità degli apici polmonari);<br />

- pacemaker;<br />

- ventilazione meccanica (barotrauma nei pazienti intubati);<br />

- manovre di dilatazione dell'esofago = rottura dell’esofago → Boerhaave's syndrome = passaggio di<br />

aria e liquidi nel cavo pleurico (secondaria a vomito violento, a esofagite, a ingestione di sostanze<br />

caustiche, ad infezioni pesanti – specie nei pz. HIV positivi – e a manovre di dilatazione dell’esofago).<br />

Traumatico:<br />

- trauma chiuso (soluzione di continuo che interessa la pleura viscerale, dovuta allo schiacciamento o a<br />

una frattura costale, può verificarsi in seguito a cadute dall'alto, incidenti automobilistici, ecc.);<br />

- trauma penetrante (lesione della pleura parietale associata eventualmente a una lesione della pleura<br />

viscerale, dovuta a ferite d'arma da fuoco, da armi bianche o corpi taglienti in generale).<br />

FISIOPATOLOGIA<br />

L'aria può entrare dall'esterno o dall'interno del torace (dall’albero bronchiale del polmone leso), viene<br />

annullata la pressione pleurica negativa e il polmone collassa.<br />

Pneumotorace aperto = durante l'inspirazione l'aria entra e distende il cavo pleurico, che invece si retrae<br />

nell'espirazione; ciò causa uno sbandieramento del mediastino (stasi venosa per compressione delle cave e<br />

shock cardiogeno).<br />

Pneumotorace iperteso = l’aria entra (dall’albero bronchiale o dalla parete toracica) con meccanismo a<br />

valvola, il flusso è unilaterale e l’aria entra in inspiro, ma non esce con l’espirazione, causando un aumento<br />

della pressione tale da spostare il mediastino verso l’emitorace sano (stasi venosa per compressione delle<br />

cave e shock cardiogeno con un rischio maggiore a quello del PNX aperto).<br />

Complicanze = anche lo pneumotorace semplice può evolvere in pneumotorace iperteso; la principale<br />

causa di morte è lo shock cardiogeno, soprattutto nello pneumotorace iperteso).


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QUADRO CLINICO<br />

SINTOMATOLOGIA<br />

È variabile con le condizioni del paziente (capacità respiratoria), con l'entità del collasso polmonare e<br />

dell'eventuale compressione del polmone controlaterale (lo pneumotorace iperteso darà sintomi maggiori).<br />

Segni e sintomi:<br />

dispnea (percepita in maniera diversa a seconda delle condizioni di base del paziente);<br />

dolore trafittivo improvviso;<br />

agitazione e senso di morte imminente;<br />

cianosi;<br />

eventuale stato di shock;<br />

asimmetria statica e dinamica;<br />

FVT ridotto o assente;<br />

ipertimpanismo alla percussione;<br />

murmure vescicolare ridotto/assente;<br />

eventuale soffio anforico (inspiratorio, passaggio d'aria in cavità pleurica);<br />

deviazione della trachea (nel pt. iperteso);<br />

enfisema sottocutaneo (crepitio di neve alla palpazione, se è lesa la pleura parietale);<br />

eventuale ferita penetrante soffiante;<br />

retrazione dello stantuffo di una siringa inserita in toracica;<br />

se c'è ostruzione delle vene cave, si può notare anche turgore giugulare.<br />

DIAGNOSI<br />

Spesso il paziente è incosciente e l’esame obiettivo è limitato.<br />

RX torace:<br />

- aria in cavo pleurico – diminuzione opacità;<br />

- collasso del polmone verso l'ilo;<br />

- il mediastino viene spinto verso l'emitorace sano;<br />

- il diaframma è abbassato;<br />

- gli spazi intercostali allargati;<br />

- eventuale enfisema sottocutaneo.<br />

Nello pneumotorace iperteso si può vedere uno spiccato aumento di volume dell'emitorace interessato e<br />

un maggiore collasso polmonare. Il polmone controlaterale può apparire più opaco per lo schiacciamento.<br />

TC: si fa sempre nei pazienti con traumi maggiori (estesi a tutto il corpo) o con presenza di enfisema<br />

sottocutaneo (nasconde all’RX il profilo del polmone collassato). Permette anche di vedere bene una<br />

rottura della trachea, dell'esofago, dell’aorta, contusioni del polmone e la presenza di aria nel mediastino.<br />

TERAPIA<br />

Il pneumotorace iperteso richiede un intervento in emergenza.<br />

Toracotomia<br />

Si decomprime inserendo un ago per far uscire l'aria = drenaggio ascellare; il punto migliore per il drenaggio<br />

è situato sull'ascellare media, non sotto la linea mammaria (per essere sicuri di non pungere in addome).<br />

Terapia chirurgica<br />

Si può intervenire in più modi a seconda della causa (es. asportare le blebs, oppure, se possibile, tentare di<br />

far aderire le pleure tra loro nella regione interessata usando sostanze irritanti). Di fronte ad uno<br />

pneumotorace iperteso il chirurgo deve intervenire per trasformarlo in uno pneumotorace semplice.<br />

L’intervento chirurgico è indicato in’urgenza e nel pz. giovane al secondo episodio, in tutti gli altri casi<br />

l’intervento chirurgico non è indicato. Lo scopo della chirurgia è quello di rimuovere la causa.


TIMOMI<br />

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TUMORI DEL TIMO<br />

TIMOMA: è un tumore che ha caratteristiche istologiche benigne, la distinzione tra il timoma invasivo e<br />

quello non invasivo è esclusivamente macroscopica (cioè se il tumore ha infiltrato o meno il parenchima<br />

dell’organo).<br />

NON INVASIVO =<br />

- epiteliale;<br />

- linfocitico;<br />

- tipo SPINDLE cell;<br />

- misto linfo-epiteliale.<br />

INVASIVO =<br />

- epiteliale;<br />

- linfocitico;<br />

- misto linfo-epiteliale.<br />

CARCINOMA TIMICO: ha caratteristiche di malignità con una spiccata tendenza ad invadere le strutture<br />

circostanti, presenta una prognosi molto severa.<br />

TUMORI DI ORIGINE NEUROENDOCRINA:<br />

carcinoidi;<br />

tumori a piccole cellule.<br />

TIMOMI<br />

Insorge con maggior frequenza dopo la quarta decade (tra la 5° e la 7°), senza distinzione tra la popolazione<br />

maschile e quella femminile, si localizza solitamente, ma non esclusivamente, nel MEDIASTINO ANTERIORE.<br />

TIMOMA INVASIVO<br />

Diffonde per continuità nella capsula del timo, nel tessuto adiposo mediastinico, nel pericardio, nelle pareti<br />

dei grossi vasi, nelle pleure e nel polmone, diffonde anche per via ematica (ossa, fegato, cervello) e<br />

endocelomatica.<br />

Asintomatico nel 50 – 60 % dei casi, altre volte invece può manifestarsi con:<br />

SINTOMATOLOGIA ASPECIFICA (dolore toracico, tosse, dispena);<br />

SINDROME MEDIASTINICA (segni e sintomi da compressione delle vene cave, del nervo frenico, del<br />

nervo laringeo ricorrente);<br />

SINDROMI PARATIMICHE =<br />

- miastenia (inficia la capacità respiratoria);<br />

- anemia da ipogenerazione;<br />

- ipogammaglobulinemia;<br />

- rare manifestazioni autoimmuni.<br />

STADIAZIONE:<br />

la chirurgia è indicata fino a che il tumore non invade i tessuti circostanti la capsula (stadio 2).<br />

DIAGNOSI:<br />

anamnesi (sintomatologia di riferimento toracico);<br />

RX precedenti, RX in proiezioni multiple =<br />

- opacità;<br />

- alterazioni unilaterali del profilo mediastinico;<br />

- allungamento del profilo mediastinico che simula l’allargamento del profilo cardiaco;


Chirurgia Toracica – Ghirardo, David, Degrassi 2<br />

- presenza di disomogeneità nella lesione;<br />

TC torace e RM torace = se si sospetta la presenza di una lesione maligna, ma l’RX è negativa;<br />

definiscono la lesione con maggior risoluzione, forniscono informazioni sul rapporto della lesione con le<br />

strutture anatomiche circostanti.<br />

TRATTAMENTO: eradicazione chirurgica, chemioterapia, radioterapia.


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TUMORI BENIGNI DEL POLMONE<br />

Sono neoplasie molto rare, il rapporto tra la loro frequenza e quella delle neoplasie maligne è di 1/100.<br />

CLASSIFICAZIONE<br />

Si distinguono in:<br />

epiteliali =<br />

- papillomi (originano dalle ghiandole delle mucose dei grossi bronchi, hanno aspetto peduncolato,<br />

possono essere singoli o multipli = papillomatosi, possono causare ostruzione del bronco e<br />

ateletassia a carico della porzione di parenchima corrispondente);<br />

- angiomi;<br />

connettivali =<br />

- lipomi;<br />

- fibromi;<br />

- condromi;<br />

muscolari = miomi;<br />

nervosi (periferici o sottopleurici);<br />

amartomatosi = lesioni disontogenetiche, cioè costituite da un insieme di tessuti istologicamente<br />

normali, mescolati fra loro senza nessun tipo di coordinazione architetturale; sono i più frequenti.<br />

QUADRO CLINICO<br />

Spesso asintomatici, la loro diagnosi è occasionale quando un paziente si sottopone per altri motivi ad un<br />

esame radiologico (RX torace). In alcuni casi invece si possono manifestare con:<br />

dolore toracico;<br />

sintomatologia pre-ostruttiva =<br />

- tosse secca;<br />

- emoftoe;<br />

sintomatologia ostruttiva =<br />

- tosse produttiva associata a febbre ed espettorato purulento (manifestazioni broncopneumoniche<br />

ricorrenti);<br />

- dispnea;<br />

- ateletassia (se di lunga durata promuove la fibrosi polmonare e la formazione di bronchiettasia).<br />

DIAGNOSI<br />

Anamnesi e analisi dei reperti radiografici precedenti.<br />

RX torace e TC torace.<br />

Broncoscopia.<br />

BIOPSIA si esegue al fine di raggiungere la diagnosi istologica e si può effettuare tramite broncoscopio<br />

(diretta o transbronchiale) oppure in toracoscopia, in toracotomia o per mezzo di agobiopsia TC guidata.<br />

TRATTAMENTO<br />

Sono lesioni benigne non infiltranti quindi l’approccio è chirurgico; l’escissione della massa viene eseguita<br />

tramite intervento diretto (exeresi chirurgica) per le lesioni periferiche, per mezzo del broncoscopio se il<br />

tumore ha sede endobronchiale.


Chirurgia Toracica – Ghirardo, David, Degrassi 1<br />

VERSAMENTO PLEURICO<br />

DEFINIZIONE: presenza di liquido nella cavità pleurica.<br />

Un versamento pleurico ostacola la normale espansione del polmone e quindi riduce notevolmente la<br />

capacità respiratoria del soggetto (riduzione dei volumi di scambio respiratorio).<br />

PATOGENESI: il liquido può riversarsi nella cavità pleurica per un meccanismo di trasudazione o di<br />

essudazione da:<br />

i capillari dei foglietti pleurici;<br />

dagli spazi intercostali;<br />

dalla cavità peritoneale per la presenza di brecce a livello di diaframma.<br />

AUMENTO DELLA PRESSIONE IDROSTATICA INTRACAPILLARE (TRASUDAZIONE).<br />

RIDUZIONE DELLA PRESSIONE OSMOTICA INTRACAPILLARE (TRASUDAZIONE).<br />

INCAPACITÁ DEI CAPILLARI LINFATICI DI DRENARE EFFICACEMENTE IL LIQUIDO INTERSTIZIALE<br />

(TRASUDAZIONE).<br />

AUMENTO DELLA PERMEABILITÁ CAPILLARE = stati infiammatori (ESSUDAZIONE = passaggio di liquido e<br />

proteine).<br />

DIFFERENZA TRA TRASUDATO E ESSUDATO: l’essudato presenta determinate caratteristiche =<br />

rapporto tra [proteine nel liquido pleurico]/[proteine plasmatiche] > 0,5;<br />

rapporto tra [LDH del liquido pleurico]/[LDH serica] > 0,6 (dato specifico per le infiammazioni della<br />

pleura).<br />

DIAGNOSI:<br />

anamnesi =<br />

ASTENIA;<br />

DISPNEA;<br />

FEBBRE (non costante);<br />

PREGRESSE PATOLOGIA CARDIACHE E INFEZIONI POLMONARI;<br />

esame obiettivo =<br />

non si riscontra asimmetria né nella statica, né nella dinamica;<br />

FVT ridotto localmente;<br />

MV ridotto localmente;<br />

esami strumentali =<br />

RX torace;<br />

TC torace;<br />

altre tecniche d’indagine =<br />

toracentesi (determinare la natura del versamento = esame microbiologico, esame citologico).<br />

VERSAMENTO NEOPLASTICO<br />

Trattasi di versamenti essudativi ([proteine] = 1,5 – 8 g/dL; pH < 7.3 = cattiva prognosi per la pleurodesi),<br />

frequentemente non accompagnati a febbre (es. il versamento secondario al mesotelioma).<br />

Sierosi (chilotorace) = i più frequenti, dovuti all’ostruzione della rete linfatica che provocata da un<br />

tumore infiltrante (ma anche a processi flogistici).<br />

Ematici = si verificano nel momento che un tumore invade la pleura perché la erode e/o perché la stessa<br />

massa tumorale sanguina (neoangiogenesi).<br />

Siero-ematici.


Chirurgia Toracica – Ghirardo, David, Degrassi 2<br />

Una piccola quota dei versamenti neoplastici ha le caratteristiche del trasudato, sono dovuti ha:<br />

ostruzione precoce della rete linfatica;<br />

ateletassia (compressione della rete linfatica);<br />

concomitante scompenso cardiaco SX con ipertensione polmonare = aumento della pressione<br />

idrostatica intracapillare.<br />

SINTOMI<br />

Dispnea ingravescente, da sforzo prima, a riposo poi.<br />

Dolore toracico.<br />

Tosse.<br />

Esordio in assenza di febbre (la febbre è generalmente secondaria al tumore o a fenomeni<br />

broncopneumonici dovuti all’ostruzione dei bronchi da parte della massa tumorale che favorisce il<br />

ristagno delle secrezioni e la proliferazione batterica).<br />

DIAGNOSI<br />

Esame clinico (anamnesi, analisi dei reperti radiologici precedenti ed esame obiettivo).<br />

RX torace in ortostatismo e in proiezioni multiple.<br />

TC torace (il versamento appare come una macchia grigia, non omogenea per via dei depositi di fibrina, i<br />

polmoni presentano margini irregolari).<br />

Toracentesi eco-guidata =<br />

- analisi chimico-fisiche;<br />

- esame citologico;<br />

- esame microbiologico (diagnosi differenziale).<br />

TERAPIA<br />

Dieta (negli stati di malnutrizione che comportano una riduzione delle proteine plasmatiche).<br />

Terapie antibiotiche (versamenti su base infettiva).<br />

Toracentesi a scopo di drenare la cavità pleurica (eco-guidata nel caso di raccolte saccate).<br />

Pleurodesi chimica = previo opportuno drenaggio della cavità pleurica, provocare l’adesione dei due<br />

foglietti pleurici con sostanze irritanti, es. il talco sterile).


ISCHEMIA ACUTA<br />

L’ISCHEMIA<br />

Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 1<br />

DEFINIZIONE: l’ischemia acuta è la condizione patologica in cui la riduzione improvvisa del flusso arterioso<br />

non consente che la richiesta di ossigeno e metaboliti da parte dei tessuti possa essere soddisfatta<br />

dall’apporto ematico.<br />

La riduzione del flusso è dovuta ad un’ostruzione improvvisa alla progressione del sangue per cui le<br />

richieste metaboliche dei tessuti a valle dell’ostruzione non sono adeguatamente soddisfatte.<br />

Se il distretto arterioso coinvolto dall’ostruzione presenta ricchi circoli collaterali che mettono in<br />

comunicazione le zone a monte dell’ostruzione con quelle a valle ovviamente i tessuti delle zone a valle<br />

risentiranno in maniera minore dell’ischemia rispetto ad un distretto vascolare povero di circoli collaterali.<br />

Indipendentemente dalla causa che ha determinato l’evento ischemico, il quadro clinico dipenderà<br />

soprattutto dalla capacità di compenso dei circoli collaterali.<br />

Alcuni esempi di eziopatogenesi per LE ISCHEMIE PERIFERICHE ACUTE:<br />

embolia;<br />

trombosi su base aterosclerotica (TROMBOSI SU ARTERIE PATOLOGICHE);<br />

aneurisma dissecante dell’aorta (TROMBOSI SU ARTERIE PATOLOGICHE);<br />

phlegmasia caerulea dolens (TROMBOSI SU ARTERIE SANE);<br />

traumi es. frattura ossea = il troncone osseo per colpa del traumatismo può andare a sezionare un vaso<br />

arterioso (TROMBOSI POST TRAUMATICHE).<br />

L’ischemia acuta periferica è la SITUAZIONE D’EMERGENZA con cui il chirurgo vascolare si deve confrontare<br />

più frequentemente, nonostante i presidi tecnologici e farmacologici più recenti rimane una patologia<br />

impegnativa, gravata da percentuali di amputazioni e mortalità inaspettatamente elevate (rispettivamente<br />

10 – 15 % e 10 – 20 % nelle casistiche più recenti.<br />

EMBOLIA<br />

Un embolo è un corpo estraneo presente nel circolo sanguigno.<br />

ORIGINE DELL’EMBOLO<br />

Sono diverse le possibili origini di un embolo, dal punto di vista eziologico le embolie si suddividono in:<br />

- cardiogene;<br />

- periferiche;<br />

- da cause rare.<br />

IL 90 % DEI CASI DI EMBOLIA DI CUI SI È IDENTIFICATA LA PROVENIENZA, L’ORIGINE È UNA TROMBOSI<br />

INTRACARDIACA DOVUTA AD UNA PATOLOGIA CARDIACA REUMATICA (20 %) O ISCHEMICA (80 %). NEL<br />

10 % DEI CASI L’ORIGINE È EXTRACARDIACA, PIÙ FREQUENTEMENTE SI TRATTA DI FRAMMENTI<br />

PROVENIENTI DA UNA PLACCA ATEROSCLEROTICA ULCERATA O DA UNA SACCA ANEURISMATICA.<br />

È da tenere presente che nel 20 – 25 % dei casi (una percentuale non indifferente) non è possibile risalire<br />

con certezza all’origine dell’embolo = EMBOLIA IDIOPATICA.<br />

Si ipotizza la presenza di piccole lesioni ulcerate della parete vasale, oppure difetti intracardiaci = EMBOLIA<br />

PARADOSSA.


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 2<br />

1. EMBOLIA DI ORIGINE CARDIACA<br />

a. Infarto del miocardio (aterosclerosi coronarica) = soluzione di continuo dell’endocardio = trombosi;<br />

b. Repentina variazione del ritmo cardiaco e aritmie = provocano mobilizzazione di trombo<br />

preesistente;<br />

c. FA = fibrillazione atriale, è un’anomalia del ritmo di contrazione delle fibre muscolari cardiache per<br />

cui l’atrio non si contrae correttamente come dovrebbe, ma in maniera asinergica che porta al<br />

ristagno di sangue nell’atrio (SX) che prelude alla formazione di trombi che possono embolizzare,<br />

raggiungere il ventricolo e quindi il circolo (è la causa più frequente di formazione e distacco di un<br />

trombo atriale, es. i trombi auricolari).<br />

FA può essere dovuta ad un infarto del miocardio oppure all’ischemia (acidosi = alterazione del<br />

potenziale di membrana = interferenza con la normale attivazione elettrica della contrazione =<br />

extrasistole in sovrannumero tali da rendere inefficace della contrzione.<br />

d. Malattia vascolare reumatica = è conseguenza della febbre reumatica = una patologia infiammatoria<br />

che si verifica a seguito di un infezione da streptococco del gruppo A; si crede sia causata da anticorpi<br />

cross-reattivi che aggrediscono il cuore, le articolazioni, la pelle e il cervello; questa malattia<br />

tipicamente si sviluppa 2 – 3 settimane dopo l’infezione streptococcica, è chiamata febbre reumatica<br />

per via della sua similarità di manifestazione con la RA.<br />

e. Endocardite batterica (distacco delle vegetazioni = embolo settico).<br />

f. Embolia paradossa = È MOLTO RARO CHE UN EMBOLO ARTERIOSO NELLA CIRCOLAZIONE SISTEMICA<br />

ABBIA ORIGINE VENOSA (un embolo che si forma a livello venoso con maggior probabilità andrà ad<br />

ostruire il piccolo circolo causando una tromboembolia polmonare più o meno grave), un’eventualità<br />

per cui ciò potrebbe verificarsi se presente uno shunt destro-sinistro quale la pervietà del dotto di<br />

Botallo.<br />

g. Mixoma atriale sinistro, tumore maligno del cuore che può frammentarsi ed embolizzare.<br />

2. EMBOLIE DI ORIGINE PERIFERICA - ARTERIE<br />

a. DA ARTERIE SANE:<br />

- traumi;<br />

b. DA ARTERIE PATOLOGICHE:<br />

- aterosclerosi e le sue complicanze = si ha la frammentazione della placca ATEROSCLEROTICA<br />

ULCERATA oppure la sua fessurazione con conseguente evento di trombosi che può<br />

eventualmente embolizzare;<br />

- aneurismi = portano alla formazione di trombi parietali che poi possono embolizzare;<br />

Le dimensioni di questi emboli sono variabili<br />

Sindrome del dito blu (Trash foot Syndrome o Blu toe Syndrome)<br />

Microemboli (200 micron – 1 mm di diametro) di origine periferica che vanno a localizzarsi nei<br />

segmenti arteriosi più distali, aree delimitate di cianosi o francamente gangrenose compaiono<br />

all’improvviso in estremità ben perfuse con polsi presenti e validi (in una minoranza di pazienti questo<br />

può essere il primo segno di lesioni aterosclerotiche stenosanti e instabile o lesioni aneurismatiche a<br />

carico dei distretto arteriosi di maggior calibro).<br />

3. EMBOLIE RARE<br />

a. cisti da echinococco.<br />

b. tumori di varia origine.<br />

c. corpi estranei.


Si distinguono inoltre:<br />

EMBOLIA IDIOPATICA = origine sconosciuta dell’embolo;<br />

Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 3<br />

EMBOLIA IATROGENA<br />

a. tipicamente da farmaci:<br />

alcuni tipi di farmaci come i glicosidi cardiaci per la loro azione inotropa positiva che causa una<br />

repentina variazione del ritmo cardiaco;<br />

una errata somministrazione, ad esempio la somministrazione in arteria di farmaci da<br />

somministrare in vena = il farmaco non ha modo di diluirsi e può precipitare formare un<br />

embolo);<br />

b. sostituzione di valvole cardiache<br />

- perché il materiale protesico aumenta il profilo coagulativo promuovendo la formazione di<br />

trombi;<br />

- perché la procedura potrebbe ledere l’endocardio;<br />

- perché l’usura della valvola potrebbe provocarne il distacco di un frammento.<br />

La sostituzione di valvole native con valvole protesiche è complicata da embolia sistemica in media<br />

nel 15,5 % dei casi, con localizzazione preferenziale al circolo cerebrale e degli arti inferiori; il<br />

trattamento con anticoagulanti nel post operatorio a significativamente ridotto il manifestarsi si<br />

questo tipo di embolia);<br />

c. procedure endo-vascolari (come angioplastica, procedure angioradiologiche, ecc).<br />

LOCALIZZAZIONE DELL’EMBOLO<br />

L’ostruzione causa dall’embolo si localizza più frequentemente AGLI ARTI INFERIORI, la ragione non è<br />

meramente l’effetto della gravità sullo scorrimento del sangue, bisogna considerare anche che l’apporto di<br />

sangue è molto maggiore in quanto c’è più massa muscolare e perché il letto vascolare è più esteso =<br />

significa quindi una maggior probabilità di embolia.<br />

Gli arti inferiori costituiscono la LOCALIZZAZIONE preferenziale degli emboli periferici:<br />

1. 60 % dei casi si localizzano agli arti inferiori;<br />

2. 36 % dei casi sono localizzati alla biforcazione femorale;<br />

3. 15 % dei casi sono localizzati alla biforcazione poplitea;<br />

4. 14 % dei casi si localizzano agli arti superiori.<br />

GLI EMBOLI POSSONO FRAMMENTARSI E ANDARE A OSTRUIRE IL CIRCOLO IN PUNTI DIVERSI (raro, ma<br />

succede).<br />

FISIOPATOLOGIA dell’ischemia acuta dovuta ad embolia<br />

L’occlusione è dovuta sia alla presenza dell’embolo che ostacola il flusso, sia ad uno spasmo della<br />

muscolatura liscia delle pareti del vaso che si verifica per reazione irritativa al corpo estraneo (edema locale<br />

dovuto alla reazione infiammatoria).<br />

TROMBOSI<br />

Le occlusioni trombotiche acute sono suddivise in:<br />

trombosi su arterie sane;<br />

trombosi su arterie patologiche;<br />

trombosi post-traumatiche.


TROMBOSI SU ARTERIE SANE<br />

Alterazioni del sistema emopoietico (piastrinosi, leucemia, policitemia).<br />

Alterazioni dei processi coagulativi.<br />

Presenza di fattori reologici che modificano la viscosità del sangue.<br />

Presenza di fattori cardiaci che rallentano la circolazione.<br />

Sindromi paraneoplastiche (es. Phlegmasia caerulea dolens).<br />

Fattori iatrogeni dovuti all’assunzione di farmaci.<br />

Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 4<br />

Si verificano con bassa frequenza, l’eziopatogenesi è da ricercare in alterazioni del sistema emopoietico<br />

(policitemia) o dei processi coagulativi (crioglobulinemia, deficit di antitrombina III), nella presenza di<br />

fattori reologici che variano la viscosità del sangue causando un rallentamento della velocità di<br />

scorrimento. Rallentamento della circolazione dovuto ad aritmie, scompensi cardiaci, ecc.<br />

Crioglobulinemia = condizione patologica caratterizzata dalla presenza di crioglobuline nel siero del<br />

soggetto e deposizione di immunocomplessi nell'endotelio vasale; le crioglobuline sono proteine che<br />

precipitano alle basse temperature e che ritornano in soluzione dopo riscaldamento. Il fenomeno è<br />

giustificato dalla proprietà degli anticorpi patologicamente presenti nel soggetto crioglobulinemico di<br />

legare i componenti proteici presenti nel siero.<br />

La Phlegmasia caerulea dolens è un’altra causa di trombosi in arterie sane:<br />

Spesso è una patologia paraneoplastica (associata al cancro del pancreas) dovuta alla capacità di alcuni tipi<br />

di tumore di produrre e immettere nel circolo sostanze PROTROMBOTICHE. È un quadro simultaneo di<br />

occlusione del circolo arterioso e venoso superficiale e profondo con una riduzione massiccia del flusso di<br />

sangue arterioso per ostacolato ritorno venoso.<br />

Si ha:<br />

1. TVP diffusa con rallentamento del circolo e stasi venosa;<br />

2. riduzione del ritorno venoso;<br />

3. caduta della gittata cardiaca;<br />

4. ostruzione del letto arterioso che riconosce una genesi MULTIFATTORIALE:<br />

o spasmo arterioso riflesso dovuto all’irritazione delle strutture vascolari arteriose;<br />

o ostacolato ritorno venoso;<br />

o ipertensione sotto fasciale che esercita una compressione estrinseca delle strutture vascolari<br />

arteriose da parte di quelle venose dilatate dall’ostruzione trombotica.<br />

L’ischemia arteriosa periferica non è mai massiva come nella trombosi o nell’embolia.<br />

Forme rare di più recente osservazioni sono le trombosi nelle donne correlate all’uso di estroprogestinici<br />

(aumentano la concentrazione di TAFI [Thrombin Activated Fibrinolysis Inhibitor], una molecola in grado di<br />

disattivare il sito di legame della fibrina per la plasmina inibendo così la fibrinolisi.<br />

TROMBOSI SU ARTERIE PATOLOGICHE<br />

Malattie degenerative di tipo aterosclerotico (35 % dei casi):<br />

5. come prima espressione di stenosi;<br />

6. come evoluzione improvvisa di lesioni croniche;<br />

con localizzazione preferenziale al distretto femoro-popliteo (oltre il 50 % dei casi).<br />

Aneurismi e malattie ectasizzanti [le malattie congenite del tessuto connettivo (es. la sindrome di<br />

Ehlers-Danlos, la sindrome di Marfan) danno caratteristicamente luogo alla medionecrosi cistica che<br />

coinvolge l'aorta prossimale e può dar luogo ad aneurismi, di solito fusiformi].


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 5<br />

Malattie fibrodisplastiche (che coivolgono le arterie renali o le carotidi, più frequenti nelle donne).<br />

Arteropatie non arteriosclerotiche:<br />

malattie infiammatorie delle arterie (es. tromboangioite obliterante = individui maschi, fumatori, di<br />

età inferiore a 40 anni, colpisce le arterie di medio e piccolo calibro, localizzata anche agli arti<br />

superiori contrariamente all’aterosclerosi, può portare ad amputazioni, ha un interessamento<br />

cardiaco che porta a morte precoce del pz.);<br />

malattie autoimmuni (es. arterite lupoide);<br />

panarterite nodosa PAN.<br />

Sindrome di Raynoud con il tempo presenta come complicanza trombosi a carico delle piccole arterie<br />

(VEDI LA TOS).<br />

TROMBOSI POST TRAUMATICHE<br />

Trombosi da traumi diretti:<br />

traumi penetranti, in cui la lesione viscerale interessa le diverse tonache del vaso a partire<br />

dall’avventizia (perforazione o lacerazione);<br />

traumi non penetranti (traumi chiusi), in cui l’agente lesivo determina l’iperdistensione della parete<br />

causandone la discontinuità a partire dall’intima (compressione o contusione).<br />

Trombosi da traumi indiretti, l’azione si esplica sui tessuti e le strutture circostanti, che a loro volta<br />

provocano lesioni al vaso (dislocazione di frammenti ossei o lussazioni di grosse articolazioni):<br />

contusione;<br />

compressione;<br />

lacerazione.<br />

I distretti maggiormente colpiti sono quello femorale, popliteo, omerale.<br />

Trombosi iatrogene imputabili all’impiego di metodiche diagnostiche o terapeutiche.<br />

FISIOPATOLOGIA DELL’ISCHEMIA ACUTA<br />

Il danno causato dal periodo di ischemia dipende dal bilancio tra apporto e richiesta metabolica, che a sua<br />

volta è in rapporto al tipo di tessuto; infatti i tessuti non sono sensibili al danno ischemico in egual misura,<br />

alcuni lo sono più di altri. Il tessuto nervoso e quello muscolare sono i più suscettibili:<br />

t. nervoso > t. muscolare > cute e sottocute > osso.<br />

Le alterazioni metaboliche che si verificano nel danno ischemico sono dovute essenzialmente alla mancanza<br />

di substrati necessari per mantenere la produzione di ATP al fine di conservare l’attività biologica delle<br />

cellule. Se l’ischemia è protratta nel tempo si arriva al DANNO TISSUTALE IRREVERSINBILE = NECROSI<br />

COAGULATIVA.<br />

MUSCOLO ISCHEMICO<br />

Nelle ischemie degli arti inferiori i presupposti del danno ischemico vanno ricercati nel comportamento<br />

metabolico del muscolo.<br />

In situazioni basali (a riposo) un flusso di 2 – 4 cc/100g/min è sufficiente a rifornire il tessuto dell’ossigeno<br />

necessario alla beta-ossidazione degli acidi grassi liberi = substrato fondamentale del metabolismo aerobio<br />

del muscolo, modeste sono le quantità di lattati, si ritrovano accumuli di creatin-fosfato.


Nel muscolo sotto sforzo di ha:<br />

1. un’esaltazione della glicolisi aerobica con conseguenti impoverimento di ossigeno;<br />

2. accumulo di anidride carbonica e lattato;<br />

3. successivamente prevale la glicolisi anaerobica con:<br />

o ulteriore accumulo di lattato, ciò comporta una acidosi con pH inferiore a 7.2;<br />

o consumo delle riserve di creatin-fosfato;<br />

o aumento dell’estrazione del glucosio;<br />

= QUESTA È ANCHE LA CONDIZIONE CHE SI PRESENTA DURANTE UNA ISCHEMIA.<br />

Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 6<br />

Le alterazioni del metabolismo cellulare determinano e accelerano le alterazioni strutturali a carico della<br />

fibra muscolare, dell’endotelio capillare e dei recettori neuromuscolari.<br />

In un primo momento le lesioni cellulari e interstiziali possono ancora regredire se viene<br />

TEMPESTIVAMENTE RIPRISTINATA UN’ADEGUATA PERFUSIONE.<br />

Si verifica:<br />

ACIDOSI METABOLICA per l’accumulo di CO₂ e lattati;<br />

e l’alterazione delle pompe Na⁺/K⁺ dovuta alla mancanza di ATP comportano EDEMA CELLULARE con<br />

squilibrio elettrolitico, ingresso di Ca²⁺, Na⁺ e Clˉ, e fuoriuscita di K⁺ = AUMENTA LA POTASSIEMIA,<br />

(l’iperpotassiemia compromette la contrazione del muscolo, nel caso di ischemia coronarica<br />

compromette la contrazione del miocardio, ciò può innescare una FA);<br />

l’edema cellulare causa uno scompaginamento della membrana cellulare (BLEBS).<br />

all’edema cellulare segue CITOLISI con fuoriuscita del materiale lisosomiale;<br />

la sofferenza cellulare a carico dell’endotelio provoca un aumento della PERMEABILITÀ CAPILLARE con<br />

DIAPEDESI LEUCOCITARIA, contemporaneamente l’accumulo di CO₂, l’abbassamento del ph e<br />

l’accumulo di cataboliti e di molecole istamino-simili rilasciate dalle cellule dell’infiammazione provoca<br />

una VASODILATAZIONE; si forma EDEMA INTERSTIZIALE con ESSUDAZIONE che ulteriormente riduce la<br />

circolazione capillare;<br />

la fuoriuscita dal vaso delle componenti plasmatiche INNESCA IL SISTEMA DELL’EMOSTASI<br />

promuovendo l’aggregazione eritrocitaria intravasale = COMPORTA L’ARRESTO TOTALE DELLA<br />

CIRCOLAZIONE;<br />

si verificano EMORRAGIE INTRATISSUTALI e, fuoriuscita dai GR emolizzati, L’HB DIFFONDE NEI TESSUTI<br />

(la emoglobina nello specifico può precipitare a livello del glomerulo renale portando nei casi più gravi<br />

ad un’insufficienza renale acuta).<br />

Se l’ostruzione del circolo si protrae a lungo allora viene compromessa la funzione del muscolo e di<br />

conseguenza diminuisce il contributo della vis a latere alla propulsione del sangue venoso (contrazione<br />

muscolare dovrebbe comprimere le vene favorendo il deflusso del sangue nell’albero venoso) = si ha quindi<br />

stasi venosa e aumenta il rischio di trombosi venosa secondaria.<br />

Quando infine si ha morte del tessuto per necrosi coagulativa, come già descritto, vengono liberate<br />

all’esterno della fibra muscolare le proteine citoplasmatiche, l’aumento della loro concentrazione nel<br />

sangue è un indice di danno al tessuto muscolare = CPK, LDH (specifa), SGOT e SGPT, mioglobina.<br />

Il limite cronologico entro cui i fenomeni metabolici portano ad un quadro di IRREVERSIBILITÀ non è ancora<br />

ben definito (segno prognostico sfavorevole è la comparsa di flittene emorragiche e zone di gangrena, per<br />

quanto riguarda il tessuto muscolare sembra che le lesioni possano essere reversibili entro 6 ore, mentre<br />

non lo sono sicuramente dopo 12 ore. Il tessuto nervoso che è più sensibile presenta compromissione<br />

difficilmente reversibile degli assoni e delle guaine mieliniche già dopo 3 ore.


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 7<br />

FATTORI AGGRAVANTI<br />

- TROMBOSI SECONDARIA A MONTE E A VALLE: tende a estendersi progressivamente ai distretti periferici<br />

di minor calibro.<br />

- Situazione emodinamica sistemica = riduzione della GC e quindi della pressione di perfusione.<br />

- Modificazioni dell’equilibrio emocoagulatorio.<br />

- Sede dell’ostruzione a livello di biforcazione aortica, femorale o poplitea riduce la possibilità di<br />

compenso periferico.<br />

- La presenza di un circolo collaterale, la cui occlusione riduce le possibilità di compensare la diminuzione<br />

del flusso e può portare a un’estesa trombosi secondaria.<br />

- Il verificarsi di uno spasmo della parete del vaso che segue all’occlusione acuta di un’arteria sana e<br />

riduce la capacità dei circoli collaterali di vicariare il flusso.<br />

QUADRO CLINICO<br />

SCHEMATIZZAZIONE DI PRATT<br />

Pain = un dolore improvviso a pugnalata (tipico dell’embolia = occlusione rapida) o più graduale (tipico<br />

della trombosi = occlusione lenta).<br />

Paleness (pallore e abbassamento della temperatura).<br />

Pulseness = assenza di polsi periferici (ischemia localizzata a livello dei vasi iliaci = scompaiono il<br />

femorale, il popliteo, il tibiale posteriore, e il pedideo).<br />

Paresthesia = la parestesia è un'alterazione della sensibilità degli arti o di altre parti del corpo, il termine<br />

descrive una condizione caratterizzata da perdita del senso del tatto a livello locale, formicolii o<br />

ipersensibilità tattile (parestesie che evolvono fino alla vera è propria paralisi).<br />

Paralysis.<br />

Prostration = stato di prostrazione = compromissione dello stato generale.<br />

COLLABIMENTO DELLE VENE SUPERFICIALI per riduzione del sangue in arrivo dal circolo arterioso.<br />

I sintomi si manifestano circa 5 – 10 centimetri a valle dell’occlusione.<br />

Se l’ischemia si protrae a livello cutaneo compaiono delle bolle a contenuto sieroso o siero-ematico<br />

(violacee) indici di una sofferenza di cute e sottocute = sono chiamate FLITTENE (segno prognostico<br />

negativo).<br />

DIAGNOSI<br />

La diagnosi precoce è molto importante, un trattamento tardivo può comportare complicanze gravi quali<br />

amputazione.<br />

Esame clinico:<br />

ANAMNESI;<br />

ESAME OBIETTIVO = la prima cosa da fare è sentire il polso radiale (se il pz. aritmico lo si individua<br />

subito), poi bisogna considerare i dati suggestivi precedentemente elencati.<br />

Esami strumentali:<br />

Doppler e eco-color-doppler;<br />

ECG (per valutare la presenza di un focolaio embolico di origine cardiaca);<br />

ANGIOGRAFIA CON MEZZO DI CONTRASTO (arteriografia = si inietta l’aorta sotto renale per valutare lo<br />

stato dell’aorta addominale, dei vasi iliaci e del circolo arterioso degli arti inferiori).


DIAGNOSI DIFFERENZIALE<br />

ANAMNESI = intervistare il paziente in merito a:<br />

o Anamnesi patologica remota;<br />

o disturbi alla deambulazione (claudicatio);<br />

o caratterizzazione del dolore, il dolore diverso nell’embolia e nella trombosi.<br />

ESAME OBIETTIVO = esaminare sempre anche l’arto contro laterale.<br />

ESAMI STRUMENTALI = doppler e angiografia.<br />

Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 8<br />

Importante per impostare un corretto trattamento è riconoscere una forma rispetto alle altre. È<br />

ESSENZIALE FARE DIAGNOSI DIFFERENZIALE TRA EMOBILIA E TROMBOSI perché le patologie associate e le<br />

terapie sono diverse.<br />

In linea generale si tenga presente che:<br />

la sintomatologia nell’EMBOLIA generalmente ha un esordio più drammatico, mentre nella TROMBOSI<br />

l’evoluzione del quadro clinica è meno rapida;<br />

nell’EMBOLIA sono possibili sedi pregresse o simultanee e multiple di ostruzione arteriosa; nella<br />

TROMBOSI solitamente la sede di ostruzione è unica;<br />

cardiopatie pregresse e precedenti eventi embolici, la coesistenza di un aneurisma, l’anamnesi<br />

negativa per claudicatio, la presenza e la validità dei polsi periferici controlaterali sono dati suggestivi<br />

per un fatto embolico;<br />

una storia di insufficienza arteriosa cronica dell’arto nei casi di TROMBOSI ACUTA (rara è la<br />

concomitanza di una cardiopatia);<br />

in caso di ischemia acuta post-traumatica il carattere distintivo è l’anamnesi positiva per l’evento<br />

accidentale;<br />

per le forme di flebiti definite pseudo-emboliche, poiché non sono palpabili i polsi arteriosi, la diagnosi<br />

differenziale con un fatto trombotico o embolico è dovuto alla presenza di phlegmasia caerulea alba<br />

dolens.<br />

All’esame angiografico trombosi ed embolia danno delle immagini significative che sono:<br />

nell’EMBOLIA l’arresto del mezzo di contrasto che ha una forma a cupola con concavità rivoltà rivolta<br />

nella direzione del flusso nelle prime fasi fin tanto che non compare la trombosi secondaria; quando poi<br />

l’embolo rimane fluttuante nel lume si ha un’immagine a “bolla di sapone”; il circolo collaterale è di<br />

solito poco sviluppato;<br />

nella TROMBOSI un arresto del mezzo di contrasto in modo irregolare e incompleto con presenza di<br />

incisure; le pareti del vaso appaiono irregolari; con spesso ben visibili i circoli collaterali.<br />

PROGNOSI QUOD FUNCTIONEM<br />

La prognosi “quod functionem” è più propriamente emessa nei confronti di malattie che incidano<br />

significativamente sulla funzionalità di un singolo organo od apparato, senza colpire o deteriorare in<br />

maniera grave la funzionalità dell’organismo nel suo complesso.<br />

Per gli eventi embolici degli arti inferiori a seconda della sede dell’ostruzione la quota di amputazioni varia<br />

dal 10 al 75%.<br />

TERAPIA<br />

La decisione fra un trattamento chirurgico ed uno conservativo (non chirurgico) non è sempre facile. Si può<br />

comunque affermare che la disostruzione chirurgica sia sempre indicata a meno che:<br />

le condizioni del paziente non permettano di intervenire;<br />

si tratti di un processo embolico a livello di piccole arterie periferiche;<br />

si tratti di una trombosi acuta su vasi patologici;<br />

ICTUS (non si possono somministrare fibrinolitici = da ictus in emorragia cerebrale).


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 9<br />

NEL CASO DI EMBOLIA<br />

TERAPIA CHIRURGICA<br />

In caso di EMBOLIA DI ORIGINE CARDIACA = il trattamento indicato (in urgenza) è la tromboembolectomia<br />

con catetere di Fogarty.<br />

TERAPIA MEDICA<br />

Consigliata per tutti gli altri casi di embolia, si esegue un ANGIOGRAFIA tradizionale seguita da TROMBOLISI<br />

loco-regionale con gli attivatori del plasminogeno tramite cateterismo (farmaci fibrinolitici come rtPA,<br />

urochinasi, streptochinasi). Permette di evidenziare un’eventuale patologia arteriosa sottostante (in questo<br />

caso si procederà con rivascolarizzazione tradizionale o endovasale.<br />

NEL CASO DI TROBOSI<br />

TERAPIA CHIRURGICA<br />

Tromboembolectomia tramite arteriotomia e rimozione del cilindro ostruente associata eventualmente<br />

ENDOARTERECTOMIA, BYPASS o ANGIOPLASTICA al fine di risolvere la lesione aterosclerotica di base.<br />

TERAPIA MEDICA<br />

Somministrazione di farmaci fibrinolitici per via sistemica o locoregionale (rTPA, urochinasi, streptochinasi)<br />

e terapia eparinica.<br />

Nella trombosi con aterosclerosi la rimozione del trombo non risolve la patologia aterosclerotica, quindi il<br />

trattamento deve essere prettamente medico con l’impiego di farmaci anticoagulanti e fibrinolitici tramite<br />

cateterismo o per endovena.<br />

TROMBISI POST TRAUMATICA<br />

Effettuare un’ANGIOGRAFIA d’urgenza per valutare l’estensione del danno arterioso ed eventualemente:<br />

trattare con papaverina le lesioni vasospastiche (alcaloide dotato di interessanti proprietà<br />

vasodilatatorie e spasmolitiche, derivato dall’oppio);<br />

utilizzare procedure endovascolari per le lesioni intimali da trauma chiuso.


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 10<br />

ISCHEMIA CRONICA AGLI ARTI INFERIORI<br />

DEFINIZIONE: insieme di condizioni morbose caratterizzate da lesioni generalmente plurime situate nei<br />

distretti arteriosi periferici con riduzione della perfusione del territorio dipendente e conseguente<br />

sofferenza dei tessuti. Non porta alla morte del tessuto, ma comunque ad una grave compromissione<br />

funzionale (es. a livello muscolare si ha una forte compromissione della forza).<br />

Ha un EVOLUZIONE LENTA, nel suo decorso tende ad aggravarsi, diventando più aggressivo e portando a<br />

quadri di ischemia sempre più gravi.<br />

I sintomi di vascolopatia periferica si MANIFESTANO FREQUENTEMENTE insieme a condizioni morbose che<br />

colpiscono gli ALTRI DISTRETTI CIRCOLATORI, possono rappresentare la PRIMA MANIFESTAZIONE di una<br />

malattia POLIDISTRETTUALE.<br />

SIGNIFICATIVA è l’associazione tra patologia vascolare periferica e CARDIOPATIA ISCHEMICA.<br />

EPIDEMIOLOGIA<br />

EZIOPATOGENESI<br />

Malattie delle arterie degenerative:<br />

FASCIA D’ETÀ FREQUENZA<br />

40 – 49 anni 1,4 – 1,9 %<br />

50 – 59 anni picchi = 6,9 %<br />

60 – 69 anni picchi > 10 %<br />

ATEROSCLEROSI (95 % circa dei pazienti)<br />

Può evolvere verso l’ulcerazione delle placche, la trombosi, l’emorragia della placca).<br />

Fattori di rischio:<br />

fumo;<br />

diabete;<br />

dislipidemia;<br />

ipertensione;<br />

iperfibrinogenemia.<br />

Classificazione dell’aterosclerosi agli arti inferiori:<br />

del distretto aorto-iliaco;<br />

del distretto femoro-popliteo.<br />

Nel soggetto diabetico, se pur ubiquitaria, l’aterosclerosi si localizza più frequentemente e con maggior<br />

gravità nei vasi femoro-poplitei e tibiali.<br />

La contemporanea occlusione della biforcazione iliaca e dell’aorta all’origine della mesenterica inferiore,<br />

impedendo la funzione suppletiva delle vie collaterali più importanti, provocano sintomi di insufficienza<br />

circolatoria molto pronunciati; al contrario un’occlusione segmentaria dell’iliaca comune è<br />

generalmente meglio tollerata.<br />

La femorale profonda, fatta esclusione per il suo primo tratto, è generalmente risparmiata<br />

dall’aterosclerosi, i sistemi che uniscono femorale profonda e poplitea (arterie perforanti) permettono


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 11<br />

un valido circolo vicariante in tutti i casi in cui il flusso della femorale superficiale si a ridotto in maniera<br />

significativa o assente.<br />

Un altro sistema collaterale importante è la rete articolare del ginocchio, specie nei casi di obliterazione<br />

del segmento terminale della poplitea.<br />

Si deduce quindi l’importanza dell’arteria poplitea che funziona sia da ricevente, per i circoli collaterali<br />

della femorale profonda, sia da efferente per il circolo di compenso diretto alla periferia (arterie<br />

articolari); l’occlusione di quest’arteria ha spesso come conseguenza un’ischemia avanzata con dolori a<br />

riposo e gangrena.<br />

MALATTIE INFIAMMATORIE – NON DEGENERATIVE<br />

Morbo di Bürger.<br />

Panarterite nodosa PAN.<br />

Arterite lupoide.<br />

[Morbo di Bürger = forma di vasculite, è un angiopatia obliterante su base infiammatoria, correlata al<br />

fumo, che interessa arterie di medio e piccolo calibro ed eventualmente segmenti venosi con flebiti<br />

migranti superficiali.]<br />

LA POSSIBILITÀ DI SALVEZZA DELL’ARTO, COSÌ COME LA POSSIBILITÀ DI SUCCESSO NELLA<br />

RIVASCOLARIZZAZIONE CHIRURGICA SONO STRETTAMENTE LEGATE AL NUMERO DI ARTERIE ANDATE<br />

INCONTRO A OCCLUSIONE E ALLA PRESENZA DI VALIDI CIRCOLI COLLATERALI.<br />

FISIOPATOLOGIA<br />

L’evoluzione relativamente lenta permette l’istaurarsi di meccanismi compensatori relativamente efficaci<br />

nel rallentare il processo ischemico.<br />

IN TERMINI EMODINAMICI una stenosi diventa potenzialmente capace di provocare una SINTOMATOLOGIA<br />

ISCHEMICA quando il restringimento del lume arterioso è tale da PROVOCARE UN GRADIENTE PRESSORIO<br />

(P) a monte e a valle della lesione con una riduzione del flusso (Q): QUESTO SI VERIFICA QUANDO L’AREA<br />

TRASVERSA DEL VASO È RIDOTTA ALMENO DEL 75 %.<br />

P = Q*R<br />

(R = resistenze periferiche)<br />

R = ρ*l/S<br />

(ρ = coefficiente legato al sistema; l = lunghezza del vaso; S = sezione del vaso)<br />

Pa - Pd = Q*Rseg<br />

(Pd = pressione a valle dell’ostruzione; Pa = pressione arteriosa, Rseg = resistenze al flusso in<br />

corrispondenza della stenosi).<br />

Con l’aumento della stenosi R aumenta e, poiché la pressione a monte dell’ostruzione è costante, Q<br />

diminuisce. L’aumento delle resistenze periferiche è pero ostacolato dalla dilatazione delle arteriole e del<br />

letto capillare a valle della lesione (cercano di mantenere costante il flusso).<br />

Le resistenze periferiche sono regolate a livello di arteriole terminali e degli sfinteri precapillari, il cui tono è<br />

influenzato da:<br />

sistema nervoso simpatico;<br />

catecolamine in circolo;<br />

prodotti del metabolismo locale;<br />

fattori miogeni.


