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28.05.2013 Views

Giampaolo Collecchia, medico di medicina generale, Asl 1 Massa e Carrara, spec. in Med. Interna, dirigente CSeRMEG, coordinatore delle attività teorico-pratiche per il Corso di Formazione Specifi ca in Med. Gen. della Regione Toscana, Membro del Comitato Etico per la Sperimentazione Clinica dei Medicinali dell’Azienda USL 1 di Massa e Carrara, Editorial Reviewer per il British Medical Journal. Qualità e professione Toscana Medica 9/11 trattamento, e le strategie dell’ICU sono stati oggetto della relazione del Dr. Rosario Spina. Il Dr. Lapo Bencini ha parlato del ruolo del chirurgo nel politrauma sulla base dei cambiamenti degli ultimi 20 anni (riduzione del numero dei traumi maggiori in Europa, Medico dell’Emergenza, trattamenti non operativi delle lesioni addominali). Il Dr. Manlio Acquafresca ha trattato il ruolo del radiologo interventista, illustrando le metodiche dell’embolizzazione e dello stenting nel controllo delle emorragie e del posizionamento di drenaggi per la risoluzione delle complicazioni del trauma. Tre relazioni dedicate alle problematiche ortopediche (Prof. Roberto Buzzi), alla fi losofi a della Damage Control Surgery (Dr. Carlo Bergamini) e all’emostasi nella chirurgia 22 del trauma epatico (Dr Alessandro Bruscino) hanno concluso il congresso. Tre osservazioni emergono da questa giornata: 1. l’impegno che medici e infermieri profondono nell’affrontare questo settore della Salute pubblica per dare risposte qualitativamente elevate alle richieste del cittadino nel rispetto delle risorse disponibili; 2. la necessità di lavorare in un team multidisciplinare attraverso percorsi condivisi che offrano la soluzione migliore per il problema del singolo paziente; 3. la necessità di riorganizzare la rete ospedaliera metropolitana, tenendo conto della centralizzazione delle urgenze più complesse e della gran parte dei traumi nella AOUC, in rapporto alla mission dei vari presidi ospedalieri. TM Dall’anamnesi alla narrazione di storie Anche il medico entra a far parte della storia del paziente che continuerà il suo racconto a casa e magari rivolgendolo ad altri medici, e poi in futuro ad altre persone. In questa storia futura anche noi, che oggi ascoltiamo questa persona, saremo personaggi e avremo una voce. Come affermato nel titolo del bellissimo editoriale del numero 4/11 di Toscana Medica, l’anamnesi “non sta affatto bene”. Diciamo che pure che è morta. Dalle sue ceneri è però emersa (o dovrebbe emergere) una diversa forma di comunicazione, naturale e universale: la narrazione. Secondo Rita Charon “la pratica della medicina richiede una competenza narrativa”, cioè l’abilità a conoscere, interpretare e trattare le storie e le situazioni delle altre persone. Nell’ambito medi- co il primo contatto con il mondo della narrazione avviene proprio nel momento in cui lo studente inizia a raccogliere l’anamnesi. Questa, orientata alla malattiadisease, considera il paziente oggetto della privilegiata attenzione della scienza medica. Lo studente si accorge presto che il paziente racconta la propria malattia in modo molto diverso dalla descrizione dei testi. Abbonda in particolari, apparentemente inutili sul piano scientifi co, esprime fantasiose descrizioni di contorno, non segue un ordine causaletemporale, recrimina su istituzioni e singoli sani- GIAMPAOLO COLLECCHIA Medico di medicina generale, Asl 1 Massa e Carrara, specialista in Medicina Interna tari. Lo studente sa invece che gli viene richiesto di distinguere i “veri” sintomi e segni di malattia da quella sorta di rumore di fondo rappresentato dal paziente come persona. In particolare, deve individuare i “fattori di disturbo” (vedi box) per costruire, dal racconto disordinato offerto dal paziente, insieme delle unità narrative più semplici, una storia, ordinata e quindi spesso artifi ciale, insieme dei motivi presentati e raccolti in ordine causaletemporale per ottenere un senso nel linguaggio della nosografi a uffi ciale. Lo studente impara allora a porre domande standardizzate e ad ascoltare poco, anticipando l’atteggiamento che molto probabilmente manterrà quando, ormai laureato, sarà inserito nella realtà professionale. Si prepara alla cosiddetta medicina del silenzio, quella che è quasi muta col paziente, al quale parla un esperanto che il malato e i familiari interpretano in difformità dei signifi cati, qualche volta in assenza di signifi cati. La “voce” attuale della medicina è infatti quella della Evidence-based medicine (EBM), costrutto diverso e spesso considerato confl ittuale con quello della narrative-based medicine, “voce della vita reale”. Negli ultimi anni, il valore delle storie cliniche è stato peraltro ampiamente rivalutato, in funzione

