Tesi per una semiotica delle culture - Facoltà di Scienze della ...

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28.05.2013 Views

252 JURIJ M. LOTMAN Aveva 33 anni, era di media statura, bello e pallido il volto, espressivi i lineamenti o le fattezze; pronto e risoluto nei modi, quant’altri mai eloquente; profondo matematico, tattico militare eccellente; nelle maniere, nelle movenze, nella statura e persino nel volto somigliantissimo a Napoleone. E fu, questa somiglianza col grande uomo, da tutti riconosciuta, cagione di tante dissennatezze e misfatti (Myslovskij 1905, p. 39). Dalle memorie di Olenina (1938, p. 485): “Sergej Murav’ëv-Apostol, personalità non meno ragguardevole [di Nikita Murav’ëv] assomigliava straordinariamente a Napoleone I, il che doveva non poco eccitare la sua immaginazione”. Basta confrontare queste caratteristiche con l’aspetto che Pusˇkin conferì a German [Protagonista della Dama di picche (N.d.T.)], per riconoscere la presenza di un principio comune, di carattere sostanzialmente artistico. Solo che Pusˇkin se ne serve per costruire un testo letterario e un personaggio d’invenzione, mentre Pestel’ e Murav’ëv-Apostol lo applicano a delle biografie ben reali: le loro. Questo modo di trattare il proprio comportamento in quanto consapevolmente creato secondo le leggi e i modelli della grande arte non portava però a una estetizzazione della categoria del comportamento – come, per esempio, il zˇiznetvorčestvo (“creazione della vita”) dei simbolisti novecenteschi –, in quanto il comportamento, così come l’arte, per i decabristi non fu un fine, ma un mezzo, espressione esteriore di una grande densità spirituale del testo della vita o del testo dell’arte. Non si deve dimenticare che, nonostante i palesi legami tra il comportamento dei decabristi e i principi del romanticismo, l’accentuata semioticità (teatralità, letterarietà, posa) del loro comportamento quotidiano non si trasformava in enfasi o affettazione; al contrario, colpisce che si unisse a semplicità e sincerità. Olenina, che conobbe da vicino fin dall’infanzia molti decabristi, os-

IL DECABRISTA NELLA VITA 253 serva che “i Murav’ëv in Russia erano né più né meno che la famiglia dei Gracchi”, ma aggiunge che Nikita Murav’ëv “era morbosamente, nervosamente timido” (pp. 486, 485). Se si considerano i caratteri di questi uomini in tutta la loro varietà, dall’infantile semplicità e timidezza di Ryleev alla raffinata semplicità aristocratica di C ˇ aadaev, ci si convince che l’enfasi d’una bassa teatralità era estranea all’ideale decabrista del comportamento quotidiano. La cagione di ciò va vista nel fatto che l’ideale decabrista, a differenza di quello bazaroviano [Bazarov è il protagonista di Padri e figli di Turgenev (N.d.T.)], non si fondava sul rifiuto delle norme d’etichetta elaborate dalla cultura, ma sull’assimilazione e rielaborazione di tali norme. Si trattava di un comportamento orientato non sulla Natura, ma sulla Cultura. Inoltre, rimaneva pur sempre un comportamento aristocratico, che non dispensava dalla buona educazione; e per un nobile colto un’autentica “buona educazione” significava semplicità di tratto e l’assenza di quel senso di inferiorità sociale e di risentimento che psicologicamente stava alla base delle bazaroviane maniere del raznočinec [cioè dell’intellettuale di estrazione plebea (N.d.T.)]. A questo stato di cose si riconnette anche la facilità, a prima vista stupefacente, con cui i decabristi esiliati in Siberia venivano accolti nell’ambiente popolare, una facilità che risultò perduta già a partire da Dostoevskij e dagli altri membri del circolo di Petrasˇevskij. Belogolovyj, che per un lungo periodo di tempo ebbe occasione di osservare i decabristi deportati con l’occhio sensibile di un bambino d’origine non nobiliare, rileva a questo proposito: A Irkutsk il vecchio Volkonskij – aveva allora più di 60 anni – passava per un grande originale. Finito in Siberia, aveva rotto ogni rapporto col suo brillante e aristocratico passato e si era trasformato in agricoltore pratico e affaccendato ed era proprio diventato come uno del popolo (...) e

252 JURIJ M. LOTMAN<br />

Aveva 33 anni, era <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a statura, bello e pallido il<br />

volto, espressivi i lineamenti o le fattezze; pronto e risoluto<br />

nei mo<strong>di</strong>, quant’altri mai eloquente; profondo matematico,<br />

tattico militare eccellente; nelle maniere, nelle<br />

movenze, nella statura e <strong>per</strong>sino nel volto somigliantissimo<br />

a Napoleone. E fu, questa somiglianza col grande<br />

uomo, da tutti riconosciuta, cagione <strong>di</strong> tante <strong>di</strong>ssennatezze<br />

e misfatti (Myslovskij 1905, p. 39).<br />

Dalle memorie <strong>di</strong> Olenina (1938, p. 485): “Sergej<br />

Murav’ëv-Apostol, <strong>per</strong>sonalità non meno ragguardevole<br />

[<strong>di</strong> Nikita Murav’ëv] assomigliava straor<strong>di</strong>nariamente a<br />

Napoleone I, il che doveva non poco eccitare la sua immaginazione”.<br />

Basta confrontare queste caratteristiche con l’aspetto<br />

che Pusˇkin conferì a German [Protagonista <strong>della</strong> Dama<br />

<strong>di</strong> picche (N.d.T.)], <strong>per</strong> riconoscere la presenza <strong>di</strong> un<br />

principio comune, <strong>di</strong> carattere sostanzialmente artistico.<br />

Solo che Pusˇkin se ne serve <strong>per</strong> costruire un testo letterario<br />

e un <strong>per</strong>sonaggio d’invenzione, mentre Pestel’ e<br />

Murav’ëv-Apostol lo applicano a <strong>delle</strong> biografie ben reali:<br />

le loro. Questo modo <strong>di</strong> trattare il proprio comportamento<br />

in quanto consapevolmente creato secondo le<br />

leggi e i modelli <strong>della</strong> grande arte non portava <strong>per</strong>ò a<br />

<strong>una</strong> estetizzazione <strong>della</strong> categoria del comportamento –<br />

come, <strong>per</strong> esempio, il zˇiznetvorčestvo (“creazione <strong>della</strong><br />

vita”) dei simbolisti novecenteschi –, in quanto il comportamento,<br />

così come l’arte, <strong>per</strong> i decabristi non fu un<br />

fine, ma un mezzo, espressione esteriore <strong>di</strong> <strong>una</strong> grande<br />

densità spirituale del testo <strong>della</strong> vita o del testo dell’arte.<br />

Non si deve <strong>di</strong>menticare che, nonostante i palesi legami<br />

tra il comportamento dei decabristi e i principi del<br />

romanticismo, l’accentuata semioticità (teatralità, letterarietà,<br />

posa) del loro comportamento quoti<strong>di</strong>ano non si<br />

trasformava in enfasi o affettazione; al contrario, colpisce<br />

che si unisse a semplicità e sincerità. Olenina, che<br />

conobbe da vicino fin dall’infanzia molti decabristi, os-

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