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 12<br />

L’aumento di Rseg però comporta una diminuzione della Pd (Pd = Pa – Q*Rseg): di fatto nell’arto in cui è<br />

presente un’ostruzione, a valle della stessa il flusso a riposo può essere normale, ma c’è un calo pressorio.<br />

Con l’aggravarsi della patologia la Pd può scendere sotto i 20-30 mmHg e in queste condizioni cessa ogni<br />

forma di ulteriore autoregolazione periferica; di conseguenza all’aumentare di R necessariamente si ha una<br />

diminuzione di Q (l’unico fattore che può influenzare il flusso è l’incremento della pressione per vincere le<br />

resistenze periferiche).<br />

È in questa situazione che anche a riposo il flusso diminuisce a tal punto da provocare necrosi tissutale con<br />

comparsa di ulcere e gangrena.<br />

INFLUENZA DELL’ORTOSTATISMO<br />

Si osservano frequentemente pazienti con ischemia avanzata tenere l’arto in posizione declive (specie nelle<br />

ore notturne) per trovare SOLLIEVO AL DOLORE. Negli stessi pazienti l’elevazione del piede provoca<br />

intensificazione del dolore. Il clinostatismo comporta una diminuzione della pressione idrostatica è quindi<br />

una minor perfusione del letto capillare, favorendo successivamente la comparsa di dolore e parestesie; al<br />

contrario l’ortostatismo genera un aumento della pressione idrostatica (ρgh) favorendo l’afflusso su base<br />

pressoria al letto capillare.<br />

INFLUENZA DELLA VIS A LATERE<br />

Paradossalmente si ha un miglioramento della sintomatologia nei pazienti che presentano DOLORE A<br />

RIPOSO dopo l’aver eseguito alcuni passi; il fenomeno si verifica perché con la deambulazione si<br />

contrazione dei muscoli della gamba che favorisce il deflusso venoso (vis a latere) e si oppone alla stasi<br />

venosa con conseguente diminuzione della pressione venulare. In questo modo il gradiente pressorio<br />

arteriolo-capillare aumenta e la perfusione del letto capillare migliora.<br />

CLAUDICATIO INTERMITTENS<br />

Nei pazienti con lesioni ostruttive arteriose esiste già in condizioni basali un alto grado di vasodilatazione,<br />

ma le resistenze totali del flusso sono alte a causa della stenosi a monte, quindi il flusso, se pur aumenta,<br />

non è in grado di raggiungere la portata necessaria a soddisfare le richieste metaboliche aumentate a causa<br />

dello sforzo. Si accumulano dunque quei prodotti metabolici responsabili del dolore tipico della<br />

CLAUDICATIO INTERMITTENS.<br />

FURTO EMATICO<br />

Il furto ematico è un fenomeno che si verifica sotto sforzo nei pazienti che presentano occlusioni dei vasi<br />

arteriosi in prossimità di biforcazioni oppure occlusioni polisegmentarie. Per esempio, se è presente una<br />

lesione stenotizzante a carico di uno dei due rami di una biforcazione avviene che:<br />

1. sotto sforzo si verifica una vasodilatazione generalizzata del distretto muscolo-cutaneo;<br />

2. il distretto capillare a valle della stenosi è già di per se vasodilatato in virtù dei meccanismi di compenso<br />

precedentemente descritti.<br />

3. la diminuzione delle resistenze a valle genere una diminuzione della P distale con conseguente<br />

formazione di un gradiente pressorio che è avvertito anche a livello di biforcazione, si ha una sorta di<br />

“risucchio”;<br />

4. il sangue verrà maggiormente captato dalla diramazione non stenotica, “rubando sangue” al ramo<br />

occluso;<br />

5. la diramazione stenosante viene quindi ricevere una ancor minore quantità di sangue ad un regime<br />

pressorio diminuito e i distretti periferici a valle verranno mal perfusi;<br />

6. considerando che l’individuo sta svolgendo un’attività muscolare, il fabbisogno metabolico è aumentato<br />

e risente ancor di più della ridotta perfusione.<br />

Lo stesso fenomeno si verifica nel caso vi siano due occlusioni in serie a carico di un’arteria: i distretti<br />

periferici che originano da rami collaterali posti fra la prima e la seconda stenosi “rubano” sangue ai<br />

distretti posti invece a valle della seconda stenosi.


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 13<br />

È evidente come il fenomeno della CLAUDICATIO INTERMITTENS si verifichi con maggior gravità e più<br />

precocemente nei pazienti che presentino condizioni simili a quelle descritte.<br />

CIRCOLI COLLATERALI<br />

I vasi collaterali sono stimolati ad aumentare il loro calibro dal gradiente pressorio che si instaura ai due<br />

estremi di una lesione steno-ostruttiva. L’instaurarsi di un valido sistema di supplenza richiede un tempo<br />

abbastanza lungo.<br />

QUADRO CLINICO - CLASSIFICAZIONE SINTOMATICA di LERICHE-FONTAINE<br />

I. Pz. asintomatico con riscontro strumentale delle lesioni (doppler, eco-color-doppler, angiografia), spesso<br />

è asintomatico perché è allettato o immobilizzato, non cammina e quindi non ha problemi.<br />

II. Pz. claudicante (claudicatio intermittens) = comparsa di dolore crampiforme a carico della muscolatura<br />

dell’arto inferiore (solitamente alla gamba), il disturbo compare sotto sforzo e recede con il riposo<br />

(sforzo = l’aumento del fabbisogno che non viene soddisfatto a fronte di un ridotto apporto di sangue<br />

provoca sofferenza dei tessuti) = anamnesi è essenziale nel valutare la comparsa del dolore e della<br />

claudicatio e il tempo di recupero.<br />

Si distinguono:<br />

claudicatio tipo A: con autonomia di marcia inferiore a 200 m;<br />

claudicatio tipo B: con autonomia di marcia superiore a 200 m;<br />

per valutare la claudicatio tapis roulant a 6 km/h in un ambiente con temperatura pari a 20° C.<br />

III. Pz. riferisce comparsa del dolore a riposo, distale, notturno = all’anamnesi è importante chiedere come<br />

dorme, se dorme con gamba in posizione declive favorisce il afflusso del sangue arterioso, ciò allevia il<br />

dolore, mentre il clinostatismo rallenta il flusso arterioso favorendo la stasi.<br />

IV. Pz presenta lesioni trofiche, la condizione dei tessuti evolve in necrosi con comparsa di ulcere fino a<br />

giungere nei casi estremi alla gangrena = GANGRENA SECCA su base ischemica, il tessuto si fa duro,<br />

assume colorazione nera, non da dolore.<br />

LA SEDE DELL’OSTRUZIONE INFLUISCE SULLA LOCALIZZAZIONE DEL DOLORE.<br />

Si definisce CRITICAL LIMB ISCHEMIA<br />

1. dolore agli arti inferiori a riposo persistente per più di due settimane che richiede analgesia;<br />

2. ulcerazioni o gangrena del piede e/o delle dita dei piedi;<br />

3. pressione sistolica alla caviglia inferiore a 50 mmHg (misurazione doppler): indice ABI < 0,5.<br />

DIAGNOSI<br />

Anamnesi<br />

È bene considerare i FATTORI DI RISCHIO per l’ischemia cronica e per le patologie correlate (il medico può<br />

intervenire modificando quei fattori di rischio che posso essere modificati. Nel corso dell’anamnesi il<br />

medico presta attenzione a se il paziente riferisce DOLORE (curandosi di interrogare il paziente in merito a<br />

sede, tipologia, intensità, modalità di insorgenza, di risoluzione e se si modifica) e/o presenta CLAUDICATIO<br />

(chiedendo al paziente di precisare il tempo di insorgenza e di risoluzione in funzione allo sforzo muscolare<br />

- claudicatio intermittens).


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 14<br />

Esame obiettivo<br />

ISPEZIONE<br />

Osservare il piedi del paziente, può mostrate vari gradi di PALLORE, mentre in ortostatismo può<br />

assumere un COLORITO BLU-CIANOTICO.<br />

TEST DI BURGER = sollevare l’arto inferiore con un angolo di 45°, nei soggetti sani il pallore<br />

dell’estremità si verifica con un ritardo superiore ai 60 secondi, nei soggetti malati, per la riduzione del<br />

flusso, il pallore si instaura più rapidamente, contemporaneamente le vene del dorso del piede si<br />

svuotano lasciando un solco sulla pelle.<br />

TEST del TEMPO DI RIEMPIMENTO VENOSO = dopo aver sollevato l’arto a 45°, lo si fa pendere dal<br />

lettino e si attende il tempo necessario al riempimento venoso, nel soggetto sano è inferiore a 15<br />

secondi.<br />

Osservare il paziente in merito a =<br />

- ONICOGRIFOSI (unghie inspessite, giallastre e adunche, tipica delle prime fasi);<br />

- presenza di ULCERE CUTANEE e altre alterazioni trofiche;<br />

- SCOMPARSA DELL’APPARATO PILIFERO.<br />

PALPAZIONE<br />

DEI POLSI ARTERIOSI:<br />

con il paziente in posizione supina si palpano i polsi femorale comune, popliteo, tibiale posteriore e<br />

pedidio;<br />

valutare l’intensità della pulsazione = AMPIEZZA (presente e valida / diminuita / reperita con difficoltà /<br />

assente);<br />

controllare le differenze con i polsi dell’arto contro laterale = SIMMETRIA;<br />

INDICE CAVIGLIA BRACCIO ABI (Ankle Brachial Index o indice di Windsor) = dato dal rapporto tra la<br />

pressione arteriosa misurata alla caviglia e al braccio;<br />

normale 1 - 1,2;<br />

presente un’alterazione 0,5 – 1 =<br />

- alterazione lieve 0,7 – 09 (statisticamente significativo < 0,8);<br />

- alterazione media 0,5 – 0,7;<br />

sicuramente patologico se < 0,5 (perdita di proporzionalità);<br />

le calcificazioni della parete arteriosa (arterosclerosi calcifica) fanno sì che l’ABI non abbia molto<br />

significato perché la pressione arteriosa misurata con lo sfingomanometro non esprime esattamente<br />

l’entità del flusso all’interno del vaso (la pressione arteriosa è sovrastimata), quindi è necessario<br />

misurarlo con la tecnologia doppler ; anche un indice ABI > 1,2 è suggestivo per una alterazione, ma a<br />

livello di arto superiore);<br />

TERMOTATTO: l’ipotermia suggerisce l’ipoperfusione.<br />

ASCOLTAZIONE<br />

Ricercare soffi vascolari lungo i tronchi arteriosi principali, espressione di turbolenze prodotte dalla stenosi,<br />

più intensi sono i soffi che si possono apprezzare, più alto è il grado di stenosi.<br />

Esami strumentali<br />

Gli esami strumentali utili alla diagnosi si suddividono in non invasivi e invasivi.<br />

INDAGINI NON INVASIVE<br />

- VELOCIMETRIA DOPPLER: i dati vengono interpretati per elaborare una curva analogica (un grafico) che<br />

mostra la variazione delle frequenze degli ultrasuoni in funzione del tempo e quindi esprime la<br />

variazione di velocità del flusso in funzione del tempo (vedi “TECNOLOGIA DOPPLER e ECO-COLOR-<br />

DOPPLER”); è possibile in questo modo evidenziare le alterazioni del flusso, le turbolenze, l’onda dicrota<br />

del polso arterioso (espressione dell’elasticità del vaso) e in ultima istanza le pressioni a livello delle<br />

occlusioni e il grado di stenosi.


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 15<br />

- ECO-COLOR-DOPPLER = unisce la tecnologia dell’ecografo a quella del doppler con la possibilità di<br />

studiare la conformazione del vaso e le caratteristiche emodinamiche del flusso, discriminandone anche<br />

direzione e verso; viene usato soprattutto nella patologia venosa, ma anche in quella arteriosa, è usato<br />

ad esempio nello screening della patologia carotidea e nel follow-up dei pazienti sottoposti ad<br />

intervento chirurgico per stenosi carotidea.<br />

- ANGIO RMN con previa introduzione di mezzo di contrasto paramagnetico per via venosa, ripetibile, ha<br />

il vantaggio di poter fornite immagini in sezione sagittale, longitudinale e trasversale delle strutture<br />

vasali, sovrapponibili alle immagini angiografiche; l’aspetto negativo è dato dall’elevato costo e la scarsa<br />

diffusione di apparecchiature sul territorio, nonché l’impossibilità di studiare pazienti dotati di<br />

pacemakers e/o protesi metalliche.<br />

- Pletismografia, oscillografia (storiche).<br />

TECNOLOGIA DOPPLER e ECO-COLOR-DOPPLER<br />

Una sonda (va applicata sulla superficie della cute in corrispondenza del vaso con un angolo di 35-40°<br />

rispetto alla direzione del vaso) emette e riceve ultrasuoni, è in grado di misurare la variazione di<br />

frequenza tra gli ultrasuoni emessi dalla sonda stessa e quelli che ritornano alla sonda riflessi dagli<br />

elementi corpuscolati del sangue. In virtù dell’effetto doppler gli ultrasuoni che giungono alla sonda<br />

presentano una variazione della frequenza: gli ultrasuoni riflessi hanno una frequenza aumentata se i<br />

globuli rossi si stanno avvicinando alla sonda, se invece i globuli rossi sono in allontanamento allora la<br />

frequenza diminuisce; più i globuli rossi avranno velocità aumentata o diminuita, maggiore sarà la<br />

variazione di frequenza degli ultrasuoni. Sfruttando la tecnologia doppler è possibile misurare l’entità<br />

del flusso, la pressione intravasale e la sua velocità. Con l’aggiunta della tecnologia ecografica nel ecocolor-doppler<br />

è possibile anche discriminare la direzione del flusso in un vaso visualizzato con l’ecografo.<br />

Il doppler e l’eco-color-doppler sono indagini ripetibili, economiche, di facile esecuzione e soprattutto<br />

non pericolose per i pazienti e per gli operatori. Tuttavia questi tipi di esami rimangono comunque<br />

condizionati dalla manualità e dalla’esperienza dell’operatore.<br />

MORFOLOGIA DELL’ONDA ANALOGICA<br />

A livello arterioso è costituita da una fase di accelerazione rapida corrispondente alla sistole<br />

ventricolare, seguita da una fase di decelerazione corrispondente alla diastole, seguita infine da una<br />

terza onda dipendente dall’elasticità del vaso (onda dicrota).<br />

INDAGINI INVASIVE<br />

Si effettuano allo scopo di avere una valutazione chirurgica in previsione di un intervento.<br />

- ANGIOGRAFIA con mezzo di contrasto radio-opaco per via arteriosa = ARTERIOGRAFIA rimane<br />

comunque un esame fondamentale e insostituibile per la qualità delle immagini fornite; si inietta in<br />

arteria tramite un catetere arterioso un mezzo di contrasto radio-opaco, l’immagine viene ottenuta<br />

effettuando una radiografia (raggi X = radiazioni ionizzanti) che in virtù del mezzo di contrasto mette in<br />

evidenza il lume dei vasi; le complicanze sono gli ematomi in sede di introduzione del catetere, le<br />

dissezioni di placche con embolia periferica, le rare reazioni al mezzo di contrasto. Le controindicazioni<br />

sono l’I.R. di alto grado, l’insufficienza epatica, cardiaca e respiratoria (gammopatia di Waldenström –<br />

insufficienza renale iatrogena).<br />

- ANGIO TC è meno invasiva, si inietta un mezzo contrasto iodato (nefrotossico) per via venosa seguita da<br />

TC che utilizza radiazione ionizzanti (raggi X), per questo motivo le indagini, se necessario, vanno<br />

ripetute con cautela; tuttavia viene considerato tutt’ora il gold standard grazie al suo alto poter di<br />

risoluzione (notevolmente superiore a quello dell’angiografia), permette di ottenere informazioni<br />

precise sulle caratteristiche delle pareti dei vasi e sui rapporti con le strutture contigue.


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 16<br />

TERAPIA<br />

STADIO I<br />

Non sono indicate terapie sintomatiche mediche e tantomeno chirurgiche, mentre è necessario intervenire<br />

radicalmente sui FATTORI DI RISCHIO; a questo stadio può trovare giustificazione una terapia<br />

antiaggregante con cardio-aspirina (COX1).<br />

STADIO II<br />

L’arteriopatia a questo stadio presenta prognosi favorevole con la sola terapia antiaggregante unitamente<br />

all’intervento sui fattori di rischio. L’indicazione per l’intervento chirurgico si è col tempo spostata verso<br />

stadi di maggior gravità, fanno eccezione quei casi in cui un paziente in età relativamente giovane mostra<br />

una ridotta capacità di deambulare fortemente invalidante oppure presenta lesioni localizzate in sedi<br />

particolari:<br />

es. patologia aterosclerotica dell’aorta =<br />

claudicatio intermittens;<br />

impotenza vasculogenica;<br />

microembolie periferiche;<br />

es. estensione della patologia ai rami viscerali afferenti a organi vitali.<br />

Nei casi sopra citati allora è giustificato l’intervento chirurgico.<br />

STADIO III e STADIO VI (ischemia critica)<br />

I pazienti con dolore a riposo, ulcere ischemiche, gangrena vengono considerati a RISCHIO PERDITA<br />

DELL’ARTO. Si impone il ricorso all’intervento chirurgico.<br />

NORME IGIENICHE E BUONE ABITUDINI:<br />

1. il paziente deve esser invitato a camminare, l’attività muscolare richiama sangue e favorisce la<br />

formazione di circoli collaterali;<br />

2. astensione dai fattori di rischio (fumo, diete non congrue: controllo del metabolismo dei carboidrati e<br />

dei lipidi per eventuali alterazioni dismetaboliche da correggere – CONTROLLO DELLA GLICEMIA, DEL<br />

COLESTEROLEMIA E DELLA TRIGLICERIDEMIA);<br />

3. calo ponderale se il paziente è sovrappeso.<br />

TERAPIE MEDICA:<br />

A. antiaggreganti (cardioaspirina o ASA, ticlopidina, clopidogrel) = rallentare la progressione della malattia<br />

aterosclerotica e prevenire le re-occlusioni postoperatorie;<br />

B. anticoagulanti (dicumarolo, eparina) = raramente, come prevenzione nei pazienti sottoposti a<br />

rivascolarizzazione femoro-distale;<br />

C. emoreologici = aumentare la deformabilità degli eritrociti, quindi diminuiscono la viscosità ematica –<br />

migliorano l’autonomia di marcia, quasi tutti hanno anche effetto vasodilatatore;<br />

D. statine = inibiscono la sintesi di colesterolo interferendo con il suo pathway di sintesi endogeno<br />

CONFERMA, usate per regolare il metabolismo dei lipidi, riducono il tasso di colesterolo e stabilizzano le<br />

placche aterosclerotiche).<br />

Terapia antalgica:<br />

L’utilizzo di ANALGESICI è impiegato per trattare la COMPONENTE SINTOMATOLOGICHE DEL DOLORE che<br />

caratterizza gli stadi III e IV. Si cerca di controllare il dolore ischemico inoltre inducendo una vasodilatazione<br />

periferica, in particolare nel distretto cutaneo:<br />

- blocco reversibile dei GANGLI SIMPATICI LOMBARI con l’uso di ANESTETICI LOCALI (indicato nei casi di<br />

obliterazioni distali), permette di =<br />

risolvere lo spasmo vascolare periferico con aumento del flusso ematico regionale;<br />

ridurre la componente dolorifica;<br />

aprire gli shunt ARTERIOLO-VENULARI permettendo un aumento della temperatura periferica;


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 17<br />

valutare in senso prognostico un eventuale intervento di SIMPATICECTOMIA.<br />

- Blocco chimico irreversibile (necrotizzazione) dei gangli con l’uso di fenolo;<br />

- Analgesia peridurale (eventualmente lasciata in sede per alcune settimane come terapia domiciliare);<br />

L’impiego della SCS può essere indicata negli stadi III e IV che presentano lesioni parcellari senza possibilità<br />

chirurgica per l’estrema perifericità delle lesioni.<br />

TERAPIA CHIRURGICA:<br />

• L’intervento chirurgico è diretto ad eliminare la lesione che causa la patologia e a ripristinare il flusso,<br />

optando per tecniche chirurgiche TRADIZIONALI o ENDOVASCOLARI.<br />

• Nel programmare l’intervento vanno prese in considerazione la concomitanza di altre malattie e<br />

condizioni morbose:<br />

- diabete grave;<br />

- insufficienza respiratoria;<br />

- insufficienza renale;<br />

- insufficienza epatica.<br />

• Bisogna considerare i rischi dell’anestesia generale ed eventualmente scegliere di operare in l’anestesia<br />

locale o peridurale attraverso interventi mini-invasivi.<br />

• Nei casi di lesioni non aggredibili con il cateterismo (per lunghezza, complessità e localizzazione) è<br />

necessario ricorrere ad accesi a minor invasività extraperitoneali e ad interventi extra anatomici.<br />

• Un altro fattore da tenere da conto è la POLIDISTRETTUALITÀ della PATOLOGIA ATEROSCLEROTICA, in<br />

particolare:<br />

- lesioni a livello del CIRCOLO CORONARICO;<br />

- lesioni a livello delle CAROTIDI (quando sono sintomatiche il problema si risolve alla radice perché il<br />

paziente è indicato per endoarterectomia carotidea).<br />

Chirurgia endovascolare:<br />

• PTA ANGIOPLASTICA PERCUTANEA CON EVENTUALE APPLICAZIONE DI UNO STENT;<br />

• TROMBOENDOARTERECTOMIA TEA.<br />

In mani esperte da elevate garanzie di successo e di durata nel tempo, è controindicata nei casi di estese<br />

calcificazioni.<br />

Chirurgia tradizionali:<br />

• BYBASS O INNESTI<br />

- Ostruzioni aortiche e aorto-iliache = bypass aorto-bifemorale.<br />

- Ostruzione di un asse iliaco = bypass aorto-femorale o iliaco-femorale.<br />

- Ostruzione del distretto femoro-popliteo-tibiale = bypass femoro-popliteo (sopra o sotto<br />

genicolare) oppure bypass femoro-tibiale.<br />

- Ostruzioni aorto-iliache bilaterali = bypass extra anatomici axillo-bifemorale o femoro-femorale.<br />

il vantaggio rispetto alla TEA consiste nella minore durata dei tempi operatori (vantaggioso per i pazienti<br />

anziani e i pazienti con alto rischio operatorio), fa eccezione il bypass femoro-tibiale; gli svantaggi sono<br />

legato esclusivamente all’utilizzo di materiale protesico sintetico.<br />

Metodi di rivascolarizzazione indiretta:<br />

• SIMPATICECTOMIA LOMBARE<br />

Indicata quando non è possibile una terapia chirurgica diretta.


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 18<br />

Terapia locale delle lesioni ischemiche:<br />

• TRATTAMENTO DI ULCERE ISCHEMICHE E GANGRENA<br />

o mantenimento dell’ARTO IN POSIZIONE ORIZZONTALE (diminuire l’edema e l’infiammazione);<br />

o ANESTESIA PERIDURALE (per trattare il dolore);<br />

o SBRIGLIAMENTO (DEBRIDEMENT) DEI TESSUTI NECROTICI E INFETTI;<br />

o DRENAGGIO delle raccolte purulente;<br />

o di fronte a ulcere circoscritte e di dimensioni contenute = trattare con pomate a base di<br />

POLIVINILPIRROLIDONE IODATO (proprietà disinfettanti), ENZIMI PROTEOLITICI e bendaggi con<br />

IDROCOLLOIDE;<br />

o di fronte a necrosi estesa = detersione con LIQUIDO DI DAKIN-CARREL (liquido antisettico usato per<br />

medicare le ferite profonde);<br />

o di fronte a gangrena umida = continuo lavaggio con ALCOL ETILICO (eliminare il patogeno e favorire<br />

l’essiccamento);<br />

o di fronte a gangrena secca = medicazione con soluzioni di MERCURIO-CROMO per demarcare il<br />

tessuto necrotico da quello sano;<br />

o ANTIBIOTICI per via sistemica EV ogni volta che sia presente un focolaio infettivo (ad ampio spettro e<br />

poi mirata a seguito di ripetuti antibiogrammi per infezione riconosciute);<br />

o se anche dopo rivascolarizzazione efficace le lesioni non vengono contenute = AMPUTAZIONI<br />

MINORI (diminuire il dolore e mantenere il piano d’appoggio dell’arto del paziente);<br />

o CONTINUA E ACCURATA IGIENE dell’arto quando le lesioni sono guarite.<br />

Nel paziente diabetico grave queste rappresentano un serio problema in quanto complicate dalla<br />

componete neuropatico e dall’aumentata suscettibilità alle infezioni.<br />

SINDROME DI LERICHE o SINDROME DEL CARREFOUR AORTICO<br />

È forma particolare di ischemia cronica, si ha un’occlusione della biforcazione aortica o dell’aorta<br />

sottorenale (le arterie renali e la mesenterica superiore sono libere) di origine aterosclerotica che provoca:<br />

- dolore a partire della regione glutea che si irradia verso le estremità distali degli arti inferiori;<br />

- claudicatio bilaterale alta (a partire dai muscoli glutei che si estende verso le estremità distali);<br />

- scomparsa dei polsi arteriosi dal femorale ai più distali;<br />

- impotenza erigendi = vasculogenica (ischemia delle arterie ipogastriche).


GLI ANEURISMI<br />

Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 1<br />

DEFINIZIONE<br />

Dilatazione permanente di un arteria che aumenta almeno del 50% il suo diametro in maniera continua e<br />

progressiva nel tempo dovuta al cedimento della parete sotto la pressione del sangue.<br />

La parete del sacco aneurismatico conserva le caratteristiche della parete arteriosa sebbene diminuisca di<br />

spessore, questo per distinguerlo da uno pseudoaneursma.<br />

NON VANNO INCONTRO A GUARIGIONE SPONTANEA poiché siccome nell'aneurisma è l'aumento di<br />

tensione a causare un aumento del raggio del vaso con il conseguente assottigliamento della parete è<br />

chiaro che per la legge di Laplace T= P*r/2h all'aumentare del raggio aumenta la tensione delle pareti.<br />

Sempre per questo motivo gli aneurismi di maggior dimensioni tendono a dilatarsi con maggior velocità ed<br />

andare incontro più facilmente a complicanze<br />

Gli aneurismi si dividono in base:<br />

morfologia =<br />

• aneurismi fusiformi;<br />

• aneurismi sacciformi (più rari, generalmente di origine traumatica o poststenosanti);<br />

• navicolare;<br />

• cilindrico;<br />

• cirsoideo;<br />

• dissecante;<br />

localizzazione (prendono il nome dall’arteria che coinvolgono);<br />

eziopatogenesi.<br />

EZIOPATOGENESI<br />

• Aterosclerosi: la causa più frequente (aneurismi che si suddividono in non infiammatori e infiammatori,<br />

quest’ultimi sono molto rari e sono caratterizzati da una forte reazione infiammatoria intorno all’aorta<br />

addominale che può coinvolgere anche ureteri con febbre e possono condurre ad un’insufficienza renale<br />

per occlusione degli ureteri).<br />

• Congeniti: (sindromi di Marfan e di Ehlers-Danlos).<br />

• Infettivi: micotici o batterici (salmonella, treponema pallidum) o polimicrobici, il patogeno aderisce a<br />

livello dell’intima e causa una modificazione strutturale indebolendo la parete del vaso e causandone la<br />

dilatazione presenti soprattutto in tossicodipendenti e immunodepressi.<br />

• Post-traumatici (estremamente rari nell’aorta addominale).<br />

• Infiammatori.<br />

• Post-stenotici: a valle di una stenosi a causa dell' incremento di velocità del fluido e della ripresa del<br />

calibro originale vi sono movimenti turbolenti che causano l'aumento di pressione localizzato che causa<br />

una distensione delle pareti del vaso tale da determinare un aneurisma.<br />

ANEURISMI MICOTICI<br />

Le localizzazioni più frequenti sono:<br />

• femorale comune 39%;<br />

• femorale profonda 23 %;<br />

• femorale superficiale 19 %;<br />

• brachiale 13 %;<br />

• radiale 12 %.


La sintomatologia e dati di laboratorio:<br />

• febbre intermittente;<br />

• leucocitosi;<br />

• rilevabile una massa pulsante e dolente con segni della flogosi cutanea;<br />

• ischemia periferica.<br />

Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 2<br />

Epidemiologia e patogenesi: generalmente colpiscono i pazienti tossicodipendenti; i vasi sopracitati in<br />

particolare perché quando il drug abuser ha esaurito le vene si inietta la droga per via arteriosa sfruttando<br />

le arterie citate perché superficiali. I germi giungono o da focolai infettivi adiacenti o per via linfatica.<br />

Terapia: si procede isolando il microrganismo, si stabiliscono sensibilità a resistenze del suddetto patogeno<br />

agli antibiotici e si procede con la terapia antibiotica più adeguata. Solo dopo aver estinto l’infezione si<br />

interviene chirurgicamente.<br />

ANEURISMI CONGENITI<br />

Sono dovuti ad una minor tenuta della parete agli insulti pressori dovuta alla ridotta efficacia della struttura<br />

connettivale del vaso:<br />

sindrome di Marfan = difetto nella proteina fibrillina che riduce l'efficacia della componente elastica e<br />

consente così all'onda pressoria sistolica e alla pressione di sfiancare la componente collaginica del vaso;<br />

ehlers-Danlos = è un gruppo di malattie causate da una scorretta sintesi di collagene che comporta (vista<br />

l'incapacità della sola componente elastica di resistere alla pressione) la formazione degli aneurismi.<br />

ANEURISMA ATEROCLEROTICO<br />

All’esame istologico si osserva:<br />

una riduzione dello spessore, ma mantenimento della struttura di parete, lesioni aterosclerotiche nella<br />

tonaca intima, riduzione della componente elastica nella tonaca media che spiega il cedimento;<br />

infiltrazione di linfociti e plasmacellule = aumentata attività e concentrazione in parete ed ematica delle<br />

elastasi dovuta a cause attualmente non identificate (il bilancio tra l’attività delle elastasi e la sintesi di<br />

fibre elastiche a favore della distruzione della componente elastica); calo dell'elastina fino a 10 mg/cm<br />

dai 22 mg/cm standard e incremento dei peptidi derivati 19,3 microg/cm dai 7,2 microg/cm standard;<br />

aumento dell’attività di altri anzimi digestivi quali le MMP (metallo proteasi);<br />

incremento del collagene solubile 12,7 mg/cm dai 1,8 mg/cm standard;<br />

FATTORI AGGRAVANTI O PREDISPONENTI<br />

Ciò che favorisce le proteasi e elastasi:<br />

o cortisonici;<br />

o tabagismo;<br />

o insufficienza respiratoria cronica.<br />

Ciò che aumenta gli insulti fisici:<br />

o ipertensione;<br />

o traumi;<br />

o stenosi.<br />

COMPLICANZE<br />

o Rottura del sacco aneurismatico può essere anche mortale.<br />

o Formazione di un trombo, occlusione e quindi ischemia.<br />

o Distacco di emboli.


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 3<br />

ANEURISMI DELL’AORTA ADDOMILE<br />

I diametri standard dell'aorta addominale nell’uomo variano dai 2,1 cm ai 2,4 cm, nella donna dai 1,7 cm ai<br />

2,0 cm. Si definisce aneurisma quando il diametro è sopra i 3 cm. Sono i più frequente, pericolosi perché<br />

asintomatici finché non si complicano, vengono quindi diagnosticati in modo occasionale nel corso di<br />

indagini strumentali di imaging (ecografia, RMN , TC) motivate da altri sospetti diagnostici indipendenti.<br />

FAMILIARITÀ<br />

Gli aneurismi dell’aorta addominale sembrano essere associati ad una alterazione cromosomica ricorrente<br />

a carico del braccio lungo del cr. 16. Il rischio relativo di sviluppare un aneurisma aortico a livello<br />

addominale è:<br />

• 13 29% per i fratelli;<br />

• 22.93 % per soggetto con sorella affetta;<br />

• 9.92 % per soggetto con fratello affetto;<br />

• 3.97 % per figlio di padre affetto;<br />

• 4.03 % per figlio di madre affetta.<br />

È bene quindi consigliare ad un paziente che soffre di aneurisma su base aterosclerotica di avvisare i<br />

familiari in modo che effettuino delle visite di controllo.<br />

FISIOPATOLOGIA<br />

A seguito della riduzione dello spessore della parete e della sua minor componente elastica l'aorta reagisce<br />

agli stimoli improvvisi dovuti all'incremento pressorio sistolico e alla pressione non più in maniera elastica<br />

ma in maniera plastica, si ha dunque un AUMENTO dei DIAMETRI antero-posteriore e latero-laterale,<br />

conseguentemente la velocità di crescita aumenta con l’aumento del diametro siccome per la legge di<br />

Laplace all'aumentare del raggio la tensione sulla parete aumenta, fino a raggiungere velocità di<br />

accrescimento pari anche a 1 cm/anno.<br />

Spesso un aneurisma dell’aorta addominale si associa a dilatazioni aneurismatiche delle arteria iliache,<br />

infatti i fattori che hanno causato l’indebolimento dell'aorta possono interessare qualsiasi altra arteria:<br />

l'aneurisma è una patologia locale dovuta a cause sistemiche nella maggior parte dei casi (escludi<br />

traumatici, micotici).<br />

Inoltre lo sviluppo di un aneurisma fa giustamente presupporre che il paziente, anche una volta operato,<br />

potrà presentare nel corso della sua vita futura di nuovo un aneurisma = lo sviluppo di un aneurisma fa<br />

pensare ad una condizione di stress a carico della pareti vascolari generalizzata (spesso infatti gli aneurismi<br />

sono bilaterali). È una patologia dell’età avanzata la cui incidenza aumenta con l’età.<br />

EPIDEMIOLOGIA<br />

STUDI AUTOPTICI:<br />

• maschi 1,1 – 4,6 %;<br />

• femmine 0,5 – 2,1 %;<br />

L’INCIDENZA STIMATA TRAMITE STUDI ULTRASONOGRAFICI: in pazienti tra i 65 e gli 80 anni;<br />

• maschi 1,5 – 9,5 %;<br />

• femmine 1,2 %;<br />

L’INCIDENZA STIMATA TRAMITE STUDI ULTRASONOGRAFICI: in pazienti con arteriti obliteranti croniche<br />

ostruttiva d’età compresa tra i 65 e gli 80 anni;<br />

• 7,7 – 14,3 %;<br />

L’INCIDENZA STIMATA TRAMITE STUDI ULTRASONOGRAFICI: in pazienti con ICV = insufficienza<br />

cerebrovascolare;<br />

• 8,4 – 12 %.


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 4<br />

CLASSFICAZIONE<br />

Va fatta una distinzione tra aneurismi dell'aorta in riferimento alla localizzazione rispetto alle arterie renali<br />

che ne condiziona:<br />

• sovra renali sono solo il 10 % dei casi (manovra di uncinamento di Backey negativa);<br />

• pararenali in cui l'aorta si presenta aneurismatica a livello dell'origine delle arterie renali si quando una<br />

o entrambe le arterie originano dall'aneurisma;<br />

• juxtarenali quando non vi è il colletto aneurismatico superiore sottorenale;<br />

• sottorenali sono la maggior parte e hanno la mortalità minore in sede d'intervento che non prevede<br />

l'interruzione del flusso renale.<br />

DIAGNOSI<br />

Anamnesi<br />

Ha una sintomatologia vaga spesso assente, un aneurisma dell’aorta addominale è generalmente<br />

asintomatico finché non si rompe, il paziente può lamentare:<br />

• dolore al dorso;<br />

• dolore epigastrico;<br />

• sintomi da compressione del tubo gastro-enterico = disturbi delle peristalsi, stipsi;<br />

• sintomi da compressione delle vie urinarie;<br />

• sintomi da compressione venosa iliaca con edema all’arto inferiore*** (sovrapponibili ai sintomi da<br />

compressione endo-addominale).<br />

***NOTA BENE: la compressione venosa iliaca può causare stasi venosa nel circolo dell’arto inferiore e<br />

promuovere così la TVP (le cause principali sono aneurismi o tumori).<br />

Esame obiettivo<br />

ISPEZIONE/PALPAZIONE:<br />

• nel soggetto magro si ha una tumefazione mesogastrica più facilmente verso sinistra (è un’evenienza<br />

favorevole), pulsante e sincrona con il polso radiale (potrebbe essere tumefazione gastrointestinale, es.<br />

pancreatica, la quale però mostrerebbe una pulsazione trasmessa, non vera), solo però nei casi di<br />

aneurismi di dimensioni notevoli;<br />

PALPAZIONE:<br />

• ritardo nei polsi a valle;<br />

• è praticabile la manovra di De Backey = si uncina il sacco aneurismatico al polo superiore dell’aneurisma,<br />

in corrispondenza dell’arco sotto costale di SX, se la manovra positiva allora si tratta di un aneurisma<br />

SOTTO RENALE;<br />

ASCOLTAZIONE:<br />

• soffio intermittente (talvolta con la palpazione è percepibile un fremito corrispondente).<br />

Esami strumentali<br />

Determinano diametro, lunghezza, tortuosità, presenza di trombi o calcificazioni, il colletto distale e<br />

prossimale del sacco aneurismatico [la diagnosi viene spesso fatta per una favorevole casualità, il paziente<br />

si sottopone ad un esame per accertare un sospetto diagnostico e in quell’occasione il tecnico riscontra<br />

l’aneurisma].<br />

• Angio RM.<br />

• Radiografia diretta addome (visualizza le calcificazioni dell’aorta, ma generalmente si localizzano<br />

nell’aorta sopradiaframmatica).<br />

• Ecografia addominale.<br />

• Angio TC.<br />

• Angiografia digitale (l’angiografia non serve a valutare l’aneurisma e le sue dimensioni, ma solo se ci<br />

sono lesioni arteriose associate).


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 5<br />

ANEURISMI INFETTIVI:<br />

solo negli aneurismi infettivi (es. aneurisma luetico nella sifilide terziaria = sifilide cardiovascolare) il<br />

paziente presenta:<br />

• Febbre;<br />

• leucocitosi;<br />

• positività all’emocultura.<br />

Complicanze: ROTTURA DI UN ANEURISMA addominale<br />

EZIOLOGIA<br />

Eccessiva dilatazione > eccessivo assottigliamento della parete > fessurazione > rottura > emorragia.<br />

Per cui maggiore è il diametro dell'aneurisma maggiore è la probabilità che vada incontro a rottura entro 5<br />

anni:<br />

• dai 5 ai 5,9 cm 25 %;<br />

• dai 6 ai 7 cm 35 %;<br />

• sopra i 7cm 75 %.<br />

FATTORI CHE FAVORISCONO LA ROTTURA DELL’ANEURISMA:<br />

• ipertensione;<br />

• fumo perché favorisce l’elastasi;<br />

• insufficienza respiratoria cronica (per lo stesso motivo del fumo);<br />

• assunzione di farmaci, es. i cortisonici perché aumentano il catabolismo proteico – per contro i betabloccanti<br />

riducono l’incidenza della rottura e ne rallentano comunque la progressione specialmente nei<br />

pazienti con sindrome di Marfan (possono essere quindi utili nel periodo precedente l'operazione o per<br />

aneurismi di ridotte dimensioni per cui non vi sia indicazione all'intervento, ma in ogni caso il<br />

trattamento RISOLUTIVO resta prettamente chirurgica);<br />

• morfologia dell’aneurisma stesso (i blister o aneurismi sacciformi si rompono più facilmente).<br />

MORTALITÀ:<br />

• 88 % globalmente;<br />

• 92 % tra gli 80-85 anni;<br />

• 100 % sopra gli 85 anni.<br />

MANIFESTAZIONE:<br />

• dolore lombare improvviso, che si irradia verso le regioni glutee;<br />

• calo pressorio, sudorazione, pallore e lipotimia;<br />

• I quadri clinici si distinguono a seconda di dove si riversa il sangue a seguito della rottura.<br />

• Rottura dell’aneurisma retro peritoneale: il retro peritoneo si distende, ma funge da freno<br />

all’emorragia determinando una prognosi favorevole; ha una particolarità =<br />

1. si rompe l'aneurisma;<br />

2. emorragia;<br />

3. calo della pressione;<br />

4. il paziente sviene;<br />

5. il sangue si arresta = emostasi e formazione del coagulo;<br />

6. aumento della pressione;<br />

7. il paziente rinviene.<br />

• Rottura anteriore dell’aneurisma = intraperitoneale: è più pericolosa, provoca l'emoperitoneo e porta<br />

allo shock ipovolemico (la cavità peritoneale è molto distendibile e può accogliere una grande quantità<br />

di sangue) e spesso a morte.


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 6<br />

• Rottura nel tubo gastro-enterico: più frequentemente nel duodeno = emorragia digestiva [il processo in<br />

questo caso è più una fistolizzazione che una vera e propria rottura siccome l'aneurisma avanza<br />

"corrodendola" nella parete dell'tubo digerente fino al lume]; si manifesta con ematemesi e/o melena<br />

(più spesso); se il sanguinamento viene misconosciuto e si protrae può essere causa di uno shock<br />

ipovolemico che può portare alla morte del paziente.<br />

• Rottura dell’aneurisma nella vena cava inferiore (fistola aorto-cavale) o nella vena iliaca, o ancora<br />

nella vena renale: si ha un rapido ritorno di sangue ad alta pressione al cuore che causa un quadro di<br />

scompenso cardiaco ed eventualmente con traslocazione di un trombo arterioso che finisce nell’atrio DX<br />

e poi nelle arterie polmonari con conseguente embolia polmonare = rara e difficilmente diagnosticabile<br />

perché si manifesta con sintomi fuorvianti; il paziente avrà arti inferiori freddi, a causa<br />

dell'interruzione/riduzione del flusso arterioso, e cianotici a causa del grande incremento della<br />

pressione venosa centrale dovuto alla fistola artero-venosa e la conseguente ipossia stagnante.<br />

Complicanze: TROMBOSI<br />

A livello degli aneurismi la probabilità che si formino trombi sulla pareti del vaso è notevolmente<br />

aumentata perché la dilatazione repentina del lume del vaso genera turbolenze nel flusso laminare che<br />

vanno a ledere l’endotelio, scoprendo il sub endotelio e dando così inizio ad un processo trombotico.<br />

Essendo l'aorta addominale di diametro elevato, l’ischemia dovuta alla formazioni di trombi all’interno di<br />

un aneurisma a questo livello è rara poiché i trombi difficilmente riescono a chiudere l'intero vaso. Porta ad<br />

ischemia acuta bilaterale con un prevalenza del 0,7 %.<br />

Complicanze: EMBOLIA<br />

Dal trombo aneurismatico possono distaccarsi degli emboli e provocare embolia arteriosa con conseguente<br />

ischemia acuta a valle della zona in cui occludono l'arteria, ricordiamo che gli emboli specie se di grandi<br />

dimensioni possono frammentarsi e dare fenomeni multipli.<br />

La prevalenza in sede di un aneurisma aortico addominale si generi un embolo e che questo causi ischemia<br />

acuta monolaterale è compresa tra il 1,3 e il 2%.<br />

TERAPIA<br />

Fase preliminare medica<br />

• Nel caso si abbia un aneurisma infettivo, è necessario stabilizzare il pz. prima di intervenire<br />

chirurgicamente = estinguere l’infezione.<br />

• Lo stesso vale nel caso di una patologia aterosclerotica = correggere l’ipertensione, la dislipidemia (in<br />

particolare riportare nella norma i livelli di colesterolo, ma non si deve ricorrere all’idrocortisone perché<br />

stimola il catabolismo delle fibre elastiche).<br />

• Somministrazione di propranololo-cloridato, il primo betabloccante efficace mai prodotto.<br />

INTERVENTO CHIRURGICO IN ELEZIONE<br />

è consigliato l'intervento in elezione:<br />

• per aneurismi superiori ai 5- 5,5 cm;<br />

• aneurisma sintomatico;<br />

• paziente con sindrome di Marfan;<br />

• aneurisma in rapida evoluzione = aumento del diametro > 0,5 cm/anno;<br />

• con rottura tamponata;<br />

• blister.