Toscana Medica 9/11 23 Qualità e professione Fattori in grado di alterare l’ordine nel racconto di un paziente (da V. Cagli, 2004) ❑ il paziente inizia la narrazione da ciò che ritiene più importante ❑ il paziente tende a dire per prima cosa ciò che teme di dimenticare ❑ il paziente è confuso, disorientato nelle sue coordinate temporali ❑ il paziente rinvia la menzione di contenuti a lui penosi complementare all’approccio metodologico della medicina basata sulle prove. Gli aspetti tecnici, statistici, relativi ai dati di letteratura possono infatti essere più facilmente compresi dal paziente e condivisi conoscendone pensieri, valori, preferenze, prerequisito indispensabile per la riuscita degli interventi assistenziali. Le storie sono componenti qualitative e personalizzanti delle epidemiologie, in grado di rendere abitate le tabelle, di invitare a guardare al di là dei numeri, ri-stabilire un rapporto personale e responsabile tra le conoscenze basate sulla EBM/EBN (Evidence Based Nursery) e le persone che [non] ne possono essere destinatarie, per fare degli operatori non più solo degli spettatori-esecutori, ma coloro che si prendono cura. Raccontare signifi ca infatti non accontentarsi di descrivere una realtà, ma farla propria, e comunicabile, scambiabile al di là delle cerchie professionali, capace di divenire parte di un linguaggio comune, che può appartenere a tutti. In medicina generale il valore della narrazione è noto da sempre. Il curante impara presto a utilizzare non la classica anamnesi ma le storie, più pertinenti ad un contesto popolato di attori e di eventi in stretta interazione, di soggettività ed oggettività, emozioni e percezioni, memorie di percorsi insieme biologici e biografi ci. Raccontare storie è anche il modo con cui i medici di medicina generale si confrontano, si sostengono, si difendono, valorizzano indizi utili per il loro lavoro: in questo senso le storie sono uno dei sistemi per apprendere dall’esperienza, accumulare conoscenza “tacita”, da spendere nella gestione della variabilità e dell’incertezza tipica di questo lavoro, attraverso l’utilizzo di metafore e complessi processi cognitivi. L’approccio narrativo, usato anche come strumento di formazione e ricerca, fa parte del corpus culturale della medicina generale, è un suo valore aggiunto, da custodire e utilizzare per ridefi nire le priorità di valutazione della appropriatezza e della qualità delle cure. TM Le diseguaglianze nella salute in Toscana Le società più sviluppate, e la nostra Regione è tra queste, hanno realizzato un aumento spettacolare della condizioni socio-economiche e della speranza di vita. Questo si è accompagnato ad un invecchiamento della popolazione e ulteriori miglioramenti sono ottenuti a un costo sempre maggiore. Qualche analisi comincia e mettere in dub- bio che nel nostro Paese ci siano stati dei miglioramenti dopo il 2003 se consideriamo la speranza di vita in buona salute. Può sembrare paradossale ma questo scenario di un benessere che comincia ad essere poco sostenibile economicamente nasconde un peso crescente delle diseguaglianze socio-economiche. Queste sono fortemente cresciute negli ultimi due decenni e si sono accompagnate anche in Italia (e in Toscana) a diseguaglianze nella salute eticamente e socialmente poco accettabili. L’Italia occupa i posti di coda nelle classifi che internazionale dell’equità. Nell’Europa a 27 l’Italia è relegata al quint’ultimo posto quanto a percentuale di popolazione esposta a rischio di povertà (19,6%). Un recente studio dell’Unicef sul- ledise- ANNIBALE BIGGERI* E GAVINO MACIOCCO** guaglian * Dipartimento di Statistica, Università di Firenze ze nel ** Dipartimento di Sanità Pubblica, Università di Firenze benessere materiale, nell’istruzione e nella salute dei bambini e adolescenti pone l’Italia al 23° posto (su 24 paesi industrializzati – il 24° posto è occupato dagli USA). C’è uno stretto collegamento tra malattie croniche e diseguaglianze nella salute: di malattie croniche Annibale Biggeri, Professore ordinario di Statistica medica, Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Firenze; Direttore UO Biostatistica, Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica; Presidente del Comitato d’indirizzo dell’Agenzia Regionale di Sanità Toscana. Si occupa di metodi statistici per gli studi epidemiologici. I principali temi di ricerca sono l’Epidemiologia ambientale e descrittiva, le Disuguaglianze sociali nella salute, l’Epidemiologia dei Tumori. Ha vinto il Best Environmental Epidemiology Paper Award 2009.

