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Una lingua che combatte - DSpace@Unipr

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apporto tra il soggetto e l’altro da sé: così «il tu / falsovero dei poeti» (Niccolò in Stella<br />

variabile) diventa l’emblema di una divaricazione nel rapporto tra l’io e il mondo, come<br />

aveva dichiarato an<strong>che</strong> Penna:<br />

E tutto vi parrà – ma non vi date<br />

sentimento di sorta – falso e vero.<br />

(Sandro Penna, Avete mai provato in un’aria serena…, in Poesie)<br />

I sentieri si biforcano e si possono imboccare due strade: una è quella dell’assurdo,<br />

dell’io rivolto contro se stesso, <strong>che</strong> rinuncia al logos, alla parola come veicolo di<br />

conoscenza razionale. La poesia scopre nell’a-logicità, una possibilità nuova per parlare<br />

del disumano. Il poeta non rinuncia ad interpretare la realtà, an<strong>che</strong> se essa appare priva<br />

di senso, e, se un senso si intravede, esso è propriamente un non-senso. L’altra via è<br />

invece quella più luminosa di un’apertura utopica, complementare alla fenomenologia<br />

del negativo.<br />

Nel panorama poetico italiano del ventesimo secolo il poeta forse più direttamente<br />

comunicativo e il meno propenso a cedere al negativo, Sandro Penna, svetta nel suo<br />

luminoso isolamento. Di proposito è il più arretrato, quello <strong>che</strong> rifiuta di immergersi nel<br />

magma del presente e <strong>che</strong> ha meno rapporti con il tempo in cui vive. Le poesie di Penna<br />

rimandano ad un tempo alternativo alla realtà, quello della ripetitività, del ricordo, di ciò<br />

<strong>che</strong> non muta ma <strong>che</strong> ritorna: proprio la possibilità <strong>che</strong> l’evento amoroso si riproduca<br />

infinitamente uguale riempie di sé l’attesa del futuro. Il “realismo” di Penna ha dunque<br />

pochi rapporti con l’imitazione del reale, poiché la realtà è sempre in tensione col<br />

passato, si delinea nel ricordo di momenti di cui ancora si trovano tracce nel presente e<br />

<strong>che</strong> l’autore tenta di sottrarre alla perdita e di dotare di un significato ulteriore,<br />

soprattutto in quel surrogato <strong>che</strong> è il sogno:<br />

Il caldo, il freddo, delle sale d’aspetto.<br />

Il mondo mi pareva un chiaro sogno,<br />

la vita d’ogni giorno una leggenda.<br />

(Sandro Penna, Il caldo, il freddo, delle sale d’aspetto, in Stranezze)<br />

E mi pareva<br />

– la luce d’oro era finita – in sogno<br />

di te cadere, mio confuso amore.<br />

(Sandro Penna, Era il paese della luce d’oro, in Confuso sogno)<br />

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