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 7<br />

Fase preparatoria: misurare larghezza e lunghezza dell’aneurisma, controllare il lume del vaso per la<br />

presenza di eventuali trombi.<br />

Resezione isolata dell’aneurisma è possibile in tutti i casi di aneurismi sacciformi = aneurismectomia.<br />

TECNICHE CHIRURGICHE TRADIZIONALI – sostituzione vascolare protesica:<br />

1. anestesia totale;<br />

2. apertura dell’addome;<br />

3. spostamento delle anse intestinali;<br />

4. incisione del retro peritoneo o accesso retroperitoneale;<br />

5. clippaggio dell’aorta a monte e a valle dell’aneurisma; quando il colletto dell’aneurisma è distale<br />

rispetto alle arterie renali è possibile clampare l’aorta al di sotto di tali arterie assicurando così il flusso<br />

renale (cosa che và ASSOLUTAMENTE fatta);<br />

6. incisione dell’aneurisma;<br />

7. svuotamento dell'aneurisma;<br />

8. resezione del tratto aortico affetto (essendo la parete assottigliata non è possibile rimuovere parte della<br />

sacca e ricucire), un aneurisma dell’aorta addominale non può essere trattato con la “messa a piatto”;<br />

9. sostituzione con una protesi elastica tramite anastomosi termino-terminale a monte e a valle;<br />

10. chiusura.<br />

MORTALITÀ DURANTE L’INTERVENTO IN ELEZIONE CHIRURGIA TRADIZIONALE 0 – 3 %, DOPO 5ANNI 40%.<br />

TECNICHE CHIRURGICHE ENDOVASCOLARI – endoprotesi aortica [PARODI 1991]:<br />

1. anestesia epidurale o generale;<br />

2. accesso trans femorale;<br />

3. inserimento della prima porzione della protesi (una sorta di y con un braccio lungo e uno tronco) – si<br />

utilizzano protesi che devono essere flessibili, espandibili, durevoli e resistenti agli insulti pressori; la<br />

protesi non è cucita, ma solo ancorata alle pareti del vaso; trattasi di protesi ricoperta in dacron e con<br />

scheletro in lintinol che a contatto con il sangue a 37° gradi si espande al diametro prestabilito<br />

esercitando un forza radiale che permette alla protesi di rimanere ancorata a pressione e con uncini<br />

contro il colletto dell’aorta; è importante dunque scegliere la protesi delle giuste dimensioni (troppo<br />

piccola non si manterrebbe in sede e scivolerebbe, troppo grande lacererebbe la parete aortica); SI<br />

OPERA SEMPRE SOTTO CONTROLLO RADIOGRAFICO;<br />

4. ancoraggio della protesi mediante "uncini" e l'attrito con la parete aortica e con la parete dell'arteria<br />

iliaca;<br />

5. inserimento della seconda parte di protesi mediante l'accesso arterioso femorale controlaterale;<br />

6. aggancio della prima porzione di protesi con la seconda e ancoraggio della stessa al lume dell'arteria<br />

iliaca.<br />

Vantaggi:<br />

• rispetto dell’integrità fisica del paziente;<br />

• breve degenza = non si apre l’addome del paziente***;<br />

• rapida ripresa delle abitudini di vita;<br />

• contenimento dei costi (è relativo perché questo tipo di intervento richiede un monitoraggio duraturo<br />

nel tempo***, ogni 6 mesi è necessario controllare che la protesi sia rimasta in sede).<br />

Controindicazioni:<br />

• la localizzazione dell’origine delle arterie lombari a livello del sacco aneurismatico, che essendo escluso<br />

dal circolo, andrebbe incontro prima un aumento di pressione e poi alla rottura;<br />

• impossibilità di esecuzione.


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 8<br />

Complicanze: endoleak = perfusione persistente della sacca; in base alle cause si suddividono in 5 tipi<br />

differenti.<br />

• Tipo 1° - difetto di ancoraggio.<br />

• Tipo 2° - da riperfusione da collaterali.<br />

• Tipo 3° - disconnessioni.<br />

• Tipo 4° - porosità.<br />

• Tipo 5°- endotensione.<br />

INTERVENTO CHIRURGICO IN URGENZA<br />

Si interviene in urgenza in caso di rottura del sacco aneurismatico; LA MORTALITÀ DURANTE L’INTERVENTO<br />

IN URGENZA 33 – 75 % (DIPENDE DAL TIPI DI ROTTURA).<br />

ANEURISMI DELLE ARTERIE PERIFERICHE<br />

Rappresentano l’1 – 2 % di tutte le arteriopatie periferiche e il 20 % della patologia aneurismatica, hanno<br />

una prevalenza maggiore negli uomini rispetto alle donne (M > F) e sono frequentemente multipli e<br />

bilaterale. Un aneurisma periferico è apprezzabile palpatoriamente come una massa pulsante superficiale.<br />

Si localizzano:<br />

• nel 90 % dei casi =<br />

o arteria poplitea (70 %);<br />

o arteria femorale (comune, superficiale, profonda);<br />

o arteria iliaca;<br />

• nel 10 % dei casi =<br />

o arteria succlavia;<br />

o arteria omerale;<br />

o arterie carotidee extracraniche.<br />

EZIOPATOGENESI<br />

o Aterosclerosi 85 %.<br />

o Micotici 2,5 – 3 %.<br />

o Congeniti (Marfan, Ehlers-Danlos).<br />

o Post-stenotici.<br />

o Post-traumatici.<br />

SINTOMATOLOGIA<br />

Nel 10 – 40 % dei casi sono ASINTOMATICI.<br />

In altri casi possono dare una sintomatologia da compressione delle strutture attigue (nervi, vene), oppure<br />

una sintomatologia ischemica dovuta alle complicanze dell’aneurisma (embolia, trombosi ed emorragie).<br />

ANEURISMI DELL’ARTERIA POPLITEA<br />

Sono il 70% dei periferici, bilaterali nel 35 – 68 % dei casi, associati ad aneurisma dell’aorta addominale nel<br />

28 % dei casi; il rapporto tra la prevalenza nell’uomo e nella donna è di 30:1.<br />

Eziologia:<br />

• aterosclerosi;<br />

• infezione;<br />

• trauma: il ginocchio è un’articolazione estremamente mobile;<br />

• patologie della tonaca media (Marfan e Ehlers-Danlos).


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 9<br />

Complicanze:<br />

• embolia e trombosi = 81 % dei casi (si ricordi che nell’aneurisma praticamente sempre c’è il trombo);<br />

• rottura = 4 % dei casi (in ogni caso l’emorragia non è drammatica come nel caso della rottura di un<br />

aneurisma dell’aorta perché l’arteria poplitea è chiusa da una guaina tendinea inestensibile, pertanto la<br />

rottura non è praticamente mai mortale.<br />

• compressione nel 15 % dei casi a carico della vene poplitea = provoca edema dell’arto inferiore con<br />

cianosi e trombosi venosa;<br />

• compressione a carico del nervo sciatico = provoca dolore posteriormente alla gamba.<br />

Terapia:<br />

• chirurgia diretta = asportazione della sacca e sostituzione con un segmento di vena safena o con una<br />

protesi sintetica;<br />

• si lega l’arteria sopra e sotto l’aneurisma (per impedire emboli ed ingrandimenti) e si procede con un<br />

bypass;<br />

• simpaticectomia lombare con alcool (fenolo solitamente)si ottiene una vasodilatazione periferica con il<br />

calo delle resistenze a valle vi è un calo della pressione a livello aneurismatico.<br />

• terapia con fibrinolitici in loco (sempre in associazione con la terapia chirurgica).<br />

Esiti della chirurgia:<br />

• trattamento di aneurismi asintomatici = salvataggio dell’arto nel 93 – 95 % dei casi a 10 anni<br />

dall’intervento;<br />

• trattamento di aneurismi in urgenza = salvataggio dell’arto nel 55 – 72 % dei casi a 5 anni<br />

dall’intervento;<br />

• amputazione primaria 30-60 %;<br />

• la prognosi è dunque di tipo “quoad functionem”.<br />

Considerazioni:<br />

• l’incidenza di complicanze ischemiche non è direttamente in rapporto con il diametro dell’aneurisma,<br />

31% a 3-6 mesi 57% a 18 mesi 74% a 5 anni;<br />

• si hanno migliori risultati con una protesi biologica ricavata dalla vena safena, rispetto alle protesi<br />

sintetiche;<br />

• poiché l'incidenza di aneurismi "metacroni" è pari al 49 % negli aneurismi singoli e del 100 % nei pazienti<br />

con aneurismi bilaterali, è consigliabile uno screening accurato per altre formazioni aneurismatiche (es.<br />

arteria femorale) o per recidive aneurismatici a monte e a valle, come è consigliabile indagare per<br />

eventuali aneurismi aortici.<br />

ANEURISMI DELL’ARTERIA FEMORALE<br />

Spesso sono associati ad un aneurisma dell’aorta.<br />

Un aneurisma della femorale si manifesta con dolore nel 25 % dei casi, in generale il paziente vedrà una<br />

tumefazione pulsante in sede inguinale. L’aneurisma comporta anche un’elongazione dell’arteria.<br />

Complicanze:<br />

• ischemia nel 40 % dei casi;<br />

• rottura nel 1 – 15 % dei casi.<br />

ANEURISMA ARTERIA ILIACA<br />

È molto raro (0,6 % degli aneurismi) e spesso associato ad aneurismi dell’aorta addominale.<br />

La sintomatologia è da compressione, le strutture coinvolte sono:<br />

• ureteri e vescica = polliacchiuria, ematuria (la compressione vescica provoca sanguinamenti), idronefrosi<br />

(dilatazione del bacinetto renale legata all’ostruzione dell’uretere di competenza) seguita da atrofia<br />

renale;


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 10<br />

• compressione del nervo sciatico = sciatalgia;<br />

• compressione delle vene iliaca e femorale = trombosi venosa iliaco-femorale.<br />

Complicanze:<br />

rottura nel 75 % dei casi se il diametro è > 4 cm (il calibro normale dell’arteria iliaca è tra gli 8 – 10 mm.<br />

ANEURISMI DELL’ARTERIA EPATICA<br />

Costituiscono il 20 % degli aneurismi viscerali, presentano una scarsa sintomatologia fin tanto che non<br />

vanno incontro a rottura.<br />

La rottura nell’albero biliare provoca embolia = ingresso di sangue nella colecisti o vie biliari con ittero,<br />

dolore a colica e melena, questo perché il sangue arriva nel coledoco dove coagula e crea un’ostruzione<br />

delle vie biliari.<br />

Può eventualmente verificarsi la rottura intraperitoneale (condizione che può causare uno shock<br />

ipovolemico) o ancora la rottura del sacco aneurismatico nello stomaco o nel duodeno = emorragia<br />

digestiva con ematemesi e/o melena.<br />

ANEURISMI DELL’ARTERIA SUCCLAVIA<br />

Sono aneurismi usualmente post-stenotici (spesso dovuti alla presenza della sindrome della costa cervicale<br />

e altre forme di T.O.S.); si forma distalmente rispetto ad una compressione del vaso che provoca un flusso<br />

vorticoso. Provocano dolore nel 75 % dei casi, possono dare una sintomatologia ischemica da embolia<br />

distalmente. La rottura si verifica raramente perché non raggiungono mai grosse dimensioni.<br />

ANEURISMI DELLA CAROTIDE EXTRACRANICA<br />

Rappresentano il 4 % degli aneurismi periferici; coinvolgono la biforcazione carotidea, hanno<br />

sintomatologia neurologica da microembolia nel 50 % dei casi che si caratterizza con:<br />

• amaurosi fugax = cecità fugace dell’occhio omolaterale;<br />

• TIA con deficit motorio contro laterale;<br />

oppure si manifestano con una sintomatologia da compressione:<br />

• di esofago e trachea = disfagia e/o dispnea;<br />

• dei nervo laringeo ricorrente omolaterale = disfonia, voce bitonale;<br />

• del simpatico cervicale = sindrome di Bernard-Horner;<br />

• del nervo ipoglosso = paralisi dello stesso con deviazione della lingua.<br />

Questo tipo di aneurisma può assumere notevoli dimensioni perché le carotidi sono organi elastici.<br />

ANEURISMI DELL’ARTERIA RENALE<br />

Questo tipo di aneurisma viene diagnosticato generalmente in maniera occasionale, il più delle volte è<br />

asintomatico, raramente presenta una sintomatologia specifica, infrequente è la rottura. Sovente trattasi di<br />

aneurismi post-stenotici correlati ad ipertensione renale vascolare (IRV).<br />

ANEURISMI DELL’ARTERIA SPLENICA<br />

Rappresentano i 2/3 di tutti gli aneurismi viscerali, solo il 20 % di essi da una sintomatologia precoce,<br />

nell’80 % dei casi danno una sintomatologia con la rottura del sacco aneurismatico. Sono frequenti nella<br />

pluripara (specialmente se obesa), l'incidenza massima di rottura è durante il III trimestre di gravidanza.<br />

I sintomi precoci sono:<br />

• vago dolore epigastrico irradiato al fianco sinistro e alla regione scapolare di sinistra;<br />

• dispepsia;<br />

• raramente segni di compressione della vena splenica.<br />

La rottura può condurre allo shock ipovolemico e/o al peritonismo e se avviene nello stomaco o nel<br />

duodeno provoca ematemesi (emorragia digestiva).


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 1<br />

LE VARICI<br />

Le varici sono alterazione strutturali che coinvolgono le vene. DEFINZIONE: sfiancamento delle vene<br />

superficiali che diventano tortuose e dilatate = ectasie venose superficiali.<br />

VARICI DEGLI ARTI INFERIORI<br />

Questa patologia ha una rilevanza sociale considerevole perché nei casi più gravi si ha un grado di disabilità<br />

che obbliga l’astensione dall’attività lavorativa, infatti non colpisce solo gli anziani, ma anche soggetti in età<br />

lavorativa.<br />

EPIDEMIOLOGIA<br />

Le varici colpiscono il 15 – 40 % della popolazione, con maggior prevalenza nella popolazione caucasica,<br />

preferenzialmente nelle donna e con grandi differenze di distribuzione in funzione della ripartizione<br />

geografica. Sono molto rare nelle popolazioni asiatiche.<br />

FATTORI DI RISCHIO<br />

• Familiarità.<br />

• Più frequente nella razza caucasica.<br />

• Età (il rischio aumenta con l'età).<br />

• Sesso femminile: gli estrogeni causano sfiancamento della muscolatura liscia dei vasi venosi.<br />

• Uso di contraccettivi orali e terapia ormonale sostitutiva.<br />

• Obesità: compressione delle vene iliache e ridotto ritorno venoso.<br />

• Gravidanza: aumento degli estrogeni e ridotto ritorno venoso (compressione vene iliache da parte<br />

dell’utero), generalmente dopo il parto le varici regrediscono spontaneamente.<br />

• Professione: stazione eretta prolungata vicino a fonti di calore(baristi, cuochi, camerieri).<br />

• Intensa attività sportiva: le vene sono aumentate di volume per l’aumento dell’apporto di sangue al<br />

distretto muscolare e il conseguente aumento di deflusso, non sono tortuose = non sono propriamente<br />

varici, ma PSEUDOVARICI.<br />

CLASSIFICAZIONE su base eziologica<br />

• Varici essenziali o primitive: eziologia sconosciuta.<br />

• Varici da fistola artero-venosa: il sangue ad alta pressione sfianca le pareti delle vene.<br />

• Varici post-flebitiche.<br />

• Varici da aplasia del sistema venoso profondo (Klippel-Trenaunay, Cruveilhier-Baumgarten – caput<br />

medusae).<br />

ANATOMIA DELLA CIRCOLAZIONE VENOSA DEGLI ARTI INFERIORI<br />

STRUTTURA DELLE VENE PROPULSIVE<br />

Le pareti venose sono molto meno spesse e meccanicamente meno resistenti alla pressione per svolgere la<br />

loro funzione di serbatoio di sangue con la loro capacità.<br />

Sono caratterizzate dalla presenza di:<br />

• tonaca esterna o avventizziale è costituita da tessuto connettivo lasso al cui interno scorrono i vasa<br />

vasorum e strutture nervose afferrenti al vaso (simpatico e parasimpatico); è molto più sviluppata a<br />

livello delle vene degli arti inferiori, vene propulsive = sottodiaframmatiche (vene ricettive =<br />

sopradiaframmatiche sono prive di valvole e con una tonaca avventizia meno sviluppata) poiché è<br />

questa la porzione della parete che contribuisce maggiormente alla resistenza da parte del vaso alla<br />

pressione;<br />

• tonaca media è molto sottile = poco sviluppata nelle vene, è costituita da tessuto muscolare liscio;


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 2<br />

• tonaca intima è costituita da tessuto endoteliale poggiante sulla membrana basale;<br />

• valvole a nido di rondine o antigravitarie che impediscono il reflusso di sangue, opponendosi alla<br />

gravità.<br />

CIRCOLO VENOSO PROFONDO<br />

• Vena poplitea.<br />

• Vena femorale (che origina come continuazione della poplitea a livello della fossa poplitea).<br />

Drenano circa il 90% del sangue refluo degli arti inferiori, sono sostenute dai tessuti circostanti in modo<br />

significativo, circondate dalle strutture muscolari che insieme all’arteria e al nervo sono avvolte in un unica<br />

fascia, è proprio l'azione di compressione data dalla contrazione del polpaccio che fornisce la vis a latere<br />

che grazie alla presenza delle valvole a nido di rondine (antireflusso) si traduce nella più efficace<br />

componente del pompaggio del sangue.<br />

CIRCOLO VENOSO SUPERFICIALE<br />

L' arcata dorsale del piede da origine a vena safena accessoria posteriore, vena piccola safena (nasce dal<br />

malleolo esterno e si immette nella vena poplitea) e vena grande safena che origina a livello del malleolo<br />

mediale e dopo aver ricevuto i contributi delle vene safene accessorie mediale e laterale si getta nella vena<br />

femorale attraverso il forame ovale a livello inguinale.<br />

• Sistema di vene ANASTOMOTICHE che collegano tra loro i due sistemi venosi superficiali.<br />

• Sistema delle vene PERFORANTI (circa 200 per ogni arto)che collegano il circolo superficiale a quello<br />

profondo ed essendo dotate di valvole consentono il passaggio del sangue solo dal superficiale al<br />

profondo.<br />

Le vene superficiali non sono avvolte da fasce o muscoli specifici, sono prive di sostegno (maggior<br />

possibilità di sfiancamento).<br />

ASPETTI DI FISIOLOGIA<br />

Il flusso del sangue nel distretto venoso NON è mantenuto per azione diretta della sistole ventricolare (se<br />

non in minima parte), ma dalla presenza di altri fattori:<br />

• VIS A TERGO: pressione residua della fase arteriosa dopo che il sangue ha attraversato il microcircolo;<br />

• VIS A FRONTE: azione di risucchio esercitata dalla pressione negativa esercitata sul mediastino<br />

dall'inspirazione;<br />

• VIS A LATERE: la forza esercitata dall‘azione di compressione determinata dalla contrazione muscolare<br />

durante la deambulazione (muscoli della gamba) COMPRIME LE VENE DEL PIEDE E SPINGE IL SANGUE<br />

VERSO L'ALTO, se la muscolatura è conservata; qualora l’individuo abbia alterazioni a livello plantare, ad<br />

esempio, presenterà una vis a latere alterata;<br />

• VALVOLE A NIDO DI RONDINE CONTINENTI: determinano la direzionalità della vis a latere e spezzano la<br />

colonna di sangue.<br />

PATOGENESI<br />

Nelle varici c’è un’insufficienza valvolare, pertanto la situazione peggiora nel tempo (dilatazione<br />

ingravescente).<br />

Prima teoria: l’insufficienza della muscolatura liscia venosa porta alla dilatazione iniziale delle vene, questo<br />

causerebbe un’insufficienza del sistema valvolare.<br />

Seconda teoria: l’aplasaia di una valvola causa il reflusso venoso che provoca a sua volta la dilatazione<br />

delle vene e la successiva insufficienza valvolare.


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 3<br />

Quando le vene si dilatano, i lembi delle valvole si allontanano e lasciano fluire il sangue verso il basso<br />

(reflusso). Tale reflusso comporta un aumento di pressione nelle vene la cui dilatazione diviene sempre più<br />

marcata e causa così un aumento del diametro con conseguente ingravescenza.<br />

QUADRO CLINICO<br />

SINTOMATOLOGIA<br />

I due principali sintomi che si associano alle varici sono dovuti alla stasi l’EDEMA e il DOLORE.<br />

Si possono poi registrare altri segni e sintomi associati:<br />

• reticoli venosi superficiali abnormi;<br />

• parestesia;<br />

• senso di pesantezza;<br />

• bruciore;<br />

• discromia nella pigmentazione cutanea = la stasi determina la fuoriuscita di globuli rossi dai vasi, con<br />

perdita di emoglobina che si ossida (emosiderina) conferendo alla cute una colorazione caratteristica<br />

giallo rossastra;<br />

• crampi notturni (soprattutto nelle giornate in cui il paziente è stato sottoposto ad un notevole sforzo<br />

fisico = maggior afflusso di sangue agli arti inferiori) a causa del maggior ristagno del sangue che non è<br />

stato efficacemente restituito al circolo.<br />

La sintomatologia si manifesta prevalentemente la sera o nel tardo pomeriggio poiché di giorno il paziente<br />

tende a stare in piedi favorendo così con la forza di gravità il ristagno di liquido, quando il paziente dorme le<br />

vene si svuotano e il circolo è decongestionato al mattino.<br />

COMPLICANZE<br />

• Rottura delle varici: provoca un’emorragia anche cospicua in un territorio a bassa pressione, in virtù di<br />

questa bassa pressione se si alza l’arto sopra il livello del cuore l’emorragia scompare.<br />

• Varicoflebite: trombosi venosa superficiale con conseguente reazione flogistica (rubor, dolor, tumor,<br />

calor e functio lesa); la TVS è dovuta al ristagno ematico determinato da: reflusso + la mancanza di vis a<br />

latere efficace + la tortuosità + l'aumento di diametro.<br />

• Lesioni trofiche: ipodermiti, dermiti, epidermiti, ulcere venose.<br />

Ulcera varicosa: si localizza elettivamente nella regione malleolare interna per la sottigliezza della cute e la<br />

presenza di microtraumatismi frequenti, l’ulcera varicosa guarisce rimuovendola chirurgicamente e<br />

mantenendo il paziente con la gamba alzata o supino.<br />

DIAGNOSI<br />

ESAME CLINICO<br />

Esame obiettivo<br />

ISPEZIONE:<br />

• esaminare il paziente IN ORTOSTATISMO E IN POSIZIONE SUPINA, si ricercano delle variazioni della<br />

funzione idraulica della gamba, risulta quindi fondamentale valutare tutte le condizioni pressorie;<br />

• valutare soprattutto la CROMIA CUTANEA alla ricerca di modificazioni del colore della cute,<br />

dilatazione e tortuosità delle vene superficiali;<br />

• far sollevare un arto alla volta a circa 15° di inclinazione al di sopra del piano orizzontale e notare la<br />

velocità di svuotamento venoso.<br />

PALPAZIONE:<br />

• a volte alla palpazione può variare il colore della cute;<br />

• TERMOTATTO soprattutto in caso di infiammazione;


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 4<br />

• permette di eseguire le manovre funzionali (descritte successivamente) utili a stabilire la causa della<br />

patologia venosa;<br />

• esame di eventuali tumefazioni e/o soluzioni di continuo presenti;<br />

• conferma dei dati ricavati dalla ispezione.<br />

Esame obiettivo delle varici<br />

l'esame obiettivo delle varici per ragioni idrauliche si esegue a paziente in ORTOSTATISMO.<br />

ISPEZIONE:<br />

• sede e calibro delle varici presenti;<br />

• tragitto della varice;<br />

• turbe trofiche della cute eventualmente associate;<br />

• presenza o assenza di edemi.<br />

• PALPAZIONE:<br />

• sede rilevata alla ispezione;<br />

• calibro della varice;<br />

• estensione lungo la vena della varice;<br />

• tragitto della lesione (es. una varice tronculare RICALCA IL PERCORSO ANATOMICO DEI DUE GRANDI<br />

VASI SUPERFICIALI);<br />

• compattezza o consistenza.<br />

In genere le varici sono LESIONI DI CONSITENZA SOFFICE.<br />

Diagnosi differenziale: in presenza di una tromboflebite in fase acuta si riscontra la presenza di una<br />

tumefazione DURA DOLENTE E DOLORABILE, se invece è presente di una tromboflebite In fase cronica, se il<br />

trombo cioè permane in sede, la tumefazione permane DURA, ma NON DOLORABILE (generalmente una<br />

tromboflebite non da problemi se permane in sede).<br />

Prove funziole e la loro esecuzione: sono manovre utili al fine di valutare la tenuta delle valvole delle vene<br />

superficiali, essenziali a favorire il flusso del sangue in senso caudo-craniale, la tenuta delle valvole delle<br />

vene comunicanti e delle valvole del circolo venoso profondo e dello stato di pervietà dello stesso (è<br />

importante valutare lo stato funzionale del circolo profondo poiché le varici possono essere un’espressione<br />

secondaria di lesioni profonde che determinano l'aumento della pressione venosa periferica e il<br />

conseguente sfiancamento della parete vasale).<br />

TEST DI SCHWARTZ<br />

SERVE a valutare la COMPETENZA DELLE VALVOLE DELLE VENE SUPERFICIALI.<br />

• si esegue a paziente IN POSIZIONE ORTOSTATICA al fine di garantire il riempimento delle strutture<br />

venose;<br />

• una mano posta superiormente alla parte terminale della vena in esame, l’altra mano posta<br />

inferiormente alla parte iniziale della stessa vena;<br />

• si inviano una serie di IMPULSI CON UNA DELLE DUE MANI tali da generare un’onda che si propaghi<br />

lungo le pareti del vaso.<br />

Nel vaso sano in cui le valvole SONO CONTINENTI l'impulso INVIATO DALLA MANO PROSSIMALE NON viene<br />

PERCEPITO dalla mano distale in quanto le valvole ne impediscono la propagazione, se ciò avviene significa<br />

che le valvole non sono continenti. L'impulso generato dalla mano distale viene percepito<br />

indipendentemente dal funzionamento o meno delle valvole da parte della mano prossimale


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 5<br />

MANOVRA DI RIVA-TRENDELEMBURG<br />

SERVE a valutare la COMPETENZA DELLE VALVOLE associate all'OSTIO SAFENO FEMORALE E ALLO SBOCCO<br />

DELLA VENA PICCOLA SAFENA NELLA POPLITEA;<br />

• il paziente viene posto in posizione supina, si solleva l'arto in esame di 90°;<br />

• la tumefazione varicosa dovrebbe vuotarsi per la forza gravitazionale;<br />

• ci si porta a livello del triangolo di scarpa e si individua la posizione della vena femorale, la vena<br />

femorale si colloca medialmente alla arteria femorale percepibile grazie alla sua pulsazione;<br />

• si applica un laccio occludendo lo sbocco venoso;<br />

• si pone il paziente in piedi: il circolo superficiale si riempie generalmente in 35 secondi;<br />

• normalmente il laccio viene tenuto in sede per 20 secondi al fine di eseguire la valutazione.<br />

Se le vene superficiali si riempiono rapidamente quando la vena è occlusa dalla compressione ALLORA LE<br />

VALVOLE DELLE VENE PERFORANTI NON SONO COMPLETAMENTE CONTINENTI e il sangue dalle vene<br />

profonde bloccate a monte dal laccio fluisce a quelle superficiali; se le vene superficiali si riempiono,<br />

risultando come nel caso precedente RIGONFIE, e alla rimozione del laccio TENDONO A GONFIARSI<br />

ANCORA DI PIÙ, l’insufficienza sarà probabilmente DUPLICE e interesserà le valvole delle vene PERFORANTI<br />

come nel caso precedente e la valvola SAFENO-FEMORALE; se alla rimozione del laccio il sangue tende a<br />

defluire dal circolo profondo verso quello superficiale in questo caso il test viene definito DOPPIAMENTE<br />

POSITIVO o POSITIVO POSITIVO.<br />

Il test di Trendelemburg si può eseguire naturalmente anche per la VENA PICCOLA SAFENA e le vene<br />

perforanti ad essa associate: in tal caso bisogna porre il laccio emostatico a livello del cavo popliteo.<br />

In presenza di una POSITIVITÀ SOLO PER LE VENE PERFORANTI è possibile APPLICARE IL LACCIO A DIVERSI<br />

LIVELLI DELLA VENA SOTTO ESAME al fine di identificare dove si collochi con precisione la insufficienza.<br />

MANOVRA DI PERTHES<br />

VALUTA la PERVIETÀ del CIRCOLO PROFONDO;<br />

• con il paziente in posizione ortostatica si applica un laccio a metà coscia senza prima aver sollevato l'arto<br />

in modo tale da impedire il funzionamento della grande safena;<br />

• si fa camminare il paziente normalmente o sulla punta del piede al fine di stimolare la muscolatura del<br />

polpaccio e incrementare la vis a latere.<br />

Se le vene profonde sono PERVIE e i rami perforanti sono funzionanti allora la contrazione muscolare<br />

spingerà il sangue contenuto nelle varici verso il CIRCOLO PROFONDO facendo SVUOTARE il circolo<br />

superficiale; se le vene comunicanti sono occluse o le loro valvole non funzionano correttamente, LE VARICI<br />

RESTANO INVARIATE IN VOLUME; se le vene profonde risultano OCCLUSE allora LE VARICI AUMENTANO IN<br />

VOLUME.<br />

ESAMI STRUMENTALI<br />

Possono risultare estremamente utili alcuni esami fondamentali quali:<br />

• DOPPLER, utile a determinare la presenza di trombi (velocimetria doppler ad onda continua e ecocolor-doppler);<br />

• ANGIOGRAFIA = FLEBOGRAFIA con iniezione di liquidi di contrasto (varicografia o flebografia = iniezione<br />

mezzo di contrasto in una vena).<br />

È FONDAMENTALE CAPIRE DOVE SONO LE VALVOLE CHE NON TENGONO.


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 6<br />

TERAPIA<br />

• Terapia farmacologica: farmaci venotropi che potenziano la muscolatura (hanno una scarsa efficacia).<br />

• Terapia elastocompressiva: con calze o benda elastica, riduce il volume delle vene e il diametro delle<br />

stesse comprimendole, così facendo rende le valvole di nuovo competenti; è molto efficace nel<br />

prevenire le varici; la compressione deve essere più o meno energica a seconda della patologia (al<br />

massimo una compressione di 50mmHg come nei casi di linfedema).<br />

• Terapia chirurgica: rimozione del tronco venoso stripping, chirurgia laser e radiofrequenza (onde<br />

elettromagnetiche), si segna il decorso della vena nella fase preoperatoria ASSOLUTAMENTE<br />

CONTROINDICATA se il circolo profondo non è competente.<br />

• Terapia sclerosante: iniezione di farmaci ad azione necrotizzante sull’endotelio (il vaso si trasforma in<br />

un cordoncino fibroso) CONTROINDICATA NELLO STESSO CASO.<br />

• Terapia mista (chirurgica + sclerosante).<br />

CAUSE RECIDIVE:<br />

• crossectomia (interruzione dei vasi collaterali afferenti al tronco venoso da rimuovere) non eseguita o<br />

malamente eseguita;<br />

• safene accessorie non resecate;<br />

• legatura mal eseguita della safena esterna;<br />

• perforanti insufficienti o mal trattate;<br />

• incompleta rimozione della vena.


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 1<br />

IL PIEDE DIABETICO<br />

È una patologia la cui competenza si colloca a cavallo di molte specialità (chirurgia plastica, chirurgia<br />

vascolare, ortopedia, diabetologia, ecc.). La sua frequenza è in aumento nei paesi industrializzati e la causa<br />

di ciò si può ascrivere all’aumento dell’incidenza del diabete (l’esposizione ai fattori di rischio per il diabete<br />

è nettamente maggiore nei paesi occidentali) e al potenziamento dell’efficacia nel trattamento del pz.<br />

diabetico, la cui aspettativa di vita si allunga con aumento della frequenza delle sue complicanze, tra cui il<br />

piede diabetico.<br />

Gli individui colpiti sono:<br />

- pz. diabetici da almeno 10 anni;<br />

- pz. con diabete mellito insulino-dipendente.<br />

Epidemiologia:<br />

5 – 10 % dei pazienti diabetici;<br />

20 % dei casi di ospedalizzazione nei diabetici.<br />

Fattori di rischio:<br />

- neuropatia periferica presente da lungo tempo, comporta alterazioni della sensibilità termica, dolorifica<br />

e tattile;<br />

- arteriopatia periferica macro e micro, caratterizzata da calcificazioni della tonaca media, sclerosi ialina<br />

delle arteriole, ispessimento delle membrane basali dell’endotelio;<br />

- durata del diabete;<br />

- atrofia muscolare, frutto della degenerazione nervosa, a sua volta causa una deformazione della<br />

superficie d’appoggio del piede e la formazione di ulcere plantari localizzate preferenzialmente a livello<br />

dell’articolazione metatarso-falangea;<br />

- disfunzioni biomeccaniche del muscolo sempre conseguenti alla neuropatia periferica;<br />

- elevata pressione plantare;<br />

- limitata mobilità articolare;<br />

- suscettibilità alle infezioni batteriche, i pz. diabetici sono maggiormente sensibili alle infezioni batteriche<br />

che si manifestano con gravità e rapidità esacerbate.<br />

Il paziente che soffre di neuropatia periferica non avverte anche i minimi traumi, senza che egli se ne renda<br />

conto questi traumi danno origine a lesioni che, se pur di minima entità, tendono a infettarsi e ad assumere<br />

una gravità notevole (in virtù della suscettibilità del pz. diabetico all’infezione).<br />

La macroangiopatia diabetica colpisce prevalentemente le arterie tibiali e la parte distale della femorale<br />

superficiale, risparmia invece le arterie del piede, l’arteria plantare mediale, l’arcata arteriosa dorsale e la<br />

femorale superficiale nel suo tratto prossimale. Tale caratteristica permette di intervenire chirurgicamente<br />

con ricanalizzazione attraverso bypass che colleghino la femorale con e l’arcata arteriosa dorsale.<br />

RIASSUMENDO, il quadro del piede diabetico è dunque caratterizzato da tre componenti:<br />

1. ischemia legata all’aterosclerosi;<br />

2. neuropatia ischemica;<br />

3. componente infettiva.<br />

La triade NEUROPATIA – TRAUMA – DEFORMITÀ DEL PIEDE è presente nel 63 % dei casi.


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 2<br />

Complicazioni:<br />

Il rischio maggiore nel piede diabetico è che la lesione evolva in senso necrotico portando alla gangrena del<br />

tessuto. Nei casi più gravi si rende necessario ricorrere all’amputazione delle estremità più distali dell’arto<br />

(amputazioni minori), tuttavia un intervento del genere aumenta notevolmente la probabilità che a<br />

distanza di tempo la gangrena si ripresenti e sia necessaria l’amputazione di tutto l’arto (amputazione<br />

maggiori).<br />

RISCHIO D’AMPUTAZIONE = 44 % diabetici – 11 % non diabetici.<br />

Il rischio è aumentato nella popolazione femminile.<br />

Il 30 % degli amputati perde l’arto residuo entro 3 anni – il 51 % entro 5 anni.<br />

Nei pazienti diabetici rispetto ai non diabetici si ha una prevalenza di amputazioni digitali (minori) rispetto<br />

alle amputazioni maggiori.<br />

Tutto questo ha enormi risvolti sulla possibilità lavorativa, in termini di autonomia individuale e legati ai<br />

costi sociali di assistenza = problematiche di ordine socio-economico che non possono essere sottovalutate.<br />

AMPUTAZIONI MAGGIORI nei pazienti diabetici<br />

1958 1985 2000<br />

34 % 12,8 % < 10 %<br />

QUADRO CLINICO<br />

È un’entità eterogenea causata da un insieme di sottostanti anormalità. Esistono più modi di classificare le<br />

lesioni in base all’eziologia, così come il quadro clinico con cui questa patologia si manifesta varia a<br />

seconda che prevalga o la componente ischemica o la componente neuropatica.<br />

Si distinguono in base all’eziologia:<br />

- quadro neuropatico;<br />

- quadro ischemico;<br />

- quadro misto neuro-ischemico;<br />

- quadro infettivo.<br />

I quadri ischemico e neuro-ischemico insieme rappresentano l’80 % dei casi.<br />

QUADRO NEUROPATICO<br />

Si caratterizza con:<br />

- l’atrofia dei muscoli plantari;<br />

- modificazione della superficie d’appoggio del piede;<br />

- lesioni cutanee plantari a livello delle prima articolazione metatarso-falangea e del tallone che tendono<br />

ad infettarsi.<br />

QUADRO ISCHEMICO<br />

Si caratterizza con:<br />

- lesioni trofiche tipiche che coinvolgono le parti più distali dell’arto = lesioni acrali (dita, avampiede,<br />

tallone);<br />

- l’infezione tende ad avanzare in direzione centripeta soprattutto per via linfatica;<br />

- le lesioni evolvono in ulcere e gangrena.<br />

Numerosi studi hanno evidenziato nei diabetici il prevalente interessamento dei vasi tibiali con integrità di<br />

una o più arterie del piede (a. pedidia, a. plantare). L’ARTERIOPATIA OSTRUTTIVA È 6 VOLTE PIÙ


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 3<br />

FREQUENTE NEL PAZIENTE DIABETICO RISPETTO AL PAZIENTE NON DIABETICO, a localizzazione<br />

prevalentemente distale:<br />

- 13,5 % a localizzazione aorto-iliaca;<br />

- 81 % a localizzazione femorale;<br />

- 70 % a localizzazione tibiale multipla;<br />

[dei pazienti con arteriopatia ostruttiva]<br />

- 65 – 75 % dei pazienti rivascolarizzati femoro-tibiali sono DIABETICI.<br />

COME DISTINGUERE UN QUADRO DI PIEDE DIABETICO NEUROPATICO DA UNO ISCHEMICO<br />

- Caratteristiche della lesione.<br />

- Polsi presenti o meno (femorale, pedidio, tibiale) = nel piede ischemico il polso tibiale è palpabile solo<br />

nel 25 – 30 % dei casi, mentre il pedidio nel 30 – 40 % dei casi.<br />

- Indagini strumentali = velocimetria doppler, eco-color-doppler, angiografia.<br />

Il paziente con un piede diabetico si presenta dal medico che già la lesione si è formata, di fatti non<br />

presenta ne il DOLORE A RIPOSO, ne la CLAUDICATIO a causa della parestesia (neuropatia periferica);<br />

questa patologia dunque viene diagnosticata tardivamente, ecco quindi il perché delle amputazioni<br />

frequenti. La valutazione clinica del piede diabetico deve necessariamente includere un esame del circolo<br />

periferico.<br />

TERAPIA<br />

TERAPIA LOCALE<br />

- Detersione (chirurgica, enzimatica ed antibatterica).<br />

- Sterilizzazione (perossido d’idrogeno e antibiotici).<br />

- Riparazione tissutale delle lesioni (con materiale protesico biologico o sintetico).<br />

TERAPIA CHIRURGICA = migliorare la perfusione distale, in casi selezionati una rivascolarizzazione distale<br />

consente di salvare l’arto riducendo in modo considerevole le amputazioni.<br />

Chirurgia tradizionale = RIVASCOLARIZZAZIONE CON BYPASS FEMORO-DIATALI (I e II) O POPLITEO-<br />

TIBIALI O POPLITEO-PEDIDEI (III); come protesi vascolare si scelgono materiali biologici (vena safena<br />

autologa, vena dell’arto superiore autologa, vena safena omologa crioconservata, vena ombelicale<br />

omologa), è sconsigliato l’uso di protesi sintetiche (PTFE) vista l’alta suscettibilità alle infezioni dei<br />

pazienti diabetici e la propensione del materiale sintetico a promuoverle.<br />

I. RIVASCOLARIZZAZIONE FEMORO-POPLITEO-TIBIALE con bypass (VENA AUTOLOGA)<br />

AUTORE ANNO Pervietà (a 5 anni) Salvataggio dell’arto Numero<br />

TOURSARKISSIAN 2001 79 % 93 % 42<br />

POMPOSELLI FB 2000 74,7 % / 76,2 % 87,1 % 795<br />

Risultati paragonabili a quelli della popolazione non diabetica.<br />

La MORTALITÀ a 10 anni dall’intervento è elevata (92 % contro il 65 % dei pazienti non diabetici).<br />

II. RIVASCOLARIZZAZIONE FEMORO-POPLITEO-PEDIDEA con bypass (VENA AUTOLOGA)<br />

POMPOSELLI FB 1995 68 % / 82 % 87 % 384<br />

III. RIVASCOLARIZZAZIONE POPLITEO-TIBIALE/PEDIDEA con bypass (VENA AUTOLOGA)<br />

Pomposelli 2000 39 % ± 7,3 % tib.<br />

47,6 % ± 15,4 % ped.<br />

71,5 % ± 6,9 % 144<br />

Chirurgia endovascolare = PTA prossimale (dell’arteria femorale superficiale o della pedidea) isolata o<br />

associata a BYPASS.


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 4<br />

TERAPIE COMPLEMENTARI<br />

Stimolazione midollare SCS = sfrutta il fenomeno di GATE CONTROL grazie al quale la stimolazione di<br />

altre vie sensitive attiva meccanismi di inibizione sulla trasmissione delle vie nocicettive; inoltre,<br />

associato all’effetto antalgico, si verifica anche la vasodilatazione del distretto cutaneo corrispondente<br />

con aumento del flusso periferico; tramite cateterismo viene applicato un elettrodo e livello dei cordoni<br />

posteriori dei metameri d’interesse collegato ad un pace maker posto in una tasca sottocutanea che<br />

emette scariche elettriche a determinate intensità. Gli impulsi emessi dal pacemaker producono:<br />

- inibizione delle afferenze nocicettive grazie al gate control;<br />

- stimolazione per via antidromica delle fibre C vasodilatatrici;<br />

- inibizione segmentaria delle fibre vascocostrittive;<br />

- interazione diretta con i centri vaso-regolatori;<br />

- stimolazione della neoangiogenesi capillare;<br />

- riduzione dell’aggregabilità piastrinica;<br />

- miglioramento della filtrazione ematica;<br />

- diminuzione della viscosità ematica;<br />

è una terapia che agisce molto lentamente, usata nei pazienti con arteriopatie ostruttive croniche non<br />

trattabili con rivascolarizzazione diretta e nei pazienti che presentano “piede diabetico”.<br />

Ossigeno terapia iperbarica = si fa inalare ossigeno ad alta pressione al paziente in una apposita camera,<br />

l’ossigeno si concentra nel sangue:<br />

- ha funzioni battericida e batteriostatiche;<br />

- stimola l’attività cidica leucocitaria;<br />

- attiva i fibroblasti e l’osteogenesi, stimola i processi riparativi in generale;<br />

- stimola la neoangiogenesi capillare;<br />

- provoca vasocostrizione e diminuzione la permeabilità dell’endotelio (quindi diminuzione del<br />

passaggio di liquidi dai vasi all’interstizio) = riduce l’edema;<br />

è una terapia adiuvante del piede diabetico rivascolarizzato, una terapia di base del piede diabetico<br />

infetto (in uso anche per la “malattia dei cassoni”).<br />

Fibrinolisi associata a bypass.<br />

Terapia vasoattiva.<br />

MALATTIA DA DECOMPRESSIONE (Malattia dei cassoni; malattia dei sommozzatori)<br />

Patologia causata dalla riduzione della pressione circostante (es. durante la risalita da una immersione, nell'uscita<br />

da un cassone o da una camera iperbarica, oppure nell'ascesa ad alte quote), causata dalla formazione di bolle<br />

gassose nei tessuti o nel sangue e abitualmente caratterizzata da dolore e/o da sintomi neurologici.<br />

Patogenesi<br />

Il sommozzatore o il lavoratore in aria compressa, che respiri aria a pressione aumentata, assorbe quantità<br />

maggiori di O2 e di N2, che si disciolgono nel sangue e nei tessuti. L'O2 è un gas eliminabile attraverso differenti<br />

meccanismi fisiologici, mentre l'N2 (o qualsiasi altro gas inerte) lascia il corpo soltanto attraverso la circolazione<br />

sanguigna e i polmoni, la via inversa a quella utilizzata per il suo ingresso. Gradienti di pressione parziale<br />

governano l'immissione e l'eliminazione del gas, il grado di sovrasaturazione (che si verifica quando la pressione<br />

gassosa dei tessuti o del sangue è superiore alla pressione ambientale) determina la possibile formazione di bolle<br />

gassose che divengono sintomatiche nel momento in cui si fa ritorno in un ambiente a bassa pressione o<br />

immediatamente dopo.<br />

MANTENIMENTO<br />

- Igiene del piede.<br />

- Utilizzo di speciali calzature protettive (evitare microlesioni).<br />

- Follow-up del paziente.


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 1<br />

SINDROME DELLO STRETTO TORACICO<br />

TOS [Thoracic Outlet Syndrome]<br />

È una sindrome che passa spesso per misconosciuta, frequentemente ha un’eziologia postraumatica (es.<br />

colpo di frusta, traumi a livello delle articolazioni clavicolare e omerale, ecc.). Sono raggruppate sotto<br />

questa definizione un’insieme di sindromi:<br />

sindrome della costa cervicale;<br />

sindrome costo-clavicolare;<br />

sindrome della 1° costa;<br />

sindrome da iperabduzione;<br />

sindrome dello scaleno anteriore;<br />

sindrome spalla-mano;<br />

sindrome del piccolo pettorale;<br />

sindrome da compressione del plesso brachiale;<br />

sindrome di Adson;<br />

sindrome della testa omerale;<br />

sindorme di Paget Schroetter (trombosi venosa profonda da sforzo);<br />

paralisi di Rucksack (dovuta alla compressione o alla trazione eccessiva del plesso brachiale o del nervo toracico).<br />

ANATOMIA<br />

Gli arti superiori sono innervati dal plesso brachiale e vascolarizzati da vasi succlavi che si trovano appunto<br />

a questo livello. Il fascio vascolo-nervoso, costituito da plesso brachiale, arteria e vena succlavie, può<br />

essere compresso nel suo decorso a causa di vari fattori. La compressione può avvenire in tre punti che nel<br />

loro complesso sono detti stretto toracico:<br />

- triangolo interscalenico;<br />

- spazio sottoclavicolare;<br />

- spazio subcoracoideo.<br />

Ognuno di questi punti presenta un fattore preciso che più frequentemente è causa della compressione.<br />

In direzione prossimo-distale si individuano:<br />

il triangolo interscalenico (sindrome dello scaleno), costituito =<br />

- dal muscolo scaleno anteriore anteriormente;<br />

- dallo scaleno mediale posteriormente;<br />

- dalla faccia latero-superiore della prima costa inferiormente;<br />

lo spazio sottoclavicolare o costo-clavicolare (sindrome della costa cervicale), costituito =<br />

- dal terzo medio della clavicola anteriormente;<br />

- dalla prima costa posteromedialmente;<br />

- dal profilo superiore della scapola posterolateralmente;<br />

lo spazio subcoracoideo, sotto al muscolo piccolo pettorale (sindrome da iperabduzione) costituito =<br />

- dal processo coracoideo e dal tendine del piccolo pettorale anteriormente.<br />

Le radici del plesso brachiale e l’arteria si localizzano tra scaleno anteriore e scaleno medio;la vena succlavia<br />

anteriormente allo scaleno anteriore, inferiormente alla clavicola e superiormente alla prima costa.<br />

EZIOPATOGENESI<br />

Le cause si distinguono in CONGENITE e ACQUISITE, inoltre possono essere classificate in:<br />

ossee =<br />

costa cervicale accessoria;<br />

mega-apofisi trasversa di C7;<br />

patologie della clavicola o della prima costa (una frattura di tale componente ossea si ripara con la<br />

formazione di un callo osseo esuberante che comprime le strutture circostanti);


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 2<br />

muscolari =<br />

anomalie del muscolo scaleni (anteriore e medio);<br />

del muscolo succlavio;<br />

del piccolo pettorale;<br />

connettivali = formazione di bande fibrose come esiti di traumi sopraclaverari (si forma un ematoma che<br />

si riassorbe con la formazione di tessuto cicatriziale).<br />

Lo stretto toracico è sottoposto a grande mobilità, può essere eccessivamente stretto, diventarlo durante<br />

certe manovre provocative o esserlo per la presenza di strutture anomale come bande fibrose, coste<br />

cervicali, muscoli anomali o ipertrofici.<br />

La sindrome è causata dunque dalla compressione di queste strutture arteriose, venose e nervose.<br />

SINTOMATOLOGIA<br />

Segni e sintomi compaiono generalmente se il pz. mobilizza l’arto in determinate posizioni che accentuano<br />

la compressione (sollevare, retro posizionare, ecc.).<br />

La sintomatologia da compressione arteriosa è prettamente ischemica:<br />

ipotermia;<br />

dolore;<br />

pallore;<br />

claudicatio (nell'utilizzare la mano sollevata);<br />

necrosi digitale dovuta ad embolie di origine brachiale (complicanze a distanza);<br />

fenomeno di Raynoud.<br />

La sintomatologia da compressione venosa :<br />

calor;<br />

cianosi;<br />

tumor;<br />

edema posturali;<br />

distensione delle vene superficiali.<br />

Se la patologia si aggrava la stasi venosa si fa continua, ciò comporta l'acuirsi del quadro precedente e<br />

l'eventuale comparsa di trombosi della vena succlavia.<br />

La sintomatologia da compressione nervosa:<br />

dolore neuropatico irradiato alla zona innervata;<br />

parestesie;<br />

debolezza muscolare;<br />

perdita di sensibilità (più marcato a livello ulnare).<br />

COMPLICANZE<br />

Trombosi della vena succlavia dovuta alla stasi venosa come conseguenza della dalla compressione<br />

venosa = l’arto rimane permanentemente arrossato, dolente e gonfio, le vene superficiali della regione<br />

pettorale e della spalla sono ipersviluppate per mantenere il deflusso venoso.<br />

Aneurisma poststenotica dell’arteria succlavia o dell’arteria omerale a valle della compressione = tipico<br />

caso di aneurisma post stenotico (rischio di embolia a livello dell’arteria omerale e dei vasi arteriosi a valle).<br />

Atrofia dei muscoli corrispondenti alle strutture nervose compromesse.<br />

Negli individui giovani che presentano tale sindrome e praticano attività lavorative caratterizzate da uno<br />

sforzo fisico a carico degli arti superiore la sintomatologia tende ad essere recidivante per la formazione di<br />

cicatrici, è altamente consigliabile un cambiamento dello stile di vita, in questo caso dell’attività lavorativa.