Giampaolo Collecchia,<br />

medico di<br />

medicina generale,<br />

Asl 1 Massa e Carrara,<br />

spec. in Med.<br />

Interna, dirigente<br />

CSeRMEG, coordinatore<br />

delle attività<br />

teorico-pratiche per il<br />

Corso di Formazione<br />

Specifi ca in Med.<br />

Gen. della Regione<br />

Toscana, Membro del<br />

Comitato Etico per la<br />

Sperimentazione Clinica<br />

dei <strong>Medici</strong>nali<br />

dell’Azienda USL 1<br />

di Massa e Carrara,<br />

Editorial Reviewer<br />

per il British Medical<br />

Journal.<br />

Qualità e professione Toscana Medica 9/11<br />

trattamento, e le strategie dell’ICU sono stati oggetto<br />

della relazione del Dr. Rosario Spina. Il Dr. Lapo<br />

Bencini ha parlato del ruolo del chirurgo nel politrauma<br />

sulla base dei cambiamenti degli ultimi 20<br />

anni (riduzione del numero dei traumi maggiori in<br />

Europa, Medico dell’Emergenza, trattamenti non<br />

operativi delle lesioni addominali). Il Dr. Manlio<br />

Acquafresca ha trattato il ruolo del radiologo interventista,<br />

illustrando le metodiche dell’embolizzazione<br />

e dello stenting nel controllo delle emorragie<br />

e del posizionamento di drenaggi per la risoluzione<br />

delle complicazioni del trauma. Tre relazioni dedicate<br />

alle problematiche ortopediche (Prof. Roberto<br />

Buzzi), alla fi losofi a della Damage Control Surgery<br />

(Dr. Carlo Bergamini) e all’emostasi nella chirurgia<br />

22<br />

del trauma epatico (Dr Alessandro Bruscino) hanno<br />

concluso il congresso.<br />

Tre osservazioni emergono da questa giornata: 1.<br />

l’impegno che medici e infermieri profondono nell’affrontare<br />

questo settore della Salute pubblica per<br />

dare risposte qualitativamente elevate alle richieste<br />

del cittadino nel rispetto delle risorse disponibili; 2.<br />

la necessità di lavorare in un team multidisciplinare<br />

attraverso percorsi condivisi che offrano la soluzione<br />

migliore per il problema del singolo paziente; 3. la<br />

necessità di riorganizzare la rete ospedaliera metropolitana,<br />

tenendo conto della centralizzazione delle<br />

urgenze più complesse e della gran parte dei traumi<br />

nella AOUC, in rapporto alla mission dei vari presidi<br />

ospedalieri. TM<br />

Dall’anamnesi<br />

alla narrazione di storie<br />

Anche il medico entra a far parte della storia del paziente che continuerà il suo racconto<br />

