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Tesi per una semiotica delle culture - Facoltà di Scienze della ...

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IMPERFETTE TRADUZIONI 29<br />

tersecazione <strong>di</strong> corpi singoli e collettivi, <strong>di</strong> storie e memorie<br />

<strong>di</strong>fferenti, rimette la cultura in movimento. Spazio<br />

caratterizzato dalla destrutturazione (decostruzione?)<br />

del senso dato – del sentimento <strong>di</strong> datità del senso – e <strong>di</strong><br />

prefigurazione <strong>di</strong> un senso a venire: l’incontro riapre<br />

sempre i giochi e lo fa riempiendo lo spazio <strong>di</strong> vuoti.<br />

Traendoci fuori dalla passività, incrinando l’automatismo<br />

che la cultura stessa paradossalmente produce (Lotman,<br />

Uspenskij 1975), ci costringe (o ci dà la possibilità,<br />

questione <strong>di</strong> punti <strong>di</strong> vista) a giocare con gli altri 11 , a<br />

giocare con le forme del mondo.<br />

C’è, tuttavia, un elemento decisivo da tenere in conto<br />

quando richiamiamo il concetto <strong>di</strong> confine semiotico,<br />

vale a <strong>di</strong>re il fatto che Lotman, analista interessato<br />

a dar conto prima <strong>di</strong> tutto dei meccanismi intimi <strong>della</strong><br />

cultura e restio ad attribuire a essi valori e significati<br />

ultimi e immutabili – maestro davvero non essenzialista<br />

e non fissista, sensibile alle trasformazioni semantiche<br />

nello spazio e nel tempo – fa del confine un <strong>di</strong>spositivo<br />

paradossale, un <strong>di</strong>spositivo che a un livello unisce<br />

e a un altro livello, al contempo, separa. Separa, nel<br />

senso che il confine è anche un generatore <strong>di</strong> “riflessività”,<br />

<strong>di</strong> necessaria autodefinizione e autocoscienza. È<br />

l’incontro con l’altro, che ci cambia e contemporaneamente<br />

ci fa noi stessi, che ci fa nuovi e contemporaneamente<br />

ci fa credere <strong>di</strong> aver ritrovato la nostra memoria,<br />

il nostro passato, la nostra coscienza. Costruzione situata<br />

<strong>di</strong> un credere e <strong>di</strong> un sa<strong>per</strong>e che fa ogni volta i<br />

conti con le aporie del tempo.<br />

Probabilmente niente meglio dell’idea <strong>di</strong> con-<strong>di</strong>visione<br />

(Nancy 1990) – il fra <strong>di</strong> noi, che ci fa essere uniti e <strong>di</strong>visi<br />

al contempo – può riassumere questo problema centrale<br />

<strong>per</strong> chi vuol prendere sul serio le politiche dell’identità,<br />

i processi <strong>di</strong> articolazione <strong>di</strong> connessioni e sconnessioni<br />

storiche, geografiche e politiche, in cui in gioco<br />

è sempre il nostro ponderare, o provare a tenere sotto

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