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Tesi per una semiotica delle culture - Facoltà di Scienze della ...

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IMPERFETTE TRADUZIONI 41<br />

<strong>per</strong>cettive, sia come in<strong>di</strong>vidui che come stu<strong>di</strong>osi <strong>delle</strong><br />

<strong>culture</strong>. In primo luogo e concretamente, nel nostro<br />

quoti<strong>di</strong>ano vivere <strong>semiotica</strong>mente, abbiamo bisogno <strong>di</strong><br />

attivare senza posa quella doppia presa che Lotman vivendo<br />

in uno spazio <strong>di</strong> conflitto e <strong>di</strong> frontiera come Tartu<br />

aveva s<strong>per</strong>imentato sulla sua pelle, rendendosi capace<br />

<strong>di</strong> valorizzare la cultura russa pur essendo stato allontanato<br />

in Estonia dal regime sovietico a causa <strong>delle</strong> sue<br />

origini ebraiche; rendendosi capace <strong>di</strong> parlare a favore<br />

dell’in<strong>di</strong>pendenza dell’Estonia davanti ai suoi connazionali<br />

nonostante i complessi rapporti con il mondo estone,<br />

pur sempre pronto a identificare Lotman con l’invasore<br />

sovietico (cfr. Burini, Niero 2001; Caceres 1996).<br />

Vedere il proprio come altro, vedere l’altro come il<br />

proprio (Lotman 1993b), questa è <strong>una</strong> doppia presa sulle<br />

cose del mondo.<br />

Non è un processo facile, e la sua emersione sembra<br />

lo strano privilegio <strong>di</strong> coloro che patiscono sulla loro<br />

pelle l’es<strong>per</strong>ienza dolorosa e drammatica dell’esilio, coloro<br />

che dalla trage<strong>di</strong>a ricavano la possibilità <strong>di</strong> <strong>una</strong> sensibilità<br />

<strong>di</strong>versa. E tuttavia, forse, non si tratta più <strong>di</strong> <strong>una</strong><br />

esigenza eccezionale e limitata a pochi in<strong>di</strong>vidui, ma <strong>una</strong><br />

necessità che questo mondo sempre più ci impone.<br />

A questo incrocio orizzontale, dobbiamo forse affiancarne<br />

un altro, verticale, più esplicitamente legato a questioni<br />

<strong>di</strong> metodo. Si tratta <strong>di</strong> <strong>una</strong> sorta <strong>di</strong> attitu<strong>di</strong>ne che<br />

ci piace definire uno sguardo strabico, e che ci pare riconnettere<br />

profondamente Hjelmslev e Lotman. Stiamo<br />

parlando in definitiva del necessario rapporto fra analisi<br />

e sintesi (o, in termini hjelmsleviani, <strong>di</strong> analisi e catalisi):<br />

un rapporto che definisce le con<strong>di</strong>zioni <strong>della</strong> prensione<br />

del senso degli oggetti-testi che noi stessi parzialmente<br />

costruiamo. Il movimento che ci viene descritto da<br />

Hjelmslev (1961) è infatti quello <strong>di</strong> <strong>una</strong> <strong>di</strong>scesa analitica<br />

che a ogni passo “encatalizza” – ricostruisce e si porta<br />

appresso – un sistema (e uno sfondo) coesivo ai fram-

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