Una lingua che combatte - DSpace@Unipr
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o lo rimanda a un domani<br />
<strong>che</strong> non m’apparterrà<br />
e di tutt’altro se gli parlo parla?<br />
(Vittorio Sereni, Traducevo Char, VII, in Stella variabile)<br />
Il tempo frantumato è una contemporaneità fatta di lacerti <strong>che</strong> si rimandano<br />
vicendevolmente, si ripetono senza <strong>che</strong> li si possa risolvere nell’unità di una visione<br />
sicura del presente. Considerato in prospettiva lo sguardo di Sereni abbraccia una<br />
doppia temporalità: una <strong>che</strong> fa emergere la poesia dal tempo storico e <strong>che</strong> si risolve in<br />
non-appartenenza e in non-essere, l’altra <strong>che</strong> va invece contro il tempo e contro la storia<br />
(«sol <strong>che</strong> regga a quei marosi di città il tuo cuore» in Altro compleanno) e <strong>che</strong> ipotizza<br />
un’altra dimensione dell’essere. Sono due punti di vista complementari, come le due<br />
interpretazioni <strong>che</strong> se ne possono dare: una è quella di Mengaldo, secondo cui «i nessi<br />
fra passato e futuro sono rovesciati o resi immobili, e nell’immobilizzarsi del tempo il<br />
futuro si riduce a puro s<strong>che</strong>rmo bianco senza nessuna connotazione salvifica o<br />
utopica»; 35 la seconda è quella di Fortini, <strong>che</strong> invece legge l’immobilizzarsi del tempo<br />
sereniano come realizzazione «della resurrezione per ritorno alla origine», 36 tema <strong>che</strong><br />
egli stesso sviluppa in un testo della sua ultima raccolta, in cui, tra l’altro, ritroviamo il<br />
tema del compiersi del tempo, ovvero del compleanno:<br />
Quella <strong>che</strong>.<br />
È ritornata questa notte in sogno.<br />
Uno dei miei compivo ultimi anni.<br />
«Sono, - le chiesi, - vicino a morire?»<br />
Sorrise come allora.<br />
«Di te so, - mi rispose, - tutto. Lascia<br />
quel brutto impermeabile scuro.<br />
Ritornerai com’eri».<br />
(Franco Fortini, Quella <strong>che</strong>…, in Composita solvantur)<br />
A questo punto la poesia deve confrontarsi con la domanda posta da Harald Weinrich:<br />
«È allora possibile definire il futur […] come la forma temporale di un’epoca <strong>che</strong> deve<br />
ancora arrivare? E i tempi verbali sono davvero “forme del tempo reale”?». 37<br />
Tracciando una divaricazione tra il «tempo sperperato» della prigionia, la sensazione di<br />
35<br />
Pier Vincenzo Mengaldo, Tempo e memoria in Sereni, in La tradizione del Novecento. Quarta serie, cit., p.<br />
237.<br />
36<br />
Franco Fortini, Oltre il paesaggio, in Nuovi saggi italiani, cit., p. 184.<br />
37<br />
Harald Weinrich, Tempus. Le funzioni del tempo nel testo, Bologna, il Mulino, 2004, p. 88.<br />
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