Una lingua che combatte - DSpace@Unipr
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Costretta in questa contingenza, la pars costruens del sistema poetico penniano si capovolge, il sogno preannuncia la distruzione in cui si cerca di trovare sollievo dal peso di un desiderio troppo intenso, tuttavia immaginarne o sperarne la fine lo rende più forte: Come l’amante fugge l’altro amante solo perché non pesi troppo amore, così sogni un paese dove un vento gelido abbia distrutto ogni fanciullo. (Come l’amante fugge l’altro amante, in Confuso sogno) In ciò consiste la qualità più profonda e sapienziale della poesia, che si confronta simultaneamente con la gioia e con il dolore, con il finito e l’infinito, la realtà e la surrealtà immaginosa dell’eros, che impasta di sé un’utopia intermittente, fallimentare e tuttavia tenace e necessaria. 12 All’illusione si alterna la realtà per quello che è, alla solarità il lutto, e l’anima del poeta è «triste e / calma» (Andare nella vita, in Confuso sogno), consapevole del fatto che la bellezza e la felicità si trovano solo nella lontananza o nell’assenza, in un altrove che si schiude come una promessa: Esiste ancora al mondo la bellezza? Oh non intendo i lineamenti fini. Ma alla stazione carico di ebbrezza il giovane con gli occhi ai suoi lontani lidi. 2.2.2. Il topos dell’incontro (Esiste ancora al mondo la bellezza?, in Confuso sogno) Una chiave d’accesso a questa poetica potrebbe essere il topos dell’incontro come base da cui si sviluppa, o verso cui procede la poesia, nel tentativo di ricostruire il rapporto tra alterità e realtà. I luoghi privilegiati degli incontri (e della trascendenza) sono gli orinatoi, le stazioni, i treni, i prati delle periferie cittadine, i sobborghi: sono luoghi marginali che assumono la valenza di un altrove che predispone etimologicamente all’avventura, cioè a ciò che deve venire, ai battiti e ticchettii alterni 12 Cfr. Cesare Garboli, Penna, Montale e il desiderio, cit., p. 23: «nella sua divinità, il mondo fanciullesco resta inossidabilmente disumano. I fanciulli trasformano l’esperienza del mondo; la trasfigurano; la rendono vivibile, ma non la cambiano. […] I ragazzini di Penna non salveranno mai il mondo, non essendoci nel mondo niente da salvare». 64
dei sensi. L’attimo in questi casi è il momento in cui viene restituita la dimensione della totalità e dell’assolutezza a ciò che è incompleto e imperfetto. L’incontro prepara una svolta nella condizione dell’essere, che può così resistere al vuoto che gli si fa intorno: 13 Ero per la città, fra le viuzze dell’amato sobborgo. E m’imbattevo in cari visi sconosciuti… E poi nella portineria dov’ero andato a cercare una camera ho trovato… Ho trovato una cosa gentile. (Ero per la città, fra le viuzze, in Poesie) I versi hanno le movenze di apparizioni, che da una parte offrono un appoggio e un sostegno al destino dell’io, e dall’altra manifestano la fuggevolezza che alberga nelle cose. Nell’incontro con l’altro Penna cerca il gesto umile e quotidiano, la sensualità carica di mistero degli adolescenti, in cui persino l’atto fisiologico può assumere un valore spirituale: Il cielo è vuoto. Ma negli occhi neri di quel fanciullo io pregherò il mio dio. Ma il mio dio se ne va in bicicletta o bagna il muro con disinvoltura. (Il cielo è vuoto. Ma negli occhi neri, in Poesie inedite) L’incontro è teso tra due poli: il «vuoto» del cielo e il «dio» pregato dal poeta, che «è a un tempo umano e animale; angelo terrestre non conosce peccato, non colpe né fini. […] È l’uomo prima delle costrizioni sociali, della discesa nella scontentezza e nel compromesso». 14 Penna non ha altro dio e l’eros si conferma come esperienza della solitudine e della distanza (si noti l’uso del deittico «quel fanciullo»): la vera vita va cercata non qui ma altrove, più in là, in una increspatura dell’esistenza, in un incontro in cui si compia una minima rivoluzione intima e psicologica, che nel tratto solo accennato cela ciò che sta al di sotto del pensiero cosciente, qualcosa che resta dentro e determina un destino profondo. Il futuro ribadisce l’infrazione della norma: non più presenza, ma 13 Cfr. Jacques Derrida, La voix et le phénomène, cit., p. 60: «la forme universelle de toute expérience (Erlebnis) et donc de toute vie, a toujours été et sera toujours le présent.il n’y a et il n’y aura jamais que du présent. L’être est présence ou modification de présence. Le rapport à la présence du présent comme forme ultime de l’être et de l’idéalité est le mouvement par lequel je transgresse l’existence empirique, la factualité, la contingence, la mondanité, etc.». 14 Elio Pecora, Sandro Penna: una cheta follia, cit., p. 94. 65
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Ero per la città, fra le viuzze<br />
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Ho trovato una cosa gentile.<br />
(Ero per la città, fra le viuzze, in Poesie)<br />
I versi hanno le movenze di apparizioni, <strong>che</strong> da una parte offrono un appoggio e un<br />
sostegno al destino dell’io, e dall’altra manifestano la fuggevolezza <strong>che</strong> alberga nelle<br />
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di quel fanciullo io pregherò il mio dio.<br />
Ma il mio dio se ne va in bicicletta<br />
o bagna il muro con disinvoltura.<br />
(Il cielo è vuoto. Ma negli occhi neri, in Poesie inedite)<br />
L’incontro è teso tra due poli: il «vuoto» del cielo e il «dio» pregato dal poeta, <strong>che</strong> «è a<br />
un tempo umano e animale; angelo terrestre non conosce peccato, non colpe né fini.<br />
[…] È l’uomo prima delle costrizioni sociali, della discesa nella scontentezza e nel<br />
compromesso». 14 Penna non ha altro dio e l’eros si conferma come esperienza della<br />
solitudine e della distanza (si noti l’uso del deittico «quel fanciullo»): la vera vita va<br />
cercata non qui ma altrove, più in là, in una increspatura dell’esistenza, in un incontro in<br />
cui si compia una minima rivoluzione intima e psicologica, <strong>che</strong> nel tratto solo accennato<br />
cela ciò <strong>che</strong> sta al di sotto del pensiero cosciente, qualcosa <strong>che</strong> resta dentro e determina<br />
un destino profondo. Il futuro ribadisce l’infrazione della norma: non più presenza, ma<br />
13 Cfr. Jacques Derrida, La voix et le phénomène, cit., p. 60: «la forme universelle de toute expérience (Erlebnis)<br />
et donc de toute vie, a toujours été et sera toujours le présent.il n’y a et il n’y aura jamais que du présent. L’être est<br />
présence ou modification de présence. Le rapport à la présence du présent comme forme ultime de l’être et de<br />
l’idéalité est le mouvement par lequel je transgresse l’existence empirique, la factualité, la contingence, la mondanité,<br />
etc.».<br />
14 Elio Pecora, Sandro Penna: una <strong>che</strong>ta follia, cit., p. 94.<br />
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