Una lingua che combatte - DSpace@Unipr
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Tra le pieghe della poesia si muove una inconoscibilità vitale: 55 è una dinamica dialettica, non una concordia discors ma un contrasto e un impedimento che stimolano l’intelletto, come i fanciulli, altrettanto inconoscibili, che animano le poesie di Penna e come il «progetto / sempre in divenire» di Sereni (Un posto di vacanza, VII, in Stella variabile). In Caproni l’inconoscibilità del reale apre all’antistoria, ad una dimensione alternativa, che poi, nell’ultima fase della sua produzione, genera gli aspetti più irrazionali e distanzianti con la decostruzione sintattica e con il vagare per terre di confine, in cui l’utopia è sostituita dall’atopia, ovvero dagli estremi spazi del transito, i non luoghi e i «luoghi non giurisdizionali». È anche l’inconoscibilità di ciò che deve ancora venire, del presente e dell’esserci: «Non so più chi sono», scrive Penna, «sapendo di non sapere» dice Sereni, e Fortini con il suo «nulla è sicuro, ma scrivi» ci offre uno sguardo disincantato sul mondo, allontanando una troppa ingenua fiducia in un utopismo che muova dalla promessa di conoscenza che sempre la parola poetica ha portato con sé e che il simbolismo prima e l’ermetismo poi sembravano riconfermare. In ogni caso, sia che questa riflessione porti verso lo slancio utopico, sia che ne riveli la sua impossibilità, la poesia rovescia la negatività e la passività in qualcosa di attivo: la parola agisce sul foglio bianco, lo sottrae ad un destino di silenzio, proponendo una diversa forma di vitalità, di conoscenza e di civiltà. 55 E si legga anche quanto ha scritto Adele Dei, in Giorgio Caproni, cit., p. 161 : «E anche la Genova in salita è ristretta, contenuta dal suo entroterra ostile e sassoso come da una muraglia; come se solo in prossimità di un impedimento, di un limite respingente, si addensasse la maggiore ricchezza vitale». 36
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