Una lingua che combatte - DSpace@Unipr
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Di notte il paese è frugato dai fari,<br />
lo borda un’insonnia di fuochi<br />
vaganti nella campagna,<br />
un fioco tumulto di lontane<br />
locomotive verso la frontiera.<br />
[…] E poi i sudori<br />
polverosi, le mani senza affetto<br />
e chiuse già nelle voci <strong>che</strong> fuori<br />
d’ogni numero intaccano il perfetto<br />
spazio di giugno, cadranno nel duro<br />
vuoto <strong>che</strong> lasci: un bianchissimo tuono<br />
di macerie, <strong>che</strong> crollano al futuro<br />
vento dei giorni – e al mio orecchio un frastuono<br />
dove si perde il tuo squillo più puro.<br />
(Vittorio Sereni, Inverno a Luino, in Frontiera)<br />
(Giorgio Caproni, Sonetti dell’anniversario, XIV, in Cronistoria)<br />
L’elegia costeggia la cronaca, il dato biografico diviene allegoria di una condizione<br />
universale, e il dolore individuale diviene esistenziale. L’io è già un «trapassante»,<br />
come dirà Sereni in Stella variabile, in un’esistenza <strong>che</strong> «non esiste», o <strong>che</strong> «inesistendo<br />
esiste» (In salita), e allora il momento poetico «trascende il dato di contingenza e<br />
prende il sapore di un evento ultratemporale, non extratemporale, ovvero di qualcosa<br />
<strong>che</strong> entra nell’eterno passando da una concreta dimensione storica»: 37<br />
Dunque nulla di nuovo da questa altezza<br />
Dove ancora un poco senza guardare si parla<br />
E nei capelli il vento cala la sera.<br />
Dunque nessun cammino per discendere<br />
Se non questo del nord dove il sole non tocca<br />
E sono d'acqua i rami degli alberi.<br />
Dunque fra poco senza parole la bocca.<br />
E questa sera saremo in fondo alla valle<br />
Dove le feste han spento tutte le lampade.<br />
Dove una folla tace e gli amici non riconoscono.<br />
37 Paolo Jachia, Franco Fortini. Un ritratto, cit., p. 50.<br />
25<br />
(Franco Fortini, Foglio di via)