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 3<br />

LA MALATTIA DI RAYNAUD E IL FENOMENO DI RAYNAUD<br />

Il fenomeno di Raynaud conseguente alla TOS è presente solo nel 10 % dei casi, è dovuto alla concomitanza<br />

di irritazione del simpatico (vasocostrizione), distacco di emboli (ischemie)i e ischemia da compressione.<br />

La malattia di Raynaud è comune soprattutto nelle giovani donne, è idiopatica, considerata una patologia<br />

del simpatico peri-arterioso, provoca fenomeni di ischemica e cianosi dovuti ad una disfunzione della<br />

regolazione del circolo. Si manifesta a livello delle dita di mani e piedi.<br />

Il fenomeno di Raynaud invece può essere secondario ad altre condizioni, quali:<br />

connettiviti (sclerodermia, AR, LES);<br />

arteriopatie ostruttive (arteriosclerosi obliterante, tromboangioite obliterante, sindrome dello stretto<br />

toracico);<br />

lesioni neurologiche;<br />

intossicazione da farmaci;<br />

disproteinemie;<br />

mixedema (una condizione patologica caratterizzata da edema del sottocute dovuta ad accumulo<br />

di mucopolisaccaridi, tipico dell'ipotiroidismo);<br />

ipertensione polmonare primitiva;<br />

traumi.<br />

Nella sindrome dello stretto toracico si può avere il fenomeno di Raynoud dovuto alla compressione delle<br />

strutture vascolari e nervose, il paziente avverte un dolore a collo e alle dita (IV e V dito soprattutto =<br />

compressione del nervo ulnare) con formicoli (parestesie).<br />

Nella malattia di Raynaud la soglia per la risposta vasospastica si abbassa per l’esposizione al freddo o per<br />

qualunque fattore in grado di attivare il sistema simpatico o liberare catecolamine (es. l'emozione). I vasi<br />

sono istologicamente normali all'inizio della malattia, mentre in stadi avanzati si possono avere<br />

ispessimento dell'intima e trombosi a carico delle piccole arterie.<br />

SINTOMI E SEGNI<br />

Pallore o cianosi intermittenti delle dita:<br />

o le variazioni di colore possono essere trifasiche (pallore, cianosi, rossore dovuto all’iperemia reattiva)<br />

o bifasiche (cianosi, rossore);<br />

o non si verificano al di sopra delle articolazioni metacarpofalangee e raramente coinvolgono il pollice.<br />

Il dolore è poco comune durante l'attacco, mentre sono frequenti le parestesie.<br />

Il vasospasmo delle arterie e delle arteriole digitali può persistere per minuti o per ore, ma raramente è<br />

grave abbastanza da causare una rilevante perdita tissutale.<br />

La malattia di Raynaud si differenzia dal fenomeno di Raynaud perché è bilaterale ed è primitiva. Le<br />

modificazioni trofiche della cute e la gangrena sono assenti o interessano zone circoscritte e i sintomi non<br />

peggiorano nonostante persistano per molti anni; durante un attacco riscaldando le mani si ripristina il<br />

normale colorito cutaneo e la sensibilità.<br />

Nel fenomeno di Raynaud è individuabile una patologia primitiva e i segni e i sintomi ad essa associati.


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 4<br />

DIAGNOSI<br />

ESAME CLINICO:<br />

anamnesi accurata, indagare per =<br />

traumi a livello del rachide cervicali o della spalla;<br />

costa cervicale aggiunta;<br />

mega-apofisi di C7;<br />

esame obiettivo =<br />

reperimento dei polsi arteriosi periferici;<br />

ricercare soffi arteriosi a livello delle’arteria brachiale (stenosi) che si modificano con la<br />

mobilizzazione dell’arto;<br />

dilatazione aneurismatica della succlavia;<br />

test di EXHNER;<br />

manovre semiologiche per evidenziare la compressione.<br />

MANOVRE SEMIOLOGICHE<br />

Manovra di Adson<br />

Manovra atta a ricercare la presenza di ostacoli al decorso dell'arteria succlavia nel punto in cui essa,<br />

fuoriuscendo dal torace, scavalca la prima costa nella strettoia formata dai muscoli scaleni. La manovra si<br />

attua facendo eseguire al paziente, seduto con le braccia penzoloni, una profonda inspirazione e<br />

contemporaneamente facendo ruotare fortemente il capo dal lato in esame. In tal modo se esiste uno<br />

scaleno eccessivamente spesso, oppure una costa in soprannumero, l'arteria succlavia viene compressa fino<br />

ad ostacolare completamente il flusso di sangue; perciò scomparirà il polso radiale, il malato accuserà<br />

formicolii e dolori al braccio ed alla mano. La positività della manovra indica la necessità di un trattamento<br />

chirurgico atto a risolvere l'anomalia.<br />

Manovra di Eden<br />

È utile per determinare una compressione al secondo livello (spazio costo-clavicolare), un cui restringimento<br />

può essere dovuto ad un atteggiamento persistente di adduzione della spalla o per retrazione o fibrosi del<br />

muscolo succlavio (dovute all’ipertrofia dei pettorali); in questo caso prevalgono i disturbi sensitivi. Si<br />

pratica facendo attuare una retro-posizione forzata dell'arto superiore ed abbassamento della spalla.<br />

Manovra di Wright<br />

È utile per determinare una compressione al terzo livello (spazio subcoracoideo – sindrome da<br />

iperabduzione) del fascio vascolo-nervoso del torace, esercitata dalla membrana costo-coracoidea insieme<br />

al processo coracoideo, alla scapola e al piccolo pettorale. Si effettua un’abduzione massima delle spalle in<br />

extrarotazione.<br />

Test di mc Gowan<br />

Al paziente seduto o in piedi viene chiesto di proiettare le spalle all’indietro (retropulsione e abbassamento<br />

del cingolo scapolo-omerale). Se positivo dovrebbe scompare il polso radiale.<br />

ESAMI STRUMENTALI (per confermare la diagnosi)<br />

Doppler, flussimetro doppler, eco-color-doppler sull’arteria radiale: durante l’esame il medico deve<br />

chiedere al paziente di mobilitare l’arto, se alzandolo il segnale del doppler scompare significa che il<br />

flusso è stato interrotto dalla compressione.<br />

RX torace: per osservare la presenza anomalie ossee come fratture o malformazioni (costa cervicale,<br />

mega apofisi, ecc.).<br />

Arteriografia e flebografia: con mezzo di contrasto in ultima istanza; INDICAZIONI PER L’ANGIOGRAFIA:<br />

sono una sintomatologia suggestiva, un soffio sopra/infra-clavicolare dell’arteria succlavia, il calo della<br />

pressione diastolica omerale (aumento dell’ ABI).


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 5<br />

Velocità di conduzione del nervo ulnare: la compressione rallenta la conduzione nervosa, 59,1 ms al<br />

polso, 55,8 al gomito, 72,2 alla spalla.<br />

Fotopletismografia: grazie ad una fonte luminosa si determina il flusso capillare.<br />

DURANTE TUTTI GLI ESAMI IL MEDICO DEVE RICHIEDERE AL PAZIENTE DI ASSUMERE QUELLE POSIZIONI<br />

CHE ACCENTUANO ED EVIDENZIARE LA COMPRESSIONE<br />

DIAGNOSI DIFFERENZIALE<br />

La diagnosi di questa sindrome è molto rara appunto perché spesso rimane misconosciuta in quanto<br />

confusa con altre patologie come:<br />

periatrite scapolo-omerale;<br />

artrosi cervicale (nei giovani a seguito di traumi);<br />

radicolite (ripetuti traumi a livello delle radicole C8-T1 possono simulare il quadro patologico);<br />

sindrome del tunnel carpale (è una lesione del nervo mediano a livello del carpo e causa un’eccessiva<br />

adduzione della spalla a scopo antalgico → compressione a livello dello spazio costo-clavicolare).<br />

TERAPIA<br />

Per la sindrome dello stretto toracico non sussiste nessuna terapia medica. Può essere indicato un<br />

trattamento di fisioterapia per rieducare la muscolatura del cingolo scapolare al fine di ovviare alla<br />

sintomatologia e correggere il problema (nelle forme lievi).<br />

TERAPIA CHIRURGICA<br />

RICANALIZZAZIONE VASCOLARE<br />

Per le forme gravi (presente ischemia periferica con un’intensa sintomatologia dolorifica) è indicato<br />

l’intervento chirurgico sui vasi, ma non viene risolta la patologia primaria per cui la sintomatologia dello<br />

stretto toracico torna a manifestarsi.<br />

MALFORMAZIONI OSSEE: COSTA CERVICALE e SINDROME DELLA PRIMA COSTA<br />

In alcuni casi è possibile intervenire asportando la costa cervicale o l’estremità distale della prima costa (nel<br />

caso sia origine della compressione).<br />

SIMPATICECTOMIA: NEI CASI DI LESIONE DELLE ARTERIE DIGITALI<br />

Ora viene usata molto raramente, è invece indicata nei casi di IPERIDROSI PALMARI [simpaticectomia<br />

toracica per via toracoscopica = consiste nell’ablazione del nervo simpatico per inibire la sudorazione e il<br />

vasospasmo a livello della mano].<br />

RECISIONE DEI FASCI MUSCOLARI COINVOLTI<br />

Sezionare lo scaleno anteriore, talvolta il piccolo pettorale.<br />

INDICAZIONI PER L'INTERVENTO:<br />

ischemia acute (da sforzo es. trombosi da sforzo);<br />

aneurisma post-stenotico dell’arteria succlavia;<br />

trombosi venosa;<br />

alterazioni della arterie digitali;<br />

alterazione vasomotorie;<br />

edemi posturali;<br />

dolore importante;<br />

disturbi motori (claudicatio).


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 6


I TRAUMI VASCOLARI<br />

Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 1<br />

Epidemiologia:<br />

i traumi vascolari rappresentano lo 0,2 % di tutti i traumi civili;<br />

nel 20 – 30 % dei casi sono associati a fratture o dislocazioni di grandi articolazioni (lussazioni);<br />

il 1,5 – 6,5 % dei traumi scheletrici si associa a lesioni vascolari.<br />

I meccanismi predominanti nei traumi vascolari sono quelli del TRAUMA CHIUSO.<br />

Cenni Storici:<br />

prima del 1700 si praticava solo la legatura arteriosa al fine di provocare emostasi;<br />

a metà del 1700 risale il primo tentativo di ricostruire con punti di sutura una lesione arteriosa<br />

(Hallowell 1759, Broca 1762);<br />

nel 1866 Postemski eseguì per primo una sutura tangenziale per danno arterioso;<br />

la prima sutura termino-terminale di un’arteria femorale sezionata da colpo di arma da fuoco fu<br />

eseguita da Murphy nel 1896;<br />

il primo innesto in vena safena per trauma fu eseguito da Goyanes nel 1906;<br />

Subbotitich nel 1913 riportò, a seguito del conflitto serbo-turco e serbo-bulgaro, 75 casi di<br />

pseudoaneurismi e fistole artero-venose operate con successo;<br />

nel I° e nel II° Conflitto Mondiale e nella Guerra di Corea, la legatura arteriosa e la sutura tangenziale<br />

furono le tecniche chirurgiche più adoperate;<br />

nel conflitto del Vietnam le ricostruzioni arteriose immediate consentirono di ridurre drasticamente le<br />

amputazioni degli arti.<br />

Il principale problema nella chirurgia vascolare è stata la possibilità di operate in condizioni sterile e nella<br />

traumatologia un’altra questione delicata era il trasporto dei pazienti (specialmente in ambito bellico). Le<br />

principali cause di morte erano sepsi e gangrena.<br />

Classificazione dei traumi arteriosi:<br />

LESIONI DIRETTE = nel punto di applicazione della forza traumatica:<br />

ferite penetranti;<br />

traumi contusivi = traumi chiusi;<br />

LESIONI INDIRETTE = a distanza del punto di applicazione della forza traumatica:<br />

arteriospasmo;<br />

lesioni da iperdistensione = traumi chiusi;<br />

lesioni da decelerazione = traumi chiusi;<br />

SEQUELE CRONICHE = a distanza di tempi dal danno recato alla struttura vascolare:<br />

fistole artero-venose;<br />

pseudoaneurismi.<br />

LESIONI DIRETTE<br />

Ferite<br />

• Da taglio (arma bianca).<br />

• Da punta (arma bianca).<br />

• Da fuoco.<br />

• Iatrogena (vedi traumi iatrogeni).<br />

La lesione della parete del vaso ha una direzionalità dall’esterno verso l’interno (verso il lume) =<br />

dall’avventizia all’intima; è sempre presente una soluzione di continuo che comunica con l’esterno.<br />

1° tipo = non è lesa la tonaca intima;<br />

2° tipo = penetrazione nel lume del vaso;<br />

3° tipo = completa recisione del vaso.


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 2<br />

Conseguenze = emorragia associata ad ischemia acuta (nel caso di sezione completa del vaso poiché<br />

interrompe il flusso); spasmo nelle piccole e medie arterie che provoca un’emostasi spontanea (=<br />

contrazione delle cellule muscolari lisce); riversamento di sangue nel connettivo con formazione di un<br />

ematoma.<br />

*** Nei traumi aperti uno dei rischi maggiori è la contaminazione e infezione del campo chirurgico.<br />

Traumi contusivi (compressione e contusione) = TRAUMI CHIUSI<br />

La lesione del vaso procede dall’interno all’esterno del vaso, dalla tonaca intima verso la tonaca media e<br />

l’avventizia; manca una ferita comunicante con l’esterno.<br />

1° tipo = lesa la tonaca intima;<br />

2° tipo = lese tonache intima e media;<br />

3° tipo = lesi tonache intima, media e avventizia.<br />

Conseguenze = trombosi in virtù del fatto che viene leso l’endotelio (intima) e quindi viene a mancare la sua<br />

normale funzione anticoagulante: si forma da prima un trombo bianco (piastrine) e poi trombo rosso, si<br />

verifica un fenomeno ischemico acuto o sub-acuto; embolia; sindrome compartimentale; non ci sono segni<br />

dell’emorragia.<br />

Spesso esistono lesioni associate.<br />

LESIONI INDIRETTE<br />

Arteriospasmo<br />

È uno spasmo circoscritto di un arteria, miogeno (dovuta alla contrazione della componente muscolare<br />

liscia), a genesi MECCANICA, interessa un’arteria intatta e si verifica con maggior frequenza a livello delle<br />

arterie degli arti.<br />

È un evento infrequente, viene diagnosticato per esclusione = tramite ECO-COLOR-DOPPLER o<br />

ANGIOGRAFIA non sono visibili i rami collaterali quando la riduzione del lume e quindi del flusso sono quasi<br />

totali.<br />

Conseguenza = ischemia che si risolve a distanza di qualche ora (con l’esaurimento del potere contrattile<br />

delle fibre muscolari).<br />

Lesioni da iperdistensione<br />

Si verifica quando un segmento osseo che subisce una dislocazione (fratture, lussazioni delle grandi<br />

articolazioni = spalla e anca) va a mettere in tensione una struttura vascolare; la tensione a carico della<br />

parete del vaso è quindi parallela al suo asse longitudinale (STIRAMENTO), si ha la lesione dell’intima e della<br />

media, mentre la tonaca avventizia rimane integra.<br />

Conseguenza = trombosi e quindi ischemia.<br />

Lesioni da decelerazione<br />

Alcuni esempi di eventi che possono causare traumi da decelerazione:<br />

cadute da grandi altezza, cadute sul dorso = decelerazione verticale<br />

incidenti stradali = decelerazione trasversale – decelerazione combinata (trauma toracico provocato<br />

dalle cinture di sicurezza)<br />

compressione diretta;<br />

seppellimento;<br />

esplosione.


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 3<br />

Alcuni esempi di traumi vascolari da decelerazione:<br />

lesione dell’arco aortico =<br />

- la decelerazione trasversale combinata provoca solitamente lesione del tratto terminale dell’arco<br />

aortico (a livello dell’istmo, tra arco e aorta discendente);<br />

- la decelerazione verticale provoca solitamente la lesione della porzione ascendente dell’arco aortico;<br />

nei casi sopra descritti si verifica un’emorragia ingente con riversamento di sangue nella tonaca<br />

avventizia o, se la lesione della parete dell’aorta è completa, riversamento di sangue nella cavità<br />

toracica (EMOTORACE);<br />

disinserzione della milza (strappamento dal peduncolo vascolare) = un trauma di questo tipo si verifica<br />

quando il vaso è fissato alle strutture adiacenti contrariamente all’organo.<br />

SEDI DEL TRAUMATISMO E TIPI DI LESIONE<br />

Traumatismi del torace:<br />

trauma chiuso = lesioni contuse dell’aorta discendente e del tronco anonimo (DX);<br />

ferita penetrante = lesioni al midollo spinale e dell’esofago.<br />

Traumatismo VASCOLARE dell’addome:<br />

trauma chiuso 12 %;<br />

ferite penetranti 88 %;<br />

MORTALITÀ 30 – 70 %;<br />

TRAUMI VASCOLARI ADDOMINALI (risultati su 302 pazienti con età media di 28 anni)<br />

Numero di lesioni arteriose Letalità<br />

1 45 %<br />

3 73 %<br />

4 100 %<br />

vena cava 70 %<br />

vena cava e aorta 93 %<br />

Traumatismo VASCOLARE del collo:<br />

trauma chiuso 10 % = es. dissezione dell’arteria carotidea;<br />

ferita penetrante 90 %<br />

DISSEZIONE DELL’ARTERIA CAROTIDEA<br />

Eziologia:<br />

iperdistensione o rotazione del collo;<br />

trauma orale;<br />

spontanea (cause misconosciute).<br />

Fisiopatologia: viene a crearsi uno scollamento tra tonaca intima e tonaca media; il sangue può<br />

intraprendere due vie, scorrere nel lume del vaso o infiltrarsi nello spessore della tonaca media<br />

occludendo il vaso; il flusso all’interno della carotide diminuisce è si ha ischemia cerebrale; il flusso<br />

potrebbe ripristinarsi autonomamente, ma come sappiamo gli stati ischemici a carico del tessuto nervoso<br />

creano danni permanenti in brevissimo tempo.<br />

Sintomatologia:<br />

è tardiva;<br />

cecità dell’occhio omolaterale (ischemia retinica);<br />

sindrome di Bernard-Horner (ptosi palpebrale, enoftalmo, miosi, anidrosi del volto = l'assenza di<br />

sudorazione e della lacrimazione);<br />

cefalea;<br />

emiparesi controlaterale.


Reperto angioradiologico: arteria carotide con conformazione “a coda di topo”.<br />

Complicanze tardive: aneurisma o occlusione dell’arteria carotidea.<br />

Terapia:<br />

terapia anticoagulante;<br />

chirurgia endovascolare;<br />

innesto venoso termino-terminale o legatura.<br />

Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 4<br />

Traumatismo degli arti:<br />

l’evenienza più pericolosa è la lesione dei tronchi nervosi, è praticamente impossibile ricostruire un nervo<br />

completamente sezionato, un arto anche se completamente rivascolarizzato, ma denervato non sarà mai<br />

funzionante.<br />

Traumatismo VASCOLARE degli arti:<br />

più distalmente è localizzata la lesione vascolare, più piccolo sarà il lume del vaso è quindi più probabile che<br />

si verifichi trombosi acuta con conseguente ischemia.<br />

ARTO SUPERIORE:<br />

o più frequenti le ferite penetranti;<br />

o le ischemie sono ben tollerate quindi le amputazioni sono infrequenti;<br />

o le lesioni nervose e ossee sono frequenti.<br />

ARTO INFERIORE:<br />

o più frequente il trauma chiuso;<br />

o più frequente la sindrome compartimentale perché c’è più massa muscolare rispetto l’arto superiore;<br />

o le lesioni nervose sono infrequenti.<br />

LUSSAZIONE DEL GINOCCHIO:<br />

è uno dei traumi articolari più frequente;<br />

si strappa l’arteria poplitea;<br />

è necessario intervenire con sostituzione vascolare (INNESTO) con un trapianto autologo di vena<br />

safena.<br />

IN GENERALE nel trauma chiuso (es. frattura) c’è lesione dei tessuti molli, la diagnosi è più tardiva e<br />

quindi si hanno risultati peggiori; viceversa nella ferita penetrante il quadro clinico è spesso eclatante, la<br />

diagnosi è precoce e i risultati saranno migliori.<br />

COMPLICANZE DEL TRAUMA VASCOLARE ARTERIOSO<br />

Lesioni associate:<br />

lesioni alle strutture nervose, con una probabilità > 50 %;<br />

lesioni alle strutture ossee, con una probabilità 20 – 30 %;<br />

lesioni alle strutture venose, con una probabilità del 20 % circa.<br />

SINDORME COMPARTIMENTALE<br />

La sindrome compartimentale è la complicanza a più alto rischio di perdita dell'arto.<br />

Si verifica nel momento in cui la pressione all’interno dalle fasce muscolari aumenta causando la<br />

compressione dei tessuti molli, delle strutture vascolari, nervose e tendinee.<br />

La causa scatenante è da ritrovare in:<br />

aumento della pressione compartimentale (emorragia, flogosi dovuta a traumi, infezioni, ecc.);<br />

sindrome da schiacciamento e altri cause di compressione ab estrinseco (fasciature, ingessature, ecc.).


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 5<br />

LA TUMEFAZIONE DEL MUSCOLO COLPITO ALL'INTERNO DI UN INVOLUCRO COSTRITTIVO AUMENTA LA<br />

PRESSIONE TISSUTALE E DIMINUISCE LA PERFUSIONE SANGUIGNA<br />

La compressione arteriosa provoca:<br />

1. diminuita perfusione;<br />

2. insufficiente apporto di metaboliti e O₂;<br />

3. ischemia dei tessuti;<br />

4. innesco di una risposta flogistica o esacerbazione di una flogosi in atto;<br />

5. aumento della permeabilità capillare con essudazione;<br />

6. edema e ulteriore aumento della pressione compartimentale.<br />

La compressione venosa provoca:<br />

1. ostacolato deflusso;<br />

2. stasi venosa;<br />

3. ristagno di cataboliti e CO₂;<br />

4. esacerbazione della flogosi e dell’edema interstiziale.<br />

La sede più frequente è a livello della gamba, dove si ha compressione delle arterie tibiale anteriore, tibiale<br />

posteriore e peroniera.<br />

QUADRO CLINICO:<br />

dolore;<br />

paralisi e parestesie dovute alla compressione dei nervi;<br />

complicanze circolatorie<br />

la sofferenza muscolare avanza fino a portare a necrosi del tessuto. I segni della necrosi del tessuto<br />

muscolare sono:<br />

urine color marsala per via della mioglobinuria (che inoltre può provocare un insufficienza renale<br />

acuta);<br />

aritmie cardiache dovute all’iperpotassiemia (le cellule in necrosi libero potassi nell’ambiente<br />

extracellulare.<br />

LA PRESENZA DEI POLSI PERIFERICI NON ESCLUDE UNA SINDROME COMPARTIMENTALE.<br />

TERAPIA CHIRURGICA:<br />

l’intervento chirurgico indicato quando:<br />

persiste un’ischemia prolungata;<br />

il danno tessutale è esteso;<br />

si ha una concomitante lesione arteriosa e venosa.<br />

Si procede con una FASCIOTOMIA = incisione della fascia muscolare, il muscolo, molto edematoso,<br />

fuoriesce in virtù dell’ipertensione compartimentale; la fasciotomia permette di evitare parestesie e paralisi<br />

dovute all’eccessiva compressione delle strutture nervose.<br />

LA SINDROME DI VOLKMANN (CONTRATTURA DI VOLKMANN O CONTRATTURA ISCHEMICA DI<br />

VOLKMANN)<br />

È una contrattura permanente della mano e del polso con conseguente deformità simile ad artigli della<br />

mano e delle dita, che rende l'estensione passiva delle dita stesse limitata e dolorosa. È più comune nei<br />

bambini. All'esame obiettivo le dita appaiono di colorito bianco o bluastro e la pulsazione radiale è<br />

assente; la contrattura arriva insieme alla paralisi.<br />

Eziologia<br />

Qualsiasi frattura nella regione del gomito o della parte superiore del braccio può portare alla contrattura<br />

ischemica di Volkmann, ma comunemente questa è causata da una frattura sopra-condilare dell'omero.<br />

La contrattura di Volkmann deriva da un'ischemia acuta delle fibre muscolari del gruppo flessore dei


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 6<br />

muscoli dell'avambraccio; è causata dall'ostruzione dell'arteria brachiale vicino al gomito, talvolta a causa<br />

di un uso improprio del laccio emostatico, da un'errata ingessatura o dalla sindrome compartimentale.<br />

DIAGNOSI (dei traumi vascolari)<br />

ESAME CLINICO<br />

Per fare diagnosi di trauma vascolare devono essere presenti i seguenti dati all’ESAME OBIETTIVO:<br />

segni maggiori<br />

emorragia;<br />

assenza dei polsi distali (alla lesione);<br />

soffi vascolari a monte;<br />

ematomi pulsanti;<br />

paralisi/parestesie;<br />

ipotermia;<br />

segni minori<br />

ematomi stabili, di piccole dimensioni;<br />

lesioni a strutture nervose anatomicamente correlate;<br />

ipotensione o emorragia controllata;<br />

prossimità del trauma a strutture vascolari maggiori.<br />

ESAMI STRUMENTALI<br />

Nel caso siano presenti segni maggiori allora il medico dovrà procedere con un esame angiografico<br />

(all’occorrenza anche INTRAOPERATORIO) o eco-color-doppler ed eventualmente un esame RX dei<br />

segmenti ossei in corrispondenza della sede dove si sospetta essere localizzato il trauma vascolare<br />

(modifica la strategia di intervento).<br />

TERAPIA<br />

Stabilizzare le ossa e le articolazione (in presenza di fratture o lussazioni).<br />

Rivascolarizzazione arteriosa (sutura diretta o innesto da safena, preferibilmente autologa).<br />

Riparazione delle lesioni venosa;<br />

Fasciotomie (se presente ipertensione compartimentale).<br />

TERAPIA FARMACOLOGICA – per le lesioni vasospatiche<br />

Si usano farmaci spasmolitici come la papaverina (oppioide).<br />

TECNICHE DI RIPARAZIONI DEI TRAUMI VASCOLARI<br />

Sostituzione vascolare protesica [viene indicata per lesioni di vecchia data] =<br />

- innesti con anastomosi termino-terminale;<br />

- bypass con vena autologa;<br />

- bypass con protesi sintetica PTFE.<br />

Arterioraffia (sutura) = nel caso di arterie di piccolo calibro il taglio è obliquo, ciò consente di creare<br />

anastomosi dal diametro più ampio, riparabile con più punti di sutura, inoltre sarà meno compromessa<br />

dalla vasocostrizione riflessa; se la lesione è puntiforme basta un solo punto di sutura.<br />

Patch con materiale protesico per evitare il restringimento.<br />

Se la lesione provocata dal trauma è eccessivamente estesa, allora è necessario confezionare uno shunt<br />

temporaneo da conservare il tempo necessario per ricostruire l’arteria:<br />

ridurre al minimo la durata del tempo di ischemia;<br />

indicata nella sindrome compartimentale.


Obiettivo dell’intervento:<br />

rivascolarizzazione;<br />

conservare la funzionalità della struttura anatomica (es. di un arto).<br />

Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 7<br />

TRAUMI IATROGENI<br />

CLASSIFICAZIONE:<br />

lesioni di vasi di grosso calibro in corso di interventi chirurgici (chirurgia vascolare tradizionale e<br />

endovascolare);<br />

lesione di un vaso durante procedure di prelievo o iniezioni;<br />

complicanze della radiologia vascolare invasiva a scopo diagnostico o terapeutico (embolizzazione o<br />

PTA);<br />

complicanze di linee arteriose e venose (cateteri vascolari) utilizzate a scopo di monitoraggio o a scopo<br />

terapeutico.<br />

Qualunque intervento di incisione sulla parete di un vaso, se non adeguatamente eseguito, può provocare<br />

una fuoriuscita si sangue che si riversa nei connettivi.<br />

DIAGNOSI:<br />

è immediata nei traumi da sezione o strappamento = emorragia;<br />

è più tardiva nei traumi da perforazione o legatura = ischemia.<br />

ALCUNI ESEMPI:<br />

chirurgia ginecologica – arterie e vene iliache =<br />

- ischemia (arteria);<br />

- emorragia (arteria e vena);<br />

- edema dell’arto inferiore corrispondente (vena);<br />

chirurgia laparoscopica – aorta distale, vena cava, arterie e vene iliache = emorragia;<br />

chirurgia ortopedica, artroprotesi d’anca – arterie iliache esterne e femorali = emorragia;<br />

chirurgia ortopedica del ginocchio – arteria e vena poplitee = emorragia;<br />

chirurgia ortopedica, ernia discale lombare – arterie e vene iliache = emorragia;<br />

chirurgia ortopedica, osteosintesi (fissazione di segmenti osseo post frattura) – arterie tibiali e femorali<br />

superficiali = emorragia;<br />

procedure angiografiche – arterie femorali e ascellari = pseudoaneurismi e fistole artero-venose (più<br />

frequenti nei vasi con estese lesioni aterosclerotiche);<br />

catetere di Fogarty =<br />

- sollevamento di una placca e quindi trombosi;<br />

- rottura dell’arteria e quindi emorragia (palloncino gonfiato ad un diametro eccessivo);<br />

- embolia (scoppio del palloncino);<br />

iniezione intraarteriosa accidentale di farmaci – arteria brachiale (terapia endovena) e arteria tibiale<br />

posteriore (terapia sclerosante).<br />

LESIONI VENOSE<br />

La letteratura è scarsa in merito a questo tipo di traumatismo; nelle lesioni venose si ha un’altissima<br />

PROBABILITÀ di TROMBOSI dopo la ricostruzione (nel 50 % dei casi di ricostruzione complessa); in presenza<br />

di un’emorragia attiva è necessaria un ESPLORAZIONE per rintracciarne la sorgente.


Lesioni venose associate a lesioni arteriose dovrebbero essere riparate:<br />

• se il paziente è emodinamicamente stabile;<br />

• se non c’è rischio di destabilizzare il paziente;<br />

• se la riparazione non ritarda il trattamento delle lesioni associate.<br />

Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 8<br />

L’uso di una terapia anticoagulante non sembra migliorare il tasso di pervietà (anche se pare abbassare il<br />

tasso di amputazione).


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 1<br />

INSUFFICIENZA CEREBRO-VASCOLARE<br />

L’insufficienza cerebro-vascolare è una patologia molto frequente, una delle più frequenti tra le patologie di<br />

natura vascolare, terza causa di morte dopo cardiopatie e tumori (OMS).<br />

In Italia la mortalità è di 133 casi su 100.000 abitanti.<br />

Interressa le arterie, è caratterizzata da un carenza di vascolarizzazione dell’encefalo (ricordiamo che il<br />

tessuto nervoso è il più sensibile all’ischemia). Le forme di ICV più comuni sono:<br />

• la stenosi carotidea;<br />

• il furto di succlavia.<br />

Queste patologie possono provocare danni invalidanti e permanenti anche gravi soprattutto in ambito<br />

neurologico; proprio per questo motivo l’insufficienza cerebro-vascolare ha un elevato costo sociale in<br />

termini di:<br />

assistenza;<br />

pensioni d’invalidità;<br />

devices di supporto alla persona;<br />

spese per trattamenti riabilitativi.<br />

CENNI DI ANATOMIA DEI TRONCHI SOVRA-AORTICI<br />

Dall’ARCO AORTICO hanno origine (da destra verso sinistra):<br />

tronco anonimo di destra, dalla cui biforcazione nascono =<br />

- arteria succlavia di DX;<br />

- arteria carotide comune di DX;<br />

arteria carotide comune di SX;<br />

arteria succlavia di SX.<br />

In una minoranza della popolazione la situazione è invertita e le arterie carotide comune di SX e succlavia di<br />

SX originano dal tronco anonimo di SX (assente nella maggior parte della popolazione). Esiste anche<br />

l’evenienza che carotide comune e succlavia di DX originino direttamente dall’arco aortico.<br />

La carotide comune si biforca a livello del margine superiore della cartilagine tiroidea in carotide esterna,<br />

che vascolarizza superficie esterna del cranio, la faccia e la parte alta del collo, e carotide interna, la quale<br />

non presenta rami collaterali extracranici, ma solamente rami intracranici o che originano all’interno della<br />

piramide del temporale (lungo il tratto che la carotide interna decorre nel canale carotideo); la carotide<br />

interna è responsabile della vascolarizzazione degli organi contenuti nella scatola cranica e nella cavità<br />

orbitaria omolaterale (attraverso i rami che originano nel canale carotideo e attraverso la partecipazione al<br />

poligono di Willis).<br />

Poligono di Willis:<br />

Questo struttura arteriosa è responsabile dell’irrorazione dell’encefalo, si localizza tutto intorno al corpo<br />

dello sfenoide, è un sistema anastomotico centrale interposto tra le due arterie carotidi interne (sistema<br />

anteriore) e l’arteria basilare (sistema posteriore).<br />

Da ciascuna carotide interna originano:<br />

arteria oftalmica, come collaterale;<br />

arteria comunicante posteriore, come ramo terminale che confluisce nell’arteria cerebrale posteriore<br />

omolaterale;<br />

arteria cerebrale media;<br />

arteria cerebrale anteriore.


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 2<br />

L’arteria basilare entra nella fossa endocranica posteriore per il grande forame occipitale, adagiata sulla<br />

superficie ventrale del tronco encefalico, origina dalla confluenza delle due arterie vertebrali (ciascuna<br />

collaterale dell’arteria succlavia omolaterale) e si biforca nelle due arterie cerebrali posteriori (dopo aver<br />

fornito un certo numero di collaterali).<br />

Il poligono di Willis è costituito da:<br />

arteria comunicante anteriore (unisce le due arterie cerebrali anteriori);<br />

arterie cerebrali anteriori;<br />

arteria cerebrale media;<br />

carotide interna;<br />

arteria comunicante posteriore;<br />

arterie cerebrali posteriori;<br />

arteria basilare.<br />

Una possibile anomalia che si presenta nella popolazione è l’assenza di un’arteria comunicante.<br />

Ricordiamo che l’arteria cerebrale media o silviana presenta un territorio di distribuzione molto ampio; tra<br />

le molteplici strutture è responsabile della vascolarizzazione dei lobi frontale e parietale, quindi irrora sia<br />

l’area motoria primaria (circonvoluzione pre-rolandica) che l’area sensitiva primaria (circonvoluzione postrolandica).<br />

Un fenomeno ischemico dovuto alla diminuzione di flusso di tale arteria mono- o bilateralmente<br />

può compromettere la corteccia M1. Di conseguenza si avranno deficit neurologici motori che possono<br />

andare dalla paresi alla paralisi, possono essere emi-, para- o tetraplegie a seconda che il fenomeno sia<br />

mono o bilaterale e a seconda della gravità. In caso di lesioni ischemiche monolaterali, il deficit motorio<br />

sarà controlaterale (decussazione delle piramidi – fascio piramidale/corticospinale) al contrario dei deficit<br />

sensitivi.<br />

STENOSI CAROTIDEA<br />

Condizione in cui è presente una stenosi a carico delle arterie carotidi comuni che può essere di vario grado<br />

fino a giungere all’ostruzione completa.<br />

EZIOLOGIA – FISIOPATOLOGIA – COMPLICANZE<br />

Aterosclerosi =<br />

- nel 90 % dei casi;<br />

- elettivamente a livello della biforcazione (50 – 60 %) o all’origine dei tronchi sovra-aortici (25 %);<br />

Anomalie morfologiche (secondarie ad aterosclerosi o congenite), se ne riconoscono di 3 tipi =<br />

- le carotidi assumono un andamento tortuoso (C o S);<br />

- coiling = una curvatura a cerchio o a spirale sull’asse longitudinale;<br />

- kinking = una curvatura ad angolazione marcata;<br />

una mobilizzazione del capo potrebbe portare le strutture cervicali circostanti a comprimere la carotide<br />

occludendola temporaneamente.<br />

Displasia fibromuscolare (prevalenza aumentata nella popolazione di sesso femminile, colpisce più<br />

spesso le arterie renali ed iliache, ma anche le carotidi seppur con minor frequenza).<br />

Ancor più raramente:<br />

compressione “ab estrinseco” = neoplasie, linfoadenopatie;<br />

occlusioni traumatiche;<br />

occlusioni iatrogene (es. irradiazione = stenosi attinica);<br />

processi infiammatori (malattie rare = sindrome di Takajasu, sindrome di Moyamoya);<br />

aneurisma dell’arco aortico che comprime all’origine i tronchi sovra-aortici;


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 3<br />

STENOSI SU BASE ATEROSCLEROTICA = caratteristica delle placche ateromasiche<br />

È importante esaminare l’entità della stenosi, ma anche le qualità della placca ateromasica al fine di<br />

selezionare le placche più ad alto rischio (ECO-COLOR-DOPPLER).<br />

SOFT = molle, estremamente pericolosa, libera in circolo cristalli di colesterolo che possono embolizzare<br />

(immagine ipoecogena).<br />

ULCERATA = molle con cratere ulcerato, es. placca a spina di rosa, ad alto rischio di trombi piastrinici<br />

(immagini di turbolenza).<br />

HARD = calcifica, liscia, con prognosi migliore, indirizza il trattamento in senso più conservativo piuttosto<br />

che chirurgico (immagine iperecogena).<br />

Placca a spina di rosa = placca aterosclerotica ulcerata con formazione di un cratere che si è riempito di<br />

mezzo di contrasto e per questo visibile; è andato perduto il rivestimento endoteliale a causa del processo<br />

di necrosi del tessuto sotto-intimale; è molto alto il rischio di trombosi come purè il rischio di embolia.<br />

Complicanze dell’aterosclerosi<br />

Ischemia cerebrale:<br />

può essere secondaria alla semplice riduzione del flusso dovuta alla stenosi oppure secondaria ad un<br />

evento embolico; nel primo caso la gravità dipende dal grado di stenosi e dalla PA (diminuisce la PA e il<br />

flusso alle carotidi non viene garantito, quindi la sintomatologia si manifesta) = TIA, RIND, STROKE.<br />

Embolia cerebrale:<br />

per frammentazione di una placca ateromasica nel lume vasale;<br />

per distacco di un trombo che può essersi formato =<br />

o per fissurazione della placca;<br />

o per lesione dell’endotelio da parte di moti turbolenti generati da irregolarità di parete (dovute o<br />

meno all’aterosclerosi);<br />

in entrambi i casi il trombo è secondario alla lesione dell’endotelio che perde la sua funzione<br />

anticoagulante e ad un fenomeno di aggregazione piastrinica.<br />

Ha come diretta conseguenza episodi di ischemia cerebrale o di infarto cerebrale acuti.<br />

SINTOMATOLOGIA<br />

La sintomatologia dell’insufficienza carotidea è diversa da quella dell’insufficienza vertebro-basilare perché<br />

diversi sono i territori di distribuzione (rispettivamente la parte anteriore dell’encefalo per il sistema<br />

carotideo, cervelletto e lobi occipitali per il sistema vertebro-basilare).<br />

La sintomatologia carotidea è in relazione alle aree colpite (monolateralmente):<br />

corteccia motoria = emiparesi (limitazione funzionale parziale) o emiparalisi (completa) controlaterali<br />

alla lesione;<br />

corteccia sensitiva = deficit sensitivi/parestesie facciali omolaterali;<br />

amaurosi fugax = cecità monoculare temporanea omolaterale alla lesione (secondaria ad embolia<br />

dell’arteria retinica, in genere si verifica una temporanea ischemia, la cecità può essere completa o<br />

parziale con un semplice restringimento del visus → “tenda davanti all’occhio”);<br />

aree del linguaggio = disturbi della parola (disartria), se la lesione è a sinistra nei destrimani, se a destra<br />

negli individui mancini.<br />

La sintimatologia vertebro-basilare è caratterizzata da:<br />

cervelletto = vertigini (equilibrio), atassia (cordinazione motoria), drop attack (cioè improvvisa caduta<br />

del tono muscolare, il pz. cade a terra ma non perde i sensi);<br />

corteccia visiva (lobo occipitale - scissura calcarina) = diplopia, emianopsia (oscurati un quadrante di un<br />

occhio e un quadrante dell’altro occhio).


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 4<br />

SINTOMATOLOGIA: CLASSIFICAZIONE in base a criteri clinici e anatopatologici<br />

TIA – Transitory Ischemic Attack = generalmente durano pochi minuti, al massimo 1 h (24 secondo gli<br />

ultimi criteri di classificazione); con restitutio ad integrum, non si accompagnano a lesioni ischemiche<br />

cerebrali.<br />

RIND – Reversible Ischemic Neurologic Deficit = attacchi ischemici reversibili, i sintomi durano fino ad<br />

anche 4 settimane e poi regrediscono con restitutio ad integrum.<br />

STROKE o ICTUS (infarto cerebrale) = lesione ischemica cerebrale a cui segue necrosi (necrosi coagulativa<br />

che diventa colliquativa = cisti cerebrale) e sostituzione del tessuto infartuato con tessuto cicatriziale; la<br />

sintomatologia non regredisce mai, ma può attenuarsi, dipende dalla capacità del tessuto circostante alla<br />

zona infartuata di compensare.<br />

DIAGNOSI<br />

Esame clinico:<br />

anamnesi;<br />

ESAME OBIETTIVO:<br />

ispezione dei vasi;<br />

ascoltazione di possibili soffi vascolari alle carotidi – soffi laterocervicali frutto di turbolenze –<br />

mancano nel 30 % dei pz. con stenosi carotidea;<br />

la palpazione dei polsi periferici e la misura della PA bilateralmente (scarto tra le misurazione ai due<br />

arti) hanno scarsa importanza, utili quando la stenosi coinvolge anche una delle due succlavie;<br />

esame oftalmoscopico = per visualizzare la presenza di microemboli nell’arteria retinica.<br />

Esami strumentali:<br />

VELOCIMETRIA DOPPLER, ECO-DOPPLER, ECO-COLOR-DOPPLER (velocità del flusso, pressioni,<br />

turbolenze, caratteristiche del lume se sono presenti calcificazioni con l’uso dell’eco-doppler o con l’ecocolor-doppler);<br />

EEG;<br />

angiografia digitale *;<br />

TC e angio TC * (le aree ischemiche appaiono grigie);<br />

RMN e angio RMN * (più dettagliata, specie per le arterie cerebrali in quanto l’RMN permette di<br />

visualizzare meglio le strutture endocraniche);<br />

scintigrafia (grado di vascolarizzazione).<br />

* tecniche invasive<br />

TERAPIA<br />

MONITORAGGIO DELLA PERFUSIONE CEREBRALE = VALUTAZIONE INTRAOPERATORIA CONTINUA<br />

Il tessuto cerebrale è estremamente sensibile, bisogna considerare che nell’intervenire sulla patologia<br />

carotidea è necessario clampare la carotide a monte e a valle interrompendone il flusso; ciò fa sì che venga<br />

meno una frazione del flusso totale in ingresso al circolo cerebrale e per questo motivo l’encefalo è<br />

maggiormente esposto al rischio di ischemia.<br />

Per controllare che esso non entri in uno stato di sofferenza:<br />

si monitora la sua attività elettrica tramite EEC o potenziali evocati somato-sensitivi (PESS);<br />

si controlla il flusso del poligono di Willis =<br />

- tramite l’ossimetria congiuntivale;<br />

- misurando la pressione reflua a valle del clampaggio (ago a valle della clamp) che deve essere non<br />

inferiore a 50 mmHg (il sangue a valle del clampaggio arriva dalla carotide controlaterale e dal<br />

sistema vertebro-basilare passando per il poligono di Willis).


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 5<br />

In alternativa si possono operare i pazienti da svegli (anestesia loco-regionale) e si controlla che il cervello<br />

non soffra se il paziente è cosciente, parla e muove gli arti controlaterali.<br />

La tecnica di intervento sulla carotide prevede un periodo di “clampaggio-prova” del vaso di 3 minuti<br />

durante il quale si controlla attraverso il monitoraggio adatto se si instaura uno stato di sofferenza<br />

cerebrale. Nel caso positivo sono stati introdotti dei metodi di protezione cerebrale tra cui il più comune è<br />

l’uso dello SHUNT TEMPORANEO succlavo-carotideo per portare il sangue dalla succlavia alla carotide a<br />

valle del clampaggio.<br />

CHIRURGIA<br />

Lo spazio d’intervento chirurgico nel caso delle carotidi è la regione laterocervicale. È rappresentato dalla<br />

zona laterocervicale, compresa tra la zona sopraclavicolare e la fine della porzione extracranica della<br />

carotide interna (osso temporale).<br />

NOTA BENE: è bene tenere presente che le carotidi corrono in prossimità di numerose strutture nobili<br />

(nervi ipoglosso, vago, laringeo ricorrente).<br />

Chirurgia tradizionale - TEA:<br />

- fino alla parte più interna della tonaca media);<br />

- riparazione con arterioraffia oppure pacth (in dafron, PTFE, safena) per non determinare restringimenti.<br />

Chirurgia endovascolare – applicazione di STENT: indicata per pazienti con ristenosi a seguito di un<br />

intervento di rivascolarizzazione o con tracheotomie o pz. irradiati = tutti individui con aumentato rischio<br />

operatorio.<br />

PRECEDENTI DELLA CHIRURGIA CAROTIDEA<br />

Nell’ambito della patologia carotidea il rischio di emorragie cerebrali come complicanze di interventi<br />

chirurgici a livello delle carotidi è rimasto molto elevato per molto tempo. Il pericolo è tuttora<br />

rappresentato dall’eventualità che una riduzione del flusso carotideo durante l’intervento provochi un<br />

danno ischemico a carico del tessuto cerebrale, il danno compromette l’integrità delle strutture vascolari e<br />

nel momento in cui viene ripristinato il flusso queste non riescono a sostenere lo stimolo pressorio e vanno<br />

incontro a rottura provocando così l’emorragia (per lo stesso motivo ad un paziente che presenti<br />

un’ischemia cerebrale emboligena è fortemente controindicata la somministrazione di fibrinolitici:<br />

l’eliminazione dell’embolo provoca il ripristino repentino del flusso in un’area di tessuto ischemico dove è<br />

alto rischio di emorragia). Alcuni trials internazionali, coinvolgendo migliaia di pazienti per periodi di<br />

almeno 5 anni, cercarono di mettere a confronto la terapia chirurgica e quella medica con anti-ipertensivi,<br />

statine, antiaggreganti (ASA). Lo scopo era di capire per quali pazienti l’intervento era indicato e per quali<br />

invece i benefici non valevano i traumi che l’intervento comportava.<br />

INDICAZIONE CHIRURGICA<br />

- Pz. asintomatici, ma che evidenziano una stenosi carotidea superiore al 70 % (serrata) e con spettanza di<br />

vita superiore a 3 anni (ha indicazione chirurgica anche una stenosi di grado minore, ma che presenti<br />

lesioni ulcerate).<br />

- Pz. sintomatici (TIA carotidei, RIND o ICTUS di minor entità = minor stroke).<br />

Affinché non ci sia controindicazione alla chirurgia il rischio di complicanze post-chirurgiche o di morte a<br />

seguito dell’intervento deve essere inferiore al 3 %; di regola non si interviene su pazienti con situazioni<br />

neurologiche instabili e su pazienti con occlusione completa del vaso.<br />

BENEFICI DELL’INTERVENTO<br />

Prevenzione dell’ictus = l’intervento chirurgico nella patologia carotidea ha significato prettamente<br />

preventivo.


