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28.05.2013 Views

versificare caproniano, che si immerge nella negatività con uno sguardo disilluso, con una «lingua piana e diretta» che «rinuncia ad ogni alone poetico, ad ogni oscurità»: 49 – C’è più libertà in carcere o in città? – Non ce n’è, libertà. È carcere l’intera città. (Giorgio Caproni, Domanda e risposta, in Res amissa) Se nei casi precedenti la lingua, pur ridotta a elemento residuale, tendeva ad avvicinare l’io, il linguaggio e la realtà, cercando un minimo punto di contatto e di riconoscimento nella dimensione privata, nei versicoli e nelle invettive si impone la distanza tra l’io, le parole e le cose, perché tra il destino individuale e quello storico non solo non c’è contatto, ma prevale lo sdegno, l’ira, il ribrezzo. 50 In questi casi più che di semplificazione si dovrebbe parlare di degradazione e disgregazione di un linguaggio che rivela la negatività e il disordine del mondo. Fuori dalla microstoria della Rosa- Rina, la macrostoria precipita verso un’apocalisse ecologica, che, già anticipata nell’Idrometra, giunge qui al suo massimo compimento: Ha soffiato via tutto. Ha fatto piazza pulita. Dov’è passato, ha distrutto fin l’ultimo germe di vita. (Giorgio Caproni, Tifone, in Res amissa) Alle spalle sia di Fortini sia di Caproni sta il Sereni di Un posto di vacanza, disilluso negli ideali intellettuali, ormai «freddati nel nome che non è / la cosa ma la imita soltanto», sente il rischio del distacco dalla realtà come il consolidarsi di una condizione di «sonnambuli / tra esseri vivi discendenti / su un fiume di impercepiti nonnulla recanti in sé la catastrofe». Il rapporto tra parola e realtà si delinea come un instabile attraversamento di «secche e fondali, tra riaccensioni e amnesie» che rendono evidente la non coincidenza di nomi e cose, e tuttavia consolidano il loro ruolo nel determinare l’Erlebnis come momento della conoscenza. Gli scambi, le simmetrie e le divergenze tra 49 Giorgio Manacorda, Congedo senza cerimonie, «Repubblica-Mercurio», 19 gennaio 1991, ora in Luigi Surdich, Le idee e la poesia. Montale e Caproni, cit., p. 207. 50 Si legga Luigi Surdich, Le idee e la poesia. Montale e Caproni, cit., p. 211: «Caproni poeta civile, che è tanto più poeta civile quanto più riesce a prendere le distanze da un ravvicinato e cronachistico rapporto con la storia». E si legga anche Giorgio Agamben, Idea della prosa, Milano, Feltrinelli, 1985, p. 77. 198

questi tre autori si infittiscono: il «codice disperso» e la «controparola» di Un posto di vacanza sono i semi di quella crisi del linguaggio che produce la «lingua non più sua» di Fortini e la «disappropriata maniera» dell’ultimo Caproni, mentre la «lucente inesistenza» dell’utopia fortiniana si contrappone alle luci «lontane immotivate immobili» che negano l’ipotesi di una meta salvifica: da un codice disperso è la mia controparola. Non passerà la barriera di tenebra e di vento. Non passerà il richiamo già increspato d’inverno a un introvabile traghettatore. Così lontane immotivate immobili di là da questo acheronte non provano nulla non chiamano me né altri quelle luci. Occorre rovesciare la prospettiva: (Vittorio Sereni, Un posto di vacanza, II, in Stella variabile) Ne fu colto il disegno profondo nel punto dove si fa più palese - non una storia mia o di altri non un amore nemmeno una poesia ma un progetto sempre in divenire sempre «in fieri» di cui essere parte per una volta senza umiltà né orgoglio sapendo di non sapere. Sul rovescio dell’estate. Nei giorni di sole di un dicembre. (Vittorio Sereni, Un posto di vacanza, VII, in Stella variabile) Sereni procede «sul rovescio dell’estate», come se la realtà fosse scritta su un foglio di cui considera contemporaneamente il recto e il verso («sul rovescio dell’estate la chiave dell’estate», Un posto di vacanza, I). Ampliando la metafora, utilizzata anche da Fortini per parlare di sé, si potrebbe dire che mentre quest’ultimo coglie la duplicità dialettica del presente in una lettura che procede oltre il recto e il verso del foglio, per cui «l’estate non è tutto» dice che il senso è da cercare in un’altra realtà e che il rovescio del presente è il futuro, Sereni per dare un senso al «colore del vuoto» (Autostrada della Cisa, in Stella variabile), legge dietro al foglio e considera la realtà da un punto di vista memoriale («Nei giorni di sole di un dicembre»). La conoscenza nasce da «un senso 199

questi tre autori si infittiscono: il «codice disperso» e la «controparola» di Un posto di<br />

vacanza sono i semi di quella crisi del <strong>lingua</strong>ggio <strong>che</strong> produce la «<strong>lingua</strong> non più sua»<br />

di Fortini e la «disappropriata maniera» dell’ultimo Caproni, mentre la «lucente<br />

inesistenza» dell’utopia fortiniana si contrappone alle luci «lontane immotivate<br />

immobili» <strong>che</strong> negano l’ipotesi di una meta salvifica:<br />

da un codice disperso è la mia controparola.<br />

Non passerà la barriera di tenebra e di vento.<br />

Non passerà il richiamo già increspato d’inverno<br />

a un introvabile<br />

traghettatore.<br />

Così lontane immotivate immobili<br />

di là da questo a<strong>che</strong>ronte<br />

non provano nulla non chiamano me<br />

né altri quelle luci.<br />

Occorre rovesciare la prospettiva:<br />

(Vittorio Sereni, Un posto di vacanza, II, in Stella variabile)<br />

Ne fu colto<br />

il disegno profondo<br />

nel punto dove si fa più palese<br />

- non una storia mia o di altri<br />

non un amore nemmeno una poesia<br />

ma un progetto<br />

sempre in divenire sempre<br />

«in fieri» di cui essere parte<br />

per una volta senza umiltà né orgoglio<br />

sapendo di non sapere.<br />

Sul rovescio dell’estate.<br />

Nei giorni di sole di un dicembre.<br />

(Vittorio Sereni, Un posto di vacanza, VII, in Stella variabile)<br />

Sereni procede «sul rovescio dell’estate», come se la realtà fosse scritta su un foglio di<br />

cui considera contemporaneamente il recto e il verso («sul rovescio dell’estate la chiave<br />

dell’estate», Un posto di vacanza, I). Ampliando la metafora, utilizzata an<strong>che</strong> da Fortini<br />

per parlare di sé, si potrebbe dire <strong>che</strong> mentre quest’ultimo coglie la duplicità dialettica<br />

del presente in una lettura <strong>che</strong> procede oltre il recto e il verso del foglio, per cui «l’estate<br />

non è tutto» dice <strong>che</strong> il senso è da cercare in un’altra realtà e <strong>che</strong> il rovescio del presente<br />

è il futuro, Sereni per dare un senso al «colore del vuoto» (Autostrada della Cisa, in<br />

Stella variabile), legge dietro al foglio e considera la realtà da un punto di vista<br />

memoriale («Nei giorni di sole di un dicembre»). La conoscenza nasce da «un senso<br />

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