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Tesi per una semiotica delle culture - Facoltà di Scienze della ...

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IL DECABRISTA NELLA VITA 201<br />

Qui non c’è bisogno <strong>di</strong> ulteriori spiegazioni: è chiaro <strong>di</strong><br />

che “prendere” si tratta. Anche il verbo “bere” equivale<br />

naturalmente al verbo “ubriacarsi” (...). Un capoufficio <strong>di</strong>ceva<br />

che quando doveva firmare i fogli matricolari del <strong>per</strong>sonale<br />

e apporre la qualifica “idoneo” e “meritevole”, era<br />

sovente tentato <strong>di</strong> aggiungere: “idoneo a qualsiasi porcheria”,<br />

“meritevole <strong>di</strong> ogni <strong>di</strong>sprezzo”.<br />

Su questa base il linguaggio burocratico si trasformava<br />

talvolta in lingua esoterica, simile a quella sacerdotale<br />

e iniziatica. Si esigeva dal pubblico non solo il rispetto<br />

<strong>di</strong> <strong>una</strong> prassi (elargizione <strong>della</strong> bustarella), ma<br />

anche la capacità <strong>di</strong> decifrare gli enigmi sul modello dei<br />

quali si costruiva il gergo dei funzionari. Su questo<br />

principio si regge, <strong>per</strong> esempio, il <strong>di</strong>alogo tra Varravin e<br />

Muromskij Delo [L’Affare] <strong>di</strong> Suchovo-Kobylin. Si veda<br />

un esempio <strong>di</strong> questo linguaggio burocratico in C ˇ echov:<br />

“– Dacci, caro, mezza rarità e ventiquattro <strong>di</strong>spiaceri.<br />

Poco dopo il cameriere servì su vassoio mezza bottiglia<br />

<strong>di</strong> vodka e alcuni piatti <strong>di</strong> antipasti assortiti. – Ecco,<br />

bello mio, – gli <strong>di</strong>sse Počatkin, – dacci <strong>una</strong> porzione<br />

<strong>della</strong> maestra <strong>di</strong> calunnia e mal<strong>di</strong>cenza con puré <strong>di</strong> patate”<br />

(C ˇ echov 1962, p. 506).<br />

Il comportamento linguistico del decabrista era<br />

estremamente specifico. Abbiamo già rilevato che un<br />

suo tratto caratteristico era la tendenza a nominare ciò<br />

che, pur effettuandosi nella sfera quoti<strong>di</strong>ana, <strong>di</strong>ventava<br />

un tabù nel linguaggio. Questa nominazione aveva tuttavia<br />

un suo carattere specifico e non era accompagnata<br />

dalla riabilitazione del lessico basso, volgare o anche<br />

semplicemente quoti<strong>di</strong>ano. Nella coscienza del decabrista<br />

era insita <strong>una</strong> netta polarizzazione <strong>delle</strong> valutazioni<br />

morali e politiche: ogni azione veniva a trovarsi nel<br />

campo dell’“abiezione”, <strong>della</strong> “viltà”, <strong>della</strong> “tirannia”,<br />

oppure del “liberalismo”, dei “lumi”, dell’“eroismo”.<br />

Non si davano azioni neutre o irrilevanti e non se ne<br />

presupponeva la possibilità.

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