Una lingua che combatte - DSpace@Unipr
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«se ne scrivono ancora», ma «se ne scrivono solo in negativo» (I versi, in Gli strumenti<br />
umani). Il dubbio sul valore della parola poetica diventa dubbio sulla propria identità di<br />
uomo <strong>che</strong> non riesce, nonostante tutto, a trovare un equilibrio. Mentre Caproni dichiara<br />
in modo essenziale e assoluto il raggiungimento di un punto di non ritorno e Fortini con<br />
altrettanta sicurezza profetizza la svolta e la metamorfosi, Sereni opta per un incedere<br />
allucinato <strong>che</strong>, non trovando un’identità salda, cerca nel contrario e nella negazione di<br />
sé una conferma della propria presenza. La logica onirica invade la realtà e le categorie<br />
umane <strong>che</strong> la inquadrano vengono rovesciate e risolte in perplessità. Il sogno diventa un<br />
mezzo per dare forma all’informe instabilità del rapporto dell’io col reale, nel momento<br />
in cui questi si scopre «trapassante»: «Ma ero / io il trapassante, ero io, / perplesso non<br />
propriamente amaro» (In salita, in Stella variabile). Da una simile condizione ha<br />
origine un sentimento straniante di paura, un Uneimli<strong>che</strong> <strong>che</strong> non è spavento, quanto<br />
piuttosto enigmatico e ambiguo smarrimento di sé nel disordine di rapporti cambiati di<br />
senso. In questa dimensione perturbante si radicalizza la lotta contro il nulla, <strong>che</strong><br />
diventa vera e propria lotta contro se stessi:<br />
Niente ha di spavento<br />
la voce <strong>che</strong> chiama me<br />
proprio me<br />
dalla strada sotto casa<br />
in un’ora di notte:<br />
è un breve risveglio di vento,<br />
una pioggia fuggiasca.<br />
Nel dire il mio nome non enumera<br />
i miei torti, non mi rinfaccia il passato.<br />
Con dolcezza (Vittorio,<br />
Vittorio) mi disarma, arma<br />
contro me stesso me.<br />
(Vittorio Sereni, Paura seconda, in Stella variabile)<br />
Sereni vive il rapporto col mondo alla luce di un passato <strong>che</strong> è insieme colpa e<br />
illuminazione: un tempo solo apparentemente perduto, ma <strong>che</strong> determina il presente<br />
an<strong>che</strong> attraverso la riemergenza onirica. Il tentativo di rapportarsi con la realtà è però<br />
rovesciato da geografie variabili, prospettive mentali incrinate da un sistema di segni e<br />
simboli sospesi tra la minaccia e lo spaesamento: 54<br />
54 Cfr. Renato Nisticò, Nostalgia di presenze. La poesia di Sereni verso la prosa, Lecce, Piero Manni, 1998, p.<br />
140: «Il soggetto sembra saggiare la spazialità geografica […] prima di rinunciare per sempre allo spazio puntiforme<br />
dell’io lirico».<br />
201