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LIBRO ULISSE NOVEMBRE 2011 28-11-2011 17 ... - Governo Italiano

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<strong>LIBRO</strong> <strong>ULISSE</strong> <strong>NOVEMBRE</strong> <strong>20<strong>11</strong></strong> <strong>28</strong>-<strong>11</strong>-<strong>20<strong>11</strong></strong> <strong>17</strong>:09 Pagina 157<br />

Appendice metodologica<br />

La “Prevalenza” del Fattore di Rischio<br />

Come abbiamo visto, per avere obiettivi elementi di giudizio il primo passo è<br />

dimostrare se un certo fattore (o caratteristica) è davvero un fattore di rischio; il<br />

secondo passo è invece determinare quanto il fattore aumenta il rischio (e questo<br />

lo si quantifica con il rischio relativo). Ma c’è ancora un terzo passo da fare, assai<br />

importante, per poter decidere la tipologia e l’urgenza delle azioni di prevenzione<br />

da promuovere: quantificare il numero di soggetti che presentano il fattore di<br />

rischio.<br />

Cerchiamo di capire meglio la cosa, riprendendo il discorso sul fumo. Sappiamo<br />

con sicurezza, in base a tantissime ricerche, che il fumo fa male, e molto. Ma se<br />

in Italia fumasse soltanto un certo signor Mario Rossi, il problema non avrebbe<br />

quelle caratteristiche sanitarie drammatiche che invece presenta. Certo, a Mario<br />

Rossi il fumo farebbe comunque male, ma la cosa non avrebbe certo un carattere<br />

“sociale”: sarebbe un problema del signor Rossi, essenzialmente suo. Poiché<br />

invece nel nostro paese i fumatori sono milioni, la faccenda assume ben altri termini:<br />

milioni di fumatori comportano centinaia di migliaia di casi di malattia che<br />

– in assenza dell’abitudine al fumo – non verrebbero a presentarsi. E il problema<br />

diventa allora sociale, per i tanti aspetti umani, per la spesa sanitaria, per le perdite<br />

produttive, e così via dicendo.<br />

E’ importante, quindi, per ben regolarsi su cosa fare in termini di prevenzione,<br />

conoscere anche quanti presentano il fattore di rischio, ovvero la proporzione di<br />

questi sulla popolazione in esame. Questa proporzione viene indicata in epidemiologia<br />

con il termine di “prevalenza”.<br />

Quando diciamo che le rilevazioni del sistema Ulisse indicano che l’attuale prevalenza<br />

del mancato uso delle cinture di sicurezza in Italia è pari al 30%, intendiamo<br />

dire che su 100 conducenti e trasportati anteriori osservati, 30 non la<br />

indossavano. Tenendo conto che ci sono circa 34 milioni di patenti di guida attive,<br />

questo significa che circa 10.200.000 conducenti (più circa 2.040.000 trasportati,<br />

visto che il tasso medio di occupazione di un veicolo è pari a 1.2) risultano<br />

nei fatti non protetti dalla cintura. In caso di incidente, poiché il rischio relativo<br />

di morire o ferirsi più gravemente per il mancato uso della cintura è circa 2, questi<br />

soggetti avranno – a parità di tipologia di incidente - una probabilità doppia<br />

di morire, come pure lesioni doppiamente gravi rispetto a chi invece porta la cintura.<br />

“Impatto” del fattore di rischio (e della sua prevalenza) sul quadro osservato<br />

dell’incidentalità<br />

Nota la forza del fattore di rischio (rischio relativo), e la sua prevalenza, è possibile<br />

quantificare con modelli matematici il suo impatto sul quadro osservato dell’incidentalità<br />

(morti, feriti, ecc.), come pure valutare cosa succederà se si riesce<br />

in qualche modo a ridurre la sua prevalenza (o se la prevalenza aumenta).<br />

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