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Una lingua che combatte - DSpace@Unipr

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astri mantengono una loro fissità: «Le stelle sono immobili nel cielo», mentre «Fuggono<br />

i giorni lieti»; «Languiva la stagione pigramente»; «Passano i buoi pesanti con l’aratro»<br />

ma «Immobile nel sole la campagna»; «L’estate se ne andò senza rumore»; «Viene<br />

l’autunno sonnolento». La frequenza dell’uso dei verbi <strong>che</strong> indicano un passaggio e un<br />

cambiamento esprime evidentemente la viva percezione della fuggevolezza, pur<br />

nell’insistenza di ciò <strong>che</strong> resta immobile, di una vita <strong>che</strong> non muta e <strong>che</strong> trionfa sulla<br />

Storia. Al fondo dell’ispirazione poetica ci sarebbero dunque una frattura e una<br />

trasgressione, un senso di autoesclusione dal mondo <strong>che</strong> tuttavia convive con uno<br />

slancio “cosmico”:<br />

Passando sopra un ponte<br />

alto sull’imbrunire<br />

guardando l’orizzonte<br />

ti pare di svanire.<br />

Ma la campagna resta<br />

piena di cose vere<br />

e tante azzurre sfere<br />

non valgono una festa.<br />

(Sandro Penna, Passando sopra un ponte, in <strong>Una</strong> strana gioia di vivere)<br />

«Ogni accenno naturalistico […] si configura come un paradigma del cosmo: non è mai<br />

visto e descritto se non in funzione dell’assoluto […]. La vanità delle cose è uguale alla<br />

loro eternità. Dire ieri o dire oggi è l’identica cosa. Vedere il ripetersi previsto dei<br />

fenomeni è stupendo e insieme doloroso». 10 Così «la campagna resta / piena di cose<br />

vere» dice l’eterno ripetersi della natura contrapposto dolorosamente al “sogno” e alla<br />

“fantasia” di Penna, <strong>che</strong> da tale ciclicità è escluso e <strong>che</strong> per ciò tende a fuggire la<br />

ragione e la storia vivendo una moralità “segmentata” e mancante di coscienza.<br />

Nell’«aggravarsi fulmineo e fatale dell’ansia» 11 si ricade sempre all’interno di una<br />

«dialettica fra essere e divenire <strong>che</strong> interessa il mondo interiore del poeta» 12 e <strong>che</strong><br />

produce quella viva percezione del dolore <strong>che</strong> alberga nei suoi versi. Egli si sente parte<br />

di una vita istintuale, in cui a dare temporaneo sollievo al male di vivere intervengono i<br />

sensi, l’unico mezzo per rapportarsi con il mondo e con se stessi, an<strong>che</strong> se la sua è una<br />

registrazione del dato sensoriale, non ne è un’analisi. Penna infatti di fronte ai vari<br />

10<br />

Pier Paolo Pasolini, Passione e ideologia, prefazione di Alberto Asor Rosa, Milano, Garzanti, 1994 (1ª ed.<br />

1960), pp. 433-434.<br />

11<br />

Pier Paolo Pasolini, Passione e ideologia, cit., p. 435.<br />

12<br />

Così Daniela Mar<strong>che</strong>schi, Sandro Penna. Corpo, tempo e narratività, cit., p. 15.<br />

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