Una lingua che combatte - DSpace@Unipr
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vissuta e superata. Nei capitoli successivi si cer<strong>che</strong>rà di verificare e applicare le<br />
osservazioni sin qui fatte sulla difficoltà di vivere con continuità il rapporto tra passato<br />
presente e futuro. Il passato <strong>che</strong> ritorna può dare un senso al presente e al futuro, ma può<br />
an<strong>che</strong><br />
intensificare lo stato di crisi del presente, la radicale incapacità di condividere<br />
il mondo esterno. […] la perdita irrevocabile ma ancora da scontare di un<br />
mondo lontano, informa la stasi, la crisi del tempo presente, <strong>che</strong> diviene così<br />
un tempo malato, “in – esistente”. 51<br />
La rilevanza di tali tensioni temati<strong>che</strong> e ideologi<strong>che</strong> fa di Penna, Fortini, Caproni e<br />
Sereni, dei contemporanei, secondo la definizione di Giorgio Agamben:<br />
Appartiene veramente al suo tempo, è veramente contemporaneo colui<br />
<strong>che</strong> non coincide perfettamente con esso né si adegua alle sue pretese ed è<br />
perciò, in questo senso, inattuale; ma, proprio per questo, proprio attraverso<br />
questo scarto e questo anacronismo, egli è capace più degli altri di percepire e<br />
afferrare il suo tempo. […] Contemporaneo è colui <strong>che</strong> tiene fisso lo sguardo<br />
nel suo tempo, per percepirne non le luci, ma il buio. […] Contemporaneo<br />
non è soltanto colui <strong>che</strong>, percependo il buio del presente, ne afferra<br />
l’inesitabile luce; è an<strong>che</strong> colui <strong>che</strong>, dividendo e interpolando il tempo, è in<br />
grado di trasformarlo e di metterlo in relazione con gli altri tempi. 52<br />
Su questo terreno le loro esperienze, sebbene caratterizzate da pronunce e tratti stilistici<br />
diversi, sono complementari e possono essere confrontate, messe l’una accanto all’altra,<br />
per scorgerne le omologie, per lasciare emergere, dal contrasto, la rottura con il sistema<br />
di costruzione del soggetto.<br />
Siamo di fronte a quattro percorsi poetici <strong>che</strong> non danno certezze al lettore e<br />
all’interprete, piuttosto pongono dubbi e domandano di poter reagire con la realtà <strong>che</strong> ci<br />
circonda. Del resto non si può non sottolineare come un tratto distintivo di questi autori<br />
sia proprio l’aver attraversato il Novecento poetico italiano in solitudine e quasi<br />
volontaria emarginazione, senza lasciarsi ridurre a facili definizioni o a più o meno<br />
comode sistemazioni criti<strong>che</strong> e filosofi<strong>che</strong>, ad apparentamenti ed antologizzazioni<br />
troppo scontate. L’essersi sottratti alle scuole, alle correnti (l’ermetismo prima, il neo-<br />
realismo e la neo-avanguardia poi) fa di questi autori, al di là delle esperienze formali,<br />
stilisti<strong>che</strong> e concettuali, e oltre le sistemazioni generazionali, gli esempi più produttivi<br />
an<strong>che</strong> per la successiva poesia, quella a noi coeva.<br />
51 Fabio Moliterni, Poesia e pensiero nell’opera di Giorgio Caproni e di Vittorio Sereni, cit., p. 126.<br />
52 Giorgio Agamben, Che cos’è il contemporaneo, Roma, Nottetempo, 2008, pp. 9; 13; 24.<br />
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