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 6<br />

COMPLICANZE DELL’INTERVENTO<br />

PRECOCI:<br />

neurologiche centrali = ICTUS dovuto all’interruzione troppo prolungata del flusso cerebrale (è<br />

un’operazione imprescindibile per poter eseguire l’intervento);<br />

neurologiche periferiche =<br />

- lesione del nervo laringeo ricorrente (disfonia o voce bitonale);<br />

- lesione del nervo ipoglosso (deviazione della lingua);<br />

- lesione del nervo vago (disfagia);<br />

infezione della ferita chirurgica;<br />

complicanze cardiovascolari;<br />

complicanze polmonari.<br />

TARDIVE:<br />

ristenosi;<br />

aneurismi o pseudoaneurismi;<br />

cheloidi della cicatrice.<br />

SINDROME DA FURTO DELLA SUCCLAVIA<br />

DEFINIZIONE<br />

Condizione che si verifica quando presente un’ostruzione dell’origine della succlavia a sinistra o del tronco<br />

anonimo a destra (solitamente) che provoca una insufficienza vertebro-basilare con ridistribuzione del<br />

circolo a questo livello.<br />

FISIOPATOLOGIA<br />

Si verifica una diminuzione del flusso in ingresso al circolo cerebrale in quanto la direzione del sangue nelle<br />

arteria vertebrale omolaterale si inverte: l’arteria vertebrale, distalmente al tratto colpito, diventa una<br />

collaterale di supporto alla succlavia post-stenotica e all’arteria ascellare, dove il sangue si porta:<br />

- dall’arteria vertebrale controlaterale;<br />

- dall’arteria basilare con flusso retrogrado proveniente dal poligono di Willis (il sangue in arrivo dalle<br />

carotidi);<br />

Si crea così un “emostorno” dal circolo cerebrale a favore dell’estremità superiore omolaterale = il sangue<br />

della vertebrale che origina dalla succlavia sana non porta sangue al poligono di Willis, ma alla vertebrale<br />

controlaterale = L’ARTO SUPERIORE VASCOLARIZZATO DALLA SUCCLAVIA STENOTICA “RUBA SANGUE” AL<br />

CIRCOLO CEREBRALE.<br />

La presenza e le caratteristiche dei circoli collaterali dipendono:<br />

- dal grado di stenosi;<br />

- dalla sede dell’ostruzione;<br />

- dalla compresenza o meno si lesioni stenotiche carotidee.<br />

Dal punto di vista emodinamico si distinguono:<br />

- furto latente = clinicamente meno grave, si verifica solo durante esercizio muscolare dell’arto superiore<br />

(può essere evocato con il test all’iperemia), ma in condizione di riposo il flusso nella vertebrale è<br />

normo-direzionato (il sangue a valle dell’ostruzione succlavia viene portato dai vasi del cingolo<br />

scapolare).<br />

- furto transitorio = il flusso si inverte a riposo durante la sistole e si ripristina in diastole.<br />

- furto permanente = inversione sistolica e diastolica del flusso nella vertebrale in condizioni di riposo, la<br />

forma più grave.<br />

Per distinguerli si usa l’eco-color-doppler.


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 7<br />

Questa patologia molto spesso va incontro a compenso e i disturbi tendono a scomparire.<br />

Test dell’iperemia reattiva<br />

Previa misurazione della pressione arteriosa, si solleva l’arto superiore al di sopra del livello atriale finché<br />

impallidisce e si applica un bracciale da sfigmomanometro con pressione > di 50 mmHg a quella sistolica<br />

brachiale. Dopo 5 minuti di diminuisce di colpo la pressione e si osserva se il colorito cutaneo torna<br />

normale; se ciò non avviene entro 1 minuto si abbassa l’arto progressivamente di 5 cm alla volta fino alla<br />

comparsa del normale colorito.<br />

EPIDEMIOLOGIA<br />

La frequenza è molto inferiore a quella della stenosi carotidea, solo il 2,5 % dei pazienti con insufficienza<br />

cerebro-vascolare hanno un furto di succlavia.<br />

6,4% dei pazienti portatori di soffi latero-cervicali (Bornstein e Norris).<br />

2,5 – 2,6 % dei pazienti sintomatici per affezioni cerebro-vascolari (Fields).<br />

8 % delle angiografie dei T.S.A. in pazienti sintomatici per affezioni cerebro-vascolari (Lord, Adar, Stein).<br />

EZIOLOGIA<br />

- Aterosclerosi.<br />

- Malattie infiammatorie (es. Takayasu, arterite a cellule giganti).<br />

- Tromboembolia.<br />

- Azione compressiva (tumori mediastinici, malformazioni ossee).<br />

- Iatrogena = stenosi attinica post-irradiazione.<br />

- Congenita.<br />

- Traumatica.<br />

Con una frequenza dell’85 % colpisce la succlavia sinistra (nasce dall’arco aortico con angolo acuto: è<br />

maggiore il rischio di turbolenze e di conseguenza è aumentato il rischio di aterosclerosi e trombosi).<br />

Con una frequenza del 9 % e 6 % colpisce rispettivamente la succlavia destra e il tronco anonimo.<br />

Si associa spesso ad altre malattie aterosclerotiche:<br />

- cardio- e coronaropatie;<br />

- arteriopatie degli arti inferiori;<br />

- stenosi carotidea;<br />

- malattia ostruttiva cronica polmonare.<br />

Fattori di rischio (quelli dell’aterosclerosi):<br />

- fumo di sigaretta;<br />

- ipertensione;<br />

- diabete;<br />

- dislipidemie e obesità;<br />

- iperfibrinogenemia.<br />

Talvolta è sufficiente intervenire risolvendo la stenosi carotidea (ripristinare in parte il flusso all’encefalo)<br />

per veder scomparire i sintomi del furto di succlavia.


SINTOMATOLOGIA<br />

Sintomi neurologici:<br />

o emisferici (solo emisfero omolaterale) =<br />

afasia e disartria;<br />

paralisi transitorie locali;<br />

parestesia locale (es. senso di freddo) = poco specifico;<br />

o non emisferici (encefalo nella sua globalità) =<br />

perdita di coscienza;<br />

vertigini;<br />

drop attack;<br />

afasia;<br />

nausea e vomito;<br />

sindrome oftalmologica = diplopia ed emianopsia (NO AMAUROSI FUGAX).<br />

Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 8<br />

Sintomi ischemici dell’arto superiore:<br />

o ipotermia, pallore, dolore, ecc.;<br />

o parestesie e sensazione di freddo [1° STADIO];<br />

o affaticabilità [2° STADIO];<br />

o CLAUDICATIO DELL’ARTO SUPERIORE durante attività che implichino l’uso dell’arto [3° STADIO];<br />

o lesioni trofiche (fino alla necrosi digitale) sono molto rare = perché l’ostruzione è molto prossimale<br />

[4° STADIO];<br />

o fenomeno di Raynaud;<br />

DIAGNOSI<br />

ESAME OBIETTIVO<br />

Impercettibilità del polso radiale nelle fasi avanzate, scomparsa del polso radiale con la manovra di<br />

compressione della carotide comune omolaterale.<br />

La PA misurata sui due arti superiori presenterà una differenza tra i valori ottenuti, risulterà minore<br />

all’arto interessato dal furto di succlavia (uno scarto di 40 – 60 mmHg è suggestivo).<br />

Soffio latero-cervicale all’ascoltazione (non sempre presente).<br />

ESAME NEURO-OTOIATRICO (deficit neurologici, esame dell’orecchio interno = organo dell’equilibrio).<br />

ESAMI STRUMENTALI<br />

Non invasivi:<br />

o ECO-COLOR-DOPPLER = permette di evidenziare la direzione di flusso nell’arteria vertebrale e<br />

nell’arteria succlavia, di visualizzare la stenosi;<br />

o TAC encefalo = visualizzare le lesioni ischemiche;<br />

o EEG = valutare e monitorare l’attività elettrica dell’encefalo e stabilire se sussiste uno stato di sofferenza<br />

cerebrale.<br />

Invasive:<br />

o ANGIOGRAFIA digitale = radiografia con mezzo di contrasto in arteria, iniettato nell’arco aortico tramite<br />

cateterismo (pericolo di mobilizzare placche, produrre un embolo iatrogeno e causare un ictus),<br />

l’angiografia si usa ormai molto raramente nella patologia dei tronchi sovra-aortici;<br />

o angio TC o angio RMN = mezzi di contrasto per via venosa (con ricostruzione mediante software).


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 9<br />

TERAPIA<br />

INDICAZIONI CHIRURGICHE<br />

Spesso non c’è indicazione chirurgica perché la sindrome di furto di succlavia si compensa (può essere una<br />

scelta corretta aspettare ed osservale se la gravità del quadro si attenua prima di intervenire con la<br />

chirurgia).<br />

C’è indicazione chirurgica per i pazienti che:<br />

- vanno incontro a svenimenti ripetuti;<br />

- non riescono a sostenere il lavoro dell’arto superiore.<br />

1° stadio: terapia medica e intervento chirurgico.<br />

2° stadio: indicazione chirurgica assoluta.<br />

3° stadio: terapia anticoagulante.<br />

OBIETTIVO DELL’INTERVENTO<br />

La chirurgia punta a ripristinare la direzione del flusso in senso centripeto nell’arteria vertebrale e<br />

ripristinare il flusso nell’arteria succlavia.<br />

TECNICHE CHIRURGICHE<br />

TEA (intervento intratoracico).<br />

BYPASS =<br />

anatomici (intervento intratoracico);<br />

extra-anatomici (intervento extratoracico):<br />

o es. bypass succlavio-succlavio;<br />

o es. bypass carotido-succlavio (si effettua una piccola incisione a livello della clavicola);<br />

o es. bypass axillo-axillare;<br />

o es. bypass femoro-axillare;<br />

o es. reimpianto della succlavia sulla carotide comune.<br />

Gli interventi con bypass extra-anatomici hanno una pervietà a distanza sovrapponibile a quella degli<br />

interventi con bypass anatomici, inoltre sono meno invasivi e a minor rischio di complicanze e/o morte.<br />

INTERVENTI PER VIA TORACICA<br />

Mortalità: 3,7 %;<br />

Morbilità: 13,4 %;<br />

INTERVENTI PER VIA EXTRA-ANATOMICA<br />

Mortalità: 0,7 %;<br />

Morbilità: 1,4 %;<br />

BYPASS EXTRA-ANATOMICI: PERVIETÀ A DISTANZA<br />

Interventi trans-toracici: 5 anni 94,7 %;<br />

Interventi extra-toracici: 3 anni 100 %;<br />

5 anni 97,3 %;<br />

Bypass carotido-succlavio: 3 anni 100 %;<br />

5 anni 100 %;<br />

Bypass axillo-axillare: 3 anni 91 %;<br />

5 anni 83,4 %;


TECNICHE CHIRURGICHE<br />

Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 1<br />

L’utilità dell’intervento chirurgico è correlata alla possibilità di modificare il corso della vascolopatia di base<br />

al fine di aumentare le aspettative e la qualità di vita.<br />

PREGIUDIZIALE è la conoscenza della MORFOLOGIA DELLA LESIONE, in tal senso è fondamentale l’ESAME<br />

ANGIOGRAFICO (angiografia, angio RM, angio TC) e l’INQUADRAMENTO EMODINAMICO (velocimetria<br />

doppler, eco-doppler, eco-color-doppler).<br />

L’intervento chirurgico è giustificato se il quadro anatomo-patologico è associato ad un’alterazione<br />

emodinamica distrettuale ed il successo dell’operazione è legato al ripristino di una situazione<br />

emodinamica parafisiologica.<br />

PER VALUTARE IL RISCHIO OPERATORIO È NECESSARIO ESAMINARE IL PAZIENTE AL FINE DI VALUTARE:<br />

- la presenza di comorbidità (insufficienze renale, epatica);<br />

- rischi legati alle procedure anestesiolgiche;<br />

- la polidistrettualità della patologia aterosclerotica = screening per le patologie carotidea (eco-colordoppler)<br />

e coronarica (ECG e ecocardiografia);<br />

- La funzionalità cardiorespiratoria (spirometria ed emogas).<br />

TECNICHE CHIRURGICHE IN URGENZA<br />

TROMBOEMBOLECTOMIA (vedi ischemia periferica acuta)<br />

Intervento atto a ripristinare il flusso a seguito di OCCLUSIONI ARTERIOSE ACUTE. Nel caso di embolia<br />

l’embolectomia si estrinseca con la semplice rimozione del corpo estraneo dal lume del vaso. Nel caso di<br />

trombosi acuta sovrapposta ad una stenosi aterosclerotica la tromboembolectomia è accompagnata dal<br />

trattamento della lesione di base mediante ENDOARTERECTOMIA (rimozione della placca), BYPASS o<br />

ANGIOPLASTICA.<br />

L’intervento deve essere praticato senza ritardi, l’embolo deve essere asettico e agevolmente aggredibile; il<br />

paziente deve essere giovane e con arterie sane.<br />

Le principali cause di insuccesso di questa pratica sono:<br />

il tempo intercorrente tra l’insorgenza dell’ischemia e l’atto chirurgico; è bene tenere presente che al<br />

giorno d’oggi non vige più la vecchia regola che oltre il limite delle 10 ore l’embolectomia sia<br />

sconsigliata;<br />

la presenza di lesioni a carico dell’intima;<br />

lo sviluppo di trombosi secondaria posta distalmente alla sede dell’occlusione acuta.<br />

L’uso di farmaci anticoagulanti quali eparina e dicumarolici migliora la prognosi dei pazienti sottoposti ad<br />

embolectomia.<br />

CATETERISMO DI FOGARTY<br />

È lo strumento utilizzato nel caso di un ischemia acuta emboligena, l’embolo può essere rimosso anche<br />

in anestesia locale se è localizzato in arterie di grosso calibro e se la terapia chirurgica comporta un<br />

trauma molto ridotto.<br />

Il catetere è collegato ad una siringa, presenta all’estremità che viene inserita un palloncino che viene<br />

portato a valle del trombo e insufflato d’aria con la siringa. In questo modo il trombo può essere<br />

estratto.<br />

Il catetere viene generalmente inserito per via trans femorale (embolia dell’arto inferiore) o trans<br />

omerale (arto superiore) a livello delle biforcazioni in quanto permette di rimuovere il materiale e<br />

controllare le origine dei rami collaterali sia a valle che a monte della lesione.


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 2<br />

Il cateterismo di Fogarty ha ridotto del 35 % le amputazioni e del 50 % la mortalità dei pazienti<br />

embolectomizzati.<br />

ARTERIOTOMIA<br />

Si pratica nel caso di un’ischemia acuta dovuta a trombosi.<br />

L’arteriotomia è solitamente trasversale (meno suscettibile a rottura) fatta eccezione quando di fronte<br />

ad una placca aterosclerotica si procede con parziale sostituzione della parete arteriosa con materiale<br />

protesico biologico o sintetico (“patch”), in tal caso l’incisione è longitudinale.<br />

TROMBOLISI IN URGENZA CON CATETERISMO<br />

La trombolisi loco-regionale sotto guida angiografica (rtPA, urochinasi, streptochinasi) permette di risolvere<br />

l’ischemia e allo stesso tempo individuarne la causa. Il rischio è rappresentato dal sanguinamento<br />

(emorragie intraparenchimali o digestive).<br />

TECNICHE CHIRURGICHE D’ELEZIONE TRADIZIONALI<br />

TROMBOENDOARTERECTOMIA TEA<br />

Indicata in caso di ostruzioni dovute a lesioni degenerative croniche di tipo aterosclerotico, consiste<br />

nell’asportazione della placca ateromasica e dalla parete arteriosa; ha come scopo:<br />

1. ripristinare la circolazione;<br />

2. conservare parte della struttura primitiva dell’arteria mantenendone le caratteristiche anatomofunzionali<br />

= ELASTICITÀ – CIRCOLI COLLATERALI – RESISTENZA ALLE INFEZIONI.<br />

Da punto di vista morfologico una parete aterosclerotica presenta una parte più interna (rispetto al lume)<br />

con le alterazioni tipiche del processo morboso e una parte più esterna indenne da lesioni; questa<br />

condizione favorisce la creazione di un piano di clivaggio per la rimozione della porzione malata.<br />

CONTROINDICAZIONE:<br />

- nelle arteriopatie infiammatorie (per colpa di un’alterazione a carico della componente elastica della<br />

parete);<br />

- nella patologia aneurismatica (la parete del vaso è già assottigliata di per se stessa).<br />

PROCEDURA:<br />

- arteriotomia;<br />

- rimozione del cilindro ostruente;<br />

- ripristino della continuità arteriosa con sutura o pacth;<br />

VARIANTE “A CIELO SEMI COPERTO”: utilizzata per ostruzioni di maggior lunghezza; un’incisione a monte,<br />

una a valle, con introduzione di uno strumento apposito che rimuove il contenuto del lume e anche la<br />

porzione malata della parte.<br />

SOSTITUZIONE VASCOLARE PROTESICA<br />

Consiste nella sostituzione della stessa struttura anatomica con condotti protesici biologici o sintetici.<br />

- Innesto protesico:<br />

la protesi è applicata dopo la rimozione del segmento di vaso malato, usato più frequentemente nella<br />

patologia neoplastica e nei traumi; l’interposizione dell’innesto avviene con anastomosi terminoterminale<br />

o termino-laterale; un’eccezione è rappresentato dalla messa a piatto degli aneurismi (in cui<br />

viene sostituita solo parte della parete dell’aneurisma.<br />

- Bypass:<br />

è l’inserimento di un’anastomosi protesica che colleghi “a ponte” due distretti vascolari situati<br />

prossimalmente e distalmente rispetto alla zona colpita da un processo morboso; le zone scelte per<br />

l’anastomosi devono essere il più possibile indenni da lesioni, il condotto protesico deve, quando


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 3<br />

possibile in base alle condizioni del paziente, essere posizionato in prossimità delle strutture vasali<br />

seguendone il percorso (bypass anatomico), in alternativa la protesi può seguire un percorso alternativo<br />

al normale tragitto del vaso che sostituisce (bypass extra anatomico).<br />

I vantaggi rispetto alla TEA sono la minor durata dei tempi operatori e l’esposizione circoscritta dei vasi. Il<br />

rischio operatorio è complessivamente più basso, gli svantaggi sono legati essenzialmente all’utilizzo di<br />

materiale sintetico (infezione, formazione di pseudoaneurismi, trombosi), ma la percentuale di complicanze<br />

rimane comunque ridotta.<br />

LE PROTESI<br />

Le protesi vascolari devono rispettare determinati requisiti:<br />

• compatibilità biologica;<br />

• validità emodinamica (una compliance per quanto più possibile simile a quella del vaso sostituito);<br />

• tromboresistenza;<br />

• resistenza alle infezioni;<br />

• maneggevolezza.<br />

Nell’impiantare una protesi vascolare superficiale il chirurgo deve fare molta attenzione che questa non<br />

rischi di essere danneggiata da insulti esterni (es. compressione).<br />

BIOPROTESI:<br />

• arterie autologhe = rappresentano il miglior tipo di condotto protesico, si utilizzano in pochi casi (bypass<br />

spleno-renale, rivascolarizzazione coronarica), le sorgenti migliori sono l’arteria mammaria interna e<br />

l’arteria radiale;<br />

• vene autologhe = la più utilizzata è sicuramente la vena grande safena (quando disponibile, fanno<br />

eccezione i casi in cui il paziente soffra di varici o abbia avuto pregresse flebiti), può essere utilizzata in<br />

sito (invertita) o ex situ, alternative alla grande safena sono la vena piccola safena, le vene del braccio, le<br />

vene profonde dall’arto inferiore;<br />

• arterie omologhe = prelevate da cadavere, la scelta ricade sull’aorta toracica e addominale, le arterie<br />

iliache e femorali, sono le protesi biologiche più resistenti alle infezioni, il rischio in cui si incorre è di<br />

rottura dopo lo scongelamento durante il posizionamento o di dilatazione a distanza di tempo;<br />

• vene omologhe = tra queste ricordiamo la protesi di Dardik (vena ombelicale umana congelata e<br />

opportunamente conservata), le vene safene prelevate da cadavere (con estrema ratio nei casi di<br />

infezione protesica o per la creazione di accessi venosi per l’emodialisi o nella completa mancanza di<br />

materiale protesico alternativo);<br />

• bioprotesi eterologhe = collagene ovino, carotidi bovine, ureteri bovini (usate solo in passato).<br />

PROTESI SINTETICHE:<br />

sono le più utilizzate, offrono la possibilità di sostituire vasi di grosso e medio calibro, possono essere =<br />

• tessute (con una struttura a maglia di porosità variabile che permette di estendersi longitudinalmente e<br />

trasversalmente, sono utilizzate soprattutto nel distretto aorto-iliaco, uno nei materiali utilizzato è il<br />

polietilene tereftalato - dacron);<br />

• non tessute (in politetrafluoroetilene PTFE, non porose, inestensibili o dotate di maggior elasticità nella<br />

versione stretch, impiegate per sostituire vasi di medio-piccolo calibro).<br />

TECNICHE CHIRURGICHE ENDOVASCOLARI<br />

Sono interventi chirurgici che vengono messi in atto sotto stretta sorveglianza angioradiologica. Consistono<br />

nell’accesso all’albero circolatorio per mezzo di cateteri e sonde di varia fattura che permettono di<br />

raggiungere partendo dal sito d’ingresso un punto prescelto a distanza ed eseguire localmente una terapia<br />

diretta della lesione senza aprire la parete del vaso (“endovascolare”).


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 4<br />

L’introduzione nel vaso dello strumento può essere percutanea (tramite una minima incisione effettuata<br />

sulla cute) oppure dopo un limitata esposizione chirurgica (in anestesia locale). Un’altra eventualità è<br />

rappresentata dall’utilizzo della tecnica endovascolare durante un intervento ricostruttivo tradizionale al<br />

fine di completarne e migliorarne il risultato.<br />

ANGIOPLASTICA PERCUTANEA PTA<br />

Utilizzata per trattare ostruzioni soprattutto di natura aterosclerotica (ma non solo), applicabile a tutti i<br />

distretti arteriosi raggiungibili con tecniche endovascolari.<br />

Consiste nell’introduzione percutanea arteriosa di un catetere a palloncino (il cui diametro viene espanso<br />

esercitando un’alta pressione all’interno del catetere stesso) e localizzazione in corrispondenza della<br />

stenosi, successivamente il catetere viene dilatato fino al diametro prefissato e così facendo si ottiene:<br />

uno stiramento delle fibre elastiche e delle cellule muscolari lisce della parete del vaso;<br />

lesione longitudinale della tonaca intima malata.<br />

Con il tempo subentra un processo di riparazione fibrosa e neointimale.<br />

Le complicanze di questo intervento si verificano con una frequenza del 3 – 5 %, le consistono in:<br />

embolia distale;<br />

trombosi;<br />

emorragie;<br />

dissezione.<br />

STENT<br />

Gli stent sono delle strutture cilindriche che si comportano come delle molle ad espansione radiale, hanno<br />

diametro variabile e sono fabbricate in acciaio o in particolari leghe biocompatibili (come il lintinol,<br />

particolare lega di nichel e titanio). Vengono applicati sulla parete di un vaso dopo che con l’angioplastica è<br />

stato ripristinato il flusso. Sono impiegati sia nel distretto arterioso che in quello venoso. Possono<br />

eventualmente essere trattati con sostanze farmacologicamente attive (anticoagulanti).<br />

ENDOPROTESI O STENT-GRAFT<br />

Questo tipo di devices nasce dall’unione delle protesi vascolari e degli stent, è costituito da uno stent<br />

rivestito da materiale protesico (dacron).<br />

È utilizzato per trattare:<br />

per via endoluminare la patologia aneurismatica;<br />

patologie ostruttive molto estese = bypass endoluminali.<br />

TIPI DI STENT<br />

Espandibili su palloncino = acquistano il diametro predefinito tramite dilatazione da catetere a<br />

palloncino.<br />

Autoespansivo = riacquistano la forma originaria all’interno del lume del vaso dopo che sono stati<br />

rilasciati dalla guaina di contenimento.<br />

A memoria termica.<br />

Stent ricoperti (stent-graft).<br />

EMBOLIZZAZIONE<br />

Viene impiegata per trattare sanguinamenti post traumatici (rami dell’iliaca interna o vasi viscerali) o la<br />

rottura di aneurismi (dei piccoli vasi o di vasi viscerali come l’arteria mesenterica superiore e il tripode<br />

ciliaco), permette di ottenere un emostasi rapida ed efficace, spesso quando vengono a formarsi ematomi<br />

estesi che possono rendere l’intervento chirurgico di difficile esecuzione.


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 5<br />

Si pratica con l’inserimento tramite adeguato cateterismo nel vaso prescelto di materiale estraneo ad alto<br />

potere trombogeno (generalmente a foggia di spirale, come le spiraline di gianturco, o di microsfere) che<br />

ne provochi la trombosi.<br />

METODI DI RIVASCOLARIZZAZIONE INDIRETTA<br />

Sono metodiche che consentono di migliorare la circolazione periferica tramite un’azione sulle strutture<br />

nervose deputate al controllo del tono vasale, in particolare del circolo cutaneo, nel distretto interessato<br />

dalla patologia.<br />

SIMPATICECTOMIA<br />

Si effettua tramite asportazione o necrotizzazione (simpaticectomia chimica con fenolo) di alcuni gangli<br />

simpatici paravertebrali nei casi di arteriopatie degli arti inferiori e superiori; produce una vasodilatazione<br />

massiva del distretto cutaneo; i benefici e la durata nel tempo sono limitati. Attualmente è indicata solo in<br />

presenza di lesioni cutanee di piccole dimensioni dovute a ostruzioni molto periferiche e quindi non<br />

passabili di atti chirurgici diretti (viene anche usata nei casi di iperidrosi palmare = gangliectomia toracica).<br />

Viene eseguita in toracoscopia (l’inserimento dell’endoscopio e delle pinze operative viene effettuato<br />

attraverso gli spazi intercostali.<br />

ANALGESIA PERIDURALE CONTINUA<br />

Permette di:<br />

o diminuire il dolore;<br />

o migliorare la perfusione.<br />

Attraverso il blocco anestetico del metamero di competenza vengono inibite sia le vie afferenti nocicetive<br />

sia le vie efferenti simpatiche.<br />

È indicata nei casi in cui non sia possibile eseguire interventi di rivascolarizzazione diretta, oppure prescritta<br />

nel post operatorio come terapia antalgica. È utile anche nel preoperatorio per la sua capacità di ridurre<br />

l’edema declive e l’infiammazione locale.<br />

SPIANAL CORD STIMALTION SCS o STIMOLAZIONE MIDOLLARE<br />

Sfrutta il fenomeno di GATE CONTROL grazie al quale la stimolazione di altre vie sensitive attiva meccanismi<br />

di inibizione sulla trasmissione delle vie nocicettive. Inoltre, associato all’effetto antalgico, si verifica anche<br />

una vasodilatazione del distretto cutaneo corrispondente con aumento del flusso periferico.<br />

Tramite cateterismo viene applicato un elettrodo e livello dei cordoni posteriori dei metameri d’interesse<br />

collegato ad un pace maker posto in una tasca sottocutanea che emette scariche elettriche a determinate<br />

intensità di voltaggio e frequenza. Gli impulsi emessi dal pacemaker producono:<br />

inibizione delle afferenze nocicettive grazie al gate control;<br />

stimolazione per via antidromica delle fibre C vasodilatatrici;<br />

inibizione segmentaria delle fibre vascocostrittive;<br />

interazione diretta con i centri vaso-regolatori;<br />

stimolazione della neoangiogensei capillare;<br />

riduzione dell’aggregabilità piastrinica;<br />

miglioramento della filtrazione ematica;<br />

diminuzione della viscosità ematica.<br />

È una terapia che agisce molto lentamente, usata nei pazienti con arteriopatie ostruttive croniche e nei<br />

pazienti che presentano “piede diabetico”.<br />

MICROCHIRURGIA<br />

Sono metodiche che si usano per agire su vasi dal diametro inferiore ai 3 mm. Richiedono:<br />

una particolare preparazione teorica e tecnica;<br />

adeguato strumentario;


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 6<br />

un sistema di ingrandimento ottico del campo operatorio che permetta una vista binoculare e<br />

steroscopica.<br />

Queste tecniche richiedono un’elevata precisione, è assolutamente vietato ledere la tonaca intima e nel<br />

confezionamento di anastomosi il chirurgo deve stare ben attento a non creare punti di aumentata<br />

tensione. Le anastomosi possono essere termino-terminali e termino-laterali, sia arteriose che venose.<br />

Vengono impiegate per:<br />

- salvataggio degli arti inferiori nelle arteriopatie croniche ostruttive al III e IV stadio con il<br />

confezionamento di bypass femoro-tibiale;<br />

- reimpianto di arti;<br />

- trattare l’impotenza erigendi (vasculogenica);<br />

- trattare il linfedema confezionando anastomosi tra i dotti linfatici e il circolo venoso.


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 1<br />

TRATTAMENTO DELL’ISCHEMIA CRONICA CON L’IMPIANTO DI CELLULE STAMINALI<br />

LE CELLULE STAMINALI<br />

• Una cellula staminale è per definizione un elemento indifferenziato, capace di proliferare attivamente<br />

per mezzo di divisone mitotiche e allo stesso tempo di andare incontro a processi di differenziazione.<br />

• La differenziazione è guidata da stimoli nervosi e umorali che provengono dall’ambiente in cui<br />

l’elemento si trova immerso, ma anche dall’attivazione di programmi genetici.<br />

• Comporta una variazione dell’espressione genica quindi una modificazione del fenotipo verso la<br />

trasformazione in un tipo cellulare dotato di specificità morfologica e funzionale.<br />

• Più avanza il processo di differenziamento, più diminuisce il potenziale proliferativo della cellula fino ad<br />

esaurirsi del tutto.<br />

Si conoscono attualmente 50 tipi differenti di cellule staminali:<br />

- cellule staminali totipotenti = sono le cellule che derivano dallo zigote fecondato (fino a 3 giorni dopo la<br />

fecondazione), sono piccole, poco numerose, basso tasso proliferativo, con la possibilità di differenziarsi<br />

in qualunque tipo cellulare a seconda dello stimolo a cui vengono sottoposte;<br />

- cellule staminali embrionali = formano l’embrione nel suo stato di blastocisti (fino a 14 giorni dopo la<br />

fecondazione), hanno già subito un parziale processori differenziazione per cui non sono in grado di dare<br />

origine ad un organismo completo, ma riescono a rigenerare interi organi;<br />

- cellule staminali multi potenti o cellule staminali adulte = hanno un bassa potenzialità di<br />

differenziazione.<br />

Le cellule staminali presentano PLASTICITÀ, ovvero in base agli stimoli che ricevono sono in grado di<br />

innescare processi di differenziamento diversi e sono quindi in grado di dare origine a tipi cellulari non<br />

propri se vengono inserite nell’ambiente adatto.<br />

DOVE SI LOCALIZZANO LE CELLULE STAMINALI NELL’ORGANISMO ADULTO<br />

- Cervello.<br />

- Cuore.<br />

- Midollo osseo (da dove vengono effettuati i prelievi, generalmente dalla cresta iliaca).<br />

Nel midollo osseo troviamo una componente cellulare mista composta da:<br />

• cellule staminali adulte di diverso tipo, ognuna con una specifica potenzialità =<br />

- cellule della linea emopoietica;<br />

- cellule della linea endoteliale CD133+ e CD34+ (danno origine a fibroblasti e cellule endoteliali, il<br />

CD133 è specifico per le cellule della linea endoteliale, EPC, il CD34 è espresso invece anche dalle<br />

cellule endoteliali adulte);<br />

• cellule stromiali.<br />

L’insieme di elementi cellulari e matrice extracellulare costituisce un microambiente con caratteristiche<br />

peculiari = cocktail bioattivo.<br />

La differenziazione viene regolata da segnali:<br />

- interni = frutto del fenomeno di attivazione e spegnimento della trascrizione di precisi geni, “gene’s<br />

turning off” e “gene’s turning on”;<br />

- esterni = molecole frutto delle secrezioni chimiche delle cellule stromiali o molecole appartenenti alla<br />

MATRICE EXTRACELLULARE.<br />

Le cellule staminali adulte dal midollo vengono richiamate nei tessuti periferici tramite fenomeni di<br />

chemiotassi:<br />

- in maniera fisiologica per sostenere il normale turn-over dei tessuti;


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 2<br />

- a seguito di stimoli infiammatori, nel momento in cui si verifichi un danno cellulare con conseguente<br />

fenomeno flogistico, nella sede del danno vengono rilasciati fattori di crescita nel ambito del processo di<br />

riparazione ed è in questa fase che si ha la migrazione delle cellule staminali allo scopo di proliferare,<br />

differenziare e permettere la rigenerazione (per quanto possibile) del tessuto danneggiato.<br />

Lasciano il midollo e migrano attraverso il circolo sistemico guidate da fenomeni di chemiotassi.<br />

IL TRIAL CLINICO<br />

Il trial clinico presentato ha voluto sperimentare l’efficacia dell’impiego di cellule staminali autologhe<br />

(prelevate da midollo e iniettate in prossimità di vasi stenotici) in pazienti affetti da ischemia cronica critica<br />

al fine si stimolare la NEOANGIOGENESI; gli individui inclusi nello studio avevano grado III e IV di<br />

arteriopatia ostruttiva cronica (ABI < 0,5) e non erano rivascolarizzabili con tecniche chirurgiche.<br />

Il quesito principale a cui questo studio ha tentato di rispondere è quanto aumenti la probabilità di salvare<br />

l’arto dei pazienti trattati con impianto di cellule staminali della linea endoteliale (EPC).<br />

FASE PREOPERATORIA:<br />

per valutare le condizioni della circolazione periferica si è ricorso ad un FLUSSIMETRO (tecnologia del laserdoppler),<br />

uno strumento in grado di misurare il flusso capillare; inoltre si è calcolato per ogni paziente l‘ABI.<br />

FASE INTRAOPERATORIA:<br />

la procedura viene effettuata in sedazione, non in anestesia, si effettua 4 volte in sedi diverse la puntura<br />

della cresta iliaca per il prelievo midollo (240 ml di midollo); il campione di midollo viene concentrato<br />

tramite centrifugazione e isolamento delle sole cellule CD34 e CD133 positive; il risultato della<br />

concentrazione è un volume di 40 ml; il preparato viene quindi re-iniettato (trapianto autologo di cellule<br />

staminali) lungo il decorso dei vasi stenotizzati per un totale di 40 iniezioni.<br />

L’aspirato midollare contiene cellule precursori (fonte di rigeneratori tissutali) e cellule accessorie che<br />

secernono fattori di crescita e citochine.<br />

FASE POSTOPERATORIA: si procede con analisi angiografiche e tramite flussimetria-laser-doppler per<br />

monitorare l’efficacia del trattamento.<br />

RISULTATI<br />

I risultati dello studio mostrano che effettivamente i pazienti trattati hanno sviluppato circoli collaterali<br />

nelle zone in cui sono state impiantate le cellule staminali, ma non ci ad oggi ancora dimostrabile che tale<br />

fenomeno sia diretta conseguenza del trattamento.<br />

Si è riscontrata un’effettiva diminuzione del dolore, ma l’effetto antalgico si è verificato dopo 24 – 48 ore<br />

dall’intervento ed è quindi incongruente con il tempo di differenziamento delle cellule staminali (4 - 6<br />

settimane). Si ipotizza che la riduzione del dolore sia in realtà dovuta non alle staminali, ma ai componenti<br />

umorali nel biococktail (fattori di crescita e citochine),<br />

Indice ABI è risultato invariato: 0,2 – 0,3 (un indice sotto 0,5 viene considerato sicuramente patologico); il<br />

dato non stupisce in quanto l’aumento di flusso a livello dei piccoli capillari neoformati non è comunque in<br />

grado di incidere sul flusso e quindi della pressione nei vasi di grosso-medio calibro.<br />

Il definitiva il miglioramento dei flussi periferici è stato di oltre il 30 %.


Chirurgia Vascolare – Ghirardo, David, Degrassi 3<br />

Su 10 pazienti 2 hanno dovuto subire un’amputazione sotto il ginocchio (20 %), ma hanno manifestato<br />

un’evoluzione della condizione morbosa molto rapida e probabilmente l’effetto delle staminali non ha fatto<br />

in tempo a divenire significativo per la regressione del quadro. Si è dedotto quindi che i due pazienti<br />

amputati siano da considerare degli errori di campionamento per il trattamento con cellule staminali.<br />

COMMENTI<br />

Il risultato è stato considerato soddisfacente, permette di motivare l’indicazione dell’uso delle cellule<br />

staminali come TERAPIA COMPLEMENTARE nella chirurgia rivascolarizzante, allo scopo di diminuire il<br />

numero di amputazioni; questa terapia potrebbe rivelarsi utile anche al fine di trattare pazienti<br />

precocemente evitando l’intervento chirurgico.<br />

In previsione di nuovi studi è consigliato:<br />

progettare un follow-up più lungo dei pazienti;<br />

creare una casistica più grande e quindi statisticamente più valida;<br />

correggere i problemi di campionamento dei pazienti in base alla gravità dell’arteriopatia ostruttiva<br />

cronica;<br />

come nuovo quesito valutare il tempo libero da amputazione = cioè in che entità attraverso l’impiego<br />

delle staminali è possibile ritardare l’amputazione dell’arto.


Fisiopatologia clinica e patologia chirurgica d’organo e d’apparato PARTE I<br />

Ghirardo, David, Degrassi<br />

LO SHOCK<br />

INTRODUZIONE<br />

Si distinguono diversi tipi di Shock in base alle differenti eziologie e ai meccanismi patogenetici che li<br />

scatenano.<br />

- SHOCK IPOVOLEMICO ASSOLUTO E RELATIVO.<br />

- SHOCK CARDIOGENO.<br />

- SEPSI e SHOCK SETTICO si costituisce di diversi stadi evolutivi =<br />

1. SIRS;<br />

2. sepsi;<br />

3. sepsi severa;<br />

4. shock settico;<br />

5. MOD syndrome.<br />

Una vecchia dicitura definisce lo shock come “una discrepanza tra volume circolante e letto vascolare<br />

disponibile”.<br />

Attualmente lo si definisce come “un’insufficienza acuta del circolo periferico con tendenza, se non<br />

trattata, all’irreversibilità, ad eziologia molteplice”.<br />

Di base lo shock si concretizza con una IPOPERFUSIONE TISSUTALE ed ANOSSIA CELLULARE, la quale<br />

provoca un danno a livello periferico e un danno a livello cellulare. L’ANOSSIA CELLULARE può essere<br />

dovuta a:<br />

1. diminuzione del flusso sanguineo alla periferia;<br />

2. inadeguato apporto di ossigeno alla periferia (disponibilità di O₂);<br />

3. inadeguato utilizzo dell’ossigeno = alterazione primitiva nell’utilizzo di O₂ a livello cellulare;<br />

Si parla di shock indipendentemente dalla presenza di ipotensione se sulla base di rilevazioni dirette o<br />

indirette venga riconosciuta un’alterazione del trasporto e/o utilizzazione dell’ossigeno e dei substrati da<br />

parte dei tessuti.<br />

LO SHOCK PUÒ ESSERE CONSIDERATO UNA SINDROME PLURIDISFUNZIONALE CHE CARATTERIZZATA<br />

DALL’ALTERZIONE DEI PROCESSI DI PRODUZIONE CELLULARE DI ENERGIA E DAI MECCANISMI<br />

FISIOPATOLOGICI DI COMPENSO CHE NE DERIVANO.<br />

Nello shock ipovolemico assoluto l’ipoperfusione è dovuta alla diminuzione del flusso sanguigno che a sua volta è causata da<br />

una perdita di volume circolante.<br />

Nello shock settico avvengono alterazioni funzionali a livello tissutali che compromettono l’adeguato utilizzo dell’ossigeno. Si<br />

ha un danno cellulare primitivo che è causa dello stato di shock.<br />

CLASSIFICAZIONE EZIOLOGICA<br />

Sul piano nosografico: lo shock contempla fenomeni PLURIEZIOLOGICI (per es. cardiogeno, ipovolemico,<br />

traumatico, settico, neurogeno, anafilattico), a ripercussione MULTI-ORGANO ed evoluzione in<br />

complicanze di organi vitali (cuore, polmoni, reni, fegato, SNC).<br />

Sul piano clinico: si tratta di una condizione che:<br />

COLPISCE SENZA PREDILEZIONE DI SESSO O ETÀ;<br />

ha le caratteristiche di INSORGERE PIÙ O MENO ACUTAMENTE;<br />

COMPROMETTE LA STABILITÀ CARDIOCIRCOLATORIA;<br />

è capace di produrre a carico di organi vitali una PERFUSIONE INADEGUATA ai livelli di funzionalità<br />

richiesti in queste circostanze;<br />

1


Fisiopatologia clinica e patologia chirurgica d’organo e d’apparato PARTE I<br />

Ghirardo, David, Degrassi<br />

è definibile meglio com “SINDROME” piuttosto che come “malattia” perché racchiude una costellazione<br />

di sintomi e segni clinici che spesso, pur aiutandoci a individuarla, non ci indicano la o le cause.<br />

SHOCK PRIMITIVO:<br />

quando il danno sin dall’inizio si verifica direttamente a livello della cellula. NON VI SONO ALTERAZIONI<br />

DI PERFUSIONE, anzi il flusso ematico risulta aumentato nel tentativo di trasportare una maggiore<br />

quantità di ossigeno, per cui viene definito “SHOCK AD ALTO FLUSSO”. È quanto avviene nella sepsi<br />

(batterica, virale, fungina), ove, a causa dell’agente infettivo e/o delle sue tossine, si verifica<br />

UN’ALTERAZIONE DI ALCUNE TAPPE ENZIMATICHE CRUCIALI NEL METABOLISMO OSSIDATIVO che porta<br />

ad un’alterazione del consumo di ossigeno e della ossidazione dei substrati – pur in presenza, almeno<br />

inizialmente, di una NORMALE DISPONIBILITÀ DI OSSIGENO – che si ripercuote su tutti gli organi e i<br />

sistemi. Parleremo allora di shock da patologia metabolica cellulare primitiva.<br />

Nella sepsi la patologia metabolica cellulare è primitiva perché dovuta all’insulto che il germe ha esercitato<br />

sulla cellula. La cellula cerca di ostacolare questo insulto aumentando il suo metabolismo, quindi richiede<br />

maggiori quantità di O₂; l’organismo quindi mette in atto quei meccanismi di compenso che determinano<br />

inizialmente un alto flusso facendo arrivare in periferia grandi quantità di sangue (aumento della gittata<br />

cardiaca e vasodilatazione). Se tale situazione perdura, il cuore non riesce a sostenere a lungo il fabbisogno<br />

aumentato dei tessuti e si verifica l’insufficienza del sistema cardiocircolatorio, che determina la fase di<br />

scompenso dello shock settico.<br />

SHOCK SECONDARIO:<br />

quando il danno segue ad una riduzione del trasporto dell’ossigeno a causa di ipoperfusione = “SHOCK A<br />

BASSO FLUSSO”<br />

Ciò avviene a seguito di:<br />

o IPOVOLEMIA ASSOLUTA (perdita di sangue, plasma, liquidi) = RIDUZIONE DELLA VOLUME<br />

CIRCOLANTE;<br />

o IPOVOLEMIA RELATIVA – IPODINAMISMO E IPOPERFUSIONE DA VASOPLEGIA con aumento della<br />

capacità del microcircolo per motivi neurogeni e/o umorali = DILATAZIONE DEL LETTO CIRCOLATORIO;<br />

Nello shock ipovolemico si ha:<br />

una discrepanza tra letto circolatorio e volemia;<br />

una massa di sangue circolante insufficiente per una perfusione tissutale ottimale.<br />

o INSUFFICIENZA ACUTA DELLA FUNZIONE DEL CUORE = IPODINAMISMO CIRCOLATORIO DA<br />

RIDUZIONE DELLA GC dovuta sia a cause cardiache che extracardiache che si traduce con una massa<br />

circolante insufficiente per una perfusione tissutale ottimale (come nello shock ipovolemico).<br />

In questi casi parleremo allora di shock da patologia metabolica cellulare secondaria all’ipoperfusione.<br />

SHOCK IPOVOLEMICO ASSOLUTO<br />

- Perdita di sangue in toto = inadeguato volume intravascolare assoluto, problema principalmente di<br />

competenza chirurgica.<br />

Le principali CAUSE:<br />

a. perdita interna =<br />

- emotorace (traumi);<br />

- emoperitoneo (traumi);<br />

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Fisiopatologia clinica e patologia chirurgica d’organo e d’apparato PARTE I<br />

Ghirardo, David, Degrassi<br />

- ematomi retroperitoneali (ad esempio a seguito della rottura di un aneurisma dell’aorta<br />

addominale – un aneurisma potrebbe rompersi nel tubo digerente con conseguenze del tutto<br />

diverse);<br />

- ematomi della parte molli (a seguito di traumi o fratture);<br />

b. perdita esterna =<br />

- CASO PARTICOLARE: emorragie delle vie respiratorie, quando importanti si accompagnano ad<br />

emoftoe (bronchi ectasie, TBC polmonare, cancro del polmone – ma non è eclatante);<br />

- CASO PARTICOLARE: emorragia digestiva, cioè dal tubo gastroenterico, in base a dove si localizza il<br />

sanguinamento si può accompagnare con:<br />

ematemesi (di sangue rosso vivo, digerito o parzialmente digerito – melanemesi o vomito<br />

caffeano; l’ematemesi si verifica quando nello stomaco si accumulano oltre 200 cc di sangue =<br />

limite di riempimento dello stomaco) o melena [quando sanguinamento è localizzato TRA IL<br />

CARDIAS E IL LEGAMENTO DI TRAIZ – prima ansa digiunale – oppure talvolta dovuto al<br />

sanguinamento di varici esofagee da ipertensione portale];<br />

enteroraggia;<br />

colonraggia;<br />

rettoraggia;<br />

ALCUNE CAUSE DI EMORRAGIE DIGESTIVE:<br />

- VARICI ESOFAGEE DA IPERTENSIONE PORTALE;<br />

- ULCERE GASTRODUODENALI [lesioni di continuo nella mucosa gastrica o duodenale che non tendono a guarigione; hanno<br />

tendenza ad approfondirsi e sclerotizzante, ciò compromette l’integrità della parete, l’elasticità nonché la risposta<br />

vasocostrittiva necessaria all’emostasi dei vasi adiacenti alla lesione – ad esempio l’arteria gastroduodenale, ramo<br />

dell’arteria epatica];<br />

- GASTRITE EROSIVA [le erosioni sono lesioni di continuo superficiali che tendono a guarigione e a completa RESTITUTIO,<br />

diversamente dalle ulcere, le gastriti erosive possono essere causate ad esempio dall’effetto di farmaci che per questo sono<br />

detti gastro-erosivi];<br />

- MORBO DI WEISS [lacerazione della giunzione esofago-gastrcia, causa il 10-15% di tutti i sanguinamenti del tratto<br />

gastrointestinale superiore, spesso è associata all’ernia iatale., più frequenti i casi negli alcolisti o nelle persone con piloro<br />

ostruito]<br />

- DIVERTICOLITE DEL COLON;<br />

- RETTOCOLITE ULCEROSA;<br />

- ANGIODISPLASIE [causano dei sanguinamenti che non vanno incontro a remissione spontanea];<br />

