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Una lingua che combatte - DSpace@Unipr

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An<strong>che</strong> se io, così vecchio,<br />

non potrò darti mano,<br />

tu mórmorale all’orecchio<br />

(più lieve del mio sospiro,<br />

messole un braccio in giro<br />

alla vita) in un soffio<br />

ciò ch’io e il mio rimorso,<br />

pur parlassimo piano,<br />

non le potremmo mai dire<br />

senza vederla arrossire.<br />

Dille chi ti ha mandato:<br />

suo figlio, il suo fidanzato.<br />

D’altro non ti richiedo.<br />

Poi, va’ pure in congedo.<br />

(Giorgio Caproni, Ultima preghiera, in Il seme del piangere)<br />

Il fallimento è inevitabile e in quella dimensione fuori dal flusso temporale l’io non può<br />

trovare nessuna salvezza. Il tempo sospeso oltre i limiti della memoria, nell’incanto di<br />

una parola poetica creatrice, attraverso la fantasia e la finzione («sii magra e sii poesia /<br />

se vuoi essere vita», Battendo a macchina), si deve confrontare con il presente in cui si<br />

profilano le ombre luttuose del futuro. Il tempo perduto, <strong>che</strong> l’imperfetto indicativo<br />

sembrava aver recuperato e salvato dalla distruzione, viene sostituito da un presente <strong>che</strong><br />

rompe l’incanto <strong>che</strong> la fantasia poetica aveva permesso momentaneamente di sfiorare:<br />

Annina è nella tomba,<br />

Annina ormai è un’ombra.<br />

(Giorgio Caproni, Epilogo, in Il seme del piangere)<br />

Il presente è il tempo della morte, prima presentita poi subita come evento intimo (la<br />

scomparsa della madre) e collettivo (l’annunciarsi della guerra); è il tempo del transito<br />

verso un futuro, non solo incerto, ma negativo e senza speranza. Nel Congedo diventa<br />

chiara l’impossibilità di quel recupero e si sgretola l’illusione del ritorno:<br />

Sono stato là<br />

dove non si può tornare.<br />

Tutto è come fu. C’è il mare<br />

ancora, <strong>che</strong> pare penetrare<br />

l’asfalto (par trasparire<br />

- nel nero - dalle rose<br />

delle facciate), e ancora<br />

verde c’è l’Orologio, fermo<br />

- con Giano - sulla stessa ora.<br />

(Giorgio Caproni, Toba, in Congedo del viaggiatore cerimonioso)<br />

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