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Tesi per una semiotica delle culture - Facoltà di Scienze della ...

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IMPERFETTE TRADUZIONI 43<br />

nanzitutto significa che la semiosfera ha sempre necessità<br />

<strong>di</strong> un fuori, <strong>di</strong> <strong>una</strong> non-cultura – l’impensato, il non<br />

conosciuto, ciò che semplicemente, in un dato momento,<br />

ci è estraneo –, rispetto a cui definirsi. In tal senso essa<br />

è come un linguaggio, <strong>una</strong> forma, che filtra e regola la<br />

traduzione dell’esterno non-semiotico in qualcosa <strong>di</strong> significativo<br />

e segnico. Pensiamo ad esempio alla traduzione<br />

culturale del mondo degli “esteri” che i me<strong>di</strong>a domestici,<br />

con tutti i loro filtri linguistici, ideologici, tecnici<br />

o<strong>per</strong>ano quoti<strong>di</strong>anamente (cfr. Pezzini, Sedda 2004).<br />

Tuttavia questo “fuori”, questa materia amorfa, è <strong>per</strong><br />

certi versi uno spazio che ingloba la forma (Fabbri<br />

1998b), che la circonda e a suo modo non smette <strong>di</strong> attraversarla.<br />

In molti punti Lotman lascia baluginare questo<br />

fondo instabile, energetico, pulsionale che continuamente<br />

preme, <strong>di</strong>namizza e sfrangia l’or<strong>di</strong>ne <strong>delle</strong> cose.<br />

Ora la semiosfera si adagia su questo fondo, lo cattura<br />

e ne vive traducendolo nelle sue maglie. Solo che, <strong>per</strong> uno<br />

strano paradosso, invertendo gli sguar<strong>di</strong>, possiamo <strong>di</strong>re<br />

che è essa stessa che continuamente riproduce l’irregolarità,<br />

che se la porta dentro. Ogni testo <strong>della</strong> cultura infatti<br />

genera, dentro <strong>di</strong> sé, zone <strong>di</strong> traducibilità e intraducibilità,<br />

senso e non senso, sistematicità e caos. Si tratta <strong>di</strong> un<br />

altro <strong>di</strong> quei passaggi che i detrattori dello strutturalismo<br />

tendono a <strong>di</strong>menticare ma che nelle <strong>Tesi</strong> del 1973 è chiaro:<br />

la cultura “non si limita a lottare con il ‘caos’ esterno,<br />

ma allo stesso tempo ne ha bisogno, non solo lo annienta,<br />

ma costantemente lo crea”. Se qualcosa c’è da aggiungere<br />

è che questo caos che continuamente la cultura crea, non<br />

va subitaneamente posto lungo il suo confine esterno, ma<br />

è <strong>di</strong>s<strong>per</strong>so nei testi stessi, li abita nelle loro contrad<strong>di</strong>zioni<br />

e ambiguità, nei loro vuoti, nella loro ricercata o involontaria<br />

indeterminatezza.<br />

Questa irregolarità propria <strong>della</strong> semiosfera è il suo<br />

fondo piatto, che Lotman, in assonanza (casuale?) con la<br />

carta <strong>di</strong>agrammatica <strong>di</strong> Foucault, definisce carta semioti-

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