- NEOPLASIE [anche se è improbabile che diano emorragie importanti];<br />

- EROSIONE DA PROTESI VASCOLARI [erosione del duodeno per colpa di una protesi di RIVASCOLARIZZAZIONE DIRETTA<br />

innestata per rimediare ad un’ostruzione vascolare da aterosclerosi (ad esempio), è comunque un eventualità rara].<br />

- Perdita della sola componente liquida.<br />

Le principali CAUSE:<br />

a. perdita interna =<br />

- ASCITE, ANASARCA;<br />

- ACCUMULO DI LIQUIDI NEL TERZO SPAZIO [nelle anse intestinali, come avviene a seguito di<br />

un’occlusione intestinale];<br />

b. perdita esterna =<br />

- VOMITO PROFUSO (gastroenterite);<br />

- DIARREA PROFUSA (gastroenterite);<br />

- MALATTIE DA USTIONE [un’alterazione della superficie cutanea con un interessamento del 10%<br />

nel bambino e fino al 20% nell’adulto è in grado di generare seri problemi di perfusione = regola<br />

del 9: ogni parte del corpo è 9 :<br />

arto superiore: 9;<br />

arto inferiore: 18;<br />

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testa: 9, ma nei bambini ha un valore maggiore;<br />

addome: 18;<br />

- SUDORAZIONE PROFUSA.<br />

Fisiopatologia clinica e patologia chirurgica d’organo e d’apparato PARTE I<br />

Ghirardo, David, Degrassi<br />

Tali fenomeni causano una forte disidratazione e uno squilibro elettrolitico, ma la concentrazione di Hb<br />

e la conta dei GR rimangono normali o aumentano.<br />

SHOCK IPOVOLEMICO RELATIVO: ipodinamismo e ipoperfusione da vasoplegia<br />

Si verifica una discrepanza tra letto circolatorio e volemia<br />

P = Flusso * Resistenza<br />

Resistenza = k * (l/diametro)<br />

Un improvviso aumento del diametro del letto circolatorio complessivo dovuto ad una massiva<br />

vasodilatazione provoca una repentina diminuzione delle RESISTENZE PERIFERICHE allo scorrimento del<br />

sangue e quindi un calo IPOTENSIVO che pregiudica la PERFUSIONE DEI TESSUTI.<br />

Cause di origine neurogena:<br />

- traumi del SNC = trauma spinale;<br />

- anestesia spinale (anestetici);<br />

- intossicazione da farmaci (antidepressivi);<br />

- riflessi neurogeni anormali;<br />

Cause di origine umorale:<br />

- vasodilatazione e alterazioni della permeabilità vasale del microcircolo indotta da reazioni antigeneanticorpo,<br />

istamina e sostanze istamino-simili (come accade nella anafilassi).<br />

SHOCK CARDIOGENO ad eziologia cardiaca (IPODINAMISMO CARDIACO)<br />

Nello shock cardiogeno l’ipoperfusione è dovuta ad un’alterazione della funzione della pompa cardiaca =<br />

DEFICIT DI POMPA, le cause possono essere le più svariate:<br />

infarto del miocardio;<br />

aritmie;<br />

traumi;<br />

miocarditi;<br />

progressiva insufficienza di pompa nello shock settico dovuta a due componenti =<br />

1. il cuore non è più in grado di mantenere la perfusione dei tessuti, i meccanismi di compenso vengono<br />

meno;<br />

2. viene prodotto il FATTORE MIOCARDIO DEPRESSORE, un fattore umorale extracardiaco il cui rilascio è<br />

stimolato da mediatori infiammatori prodotti massicciamente nella sepsi, deprime l’attività cardiaca<br />

riducendo la GC e aggravando lo stato di ipoperfusione.<br />

Per differenziare uno shock di natura cardiogena da uno shock di natura ipovolemia si considera la<br />

pressione venosa centrale. Nello shock ipovolemico c’è una diminuzione effettiva del volume circolante per<br />

cui la PVC sarà diminuita. Nello shock invece di natura cardiogena c’è un deficit di pompa per cui il cuore<br />

non è in grado di gestire il RV e convertire tutto il sangue in arrivo dal circolo sistemico in GC, ecco quindi<br />

c’è un ristagno di sangue nell’atrio destro con aumento della PVC (turgore delle giugulari).<br />

SHOCK CARDIOGENO ad eziologia extracardiaca (IPODINAMISMO CARDIACO)<br />

Trattasi di uno shock dovuto alla presenza di un OSTACOLO all’adeguata contrazione della pompa cardiaca:<br />

es. tamponamento cardiaco;<br />

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Ghirardo, David, Degrassi<br />

es. pericardite = alterazione anatomo-funzionale del pericardio che perde la capacità di distendersi<br />

adeguatamente;<br />

es. ostruzione cavale (come lo pneumotorace ipertensivo = aria nella cavità pleurica che non è in grado<br />

di fuoriuscire spontaneamente, provoca il collasso del polmone sul cuore e la compressione dei grossi<br />

vasi);<br />

es. embolia polmonare;<br />

SHOCK PURO E SHOCK COMPLESSO<br />

Si può inoltre fare la distinzione tra SHOCK PURO e SHOCK COMPLESSO o MISTO<br />

Nel primo caso il fenomeno è imputabile ad un'unica causa e nella situazione specifica l’organismo possiede<br />

meccanismi di compenso integri.<br />

Nel secondo invece la cause primitiva persiste (in particolare se persiste la sepsi), oppure il paziente non<br />

riesce a rispondere adeguatamente con i sistemi di compenso (immunodepressione, comorbidità associata,<br />

ecc.), o ancora la causa dello shock o non viene riconosciuta o non viene controllata adeguatamente<br />

(tempestività e adeguatezza dell’intervento terapeutico).<br />

In definitiva si può affermare che:<br />

- uno shock puro ha una sola causa;<br />

- uno shock misto presenta cause multiple che si sovrappongono temporalmente.<br />

ESEMPIO DI SHOCK MISTO: lo shock traumatico<br />

1. ipovolemia assoluta (emorragia);<br />

2. vasoplegia (trauma del midollo spinale);<br />

3. alterazione cardiaca (trauma toracico: es. trauma cardiaco = versamento pericardico = tamponamento<br />

cardiaco con alterazione della funzione di pompa);<br />

4. iperdinamismo circolatorio (sepsi postraumatica: es. ascesso intra-peritoneale = peritonite terziaria,<br />

l’infezione può essere preponderante rispetto alle difese dell’organismo).<br />

COME RISPONDE L’ORGANISMO ALLO SHOCK<br />

Di fronte ad uno stato di ipoperfusione l’organismo risponde in quattro diverse modalità:<br />

1. RISPOSTA NEUROENDOCRINA;<br />

2. RISPOSTA EMODINAMICA (cardiovascolare);<br />

3. RISPOSTA METABOLICA;<br />

4. RISPOSTA IMMUNOLOGICA.<br />

Nello shock ipovolemico prevalgono le risposte emodinamica e neuroendocrina, nello shock settico quella<br />

immunologica, la risposta metabolica è comune ad entrambi.<br />

Il fine dei meccanismi di compenso è di:<br />

a. mantenere la perfusione degli organi vitali;<br />

b. ripristinare una volemia adeguata;<br />

c. ottimizzare l’utilizzo dei substrati energetici in modo tale da permettere all’organismo di rispondere<br />

allo shock, ciò avviene attraverso la mobilizzazione delle fonti energetiche.<br />

Da parte sua il medico deve:<br />

- individuare la causa dello shock e trattarla;<br />

- mantenere un adeguato stato nutrizionale del paziente.<br />

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Ghirardo, David, Degrassi<br />

RISPOSTA NEUROENDOCRINA<br />

La riduzione della massa circolante (ipovolemia) comporta diminuzione del ritorno venoso (evidenziata<br />

dalla bassa pressione venosa centrale) con conseguente riduzione del riempimento ventricolare nella fase<br />

di diastole (precarico = pre-load) e quindi della gittata cardiaca (cardiac output). In risposta all’ipovolemia si<br />

verifica una immediata attivazione neuro-umorale indotta dalla stimolazione di vari recettori.<br />

Si attivano:<br />

- BAROCETTORI dei seni carotidei e dell’arco aortico sono sensibili alla PRESSIONE ARTERIOSA;<br />

- VOLOCETTORI ATRIALI sono sensibili ai deficit di RIEMPIMENTO delle camere atriali.<br />

L’ipoperfusione causa inevitabilmente un’alterazione degli scambi gassosi con diminuzione della pO₂ e<br />

aumento della pCO₂, ciò porta all’attivazione dei:<br />

- CHEMIOCETTORI periferici dei glomi aortici e carotidei sono sensibili alla pO₂ e alla pCO₂.<br />

Se in concomitanza si verifica anche una variazione dell’equilibrio idrico-salino allora si attivano anche:<br />

- OSMOCETTORI ipotalamici sensibili all’OSMOLARITÀ.<br />

Se l’individuo ha subito un trauma di qualsiasi natura allora si attiveranno:<br />

- NOCICETTORI (cutanei, viscerali, scheletrici) sensibili agli stimoli dolorosi.<br />

Nel complesso di verifica una stimolazione del Sistema Nervoso Ortosimpatico, il quale a sua volta stimola<br />

una risposta cardiaca e una vasomotoria volte a mantenere la perfusione dei tessuti e al contempo<br />

aumentare l’attività di sintesi e secrezione di ormoni ad azione METABOLICA e CARDIO/VASO-attiva:<br />

- RENINA e il sistema RAS (A2, Aldosterone, ADH);<br />

- CATECOLAMINE che stimolano ulteriormente i recettori ALFA e BETA ADRENERGICI del sistema nervoso<br />

ortosimpatico).<br />

- ACTH e cortisolo;<br />

- glucagone.<br />

RISPOSTA EMODINAMICA<br />

Allo scopo di aumentare la GC, l’organismo cerca di incrementare il RITORNO VENOSO al cuore. Per far ciò<br />

viene bypassato il distretto capillare attraverso LA VASOCOSTRIZIONE degli SFINTERI PRECAPILLARI, in<br />

questo modo il sangue è convogliato quasi completamente nella METARTERIOLA e viene incrementato il<br />

fenomeno di REFILLING TRANSCAPILLARE (vedi shock ipovolemico).<br />

Contemporaneamente il simpatico stimola l’attività cardiaca con effetto INOTROPO e CRONOTROPO<br />

POSITIVI (aumentando in questo modo la GC). Avviene inoltre la vasocostrizione inizialmente arteriolare<br />

che determina un aumento delle resistenze periferiche con conseguente mantenimento della PA; in un<br />

secondo tempo si verifica la vasocostrizione anche venulare (che ostacola il deflusso nel letto capillare,<br />

promuove l’accumulo di cataboliti acidi, i quali determinano l’apertura degli sfinteri precapillari, ma non<br />

delle venule = stasi venosa nel letto capillare).<br />

L’obiettivo fondamentale è mantenere la perfusione degli ORGANI VITALI IN PRIMIS. Avviene una<br />

redistribuzione del flusso sanguineo, alcuni distretti vengono esclusi a favore dei distretti più “nobili”.<br />

Vengono vaso-costretti i distretti muscolare, cutaneo e splancnico (gastroenterico renale) e il sangue viene<br />

dirottato verso le circolazioni CEREBRALE e CORONARICA = CENTRALIZZAZIONE DEL FLUSSO.<br />

SI HANNO DETERMINATE CONSEGUENZE:<br />

aumento della FC = TACHICARDIA<br />

vasocostrizione del circolo cutaneo = PALLORE e CUTE FREDDA<br />

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l’attività simpatica stimola le ghiandole sudoripare eccrine = SUDORAZIONE<br />

diminuzione del flusso renale = diminuzione della VFG = attivazione del sistema RAS attraverso il<br />

feedback tubulo-glomerulare = secrezione di RENINA = attivazione dell’ANGIOTENSINA II (effetto più<br />

rapido nell’evento acuto) = RITENZIONE di ACQUA e SODIO che porta a CONTRAZIONE DELLA DIURESI<br />

(si definisce OLIGURIA quando il pz. urina meno di 500 ml/24h – 30 ml/h trattandosi di un evento<br />

acuto) e IPERSODIEMIA (la ritenzione di sodio può tamponare un’eventuale acidosi periferica); è<br />

necessario mantenere la diuresi ad un liv. superiore a 40-50 ml/h.<br />

Aumenta la sodiemia → aumenta la filtrazione di sodio → aumenta il riassorbimento di sodio nel tubulo<br />

prossimale anche in virtù dell’attivazione RAS → il sodio è riassorbito in antiporto con l’idrogeno →<br />

escrezione di ioni idrogeno nel tubulo.<br />

RISPOSTA METABOLICA<br />

Si ha un aumento di produzione e rilascio di ormoni quali CORTISOLO (corticale del surrene), GLUCAGONE<br />

(pancreas), CATECOLAMINE (midollare del surrene) che complessivamente portano a:<br />

- IPERGLICEMIA – per effetto di =<br />

- INIBIZIONE DELLA SINTESI DI INSULINA;<br />

- INSULINORESISTENZA periferica di cui però non si conoscono i precisi meccanismi con cui essa si<br />

verifichi);<br />

- intensi fenomeni a livello epatico di GLICOGENOLISI e, quando possibile, GLUCONEOGENESI<br />

(entrambi per effetto dell’insulinoresistenza).<br />

Il medico deve intervenire per mantenere i livelli di GLICEMIA inferiori a 150 mg/dl per prevenire<br />

problemi di natura infettiva = favorisce la proliferazione batterica.<br />

- LIPOLISI;<br />

- IPERCATABOLISMO PROTEICO con depauperamento progressivo della massa muscolare (dismissione<br />

degli AA ala e gly – aminoacidi glucogenici) per la produzione di glucosio con aumento della sintesi di<br />

urea che è indice di catabolismo proteico aumentato (questi sono i tipici effetti dovuti all’azione del<br />

cortisolo e comuni anche i farmaci steroidi).<br />

Con l’esaurimento delle riserve glucidiche la LIPOLISI e il CATABOLISMO PROTEICO aumentano<br />

progressivamente d’intensità.<br />

Ecco perché è essenziale mantenere buono lo stato nutrizionale del paziente.<br />

RISPOSTA IMMUNULOGICA (vedi lo shock settico)<br />

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LO SHOCK IPOVOLEMICO<br />

Le caratteristiche emodinamiche dello shock ipovolemico sono:<br />

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- ridotto RV (perdita di volume, massiva vasodilatazione periferica) = RIDUZIONE DELLA PRESSIONE<br />

VENOSA CENTRALE (PVC) = ridotto preload = ridotta perfusione polmonare = ridotta GC = BASSO<br />

FLUSSO;<br />

- ALTE RESISTENZE PERIFERICHE nella fase di compenso (risposta neuroendocrina/emodinamica).<br />

EVOLUZIONE DELLO SHOCK IPOVOLEMICO<br />

NELLO SHOCK IPOVOLEMICO SI RICONOSCONO DIVERSE FASI:<br />

1. COMPENSO<br />

2. SCOMPENSO<br />

3. FASE DI IRREVERSIBILITÀ<br />

La FASE di COMPENSO<br />

Cioè quella in cui l’organismo mette in atto i meccanismi precedentemente descritti, in particolare le<br />

risposte NEUROENDOCRINE e EMODINAMICHE, inizia circa 2 MINUTI dopo che si è instaurata la condizione<br />

di ipoperfusione.<br />

LA PRIMA FASE DI COMPENSO NELLO SHOCK IPOVOELMICO SI VERIFICA A LIVELLO CAPILLARE<br />

PERIFERICO, CARDIACO, E RENALE.<br />

L’organismo cerca di:<br />

- aumentare il ritorno venoso, a livello di microcircolo questo si esplica con il fenomeno del REFILLING<br />

(vedi sotto);<br />

- aumentare la frequenza e la contrattilità cardiaca e quindi la gittata cardiaca (scarica simpatica) =<br />

RISPOSTA NEUROENDOCRINA/EMODINAMICA;<br />

- centralizzazione del flusso = RISPOSTA NEUROENDOCRINA/EMODINAMICA;<br />

- si ha iperventilazione, il corpo cerca di mantenere adeguati gli scambi gassosi; il polmone è il primo<br />

organo che va in sofferenza = RISPOSTA NEUROENDOCRINA;<br />

- riduzione della perfusione renale e del VFG = attivazione del RAAAS diminuzione della diuresi e della<br />

natriuresi alla scopo di ripristinare la volemia = oligura.<br />

A LIVELLO DI MICROCIRCOLO<br />

BISOGNA RICORDARE CHE il 50% dei liquidi del nostro corpo è all’interno delle cellule, il 15% è a livello<br />

dell’interstizio e il resto è intra-vascolare.<br />

IL REFILLING è un riassorbimento di liquidi dall’interstizio.<br />

VASOCOSTRIZIONE DEGLI SFINTERI PRECAPILLARI =<br />

= RIDUZIONE DELLA P NEL LETTO CAPILLARE =<br />

= PASSAGGIO DI ACQUA ED ELETTROLITI DALL’INTERSTIZIO NEL COMPARTIMENTO CAPILLARE .<br />

Si ha vasocostrizione degli sfinteri capillari in modo tale che il sangue rimanga localizzato nella<br />

METARTERIOLA e il letto capillare sia bypassato = aumenta la quantità di sangue in uscita dal distretto<br />

capillare e quindi aumenta macroscopicamente il RV.<br />

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Il REFILLING avviene normalmente nelle condizioni di ipotensione, quando la PA media scende al di sotto di<br />

70 mmHg gli sfinteri precapillari si chiudono, il distretto capillare viene escluso dal circolo e diminuisce la<br />

pressione intracapillare = viene favorito il refilling trans capillare.<br />

Non è un meccanismo molto intenso ma garantisce il recupero di 75-100 ml/h di liquido interstiziale.<br />

Questo si traduce in un’emodiluizione compensatoria e una conseguente diminuzione dell’Ht visibile con<br />

esame emocromocitometrico.<br />

È una situazione positiva e almeno nella fase iniziale si verificano delle modificazioni esclusivamente<br />

funzionali nella regolazione della pressione capillare = nelle prime fasi non c’è alcun danno a livello della<br />

membrana capillare in quanto il metabolismo è ancora buono e non c’è sofferenza cellulare.<br />

A LIVELLO RENALE<br />

La ridotta perfusione del rene con riduzione del filtrato glomerulare in situazioni in cui la PA scende sotto i<br />

90 mmHg attiva il RAAAS.<br />

Si ha ritenzione di liquidi e di sodio, ma non essendo ancora in una fase di metabolismo scompensato, non<br />

c’è acidosi e l’ipersodiemia non funge da meccanismo di compenso.<br />

La contrazione della DIURESI (OLIGURIA) è dovuta in questa fase ad un’alterazione FUNZIONALE, può<br />

innescare un INSUFFICIENZA RENALE su base funzionale. Se la riduzione della perfusione renale persiste va<br />

a danneggiare l’organo (insufficienza renale su base organica). Bisogna guardare il peso specifico delle urine<br />

per constatare se il meccanismo di concentrazione delle urine è conservato (per accertarsi che non ci sia<br />

danno organico).<br />

Durante la FASE di COMEPENSO PS e PD vengono conservate, si ha comunque una buona perfusione<br />

cerebrale e miocardica, la coscienza è conservata, ma c’è il danno periferico per una anossia periferica.<br />

La FASE di SCOMPENSO<br />

Quando i meccanismi di compenso diventano insufficienti:<br />

- il fegato è ancora in grado di mantenere le sue attività metaboliche;<br />

- l’effetto di vasocostrizione periferica comincia a diventare più ridotto = riduzione delle resistenza<br />

vascolari periferiche;<br />

- acidosi metabolica lattica;<br />

- alterazioni delle membrane cellulari.<br />

Come effetto dell’insufficienza dei meccanismi di compenso e dell’aggravarsi dell’ipoperfusione si ha una<br />

riduzione nel apporto di ossigeno e metaboliti a livello cellulare, il metabolismo comincia a tendere verso<br />

l’anaerobio fino a che non si insatura uno stato di vera e propria sofferenza cellulare generalizzata (che è<br />

secondaria) = danni funzionali che poi evolvono verso il danno organico = DANNO ISCHEMICO.<br />

Si accumulano cataboliti acidi dovuti al metabolismo anaerobico (il laboratorio può dosare il lattato, la<br />

concentrazione ematica del lattato può essere un segno prodromico di sofferenza cellulare) = ACIDOSI<br />

LATTICA.<br />

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I primi a subirne le conseguenze sono gli sfinteri precapillari: l’accumulo di queste sostanze ne provoca la<br />

vasodilatazione, mentre le venule tendono a essere più resistenti ai metaboliti acidi per motivi recettoriali.<br />

Avviene che:<br />

- le resistenze periferiche diminuiscono, diminuisce la PA.<br />

- il flusso di sangue in uscita dal distretto capillare è rallentato = STASI VENOSA = si passa da uno stato di<br />

IPOSSIA ISCHEMICA ad uno di IPOSSIA STAGNANTE con aumento della desaturazione dell’Hb e aumento<br />

della pressione intracapillare.<br />

- Il distretto capillare è sarà inondato di liquidi.<br />

In virtù di quest’ultimo fenomeno il flusso di liquidi si inverte è c’è uno spostamento dal compartimento<br />

capillare all’interstizio = REFILLING INVERSO con ulteriore perdita di volume = IPOVOLEMIA.<br />

Inoltre la glicolisi anerobica altera l’endotelio generando aumento di permeabilità capillare e si ha quindi un<br />

ulteriore passaggio di liquidi dai capillari all’interstizio, favorendo il refilling inverso.<br />

Il medico può ancora rimediare in queste fasi, ma si cerca di non arrivare in tali situazioni.<br />

Infondere liquidi.<br />

Un’eventuale perfusione di liquidi che il medico somministra al paziente non ha effetti se non quello di<br />

aumentare la pressione a livello capillare esacerbando il refilling inverso. Come conseguenza il paziente<br />

progressivamente comincia a mostrare edemi. tento di mantenere la gittata cardiaca<br />

Può usare farmaci con azione di vasocostrittiva sugli sfinteri facendo regredire lo shock alla fase prescompenso.<br />

Intervenire con l’uso di amine vasoattive per mantenere la vasocostrizione degli sfinteri capillari è<br />

possibile solo se l’alterazione degli sfinteri precapillari è di tipo funzionale, se invece il danno agli sfinteri<br />

è di natura organica questi perdono il tono e le sostanze che dovrebbero stimolare la loro contrazione<br />

non sortiscono alcun effetto.<br />

Infine il danno da funzionale diventa organico, estrinsecandosi prima a livello degli sfinteri e poi a livello<br />

della parete dell’endotelio. L’aumentata permeabilità a molecole di peso molecolare superiore permette il<br />

passaggio di proteine = essudato.<br />

La FASE di IRREVERSIBILITÀ<br />

Caratterizzata da:<br />

- ipossia tissutale ed acidosi metabolica;<br />

- danno cellulare a carico delle cellule endoteliali con aumento della permeabilità = essudazione di liquidi<br />

e proteine;<br />

- danno cellulare a carico degli sfinteri precapillari con mancata risposta allo stimolo vasocostrittivo;<br />

- danno cellulare che coinvolge tutti i tessuti = MOD.<br />

MOD<br />

Trattasi di un’alterazione cellulare che ha come trigger la sofferenza del microcircolo, il danno ai tessuti è<br />

dovuto al mancato apporto di O₂ o all’impossibilità dei tessuti di utilizzarlo. Colpisce più organi<br />

contemporaneamente = Multiple Organ Dysfunction Syndrome, e ha una mortalità circa del 60 %.<br />

Gli organi sono interessati in maniera diversa a seconda della causa e dal tipo di shock. Nello shock<br />

ipovolemico i due organi più coinvolti sono polmone e rene, mentre quello settico arriva anche a<br />

coinvolgere l’apparato gastroenterico e ad alterare la crasi ematica.<br />

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Molto dipende dalla durata e dalla gravità dello shock, dalla resistenza dei tessuti all’ipossia (il polmone è<br />

più sensibile dei muscoli ad esempio), dipende dalle condizioni cliniche di base (eventuali comorbidità e<br />

riserva funzionale).<br />

[la crasi ematica è un disturbo della coagulazione, può determinare un infarcimento del distretto capillare<br />

(come avviene nello shock settico) da parte di piastrine, emazie, mediatori umorali che ostruiscono<br />

ulteriormente il circolo capillare]<br />

La MOD può subentrare anche dopo sole 24 h.<br />

IL POLMONE<br />

Questo organo tenta di rispondere all’ipoperfusione aumentando il numero degli atti respiratori =<br />

tachipnea; l’aumento della permeabilità e la stasi venosa generano edema e la membrana alveolo-capillare<br />

non media più adeguatamente gli scambi gassosi; il paziente va incontro a insufficienza respiratoria acuta<br />

detta anche ARDS (Adult Respiratory Distress Syndrome). L’ARDS può subentrare anche in modo molto<br />

grave e precoce, si manifesta con un’insufficienza respiratoria di tipo ipossiemico; molto spesso il paziente<br />

deve essere assistito artificialmente.<br />

IL RENE<br />

Questo organo è molto importante nelle prime fasi dello shock perché attraverso la secrezione di Renina<br />

attiva il RAAAS provocando un aumento della ritenzione di acqua e sodio. Ma se l’ipovolemia è talmente<br />

importante da provocare un calo della PA significativo (ipovolemia grave = PA < 80 mmHg), allora si verifica<br />

un danno ischemico a carico del parenchima e il paziente va incontro a insufficienza renale acuta (IRA) non<br />

più funzionale, ma organica con la presenza di necrosi tubulare. Il medico se ne accorge per il progressivo<br />

calo del peso specifico delle urine e la comparsa di cilindri a livello del sedimento urinario. Il paziente è<br />

oligurico o anurico. Il medico deve conservare la perfusione del rene mantenendo la PA.<br />

SEGNI E SINTOMI DELLO SHOCK IPOVOLEMICO<br />

- PALLORE = calo di Hb per la perdita di sangue + vasocostrizione a livello cutaneo;<br />

- SUDORAZIONE FREDDA (risposta neuroendocrina);<br />

- CONTRAZIONE DELLA DIURESI;<br />

- IPOTENSIONE ARTERIOSA;<br />

- TACHICARDIA;<br />

- CADUTA DELLE PVC;<br />

- DIFFICOLTÀ A MANTENERE LA POSTURA ERETTA (calo pressorio, lipotimia);<br />

- ALTERAZIONE PROGRESSIVA DELLO STATO DI COSCIENZA.<br />

CLASSIFICAZIONE ATLS (sistema di controllo dei traumi americano)<br />

Classificazione moderna della gravità dello shock mediante classi.<br />

CLASSE I:<br />

• perdita volume ematico 10-15% (0,75 L):<br />

o una semplice una frattura a livello di tibia o perone può dare un sanguinamento di tale entità;<br />

o un’emorragia digestiva bassa;<br />

o un’ustione;<br />

• paziente presenta sete, è pallido, sudato e la cute è fredda;<br />

• il cuore comunque mantiene un’adeguata perfusione, la PA sarà o normale o lievemente diminuita;<br />

• frequenza cardiaca sarà più elevata ma non superiore ai 100 bpm;<br />

• la P > 80, il rene è per fuso, non c’è oliguria.<br />

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CLASSE II:<br />

• perdita volume ematico 30% (1,5 L):<br />

o frattura del femore con ematoma a livello dei muscoli;<br />

o emorragia digestiva;<br />

• sintomatologia della classe I;<br />

• modesta alterazione della coscienza;<br />

• tachicardia;<br />

• diminuisce la P differenziale = la sistolica tende a scendere, ma la vasocostrizione è ancora efficace;<br />

• riduzione della P venosa centrale, non evidente turgore alle giugulari;<br />

• progressivo decremento della diuresi = 60 – 40 ml/h.<br />

CLASSE III:<br />

• perdita volume ematico fino al 40 % (2 L):<br />

o emoperitoneo (rottura di milza);<br />

• alterazione dello stato di coscienza;<br />

• tachicardia;<br />

• tachipnea;<br />

• lieve anossia a livello del microcircolo in quanto il polmone ha difficoltà a garantire gli scambi gassosi;<br />

• ipotensione importante, PA < 90 mmHG;<br />

• il paziente è ancora in grado di rispondere alla fluido terapia: bisogna infondere nel giro di 30 minuti<br />

1500-2000 cc di soluzione fisiologica o cristalloidi = se il paziente risponde non sono ancora in fase di<br />

scompenso;<br />

• diminuzione della diuresi, si può arrivare all’anuria.<br />

CLASSE IV:<br />

• perdita volume ematico > 40% (> 2 L):<br />

o rottura di fegato = si interviene chirurgicamente con il packing: impacchettare il fegato in modo che<br />

non sanguini più;<br />

o rottura di milza;<br />

o occlusione intestinale prolungata;<br />

o politrauma;<br />

• sintomi precedentemente descritti + agitazione;<br />

• tachicardia, FC > 140 bpm;<br />

• ipotensione, PA < 90 mmHg;<br />

• tachipnea;<br />

• oliguria che tende all’anuria;<br />

• scomparsa polsi periferici;<br />

• la re-infusione di liquidi e l’uso di ammine vasoattive non sortiscono nessun effetto.<br />

CLASSIFICAZIONE ALTERNATIVA (lieve-moderato-grave)<br />

SHOCK IPOVOLEMICO LIEVE:<br />

- perdita di volume ematico ≤ 20 % del volume ematico totale (1000 cc);<br />

- segni di lesione casuale (emorragia, ustione);<br />

- segni di vasocostrizione (sete, pallore, sudorazione e ipotermia);<br />

- PA conservata;<br />

- FC normale;<br />

- diuresi normale;<br />

- assente lo stato di acidosi.<br />

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SHOCK IPOVOLEMICO MODERATO:<br />

- perdita di volume ematico 1000 – 2000 cc;<br />

- sintomatologia precedentemente descritta + agitazione;<br />

- PA ridotta = ipotensione correggibile con l’infusione di liquidi;<br />

- FC aumentata (tachicardia 100 bpm);<br />

- oliguria;<br />

- acidosi metabolica.<br />

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SHOCK IPOVOLEMICO MODERATO:<br />

- perdita di volume ematico ≥ 40 % del volume ematico totale (> 2000 cc);<br />

- sintomatologia precedentemente descritta + agitazione;<br />

- caduta della PA;<br />

- scomparsa dei polsi periferici;<br />

- ECG mostra segni di ischemia miocardica;<br />

- acidosi metabolica = notevole aumento dei lattati plasmatici.<br />

DIAGNOSI e MONITORAGGIO DEL PAZIENTE<br />

ESAME CLINICO:<br />

o osservare la cute (pallore, temperatura);<br />

o controllo della FC, del respiro e della PA;<br />

o valutare la ridotta PVC (osservare lo stato di riempimento dei vasi cervicali) = diagnosi differenziale tra<br />

shock cardiogeno e shock ipovolemico;<br />

o diuresi ORARIA = contrazione della diuresi (conservare il paziente e vedere la risposta alla fluidoterapia);<br />

IN URGENZA → ABC (Air – Breath – Circulation): consiste nel controllare che:<br />

1. le vie aeree siano pervie;<br />

2. il paziente respiri;<br />

3. la circolazione sia adeguata (polso radiale).<br />

ESAMI DI LABORATORIO: valutare dal punto di vista del laboratorio la variazione del metabolismo =<br />

aumento lattati, stato di acidosi di tipo metabolico valutata con emo-gas analisi (EGA); Ht per indagare il<br />

tipo di shock ipovolemico.<br />

- lattati;<br />

- EGA;<br />

- emocromo.<br />

TERAPIA<br />

o Predisporre due accesso venosi periferici con agocanule adeguate per una veloce somministrazione di<br />

liquidi (fisiologica, cristalloidi o colloidi, sangue = espansori del volume plasmatico).<br />

o SHOCK EMORRAGICO: intervenire per arrestare l’emorragia***.<br />

o Terapia farmacologica.<br />

*** Es. emorragia digestiva = intervenire con sostanze sclerotizzanti a livello della soluzione di continuo, si<br />

può tentare approccio endoscopico, ma se non è possibile allora bisogna optare per la chirurgia diretta.<br />

*** Es. emoperitoneo = nei casi di emoretroperitoneo l’indicazione chirurgica è molto discutibile, un’ipotesi<br />

è la radiologia interventistica, ma si corre il rischio di causare il distacco di trombi, con formazione di<br />

emboli, presenti nei vasi tributari dell’emorragia (a meno che non ci sia rottura di un aneurisma dell’aorta).<br />

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Fisiopatologia clinica e patologia chirurgica d’organo e d’apparato PARTE I<br />

Ghirardo, David, Degrassi<br />

LO SHOCK SETTICO<br />

È una condizione dovuta ad una patologia cellulare primitiva causata dall’insulto a danni dell’organismo da<br />

agenti patogeni biologici (più frequentemente batteri, miceti e più raramente virus) e dai loro prodotti.<br />

Nell’ambito dell’eziologia batterica, in passato la prevalenza vedeva una netta maggioranza di infezioni da<br />

batteri GRAM negativi, oggi, con l’aumento delle infezioni nosocomiali, l’equilibrio volge a favore dei GRAM<br />

positivi, spesso multi resistenti. Anche le micosi in grado di causare shock settico spesso rientrano<br />

nell’ambiente delle infezioni nosocomiali e colpiscono prevalentemente pazienti già le cui condizioni<br />

generali e immunitarie sono compromesse (anziani, immunodepressi).<br />

L’INFEZIONE<br />

L’infezione inizia sempre come una manifestazione locale, cioè il focolaio infettivo è circoscritto, coinvolge i<br />

tessuti di un solo organo, come locale è il fenomeno infiammatorio che si scatena a seguito del danno<br />

cellulare.<br />

Ricordiamo che si possono distinguere:<br />

- infezioni comunitarie, che vengono contratte negli ambienti di vita quotidiana;<br />

- infezioni nosocomiali, contratte in ambiente ospedaliero, un’infezione si definisce tale quando il<br />

paziente è ricoverato da almeno 48 -72 ore = rappresenta il tempo necessario al paziente di acquisire<br />

una flora batterica che non è presente nel territorio, ma è confinata all’ambiente ospedaliero;<br />

- infezioni associate all’assistenza sanitaria, è una “zona grigia” costituita da tutte quelle infezioni<br />

legate alle prestazioni di cui i pazienti usufruiscono all’interno di strutture sanitarie protette (RSA –<br />

Residenza Sanitaria Assistenziale), come le case di riposo, dove trascorrono un periodo di<br />

convalescenza quando il rientro al loro domicilio non è possibile; in queste strutture la flora batterica<br />

comincia a diventare sovrapponibile a quella ospedaliera.<br />

In ambito medico le più frequenti vie d’accesso degli agenti patogeni sono LE VIE RESPIRATORIE, l’approccio<br />

terapeutico è quello di una terapia antibiotica sistemica; in ambito chirurgico invece sono LE VIE URINARIE,<br />

IL SITO CHIRURGICO, L’AMBIENTE INTRA-ADDOMINALE e l’approccio terapeutico consiste nell’eliminazione<br />

del materiale infetto (appendicectomia, incisione drenaggio degli ascessi, ecc.).<br />

La patologia metabolica cellulare primitiva, cioè il danno cellulare, è la causa di tutte quelle alterazioni<br />

fisiopatologiche che portano all’evoluzione della SEPSI e in ultima a quello che si definisce SHOCK SETTICO.<br />

Nella reazione dell’organismo alla patologia cellulare si verificano la RISPOSTA NEUROENDOCRINA e quella<br />

METABOLICA (l’organismo cerca di incrementare la produzione di energia per far fronte all’aggressione<br />

subita e al danno subito), ma si ha una prevalenza della RISPOSTA IMMUNOLOGICA.<br />

SI DEFINISCE SEPSI O STATO SETTICO<br />

Sepsi o stato settico = è la risposta di tipo BIO-UMORALE, IMMUNITARIA, METABOLICA dell’organismo<br />

all’infezione.<br />

L’intensità del fenomeno dipende dalla gravità dell’infezione:<br />

- carica batterica;<br />

- virulenza;<br />

- reattività del sistema immunitario del paziente = la risposta sistemica dell’organismo all’infezione può<br />

essere anergica come può essere eccessivamente intensa e sovrastare i naturali meccanismi di controllo<br />

della flogosi e creare un danno peggiore dell’infezione stessa.<br />

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Fisiopatologia clinica e patologia chirurgica d’organo e d’apparato PARTE I<br />

Ghirardo, David, Degrassi<br />

Il fine principali di queste risposte sono quelli di mettere in atto meccanismi che possano limitare<br />

l’infezione:<br />

- aumento dell’apporto di O₂ ai tessuti al fine di garantire il metabolismo aerobio = sappiamo infatti le<br />

conseguenze nefaste per l’organismo di una condizione di anaerobiosi prolungata = danno cellulare<br />

irreversibile e morte per necrosi → alterazione FUNZIONALE E ORGANICA DEI TESSUTI.<br />

- attivazione di PMN monociti/macrofagi (reattivi alla presenza nell’organismo di molecole esogene<br />

prodotte dai patogeni quali l’LPS e le esotossine batteriche) i quali mettono in atto i sistemi di<br />

eliminazione del patogeno e allo stesso tempo iniziano un’intensa sintesi di mediatori umorali quali le<br />

citochine (IL-1, … IL-18, TNF) PGE, COMPLEMENTO, CHININE, ISTAMINA, SEROTONINA) coinvolti nelle<br />

manifestazioni locali e sistemiche dell’infezione.<br />

- promuovere la riparazione del danno causato dal patogeno.<br />

CLASSIFICAZIONE DELLE INFEZIONI<br />

SIRS Systemic Inflammatory Response Syndrom<br />

È la risposta infiammatoria sistemica dell’organismo ad un qualsiasi insulto clinico o subclinico, qualsiasi ne<br />

sia la causa, infettiva o meno. Ha una manifestazione aspecifica; alcuni esempi:<br />

- post operatorio (48 – 72 h), se mal interpretata può far incorrere nel rischio di somministrare terapie<br />

inadeguate;<br />

- processi infiammatori acuti come una pancreatite acuta in cui l’infezione non è il danno primitivo, ma<br />

subentra in seconda battuta;<br />

- traumi;<br />

- ustioni;<br />

- infezioni.<br />

Si manifesta con due o più dei seguenti segni:<br />

- iperpiressia o temperatura inferiore a 36°;<br />

- frequenza cardiaca superiore a 90 bpm;<br />

- frequenza respriatoria maggiore di 20 atti/min o pressione parziale della CO₂ inferiore a 32 mmHg;<br />

- conta dei globuli bianchi maggiore a 12000 unità/mm³ o minore di 4000 unità/mm³ con almeno il 10% di<br />

forme immature.<br />

SEPSI<br />

Condizione in cui si ha UN’INFEZIONE DOCUMENTATA e DUE O PIÙ SEGNI DI SIRS.<br />

Alcuni possibili cause:<br />

- broncopolmonite non complicata;<br />

- infezione urinaria;<br />

- infezioni addominali come un’appendicite.<br />

SEPSI SEVERA<br />

Condizione in cui si ha UN’INFEZIONE DOCUMENTATA e I SEGNI DI SIRS, disfunzione e sofferenza di un<br />

organo in cui si possono osservare segni di IPOPERFUSIONE LOCALIZZATA in determinati distretti:<br />

- acidosi lattica;<br />

- ipotensione = il paziente può essere ipoteso, ma anche non esserlo, dipende se i meccanismi di<br />

compenso sono ancora validi, L'EMODINAMICA COMINCIA AD ESSERE ALTERATA, ma è possibile<br />

correggerla CON LA FLUIDO TERAPIA;<br />

- oliguria che evolve in anuria;<br />

- Iniziali segni di deterioramento acuto dello stato mentale.<br />

A livello del microcircolo si verifica un DANNO ORGANICO IMPORANTE.<br />

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Ghirardo, David, Degrassi<br />

Alcuni possibili cause:<br />

- appendicite acuta gangrenosa;<br />

- infezioni polmonari in pazienti immuno-compromessi;<br />

- infezioni addominali complicate cioè peritoniti acute generalizzate, perforazioni intestinali, colecistiti<br />

con ascesso, ecc.;<br />

- mediastiniti con infezione molto distribuita.<br />

SHOCK SETTICO<br />

Il paziente presenta:<br />

- ipotensione che non risponde alla fluido terapia = il microcircolo è del tutto compromesso e il viraggio<br />

metabolismo verso l’ANAEROBIOSI da parte del microcircolo ha comportato la compromissione totale<br />

del sistema; tutto quanto viene re-infuso si colloca nell'interstizio in virtù del REFILLING INVERSO.<br />

- segni di disfunzione d'organo molto importanti =<br />

- acidosi lattica;<br />

- oliguria che evolve in anuria;<br />

- deterioramento acuto dello stato mentale.<br />

A questo punto non c'è più modo di controllare la situazione ne con la FLUIDOTERAPIA, ne con la<br />

somministrazione di AMINE VASOATTIVE, il paziente spesso muore.<br />

MOD o Multiple Organs Disfunction Syndorm<br />

Si verifica un’alterazione nella funzione di più organi in pazienti acuti dove si ha una progressiva perdita di<br />

omeostasi, interessa:<br />

- POLMONI = ARDS insufficienza respiratoria acuta funzionale;<br />

- RENE = IRA insufficienza renale acuta che da funzionale diviene organica;<br />

- CRASI EMATICA = CID coagulazione intravascolare disseminata.<br />

TRASLOCAZIONE BATTERICA<br />

Spesso lo SHOCK SETTICO può essere complicato dalla presenza di germi opportunisti saprofiti che possono<br />

virulentare. Il danno d’organo può colpire anche il tratto gastroenterico provocando la compromissione<br />

delle barriere mucose = traslocazione batterica: non c'è più un adeguato assorbimento e un’adeguata<br />

funzione di barriera al contenuto intraluminale (che sarà più o meno contaminato), a livello del colon il<br />

contenuto batterico elevato rischia di invadere l’organismo. La traslocazione batterica potrebbe aggravare<br />

l’infezione primitiva con una sovrainfezione.<br />

PERITONITI TERZIARIE<br />

Sono patologie gravi determinate dal fatto che nonostante le terapie antibiotiche e gli interventi per<br />

drenare le raccolte purulente, si innesca uno stato di SHOCK che causa l’IPOPERFUSIONE A LIVELLO DI UN<br />

VISCERE tale da provocarne la ROTTURA o comunque la PERMEABILITÀ agli agenti patogeni presenti. Ad<br />

esempio: ischemia intestinale → peritonite terziaria → ulteriori infezioni o complicazioni.<br />

Frequentemente il paziente non riesce a rimettersi perché l'insufficienza d’organo è progredita troppo<br />

oltre.<br />

LA RISPOSTA IMMUNOLOGICA NELLO SHOCK SETTICO<br />

Vede il coinvolgimento dei componenti corpuscolati e umorali della flogosi nonché le cellule dell’immunità<br />

specifica, l’infezione scatena una risposta immunitaria sia cellulo-mediata , sia anticorpale.<br />

I PRINCIPALI MEDIATORI UMORALI COINVOLTI<br />

Interleuchine 1 – 18<br />

PGE<br />

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Ghirardo, David, Degrassi<br />

Sistema complemento<br />

Endoteline<br />

MDF [Fattore depressivo del miocardio = prodotto tardivamente delle cellule dell’infiammazione, ad<br />

azione “immunodeprimente” sulla funzione del miocardio, riduce l’efficacia della risposta emodinamica.]<br />

TNF<br />

NO ossido nitrico<br />

Chinine<br />

Serotonina<br />

AZIONE SISTEMICA DELLE CITOCHINE E DEGLI ALTRI MEDIATORI UMORALI<br />

- Leucocitosi da stimolazione del midollo osseo = IL-6 (in particolare aumenta il numero e l’attività dei<br />

linfociti T).<br />

- Mobilitazione dei substrati energetici per fronteggiare = aumento del catabolismo muscolare = in<br />

situazione di emergenza vengono intaccate le riserve di energia nobili, specie se nel caso di infezioni<br />

prolungate, aumenta quindi la proteolisi; gli stati di malnutrizione (sia stati di denutrizione con BMI<br />

inferiore a 20, sia stati di obesità con BMI superiore a 30) compromettono la capacità dell’organismo di<br />

rispondere al danno primitivo = ecco perché il medico deve anche controllare con particolare attenzione<br />

la nutrizione del paziente.<br />

- Termogenesi (effetto delle citochine sul centro termoregolatore dell’ipotalamo).<br />

- Produzione epatica delle proteine della fase acuta PFA (Proteina C reattiva e FIBRINOGENO =<br />

componente metabolica) a scapito della sintesi dell’albumina, proteina negativa della fase acuta<br />

(ipoalbuminemia = diminuzione della pressione oncotica intracapillare); la diminuzione delle albumine e<br />

l’aumento del fibrinogeno concorrono a far aumentare la VES.<br />

AZIONE DEI MEDIATORI BIOUMORALI A LIVELLO DI MICROCIRCOLO<br />

Il microcircolo è il punto nodale da dove partono tutte le alterazioni fisiopatologiche che portano allo shock<br />

e alla sindrome da danno multi organo.<br />

A. I mediatori della flogosi richiamano in sede un gran numero di leucociti attivandoli (interagiscono con<br />

l’endotelio = attivazione dell’endotelio e stravaso leucocitario), favoriscono l’aggregazione piastrinica, la<br />

presenza talmente abbondante nel letto capillare di questi ELEMENTI CORPUSCOLARI AGGREGATI<br />

causa un RALLENTAMENTO DEL CIRCOLO che RIDUCE LA PERFUSIONE portando il metabolismo<br />

cellulare a virare verso l’ANAEROBIOSI.<br />

B. L’attivazione del sistema coagulativo (dovuto all’essudazione e all’azione attivante le piastrine da parte<br />

dei mediatori della flogosi) favorisce l’intasamento del microcircolo con la formazione di trombi<br />

piastrinici diffusi (CID = coagulazione intravasale disseminata), ciò inevitabilmente RIDUCE LA<br />

PERFUSIONE dei tessuti portando il metabolismo cellulare a virare verso l’ANAEROBIOSI.<br />

C. I PMN attivati innescano quei meccanismi precedentemente citati, atti ad eliminare il patogeno, ma che<br />

sono fautori di un DANNO CELLULARE ASPECIFICO che colpisce anche i tessuti. Nello specifico,<br />

attraverso la reazione di degranulazione liberano nell’ambiente ENZIMI PROTEOLILTICI = tali enzimi<br />

agiscono sull’endotelio danneggiandolo (→ aumenta la probabilità di trombosi periferica). Il danno<br />

endoteliale unito all’azione dei MEDIATORI BIO-UMORALI provocano un AUMENTO DELLA<br />

PERMEABILITÀ CAPILLARE, si ha uno spostamento di liquidi del capillare all’interstizio che SI SOMMA AL<br />

FENOMENO DI REFILLING INVERSO = diminuisce il flusso e quindi la possibilità di ossigenazione dei<br />

tessuti che virano il loro metabolismo verso l’ANAEROBIOSI.<br />

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D. I mediatori umorali DIMINUISCONO IL TONO DELLE METARTERIOLE e APRONO GLI SHUNT ARTERO-<br />

VENOSI PRECAPILLARI, di conseguenza si verifica una PERFUSIONE PREFERENZIALE che esclude il<br />

circuito del capillare, aumenta l’ossigeno a livello venoso, diminuisce il flusso e quindi la possibilità di<br />

ossigenazione dei tessuti che virano il loro metabolismo verso l’ANAEROBIOSI.<br />

