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Tesi per una semiotica delle culture - Facoltà di Scienze della ...

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IL DECABRISTA NELLA VITA 225<br />

postpetrina non era ancora affetta <strong>della</strong> rigida ritualizzazione<br />

<strong>della</strong> vita quoti<strong>di</strong>ana non festiva. A volte anzi si faceva<br />

sentire <strong>una</strong> sua scarsa regolamentazione. Per cui il<br />

ballo (come <strong>per</strong> l’esercito la parata) a volte non era il<br />

luogo in cui il livello <strong>della</strong> ritualizzazione si abbassava,<br />

ma, al contrario, quello in cui esso aumentava bruscamente.<br />

Il riposo, non eliminava le limitazioni imposte al<br />

comportamento, ma sostituiva la multiforme attività non<br />

ritualizzata con un numero estremamente limitato <strong>di</strong> tipi<br />

<strong>di</strong> comportamento puramente formale e ritualizzato; le<br />

danze, il whist, “l’armonioso or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> oligarchici conversari”<br />

(Pusˇkin).<br />

Altra cosa è l’ambiente dei giovani militari. A partire<br />

da Paolo I nell’esercito (e in particolare nella Guar<strong>di</strong>a) si<br />

instaurò un crudele regime <strong>di</strong> s<strong>per</strong>sonalizzante <strong>di</strong>sciplina,<br />

il cui coronamento era il solenne cambio <strong>della</strong> guar<strong>di</strong>a. T.<br />

von Bock, contemporaneo dei decabristi, così scriveva in<br />

<strong>una</strong> missiva ad Alessandro I: “La parata è il trionfo <strong>della</strong><br />

nullità, e ogni soldato, al cui cospetto, il dì <strong>della</strong> battaglia,<br />

ciascuno dovette chinare il capo, alla parata si converte in<br />

manichino, mentre l’im<strong>per</strong>atore sembra un <strong>di</strong>o, il solo<br />

che pensi e governi” (Predtečenskij 1951, p. 198).<br />

Là dove la vita quoti<strong>di</strong>ana era un’eterna esercitazione<br />

e parata militare, il riposo naturalmente assumeva le forme<br />

<strong>della</strong> baldoria o dell’orgia. In tal senso queste ultime<br />

erano del tutto legittime, costituendo <strong>una</strong> parte del<br />

comportamento “normale” dei giovani militari. Si può<br />

<strong>di</strong>re che <strong>per</strong> <strong>una</strong> determinata età ed entro certi limiti esso<br />

era <strong>una</strong> componente obbligatoria <strong>della</strong> “buona condotta”<br />

dell’ufficiale (s’intende, comprendendo <strong>di</strong>fferenze<br />

quantitative e qualitative non soltanto dal punto <strong>di</strong> vista<br />

dell’antitesi “Guar<strong>di</strong>a-esercito”, ma anche secondo<br />

l’arma e <strong>per</strong>sino i reggimenti, creando nel loro ambito<br />

<strong>una</strong> tra<strong>di</strong>zione vincolante).<br />

Ma, all’inizio dell’Ottocento, su questo sfondo cominciò<br />

a profilarsi un tipo particolare <strong>di</strong> sregolatezza,

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