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Una lingua che combatte - DSpace@Unipr

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l’allontanamento dalla civiltà, in una dimensione in cui la parola scava in un abisso<br />

riportando alla luce i sensi:<br />

Sole senz’ombra su virili corpi<br />

abbandonati. Tace ogni virtù.<br />

Lenta l’anima affonda – con il mare –<br />

entro un lucente sonno. D’improvviso<br />

balzano – giovani isolotti – i sensi.<br />

Ma il peccato non esiste più.<br />

(Sole senz’ombra su virili corpi, in Poesie)<br />

L’immersione nella natura ha nella visione canicolare dei sensi il momento rivelatore di<br />

interne illuminazioni <strong>che</strong> si confrontano con i termini opposti di virtù e peccato. L’eros<br />

«non subisce le leggi della civiltà» 21 e partecipa di un’altra natura, non morale ma<br />

luminosa e divina, atemporale e in certo senso trascendente, ovvero lontana dalla<br />

materia autobiografica e dalla contingenza del momento. Sebbene l’incontro sia breve, e<br />

si concluda con un balzo dei sensi (ecco l’indizio, l’epifania solo allusa e sfiorata), esso<br />

lascia strascichi a livello psicologico. Nel silenzio rimane la sospensione onirica (il<br />

sonno è «lucente», perché presuppone il sogno), <strong>che</strong> è abbandono ad uno spazio autre<br />

da cui emergono i sensi come isole nel mare delle indistinte passioni in cui si concreta<br />

l’assoluto. 22<br />

All’assedio del nulla Penna contrappone un mondo fisico e nello stesso tempo<br />

psichico in cui l’esteriorità si risolve in interiorità:<br />

Il sole <strong>che</strong> ha brunito questo corpo<br />

di giovinetto cede la sua forza.<br />

stupide persone intellettuali, dove non si è stati compresi e si è presi per matti o stupidi, solo perché un poeta confessa<br />

il suo modo di pensare, oh allora ci si sente finalmente forti e la poesia ha bisogno di eroismo. E poi si va a<br />

conversare con la sola persona <strong>che</strong> ti comprende: la Natura» (ora in Elio Pecora, Sandro Penna: una <strong>che</strong>ta follia, cit.,<br />

p. 64). Elio Pecora aggiunge: «Nella natura si perdeva e allo stesso tempo si ritrovava; […] dimenticava le proprie<br />

attese e le angosce <strong>che</strong> lo attanagliavano, come se una norma misteriosa e inesorabile lo guidasse, lo comprendesse,<br />

ed era la norma <strong>che</strong> regolava l’infinita complessità dell’esistenza» (Elio Pecora, Sandro Penna: una <strong>che</strong>ta follia, cit.,<br />

p. 65).<br />

21 Così Elio Pecora, Premessa alla nuova edizione, in Sandro Penna: una <strong>che</strong>ta follia, cit., p. XXIX.<br />

22 Cfr. Daniela Mar<strong>che</strong>schi, Nel sonno incerto sogno ancora un poco, in AA.VV., La vita… è ricordarsi di un<br />

risveglio. Letture penniane. cit., p. 11: «il “sogno” [ha] in Penna una connotazione positiva in quanto dolcezza futura<br />

dell’amore atteso e presenza del bisogno naturale di esso. Il “sogno” assume pertanto la valenza di una concreta<br />

funzione del corpo e rappresenta lo slancio verso la vita e nel tempo; mentre il “sonno” […] è il suo polo<br />

indispensabile. Infatti, alla maniera di Nietzs<strong>che</strong>, il “sonno” è ciò <strong>che</strong> consente all’essere umano di riacquistare le<br />

proprie virtù, fra cui, appunto, quella di sognare, di proiettarsi nel flusso di volta in volta lieto e malinconico<br />

dell’esistenza. […] Tuttavia, […] il sonno appare in Penna un piacevole abbandono alla vita delle passioni, il<br />

sussultare improvviso del corpo <strong>che</strong> impone le sue concrete ragioni […]. Sembra <strong>che</strong> Penna voglia qui dialogare con<br />

Leopardi per ribadire, all’opposto, <strong>che</strong> il “sonno” e il “sogno” sono comunque entro un a sorta di continuum vitale,<br />

sono un sentire sempre la vita e le sue istanze, non un interromperle».<br />

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