I tessuti non sono ugualmente sensibili a tali alterazione, ad esempio i polmoni sono maggiormente<br />

suscettibili rispetto ad altri organi e sono i primi ad entrare in uno stato si sofferenza (nei polmoni, per il<br />

rilascio di enzimi lisosomiali tossici per l’endotelio alveolare, si altera la membrana alveolo capillare con<br />

grave compromissione degli scambi gassosi che conduce all’insufficienza polmonare acuta ARDS).<br />

I MEDIATORI UMORALI hanno un effetto predominate tale che il medico non è più in grado di controllare<br />

questa risposta immuno-metabolica, anche se l’infezione si è estinta o è tenuta sotto controllo [suggestivo<br />

il fatto che nel 30 % dei pazienti che presentano un quadro si shock settico le emoculture sono negative].<br />

Un’altra eventualità è che l’organismo risponda in maniera eccessiva e anomala all’aggressione batterica. I<br />

mediatori umorali prodotti in grandi quantità sono in grado di causare lo shock e auto mantenere il<br />

fenomeno.<br />

LA RISPOSTA METABOLICA NELLO SHOCK SETTICO<br />

Vedi l’introduzione – la risposta metabolica.<br />

Con l’INCREMENTO DEL CATABOLISMO PROTEICO si verifica un aumento degli aminoacidi liberi immessi in<br />

circolo. Vengono catabolizzati (indirizzati alla GLUCONEOGENESI stimolata dall’I.R.) soprattutto gli AA<br />

RAMIFICATI (Val, Leu) spostando l’equilibrio a favore del pool degli AA AROMATICI (Fen, Tyr) che diventano<br />

preponderanti in circolo; la modificazione di questo equilibrio promuove il passaggio degli AA AROMATICI<br />

attraverso la barriera ematoencefalica, responsabile dell’encefalopatia che si verifica nello shock settico<br />

dovuta all’azione tossica di tali molecole sul tessuto nervoso (agiscono da falsi neuro mediatori).<br />

SCOMPENSO EPATICO ED ENCEFALOPATIA<br />

Amminoacidi aromatici.<br />

Il punteggio di Child (Child-Pugh Score o Child-Turcotte-Pugh Score) è usato per determinare la prognosi<br />

della malattia cronica di fegato, principalmente per I casi di cirrosi. Anche se era originariamente usato<br />

per predire la mortalità in chirurgia, è ora usato per determinare la prognosi, l’aggressività terapeutica<br />

richiesta e la necessità di ricorrere ad un trapianto di fegato.<br />

Il punteggio viene calcolato prendendo in esame cinque parametri clinici della malattia di fegato:<br />

• bilirubina totale;<br />

• albumina serica;<br />

• INR – PT tempo di protrombina;<br />

• ascite;<br />

• Encefalopatia epatica (dati laboratoristici = aumento della concentrazione in circolo di AA<br />

AROMATICI e IPERAMMONIEMIA).<br />

EVOLUZIONE DELLO SHOCK SETTICO<br />

LA FASE PRECLINICA DELL’INFEZIONE<br />

L’infezione è asintomatica.<br />

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Ghirardo, David, Degrassi<br />

LA FASE CLINICA DELL’INFEZIONE<br />

L’infezione si manifesta in maniera evidente a causa dell’alterazione cellulare dovuta ad un difetto di<br />

utilizzo dell’O₂.<br />

Il danno al tessuto coinvolge inizialmente un solo organo e si manifesterà più gravemente e precocemente<br />

nei tessuti più sensibili (polmoni – ARDS – a seguire il rene, in ultima battuta il fegato), può portare ad<br />

insufficienza dell’organo, se l’insufficienza è grave si giunge allo scompenso dell’organo.<br />

I fattori che influenzano sono:<br />

- la funzione residua dell’organo;<br />

- le condizioni cliniche di base del paziente e la coesistenza di comorbidità;<br />

- durata e gravità dell’insulto;<br />

- resistenza all’ipoperfusione e alla conseguente ipossia (nello shock settico dovuta all’azione diretta dei<br />

mediatori della flogosi.<br />

La fase di scompenso se controllata può regredire e dare RESTITUTIO AD INTEGRUM oppure se l’infezione<br />

non viene controllata il paziente va incontro all’insufficienza multi organo.<br />

LA FASE DI COMPENSO: FASE IPERDINAMICA<br />

È una condizione:<br />

caratteristica delle SEPSI FLORIDE E DELLE SEPSI SEVERE;<br />

di alto flusso e basse resistenze periferiche =<br />

- vasodilatazione a livello del microcircolo;<br />

- si ha un aumento della GC, condizione di flusso iperdinamico;<br />

- la volemia è adeguata;<br />

- il cuore ha un adeguata capacità di sostenere la gittata aumenta (dipende molto dalla riserva<br />

funzionale del cuore);<br />

- la pressione arteriosa quindi rimane costante e la funzione emodinamica conservata;<br />

anche detta “fase di shock caldo” (terminologia oggi in disuso).<br />

A livello del focolaio di infezione la carica microbica prevale sulle difese dell’organismo.<br />

SI INNESCANO LE RISPOSTE FISIOPATOLOGICHE NEUROENDOCRINA, IMMUNOLOGICA E METABOLICA:<br />

La presenza del patogeno e il danno tessutale che esso provoca innescano il fenomeno flogistico con<br />

intensa produzione di mediatori umorali, attivazione delle cellule dell’infiammazione e dell’immunità<br />

specifica = il formarsi di microtrombi costituiti da elementi corpuscolari del sangue aggregati e l’apertura<br />

degli shunt portano ad esclusione del microcircolo con conseguente ipoperfusione dei tessuti;<br />

È una patologia cellulare primitiva, perciò le richieste metaboliche sono aumentate in tutti i tessuti e c’è<br />

bisogno di una aumentato apporto di ossigeno: ecco che la risposta metabolica si attiva.<br />

NOTA BENE: le risposte messe in atto dall’organismo non riguardano esclusivamente la fase di compenso.<br />

ALTERAZIONI A LIVELLO DEL METABOLISMO CELLULARE E CAPILLARE:<br />

esclusione del microcircolo;<br />

intenso fenomeno vasodilatativo che fa precipitare le resistenze periferiche;<br />

aumento della permeabilità capillare = refilling inverso ed edema interstiziale con perdita di albimine;<br />

alterazioni della ventilazione e di perfusione a livello polmonare dovute alla sofferenza cellulare e alla<br />

conseguente lesione della membrana alveolare = ARDS caratterizzata da ipossiemia arteriosa e si<br />

manifesta con dispnea.<br />

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AZIONE DELL’OSSIDO NITRICO<br />

Inizialmente produce effetti favorevoli:<br />

- mantiene la perfusione a livello del microcircolo;-<br />

- ostacola l’azione delle endoteline (che inducono vasocostrizione del microcircolo, sono coinvolte nella<br />

patogenesi nello scompenso renale nella MOD);<br />

- ostacola l’aggregazione piastrinica (evita la formazione di microtrombi nel distretto capillare) e<br />

l’aggregazione dei leucociti.<br />

Con il tempo però prevalgono effetti negativi:<br />

- vasodilatazione = l’abbassamento delle resistenze periferiche produce ipotensione che prelude allo<br />

scompenso cardiaco (incapacità del cuore di mantenere il flusso).<br />

Quest’effetto prodotto dall’NO si somma all’azione di altri mediatori quali istamina e serotonina.<br />

NELLA FASE DI COMPENSO DELLO SHOCK SETTICO AVVIENE IL CONTRARIO DI QUANTO SUCCEDE NELLA<br />

FASE DI COMPENSO DELLO SHOCK IPOVOLEMICO, IN CUI SI HA BASSO FLUSSO ED ELEVATE RESISTENZE<br />

PERIFERICHE.<br />

Fenomeno avviene diffuso in tutti i distretti “a macchia di leopardo”, a partire dai tessuti più sensibili (ecco<br />

perché il polmone è tra i primi ad venir compromesso). La maldistribuzione del flusso può essere già<br />

evidente nel paziente in questa fase. Si viene a creare una situazione che se non è controllata porta allo<br />

scompenso.<br />

LA FASE DI SCOMPENSO: FASE IPODINAMICA<br />

È una condizione:<br />

caratteristica di uno stato settico persistente o di quei casi in cui il medico non è riuscito a contenere<br />

l’infezione, oppure in cui l’infezione ha dato luogo ad una risposta infiammatoria incontrollata con un<br />

esacerbata produzione di mediatori;<br />

in cui si ha l’insufficienza dei meccanismi di compenso metabolici e circolatori (neuroendocrini e<br />

emodinamici);<br />

di basso flusso e alte resistenze periferiche = fase ipodinamica;<br />

anche detta “fase di shock freddo”.<br />

La sofferenza tissutale (difetto metabolico) compromette i miocardiociti →<br />

→ il cuore inizia a perdere FORZA INOTROPA POSITIVA →<br />

→ cala la GC.<br />

La velocità di tale processo dipende dalla RISERVA FUNZIONALE DEL CUORE; in una fase tardiva inizia ad<br />

essere prodotto dalla cellule dell’infiammazione di MDF che agisce sul cuore aggravando la situazione.<br />

Ne conseguono la riduzione della GC, una crisi ipotensiva e la perfusione dei tessuti periferici precipita<br />

ulteriormente.<br />

Si viene a creare una condizione del tutto sovrapponibile alla fase di scompenso dello shock ipovolemico,<br />

all’ipoperfusione dovuta alla diminuzione della GC l’organismo reagisce aumentando le resistenze<br />

periferiche = ecco che nello shock freddo si parla di BASSO FLUSSO E ALTE RESISTENZE PERIFERICHE.<br />

In metabolismo anaerobio (aggravato dallo stato di ipoperfusione) persistente provoca un’acidosi<br />

metabolica da lattati, le alterazioni metaboliche (danni a carico le membrane cellulari) e l’acidosi colpiscono<br />

i prima battuta l’endotelio e gli sfinteri precapillari = si verifica il REFILLING INVERSO su base organica<br />

perché l’endotelio diventa poroso e gli sfinteri sono danneggiati e hanno smesso di funzionare = apertura<br />

degli sfinteri precapillari porta ad anossia stagnate.<br />

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NOTA BENE: le amine non servono più perché il target non reagisce più, a questo punto ne la fluido terapia,<br />

ne le amine somministrate riescono a porre rimedio all’ipoperfusione.<br />

Si raggiunge una fase di irreversibilità sovrapponibile alla fase di scompenso dello shock ipovolemico.<br />

Sono presenti i segni di:<br />

• ipoperfusione e ipotensione;<br />

• acidosi metabolica lattica;<br />

• oliguria;<br />

• segni di deterioramento acuto dello stato mentale e multi organo;<br />

• sepsi ipotensiva non responder alla fluido terapia;<br />

• infezioni addominali o polmonari complicate.<br />

Se persiste lo stato settico allora la sofferenza va ad interessare vari organi: disfunzione multi organo<br />

(MOD).<br />

MOD<br />

DEFINIZIONE (vedi lo shock ipovolemico – MOD).<br />

IL POLMONE (vedi lo shock ipovolemico – MOD – il polmone).<br />

IL RENE (vedi lo shock ipovolemico – MOD – il rene).<br />

*** Il danno al parenchima renale nello shock settico è indotto da mediatori umorali (endoteline), da<br />

batteri e dai loro prodotti (endotossine).<br />

IL CUORE<br />

Il cuore è in grado di mantenere la fase di compenso anche diversi giorni, ma il fallimento di tale<br />

meccanismo è strettamente influenzato dalla funzionalità residua, qualunque cardiopatia preesistente è in<br />

grado di accelerare il processo di evoluzione verso lo scompenso. Il danno funzionale è provocato da lavoro<br />

eccessivo e prolungato nel tempo, ma non bisogna dimenticare che nelle fasi tardive dello shock settico si<br />

ha la sintesi di MDF.<br />

FEGATO<br />

Quest’organo si adatta bene, un’ipoperfusione pari al 40 – 50 % del flusso epatico normale e ancora ben<br />

tollerata, ma se la situazione persiste anche gli epatociti entrano in sofferenza. Inizialmente il fegato è<br />

impegnato nella sintesi delle PFA, diminuisce la sintesi di albumina. In ultima istanza, quando il danno<br />

cellulare diventa importante compaiono segni di citolisi e colestasi (ittero ingravescente colestatico) con<br />

aumento degli enzimi di stasi epatica, delle transaminasi. Precipita la glicogenolisi epatica è il paziente<br />

diviene fortemente ipoglicemico.<br />

SNC<br />

Il danno al sistema nervoso centrale è provocato dall’ischemia dovuta all’ipoperfusione e dall’azione degli<br />

AA AROMATICI che attraversando la barriera emato-encefalica agiscono come falsi neurotrasmettitori, il<br />

quadro è sovrapponibile a quello dell’encefalopatia porto-sistemica (EPS).<br />

CRASI EMATICA<br />

Si verifica un’alterazione della crasi ematica caratterizzata da:<br />

anemia;<br />

leucocitosi o leucopenia;<br />

una quadro di CID e piastrinopenia (indotta dalla CID);<br />

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Ghirardo, David, Degrassi<br />

la diatesi emorragica (piatrinopenia e consumo dei fattori della coagulazione come conseguenze della<br />

CID) sommata all’azione vasodilatoria e all’aumento della permeabilità capillare indotti dai mediatori<br />

umorali =<br />

- sanguinamenti anche gravi (alle gengive, emorragie digestiva);<br />

- ischemia tissutale;<br />

- depositi di fibrina nel microcircolo con possibili fenomeni microembolici.<br />

APPARATA GASTROENTERICO<br />

Nella fase di compenso si ha un ipoafflusso al circolo splancnico dovuto alla vasocostrizione, può instaurarsi<br />

una condizione ischemica che è maggiormente avvertita a livello di stomaco, nella mucosa e nella<br />

sottomucosa (vascolarizzate da rami terminali privi di anastomosi). L’ischemia e il danno che ne consegue<br />

può condurre alla formazione di lesioni di continuo tipo ulcere (l’ambiente gastrico causando un insulto<br />

chimico persistente impedisce la guarigione di una qualsiasi lesione della mucosa gastrica) che non tendono<br />

a guarire; si possono verificare emorragie.<br />

L’emorragia digestiva se importante complica lo shock settico in shock complesso perché riduce<br />

ulteriormente il volume circolante (ipovolemia con melena ed ematemesi).<br />

A livello intestinale si può verificare l’alterazione della barriera mucosa intestinale = TRASCLOCAZIONE<br />

BATTERICA.<br />

EVOLUZIONE DELLO SHOCK SETTICO<br />

• PERDITA DI MASSA MUSCOLARE<br />

• EDEMI<br />

• INSTABILITÀ CIRCOLATORIA<br />

• INSULINORESISTENZA<br />

• IPOTERMIA<br />

• COMA<br />

• MORTE<br />

DIAGNOSI<br />

Fase preclinica<br />

Nella fase preclinica l’infezione non è manifesta, ma sono presenti i segni di SIRS.<br />

ESAMI DI LABORATORIO<br />

Dal punto di vista laboratoristico si possono riscontrare:<br />

- aumento della PCR, del fibrinogeno (PFA);<br />

- ipoalbunemia;<br />

- leucocitosi o leucopenia;<br />

- aumento della VES;<br />

- iperazotemia (aumento dell’urea principalmente);<br />

- iperglicemia (dovuta all’aumentata sintesi di ormoni iperglicemizzanti i quali inducono anche uno stato<br />

di insulinoresistenza di difficile controllo).<br />

Fase di compenso (fase iperdinamica – sepsi florida)<br />

ESAME CLINICO<br />

Si riscontrano un alto flusso e basse resistenze periferiche; in virtù di questo il paziente si presenta:<br />

- roseo, la perfusione è buona, ma ha una distribuzione a “macchia di leopardo” = si osservano iniziali<br />

marezzature (iniziano i fenomeni di esclusione di letto capillare) principalmente a livello di arti e regioni<br />

declivi (regioni lombari);<br />

- PA è normale con aumento della pressione differenziale;<br />

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Fisiopatologia clinica e patologia chirurgica d’organo e d’apparato PARTE I<br />

Ghirardo, David, Degrassi<br />

- febbrile, la febbre può presentarsi con diverse caratteristiche a seconda dello stato dell’infezione =<br />

una febbre continua indica una setticemia;<br />

una febbre che mostra picchi e fasi apiretici senza una regolare cadenza, 3 – 4 picchi nelle 24 ore<br />

seguiti da apiressia nelle 24 successive, che cade per crisi, è una febbre settico piemica, uro o bilio<br />

settica, espressione dell’immissione in circolo di germi che però non raggiungono una virulenza tale<br />

da dare batteriemia e vengono eliminati dal sangue (fase di defervescenza);<br />

una febbre che sale nel tardo pomeriggio o verso sera con brivido scuotente (immissione dei batteri<br />

in circolo) che cade per lisi durante la notte è una febbre suppurativa scatenata dalla presenza di<br />

raccolte di materiale purulento.<br />

- tachicardia e tachipnea (polipnea) con aumento della pO₂, diminuzione della pCO₂ e conseguente<br />

alcalosi respiratoria = iperventilazione;<br />

- diuresi conservata;<br />

- iniziali edemi;<br />

- iniziale stato di confusione dovuto alla febbre e all’encefalopatia, ma la perfusione del circolo cerebrale<br />

è ancora buona.<br />

ESAMI DI LABORATORIO<br />

Dal punto di vista laboratoristico si possono riscontrare:<br />

- aumento della PCR, del fibrinogeno (PFA);<br />

- ipoalbunemia;<br />

- aumento della VES;<br />

- leucocitosi o leucopenia;<br />

- segni dell’ipermetabolismo = iperazotemia, iperglicemia, acidosi metabolica e aumento dei lattati;<br />

- ipocolesterolemia (diminuisce la sintesi epatica).<br />

Fase di scompenso (shock settico)<br />

ESAME CLINICO<br />

Si riscontrano un basso flusso e alte resistenze periferiche (vasocostrizione dei distretti cutaneo, muscolare<br />

e splancnico); il paziente si presenta:<br />

- marcata ipotensione NON RESPONDER;<br />

- tachicardia;<br />

- ipotermia e pallore cutaneo;<br />

- oliguria (o anuria);<br />

- dispnea ipossiemica;<br />

- ittero;<br />

- stato di coscienza alterato che può evolvere fino al coma.<br />

In questa fase ricordiamo che si può verificare la sovrapposizione di uno shock cardiogeno dovuta ad<br />

un’insufficienza d’organo (alterazioni del ritmo cardiaco = bradicardia, aritmie) e di uno shock ipovolemico<br />

(es. perforazione gastrica e intestinale) = SHOCK COMPLESSO.<br />

ESAMI DI LABORATORIO<br />

- lattati fortemente aumentati;<br />

- pO₂ fortemente diminuita (EGA).<br />

ESAMI STRUMENTALI<br />

Diagnosi strumentale (del focolaio infettivo o di un’eventuale perforazione di un viscere):<br />

- RX torace;<br />

- RX diretta addome;<br />

- ECO addome;<br />

- TC addome (anche operativa, cioè permette di intervenire direttamente per risolvere il problema).<br />

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Fisiopatologia clinica e patologia chirurgica d’organo e d’apparato PARTE I<br />

Ghirardo, David, Degrassi<br />

ESAMI MICROBIOLOGICI<br />

Ricerca del patogeno in materiali biologici:<br />

• emocoltura seriata da sangue periferico (di fronte ad una febbre continua si può parlare di setticemia<br />

con tre emocolture positive , è necessario prelevare campioni da tutti i tubi di drenaggio) = nel 50 % dei<br />

casi di sepsi e di shock settico le emoculture possono essere comunque negative e la ragione può essere<br />

o perché magari il medico curante ha iniziato tempestivamente una terapia antibiotica (empirica),<br />

oppure che l’infezione si è estinta e il fenomeno si auto mantiene;<br />

• emocoltura da sangue venoso centrale (CVC);<br />

• coltura da drenaggi addominali e raccolte purulente addominali;<br />

• coltura da escreato;<br />

• urocoltura.<br />

Gli indici di flogosi correlano con la gravità del quadro:<br />

- PCR = è specifica per le infezioni e la SIRS, il dosaggio è economico, facilmente e rapidamente<br />

calcolabile, tuttavia è poco indicativa della gravità del quadro = non correla per la prognosi.<br />

- PROCALCITONINA = è specifica per le infezioni (specialmente per sepsi severe e shock settico), meno<br />

per la SIRS, è un indice precoce, ma il suo dosaggio è molto costoso.<br />

- CITOCHINE = è l’esame di laboratorio più sensibile, ma il loro dosaggio è molto costoso, di<br />

appannaggio della terapia intensiva.<br />

TERAPIA<br />

Eradicare il focolaio settico chirurgicamente, eseguire un’appropriata toilette delle raccolte ascessuali (a<br />

volte è possibile già con la sola radiologia interventistica).<br />

Intervenire chirurgicamente per riparare eventuali visceri perforati.<br />

Prevenire le conseguenze sistemiche dell’azione dei patogeni, dei loro prodotti (ANTIBIOTICI) e dei<br />

mediatori della flogosi (in futuro sarà possibile usufruire di farmaci in grado di ostacolare direttamente il<br />

danno prodotto dai mediatori umorali batterici e infiammatori = anticorpi anti-endotossina, antimediatori,<br />

antagonisti dei recettori per le IL).<br />

INFEZIONE BATTERICA e ANTIBIOTICO-TERAPIA<br />

Quando l’infezione è manifesta si procede con la terapia antibiotica:<br />

- empirica inizialmente, con farmaci ad ampio spettro e spesso polifarmaceutica;<br />

- mirata quando gli esami culturali positivi hanno dato indicazione sul tipo di patogeno e sulle sue<br />

caratteristiche di resistenza e sensibilità ai farmaci, si va via via smontando quelli ad ampio spettro e<br />

mantenendo la terapia specifica per il germe individuato.<br />

È essenziale determinare un’adeguata posologia: DOSAGGIO (considerando le caratteristiche individuali<br />

del paziente) e VIA DI SOMMINISTRAZIONE.<br />

Controllare omeostasi metabolica, cardiocircolatoria e respiratoria:<br />

- MANTENERE L’ADEGUATO VOLUME EMATICO = reintegrare la volemia (fluido terapia);<br />

- SOSTENERE LA FUNZIONE CARDIACA per mantenere la disponibilità di ossigeno ai tessuti = farmaci<br />

inotropi positivi come la digitale, dopamina, dobutamina);<br />

- CORREZIONE DELL’IPERCATABOLISMO;<br />

- CONTROLLARE LO STATO NUTRIZIONALE = nutrizione parenterale totale con devices eterni (il rischio<br />

di questi devices è che possono essere forieri di ulteriori infezioni), nutrizione enterale tramite<br />

sondino naso-gastrico o digiunostomia (incisione chirurgica) che permettono di sfruttare la via<br />

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Fisiopatologia clinica e patologia chirurgica d’organo e d’apparato PARTE I<br />

Ghirardo, David, Degrassi<br />

naturale e così mantenere il trofismo intestinale (minore è il rischio si sovra infezioni, riduce la<br />

probabilità di TRASLOCAZIONE BATTERICA);<br />

- CORREGGERE L’ACIDOSI;<br />

- SOSTENERE LA VENTILAZIONE = O₂ terapia, fisiochinesiterapia, ventilazione meccanica);<br />

- SOSTENERE LA FUNZIONALITÀ RENALE = diuretici, dialisi CVVH (dialisi con l’obiettivo anche di filtrare<br />

i mediatori umorali che sono stati prodotti in quantità dannose per circoscrivere la risposta<br />

infiammatoria);<br />

- CORREGGERE L’EVENTUALE COAGULOPATIA.<br />

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Fisiopatologia clinica e patologia chirurgica d’organo e d’apparato PARTE I<br />

Ghirardo, David, Degrassi<br />

LE FERITE<br />

DEFINIZIONE: sono soluzioni di continuo dei tessuti provocate da agenti lesivi ESTERNI.<br />

CLASSIFICAZIONI<br />

ABRASIONE O ESCORIAZIONE = è una soluzione di continuo che interessa gli strati più superficiali della<br />

cute, derma superficiale e epidermide, tale lesione guarisce con una restituzione “ad intergrum”<br />

formando una crosta che infine desquama senza lasciare una cicatrice.<br />

CLASSIFICAZONE ANATOMOPATOLOGICA<br />

NON PERFORANTI<br />

o Superficiali: coinvolgono cute e sotto cute.<br />

o Profonde: coinvolgono fasce muscolari e strutture sotto fasciali.<br />

PERFORANTI: danno continuità con una cavità naturale (pleurica, peritoneale, pericardio) ledendo<br />

così la sierosa che la riveste (pleura, pericardio o peritoneo parietali) =<br />

o penetranti;<br />

o trapassanti (trapassa da parte a parte la cavità che ha perforato);<br />

o transfosse (perfora anche un viscere contenuto nella cavità).<br />

Le ferite traumatiche si possono ulteriormente distinguere in:<br />

NON PENETRANTI =<br />

o dirette;<br />

o da contraccolpo (decelerazione: cadute, schiacciamento, esplosioni, ecc.);<br />

PENETRANTI =<br />

o bassa velocità;<br />

o media velocità;<br />

o alta velocità (scoppio).<br />

CLASSIFICAZIONE IN BASE ALL’AGENTE VULNERANTE<br />

DA ARMA BIANCA =<br />

o da taglio (lineari);<br />

o da punta (la forma ripete in sezione quella dell'agente lesivo).<br />

DA CONTUSIONE.<br />

DA ARMA DA FUOCO.<br />

CLASSIFICAZIONE CLINICA<br />

FERITE LINEARI: bordi netti, regolari e continui senza segni di sofferenza tissutale, avvicinabili =<br />

cicatrice ottima.<br />

FERITE CONTUSE: margini ecchimotici (i vasi sono stati lesi) sofferenti, ischemici, la guarigione della<br />

ferita è compromessa.<br />

FERITE LACERE: margini variamente conformati e irregolari.<br />

FERITE LACEROCONTUSE: margini irregolari e ischemici.<br />

DA ARMA BIANCA<br />

FERITE DA PUNTA<br />

Chiodi, aghi, ecc. = presenza di un FORO che comunica con l’esterno, non da la possibilità di definire a priori<br />

il livello di profondità perché il fondo non è visibile; la forma ripete in sezione la forma dell’agente<br />

vulnerante, anche se (soprattutto a livello cutaneo) per un immediato tamponamento della ferita, dovuto<br />

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Fisiopatologia clinica e patologia chirurgica d’organo e d’apparato PARTE I<br />

Ghirardo, David, Degrassi<br />

alla vasocostrizione, le dimensioni e la forma della ferita si retraggono. Si suddividono in:<br />

o NON PERFORANTI (FONDO CHIUSO)<br />

SUPERFICIALE ortogonale.<br />

SUPERFICIALE tangenziale = semi-canale o “a doccia”.<br />

PROFONDA.<br />

o PERFORANTE (FONDO APERTO)<br />

TRAPASSANTE.<br />

PENETRANTE.<br />

TRANSFOSSA.<br />

MAI RIMUOVERE AVVENTATAMENTE IL CORPO CONTUNEDENTE DA UNA FERITA PERCHÉ ESSO PUÒ<br />

ESERCITARE UNA FUNZIONE DI EMOSTASI SULLA FERITA STESSA.<br />

FERITE DA TAGLIO<br />

Coltelli, rasoi, bisturi, vetri, ecc. = soluzione di continuo lineare. Si distinguono in:<br />

O INCISIONE<br />

superficiale;<br />

profonda semplice;<br />

profonda penetrante;<br />

O ESCISSIONE<br />

parziale (viene a crearsi un lembo);<br />

completa (c’è perdita di sostanza).<br />

NOTA BENE: se c’è perdita di sostanze allora i lembi della ferita non sono adiacenti e nel allinearsi viene<br />

esercitata una tensione su di essi, la cicatrice risulterà più complicata, specie se la ferita è profonda, può<br />

essere necessario confezionare un lembo o un innesto.<br />

FERITE DA CONTUSIONE<br />

IMPATTO TANGENZIALE (strappamento) che provoca una lacerazione:<br />

o superficiale (escoriazione);<br />

o profonda = ferita lacero contusa (es. morso di cane = ferita contaminata).<br />

IMPATTO ORTOGONALE (schiacciamento) che provoca una fessurazione:<br />

o interna (es. frattura ossea);<br />

o esterna (es. frattura ossa esposta).<br />

ARMA DA FUOCO<br />

Sono caratterizzate da:<br />

• un foro d'entrata (margini introflessi, più piccolo del foro d’uscita, hanno un orletto nerastro se è un<br />

colpo sparato da brevissima distanza, “a bruciapelo”);<br />

• un foro d'uscita, NON SEMPRE PRESENTE (più grande del foro d’entrata, con margini irregolari ed<br />

estroflessi);<br />

• “scoppio” dei tessuti circostanti.<br />

ENTITÀ DELLA PENETRAZIONE nel contesto degli organi e dei tessuti - CAVITAZIONE<br />

È l’effetto dello scambio energetico tra il proiettile e i tessuti: dipende da dove impatta (superficie, densità<br />

del tessuto,) e dalla forza viva = forza cinetica = carica esplosiva + forma + distanza. Minore è densità del<br />

tessuto che viene attraversato, maggiori sono i danni recati dal proiettile (es. tessuti fragili come l’encefalo a<br />

consistenza semisolida).<br />

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Fisiopatologia clinica e patologia chirurgica d’organo e d’apparato PARTE I<br />

Ghirardo, David, Degrassi<br />

CARICA ESPLOSIVA<br />

• ALTA velocità = 800 – 1000 m/s;<br />

• MEDIA velocità = 350 – 800 m/s;<br />

• BASSA velocità = 159-350 m/s; le ferite da arma da fuoco a bassa velocità sono simili negli effetti a<br />

quelle da arma bianca (il danno si limita ai tessuti attraversati, il proiettile potrebbe essere deviato<br />

nel suo momento d’impatto, per esempio dalla gabbia toracica, in questo caso si potrebbe avere un<br />

foro d’entrata ed un foro di uscita, ma non la perforazione.<br />

TIPO DI PROIETTO<br />

• proiettile (cambia il tipo e l’entità della ferita in base alla FOGGIA DEL PROIETTILE = foderati,<br />

incamiciati, con teflon, cavi, da fucile);<br />

• schegge di bombe , granate, mine, ecc.<br />

DISTANZA da cui viene sparato il proietto (maggiore è la distanza, maggiore sarà la perdita di velocità e<br />

quindi di energia cinetica all’impatto, quindi il proietto trasferisce meno energia ai tessuti).<br />

TIPI DI FERITA DA ARMA DA FUOCO – CLASSIFICAZIONE<br />

DI STRISCIO O “A SEMICANALE” = ferita a doccia, superficiale, colpo tangenziale rispetto alla superficie lesa.<br />

A SETONE = di striscio, ma ha formato comunque un canale (foro d’entrata + canale + foro d’uscita).<br />

A FONDO CIECO = il proietto non ha la forza sufficiente a uscire, viene ritenuto, tende a creare una reazione<br />

granulomatosa da corpo estraneo (es. fegato - incidenti di caccia); qualora vi sia una quantità di piombo tale<br />

da poter determinare un intossicazione o il proiettile si porti con se del materiale estraneo causando<br />

infezioni è essenziale procedere alla rimozione; si lascia in sede se l'intervento di asportazione prevede<br />

problematiche di carattere demolitivo (lobectomia epatica, rimozione di organi), il rischio di ledere porzioni<br />

“nobili”, oppure se l'intervento di rimozione risulti troppo lungo o troppo rischioso considerando le<br />

condizioni del paziente (il rischio maggiore è la probabilità di infezione della ferita chirurgica).<br />

TRAPASSANTI = due fori e un tramite, può verificarsi la deviazione del tramite.<br />

DA SCOPPIO.<br />

COMPLICANZE DELLE FERITE DA ARMA DA FUOCO<br />

Contaminazione e infezione favorite dalla presenza di materiale estraneo, le ferite lacerocontuse<br />

possono andare incontro a mionecrosi da anaerobi (es. batteri anaerobi come i clostridi).<br />

Intossicazione da piombo se c'è una quantità sufficiente.<br />

GUARIGIONE DELLE FERITE – PROCESSO DI RIPARAZIONE<br />

SANGUINAMENTO<br />

FORMAZIONE DEL COAGULO<br />

Formazione di rete di fibrina, piastrine, globuli rossi.<br />

Emostasi.<br />

Rilascio di citochine infiammatorie e fattori di crescita.<br />

Retrazione del coagulo → avvicinamento dei margini cutanei.<br />

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Fisiopatologia clinica e patologia chirurgica d’organo e d’apparato PARTE I<br />

Ghirardo, David, Degrassi<br />

FASE INFIAMMATORIA<br />

[molto breve nelle ferite chirurgiche perché sono pulite con bordi lineari e ben vascolarizzati]<br />

L’infiammazione stimola l’attivazione delle mastcellule, la migrazione leucocitaria, in particolare<br />

monociti-macrofagi → pulizia della ferita dagli agenti esterni, dalla fibrina e dai detriti cellulari.<br />

Stimola la secrezione di fattori di crescita per le cellule endoteliali (neoangiogenesi) e per i fibroblasti (a<br />

partire dalla prima ora).<br />

FASE PROLIFERATIVA O DI GRANULAZIONE (2° – 3 ° GIORNATA)<br />

Creazione del tessuto di granulazione, scarsamente differenziato, riccamente irrorato e facilmente<br />

sanguinante, costituito essenzialmente da:<br />

o fibroblasti (staminali multipotenti) che penetrano nel coagulo di fibrina, si differenziano in<br />

miofibroblasti; sono sempre i fibroblasti a elaborare la matrice extracellulare costituita da =<br />

sostanza amorfa = acido ialuronico e GAG;<br />

componente fibrillare = procollagene → tropocollagene → miofibrille → fibrille di collagene;<br />

o nuovi capillari ematici e linfatici =<br />

da frammentazione delle membrane basali dei vasi ai bordi della ferita;<br />

neoformati, con relativi periciti, sono frutto dell’angiogenesi stimolata dall’afflusso di O₂ e di<br />

fattori trofici: i precursori delle cellule endoteliali si dispongono nella rete di fibrina in un primo<br />

momento, si organizzano in bottoni e poi in cordoni, infine danno luogo ai capillari sanguigni e<br />

linfatici.<br />

vanno incontro a regressione spontanea in 2 – 3 giorni.<br />

Formazione della crosta protettiva del tessuto di granulazione (cellule necrotiche e fibrina).<br />

FASE DI RIEPITELIALIZZAZIONE<br />

Si sovrappone alla precedente ed è data dalla migrazione delle cellule epiteliali dai margini della ferita con<br />

formazione di ponti cellulari → accostando i margini si favorisce questo processo rispetto a quello di crescita<br />

dei fibroblasti (poiché quest’ultimo è soggetto ad inibizione da contatto) con conseguente riduzione delle<br />

dimensioni della cicatrice (in questa fase c'è la “restitutio ad integrum” nel caso delle escoriazioni).<br />

FASE DI RIMODELLAMENTO = CICATRIZZAZIONE PROPRIAMENTE DETTA<br />

Avviene il rimaneggiamento del collagene (la durata dipende dalla gravità della ferita e dal tipo di<br />

guarigione, di prima, seconda o terza intenzione, varia da poche settimane a molti mesi); è caratterizzata da<br />

un aumento del collagene, con riduzione di fibroblasti e capillari. Hanno luogo due fenomeni:<br />

la CONTRAZIONE della cicatrice intorno alla 12° giornata data dai miofibroblasti;<br />

la RETRAZIONE data dall'aggregamento delle fibrille → aumento di spessore.<br />

Si genera la cicatrice definitiva costituita da tessuto connettivale poco irrorato e poco innervato, anelastico,<br />

con successiva produzione di collagene di tipo maggiormente elastico; la cicatrice è caratterizzata da<br />

sempre maggior solidità e dall'aumento in spessore dati dalla differenziazione dei fibroblasti in<br />

miofibroblasti e dall'aggregazione di fibrille, tuttavia non raggiunge mai la resistenza della cute integra.<br />

FATTORI CHE CONDIZIONANO LA GUARIGIONE DELLA FERITA<br />

ESOGENI<br />

MALNUTRIZIONE (denutrizione → carenza energetica e amminoacidica // obesità → stato flogistico).<br />

INFEZIONI → mai chiudere una ferita senza prima detergere, disinfettare e indurre il processo<br />

infiammatorio = è necessario aspettare che si formi la granulazione ( = guarigione di seconda<br />

intenzione).<br />

LA PRESENZA DI CORPI ESTRANEI.<br />

COMPRESSIONI ECCESSIVE.<br />

TRAZIONI ECCESSIVE.<br />

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Fisiopatologia clinica e patologia chirurgica d’organo e d’apparato PARTE I<br />

Ghirardo, David, Degrassi<br />

IRRADIAZIONE.<br />

IMMUNOSOPPRESSIONE ( terapie con cortisone).<br />

TRAUMI ASSOCIATI.<br />

MARGINI = CARATTERISTICHE (vascolarizzazione e regolarità) E QUALITÀ DELL’AFFRONTAMENTO.<br />

ENDOGENI<br />

IPOSSIA E IPOVOLEMIA.<br />

TURBE METABOLICHE (diabete).<br />

MALATTIE CUTANEE (es. psoriasi = è consigliabile aspettare il passaggio della fase florida).<br />

ANASTOMOSI CHIRURGICHE DI FERITE INTESTINALI<br />

La fase di latenza dura fino al 4° giorno, quando si ripristinano i villi e le cripte della mucosa. È necessario<br />

aspettare 8 – 9 giorni per determinare se l’anastomosi è sicura poiché la fistolizzazione, se si verifica,<br />

avviene in genere intorno alla 7° giornata = nell’ambito della fase proliferativa che è la fase di minor tenuta<br />

meccanica e che dura in questo caso dal 5° al 20° giorno (nella quale hanno luogo la neoangiogenesi, la<br />

produzione di fibre di collagene, di fasci di muscolatura liscia e la rigenerazione assonica dei neuroni del<br />

plesso mioenterico che innervavano tale porzione).<br />

Nel produrre un’anastomosi bisogna considerare la congruità dei lumi = margini devono essere abboccati<br />

correttamente, bisogna verificare la vascolarizzazione ed evitare tensioni eccessive. Impedimenti<br />

all'anastomosi sono contaminazione batterica, il traumatismo e la presenza di materiale estraneo irritante.<br />

CLASSIFICAZIONE DELLA GUARIGIONE SECONDO LE TRE INTENZIONI<br />

1° INTENZIONE<br />

Avviene per ferite con i bordi netti e vicini (senza dunque perdita di sostanza o con perdita di sostanza<br />

minima), non in trazione, avvicinabili nella maniera più precisa possibile, (le suture intradermiche non sono<br />

necessarie), le ferite sono pulite senza contaminazione e prive di raccolte (sangue, pus, siero).<br />

2°INTENZIONE<br />

Il processo di guarigione è tanto più lento quanto sono intensi i fenomeni di essudazione, la complicanza<br />

della permanenza dell'essudato consiste nella formazione di un tessuto di granulazione ipertrofico →<br />

cicatrice ipertrofica; il tessuto di granulazione riempie la perdita si sostanza verso l’alto fino a raggiungere<br />

l’epidermide (ostacolando la formazione dei ponti epiteliali che sono più lenti a formarsi a causa delle<br />

condizioni dei margini) → si forma una piaga = una soluzione di continuo persistente che tende però<br />

lentamente a guarigione spontanea.<br />

Bisogna mantenere il tessuto di granulazione facilmente sanguinabile eliminando la fibrina e l’essudato<br />

favorendo così la neoangiogenesi = guarigione per 2° intenzione. Si possono effettuare dei trattamenti per<br />

lesione traumatiche (es. la compressione).<br />

3° INTENZIONE<br />

Accelerazione della guarigione grazie ad intervento medico su di una 2° intenzione =<br />

avvicinare i margini dopo adeguata detersione (ove necessario eseguire un accurato debreedment), se<br />

possibile e se i margini sono ben vascolarizzati;<br />

se non è possibile allora si può coprire la perdita di soluzione con innesto dermo-epidermico (0,20 – 0,40<br />

mm, l’area donatrice generalmente è la superficie volare della coscia → escoriazione→ crosta →<br />

“restitutio ad integrum”).<br />

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Fisiopatologia clinica e patologia chirurgica d’organo e d’apparato PARTE I<br />

Ghirardo, David, Degrassi<br />

ULCERE<br />

Soluzioni di continuo che non tendono alla guarigione, possono essere dovute ad una carenza di<br />

vascolarizzazione locale (arteriopatie, flebopatie), o alla persistenza della noxa (ulcere gastroduodenali), o a<br />

deficienze dei meccanismi di riparazione.<br />

PIAGHE DA DECUBITO<br />

Ulcere cutanee che si formano in corrispondenza di un sottocute scarso o sottoposto a compressione<br />

eccessiva, poggiano spesso sul piano osseo, sono caratterizzate da un fondo di tessuto di granulazione<br />

abbondante e che non guarisce; promosse da condizioni quali paraplegia, allettamento = l’immobilità<br />

comporta il ristagno delle liquidi organici e di conseguenza un alto rischio di sovra-infezioni batteriche;<br />

un’efficace prevenzione può far sì che si risolvano.<br />

ESAME CLINICO<br />

ANAMENSI = tipo e modalità del trauma.<br />

ESAME OBBIETTIVO<br />

Ricerca lesioni:<br />

• cutanee (vitalità dei lembi);<br />

• vascolari, entità e natura dell'emorragia (palpazione dei polsi omo- e controlaterali , termotatto);<br />

• nervose;<br />

• muscolari;<br />

• tendinee;<br />

• ossee.<br />

Ricercare sempre la presenza di corpi estranei.<br />

FERITA COMPLESSA – TRATTTAMENTO<br />

Proteggere dall’ambiente esterno = medicare con bendaggio modicamente compressivo (favorendo<br />

emostasi locale).<br />

Emostasi dei vasi arteriosi maggiori = si effettua mediante medicazione a compressione maggiore o<br />

anche mediante la compressione manuale, l’uso di un laccio apposito o del bracciale dello<br />

sfingomanometro (la compressione va intervallata a rilasci periodici ogni 11-13 minuti); MAI cercare di<br />

“inseguire” il vaso arterioso che a seguito di rottura si ritrae (specie se al di fuori dalla sala operatoria).<br />

Pulizia o Debreedment = svuotamento a livello profondo della ferita, recitazione dei margini e pulizia<br />

degli strati superficiali; si pratica:<br />

o in anestesia generale o locale per asportare eventuale tessuto necrotico e/o corpi estranei;<br />

o drenando delle raccolte;<br />

o recintando dei margini per renderli regolari;<br />

o lavando con fisiologica sterile o perossido d’idrogeno per ferite non penetranti o lacero contuse<br />

(elimina gli anaerobi), oppure con il betadine chirurgico o liquido Dakin-Carrel (ipoclorito di sodio);<br />

non si usano più i composti alcool-iodati in quanto sono risultati citotossici.<br />

Chiusura =<br />

o immediata se è una 1° intenzione;<br />

o se contaminata o se non è possibile intervenire immediatamente, vanno applicate medicazioni<br />

quotidiane con drenaggio di tutte le raccolte e chiusura successiva = 1° intenzione tardiva (entro 72<br />

h);<br />

o dopo un adeguata toilette chirurgica della ferita, chiusura per 3° intenzione con sutura o innesto.<br />

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Fisiopatologia clinica e patologia chirurgica d’organo e d’apparato PARTE I<br />

Ghirardo, David, Degrassi<br />

La SUTURA si effettua su tessuti:<br />

• non infetti;<br />

• ben vascolarizzati;<br />

• non in tensione (la tensione è sicuramente foriera di una cicatrice scadente sia dal punto di vista<br />

funzionale che estetico, a livello di anastomosi intestinali potrebbe generare fistole);<br />

• con preciso accostamento dei margini (resi regolari);<br />

• a emostasi perfetta perché altrimenti si creerebbero ematomi che poi potrebbero infettarsi (nelle<br />

ferite chirurgiche le infezioni sono più serie se dovute a germi nosocomiali);<br />

• se la ferita è profonda si può chiudere per strati successivi senza lasciare indietro spazi pervi.<br />

Materiale da sutura:<br />

Fili sintetici (un tempo si usavano seta e lino) ed aghi con dimensioni e forma opportune per il tessuto da<br />

suturare e per l'entità della lesione =<br />

aghi a punta tagliente per strutture grosse, a punta rotonda per anastomosi;<br />

filo maneggevole e scorrevole, con una buona tenuta del nodo, ben visibile, non costoso (in chirurgia<br />

cutanea si usano sia fili riassorbibili che non riassorbibili, in chirurgia intestinale si usano fili a<br />

riassorbimento lento, in chirurgia vascolare fili non riassorbibili).<br />

COMPLICANZE DELLE FERITE E DEL LORO TRATTAMENTO<br />

IMMEDIATE<br />

Ematoma = più o meno importante, può espandersi e infettarsi, si può intervenire bloccando l’emorragia<br />

e suturando immediatamente dopo; in caso si riapre la ferita, la si svuota drenando l’ematoma, si pratica<br />

l’emostasi e si richiude.<br />

Infezione =<br />

o può essere superficiale o profonda (coinvolgere muscoli, fasce, organi o cavità);<br />

o nelle ferite fatte guarire per 1°intenzione, se si verifica, si manifesta generalmente dopo 7 – 8 giorni;<br />

o si manifesta con i segni locali della flogosi, segni sistemici quali febbre e leucocitosi, la cicatrice libera<br />

PUS se compressa (infezione da cocchi piogeni o germi intestinali);<br />

o per limitare il rischio di infezioni si cerca di eseguire l'intervento il più velocemente possibile, si<br />

effettua una profilassi antibiotica, durante gli interventi in cui si incide l’addome si usano dei cerchi<br />

protettivi di plastica da porre sulla laparotomia isolandola dal resto;<br />

o l’infezione di una cicatrice chirurgica si tratta con apertura dei punti, lavaggio e drenaggio, guarigione<br />

per 2° o 3° intenzione.<br />

Deiscenza = il cedimento della chiusura chirurgica della ferita può portare a vere e proprie<br />

EVISCERAZIONI per cui bisogna riportare immediatamente il paziente in sala operatoria; si differenzia<br />

dalla laparocele, dove il viscere si insinua cronicamente in una sacca erniaria che fuoriesce attraverso<br />

una breccia nella fascia muscolare, ma non provoca il cedimento della sutura.<br />

TARDIVE<br />

Cicatrici ipertrofiche = vanno incontro a regressione spontanea generalmente, si presentano rossastre,<br />

dolenti, rilevate, ma comunque circoscritte.<br />

Cheloidi = depositi di grande quantità di collagene e sostanza amorfa, non regrediscono e sono più ampi<br />

della ferita originaria, dovuti alla tensione locale, a fattori intrinseci del paziente (es. alterazioni del<br />

connettivo); più frequenti nella razza nera; possono essere causa di problemi funzionali se si formano in<br />

sedi in cui impediscono i movimenti come gomito e fossa poplitea; si cerca di rimuoverli il più<br />

velocemente possibile.<br />

Laparoceli.<br />

7


Fisiopatologia clinica e patologia chirurgica d’organo e d’apparato PARTE I<br />

Ghirardo, David, Degrassi<br />

CLASSIFICAZIONE DEGLI INTERVENTI CHIRURGICI<br />

Gli interventi chirurgici si classificano sulla base della presunta contaminazione del campo operatorio:<br />

