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Una lingua che combatte - DSpace@Unipr

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Affanna e serra in fitta ridda i gesti<br />

Umani e sperderà<br />

Come faville attimi gli anni, guerra<br />

Alla esile gioia nostra, a quella<br />

Ombra <strong>che</strong> a noi amore educa breve.<br />

(Franco Fortini, Di Maiano, in Foglio di via)<br />

La poetica pre-esistenziale 24 di Penna, si riverbera nel primo periodo di Sereni e<br />

Caproni, in quel «gusto quasi fisico della vita, ombreggiato da un vivo senso della<br />

labilità delle cose, della loro fuggevolezza» e nel «continuo avvertimento della<br />

presenza, in tutto, della morte», 25 <strong>che</strong> si può riscontrare an<strong>che</strong> nei versi di Fortini citati<br />

poco sopra. Non c’è un rapporto pacificato col reale, piuttosto una continua<br />

problematizzazione del ruolo <strong>che</strong> la parola poetica può avere nell’affrontare il mondo,<br />

nel momento in cui viene a urtare con la dimensione psichica. Se da una parte «la poesia<br />

è […] un mezzo atto a risvegliare l’emozione degli oggetti, dei sentimenti, delle<br />

passioni di cui an<strong>che</strong> il lettore ha memoria», 26 tuttavia il contenuto emozionale <strong>che</strong><br />

anima i versi deve fare i conti con quel sentimento di indicibilità <strong>che</strong> alberga proprio<br />

nella profondità psichica e <strong>che</strong> non porta ad un rapporto lineare col reale, ma a dei<br />

tentativi di avvicinamento, di rivisitazione di eventi ed emozioni già passate o sul punto<br />

di svanire. La parola dovrebbe dare vita alla pagina, ma si confronta inevitabilmente con<br />

una imperfezione del dire, una mancanza, una rottura nella continuità tra il prima e il<br />

dopo, <strong>che</strong> mette in crisi sul nascere la poetica dell’attimo sospeso e rubato al divenire<br />

inarrestabile degli eventi.<br />

Consideriamo quindi alcune raccolte di questi autori a cavallo tra gli anni Trenta e<br />

Quaranta: Come un’allegoria di Giorgio Caproni, del 1936; le Poesie di Sandro Penna,<br />

pubblicate da Parenti nel 1939 e <strong>che</strong> inizialmente dovevano intitolarsi Appunti; 27<br />

Frontiera di Sereni, del 1941, così come Finzioni di Giorgio Caproni e ricordiamo<br />

an<strong>che</strong> Foglio di via di Fortini, del 1946, <strong>che</strong> già dal titolo dichiara una condizione<br />

d’esilio e di separazione. Allegoria, frontiera, finzioni, appunti, sono parole <strong>che</strong> dicono<br />

24<br />

Fabio Moliterni (in Poesia e pensiero nell’opera di Giorgio Caproni e di Vittorio Sereni, cit., p. 50), applica<br />

questa definizione alla poesia di Caproni e Sereni, ma mi sembra <strong>che</strong> essa possa essere applicata, ancor prima <strong>che</strong> a<br />

loro, a Penna.<br />

25<br />

Giorgio Caproni in Ferdinando Camon, Il mestiere di poeta, Milano, Garzanti, 1982 (1ª ed. Milano, Lerici,<br />

1965), p. 102.<br />

26<br />

Giorgio Caproni, Le poesie sono oggetti?, in «Mondo operaio», 26 marzo 1949.<br />

27<br />

Come scrive Roberto Deidier, L’officina di Penna, Milano, Archinto, 1997, p. 12: «Appunti è un titolo di cui<br />

Penna ha una consapevolezza molto precoce, fin dai primi invii delle sue poesie a Saba». Poi Penna utilizzerà<br />

Appunti come titolo per la sua seconda raccolta, pubblicata a Milano dalle edizioni della Meridiana nel 1950.<br />

19

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