a casa e magari rivolgendolo ad altri medici, e poi in futuro ad altre persone. In<br />

questa storia futura anche noi, che oggi ascoltiamo questa persona, saremo personaggi e<br />

avremo una voce.<br />

Come affermato nel titolo<br />

del bellissimo editoriale<br />

del numero 4/11 di Toscana<br />

Medica, l’anamnesi<br />

“non sta affatto bene”.<br />

Diciamo che pure che è morta. Dalle<br />

sue ceneri è però emersa (o dovrebbe<br />

emergere) una diversa forma<br />

di comunicazione, naturale e<br />

universale: la narrazione.<br />

Secondo Rita Charon “la pratica<br />

della medicina richiede una competenza<br />

narrativa”, cioè l’abilità a<br />

conoscere, interpretare e trattare le storie e le situazioni<br />

delle altre persone.<br />

Nell’ambito medi-<br />

co il primo contatto con<br />

il mondo della narrazione<br />

avviene proprio<br />

nel momento in cui lo<br />

studente inizia a raccogliere<br />

l’anamnesi. Questa, orientata alla malattiadisease,<br />

considera il paziente oggetto della privilegiata<br />

attenzione della scienza medica. Lo studente<br />

si accorge presto che il paziente racconta la propria<br />

malattia in modo molto diverso dalla descrizione<br />

dei testi. Abbonda in particolari, apparentemente<br />

inutili sul piano scientifi co, esprime fantasiose descrizioni<br />

di contorno, non segue un ordine causaletemporale,<br />

recrimina su istituzioni e singoli sani-<br />

GIAMPAOLO COLLECCHIA<br />

Medico di medicina generale, Asl 1 Massa e Carrara,<br />

specialista in <strong>Medici</strong>na Interna<br />

tari. Lo studente sa invece che gli viene richiesto<br />

di distinguere i “veri” sintomi e segni di malattia<br />

da quella sorta di rumore di fondo rappresentato<br />

dal paziente come persona. In particolare, deve individuare<br />

i “fattori di disturbo” (vedi box) per costruire,<br />

dal racconto disordinato offerto dal paziente,<br />

insieme delle unità narrative più semplici, una<br />

storia, ordinata e quindi spesso artifi ciale, insieme<br />

dei motivi presentati e raccolti in ordine causaletemporale<br />

per ottenere un senso nel linguaggio della<br />

nosografi a uffi ciale.<br />

Lo studente impara allora a porre domande<br />

standardizzate e ad ascoltare poco, anticipando<br />

l’atteggiamento che molto probabilmente manterrà<br />

quando, ormai laureato, sarà inserito nella<br />

realtà professionale. Si<br />

prepara alla cosiddetta<br />

medicina del silenzio,<br />

quella che è quasi muta<br />

col paziente, al quale<br />

parla un esperanto che<br />

il malato e i familiari interpretano in difformità<br />

dei signifi cati, qualche volta in assenza di signifi<br />

cati. La “voce” attuale della medicina è infatti<br />

quella della Evidence-based medicine (EBM), costrutto<br />

diverso e spesso considerato confl ittuale<br />

con quello della narrative-based medicine, “voce<br />

della vita reale”.<br />

Negli ultimi anni, il valore delle storie cliniche è<br />

stato peraltro ampiamente rivalutato, in funzione

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