Una lingua che combatte - DSpace@Unipr
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mentre il confronto è aperto col tempo, con le stagioni, le ore, i momenti <strong>che</strong> passano,<br />
gli attimi. Si potrebbe dire, prendendo in prestito le parole di Sereni, <strong>che</strong> Penna è<br />
«custode non di anni ma di attimi» in cui un gesto si assolutizza in evento. 3<br />
Si potrebbero ricordare le parole di Ermanno Krumm: «Basta un nulla […] perché in<br />
un attimo rivelatore si abbia l’epifania di un impossibile equilibrio, l’intuizione di<br />
qualcosa <strong>che</strong> si arresta nel flusso continuo del mondo […]. È un punto fermo in cui,<br />
però, qualcosa danza». 4 Qualcosa danza nelle parole di Penna: egli mette in scena degli<br />
oggetti concretissimi, <strong>che</strong>, inserendosi in un processo di intensificazione emozionale,<br />
rendono determinato e nitido il mondo psichico. Spetta al desiderio, elemento dinamico,<br />
il compito di collegare i due mondi, quello delle cose e quello della psi<strong>che</strong>: la poesia<br />
sembra trascendere i limiti, ma rimane sempre legata ai particolari fisici della natura, del<br />
corpo, del sesso e dello spirito, <strong>che</strong> rappresentano un territorio da esplorare<br />
infinitamente, per esprimere un piacere di cui occorre rinnovare la pronuncia. Così<br />
Penna crea il mito dell’altro – il fanciullo – oggetto e asse del suo desiderio: 5<br />
Esco dal mio lavoro tutto pieno<br />
di aride parole. Ma al cancello<br />
hanno posto gli dei per la mia gioia<br />
un fanciullo <strong>che</strong> gioca con la noia.<br />
(Esco dal mio lavoro tutto pieno, in Poesie)<br />
L’eros è come una musica contrappuntistica, <strong>che</strong> emana dagli dei e avvicina ad essi, ma<br />
allo stesso tempo la voluttà risolve solo parzialmente il contatto dell’io con l’alterità e<br />
conferma il dualismo insormontabile dell’essere, la sua incapacità di partecipare alla<br />
vita. In quanto oggetto di un desiderio mai risolto, mai compiuto, l’altro non coincide<br />
con l’io, ma rimane avvolto in un mistero <strong>che</strong> tuttavia ne custodisce an<strong>che</strong> la<br />
potenzialità: esso si adempie sotto l’egida della visione luminosa e irraggiungibile del<br />
fanciullo chiuso nel suo pudore o nella sua noia, un’immagine <strong>che</strong> lo sguardo non può<br />
profanare e <strong>che</strong> per questo è disponibile ad infiniti ritorni.<br />
3 Come ha scritto Elio Pecora nella poesia di Penna troviamo «la particella <strong>che</strong> accoglie in sé la vita e l’universo,<br />
l’attimo <strong>che</strong> chiude in sé ogni tempo» (Elio Pecora, Sandro Penna: una <strong>che</strong>ta follia, cit., p. 72). E si legga an<strong>che</strong><br />
Daniela Mar<strong>che</strong>schi, Sandro Penna. Corpo, tempo e narratività, cit., p. 15.<br />
4 Ermanno Krumm, Lirica moderna e contemporanea, cit., p. 134.<br />
5 Cfr. Daniela Mar<strong>che</strong>schi, Sandro Penna. Corpo, tempo e narratività, cit., pp. 13-14: «In Penna la vita materiale<br />
è liberata da ogni valenza comica e grottesca, perché, semplicemente, il poeta l’accetta nella sua datità, al suo grado<br />
zero, e può in tal modo trasferirla in una dimensione altamente spirituale. Il fatto è <strong>che</strong> Penna non mescola mai corpo,<br />
mondo esterno, cose: il corpo dell’amato non cessa infatti di essere se stesso, qualcosa di definito nella sua bellezza e<br />
grazia, riflesso della immensa bellezza del mondo. Poeta della corporeità significa infatti poeta del tutto, ossia del<br />
corpo come carne, mente, spirito; come capacità di progettare, di slanciarsi verso il mondo e di ricordare».<br />
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