Una lingua che combatte - DSpace@Unipr
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sospensione tra l’essere e il non essere, come una durata <strong>che</strong> va esaurendosi e <strong>che</strong><br />
tuttavia si rinnova, una sensazione percepita nel suo protrarsi e lento svanire, <strong>che</strong> rinvia<br />
ad un altrove lirico e inquieto: «Nel sonno incerto sogno ancora un poco»; «Negli occhi<br />
ancora canta / il sole»; «La mattina di estate è ancora fresca»; «La mattina di ottobre è<br />
ancora buia». È una nostalgia dei sensi, <strong>che</strong> vorrebbero essere sottratti al trascorrere del<br />
tempo e posti in una dimensione se non di eternità, almeno di atemporalità. Tuttavia<br />
l’attimo stesso si configura come un momento ben preciso della dimensione<br />
cronologica: «Le temps est vivant et la vie est temporelle», 18 scrive Ba<strong>che</strong>lard, e se<br />
pensiamo a «La vita… è ricordarsi di un risveglio», non possiamo non considerare <strong>che</strong><br />
il ricordo, an<strong>che</strong> nella sua emergenza immediata, si inscrive nella dialettica del tempo<br />
come tappa fondamentale della coscienza e della conoscenza. L’attenzione è rivolta al<br />
momento del trapasso tra due dimensioni, da cui deriva quella vaghezza <strong>che</strong> accentua il<br />
senso di sospensione, di un’esperienza consueta e assoluta insieme. In Penna, come ha<br />
osservato Bernard Simeone, si nota «l’intime contradiction entre la brièveté de la forme<br />
et la lenteur de l’image»: 19 il tempo breve del frammento convive con un tempo<br />
sospeso, <strong>che</strong> non passa, o almeno con la finzione dell’eternità contrapposta alla vita<br />
reale. Il verbo all’imperfetto indica un’azione non ancora conclusa, un «evento, <strong>che</strong> con<br />
lievi modifi<strong>che</strong> somiglia ad altri consimili»: 20<br />
Sebbene il moto del sole<br />
fosse presente e vivo<br />
sembrava il tempo sostare<br />
eternamente.<br />
Indi salito in alto riposavo<br />
in silenzio. Intorno a me passava<br />
e ripassava una lenta figura.<br />
<strong>Una</strong> nuova figura <strong>che</strong> portava<br />
– intenta a un suo lavoro – quasi un chiaro<br />
saluto e dell’acqua <strong>che</strong> brillava.<br />
(Sandro Penna, Lavoro di pescatore, in Stranezze)<br />
(Sandro Penna, Indi salito in alto riposavo, in Poesie inedite)<br />
18 Gaston Ba<strong>che</strong>lard, La dialectique de la durée, Paris, PUF Presses Universitaires de France, 2006 (1ª ed. Paris,<br />
Boivin & Cie, 1936), p. 2. Al contrario Fausto Curi sostiene <strong>che</strong> «il tempo non ha nulla della «durata» bergsoniana,<br />
sia in quanto è contesto di attimi, e sia pure lunghi attimi, sia in quanto non è un tempo psichico, dal momento <strong>che</strong> a<br />
scandirlo sono eventi naturali, anzi, fisiologici, come, per esempio, la perdita del seme. Non, si badi, <strong>che</strong> la vita<br />
psichica sia assente, giacché il desiderio è prevalentemente lavoro psichico, immaginazione, memoria» (Fausto Curi,<br />
La poesia italiana nel Novecento, Roma-Bari, Laterza, 2001, p. 243).<br />
19 Bernard Simeone, Sandro Penna, le rapt immobile, «Paragone», 444, febbraio 1987, p. 83.<br />
20 Luigi Tassoni, L’angelo e il suo doppio. Sulla poesia di Sandro Penna, Bologna, Gedit Edizioni, 2004, p. 47.<br />
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