PULITI, si presume non ci sia contaminazione del campo =<br />

o mammella;<br />

o tiroide e paratoroide;<br />

o chirurgia plastica della parete addominale, con o senza posizionamento di rete;<br />

o chirurgia vascolare, a meno che non ci sia un bypass su tessuto gangrenoso;<br />

o cardiochirurgia;<br />

o neurochirurgia;<br />

o interventi ortopedici di elezione, soprattutto legamenti e protesi;<br />

il livello atteso di infezione è inferiore al 3%, le ferite guariscono in modo completo e senza complicanze<br />

nella maggioranza dei casi;<br />

PULITI CONTAMINATI, viene aperto un viscere che non presenta una elevata carica batterica =<br />

o isterectomie;<br />

o colecistectomie;<br />

o interventi sulle vie urinarie;<br />

o interventi su stomaco e duodeno;<br />

aumenta il livello atteso, ma non supera il 6-7%;<br />

CONTAMINATI, si apre un viscere intestinale = tenue e crasso, in particolare il colon dove la carica<br />

batterica è molto elevata; si eseguono delle procedure di profilassi antibiotiche preoperatorie, il livello<br />

atteso di contaminazione è del 10 – 15 %;<br />

SPORCHI INFETTI =<br />

o peritoniti da perforazione (es. con riversamento nella cavità peritoneale di liquido endoluminale o<br />

bile);<br />

o drenaggio di empiema pleurico;<br />

o trattamento di frattura esposta di femore.<br />

Nei primi tre tipi di intervento si esegue una profilassi, immediatamente e in un sola dose non ripetibile.<br />

Nell'intervento sporco infetto chiaramente non ha senso, si esegue direttamente una terapia antibiotica,<br />

non una profilassi.<br />

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Fisiopatologia clinica e patologia chirurgica d’organo e d’apparato PARTE I<br />

Ghirardo, David, Degrassi<br />

LA SOLIDIFICAZIONE<br />

Si definisce come l’assembramento di un determinato contenuto all’interno di un lume; può verificarsi:<br />

nei distretti vascolari = TROMBOSI venosa e arteriosa;<br />

nel lume intestinale (essenzialmente nel colon) = alterazione della coprosintesi – ESSICAZIONE<br />

SETTORIALE (formazione di coproliti o fecalomi);<br />

in un dotto ghiandolare escretore = litiasi - PRECIPITAZIONE di soluti (calcoli renali, della colecisti, del<br />

pancreas, delle ghiandole salivari maggiori).<br />

AZIONE OSTRUTTIVA<br />

AZIONE TRAUMATICA<br />

TROMBOSI<br />

Sono formazione reversibili (attivazione della fibrinolisi e contrazione del trombo), regredendo permettono<br />

la ricanalizzazione del vaso, ma causano inevitabilmente una lesione della struttura di parete.<br />

Possono essere mobili = EMBOLIA.<br />

LITIASI<br />

Formazione accidentale in un sistema duttale escretore ghiandolare di una concrezione solida, insolubile<br />

ed irreversibile (calcolo) variabile in numero, volume e composizione. La litiasi è irreversibile nel 90 % dei<br />

casi, i calcoli che si sono formati non vanno più incontro a disfacimento. Si originano per precipitazione<br />

degli elementi costituenti il normale soluto del liquido secretivo ghiandolare.<br />

PATOGENESI:<br />

è una precipitazione spontanea di eccedenza di soluto (ipersaturazione) dovuta a:<br />

- iperproduzione di soluti;<br />

- alterazione soluto/solvente per mancanza di solvente;<br />

alterato l’equilibrio dei vari componenti soluti = alterazione chimico-fisica delle secrezioni (es. calcoli<br />

biliari = discrepanza nel rapporto dei vari costituenti della bile);<br />

stasi.<br />

Fanno eccezione i calcoli puri di colesterolo (1 – 2 % dei calcoli biliari); questo tipo di calcolo può andare<br />

incontro a dissolvenza, restitutio ad integrum, purché:<br />

i calcoli singoli;<br />

di piccole dimensioni, inferiori ad 1 cm;<br />

è necessaria la certezza che sia un calcolo di colesterolo puro per decidere di non intervenire.<br />

I calcoli possono essere dotati di mobilità e spostarsi dalla sede di formazione (dalla colecisti al coledoco,<br />

dal bacinetto renale all’uretere).<br />

EVOLUZIONE e COMPLICANZE dei calcoli<br />

I calcoli generano localmente a dove si posizionano una sindrome irritativa della parete del lume (es.<br />

trauma parietale delle vie urinarie = microematuria).<br />

Posso andare a ostruire il lume del viscere, l’ostruzione può interessare la sede primitiva (es. ostruzione<br />

dell’infundibulo della colecisti) oppure una sede secondaria dove il calcolo è migrato (es. coledoco-litiasi);<br />

1


Fisiopatologia clinica e patologia chirurgica d’organo e d’apparato PARTE I<br />

Ghirardo, David, Degrassi<br />

un calcolo che ostruisce il lume di un viscere genera una tipica sintomatologia dolorifica = dolore tipo<br />

colica, insorge improvvisamente, raggiunge un acme, ha determinate localizzazione, scende per crisi.<br />

Alla stenosi fa seguito dilatazione (ectasia) a monte, stasi del materiale contenuto del viscere ed<br />

eventualmente virulentazione batterica (se materiale infetto); la distensione di un viscere genera un<br />

dolore gravativo (segue generalmente la colica) ad esordio non improvviso, persistente.<br />

QUADRO CLINICO<br />

OSTRUZIONE<br />

ECTASIA<br />

DUTTALE<br />

TRAUMA<br />

PARIETALE<br />

INFEZIONE<br />

LUMINALE<br />

DANNO<br />

PARENCHIMALE***<br />

SINTOMO<br />

DOMINANTE<br />

DOLORE<br />

EMORRAGIA<br />

ESTERNA<br />

FEBBRE SETTICA<br />

INSUFFICIENZA<br />

GHIANDOLARE<br />

CALCOLO MOBILE<br />

E STENOSI ACUTA<br />

TIPO COLICA<br />

(TRANSITORIO)<br />

EMORRAGIA<br />

OCCULTA<br />

ACUTA TRANSITORIA<br />

CALCOLO FISSO E<br />

STENOSI CRONICA<br />

TIPO REPLETIVO<br />

(PERMANENTE)<br />

- CRONICA<br />

PERMANENTE<br />

(IRREVERSIBILE)<br />

*** es. dilatazione delle vie biliari intraepatiche per aumentata pressione interna (coledocolitiasi)<br />

Es. incuneamento del calcolo nel dotto cistico = dolere tipo colica, colecistite, idrope o empiema della<br />

colecisti.<br />

Es. migrazione nel coledoco di un calcolo della colecisti = coledoco-litiasi:<br />

colangite - triade di Charcot: febbre 39° – 40° con brivido e senso di prostrazione – biliosettica =<br />

passaggio di germi nel sangue – ittero post epatico con iperbilirubinemia (prevalenza di bilirubina<br />

coniugata) e dolore tipo colica localizzato in ipocondrio destro.<br />

Es. Ureteroidronefrosi = ectasia duttale, distensione dell’uretere e del bacinetto.<br />

CALCOLOSI BILIARE<br />

Nel 90 % dei casi la calcolosi coinvolge la via biliare accessoria = calcoli della colecisti (esistono alcuni rari<br />

casi in cui si ha calcolosi primitiva della via biliare principale o delle vie biliari intraepatiche). I principali<br />

fattori scatenanti sono:<br />

la stasi biliare;<br />

l’alterazione degli equilibri fisico-chimici fra le componenti della bile = bile litogena<br />

o fosfolipidi emulsionanti del colesterolo (lecitina);<br />

o pigmenti e sali biliari;<br />

o acidi grassi;<br />

o colesterolo;<br />

infezione (presenza di un nucleo litogeno eterologo costituito da detriti di desquamazione della mucosa<br />

della colecisti).<br />

Il Triangolo di Admirand-Small è un grafico che mette in relazione le concentrazioni nella bile di sali biliari,<br />

lecitina e colesterolo esprimendo in quale condizioni (rapporti di concentrazione fra i vari componenti) si<br />

verifica una sovra saturazione della bile e aumenta il rischio di litogenesi.<br />

Nucleazione litogena<br />

La genesi di un calcolo inizia con la formazione di nuclei litogeni (cristalli di colesterolo mono-idrato) = corpi<br />

solidi con azione elettrochimica di attrazione sulla sospensione microcristallina. L’accrescimento del calcolo<br />

è dato dalla progressiva deposizione di materiale attorno al nucleo litogeno.<br />

Nucleo litogeno omologo: microcristalli = calcoli puri (colesterolo, bilirubinato di calcio);<br />

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Fisiopatologia clinica e patologia chirurgica d’organo e d’apparato PARTE I<br />

Ghirardo, David, Degrassi<br />

Nucleo litogeno eterologo: frustoli di muco, cellule parietali desquamate, corpi estranei esogeni = calcoli<br />

misti.<br />

La giustificazione del razionale nell’indicazione a togliere la colecisti nei pazienti che presentano calcoli<br />

risiede nel fatto che la litogenesi è favorita da alterazioni intrinseche dell’organo; rimuovere semplicemente<br />

il calcolo non è sufficiente in quanto con alta probabilità se ne formeranno di nuovi; inoltre la presenza<br />

stessa di calcoli, se pur asintomatici, promuove la degenerazione fibrosa della colecisti e quindi l’aumento<br />

del rischio di calcolosi (la colecistectomia è un intervento a basso rischio e minimamente invalidante).<br />

I DIVERSI TIPI DI CALCOLI BILIARI:<br />

calcoli di colesterolo puro;<br />

calcoli di pigmento;<br />

calcoli misti (colesterolo, bilirubina e calcio);<br />

sabbia biliare.<br />

ALTERAZIONE DELLA COPROSINTESI<br />

Due sono gli esiti di un’alterazione della coprosintesi, ciascuno caratterizzato da peculiari meccanismi<br />

patogenetici:<br />

fecaloma (reversibile, dotato di mobilità);<br />

il coprolita (irreversibile, immobile).<br />

Entrambi provocano:<br />

una sindrome irritativa della parete del viscere nella sede dove si localizzano;<br />

un’ostruzione;<br />

dilatazione del viscere a monte (ectasia);<br />

stasi del materiale a monte dell’ostruzione;<br />

virulentazione batterica del contenuto del lume (stasi di materiale contaminato).<br />

Si formano nell’intestino crasso, prevalentemente nel sigma a seguito di un progressivo e settoriale<br />

essiccamento del materiale fecale ivi contenuto (la funzione del colon, e del sigma seppur in misura minore,<br />

è quella di riassorbire acqua e sali promuovendo la coprosintesi) = essiccamento settoriale di materiale in<br />

stasi.<br />

Fecaloma – essiccamento relativo = enterico<br />

Si formano con maggior frequenza nei distretti colici di sinistra, specialmente se allungati (dolicosigma =<br />

sede eterotopica), in pazienti che presentano transito intestinale rallentato. La stasi del materiale<br />

intestinale è frequente specialmente nei pazienti anziani:<br />

che bevono poco perché meno sensibili allo stimolo della sete e sono quindi a rischio di disidratazione<br />

(assorbono molta acqua dall’intestino);<br />

che si mobilizzano poco (allettati) – non necessariamente.<br />

Un fecaloma è la più frequente causa di ingresso al pronto soccorso tra quelle che simulano un’occlusione<br />

intestinale, ma il fecaloma non induce una vera occlusione intestinale perché l’ostacolo al transito è<br />

reversibile, mentre nell’occlusione vera è irreversibile.<br />

Il fecaloma:<br />

occlude il lume intestinale;<br />

comprime e irrita la mucosa = si verifica l’infiammazione della mucosa dovuta al contatto persistente<br />

con edema e essudazione.<br />

Il fecaloma è reversibile proprio per il fatto che la reazione infiammatoria promuove l’essudazione della<br />

mucosa, il passaggio di liquidi nel lume intestinale re-idrata il fecaloma (l’essiccamento è reversibile). Come<br />

conseguenza della trasudazione si ha diarrea spuria = il materiale fecale diluito filtra nelle piccole fessure<br />

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Fisiopatologia clinica e patologia chirurgica d’organo e d’apparato PARTE I<br />

Ghirardo, David, Degrassi<br />

che grazie all’idratazione del fecaloma di formano tra esso e la parete del viscere, è una parziale<br />

ricanalizzazione, ma l’ostacolo al transito persiste.<br />

Il medico deve intervenire promuovendo la reidratazione del fecaloma. Per trattare un fecaloma è<br />

necessario assicurarsi che non sia presente una stenosi a valle che ne ha favorito la formazione.<br />

L’educazione del paziente riveste un ruolo importante.<br />

Coprolita – essiccamento assoluto = para-enterico<br />

Si formano con maggior frequenza:<br />

in sede isotopica =<br />

- nell’appendice vermiforme;<br />

- nel sigma;<br />

in sede eterotopica = all’interno di un diverticolo del colon (che si ritrovano prevalentemente nel sigma,<br />

estroflessioni di mucosa e sotto mucosa all’esterno della parete del viscere, chiuse da un colletto di fibre<br />

di competenza della tonaca muscolare; i diverticoli del colon hanno un colletto molto stretto:<br />

1. il materiale si raccoglie al loro interno;<br />

2. ma i diverticoli non riescono a svuotarsi;<br />

3. c’è ristagno del materiale;<br />

4. assorbimento di acqua da parte della mucosa del diverticolo;<br />

5. il materiale si trasforma in una massa duro come la pietra;<br />

la stasi del materiale, lo stimolo irritativo a carico della mucosa del diverticolo e l’aumento di pressione<br />

interna sono i fattori scatenanti le complicanze della diverticolosi (infiammazione, infezione,<br />

emorragia, micro perforazione e perforazioni vere e proprie).<br />

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Fisiopatologia clinica e patologia chirurgica d’organo e d’apparato PARTE I<br />

Ghirardo, David, Degrassi<br />

LE FISTOLE<br />

DEFINIZIONE<br />

La formazione di una fistola è la creazione di un’anomala comunicazione tra due cavità (naturali o<br />

patologiche) o di una cavità con l’esterno; le fistole sono costituite da un tramite compreso tra due orifizi<br />

che consente il passaggio di materiale. Il meccanismo di passaggio è mono o bidirezionale (meccanismo di<br />

valvola → passaggio monodirezionale). Il problema è dato dal passaggio del contenuto.<br />

La valenza clinica dipende:<br />

• dagli organi coinvolti (fistola omologa o eterologa);<br />

• dalla portata (quantitativa) = la quantità di materia che esce attraverso questo tramite (dipende dal<br />

calibro del tramite e dalla pervietà fisiologica degli organi messi in comunicazione);<br />

• dalle caratteristiche qualitative del materiale = capacità lesiva e importanza fisiologica;<br />

• dalla natura del settore dove avviene il deflusso.<br />

Fattori condizionanti la clinica:<br />

la portata;<br />

la potenzialità lesiva del contenuto (es. succo gastro-enterico);<br />

l’importanza del contenuto.<br />

CLASSIFICAZIONE DELLE FISTOLE IN BASE<br />

• alla sede dell'orifizio d'uscita:<br />

o fistole interne = mettono in comunicazione cavità naturali (cavità pleurica, peritoneale, pericardica,<br />

camere cardiache e vasi, visceri), es. fistole entero-enteriche, fistole artero-venose, fistole colonvescicali,<br />

fistole colon-uterine;<br />

o fistole esterne o cutanee = caratterizzate da una cavità patologica ubicata in sede superficiale<br />

attraverso la quale avviene l'espulsione del fluido patologico all'esterno, oppure dalla presenza di un<br />

tramite che mette in comunicazione una cavità naturale o un viscere con l’esterno, es. fistole anali;<br />

• alla natura dei settori comunicanti:<br />

o omologa (arterovenosa);<br />

o eterologa;<br />

• alla natura del percorso:<br />

o diretta o immediata;<br />

o indiretta o mediata;<br />

• all'origine:<br />

o congenita;<br />

o acquisita.<br />

FISTOLE CONGENITE<br />

Possono essere sia interne, sia esterne (***), associate a malformazioni e spesso incompatibili con la vita.<br />

Dovute a:<br />

• una mancata chiusura cavitaria (es. esofago-tracheale, esofago-bronchiale, retto-vaginale, rettouretrale,<br />

cardiache, come il dotto di Botallo o le fistole inter-ventricolari);<br />

• ad una mancata obliterazione tubulare (es. vescico-ombelicale, cervicale-laterale o cervicale-mediana<br />

(***), entero-ombelicale, aorto-polmonare).<br />

***[fistole cervicali da mancata chiusura degli archi brachiali]<br />

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Es. Il diverticolo = FISTOLE INTERNE ACQUISITE<br />

Fisiopatologia clinica e patologia chirurgica d’organo e d’apparato PARTE I<br />

Ghirardo, David, Degrassi<br />

Può causare:<br />

fistola in cavità libera (nel peritoneo → peritonite, se recidivante → fenomeni infiammatori → aderenze<br />

peritoneali);<br />

generazione di vie alternative =<br />

o fistole colon-vescicale (infezioni urinarie con pneumaturia e successivamente fecaluria);<br />

o fistole colon-uterine (raramente perché la parete è spessa – fanno eccezione le fistole neoplastiche);<br />

o fistole con la cavità vaginale (più frequenti, donne isterctomizzate con asportazione dell’utero e<br />

chiusura della vagina).<br />

Es. Calcolo di grandi dimensioni (datato) della colecisti = FISTOLE INTERNE ACQUISITE<br />

Dalla colecisti alla flessura del colon → se il tramite è ampio il calcolo passa e causa il passaggio di<br />

contenuto non sterile dal colon alla colecisti → infezione con colecistite o colangite.<br />

Dalla colecisti alla duodeno → il calcolo passa e procede grazie alla peristalsi, si arresta solitamente nella<br />

valvola ileo-cecale a meno che non si più grande, in qual caso si arresta prossimalmente alla valvola<br />

(oppure, se piccolo, passa anche la valvola) = ileo biliare.<br />

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Fisiopatologia clinica e patologia chirurgica d’organo e d’apparato PARTE I<br />

Ghirardo, David, Degrassi<br />

LE OCCLUSIONI INTESTINALI<br />

L’occlusione intestinale è una sindrome*** caratterizzata dall’arresto completo e persistente del transito<br />

intestinale, con chiusura dell’alvo a feci e gas, può avere insorgenza brusca o progressiva.<br />

È diversa dalla sub-occlusione da coprostasi in quanto quest’ultima tende alla guarigione spontanea, a<br />

meno che il fecaloma non si trovi a monte di una stenosi, in tal caso il suo progredire favorito dalla peristalsi<br />

causerebbe un’occlusione vera e propria.<br />

CLASSIFICAZIONE<br />

L’occlusione può essere:<br />

funzionale o dinamica =<br />

o spastica;<br />

o paralitica;<br />

organica o meccanica =<br />

o da ostruzione (ostacolo);<br />

o da strozzamento.<br />

***[cioè un insieme di sintomi e segni clinici che può essere dovuta a più eziologie]<br />

In base alla localizzazione le occlusioni si distinguono in:<br />

occlusioni alte (tenue, piloro compreso);<br />

occlusioni basse (colon).<br />

OCCLUSIONE SPASTICA – ILEO SPASTICO<br />

La localizzazione è principalmente al tenue, piccoli segmenti di intestino per vari motivi (solitamente<br />

dettati da squilibri elettrochimici di membrana) vanno incontro a iperattività contrattile scoordinata<br />

(contrazione casuale).<br />

Le cause possono essere: ischemia, avitaminosi gravi, porfirie.<br />

è un evenienza molto rara da riscontrare in un paziente, anche perché la gran parte di queste alterazioni<br />

funzionali sono dovute a fenomeni ischemici e hanno una durata molto breve in concomitanza con le<br />

prime fasi dell’ischemia (3 h) a cui fanno seguito l’infarto e la necrosi delle anse coinvolte.<br />

OCCLUSIONE PARALITICA – ILEO PARALITICO<br />

l’ileo paralitico è caratterizzato dalla perdita della capacità contrattile (peristaltica) e del tono da tonaca<br />

muscolare dell’intestino, questo causa la stasi e consente la rapida sovradistensione dell’ansa che è<br />

comunque caratterizzata da integrità anatomica.<br />

Ovviamente la dilatazione con il conseguente assottigliamento delle pareti portano ad una maggior<br />

fragilità e dopo un certo tempo, a causa dell’aumento di pressione o a seguito di traumatismi minimi,<br />

l’ansa può facilmente andare incontro a rottura ed eventualmente provocare una peritonite<br />

(complicanze = es. fessurazioni e perforazioni del cieco).<br />

Spesso la patologia è localizzata in un altro segmento o in un altro distretto, ma causa un’alterazione<br />

della trasmissione degli impulsi nervosi che dovrebbero stimolare l’ansa paralitica.<br />

È un evenienza molto più frequente della precedente.<br />

Entra in diagnosi differenziale con una pseudo-ostruzione = si distingue perché l’arresto è completo e<br />

persistente (nella pseudo-ostruzione l’arresto del transito intestinale è intervallato a fasi di diarrea),<br />

perché non si evidenzia nessun ostacolo anatomico, per le complicanze di cui è foriera.<br />

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Ghirardo, David, Degrassi<br />

CAUSE INTRA-ADDOMINALI dell’ileo paralitico<br />

Per la legge di Stokes = qualunque irritazione del peritoneo parietale causa l’arresto della peristalsi.<br />

CAUSE INTRA-PERITONEALI:<br />

qualsiasi insulto dalla parete addominale che ha intaccato l’integrità del peritoneo parietale, diffuso o<br />

circoscritto (= ileo paralitico non segmentario o segmentario);<br />

laparotomia → ilio post-operatorio = il paziente è da monitorare al fine di valutare la canalizzazione<br />

(ripresa dell’alimentazione) e la ripresa della peristalsi, la durata dipende dall’entità della laparotomia,<br />

della eviscerazione, della manipolazione delle anse, del raffreddamento delle anse esposte all’esterno,<br />

durata è variabile intorno alle 72 h;<br />

laparoscopia → ileo paralitico molto più breve, la canalizzazione e il ripristino della peristalsi sono più<br />

rapidi = per questi motivi detta “fast track surgery”;<br />

peritoniti → ESEMPIO = circa dopo 7 gg da un intervento eseguito per trattare un’occlusione intestinale<br />

insorge di un ileo paralitico con i segni e i sintomi di occlusione, può essere dovuto alla formazione di<br />

una fistola su anastomosi chirurgica che ha dato luogo ad un ascesso intestinale peritonite ileo<br />

paralitico; influisce il grado di contaminazione del peritoneo;<br />

irritazione peritoneale da parte di materiali estranei che, anche se sterili, causano comunque una<br />

reazione infiammatoria (sangue, bile, urina, spesso il riversamento di questi liquidi biologici nel<br />

peritoneo è associato a traumatismi);<br />

insufficienza vascolare mesenterica non occlusiva (NON DOVUTA A STROZZAMENTO) negli stadi<br />

avanzati dell’infarto intestinale.<br />

CAUSE EXTRA-PERITONEALI:<br />

emorragia o flogosi retro-peritoneali (aneurismi aortici,fratture pelviche, ecc.);<br />

pancreatite acuta, l’ileo paralitico riguarda inizialmente una specifica ansa = ansa sentinella;<br />

sindromi dolorose gravi localizzate (es. colica renale).<br />

CAUSE EXTRA-ADDOMINALI dell’ileo paralitico (falsi addomi acuti)<br />

D’organo:<br />

broncopolmoniti e traumi toracici falso addome acuto, “meta-pneumonico” (abnorme distensione<br />

dell’ileo e del colon secondaria ad esempio ad una broncopolmonite basale);<br />

infarto del miocardio;<br />

emorragia o trombosi cerebrale;<br />

interventi di neurochirurgia.<br />

Sistemiche:<br />

alterazioni idroelettrolitiche (ipokaliemia, iponatriemia, ipomagnesiemia);<br />

alterazioni metaboliche (chetoacidosi diabetica, alcalosi, uremia);<br />

da farmaci (ganglioplegici, narcotici, anticolinergici).<br />

OCCLUSIONE MECCANICA – ILEO MECCANICO<br />

Cause congenite:<br />

atresie (del tenue, dell’esofago con fistola esofago-tracheale) = rarissime e diagnosticate solitamente in<br />

fase prenatale;<br />

imperforazione del canale anale.<br />

Cause acquisite DA OSTRUZIONE:<br />

OSTACOLO INTRALUMINALE = l’esordio è improvviso, dolore tipo colica;<br />

- ilio biliare;<br />

- fecalomi a monte di stenosi;<br />

- ileo da meconio nei neonati, molto raro;<br />

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Ghirardo, David, Degrassi<br />

- da corpi estranei (es. fitobezoari o tricobezoari = masse costituite da fibre vegetali o capelli con<br />

precipitati di calcio che le rendono di consistenza dura);<br />

OSTACOLO INTRAPARIETALE = stenosi da processo espansivo della parete del lume, esordio lento con<br />

sviluppo graduale, dolore tipo colica;<br />

- neoplasie, es. adenocarcinomi (più frequentemente nel colon), GIST - GastroIntestinal Stromal<br />

Tumors (tumori stromali esofitici come linfomi o leomiomi, crescono in prossimità del margine<br />

dell’’organo, prognosi buona, abbastanza frequenti);<br />

- morbo di Chron;<br />

- diverticolosi;<br />

- cicatrizzazione di fistole o di anastomosi chirurgiche;<br />

- stenosi indotta da radioterapia (per tumori dell’utero dopo isterectomia o per tumori del retto, ora<br />

meno rischiosa perché si predilige una radioterapia adiuvante pre e postoperatoria a bassa intensità)<br />

= soprattutto a livello di tenue, si verifica quella che viene chiamata enterite attinica che si manifesta<br />

con i segni e i sintomi di un’enterite associata all’occlusione;<br />

STENOSI DA COMPRESSIONE AB ESTRINSECO = dolore tipo colica;<br />

- neoplasie pancreas, di origine ginecologica (ovaio);<br />

- da briglie aderenziali (che sono la causa più frequente) → processo evolutivo delle peritoniti dato<br />

dall’accartocciamento del peritoneo che serve in un primo momento a contenere il fenomeno flogistico,<br />

ma che da luogo a queste “corde” fibrose dette briglie aderenziali.<br />

Cause acquisite DA STROZZAMENTO:<br />

ostruzione intestinale caratterizzata da =<br />

una lesione dei vasi mesenterici che può provocare ischemia intestinale dovuta ad un infarto emorragico<br />

o ischemico;<br />

una lesione intestinale tipo gangrena che può svilupparsi anche direttamente senza compromissione<br />

vascolare;<br />

dolore continuo ad insorgenza più o meno acuta senza remissione (dolore su base ischemica);<br />

in fase operatoria si procede subito a risolvere lo strozzamento (es. recisione di una briglia aderenziale),<br />

se l’intervento si effettua precocemente si ha la corretta riperfusione del segmento e il suo “salvataggio”,<br />

bisogna dunque assicurasi che l’ansa riacquisti la vitalità, in caso contrario, se l’intervento è risultato<br />

troppo tardivo e il tratto è andato incontro a necrosi, si deve procedere alla resezione);<br />

VOLVOLO =<br />

- la torsione completa dell’ansa produce uno strozzamento perché anche i vasi vengono coinvolti nella<br />

rotazione (maggiore di 360° rispetto all’asse del meso – i volvoli a torsione incomplete tendono ad<br />

andare incontro a risoluzione);<br />

- si manifesta acutamente;<br />

- nell’adulto si verifica prevalentemente a livello del sigma (es. dolicosigma), nel bambino invece nel<br />

complesso ileo-colico;<br />

- si verifica quando è presente una elevata mobilità, in particolare quando è molto intensa la peristalsi<br />

di propulsione che serve a spingere il materiale in ampolla rettale, diversa da quella di<br />

segmentazione che serve al rimescolamento del materiale fecale, la peristalsi di propulsione in<br />

generale è più importante nel colon rispetto al tenue = favorisce la formazione del volvolo.<br />

- Lo strozzamento dei vasi nel volvolo avviene in due fasi:<br />

o prima viene compromesso lo scarico venoso = fase iperemica;<br />

o poi insorge l’ischemia della parete, dalla tonaca più interna fino alla sierosa;<br />

- il danno ischemico procede fino a dare luogo a perforazione (necrosi della parete intestinale);<br />

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Fisiopatologia clinica e patologia chirurgica d’organo e d’apparato PARTE I<br />

Ghirardo, David, Degrassi<br />

BRIGLIE ADERENZIALI = possono dare anche strozzamento se con le anse si attorcigliano anche i mesi<br />

con i relativi vasi che vengono così compressi.<br />

ERNIE INTERNE O ESTERNE = se non complicate non danno strozzamento e sono riducibili, quando si<br />

complicano (es. infiammazione della porta erniaria) si verifica lo strozzamento dell’ernia con chiusura<br />

dell’alvo a feci e gas, compressione o torsione del meso con conseguente sofferenza circolatoria dell’ansa<br />

interessata, ecc.;<br />

- esterne: incarcerazione di un ansa in una porta erniaria localizzata sulla parete addominale (es. ernie<br />

inguinale, crurale, ombelicale, laparocele);<br />

- interne: possibili porte erniarie sono il forame di Winslow, le brecce chirurgiche del mesentere;<br />

INVAGINAZIONE O INTUSSUSCEZIONE = penetrazione telescopica di un segmento intestinale nel tratto<br />

posto distalmente in direzione isoperistalisica;<br />

- nel bambino (più frequente) è dovuta alla forza della peristalsi stessa unita all’accentuata<br />

elasticità/lassità dei tessuti, si verifica con maggior frequenza nel complesso ileo-colico.<br />

- nell’adulto deve esserci un ostacolo al transito (i tumori peduncolati sono la causa più frequente,<br />

corpi estranei, diverticolo di Meckel che si trova solitamente entro 60 cm dalla valvola ileocecale,<br />

diverticoli – diverticolite o malattia diverticolare complicata), prevalentemente avviene nel colon<br />

trasverso e nel sigma;<br />

- causa uno strozzamento in forma acuta, all’esame obiettivo nei bambini e nei pazienti magri è<br />

visibile una tumefazione oblunga, cilindrica, a salsicciotto;<br />

INVAGINAZIONE ILEO-CECALE O ILEO-CECO-COLICA NEL BAMBINO<br />

Nei bambini con età inferiore ad 1 anno, nel periodo di svezzamento; le cause possibili sono:<br />

- la lassità della tonaca di accollamento;<br />

- il passaggio da dieta liquida a dieta solida nello svezzamento.<br />

Conseguenze dell’invaginazione: ischemia acuta dell’ansa, molto pericolosa, con il rischio di una peritonite<br />

da infarto intestinale; la mucosa risulta irritata, la compromissione vascolare venosa (più precoce) e<br />

arteriosa favoriscono l’edema e l’essudazione di liquido nel lume che causano diarrea con possibile componente<br />

emorragica.<br />

Quadro clinico: il bambino manifesta un forte dolore ischemico con pianto irrefrenabile, alla palpazione<br />

di percepisce una tumefazione oblunga a salsicciotto molto dolente.<br />

Cura: con CLISMA D’ARIA o con ENDOSCOPIA, prestare molta attenzione che non ci siano già stati segni di<br />

sofferenza dell’ansa.<br />

FISIOPATOLOGIA<br />

Si verifica il blocco (progressivo o acuto) del transito intestinale con il conseguente arresto della<br />

progressione di gas e liquidi. Come conseguenza vengono messi in atto meccanismi di compenso e si entra<br />

in un’iniziale FASE DI IPERPERISTALTISMO con dolore crampiforme (fa eccezione l’ileo paralitico). In questa<br />

fase:<br />

l’intestino a valle va incontro a svuotamento che dura a seconda del livello dell'occlusione e quindi della<br />

quantità di materiale da evacuare (le anse vuote collassano);<br />

a monte dell’occlusione, a causa dell’incremento progressivo dei volumi di liquidi e gas che si<br />

accumulano, la parete dell’intestino va incontro a dilatazione.<br />

I meccanismi di compenso risultano insufficienti di fronte ad una reale occlusione pertanto la situazione<br />

progredisce e si verifica la riduzione della frequenza e dell’intensità delle contrazioni sino a giungere in una<br />

FASE DI ATONIA durante la quale, se la situazione non viene risolta con l'eliminazione della causa del<br />

blocco, si hanno:<br />

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Fisiopatologia clinica e patologia chirurgica d’organo e d’apparato PARTE I<br />

Ghirardo, David, Degrassi<br />

il ridotto riassorbimento e turbe della secrezione intestinale che incrementano l’accumulo di gas e di<br />

liquidi (promosso anche dall’essudazione frutto del processo infiammatorio a carico della parete);<br />

l’aumento della pressione portale che genera stasi venosa, a sua volta la stasi venosa promuove<br />

l’aumento della pressione intracapillare (TRASUDAZIONE) e il processo flogistico (AUMENTO DELLA<br />

PERMEABILITÀ CAPILLARE) → si verifica quindi un fenomeno di ESSUDAZIONE con inizialmente edema<br />

interstiziale e successivamente riversamento di liquidi sia nella cavità peritoneale, sia nel lume<br />

intestinale (l’essudazione peggiora ulteriormente la funzione di riassorbimento);<br />

Il continuo incremento della pressione interna al viscere a monte dell’ostruzione promuove la distensione<br />

endoluminale = anse dilatate con parete sottile, pesanti e fragili, che possono andare facilmente incontro a<br />

ulcerazione o perforazione della parete (30 – 50 cmH₂O rispetto ai 2 – 4 cmH₂O normali).<br />

L’entità della perdita di acqua e elettroliti che si accumulano nel terzo spazio dipende dalla sede<br />

dell'ostruzione e dalla sua durata, comporta la progressiva disidratazione con disionia e ipovolemia =<br />

perdita della componente plasmatica.<br />

Si verifica inoltre il riassorbimento di tossine a livello peritoneale, dovuto all'alterata permeabilità<br />

dell'epitelio intestinale, ed eventualmente la traslocazione batterica (la carica batterica del contenuto<br />

intestinale dipende dal segmento considerato) che complica un eventuale stato di shock ipovolemico →<br />

shock complesso.<br />

In caso di STROZZAMENTO ai fenomeni precedentemente descritti si sovrappone la problematica legata alla<br />

sofferenza ischemica:<br />

fase iperemica = iperemia passiva, l’ansa appare violacea ed edematosa, a pareti inspessite; l’aumento<br />

della pressione nei capillari frutto della stasi venosa intramurale provoca la loro rottura;<br />

fase ischemica = l’ansa appare pallida e poi necrotica = aspetto a foglia morta con pareti sottili,<br />

atoniche, nerastre, che si sfaldano facilmente al tocco.<br />

La necrosi della parete porta alla perforazione con conseguente peritonite stercoracea.<br />

DIVERSE LOCALIZZAZIONI DELL’OCCLUSIONE<br />

Se l’ostruzione è prossimale alla papilla di Water si ha perdita di acido cloridrico e di potassio alcalosi<br />

metabolica e ipocaliemia.<br />

Se l’ostruzione è distale la papilla di Water si ha perdita di basi, Na⁺HCO₃⁻ (bile, succo pancreatico ed<br />

enterico) → acidosi metabolica e ipocaliemia.<br />

Un caso particolare è l'occlusione ad ansa chiusa del colon o ostruzione a doppia valvola, in cui si<br />

verifica un’ostruzione a livello colico con continenza della valvola ileo cecale, l’aumento di pressione<br />

endoluminale (fino a 100 cmH₂O) e la dilatazione di tutti i segmenti colici, specie del colon di destra<br />

(parete muscolare meno rappresentata per via della differente funzione esercitata). I liquidi e i gas<br />

continuano ad accumularsi fino allo sfiancamento della valvola (a questo punto il materiale fluisce per<br />

via retrograda dilatanto il tenue), o all'ulcerazione della parete, o alla perforazione diastasica del cieco<br />

(1 – 3 gg dopo l’occlusione); si può instaurare uno stato di sofferenza tissutale dovuto alla compressione<br />

dei vasi.<br />

Il tipo di vomito varia a seconda della localizzazione dell’occlusione, in senso oro-aborale si avrà vomito di<br />

tipo gastrico, biliare, enterico, fecaloide; più alta è l'ostruzione più il vomito sarà più precoce, mentre al<br />

contrario il tratto a valle impiegherà più tempo per svuotarsi con la defecazione.<br />

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Fisiopatologia clinica e patologia chirurgica d’organo e d’apparato PARTE I<br />

Ghirardo, David, Degrassi<br />

COMPONENTI DEL LUME GASTROENTERICO<br />

Composizione dei liquidi secreti e delle loro quantità ai vari livelli del tubo gastroenterico.<br />

Na⁺ K⁺ Cl⁻ HCO₃⁻<br />

Succo gastrico 60 10 100 -<br />

Bile 145 5 100 35<br />

Suco pancreatico 140 5 75 115<br />

Succo enterico 110 5 100 30<br />

SINTOMATOLOGIA in base all’eziologia = DOLORE, VOMITO, ALVO<br />

OCCLUSIONE DINAMICA:<br />

dolore intenso continuo;<br />

vomito precoce e incostante;<br />

chiusura dell’alvo ai feci e ai gas.<br />

OCCLUSIONE MECCANICA DA OSTRUZIONE:<br />

dolore crampiforme (è dovuto al primo meccanismo di compenso dell’ansa nel tentativo di superare<br />

l’ostruzione = contrazione della muscolatura → dolore tipo colica o crampo, caratterizzato da un<br />

andamento ciclico di comparsa e remissione), va incontro a remissione una volta finita la fase di<br />

iperperistaltismo.<br />

vomito a seconda della sede dell’ostruzione (es. accumulo di materiale nel tenue dovuto incontinenza<br />

della valvola ileo-cecale → vomito fecaloide);<br />

chiusura dell’alvo ai feci e ai gas (l’alvo può essere conservato nella prima fase e se l’occlusione è alta).<br />

DA OCCLUSIONE DA STROZZAMENTO:<br />

dolore ad inizio brusco, molto importante, continuo e senza rimessione;<br />

vomito precoce (specialmente nel volvolo = precoce e riflesso) e incostante;<br />

chiusura dell’alvo ai feci e ai gas (più precocemente nel volvolo);<br />

precoce compromissione generale, febbre, leucocitosi e stato di agitazione.<br />

SINTOMATOLOGIA in base alla sede di occlusione = VOMITO, ADDOME, SQUILIBRIO ELETTROLITICO<br />

TENUE PROSSIMALE (es. ileo biliare con calcolo grande o ostruzione da corpo estraneo)<br />

Vomito precoce (nelle 24h) poiché l'occlusione è alta.<br />

Addome non sarà molto disteso, distensione prevale ai quadranti centrali (proiezione topografica delle<br />

anse nei quadranti centrali), mentre le anse coliche sono collassate, similmente alle occlusione del tenue<br />

distale = addome a pizzo; nei pazienti molto magri, durante la fase di iperperistaltismo, si possono<br />

vedere le onde peristaltiche della muscolatura del tenue (oggi raramente, soprattutto nel bambino e<br />

nell'anziano).<br />

Squilibrio acido-base ed elettrolitico importante a causa del vomito.<br />

TENUE DISTALE<br />

Vomito più tardivo.<br />

Addome più disteso (addome a pizzo).<br />

Lo Squilibrio elettrolitico si instaura più lentamente perché la perdita di acqua e sali è più graduale,<br />

dovuta all’accumulo nel terzo spazio (meno importante rispetto all’occlusione del colon, dove si hanno<br />

maggiori fenomeni di riassorbimento di acqua e elettroliti).<br />

COLON<br />

Non vomito.<br />

Importante squilibrio elettrolitico.<br />

Addome disteso, uniformemente globoso (asimmetria dell’addome nel volvolo in quanto è più frequente<br />

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Fisiopatologia clinica e patologia chirurgica d’organo e d’apparato PARTE I<br />

Ghirardo, David, Degrassi<br />

del sigma, con l'ansa del sigma particolarmente distesa,), ancora trattabile, può subentrare un’eventuale<br />

resistenza ai quadranti di destra dovuta alla distensione del cieco (prestare attenzione alla resistenza),<br />

oppure possono manifestarsi segni di sofferenza e di irritazione peritoneale → reazione di difesa<br />

circoscritta (il rischio di fessurazione è alto); le corde coliche sono percepibili alla palpazione.<br />

DIAGNOSI<br />

ANAMNESI<br />

Valutare la chiusura dell’alvo e la sintomatologia dolorifica.<br />

Considerare se il paziente si è mai sottoposto ad interventi di chirurgia addominale o perlvica (anche<br />

decenni prima, es. appendicectomie, interventi di chirurgia ginecologica) = rischio per la formazione di<br />

briglie aderenziali.<br />

Indagare se il paziente ha assunto farmaci (ileo paralitico).<br />

Anamnesi patologica: morbo di Crohn, colite ulcerosa, sindrome Koenig.<br />

SINDROME DI KOENIG<br />

È causata da una sub stenosi dovuta a tumori vegetanti del colon ascendente e/o della flessura epatica.<br />

Caratterizzata da dolore crampiforme (soprattutto nella fossa iliaca destra) in relazione ai pasti, stipsi alternata<br />

a diarrea, meteorismo, gorgoglio all'auscultazione (iper-peristalsi) e distensione addominale; il<br />

paziente riferisce dei rumori di filtrazione provocati dal materiale e dai gas che riescono a passare la porzione<br />

stenotica con successiva scomparsa della sintomatologia dolorifica (perché a monte il colon è tornato<br />

alla sua normalità).<br />

ESAME OBIETTIVO<br />

In tutti i casi è importante l'esplorazione rettale (constatare se l’ampolla è vuota, ricercare la presenza di<br />

neoformazione) e l’esame delle porte erniarie (ernie crurale e inguinale in particolare).<br />

Occlusione dinamica<br />

Ispezione = paziente ansioso, immobile, supino per evitare il dolore, addome globoso.<br />

Palpazione superficiale = addome trattabile.<br />

Blumberg = positivo se vi è interessamento infiammatorio del peritoneo.<br />

Percussione = ipertimpanismo dovuto all'accumulo di gas da stasi.<br />

Ascoltazione = silenzio peristaltico.<br />

Occlusione ostruttiva<br />

Ispezione = paziente ansioso, immobile, supino per evitare il dolore, addome a pizzo o batraciano (a<br />

seconda della sede dell’occlusione), con eventualmente movimenti di peristalsi visibili.<br />

Palpazione = addome trattabile.<br />

Percussione = ipertimpanismo nella zona di occlusione (segno di Von Wahl).<br />

Ascoltazione = peristalsi accentuata o metallica (nella fase di iperperistaltismo), poi silenzio peristaltico.<br />

Occlusione da strozzamento<br />

Ispezione = paziente ansioso, immobile, supino per evitare il dolore, addome a pizzo o batraciano (a<br />

seconda della sede dell’occlusione), con eventualmente movimenti di peristalsi visibili.<br />

Palpazione = inizialmente trattabile poi reazione di difesa.<br />

Percussione = ipertimpanismo.<br />

Ascoltazione = peristalsi accentuata (nella fase di iperperistaltismo), poi silenzio peristaltico.<br />

L'RX RISULTA TARDIVA NEL SUO APPORTO DIAGNOSTICO, È DUNQUE UN ESAME OBIETTIVO POSITIVO CHE<br />

COMPORTA L'INGRESSO IN SALA.<br />

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Fisiopatologia clinica e patologia chirurgica d’organo e d’apparato PARTE I<br />

Ghirardo, David, Degrassi<br />

ESAMI DI LABORATORIO<br />

Emocromo =<br />

- Anemia (emorragie);<br />

- aumento dell’Ht (emoconcetrazione dovuta alla perdita di VCE a favore del terzo spazio);<br />

- leucocitosi;<br />

Elettroliti ed EGA = alterazioni degli elettroliti e dell’equilibrio acido-base (anch’esso dovuto alla disionia);<br />

Sangue occulto nelle feci = di fronte ad un’anemia ipocromica sideripenica si può pensare che<br />

l’occlusione sia dovuta ad un tumore endoluminare che andando incontro a sfaldamento sanguina<br />

(l’esame eventualmente fornisce indicazione per una colonscopia).<br />

ESAMI STRUMENTALI e ALTRE TECNICHE D’INDAGINE<br />

Rx diretta dell'addome (in ortostatismo) = vede l’aria libera nell’addome (che solitamente non è presente)<br />

ed è utile nella occlusione perché documenta la distensione e la presenza di aria nel tubo digerente;<br />

livelli idro-aerei:<br />

- tenue: a pila di piatti, i gas superiormente e i liquidi inferiormente;<br />

- colon: haustra accentuati;<br />

gravità della distensione gassosa;<br />

presenza di eventuale ileo biliare (evidenzia il calcolo).<br />

Clisma radioopaco<br />

Colonscopia (le invaginazioni si osservano a muso di tinca)<br />

TERAPIA<br />

Criteri di scelta chirurgica: in base al tipo di occlusione e alle condizioni generali del paziente.<br />

1. Stabilizzare il paziente:<br />

trattale lo squilibrio elettrolitico e lo stato di shock se presente.<br />

aspirazione del contenuto mediante sondino nasogastrico per ristabilire la pressione endoluminale.<br />

2. effettuare interventi atti a risolvere la patologia:<br />

resezione intestinale con anastomosi termino-terminale o termino-laterale o con colostomia (a<br />

seconda delle possibilità di attecchimento dell’anastomosi);<br />

colostomia provvisoria decompressiva atta a far fuoriuscire tutto il materiale imprigionato a monte<br />

dell’occlusione;<br />

endoprotesi, adatta nei casi di stenosi e utile specialmente nei casi aggredibili solo per via<br />

endoscopica.<br />

clisma d'aria: nel volvolo, se incompleto (derotazione), e nelle invaginazioni.<br />

SE SI SOSPETTA UN ILEO-ORGANICO L’INDICAZIONE CHIRURGICA È IMMEDIATA, SE È UN’OSTRUZIONE,<br />

L'URGENZA CHIRURGICA È DIFFERIBILE (STABILIZZARE IL PAZIENTE), SE È UNO STROZZAMENTO<br />

L'INTERVENTO È URGENTE E NON DIFFERIBILE.<br />

PSEUDO-OSTRUZIONE<br />

La pseudo-ostruzione è un ileo paralitico a carattere segmentario, il blocco della peristalsi è localizzato e<br />

non diffuso, è una sindrome da paralisi intestinale caratterizzata da un’adinamia della tonaca muscolare, ma<br />

che si manifesta come un ileo ostruttivo senza che vi sia un ostacolo anatomico al transito intestinale. Si<br />

verifica sia nel duodeno, sia nel tenue, sia nel colon (Sindrome di Ogilvie). Una pseudo-ostruzione ha spesso<br />

CAUSE INCERTE (idiopatica).<br />

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Fisiopatologia clinica e patologia chirurgica d’organo e d’apparato PARTE I<br />

Ghirardo, David, Degrassi<br />

SINDROME DI OGILVIE pseudo-ostruzione idiopatica acuta del colon<br />

Tipica sindrome da occlusione che presenta le seguenti caratteristiche:<br />

dà fasi di evoluzione e remissione intermittenti;<br />

può portare a importanti perforazioni intestinali;<br />

la patologia interessa fondamentalmente il crasso a partire dalla FLESSURA SPLENICA fino al ceco.<br />

La causa della patologia è incerta, può essere associata a:<br />

o agangliosi segmentaria per cui viene meno la capacità di coordinare adeguatamente la peristalsi;<br />

o massive terapie con steroidi (atrofia muscolare).<br />

La diagnosi viene posta in quanto non c’è nessun ostacolo fisico al deflusso delle feci (identificato con i<br />

mezzi diagnostici o in abito intraoperatorio).<br />

La terapia prevede:<br />

o colonscopia a scopo detensivo;<br />

o cecostomia decompressiva = si porta l’estremità chiusa del ceco verso la parete aprendo una breccia<br />

sulla parete stessa al fine di consentire la decompressione della lume intestinale;<br />

o la resezione diventa obbligatoria se il quadro viene trattato tardivamente;<br />

o è possibile tramite la somministrazione di stimolanti della peristalsi (come la prostigmina) indurre<br />

una peristalsi del segmento paralizzato, ma i risultati della terapia medica sono scarsi;<br />

o nutrizione parenterale per il mantenimento del paziente quando sia necessario.<br />

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