Tesi per una semiotica delle culture - Facoltà di Scienze della ...

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28.05.2013 Views

IL MONDO DEL RISO 163 Come abbiamo detto, lo “Smechovoj mir” Drevnej Rusi è un libro che suscita nei lettori il desiderio di sviluppare, discutere e talvolta anche contestare il pensiero degli autori. Esso certo non si presta molto a una lettura non partecipe e superficiale. In questo senso, risulterebbe assai opportuno discutere i possibili cammini futuri che potrebbero intraprendere quegli studiosi che, concordando con Lichačëv e Pančenko nei fondamenti della concezione da questi proposta, si pongano il fine di proseguire nella direzione da questi ultimi indicata nelle sue linee fondamentali. Un primo passo in questa direzione sembrerebbe dover essere la precisazione del concetto stesso di “mondo del riso” e di “cultura del riso”. Questo concetto fu introdotto in ambito scientifico da Michail Bachtin (1965; 1975) e ha ottenuto un’ampia risonanza, mostrando subito la propria utilità nell’interpretazione teorica della storia della letteratura. L’uso di questo termine da parte degli autori del libro preso in esame non soltanto è giustificato, ma è anche ricco di prospettive, in quanto ha permesso di distinguere e raggruppare un’ampia serie di fenomeni culturali in precedenza non ben definiti o, peggio ancora, nemmeno notati. Tuttavia, giacché il lettore ricollega a questo termine, come è naturale, le concezioni contenutistiche di Bachtin già da tempo affermatesi, si sarebbe dovuto distinguere il concetto di “cultura del riso”, quale si è venuto delineando sulla base del materiale europeo occidentale, dai fenomeni prettamente russi descritti dagli autori 6 . Il riso, nella concezione della cultura medievale costruita da Michail Bachtin, è un principio che rimane fuori delle severe limitazioni etiche e religiose poste a fondamento del comportamento dell’uomo dell’epoca. Con la sua natura popolare, ribelle e dissacrante il riso, secondo Bachtin, elimina le gerarchie etico-sociali del Medioevo, esso è areligioso e senza stato per sua natura.

164 JURIJ M. LOTMAN, BORIS A. USPENSKIJ Il riso trasferisce l’uomo medievale nel mondo dell’utopia popolare del carnevale, strappandolo al potere dei coevi istituti sociali. Tra i fenomeni della cultura russa presi in esame da Lichačëv e Pančenko, molti possono essere certamente interpretati sulla base di tale concezione del riso. Così, gli autori volgono la loro attenzione al fatto che nelle opere definite in base ai lavori di Varvara Adrianova- Peretc (a cura, 1954; cfr. anche 1928, 1936a, 1936b) come opere della satira democratica “si assiste alla derisione di se stessi o almeno del proprio ambiente. Gli autori delle opere medievali e, in particolare, anticorusse, il più delle volte fanno ridere i lettori direttamente di se stessi” (Lichačëv, Pančenko 1976, p. 9). Ciò permette di apportare un correttivo all’accezione corrente che si ha di queste opere, giacché in esse si distingue l’intrecciarsi di due elementi per natura differenti: la satira popolare e il riso carnevalesco. È tuttavia opportuno volgere l’attenzione alla specificità per il Medioevo russo del diverso trattamento di una serie di oggetti annoverati dagli autori alla categoria del “riso”. Determinate “immagini del riso”, attive nel sistema della cultura medievale russa, non sono portatrici di alcuna ambivalenza, né si trovano fuori del mondo della cultura medievale ufficiale (“seria”). La cultura medievale russo-ortodossa si organizza in base alla contrapposizione del sacro al satanico. Il sacro esclude il riso (cfr. “Cristo non rideva mai”). Il sacro si presenta comunque sotto due aspetti: la rigorosa gravità ascetica che respinge il mondo terreno in quanto tentazione, e la devota accettazione di questo in quanto creazione divina. La seconda variante, dalla gallina del protopop Avvakum sino allo starec Zosima dei Fratelli Karamazov, è collegata a una gioia interiore espressa dal sorriso. E così il sacro ammette sia la severità ascetica che il sorriso devoto, ma esclude il riso.

164 JURIJ M. LOTMAN, BORIS A. USPENSKIJ<br />

Il riso trasferisce l’uomo me<strong>di</strong>evale nel mondo dell’utopia<br />

popolare del carnevale, strappandolo al potere dei<br />

coevi istituti sociali.<br />

Tra i fenomeni <strong>della</strong> cultura russa presi in esame da<br />

Lichačëv e Pančenko, molti possono essere certamente<br />

interpretati sulla base <strong>di</strong> tale concezione del riso. Così,<br />

gli autori volgono la loro attenzione al fatto che nelle<br />

o<strong>per</strong>e definite in base ai lavori <strong>di</strong> Varvara Adrianova-<br />

Peretc (a cura, 1954; cfr. anche 1928, 1936a, 1936b) come<br />

o<strong>per</strong>e <strong>della</strong> satira democratica “si assiste alla derisione<br />

<strong>di</strong> se stessi o almeno del proprio ambiente. Gli<br />

autori <strong>delle</strong> o<strong>per</strong>e me<strong>di</strong>evali e, in particolare, anticorusse,<br />

il più <strong>delle</strong> volte fanno ridere i lettori <strong>di</strong>rettamente<br />

<strong>di</strong> se stessi” (Lichačëv, Pančenko 1976, p. 9). Ciò<br />

<strong>per</strong>mette <strong>di</strong> apportare un correttivo all’accezione corrente<br />

che si ha <strong>di</strong> queste o<strong>per</strong>e, giacché in esse si <strong>di</strong>stingue<br />

l’intrecciarsi <strong>di</strong> due elementi <strong>per</strong> natura <strong>di</strong>fferenti:<br />

la satira popolare e il riso carnevalesco. È tuttavia opportuno<br />

volgere l’attenzione alla specificità <strong>per</strong> il Me<strong>di</strong>oevo<br />

russo del <strong>di</strong>verso trattamento <strong>di</strong> <strong>una</strong> serie <strong>di</strong> oggetti<br />

annoverati dagli autori alla categoria del “riso”.<br />

Determinate “immagini del riso”, attive nel sistema <strong>della</strong><br />

cultura me<strong>di</strong>evale russa, non sono portatrici <strong>di</strong> alc<strong>una</strong><br />

ambivalenza, né si trovano fuori del mondo <strong>della</strong><br />

cultura me<strong>di</strong>evale ufficiale (“seria”). La cultura me<strong>di</strong>evale<br />

russo-ortodossa si organizza in base alla contrapposizione<br />

del sacro al satanico. Il sacro esclude il riso<br />

(cfr. “Cristo non rideva mai”). Il sacro si presenta comunque<br />

sotto due aspetti: la rigorosa gravità ascetica<br />

che respinge il mondo terreno in quanto tentazione, e la<br />

devota accettazione <strong>di</strong> questo in quanto creazione <strong>di</strong>vina.<br />

La seconda variante, dalla gallina del protopop Avvakum<br />

sino allo starec Zosima dei Fratelli Karamazov, è<br />

collegata a <strong>una</strong> gioia interiore espressa dal sorriso. E così<br />

il sacro ammette sia la severità ascetica che il sorriso<br />

devoto, ma esclude il riso.

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