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Anteprima PDF - Ordine Medici Firenze

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Toscana Medica 9/11<br />

Il medico e le necessità<br />

spirituali dell’ammalato<br />

Deve il medico farsi carico anche delle<br />

necessità spirituali dell’ammalato,<br />

specialmente quando questo si trova<br />

nella fase terminale della vita? Oppure<br />

deve non affrontare per niente<br />

questa problematica e demandarla al ministro di<br />

culto?<br />

Il medico si può trovare però a rispondere a domande<br />

quali: “perché a me?”, “quale il signifi cato<br />

della mia sofferenza?”,<br />

“quale il signifi cato di<br />

una vita così?”, “quale il<br />

signifi cato della morte?”<br />

o ancora “esiste una vita<br />

ultraterrena?”.<br />

Penso che il medico non possa evitare di aiutare<br />

l’ammalato a cercare una risposta a queste<br />

domande, perché è dovere morale del medico di<br />

occuparsi delle necessità non solo fi siche ma anche<br />

psichiche e quindi anche spirituali dei pazienti,<br />

perché ci si deve prendere cura della persona<br />

nella sua completezza, per tutti i suoi bisogni, e<br />

quindi anche per quelli spirituali.<br />

Il medico ha una posizione privilegiata nel<br />

capire le preoccupazioni dell’ammalato; molti pazienti<br />

hanno paura della loro condizione e del suo<br />

signifi cato. Possono rifi utare il conforto di un prete<br />

o di altro ministro di culto per una varietà di<br />

motivi: la paura, il senso di colpa, gli effetti cognitivi<br />

di una malattia seria. Un medico accorto sa<br />

accorgersi della crisi dell’ammalato e può rappresentare<br />

per lui il punto di riferimento. Può poi far<br />

presenti all’esperto in modo più effi cace i problemi<br />

spirituali dell’ammalato. I bisogni spirituali possono<br />

coinvolgere l’ammalato anche quando non è<br />

credente, perché la spiritualità indica i modi con<br />

cui una persona, religiosa o non, conduce la propria<br />

vita in relazione alla questione della trascendenza.<br />

Il rapporto col trascendente è sempre unico<br />

e personale. La religione è invece un insieme di<br />

credenze, testi, regole, rituali e altre pratiche che<br />

una particolare comunità si dà per aiutare ad affrontare<br />

e condividere il rapporto di relazione col<br />

trascendente.<br />

Vladimir Jankélévitch, (1903-1985), ebreo di<br />

famiglia russa emigrata in Francia, ha insegnato<br />

fi losofi a morale all’Università della Sorbona; J. ha<br />

63<br />

scritto nel 1966 il libro “La morte”<br />

dove sono riportate le sue lezioni<br />

agli studenti su questo tema. Nel<br />

libro delinea tra l’altro come può essere<br />

vissuta la morte:<br />

La morte in “TERZA PERSO-<br />

NA”: “… È la morte in generale, la<br />

morte astratta e anonima, o anche la<br />

morte propria, nella misura in cui è considerata da<br />

un punto di vista imper-<br />

sonale e concettuale, nel<br />

ANDREA LOPES PEGNA<br />

modo in cui, ad esempio,<br />

Direttore SOD Pneumologia 1, AOU Careggi, <strong>Firenze</strong><br />

un medico considera la<br />

sua propria malattia, o<br />

studia il suo caso, o formula la propria diagnosi…<br />

La morte in terza persona è un oggetto come un<br />

altro, un oggetto che si descrive o si analizza da un<br />

punto di vista medico, biologico, sociale, demografi<br />

co e che rappresenta quindi il colmo dell’oggettività<br />

atragica”.<br />

La morte in “PRIMA PERSONA”: “… È sicuramente<br />

fonte di angoscia; è un mistero che mi concerne<br />

intimamente e nel mio tutto. È di me che si<br />

tratta, me che la morte chiama personalmente col<br />

mio nome, me che si addita e si tira per la manica…<br />

Chi sta per morire muore da solo, da solo affronta<br />

quella morte personale, che ciascuno deve morire<br />

per suo proprio conto, da solo compie il passo solitario<br />

che nessuno può fare al nostro posto e che<br />

ciascuno, arrivato il momento, farà per sé singolarmente.<br />

Non c’è qualcuno ad aspettarci sull’altra<br />

riva. Nessuno verrà ad augurarci il benvenuto alle<br />

porte della notte. Anche Pascal, come è noto diceva:<br />

“Morremmo soli”. Cos’è d’altronde l’assistenza<br />

religiosa, se non una sorte di tentativo impotente<br />

e puramente simbolico per popolare la solitudine<br />

del passo più disperatamente solitario di tutta la<br />

vita, per scortare il viaggiatore durante l’ultimo<br />

viaggio? … Non si deve lasciare solo colui che sta<br />

per morire… Senza dubbio l’idea del “soccorso” in<br />

generale, auxilium, risponde a questa preoccupazione<br />

di accompagnare o circondare l’uomo solo…<br />

Purtroppo l’istante supremo non comporta compagni<br />

di strada. Si può “aiutare” il moribondo isolato,<br />

o in altre parole vegliare l’uomo in istanza di<br />

morte fi no al penultimo istante, ma non lo si può<br />

dispensare dall’affrontare l’ultimo istante da solo<br />

Andrea Lopes Pegna<br />

si è specializzato<br />

a FI in Malattie<br />

Cardiovascolari e<br />

Malattie Respiratorie.<br />

Direttore della I<br />

U.O. di Pneumologia<br />

dell’AOU di Careggi;<br />

è coordinatore del<br />

GOM (Gruppo OncologicoMultidisciplinare)<br />

delle neoplasie<br />

del torace del Dipartimento<br />

Oncologico<br />

dell’AOUC. Ha coordinato<br />

la stesura<br />

delle Linee Guida<br />

regionali su neoplasie<br />

polmonari, Asma,<br />

Bpco e I.R. Presidente<br />

dell’associazione<br />

GRECALE.

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