Tesi per una semiotica delle culture - Facoltà di Scienze della ...
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IL DECABRISTA NELLA VITA 257<br />
<strong>di</strong> V. G. Bazanov, V. E. Vacuro, Leningrad, Nauka; trad. it. 1984, “Il decabrista<br />
nella vita. Il comportamento quoti<strong>di</strong>ano come categoria storico-psicologica”, in<br />
Da Rosseau a Tolstoj. Saggi sulla cultura russa, Bologna, il Mulino, pp. 165-228.<br />
2 Lettera a Bestuzˇev, anteriore alla fine <strong>di</strong> gennaio 1925 (in Pusˇkin<br />
1937b, p. 138).<br />
3 Cham (“gaglioffo”) nel lessico politico <strong>di</strong> Nikolaj Turgenev significava<br />
“reazionario”, “feudatario”, “oscurantista”. Cfr., <strong>per</strong> esempio, frasi del tipo:<br />
“Le tenebre e la gagliofferia (chamstvo) tutto hanno invaso”, nella lettera al<br />
fratello Sergej del 10 maggio 1817, da Pietroburgo (Turgenev 1936, p. 222).<br />
4 V. Kjuchel’beker (Küchelbecker), O napravlenii nasˇej poezii, osobenno<br />
liričeskoj, v poslednee desjatiletie (cit. in Orlov, a cura, 1951, p. 552).<br />
5 “Le parole ‘illustri amici’ o semplicemente ‘illustri’ avevano un particolare<br />
significato nel linguaggio convenzionale del tempo” (Polevoj 1934, p. 153).<br />
6 Dal quaderno <strong>di</strong> appunti <strong>di</strong> Myslovskij 1905, p. 39.<br />
7 L’interessantissimo libro <strong>di</strong> Lebedev è malauguratamente in parte viziato<br />
da un’interpretazione arbitraria dei documenti e da <strong>una</strong> certa modernizzazione.<br />
8 Il nipote <strong>di</strong> Čaadaev, Zˇ icharev (1871, p. 203), ricorderà più tar<strong>di</strong>: “Vasil’čikov,<br />
<strong>per</strong> far giungere il rapporto allo zar, scelse Cˇ aadaev, benché egli fosse<br />
l’aiutante più giovane e l’incombenza spettasse al più anziano”. E più avanti:<br />
“Dopo il ritorno <strong>di</strong> Čaadaev a Pietroburgo in tutto il Corpo <strong>della</strong> Guar<strong>di</strong>a <strong>di</strong>lagò<br />
un moto <strong>di</strong> scontento nei suoi riguar<strong>di</strong>, <strong>per</strong> aver egli preso sopra <strong>di</strong> sé il<br />
viaggio a Troppau e il rapporto allo zar sul caso Semënovskij. Non soltanto –<br />
<strong>di</strong>cevasi – non avrebbe egli dovuto partire, né sollecitare <strong>per</strong> sé <strong>una</strong> simile incombenza,<br />
ma con tutte le sue forze avrebbe dovuto esimersene”. E ancora:<br />
“Che anziché ricusare la missione egli l’abbia fortemente voluta, è <strong>per</strong> me al <strong>di</strong><br />
fuor <strong>di</strong> ogni dubbio. In quella sciagurata evenienza egli indulse a <strong>una</strong> debolezza<br />
che gli era innata: <strong>una</strong> smisurata vanità. Io non credo che, al momento <strong>di</strong> lasciar<br />
Pietroburgo, nella sua immaginazione brillassero le spalline <strong>di</strong> aiutante <strong>di</strong><br />
campo, ma piuttosto che lo incantasse l’idea <strong>di</strong> un colloquio <strong>per</strong>sonale con<br />
l’im<strong>per</strong>atore, <strong>di</strong> <strong>una</strong> familiarità con lui”. A Zˇ icharev era ovviamente precluso il<br />
mondo interiore <strong>di</strong> Cˇ aadaev, ma molte cose gli erano note più che a ogni altro<br />
contemporaneo, e le sue parole, <strong>di</strong> conseguenza, meritano attenzione.<br />
9 Lebedev (1965, pp. 67-69), <strong>per</strong> la verità, aggiunge che, <strong>per</strong>sonalmente,<br />
“Cˇ aadaev non credeva troppo alle buone intenzioni dell’im<strong>per</strong>atore” e che lo<br />
scopo del colloquio sarebbe stato quello <strong>di</strong> “mettere definitivamente in chiaro<br />
i veri inten<strong>di</strong>menti e progetti <strong>di</strong> Alessandro I”. Quest’ultima affermazione<br />
appare del tutto incomprensibile: non si vede <strong>per</strong>ché proprio quel colloquio<br />
dovesse portare a un chiarimento che non si era potuto raggiungere in decine<br />
<strong>di</strong> abboccamenti tra lo zar e vari <strong>per</strong>sonaggi né in numerose <strong>di</strong>chiarazioni<br />
pubbliche del sovrano.<br />
10 La figura del duca d’Alba, macchiato del sangue <strong>di</strong> Fiandra, acquisì un<br />
particolare significato dopo la sanguinosa repressione <strong>della</strong> rivolta <strong>di</strong> Čuguev. Su<br />
questa rivolta volta cfr. Cjavlovskij (1962, pp. 33 sgg.).<br />
11 Vjazemskij scriveva in quei giorni: “Non posso senza orrore e mestizia<br />
por mente alla solitu<strong>di</strong>ne del sovrano in un simile momento. Chi farà eco alla<br />
sua voce? L’irritato orgoglio, o un calamitoso consigliere, o, ancor più calamitosi,<br />
degli spregevoli schiavi” (in Lotman 1960b, p. 78).