Una lingua che combatte - DSpace@Unipr
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QUATTRO PERCORSI POETICI<br />
TRA MEMORIA E FUTURO<br />
Fare esperienza del pensiero poetico nel nostro tempo significa partecipare di<br />
un’imperfezione, uno slittamento della norma, un salto nel vuoto, una vertigine del<br />
senso e della parola, di fronte alla quale si sviluppano varie forme di resistenza,<br />
ideologica ed esistenziale. Questo studio intende entrare in contatto con alcuni risultati<br />
poetici, <strong>che</strong> potrebbero rappresentare diverse modalità di declinare questo sentimento<br />
necessario d’imperfezione, attraverso il dialogo fra le opere di alcuni autori <strong>che</strong> fanno<br />
parte della cosiddetta “terza generazione”, ovvero di quella generazione poetica nata<br />
attorno al 1910. Fa eccezione il solo Fortini, <strong>che</strong> non viene inserito né nella terza, né<br />
nella quarta generazione del modello di Oreste Macrí. È bene, allora, ricordare e fare<br />
nostre le parole di Giovanni Raboni, <strong>che</strong> a questo proposito sono illuminanti e dirimono<br />
ogni dubbio: «Non sono un appassionato di numerologia e non credo nemmeno <strong>che</strong> sia<br />
giusto leggere la storia della poesia soltanto e soprattutto come una storia di generazioni<br />
poeti<strong>che</strong>». 1 Quindi, per non rimanere ingabbiati nella rigidità del modello proposto da<br />
Oreste Macrí, si accetti qual<strong>che</strong> eccezione alla norma generazionale, qual<strong>che</strong> “scarto”<br />
tra gli anni precedenti il 1910 e quelli successivi il 1915: 1906, Penna; 1912, Caproni;<br />
1913, Sereni; 1917, Fortini.<br />
Nati entro i primi due decenni del Novecento, questi autori hanno conosciuto la<br />
propria giovinezza creativa tra la metà degli anni Trenta e quella degli anni Quaranta e<br />
soprattutto hanno visto tale giovinezza insidiata prima dall’ascesa del fascismo e poi dal<br />
dramma della guerra. Con Come un’allegoria (1936), Finzioni (1941) e poi con<br />
Cronistoria (1943) di Caproni, con Frontiera (1941) e Diario d’Algeria (1947) di<br />
Sereni, con le Poesie (1939) di Penna, o il Foglio di via (1946) di Fortini, ovvero<br />
nell’arco di un decennio, si apre una «linea di faglia», 2 per usare le parole di Raboni,<br />
un’incrinatura destinata a rendere evidente e urgente una riflessione sui temi del tempo,<br />
1 Giovanni Raboni, Prefazione a Gaetano Arcangeli, Solo se ombra, Milano, Libri S<strong>che</strong>iwiller, 1995, p. 7.<br />
2 Ivi, p. 9.<br />
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